FORUM (DIALOGO CON E TRA I LETTORI) Amare gli animali: Perchè? Aristotele, a cui si deve il trattato Sull’anima, ritiene che essa sia tripartita:anima vegetativa, come le piante; anima sensitiva, come gli animali; anima razionale, esclusiva degli uomini. Allora sembra chiaro perché gli uomini nutrono sentimenti di affetto per gli animali: essi fanno parte della natura di se stessi. Ma, oltre a questo, l’uomo, osservando il comportamento degli animali, nota che essi, una volta soddisfatti i bisogni del nutrimento, del mangiare e del bere, del muoversi e saltare, riposano quieti e contenti, a differenza dell’uomo che è costretto a pensare e a riflettere, a proiettarsi nel futuro e spesso è in preda alla noia o alla tristezza. Nietzsche, nella II delle Considerazioni Inattuali, intitolata esplicitamente Sull’utilità e sul danno della storia per la vita, scrive: «Osserva il gregge che ti pascola innanzi:esso non sa cosa sia ieri, cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e così dall’alba al tramonto e di giorno in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al piuolo dell’istante, e perciò né triste né tediato. Il vedere ciò fa male all’uomo, perché al confronto con l’animale egli si vanta della sua umanità e tuttavia guarda con invidia alla felicità di quello giacché questo soltanto egli vuole, vivere come l’animale né tediato né fra dolori, e lo vuole però invano, perché non lo vuole come l’animale». C’è qui chiaro un riferimento al Leopardi e precisamente al Canto notturno di un pastore errante nell’Asia, che Nietzsche leggeva in traduzione tedesca e anzi, in una precedente edizione della II Inattuale, ha citato i versi 107-112: «Quanto invidia ti porto! Non sol perché d’affanno quasi libera vai; ch’ogni stento, ogni danno, ogni estremo timor subito scordi; ma più perché giammai tedio non provi». «L’uomo chiese una volta all’animale, continua Nietzsche: perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi guardi? L’animale dal canto suo voleva rispondere e dire:ciò deriva dal fatto che dimentico subito quel che dovevo dire -ma subito dimenticò anche questa risposta e tacque, sicché l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di essere continuamente legato al passato. Quindi l’animale vive in modo non storico, poiché si risolve come un numero nel presente, non è in grado di fingere, non nasconde nulla e appare in ogni momento in tutto e per tutto come ciò che è, quindi non può essere nient’altro 61 che sincero». E’ come il bambino: l’incoscienza e il gioco sono l’espressione della maggiore vicinanza del bambino al mondo animale! La felicità allora consisterebbe nell’assimilarsi all’animale , nel ridursi a vivere nell’immediato presente in una specie di oblio incosciente; ma allora si potrà cancellare quella terza dimensione dell’uomo, di cui si diceva all’inizio e che, oltre a essere “vegetativo” e “sensitivo” è anche “razionale” e anzi è da quest’ultima facoltà che si organizza tutto l’uomo? Non sarà un rinunziare a se stessi, a ciò che di specifico c’è in noi e che strutturalmente ci costituisce? Anche Pascal riteneva che il cuore ha le sue ragioni che la ragione non intende. Si badi che scrive: le “ragioni” del cuore! Nietzsche che è grande conoscitore del pensiero antico si rifa’ ai Cinici. «Il cinico sceglie il suo genere di vita, perché considera che lo stato di natura (physis), così come lo si può riconoscere nel comportamento dell’animale o del bambino, è superiore alle convenzioni della civilizzazione (nomos). Diogene butta via la scodella e il bicchiere osservando come i bambini facciano a meno di queste stoviglie» (P. Hadot, Che cos’è la filosofia antica, Einaudi, Torino 2010, p.107). E’ probabile che sia Nietzsche che Leopardi siano stati lettori della Sacre scritture e abbiano tenute presenti delle pagine del Qoelet: «La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa;come muoiono queste muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere. Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?. Mi sono accorto che nulla c’è di meglio per l’uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?» (Q.3,14-22). Se stiamo attenti ad alcune espressioni di questo testo e ad alcune di Nietzsche e Leopardi, appare chiaro che l’immediato non può soddisfare l’uomo, perché c’è in lui un’ansia di altro, di infinito, che lo rende inquieto e ricercatore dell’ulteriore, che si esprime nelle poesie di Leopardi e nella liricità delle opere di Nietzsche, per non parlare della ricerca in lui della persona “Cristo”, fino a intitolare «Ecce Homo», l’opera sua autobiografica! D’altra parte, nella letteratura sugli animali numerosi sono gli esempi che li accomunano ai sentimenti quasi umani, se non proprio simili alla spiritualità umana: Il lupo buono di S: Francesco e i tanti nomi di cani che vengono ricordati in letteratura: da Argo a Bendicò, da Lessie a Petitcriu, considerati dall’arte come compagni dell’uomo, e non solo questa specie ma anche altre, tanto che la loro compagnia viene spesso consigliata come terapia di certe 62 patologie umane! Non dimentichiamo di Leopardi “Elogio degli uccelli” o il “Cantico del Gallo silvestre”. Il recanatese, oltre che grande poeta è anche profondo filosofo per le “Operette morali” e per i pensieri dello “Zibaldone”, essendo ormai superato lo schema tradizionale che è stato anche di Croce e Sapegno, i quali negavano a quei testi spessore filosofico, mentre in essi emerge un lucido pensiero nichilistico che anticipa lo stesso Nietzsche. La filosofia nichilistica, come carattere distintivo dell’epoca contemporanea: l’ospite inquietante, la mancanza di prospettive future (Galimberti), perché “manca lo scopo, manca la risposta al perché, tutti i valori si svalutano”. Tuttavia una via di uscita da questo lato oscuro consiste nell’arte, ed è ciò che accomuna i due autori: quel pessimismo in cui si cade considerando la condizione umana, va trasfigurato nell’arte, attraverso lo spirito dionisiaco ed apollineo (Nietzsche). “Ma sedendo e mirando, interminati/Spazi di là da quella, e sovrumani/ Silenzi, e profondissima quiete/Io nel pensier mi fingo… Così tra questa/ Immensità s’annega il pensier mio;/E il naufragar m’è dolce in questo mare” (Leopardi). E non è infine da dimenticare quel che recita meravigliosamente il Salmo N°8! Grandezza dell'uomo e bontà di Dio O Signore, nostro Dio, grande è il tuo nome su tutta la terra! Canterò la tua gloria più grande dei cieli balbettando come i bambini e i lattanti. Contro gli avversari hai costruito una fortezza per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il cielo, opera delle tue mani, la luna e le stelle che vi hai posto, chi è mai l'uomo perché ti ricordi di lui? Chi è mai, perché tu ne abbia cura? L'hai fatto di poco inferiore a un dio, coronato di forza e di splendore, signore dell'opera delle tue mani. Tutto hai messo sotto il suo dominio: pecore, buoi e bestie selvatiche, uccelli del cielo e pesci del mare e le creature degli oceani profondi. O Signore, nostro Dio, grande è il tuo nome su tutta la terra! Salvatore Latora 63 La ricerca della vita piena Molte sono le malattie che causano importanti invalidità psico-fisiche ai pazienti, da cui deriva una sofferente e complessiva riduzione della “Qualità di vita”, non sul piano fisico, ma su quello mentale. In medicina la valutazione del QdV (Qualità di Vita) descrive la soddisfazione complessiva rispetto alla propria vita e al proprio stato di salute considerando assieme alle capacità funzionali anche lo stato psicologico, la perdita di lavoro, le relazioni familiari e le interazioni sociali. Risulta quindi essenziale valutare il possibile impatto delle patologie sulla QdV dei pazienti, ciò si rende maggiormente evidente nelle patologie a decorso cronico e ad andamento progressivo. Per la valutazione delle QdV si utilizzano specifiche scale cliniche, che sono questionari generici o specifici somministrati a pazienti sani e a quelli con malattie croniche. Si compongono di diversi campi di interesse: funzione fisica, ruolo di limitazione emotiva, dolore, benessere emozionale, energia, percezione della salute, funzione sociale, funzione cognitiva e funzione sessuale. La valutazione della QdV permette di quantificare le ripercussioni della malattia per quanto concerne il percepito dal paziente e risulta altresì utile nello scegliere e valutare il trattamento più adeguato alle esigenze del malato. Queste scale, quando vengono ripetute dopo un congruo periodo di terapia, possono dimostrare il miglioramento delle condizioni cliniche assieme alla efficacia del processo terapeutico. Infatti, se l’obiettivo primario delle cure è di garantire e mantenere il migliore stato di salute possibile, tuttavia è dimostrato che un approccio multidisciplinare rappresenta il modello più adeguato per migliorare la QdV degli ammalati perché “Per tutti c’è sempre qualcosa da fare”. Concludendo, si ritiene importante anche effettuare studi per capire l’efficacia relativa ai vari modi di approcciarsi al paziente nello svolgimento del suo vivere quotidiano. In fondo, saper vivere bene significa avere buone motivazioni per integrare meglio tutte le dimensioni costitutive delle persona umana, sia a livello di equilibrio biochimico sia a livello dell’armonia morale e spirituale: la ricerca medica non deve tenere, quindi, solo al perfezionamento tecnologico, ma anche allo sviluppo umano del senso della vita piena. Pietro Ferrara 64 RECENSIONI L’androide Abramo Lincoln Philip Dick, Fanucci Editore, Roma, 2005 La lettura di questo romanzo mi ha messo, in certi momenti, in crisi tanto da costringermi ad abbandonarlo per un giorno o due. Scorrendone velocemente le pagine ritrovo il punto del mio impasse: “Al di là di ogni possibile dubbio, stavamo osservando la nascita di una creatura vivente. […] Una creatura piombata nel nostro tempo e spazio, consapevole di noi e di se stessa, della sua esistenza, qui fra noi; gli occhi neri e opachi roteavano, mettendo a fuoco e restando al tempo stesso sfocati, vedendo tutto e in un certo senso incapaci di distinguere la minima, singola cosa.” Si tratta del momento della creazione del simulacro di Abramo Lincoln, il secondo in ordine di tempo, il primo ad essere stato riprodotto era stato il suo ministro Edwin Stanton. La scena ricorda il Frankenstein di Mary Shelley ma con diversi distinguo. Dick ci descrive il momento successivo alla nascita dell’androide evidenziando “la spaventosa paura che provava, una paura così grande da non poter essere definita neppure un’emozione”. È questo il terrore della creatura che si affaccia per la prima volta davanti alla finestra dell’essere, vede spalancarsi un abisso di possibilità e ne è sopraffatta. Che cosa ha creato, allora, l’uomo un mero replicante o qualcosa di molto, di troppo simile a se stesso? Nonostante i due simulacri nel corso del romanzo siano spesso definiti come la cosa Lincoln e la cosa Stanton, essi appaiono diversi dalla creatura partorita dalla fantasia della Shelley che pur essendo dotata di grande intelligenza e senso della dignità non viene mai indicata con alcun nome se non il generico “it”. I simulacri dickiani pur essendo consapevoli di essere stati catapultati in un’epoca che non ha nulla a che vedere con la loro mostrano un notevole spirito di adattamento ai nuovi tempi e al nuovo mondo comportandosi in maniera sobria e particolarmente equilibrata. Il simulacro Lincoln si trova, anzi a dare consigli e suggerimenti a Louis Rosen, il protagonista, nei momenti di maggiore difficoltà. Allora chi o cosa è veramente umano e chi non lo è? Sembra che lo scrittore voglia confonderci come in un gioco di specchi. Più di una discussione coinvolge i personaggi su questo tema. Così il vecchio Jerome, padre di Louis: “Quindi tutta la nostra dignità consiste semplicemente in questo. Voglio dire, l’uomo è minuscolo e non può riempire il tempo e lo spazio ma di sicuro può servirsi del cervello che Dio gli ha dato. Come quella che tu chiami ‘cosa’, seduta qui. Questa non è una cosa. Questo è ein Mensch, un uomo.” 65 Sono gli esseri umani a mostrare, invece, segni inequivocabili di squilibrio mentale. Pris Frauenzimmer, figlia del socio del protagonista ha trascorso diversi anni in una clinica del Kansas per problemi di schizofrenia, Louis mostrerà verso la fine del romanzo segni di squilibrio anche lui tanto da necessitare un ricovero nella medesima struttura, ma tutta la società americana appare minata dallo stesso male e lo stato si incarica della cura dei malati operando una serie di ricoveri coatti che colpiscono un quarto della popolazione totale con controlli capillari fin dall’età adolescenziale. Il tema della malattia mentale è uno dei temi dominanti di questo romanzo che ben poco ha di fantascientifico, ma che si rivela essere uno dei più realistici dello scrittore che, infatti, incontrò non poche difficoltà nel pubblicarlo. Dietro la storia dei simulacri si cela l’universo ben più problematico di esseri umani condizionati da nevrosi e psicosi al punto tale da non essere più in grado di instaurare solide relazioni con l’altro. La trama del romanzo corre lungo due binari che ben presto si intersecano in maniera drammatica. La Masa Associates di Louis Rosen e Marty Rock, produttrice di spinette e organi elettronici decide di produrre il simulacro di Edwin Stanton, ministro della guerra di Abramo Lincoln e poi dello stesso Lincoln. Realizzatrice nonché già ideatrice dei simulacri è Pris la figlia di Marty. La ditta tenta di vendere i prototipi ad un multimilionario, Sam Barrows, che intenderebbe farne, però, un uso disonesto. L’uomo, infatti, vorrebbe produrre androidi su vasta scala per inviarli sulla Luna come primi abitatori visto che la colonizzazione si sta rivelando un fallimento. Ma si tratta di un inganno. Gli androidi, spacciati per esseri umani, fungerebbero da specchietto per le allodole servendo ad invogliare gli “autentici” e, fino a quel momento, spaventati esseri umani a fare altrettanto. I due soci rifiutano temendo ripercussioni anche legali, ma ciò causa la rottura con Pris che decide di prestare la sua opera per Barrows. Rosen, però, resosi conto di essersi innamorato di Pris, qualche mese dopo va a cercarla facendo precipitare gli eventi. L’incontro con la ragazza si rivela un fallimento dando il via alla profonda crisi mentale che sfocia nel ricovero. Dick ha molto in comune con il suo protagonista. Il tema della malattia mentale lo tocca da vicino, essendone stato afflitto durante l’intera esistenza, ma anche la scelta delle donne di cui innamorarsi. Pris, infatti, per ammissione dello stesso scrittore, rappresenta il prototipo di donna da cui si sentiva attratto: “priva di calore emotivo, autoritaria, castrante, intellettuale, originale e talentuosa, il tipo di ragazza che un uomo ammira, a cui finisce per legarsi, di cui non riesce a liberarsi e dalla quale finisce per lasciarsi distruggere, con sua somma gioia.”. Pris è, infatti, fredda, spietata, pronta ad andare dritta verso il suo scopo ed è priva di quel requisito essenziale che, al di là di ogni 66 considerazione, rende un essere umano tale. A lei manca la compassione, intesa, etimologicamente, come la partecipazione emotiva alle vicende altrui, la capacità di entrare empaticamente nella vita degli altri e di farsene assorbire. Basta nascere da un uomo e una donna, avere carne e sangue per essere considerati esseri umani? Basta essere composto di circuiti per essere considerato un androide? Dunque, chi è veramente un essere umano e chi non lo è? Antonella Di Liberto Cosa rende felice il tuo cervello David Di Salvo, Bollati Boringhieri Editore, Torino 2013, pagine 331, € 22 Negli ultimi anni, le neuroscienze hanno accumulato una grande quantità di conoscenze, empiricamente fondate, sul cervello ed hanno svelato meccanismi sconosciuti, i quali ci aiutano a comprendere i meandri della nostra mente, a spiegare il comportamento umano e a migliorare la nostra vita. Gli studi mostrano tra l’ altro che il cervello è un organo prodigioso, che agisce in base a schemi adattativi complessi e che predilige una condizione di equilibrio stabile, di chiarezza e di coerenza. Il comportamento umano, ci ricorda Di Salvo, è imprevedibile e fatto di mille sfumature. Una delle idee fondamentali emerse dalla ricerca neuro scientifica è che il nostro cervello segue più “automatismi” di quanto crediamo ed è influenzato da “centinaia di preconcetti irrazionali”. Il risultato di numerose ricerche portano alla stessa conclusione, ovvero che la mente umana risente in modo negativo dell’azione di questi preconcetti. La sua capacità è quella di prevedere i rischi, e difendersi dai preconcetti, dall’imprevedibilità e dall’instabilità. Tutti fattori che sono vissuti dal cervello come minaccia alla sua sopravvivenza. Ha la tendenza all’omeostasi, cioè a mantenere un equilibrio interno, stabile e costante (Cannon): insomma uno stato di sedazione neuromotoria e di tranquillità interiore, come già teorizzava Seneca, il più grande filosofo latino, secondo una concezione psicoanalitica ante litteram. Il cervello ha poi come dote innata, per molti neuro scienziati, la capacità di comprendere il mondo. Un mondo che noi riteniamo “abitato da forze ed essenze invisibili, che trascendono la dimensione terrena e si situano nel soprannaturale. Di qui, la disposizione dell’essere umano a distinguere le credenze secondo il loro valore: credere in Dio, ad esempio, diventa per molti “più importante che credere a 2 più 2 eguale a 4”. 67 C’è poi nel cervello un “centro della ricompensa”, che ha la funzione di”rinforzare” i comportamenti più vantaggiosi per l’individuo. Il neurotrasmettitore della ricompensa è la dopamina, una sostanza importante, ma anche un potente nemico di gratificazioni inappropriate, che danno luogo a comportamenti compulsivi e a forme di dipendenza patologica, come ad esempio nel caso delle droghe, del sesso, della rete o del gioco. Viviamo in un mondo dove le situazioni di tipo ossessivo-compulsivo sono sempre più numerose. Nei prossimi anni, il fenomeno è destinato a intensificarsi. L’ ansia, la solitudine interiore, che prescinde dalle persone che abbiamo intorno, l’ isolamento sociale, i videogiochi, sono tra i principali fattori che alimentano l’ uso compulsivo del web (Caplan), i cui protagonisti fanno da “surrogati” nell’ appagamento dei bisogni psicologici e nelle situazioni cariche di frustrazioni. In realtà, sono ancora limitate le nostre conoscenze sul cervello e la mente. Negli ultimi decenni tuttavia importanti scoperte ci hanno fornito nozioni fondamentali. Le nostre attuali conoscenze sul cervello mostrano che il dualismo corpo-mente è una dottrina ormai superata. Siamo lontani dal “dualismo anima- corpo”, dal concetto cioè che il cervello (entità materiale) e la mente (entità immateriale) siano due sostanze separate, secondo l’ impostazione di Cartesio. Per i neuro scienziati, è il cervello a “produrre” quella cosa cui abbiamo dato il nome di “mente”. La mente è qualcosa che il cervello “fa”. Il cervello “è” la nostra anima, la nostra mente. Una conclusione che mette in profonda crisi le nostre millenarie concezioni filosofiche e teologiche, a partire dal pensiero di Platone, il padre della filosofia occidentale e “l’inventore” dell’anima, indipendente dal corpo, e dunque immortale. La mente dunque “non è altro che il cervello” (S. Le Vay), ”ridotta” perciò a un processo biologico, non più sostanza immateriale, ma sostanza materiale. È possibile che l’ essere umano, creatura che si ritiene eccezionale e di natura superiore, debba restare “attaccato” a una cosa materiale? È questa la sfida che ci viene affidata dalle nuove neuroscienze. Il cervello acquisisce una condizione di felicità se riesce a vivere in uno stato di certezza e di stabilità emotiva. Ciò fa emergere la sua tendenza a cercare prove che confermino le proprie idee e a ignorare quelle che le contraddicano. E’ una disposizione battezzata dai neuro scienziati “bias di conferma”, una caratteristica quanto lo sono “il sonno, il sesso o le grigliate all’aperto”. Cercare prove o giustificazioni nel convalidare la nostra posizione e contrastare quelle che la confutano è un meccanismo cerebrale chiamato “chiusura cognitiva”. 68 Ma perché impegnarsi tanto per dimostrare l’ autenticità di una cosa che invece si è dimostrata essere falsa? Cercare anche in maniera compulsivoossessiva di aver ragione pur di fronte ad evidenti falsità è una condizione emotiva che produce nel cervello una scarica neurochimica di gratificazione. Avere l’ ultima parola anche in questioni banali o meschine è una cosa che al nostro cervello “piace tanto”. Perché ogni comportamento di “chiusura”, di “resistenza mentale” rappresenta una “ricompensa” una soddisfazione, un premio psicologico. Una scossa di certezza: “contrasto, nego, rifiuto: dunque sono, esisto”. A guidare il nostro cervello in sostanza sono gli “schemi prestabiliti”. Ogni nuova situazione mette in discussione uno schema mentale consolidato. Il cervello reagisce come se si trattasse di una minaccia, attivando l’ amigdala, una struttura sensibile ai pericoli e alle nostre reazioni di ansia o paura. Lo ribadiamo, il cervello ha la tendenza all’ omeostasi, ha un bisogno disperato di stabilità, di certezza: ogni nuova informazione costituisce una minaccia, un pericolo. Guido Brunetti 69 NOTIZIARIO Il 15 novembre 2014, per iniziativa delle Giornate sociali dell’Arcidiocesi di Catania, giunte alla decima edizione e dirette dal Padre Piero Sapienza, si è svolta una affollatissima conferenza al Seminario di Catania, sul tema: Europa, oggi, tenuta dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi, Ordinario di Storia contemporanea nella Terza Università degli Studi di Roma, al quale, il giorno prima, il Rettore della Università di Catania, prof. Giacomo Pignataro, aveva conferito la laurea “honoris causa”. Le motivazioni per detto conferimento, espresse dal prof. Giuseppe Vecchio, riguardano le benemerenze del prof. Riccardi come mediatore del negoziato per la pace in Mozambico ed in altre crisi belliche come in Sudan, Burundi, Albania, Uganda, Guatemala, Kossovo e Costa d’Avorio. Tutto ciò per la sensibilità alla coabitazione e al dialogo inter-religioso. Il Prof. Riccardi ha espresso la necessità di andare “pellegrini” a Montecassino e pregare nei diversi cimiteri in cui sono sepolti decine di migliaia di soldati tedeschi, austriaci, francesi, inglesi, italiani, africani, australiani, nei pressi del distrutto Convento benedettino, uno dei più grandi monumenti europei. Ha ricordato anche i 6 milioni di ebrei uccisi. “L’Europa non vuole più guerre”. Giusto ricordare De Gasperi, Adenauer, Shuman e Monnet, convinti di uno sviluppo europeo notevole, con il ripudio della guerra. L’Europa delle guerre mondiali era dei guerrieri, successivamente prevalse l’impegno della ricostruzione; attualmente prevale il pessimismo anche per la crisi delle comunità, dei partiti, delle famiglie e per la lotta tra proletariato e capitalismo, non più corretto e attenuato dai partiti. Anche i Comuni, le Regioni e lo Stato hanno scarso potere. La crisi economica si diffonde, specie in Italia, e i giovani disoccupati non si impegnano perché convinti di non trovare lavoro, salvo recandosi all’estero. L’ Erasmus contribuisce in questa direzione. Senza Europa il nostro angolo di mondo non dura, con l’Europa il nostro mondo si salva. Senza una visione europea si va al congedo della storia. Nel mondo vi è interesse per l’Europa; già nel 1984 Serbia e Turchia aspiravano ad entrare in Europa e così pure Israele e Sud Africa. Si ha bisogno della cultura europea e della certezza del diritto. L’Europa, potenza economica e forziere di umanesimo e civiltà, ha abolito la pena di morte. In riferimento alla storia dei Papi il Prof. Riccardi ricorda la figura di Paolo VI che elevò San 70 Benedetto a Patrono d’Europa, sollecitando la creazione di una cultura europea col metodo benedettino. Giovanni Paolo II, avendo una visione storica e non solo ecclesiastica della Chiesa, appena eletto Papa, si impegnò nel valutare problemi e prospettive dell’Europa e successivamente contribuì alla caduta del muro di Berlino. Il progresso economico dell’India, del Brasile e soprattutto della Cina (Napoleone aveva affermato che col risveglio della Cina tutto sarebbe cambiato) è rilevante ed occorre tener presente che i cinesi sono stati totalitari col comunismo e lo sono ancora, diventati capitalisti. Il prof. Riccardi sollecita gli europei e soprattutto gli italiani ad interessarsi non solo degli affari propri ma anche di quelli degli altri. A suo dire occorre investire in Africa per limitare le emigrazioni e ricorda Schuman che sosteneva la creazione dell’Eurafrica per mettere insieme diversità ed unità. In Europa occorre rafforzare la civiltà del convivere e del dialogo tra cattolici, protestanti e liberali. “Tutti parenti, tutti differenti”. “Europa per noi, Europa per il mondo”. Alla fine richiama l’umanesimo spirituale e la solidarietà presenti in Europa, in Italia e soprattutto in Sicilia, una importante frontiera europea per avvicinarsi al Mediterraneo, capirlo ed amarlo, come sosteneva Luigi Sturzo. A conclusione per la rilevanza della conferenza, S.E. Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo di Catania, ha formulato l’apprezzamento Suo e di tutto l’uditorio qualificato, ringraziando il Relatore per le sue sollecitazioni eticoreligiose da condividere con gli altri. Vincenzo Rapisarda I Simposi Rosminiani hanno la finalità di portare la voce del Beato Antonio Rosmini nel dialogo intellettuale del pensiero contemporaneo. Il XV Corso di quest'anno, svoltosi a Stresa, ha avuto per tema: <Uomini,animali o macchine?- Scienze, filosofia e teologia per un "nuovo umanesimo". Viene esposta qui, a cura del prof. Salvatore Latora, dello Studio teologico di Catania, una breve sintesi delle interessanti relazioni. Conclusione del XV corso dei Simposi Rosminiani di Stresa Si è concluso a Stresa (Verbania), dopo l’intensa attività di relazioni e dibattiti, dal 27 al 30 agosto c.a., il XV Corso dei Simposi Rosminiani, organizzati dal Centro Internazionale di Studi Rosminiani nell’ambito del 71 Progetto culturale della CEI, che ha avuto per tema: “UOMINI, ANIMALI O MACCHINE? SCIENZE, FILOSOFIA E TEOLOGIA per un NUOVO UMANESIMO”. Padre Umberto Muratore, direttore del Centro internazionale di studi rosminiani, nella introduzione, ha sottolineato la novità dell’incontro di quest’anno affermando: «Finora con i Simposi rosminiani ci eravamo limitati a un dialogo all’interno delle scienze umane. Adesso ci sembra giusto iniziare un dialogo con le scienze che più fanno oggi scoperte. Scienze che stanno lambendo i campi di teologia e filosofia con implicazioni sul diritto, sull’etica, sui comportamenti». Il travolgente sviluppo delle scienze, ha continuato Padre Muratore, comporta di ridisegnare la mappa delle nostre conoscenze su tutti i campi:il valore della coscienza e della libertà, il senso del religioso e della responsabilità, la nascita dell’universo , la natura dell’io etc. Perciò occorre vigilare affinché siano usate bene le applicazioni, perché, se applicate male possono portare a dei disastri. La prolusione è stata affidata a mons. Giuseppe Lorizio che ha trattato il tema: La sfida del post-umano all’umanesimo che nasce dalla fede. Secondo mons. Lorizio bisogna inizialmente riproporsi la domanda essenziale: cos’è l’uomo? E sotto l’aspetto storico egli ricorda che sempre l’uomo ha cercato di superare se stesso, superare il dato naturale, perché il suo fine è soprannaturale. Guardando all’ attualità non si può non porre l’attenzione sulla capacità dell’uomo di modificare la realtà, nella prospettiva di abitare nuove frontiere, sulla relazione tra l’uomo tecnologico e la libertà. Per il relatore ,che riprende una metafora di Nietzsche, “l’uomo è una corda tesa tra l’umano e il post-umano”. Il post-umanesimo che nasce dalla fede apre al soprannaturale e la Grazia custodisce l’umano non lo distrugge, come il Cristo figlio di Dio non soppianta l’uomo ma lo eleva; anche per Pascal l’uomo è un essere tra l’animale e l’angelo e per Heidegger l’uomo è il “pastore dell’essere”, non la sentinella del nulla! E qui è illuminante l’ontologia di Rosmini, il cui sintetismo trinitario pone a fondamento dell’uomo l’Essere nelle sue tre forme:ideale, reale, morale. Il sottoscritto, in un suo intervento in aula, a dimostrazione della fecondità del pensiero e dell’opera di Rosmini, comunica che, a Catania ,presso lo Studio teologico S. Paolo ,è sorto un centro di “COLLOQUI ROSMINI” che ha già realizzato due Convegni, il primo nel 2010 su:Crisi antropologica oggi? La lezione di Antonio Rosmini. E un secondo nel 2012 su: La politica di Antonio Rosmini; di essi sono stati pubblicati gli Atti, a cura di Piero Sapienza. Il centro si propone due scopi: A) Far conoscere il pensiero di Rosmini agli studenti di Teologia. B) Proiettarsi nel mondo Accademico catanese con Convegni in collaborazione con l’Università e aperti al pubblico. 72 Sarebbe una grande perdita culturale non diffondere la ricchezza spirituale e culturale di Antonio Rosmini! Con le relazione del secondo giorno si entra nel vivo delle tematiche del Simposio: due la mattina, la prima di mons. Nunzio Galantino (Segretario Generale della Conferenza Episcopale) sul tema: L’attualità del personalismo rosminiano nel contesto del post-umanesimo e l’altra di Mons Ignazio Sanna sul tema:L’antropologia teologica e gli interrogativi delle neuroscienze. Nella relazione di mons. Galantino è stato messo in evidenza il bisogno di un nuovo umanesimo, che aiuti a superare una crisi che è determinata soprattutto da limiti culturali, morali e spirituali. Si tratta di trovare risposte di senso, non banali e ideologiche, alla domanda: “Chi sono io?”. Non serve denigrare il nostro tempo mentre è interessante trovare in Rosmini un segnavia rivisitando il suo percorso antropologico, che parte dalle meditazioni dell’uomo (Per questo ci sarà prezioso ausilio di lettura, di meditazione e di studio il ponderoso volume,600 pp.! di Antonio Rosmini: ANTROPOLOGIA IN SERVIZIO DELLA SCIENZA MORALE, che è stato dato in dono ai corsisti). L’antropologia, però non può essere tenuta separata dall’ontologia, perché la questione dell’io e quella di Dio di Gesù Cristo sono, in ultima analisi, la stessa domanda. A questo punto, il segretario generale della CEI ha preannunziato il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze del prossimo anno (9-13 novembre) che avrà per tema proprio:«In Gesù Cristo un nuovo umanesimo». Mons. Ignazio Sanna ha posto delle domande e ha cercato delle risposte: l’uomo può identificarsi con la sola attività cerebrale? Quali problemi pone la relazione "mente- cervello" alla scienza e alla filosofia? Quanto è libero il “libero arbitrio?” Il ruolo dell’antropologia cristiana è quello di porre delle istanze critiche, di collocare ed orientare le neuroscienze per migliorare la condizione umana, non per negarla. La fede integra la conoscenza critica del cervello umano ponendo come punti di riferimento tre condizioni dell’uomo:l’essere mistero, l’essere libero, l’essere degno. Il sottoscritto, nel suo intervento, rifacendosi alla parte finale della relazione di mons. Sanna, che auspicava altri approcci dinanzi alla complessità del mistero uomo, ricorda di Luigi Pirandello il “Berretto a sonagli” in cui si individuano nella mente umana: Tre corde,la civile, la seria e la pazza; saperlo e non assolutizzane una è la via dell’equilibrio e della sanità dell’uomo. Ricorda poi la classica definizione di “dignità dell’uomo”:Dignità è ciò che non ha prezzo! Di Mons. Galantino, Latora ha apprezzato l’approccio storico ed evolutivo nello studio del Rosmini, per evitare ogni scolarizzazione del 73 Roveretano. Sempre da partecipante, suggerisce poi la lettura del volume del premio Nobel: Rita Levi Montalcini, La galassia mente. Le altre due relazioni del pomeriggio e le cinque relazioni dell’indomani più la conclusione del giorno 30, dovute alla chiarezza magistrale del direttore don Umberto Muratore, sono state ricche di ulteriori problematiche informazioni, e basta scorrere i titoli per apprezzarne la viva attualità. Claudio Vittorio Grotti, La mente violata: la sfida delle neuro scienze. Francesco Miano,Filosofia e neuroscienze: la ragione, la responsabilità, il sentire. Angelo Montanari, Libertà, coscienza e macchine. Augusto Vitale, La sperimentazione animale e il caso dei primati non umani. Carlo Cirotto, Chi inventò la ruota?Le curiose scoperte della biologia molecolare. Giandomenico Boffi, Scienza, tecnica e homo sapiens sapiens. Maria Grazia Marciani, Coscienza e volontà nella prospettiva delle neuroscienze. Ecco le nostre osservazioni. Come mons. Galantino ci ha avvertito di non “scolasticizzare” Rosmini, così noi umilmente esortiamo di non rendere semplici accademie i nostri incontri! Ma come? Partendo dalla vita concreta, caratterizzata da aspetti molto diffusi come: il mal di vivere e la cosiddetta depressione a cui le nuove scienze potrebbero e dovrebbero dare risposte e possibili indicazioni risolutive. Ricordiamo la Logoterapia di Victor Frankl con le sue tecniche della dereflessione e della intenzione paradossa.Importante, ma non sufficiente, perché la depressione non è solo questione di “senso” ma anche questione di equilibrio”chimico” (anche papa Francesco, abbiamo appreso, è stato perito chimico!) perciò occorre l’intervento dello psichiatra. Per la riconquista della libertà, questo tremendum deliberari de se ipso! occorre la Filosofia che è ricerca dell’arché ed è essenzialmente critica. Perciò possiamo accostarci ad una essenziale bibliografia: Rita Levi Montalcini, La galassia mente; Edoardo Boncinelli, La scienza non ha bisogno di Dio (Ma l’uomo sì!: cfr. Victor Frankl, Dio nell’incoscio!); Edoardo Boncinelli,Quel che resta dell’anima; Alberto Melloni, Quel che resta di Dio. Sull’altra relazione di Augusto Vitale abbiamo posto la domanda: Amare gli animali: perché? Abbiamo cercato di dare una risposta con Aristotele che nel De anima indica la sua tripartizione:anima vegetativa come le piante; anima sensitiva come gli animali; anima razionale, propria degli uomini .Per la differenza: uomo-animale abbiamo ricordato Leopardi, (Il canto notturno…) citato da Nietzsche (II Inattuale):«Quanto invidia ti porto! Non sol perché 74 d’affanno quasi libera vai; c’ogni stento, ogni danno, ogni estremo timor subito scordi;ma più perché giammai tedio non provi». Leggere estesamente gli Atti, quando verranno pubblicati, sarà un vero orientamento per la nostra cultura. Salvatore Latora In morte di un grande filosofo cristiano: Giovanni Reale E’ morto il 15 ottobre 2014, nella sua casa di Luino (Varese), all’età di 83 anni il grande filosofo cristiano Giovanni Reale, uno dei maggiori studiosi del pensiero antico, Autore di quella monumentale Storia della filosofia greca e romana (Bompiani 2004) in dieci volumi e Autore, insieme con Dario Antiseri, del fortunato manuale, Il pensiero occidentale dalle origine ad oggi, su cui, fin dalla sua prima pubblicazione del 1983, si sono formate generazioni di studenti. Tale manuale in tre volumi è stato tradotto in molte lingue, anche in russo: in Spagna ne ho avuto una esperienza diretta esaminando il Tomo 3 "Del Romanticismo a nuestros días" con un corposo inserto di oltre 130 pp. di "Fiosofía española e iberoamericana". L’ultima volta che ascoltai Giovanni Reale fu durante il II Corso dei Simposi rosminiani di Stresa (29 agosto-1 settembre 2001) su “La fine della persona?” in cui egli tenne la magistrale prolusione su “Il paradigma metafisico della persona. “La metafisica è una creazione dei Greci, come del resto la filosofia in generale, di cui la metafisica in senso ellenico costituisce l'asse portante”. Così esordì il suo discorso Giovanni Reale e proseguì precisando: “In genere si ritiene, che la metafisica coincide con l'ontologia, e che la scienza dell'essere in quanto essere sia l'unica forma di metafisica”. In realtà i paradigmi metafisici sono tre: nell'ambito del mondo ellenico, oltre alla “metafisica dell'essere”, consacrata da Aristotele, ha avuto un'importanza nettamente superiore l'henologia, cioè la “metafisica dell'uno”, costruita in modo sistematico da Platone e dai Neoplatonici come Plotino. Nel pensiero cristiano si è sviluppata una forma di metafisica differente e che potremmo denominare, “Metafisica della persona”, che tuttavia ha assunto anche alcuni concetti degli altri due paradigmi. (Ivi p.123,ss.in “Rivista rosminiana”, aprile -settembre 2002). Approfondendo questo discorso, Reale, sulla base di Sant'Agostino, ha introdotto il concetto di "Terza Navigazione" in quel volume da lui curato: "Agostino. Amore assoluto e Terza Navigazione", Bompiani, 2000, con i due testi a fronte: dieci discorsi sul Commento alla Prima lettera di Giovanni; e nel 75 secondo:Commento al Vangelo di Giovanni, egli mette a confronto la concezione greca, e in particolare platonica, dell'amore come "eros", concepito come una forza individuale e cosmica, che ci fa ascendere i vari gradi dell'"essere" fino a giungere i supremi principi e la concezione cristiana dell'amore "agape" o "charitas", come diranno i latini. Il primo, quello greco e platonico ha un valore puramente "acquisitivo", mentre quello cristiano, che si esprime nella vita della "persona", ha un significato completamente diverso: l'amore è donazione assoluta “Dio stesso è Amore, ed è la pienezza dell'Amore che trabocca inesauribilmente al punto di donare se stesso nel suo Figlio Unigenito per noi.La croce su cui Cristo è morto è interpretata da Agostino, in senso metaforico, come quella nave che che sola fa attraversare, a ogni uomo che l'accetta, il mare della vita portandolo nella patria celeste”. Si trova in Agostino quel grandioso circolo ermeneutico espresso nelle note formule: credo ut intelligam, intelligo ut credam. “La fede va incontro alle istanze della ragione e la aiuta nella ricerca della verità, così come la ragione, a sua volta, va incontro alla fede, offrendole certi supporti appunto razionali, e aiutandola ad autoconoscersi e autoesprimersi. Per Agostino, insomma, l'avvicinamento avviene in funzione di due forze, che possono dinamicamente operare in modo sinergico e convergente” (Op. cit. p.8 e note 1 e 13).Queste conclusioni verranno riprese magistralmente anche da San Tommaso! Giovanni Reale, non solo è stato uno dei maggiori interpreti del pensiero antico, di fama internazionale, basta leggere il suo “Per una nuova interpretazione di Platone”, (Vita e pensiero 1997, quasi 1000 pp.), è stato anche fondatore di una Scuola, efficace professionista come insegnante, cristiano coerente, educatore e maestro di vita per quelli che l'hanno conosciuto. Ne fanno fede le sue prese di posizione sull'attualità, come dimostrano i volumi che indichiamo: "Giovanni Reale, Saggezza antica Terapia per i mali dell'uomo d'oggi, Cortina Editore 1995"; ID. Radici culturali e spirituali dell'Europa. Per una rinascita dell'"uomo europeo" Cortina Editore 2003. e a beneficio della scuola, e non solo, va ricordato il suo volume più recente, del 2013: "Salvare la scuola nell'era digitale", in cui mette in guardia contro i pericoli di una educazione scolastica che enfatizzi il mezzo tecnologico, il computer e l'aspetto visuale rispetto alla lettura sulla pagina di carta, con la matita per sottolineare ed evidenziare i concetti essenziali per esprimere anche incertezze, dubbi e riflessioni anche diverse! A suo avviso, la scuola dovrebbe far comprendere ai giovani il valore e la "sacralità" della parola; quella sacralità di cui parla la Bibbia, perché con la "parola" per molti aspetti si conosce la cosa. La scuola deve aiutare i giovani a ricuperare l'uso preciso del linguaggio e il rispetto della parola, sia parlata sia scritta, e del conseguente corretto 76 comportamento. Si tratta di uso non dominante dei mezzi informatici e della comunicazione troppo semplificata e povera, quindi non ci sono in Reale anacronistiche nostalgie! L'ultimo volume l'aveva completato insieme con Antiseri (come anche con lui aveva pubblicato, Quale ragione), alcuni mesi prima della sua dipartita, dal titolo: Cento anni di filosofia, che va da Nietzsche ai nostri giorni, che alla fiera di Francoforte ha riscosso vivo interesse in tutto il mondo culturale e che sarà in libreria nel prossimo Gennaio. Salvatore Latora 77 PROSSIMI CONGRESSI 12-13 DICEMBRE 2014, RIMINI II CONVEGNO NAZIONALE SIAA (SOCIETÀ ITALIANA ANTROPOLOGIA APPLICATA) Email: [email protected] 23-26 FEBBRAIO 2015, MILANO XIX CONGRESSO NAZIONALE SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOPATOLOGIA SOPSI Email: [email protected], Registrazione tel. 02 566001.1 Fax 02 56609045 7-10 LUGLIO 2015, MILANO-BICOCCA XIV CONGRESSO EUROPEO DI PSICOLOGIA SU "LINKING TECHNOLOGY AND PSYCHOLOGY: FEEDING THE MIND, ENERGY FOR LIFE” Email: [email protected], Registrazione tel. 055 262608941 10-14 OTTOBRE 2015, TAORMINA XXXXVII CONGRESSO NAZIONALE DI PSICHIATRIA SIP. "SALUTE MENTALE, BENESSERE, LAVORO E FUTURO: IL NUOVO VOLTO DELLA PSICHIATRIA MODERNA" Email: [email protected], Registrazione tel. 06 36381573 Fax 06 36307682 78