<é ^ Βζ m KOX U Û U O & · Ψ SIA COLLEZIONE COMPLE TA DI COMPENDII SE PARATI ■>iiite hcMMta, A nblew co citati* COMPILATA DA UNA SOCIETÀ D I D OTTI SOTTO LA D IHEZ10HE Vx g § . g§rt't% *mam****.m>n~-**f*tça^ ν ϊ ί α>ϊο <Ρ* '6ft M/ÇWI STO* ML· Ό munr t/e/àfo u'ntïto/aftA'deft'a­. / / STORICO DELLE SCIENZE F I L O S O F I C H E E MORALI DALLA LOIIO ORIGINE IIJVO Al NOSTRI GIORNI PRECEDUTO Da una INTRODUZIONE STORICA, ^V^^ICT'S^. e seguilo da un VOCABOLARIO de' termim/tqchi^V * ' * Ï- ì.! " „"_ .'Ar" MI. ΐ&·« ρ Eai R ori' : * . ■ . - : ν ­i ν· Rifatto >83o BIBAfO© -■ ■ 001 TIPI DI FELICE RUSCONI contrada de' Du« Muri, N.° Io33 <*r Htì ir* .'%.V% INDICE DELLE MATERIE INTRODUZIONE . . , png. r PRIMO P E R I O D O . SCIENZE FILOSOFICHE E MORALI DALLA LORO ORI- GINE FINO ALLO STABILIMENTO DEL CRISTIANESIMO »» EPOCA I. Filosofìa e morale prima di Talete. » %. I. Origine della Filosofia e della Morale » §. II. Zoroastro; sistemi indiani e Chinesi; i sette savii dell' Oriente . . . . » EPOCA II. Da Taletefno a Socrate . . §. I. Paragone della Grecia coli' Oriente ; ì sette Savii della Grecia ; Scuole Ionie ·* §. II. Scuolad'ltal.; Lao-Tscu, nella China » g. HI. Prima scuola dì Elea j Eraclide » g. IV. Seconda scuola d'Elea . . . » §. V. Dei sofisti » §. VI. Filosofia chinese » EPOCA III. Da Socrate fino al cristianesimo ** g. I. Socrate; i suoi discepoli . . . » §. II. Cinici; scuola di Cirene» d ' E r e t r i a , d» Mogara f» t i5 ivi ivi iq 3a ivi 43 5o> 56 62 66 69 ivi 75^ VI g. III. Platonismo png. g. IV. Aristotelismo « g. V. Stoicismo g. VI. Epicureismo (3o5 anni primadi G.C.) » g. VII. Scetticismo ο Pirronismo . . .. g. VIII. IVuova Accademia: seconda, terza, quarta, quinta accademia . . . . » §. IX­ La Filosofia passa in Alessandria, e, più lardi a Roma; Eccletismo, Siucretismo » g. X. La Filosofia a Roma . . . . » 80 8 7 97 101 io5 109 χ 14 118 SECOUDO PE RIODO. SCIENZE FILOSOFICHE E SIOBALI DALLO STABILI­ MENTO D EL CBIST1ANESIMO TINO AI .­.OSTRI 123 GIORNI EPOCA LDaG. C.fino al tempo di Carlo Magno» ivi g. I. rilosofia romana. D allo stabilimento del Cristianesimo . » 12^ g. II. Misticismo: Gnostici: Essenii, Te­ rapeuti, Ëlkaïti » I3I M g. III. Neoplatonismo *33 g. IV. Padri della Chiesa . . . . » l44 §. V. Ultimi filosofi romani . . . . » «49 §. VI. Filosofia araba >' 1 5 ° ErocA l i . Dal tempo di Carlo Magno fino a Cartesio »> I 5 J §. I. Secolo di Carlo Magno . . . " «i §. II. Filosofi Arabi » >54 g. HI. Filosofia scolastica . . . . '· i 5 8 S­ IV. 2 . ' età della filosofia scolastica . " i 6 ° • g. V. Lamismo, spiegazione universale nella China pag. i6:> g. VI. 3. a Ria della filosofia scolastica . » i6tì a e g. VII. 4­ & «Iella filosofia scolastica . » 170 g. V i l i . Risorgimento delle lettere; riforma» 17a g. IX. Scienze filosofiche e morali in Italia » 1 7 Ì g. X. Scienze filosof. e morali in Francia . » ira g. XI. Scienze filosofiche e morali in Inghil­ terra » 182 EPOCA I H . Da Cartesio fino ni nostri giorni »» 187 Sezione I. Secolo decimosettimo . » ivi g. I. Cartesio j suoi partigiani, suoi avver­ sarli; Gassendi, La Forge, Malebranche, Arnaud » ivi g. II. Pascal, La Rochefoucauld t Féne'lon, Grozio, PnfFendorf, Spinosa . . . » ιιβ g. H I . Filosofia di Locke . . . . » iqy ^ g. IV. Filosofia di Leibnit2 . . . . u 201 *■ g. V. Scetticismo­di Bayle e di Fontenelle * 207 g. "VI. Fine del 17.° secolo in Inghilterra » 2 l o Sezione II. Secolo decimottnvo. . » 2ΙΣ g. I. Scienze filosofiche e morali in Inghil­ terra » ivi Sezione III. Secolo 18. 0 in Francia » 2.\\ § . I. Sistema di Condillac . . . . » ivi g. II. Ateismo : Grimm , D iderot, d'Hol­ bach ; Montesquieu, Voltaire . . » 219 g. I H . Gli Economisti ; G . G. Rpsseau. Vau­ Venargucs. Madama du Châtelet . . » 222 Seziono IV. Secolo 18."in Germania, in Prussia, U\ Olanda . . . " 2^5 V ΠΙ g. Ι. Scuola Leihnitzo­Volfiana ; Lambert, Lessing, Ilemsterhuis, Jacobi . pag. ivi g. II. Kantismo ι» 229 Sezione V. Secolo 19 ­° m Germania Dottrine prodotte dal Kantismo . . . . » ivi Sezione VI. Scuola scozzese dalla sua origine in poi · » 237 g. I. Hutcheson e suoi contemporanei j scet­ ticismo di Hume » ivi g. II. Scuola sperimentale scozzese . . ** 2Ì\l\ Se2ione VII. Ultimi filosofi inglesi » 25o Sezione VIII. I talia dal secolo l 8 . ° Velara in Greciaj Jonathan Ed­ wards nel Nuovo Mondo . . »» 2.5a 0 Sezione IX. Secolo 19. in Francia ** 256 g. I. Scuola del sensualismo . . . . » 2 5 7 J. II. Scuola teologica ο mistica . . ·> 2 6 7 §. III. Scuola eccletica » 272 §. IV. Scuola dello spiritualismo razionale » 281 Sezione X. Filosofia e morale della società » 287 VOCABOLAKIO dei termini tecnici della storia delle scienze filosofiche e monili, , . . w 39° COMPENDIO STORICO DELLE SCIENZE FILOSOFICHE E MORALI. ******* INTRODUZIONE JLM filosofia, attraversando i secoli, ispira gli uomini e gli avvicina al cielo. Essa sviluppa i principii della morale, risalendo alla loro origine, quelli della religione appoggiandola ai', bisogni del cuore, ed alla necessità di un Dio; stabilisce la Politica, chiamandola a sostenere, ad arricchire e a rendere felici le società; in una parola,forma, abbellisce, approfondisce il mondo morale e iljnon£>T. DELLE Se, FUOS. I 2 INTRODUZIONE. I do fisico, e interroga la divinità su le sue opere. Essa è presente a tutti i movimenti scientifici ed industriali delle società, a tutte le invenzioni umane; le fa nascere e sviluppare, poiché tutto ciò che l'uomo fa, anche n e ' suoi traviamenti e nei suoi errori, ha sempre il suo pensiero filosofico, il suo scopo riflettuto e giudicalo; e se si osasse dirlo, Dio stesso non ha potuto creare il mondo e le sue maraviglie senza almeno un colpo d'occhio e un pensiero filosofico. Ma questa filosofia pratica, sempre in azione, questo buon senso naturale non sono filosofia per molli filosofi. Cionnondimeno si può dire che ne sono una specie d'introduzione. Ai nostri giorni per Metafisica s'intende la scienza che abbraccia tutte le ricerche, il cui oggetto è di ricondurre le differenti cognizioni umane alle loro INTRODUZIONE. 3 sorgenti prime^ vale a dire, alla nostra natura. Ma, a parlare più esattamente, in ciò appunto consiste l'essenza della Filosofia. Essa quindi occupa in certo modo il primo grado della storia universale dello spirito umano. L ' e s p o r r e , il paragonare le età della sua storia e di ciò che ha servito al perfezionamento dell'umanità, è trattare di tutto ciò che interessa l'uomo, è un compulsare gli annali della morale, dell'esperienza e delle scienze umane di trenta secoli; è quasi un chiamare al tribunale della ragione e dell'intelligenza, l'universo e l'uomo, opera immensa, troppo vasta forse per un sol uomo, per un sol genio, se fosse d'uopo eseguirla in tutta la sua grandezza, abbracciarne tutta l'estensione, apprezzarne tutte le ricchezze, giudicarne tutte le parti senza parzialità, senza prevenzione e pregiudizi!. 4 INTBODBZIONÏ. Non v'è cosa che meglio della storia delle scienze filosofiche e morali mostri quai limiti sicno stati imposti alla po­ tenza dello spirito umano : lentamente perfettibile, rassomiglia al mare che s'in­ frange contro la spiaggia, e una voce imponente e suprema sembra che gli abbia detto : « Tu non passerai oltre a questi limiti ». Al momento in cui l'uo­ mo, nel suo entusiasmo ο nello slancio del suo genio, crede essere in procinto di sormontare i limiti che gli stanno da­ vanti, e farsi strada in nuove regioni, una grande catastrofe, un diluvio, legioni di barbari,vengono a percuoteie e distrug­ gere l'opera del genio ; il tempo passa su queste ruine, e quando l'uomo ricom­ pare, gli è d'uopo costruire con grave difficoltà un nuovo edificio simile al pri­ mo, ricominciare la sua gloria, e forse anche dopo un lungo silenzio. Cosi, noi vedremo nascere in Asia i INTRODUZIONE. 5 principali sistemi filosofici, che più secoli dopo sono risorti in Grecia, e più tardi poi ricomparvero nel resto dell'Europa e caratterizzarono i Cartesii, i Malebranche,! Locke, i Spinosa, i Condillac, i Leibnitz, e c , illustrando la Francia, l'Inghilterra e la Germania. Tale è la sorte delle umane cognizioni. Ma l'uomo, e ciò che dicesi la p o tenza degli uomini, hanno per ogni dove frapposto inciampi ai progressi intellettuali. Quante volte la filosofia ha cercalo di scoprire i principii e le leggi dell'organizzazione e dell'armonia del mondo, e quante volte un potere ombroso e avaro è venuto a censurare e paralizzare gli sforzi dell'uomo! Fu per questo che in Grecia Socrate bebbe la cicuta, e Giordano Bruno venne abbrucialo vivo in Italia; cosi una parte del genere umano congiura contro l'altra, e un filosofo che pei suoi principii vive tranquillo sotto un meridia- 6 INTRODUZION E . no viene abbruciato od impalalo sotto un altro. Quanti uomini tremano al solo nome di Filosofia, tuttavia da quaranta secoli forse che si creano sistemi su que­ sto vasto dominio non si può provare che un dato sistema, solo, senza una for­ za acquistata a lui estranea, abbia p r o ­ dotto qualche torbido negli slati. La storia della Filosofia è storia di pa­ ce, di combattimenti spirituali, di guerra argomentativa p e r giungere a stabilire alcune verità a vantaggio degli uomini. E un lungo dramma, in cui gli attori, non fanno quasi altro che cambiar costu­ me , e che potrebbe parere rappresen­ tato in prova di quei vecchi apoftegmi: Niente è nuovo sotto il .iole. Non v'I ta cosa che non sia stata lodata ο biasimata. È ignota l'epoca dell'origine dei pri­ mi sistemi filosofici, e, malgrado l'auto­ rità e il nome di Brucker, non è possi­ bile ammettere una filosofia antidiluvia­ INTRODUZIONE. 7 na; la storia non ci ha conservato nulla \ in proposito. Egli è specialmente dap­ \ poi che la Grecia cominciò ad essere 1 potente colle sue numerose colonie e col suo commercio marittimo, dopo la scuo­ la Jonica, che noi vedremo, ad epoche fisse, un gran numero di opiuioni e di sette venir alle prese ο coi pregiudizii ο colla ragione ο coll'incivilimento, e , jj^· dopo tanti secoli di discussioni, le me­ t ­ idesime quislioni anche al giorno d'oggi * rimesse alla decisione del giudice. La Grecia, n e ' tempi andati, vide ca­ dere la sua libertà , la sua grandezza e la sua gloria ; essa ha avuto i suoi eroi n e ' combattimenti, nelle scienze e nelle arti; essa ha avuto i suoi trionfi nella Filosofia. Roma, occupata a farsi grande, solo ben tardi accolse la Filosofia in si­ stema; ma parve professare una specie di stoicismo pratico, patriolico e morale. Il cristianesimo innalza la sua fiaccola 8 INTRODUZIONE. e la sua luce semplice e sublime scopre all'universo una morale tutta divina. Per il corso di otto secoli non si fa altro dapprima che commentare, alterare, cangiare, e cadere finalmente in una nullità quasi totale ; il genio della Filosofia sembra spegnersi ; egli si rialza lentamente e con grande difficoltà; sotto il nome di Filosofia scolastica, manda alcun pallido chiarore; poi, verso la fine del medio e v o , sembra scuotere la trista polvere in cui dormiva sepolto. Nel secolo decimoterzo, al tempo della caduta dell'impero d O c c i d e n t e , le arti preparano e annunziano il ritorno della Filosofia. Le cifre arabiche sono introdotte in Europa, i cenci di pannilini sono adoperali a fabbricar carta, la bussola viene portata sui mari, e finalmente si vede comparire la pittura, l'incisione, la stampa, avventurosi figli del nascente incivilimento; tutto il materiale INT110DUZIONE. g delle scienze era pronto pel loro p r o ­ gresso e divulgamento. A questa slessa epoca si può riferire lo studio delle leggi r o m a n e , e i primi saggi di poesia nelle lingue volgari, in Inghilterra, inlscozia, nella Svevia, iti Provenza, in Toscana, in Catalogna, in Normandia. Ma la Filosofia fino al secolo decimo­ terzo non aveva lascialo parlar la ragio­ ne che poco per volta, e colla voce di uo­ mini superiori che sembravano inviati ad intervalli nei tempi di tenebre per far progredire l'umanità di alcuni passi; cosi sorsero i primi rudimenti delle cognizioni attuali dell'Europa, che per tanti secoli fu traviata dalla Filosofia scolastica. Fi­ nalmente si giunge al decimoseslo se­ colo : Lutero tenta la riforma ; Galileo svela le leggi delle scienze fisiche col suo metodo sperimentale ; Bacone ap­ plica questo metodo alle scienze filoso­ ■­'­Î­' IO 1NTH0DEZI0NE. fiche e morali e a tulle le cognizioni. L'erudizione ridesta i sistemi dell'antichità, e la meditazione gli ingrandisce. Nel secolo decimottavo tutti si credevano filosofi, perchè tutti volevano r a gionare e argomentare. Ma già fin dal secolo decimosettimo un gran numero di nuove viste si erano preparate in tutta l'Europa. Nel secolo decimonono , la Filosofia cerca strade più razionali e più sicure, e porta uno sguardo severo sul passato. Cionnondimeno noi v'incontriamo dei sistemi contro la libertà morale e religiosa, e una specie di Filosofia sacerdotale. Profondi pensatori hanno interrogato l'uomo materiale e sociale, onde pervenire alla cognizione dell'uomo spirituale e morale; altri combattono la dottrina di Condillac, e attualmente noi siamo presenti alla lotta dello spiritualismo e dell'orgauologismo. INTBODCZIONE. ' II Si può dunque fin d'ora giudicare quanto spazio abbiamo a p e r c o r r e r e , e scorgere come le scienze filosofiche β morali hanno sempre provalo l'influenza e sono sempre state modificate dai di­ versi governi, dallo stato di restrizione ο di libertà dei popoli, dalla natura del poter dominante negli Stali, dalla varietà dei climi, dalle idee preconcepite, dai costumi nazionali e dalle credenze re­ ligiose. Tutto l'Oriente, specialmente la parie maomettana, non ha Filosofia. 11 Cora­ no, colle sue contraddizioni, co' suoi mi­ racoli ridicoli, colle sue credenze assur­ d e , colle superslizioni quasi continue, con un'alterezza imperturbabile, un mi­ sticismo raffinato e destramente insi­ nuante, il Corano, libro di D i o , è la sapienza e la omniscienza che non ora· inette veruno esame e nessuno scrupo­ lo. Si aggiunga a questo che l'idolatria 11 INTBODUZION E . ne chiuse Γ accesso alla China e al Giappone, che gl'Inglesi non si danno premura d'istruire gl'Indiani, e che per tal modo una delle più grandi parti del globo è sottratta per assai lungo tempo al miglioramento civile, morale e intel­ lettuale, e lo spirito condannato a r e ­ starvi stazionario. Quanto ai monumenti della Filosofia e della Morale antica, il tempo e alcuni accidenti ne hanno tolto un gran nume­ ro. Il fulmine ha distrutto il tempio di Apollo e la biblioteca degli imperadori; si accusa Omar di aver ridotto in cenere quella di Alessandria; Aristotile, Plato­ ne, Zenofonle, Ippocrate, Epicuro, Ci­ cerone, Seneca, Plotino, Porfirio e tanti altri ci sono pervenuti mutilati ο incom­ pleti ο corrotti; ed opere opogrife sono passale col favore di celebri nomi. Al­ cuni padri della chiesa, come S. G r e ­ gorio e S. Girolamo, hanno fatto spa­ IRTRODUZIONE. l3 rire ori hanno alterato i libri dell'antichità profana; e i monaci hanuo sagrificato sia per ignoranza, sia per altri motivi , sovente per bisogno di pergamena, una quantità di testi preziosi. Quanto agli autori che hanno trattato in modo speciale e distinto, la storia delle scienze filosofiche e morali, si possono ridurre ad un assai piccol numero. In Francia non contansi che Lalande, e de Gerando, le cui veglie laboriose, la cui vasta e feconda erudizione, il cui giudizio chiaro e saggio ci completano il suo bel lavoro su la storia dei sistemi comparativi della Filosofia. In Inghilterra abbiamo il dotto discorso di Slerwart, sui progressi delle scienze metafisiche, morali e politiche, dal risorgimento delle lettere'm poi, che serve d'introduzione al primo e al quinto supplimento dell'Enciclopedia Britannica, pubblicata ad Edimburgo. I4 INTRODUZIONE. In Germania indicheremo in particolare Brucker, Tiedemann, Buhìe, Tennemann, che ci offrono fino al secolo decimonono la storia completa dei sistemi di Filosofia. In questo compendio noi ammetteremo il minor numero di divisioni possibile; e ond'essere sempre più alla portata dei lettori, cui è specialmente destinato , le stabiliremo sopra epoche istoriche rimarchevoli, e determinate da nomi illustri e conosciuti. Distingueremo due periodi : il primo fino allo stabilimento del cristianesimo, il secondo fino a'nostri giorni. Ciascun periodo poi comprenderà tre epoche. TRIMO PERIODO SCIENZE F I L O S O F I C H E E MORALI DELLA LORO ORIOINB F1KO ALLO STABILIME NTO DEL CBISTIAKE SIMO. »*««♦» PRIMA EPOCA. FILOSOFIA E MORALE PRIMA DI TALE TE . §. I. Origine della Filosofia e della Morale. O i fa risalire fino a D io, fino all'eternità, l'origine dei principii morali ; allora , i limiti che separano il giusto dall'ingiu­ sto, il bene dal male, non sono già l'o­ pera degli uomini, né un fatto di edu­ cazione e di pregiudizio. Quanto alla filosofia, figlia dell'os­ servazione e della riflessione, essa appa­ ]6 PRIMO PERIODO. PRIMA EPOCA. risce coetanea al genere umano; poiché è ben difficile di suppone l'uomo in mezzo ad un mondo sì ricco di maraviglie, senza che abbia osservato e riflettuto. Ma lo spirito umano non progredisce che lentamente e per gradi, spesso rimane stazionario, e i solismi, i tentativi e gli errori sono preludio a tutte le cognizioni. L'ignoranza favorisce l'inerzia; ambedue unite si lasciano facilmente sbigottire ; e il primo sistema filosofico forse fu il fatalismo, dottrina facile e semplice, ma tremenda per le sue conseguenze, distruttiva di ogni emulazione, di ogni perfezionamento, mortale ben anche alla morale, se un sentimento profondo di debolezza e d'insufficienza,un bisogno e un desiderio insaziabili di reciprocità nel commercio della vita, se la legge invincibile della coscienza non avessero incessantemente richiamata la società a doveri reciproci e meritori! ingiunti alla umana condizione. In seguito, amando lo spirito appoggiarsi a dati almeno supposti positivi, vennero ridotte a sistema le regole di condotta e di morale secondo il genere ORIGINE SE LLA FILOSOFIA. \η «li vita; ο il p r i m o sistema di morale do­ vette essere un sistema ili reciprocità. Ma le differenti passioni degli uomini trassero seco perniciose collisioni, m a l ­ c o n t e n t i , querele e inimicizie.Questo sta­ to di opposizione e di divisione fece n a ­ scere una specie di rivalità favorevole alle i n v e n z i o n i , e moltiplicò le società che allora invasero i diversi c l i m i . Nuovo cielo, terreni più ingrati ο p i ù fecondi, ο più ricchi fecero c o n t r a r r e n u o ­ ve abitudini a queste c o l o n i e , resero i bisogni più pressanti ο i godimenti più g r a d i t i ; q u i n d i , nuove riflessioni, nuovi si udii ; in un secolo più avaro, fu d'uopo di agricoltori; sotto un m e r i d i a n o meno felice, si ridusse il bestiame al pascolo, e vi ebbero popoli pastori ο n o m a d i . Le città si fondarono, i r a p p o r t i delle nazioni si moltiplicarono ; l'uomo geloso di esercitare e di far valere la p r o p r i a industria, stabilì in c o n t r a d e lontane t r a n ­ sazioni e relazioni c o m m e r c i a l i ; ben p r e ­ Sto affidò a! capriccio dei mari le sue ricchezze e la sua v i t a , e nello stesso tempo andò ad osservare nuove regioni > Sx. D ELLE Se. F I L O » . 2 l8 PRIMO PE RIODO. PRIMA E POCA. nuovi costumi, e a procacciarsi novelle cognizioni. Allora egli potè paragonare fatti e os­ servazioni; ma solo quando grandi avve­ nimenti , fenomeni stupendi di natura vennero a turbare e sorprendere il suo spirito abituato ad una vita uniforme, cercò talvolta di spiegare le leggi della na­ tura, e si creò una dottrina, sia per pru­ denza , sia per timore. D 'altra parte , in tutti i popoli si trovano uomini portati da naturale inclinazione alla vita con­ templativa ; questi sono i saggi, i doti di ogni regione e di ogni nazione. A questo modo nacquero le prime co­ smogonie, e nello stesso tempo le prime teogonie; poiché era impossibile osser­ vare e giudicare avvenimenti indipen­ denti da ogni umana potenza, senza am­ mettere una ο più cause ignote, superiori e dominatrici. Ciascun popolo allora si creò e popolò un olimpo, un soggiorno divino al di là di ogni umano vedere; oppure si mischiarono gli dei a tutti gli oggetti, a tutti gli avvenimenti, come abitatori travisati od invisibili del nostro globo i quindi venne il panteismo, il pò­ ORIGINE DE LIA FILOSOFIA. IO, Uteismo, e la fede in un solo D io, ο ria il monoteismo. La Filosofia, nella sua origine fu as­ sociata e unita intimamente alla teologia. In seguito la voce della coscienza, il sen­ timento del bene e del male, congiunti ' all'idea di quella potenza che ha tutto ordinato e disposto nell'universo , porta­ ' rono alla credenza che , avendo de' rap­ porti con quanto esiste, abbiamo dei do­ veri verso la Divinità; allora la religione incominciò le sue pratiche e le sue opere pie; si concepirono ricompense e castighi per l'uomo che doveva vivere in altro modo dopo la sua sparizione da questo mondo, e la morale venne pure associata alla teologia: ma queste medesime idee furono anche il principio del fatalismo. §. II. Zoroastro. — Sistemi indiani e chinesi. I sette Sani dell'Oriente. Ad intervalli più ο meno remoti, vi ebbero, fino dalla più remota antichità, uo­ mini generosi, il cui genio nobile e di­ sinteressato osò sagrificare le proprie me­ ditazioni e i pi'oprii pensieri al bene di SO PRIMO PERIOno. PRIMA. EPOCA. t a t t i . T a l e fu , specialmente in Persia , il secondo dei due Zoroastri, la cui epoca e ignota e la cui e s i s t e n z a , per lo meno, è cosi incerta q u a n t o q u e l l a d i O m e ro. Questo Zoroastro insegnò la d o t t r i n a di un Dio unico e supremo, intelligenza immateriale ; il fuoco, la l u c e , che e r a n gli dei de' Magi, n o n furono più a l t r o che simboli della sua potenza attiva e benefica; ma non sapendo concepire che dal niente posia emergere qualche cosa, diede al mondo nna esistenza e t e r n a · A l lora si spiegava coi due p r i n c i p ì i del ben e e del male, lo stato delle cose morali su la t e r r a ; Zoroastro si credè obbligato di lasciare Ormuzd autore del b o n e , ed Arimane autore del male ; ma queste d u e divinità sovrane dei M a g i , v e n n e r o assoggettate alla potenza di un solo Dio. Questa idea sublime, i m p o n e n t e , e c h e fu mi acquisto immenso pel genere uman o , porlo un colpo m o r t a l e ai p r i n c i p ì i filosofici dei Magi e dei loro oracoli. In nessun altro luogo, salvo presso i G i u d e i , non si trovava una divinità suprema indipendente, unica, infinita, come il Dio di Zoroastro , che fu il focolare di ogni «cienza, di ogni morale, e di ogni feliciti. Z0BOASTR0. si È bello il vedere, ne' più remoti secoli, un genio imponente e libero scuotere le catene dei pregiudizii, e far sentire agli uomini lo strepito dei ferri che gli aggravavano. Il sistema delle emanazioni coordino gerarchie di potenze, incaricate d'invigilare su tutti i fenomeni della natura; ma il Dio unico abbracciava e vivificava tutto. L'uomo, qual ente capace di sublimi pensieri, doveva riguardarsi come animato dal medesimo principio, e degno di essere un1 emanazione della Divinità ; l'uomo morale e intellettuale fu allora, per cosi dire, scoperto e inventato ; la ragione, prima di tutte le facoltà, fu una fiaccola accesa dalla mano di Dio e l'anima umana da lui emanata , divenne un principio immortale incc.isantemente in moto. Queste idee servirono di base ai sistemi delle trasmigrazioni e delle meUtnuicosi; fondarono le credenze de'Caldei, degli Egiziani, dei Fenicii, degli Indiani e di quasi tutta l'Asia ; e originarono le idee di Pitagora. Quindi l'idealismo, che fino a1 nostri tempi fu uno de' sistemi più 22 PRIMO PE RIODO. PRIMA E POCA. diffusi, diede principio alla Filosofia. Ma questa antica dottrina, in fondo, non era che un monoteismo ο forse una specie di panteismo. Prima di Zoroastro, i Persiani ammet­ tevano rimmortalità dell'anima, benché separassero e personificassero le nostre facoltà, e distinguevano la ragione, il giu­ dizio, la sensibilità, la volontà, l'imma­ ginazione e la coscienza, ο sia l'anima : ecco una specie di psicologia. Zoroastro ha depositate, a quanto si dice, le sue leggi e le sue dottrine, in un libro chiamalo \\ Zendavesta ( i ) . Anche a' nostri giorni i Ghebri, seguaci di Zo­ roastro , ponendosi alla lettura di quel libro si fasciano la bocca, come se temes­ sero che le sue sacre parole non venis­ sero bruttate dal contatto dell'alito. Nell'Asia orientale, e specialmente fra gl'Indiani, si trovano con sorpresa i mo­ numenti primitivi dei sistemi che più tardi comparvero in Grecia. I libri detti fèdas e i diciotto Paurdnas ο Amichila, (l) Questo libro è riguardato come a1)0crifo. « fu ««ritto, come pare, noi «ottimo jocolo. ÎOEOASTRO. a3 che ascendono a circa ottocciitomila versi, sono gli annali, in cui si trovano esposte tutte le loro cognizioni intellettuali e industriali, i riti e la religione degli Indiani; in essi- la casta sacerdotale, depositaria esclusiva delle scienze, ha con cura indicati i cambiamenti avvenuti nella filosofìa e nella religione , la storia delle cosmogonie e delle teogonie , della simbolica e della morale; tuttavia e difficile lo scorgere sottq quale influenza sieno stati scritti. Ciò che vi ha di più sorprendente nella loro storia delle scienze filosofiche e morali , è il vedere , cosi come in Grecia , sette saggi illustri fondarne la gloria, e dopo una serie di altri santi personaggi che li seguirono, formarsi successivamente sei scuole. La più antica è quella di Capila, il Pitagora indiano, che fondò la filosofia dei numeri. Più tardi, Palandiali, il Zenone dell'India, creò il sistema dell'unione con Dio; Gotama, che fondò una specie di peripatreismo, e Canada che rappresentò la dottrina di Talete, crearono due altri sistemi stabiliti sopra basi logiche , ma non ben conosciuti. Nulladi- l\ PRIMO PE MODO. PRIMA E POCA. meno essi diedero origine a due altre scuole, la prima delle quali, fondata da Djemini. il Socrate del Gange, è come l'introduzione all'ultima ο superiore, sta­ bilita da Vyassa. maestro di Djemini, gran filosofo, poeta rinomato, e il Platone di quelle contrade dell'Oriente. Gli scritti di questi filosofi, tutti in aforismi, non sono che un'analisi molto oscura di quelle dottrine. Le discussioni filosofiche, date in commentarli dai loro numerosi seguaci, trattano le quistioni importanti dell'eternità della materia, dell'azione di una prima causa, dell'esi­ stenza di un D io che è il gran tutto, della dottrina degli atomi, della creazione del­ l'universo, delle rivoluzioni della materia creata, e c ; ma il sistema di Gotama è più seguito. Cionnondiineno lo spiritua­ lismo è il punto di unità di tutti questi sistemi, e la religione è il loro scopo unico. Un antico libro filosofico, VOutlaia, nega il mondo esteriore, e il VaUhechika sostiene la teoria degli atomi. La filosofia di Νγύγα si avvicina molto alla logica ed alle categorie di Aristotile; SISTEMI IKDIAKI, E C. 25 ma spiega pure la creazione colPinter­ vento degli atomi; essa insegna che il suono si propaga col mezzo delle ondu­ lazioni , e quasi in ogni sua parte è op­ posta al misticismo. Certe scuole ammettono l'esistenza di un D io, altre la negano. In generale, si riporta la morale ad un gran numero di pratiche obbligate ο libere. Oltre a un Dio supremo, si crede all'esistenza di tre altri esseri, mediatori fra D io e gli uo­ mini e agenti nella creazione, conserva­ zione e distruzione; essi sono Brahma, Wichnou e Siva, tutti e tre soggetti ai bisogni e alle leggi della nostra vita ter­ restre. Le due scuole Sankhra hanno una spe­ cie di filosofia intellettuale e inorale; nei loro principii, i tre soli mezzi onde per­ venire alla scienza, che sola conduce al sommo bene, vale a dire, all'essenza del dolore, allo stato d'anima libero dagli ostacoli onde il mondo esteriore l'attor­ nia, sono la percezione, la deduzione e l'affermazione. La scienza è la cognizione completa di venticinque principii, nel no­ vero de'quali sono la natura, ο materia, 25 ΓΗ1Μ0 PE KIODO. PIUMA E POCA. o energia di Brahma, sostanza indistrut­ tibile e primaria che produce e non è prodotta; la coscienza, l'io, proveniente dal principio intelligente che ha origin nato i cinque atomi intangibili ο essenze degli elementi; gli undici organi dei sen­ si , dieci dei quali sono esterni : cinque per la sensazione, l'occhio , l'orecchio ; l'udito, la lingua, la pelle; e i cinque per l'azione, l'organo vocale, le mani, i piedi, le vie escretorie, gli organi della generazione; l'undecimo, interno, è lo spirito, attivo e passivo ad un tempo. 11 senso esterno riceve, il senso interno esa­ mina; la coscienza s'interpone e fa l'ap­ plicazione della sensazione; l'intelligenza decide, e l'organo esteriore eseguisce­ Que­ sta filosofia, quantunque imperfetta, è ri­ marcabile per la sua applicazione, né merita quel disprezzo che si è dimostrato per tutta la filosofia orientale. I cinque elementi sono, l'etere sottile che riempie lo spazio , l'aria , il fuoco, l'acqua, e la terra. L'anima è multipla, immateriale, vincitrice della morte, inal­ terabile, eterna, individua, libera; è una porzione del grande spirito; ma le pas­ SISTEMI INDIANI, E C. 3? sioni, i vizii e gli errori influiscono più ο meno su l'acquisto della scienza che essa cerca. In generale, si riguardava la legge del dovere come indipendente dai dogmi, e determinata dalla condizione di ciasche­ duno; e , cosa sorprendente fra questi popoli, l'osservanza di tale principio in­ nalzare l'indiano anche al disopra del bramino che passa la sua vita nelle minuzie di un culto bizzarro e di pra­ tiche materiali. Se questo principio di una morale veramente filantropica e so­ ciale fosse stato osservato con esattezza, la superstizione e gli scrupoli religiosi avrebbero senza dubbio fra quei popoli, perduto della loro forza. Inoltre le scienze erano onorate come il più bell'appannaggio dell'uomo. Solo tre cose, a quanto essi dicevano, vi sono, che portano un nome vano, un elefante di legno, un anteloxe di paglia e un uo­ mo senza istruzione. Altri libri ancora, come i sei Chustars, contengono i principii che servono di base alle sei dottrine, ο sia sette ortodosse, opposte a tre altre selle eterodosse ο ore­ 28 PRIMO PE RIODO. PIUMA E POCA. tiche. Questi libri, come gli altri, rac­ chiudono una morale pratica, bizzarre allegorie, delle sottigliezze, della logica, della dialettica, della teologia, e quistioni filosofiche, come le seguenti: tutto éuno, la moltiplicità degli esseri è immagina­ ria, non ve ne ha che uno da cui tutto emana, e tutto è quest'essere; tutto ciò che esiste è il prodotto ο la conseguenza di un'azione, il male, il bene, le ricom­ pense, i castighi, ec. Quanto ai libri interminabili dei Boud­ disti, chi non ha cognizione di alcuno di essi, non saprebbe immaginare fino a qual punto possano procedere le strava­ ganze e l'assurdità umana : vi si trovano tuttavia dei tratti di genio sorprendenti. Nella China, questo Bouddaho Chekia­ Mouni è onorato sotto il nome di Fo. Da più di mille anni in qua egli s'in­ carna tutte le volte che la religione e i bisogni della China lo esigono. I Bonzi, che professano la sua religione, formano la setta dei Bonzi­ho­chang; vi hanno ancora due altre sette, quella dei Filosofi chinesi e quella dei Bonzi Tao­ssé.Quan­ to a questo Fo uiaraviglioso , le sue pa­ SISTEMI ΐϋηίΑκι, E C. 29 role spirano tutte una morale dolce, sem­ plice e sublime, sovente vestita da alle­ gorie splendide ed ingegnose. I seguaci di Fo, e in generale i Bonzi e ifilosofi chinesi seguaci di Confucio, sembra che abbiano studiato la natura fino da quelle epoche remote. Fo è la loro sola natura intelligente nelPuniver­ so. Essi avevano prima ammesso esseri visibili, materiali, ed un principio im­ materiale; ma imbarazzali dalla materia in vista delle illusioni dei sensi e dello spirito, non potendo ammettere che la materia sia eterna, che abbia potuto es­ sere creata dal nulla da un essere im­ materiale, e che siavi compatibilità e re­ lazione fra di essa e questo essere, la diedero vinta all'essere spirituale, e po­ sero in dubbio resistenza della prima; quindi, se non vi sono corpi da reggere, non vi è pur bisogno di spiriti, né di anime, e il pensiero della loro esistenza è una malattia che la religione di Fo d e e guarire, fino a che Tanima non sen­ ta più né sé, né le sue facoltà. In conseguenza di ciò, più non vi sono incomodità di età, né nascita, né vita, 3θ ΡΒ1Μ0 PE RIODO. PIUMA E POCA. né morte, né cielo, né terra, né castighi, né ricompense al di là di questo mondo : ta­ le e la loro dottrina segreta ed interna. I Bonzi Tao­ssè tengono il dimezzo fra i Filosofi e i Bonzi ho­chang; essi, così come questi, rinunciano­^ pubblici impieghi , e fra i sentimenti di natura escludono solamente quelli che causano inquietudine. L'uomo, secondo essi, è per­ fettibile, e può pervenire alla felice im­ mortalità col mezzo di ricette chimiche e di arcani. Ma le tre sette si accordano su questo punto, che tutte le cose non sono che uno ; che ogni essere è parte dell'essere universale ; e, secondo Ho­ chang, questo essere è il loro Fo. Quanto alle trasmigrazioni delle anime, esse han­ no luogo giusta i loro meriti, per sei or­ dini, quello degli abitanti de1 cieli, quello degli uomini, quello dei genii, quello delle bestie, quello dei demonii famelici, quello degli abissi. Il loro principio di morale è che fa d'uopo fare il bene ed evitare il male; tutti gli uomini sono uguali j non vi ha né grado né distinzio­ ne fra il ricco e il povero. Lrecia, che incominciò assai tarili SISTEMI IKD IAMI, EC. 5T a distinguersi nelle scienze, si .giovò delle cognizioni degli orientali. Omero e Esio­ do, incominciarono la scienza colle loro teogonie ; Omero specialmente, che viene onorato col titolo di padre della Filoso­ fia e della Morale, e di cui Platone proi­ biva la lettura nella sua repubblica, per­ chè lo stile della poesia, colle sue figure e co1 suoi colori, col vago delle finzioni fantastiche non può dare che false idee in Filosofia, specialmente agli addetti e alla gioventù. Fino a falete infatti , si vede la Filosofia senza carattere deciso e stabile, e la Morale vestita delle forme allegoriche della mitologia. Cosi in Grecia come in Asia vi era la P'ilosofia e la Morale esoterica degli ini­ ziati ai misteri, di cui si vincolava la di­ screzione per mezzo di giuramenti invio­ labili, onde sfuggire al giudizio dei pre­ giudizii e della superstizione. S'ignorano le dottrine e le cose che si trattavano in queste assemblee segrete e misteriose. Forse di tali dottrine si sa­ ranno giovato quei filosofi che sai­annosi appoggiati ad esse ο ne avranno estratto i loro sistemi. Cionnondimeno queste 32 PRIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA. iniziazioni avevano quasi lo stosso inconveniente, tanto per le scienze che per le prerogative delle caste. SECONDA E P O C A . DA TALETB FISO A S0CI\ATE. § I. Paragone della Grecia coll] Oriente. I sette Savii della Grecia. — Scuole Ionie· Ora noi vedremo la ragione farsi g r a n de e feconda, conquistare, in certo modo la Grecia, e preparare quella gloria scientifica, che all'uomo costa solo meditazione. Le iniziazioni, in Grecia, ben diverse da quelle dell'Oriente, avevano degli addetti nelle differenti classi della società, e i filosofi che ne ebbero per le particolari l o r o dottrine gli ammettevano senza distinzione di g r a d o ; era per un p r u d e n t e timore della superstizione e dell'ignoranza che sfuggivano in tal modo ogni pubblicità. Cosi si preparavano i fondamenti di quei ginnasi di morale e di filosofia > in cui lo spirito dell'uomo doveva incominciare l'educazione della gran famiglia d i l genere umano. PAR. DE LLA GBBCIA. COLL'OR! EÏITE. 33 Il dispotismo asiatico pareva che volesse privar l'uomo delle sue più belle fun­ zioni, paralizzare le più nobili sue facol­ tà, l'intelligenza e la ragione, e impedire incessantemente lo slancio del pensiere e la libertà intellettuale. Perciò i filosofi ο dotti restrinsero le loro dottrine pub­ bliche alle combinazioni e alle regole religiose, e non si mantennero liberi che nelle segrete; quindi, quanti secoli scorsi nell'infanzia, nella sterilità e nella super­ stizione! Inoltre , l'estensione degl'imperi! del­ l'Asia, l'uniformità di amministrazione, di costumi, di lingua che necessariamente ne risultala sciocchezza di quell'orgoglio degli orientali, che anche al giorno d'oggi fa loro sdegnare il commercio cogli stra­ nieri, tutto insomma contribuiva ad im­ pedire i progressi dello spirito d'osserva­ zione e lo sviluppo della mente, coll'in­ ciampare le comunicazioni che slimolano i popoli a vicenda. In Grecia, la libertà, quantunque dap­ prima fosse alquanto ristretta dalla su­ perstizione e dall'ignoranza, lasciò ben presto apparire i disegni e i concelti del ST. D ELLS Se. Faos. 3 34 PRIMO PE TIIODO. SE CONDA E POCA. genio dell'uomo e trionfare i p r i n c i p i i della Filosofia e della Morale. La divi­ sione della Grecia in piccole r e p u b b l i c h e sovente rivali, in paesi che avevano cia­ scuno la loro storia, i loro annali, la loro gloria e i loro l u m i , fu cagione di u n a emulazione feconda. Lo spirito di s t a b i ­ lire colonie e quello del commercio tra­ sportò i Greci in lontane regioni ; e i loro filosofi, co 1 pellegrinaggi scientifici, andavano a studiare popoli s t r a n i e r i . Tale era lo stato della Grecia q u a n d o i suoi primi filosofi stabilirono ο difesero la libertà del loro paese , e q u a n d o T a ­ letc fondò la prima scuola e il p r i m o si­ stema di Filosofia. Questo coraggioso n e ­ mico della tirannide fu prccedulo da savii e da legislatori i quali, r i f o r m a n d o l e idee morali, le avevano applicate al perfezio­ namento dei rapporti sociali. G i i i Za­ leuco, i Caronda, stabilendo una m o r a l e severa e giusta nelle loro leggi giuridi­ che e politiche; Βiante, Piltaco, colla purezza de 1 loro precetti su la castità, la temperanza, l'amor del vero e la condotta sociale degli uomini, avevano in ispecinl modo dato incominciaracnto alle scienze SAVI BE LLA GRE CIA. 35 morali. D opo Biante e Pittaci), co 1 quali ha principio la lista dei sette Sarà'della Grecia ο filosofi sentenziosi, comparve u n t i r a n n o di Corinto, Periandro, uomo s t r a ­ vagante che lasciò precetti migliori d e ' suoi e s e m p i ; q u i n d i CLcobuln, la cui mo­ rale negativa consisteva specialmente nel fuggire il m a l e , che introdusse in G r e ­ cia gli enigmi ; finalmente Chitone, Ta· lete e Salone ultimi fra questi savii che insegnarono in ispecial modo la morale pratica. Talete di M i l e t o , in Ionia , geometra ed astronomo, fondò la scuola ionica. Egli aveva visitato Pisola di Creta e l'Egitto. Poco contento della supremazia delle ca­ ste , separò la filosofia dalla teologia; e b e n c h é serbasse il modo di deduzione do' sacerdoti Egiziani, in luogo di appoggiarsi su principii r e l i g i o s i , e perciò inaccessi­ bili a l l ' u o m o , se ne stette colla natura per «spiegare la natura. E g l i fu Gsico ed annun­ cio la seguente proposi/Jone fondamen­ t a l e : l'acqua è il. principi» di tutte le cose; vale a dire l'elemento, e non già la causa nel senso che h a n n o preteso coloro c h e lo hanno accusato d'ateismo. Intendeva i 36 » *; . PRIMO PEBIOBO. SECONDA EPOCA. con ciò di dire che col passare dallo stato liquido al solido , la materia veste le forme da essa presentate nell'organiz­ zazione delle sue parti. Fu rimproverato di non essersi spiegato su la causa im­ mediata di questo fenomeno di trasmu­ tazione; ma allora appunto, uscito dalla sfera positiva e naturale che si era pre­ fissa, sarebbe caduto nel soprannaturale e nell'ipotetico. Ciò pure contribuì a farlo riguardare come ateo e materialista; ma lo spiegare i fenomeni ο il modo di esi­ stenza degli esseri con un principio od elemento naturale, non è già un negare l'esistenza del creatore di questo stesso primo elemento. Talete confessa psicolo­ gicamente che l'essenza dell'anima è il moto spontaneo, continuo; e sembra ri­ conoscere che il fenomeno della vita, il quale è un moto spontaneo, dipende da cause spirituali e da un principio intel­ lettuale, da un D io increato, autore del mondo. Se si vuol riguardare come ateo per avere osato spiegare il mondo con una legge naturale e pensare da se stesso in una scienza speculativa, quanto pochi sarebbero i filosofi ucn tali '. E bensi ver» scuoti! ni TOMA. 3* rhe trovasi un corto vago talvolta contraddittorio nell'accozzamento de'pensieri sparsi ohe di Talete ri sono stati conservati ; ma si rammenti che ventiquattro secoli circa ne separano da lui, e che Aristotile diceva già a1 suoi giorni « di « Talete si sapeva sol quanto asseriva la « tradizione ». D'altronde, egli non lasciò scritto alcuno, e non comunicava i suoi pensieri che agli amici. Parlava alla ragione e forniva le prove; in luogo d'imporre una cieca fede, discuteva; era dunque vera scienza la sua. Secondo lui, un vincolo generale unisce tutti gli esseri ; e non potendo comprendere le loro reazioni che per contatto, li riguardava come aderenti e negava il vuoto. Anassimandro, amico di Talete, generalizzando ancor più, portò oltre la causa della riproduzione e del vincolo degli esseri fra di loro, ed annunciò quell'assioma che fu per sì lungo tempo il punto d'appoggio della Filosofia: niente può farsi dal niente. Perciò, gli era d'uopo di un essere che abbracciasse la generazione perpetua degli esseri, ed emise la seguente proposizione per quell'epoca della 38 PK1M0 PERIODO. SECONDA EPOCA. scienza sorprendente: l'infinito è il princìpio di tutto ,· un infinito immutabile ed immenso ad un tempo. Ma ciò che induce a credere che Anassimandro non iscorgesse tutta l'estensione di questa proposizione, e non volesse veracemente porre la base della Filosofia su un principio al di là dell'intelligenza umana, si è, ch'egli fece del suo infinito una sostanza reale, che riempivalo spazio medio fra l'aria e l'acqua, quindi materiale e limitato. Per tal modo si avvicinò al principio di Talete, e fu esso pure accusato di materialismo e di ateismo. Anche Anassimandro non insegnava, ma é noto che compose un libro su la natura. Fu il primo con Ferecidc, che scrisse in prosa metrica j poiché fino allora i filosofi greci, imitando Omero, Orfeo, Museo, Epimenide, ec., avevano esposte le loro cosmogonie in poemi, e gli stessi primi Pitagorici scrissero pure in versi. infissimene, che si occupò ben anche di morale, e che dava la povertà per istittitrice della sapienza come madre del lavoro, seguì le spiegazioni sistematiche di Talete e di Anassimandro, e materializzò ancor più l'infinito colla speeificarla. SCUOLA DI IONIA. 3o, l'aria, a motivo dell;» sua cedevolezza fu l'elemento generale: le accordò pure la vita e il pensiero, quindi l'intelligenza e la volontà; ma forse, come fu creduto, per aria intendeva una sostanza leggera e sottile. Ermotimo di Clazomene accrebbe pure le cognizioni della scuola ionica; penetrò nella psicologia, diede all'anima l'impero sul corpo e sui sensi, separò l'intelligenza dalla materia, benché l'accordasse all'organizzazione, e aprì per tal modo la strada al celebre Anassagora che contrassegnò meglio di lui la loro differenza. D'ora innanzi una intelligenza suprema verrà ad essere collocata al sommo di tutta la natura e a regolare l'insieme delle leggi dell'universo. Questa dottrina di una causa prima è l'opera gloriosa del filofoso di Clazomene, di qnell'Jnassago' ra che l'antichità ha onorato con si giusti elogi, e che i suoi contemporanei hanno soprannominato Vintelligenza. La meditazione dei principii ionici lo aveva innalzato alla elevatezza di questo pensiero sublime e fecondo. La divinila non è più Vernina universale animatrice del inoudo 4θ PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA. con cui viene confusa; è un'intelligenz» infinita, distinta, semplice, pura sovrana­ mente indipendente, dotata di una na­ tura speciale ed esclusiva, in possesso dell'eternità, e provata dall'armonia delle leggi di natura, dall'immobile suo insie­ me, e dalla necessità di un regolatore nnieo per istabilire e mantenere un or­ dine si costante e sì bello. Anassagora fu it primo filosofo, dopo che la tirannia dei satrapi persiani ebbe esiliato per sempre la filosofia dal suo suolo nativo, che Atene udì fra le sue mura. Ma ben presto fu costretto di fug­ girsene; il fanatismo l'accusò di empietà e di ateismo, specialmente allora c h e , dando troppa estensione a questo prin­ cipio ionico: niente l'iene dal niente, sup­ pose le sue omoiomerie, ο sia elementi diversi, eterni, primitivi, indivisibili ed immutabili della materia , indipendenti ben anche dalla causa suprema; quindi dedusse che tutto ciò che si produce ed fisiste, risulta da ciò che già era. Sem­ brava così distruggere la sua intelligenza prima, e le negava la creazione primitiva del inondo di cui baciavate solo il regi­ » SCUOLA DI IONIA. /J t me; ma essa abbracciava e conosceva tutto il passato, il presente e Pavvenirc. In seguito parve comporta di un etere che si libra al di là delPuniverso ; non gli diede mai il nome di Dio, perciò che , come dice de Gcrando , questa parola era profanata dalla superstizione, la quale applicavate a mille esseri immaginarli e indegni di tal nome. Questa intelligenza penetra tutto, ma non fa che comporre gli esseri., e quindi decomporli per formarne altri mediante le combinazioni degli elementi eterni. Essa è il principio della vita, e più intimamente presente agli esseri ragionevoli; la sola organizzazione distingue questi individui comportando un più perfetto esercizio di detta intelligenza , e delle facoltà che vi vanno congiunte; tale è la sua psicologia. Nell'uomo, la ragione giudica le cose giusta le impressioni che producono sui nostri sensi ; ma gli errori dei sensi non provengono che dalla loro debolezza, e la ragione vi supplisce. Anassagora compose un libro tu la 'tritura, che andò perduto. Visse in Atene nella società di Pericle, degli Euripidi, i'ì PRIMO PERIODO. SECONDA EPOCA. dei Fidia, e, quantunque padrone di molti beni di fortuna, li trascurava per andare in cerca della verità. Niente è a noi pervenuto della sua morale ; abbiamo però i suoi esempi e la sua vita. Gli veniva rimproverato di essere indifferente per la sua patria: « Oh! n o , disse, la mia u patria mi e ben cara ! » e indicava il cielo. Diogene d'Apollonia, nell'isola di Creta, gli succedette ; come l u i , ebbe la gloria di essere perseguitato ; ma è molto inferiore al filosofo di Clazomene, ch'egli cerca conciliare con Anassimene, adottando le omoiomerie e l'intelligenza suprema che dà come attributo all'aria di cui fa una sostanza primitiva. Archelao di Mileto, ultimo dei filosofi di Ionia, insegnò pure in Atene. Cerco di conciliare fra di loro i principii di Anassagora con quelli di Diogene; ma attribuì la causa motrice al calore. Fu il primo fra gli Ionii che stabilì principii scientifici di morale, ma li fece derivare dall'invenzione umana; sistema che noi scontreremo nel secolo di Cartesio. Abbiamo veduto la scuola di Ionia in- SCUOLA DI 10H1A. 4^ nalzarsi ad una grande elevatezza di co­ gnizioni, cercando di fondarle su principii e. vedute tolte dalla sfera positiva, nelle leggi di natura. Ora noi troveremo pel contrario nella scuola di Pitagora, uno spirito di astrazione che cerca fonilare teorie più ο meno arrischiate. La dot­ trina ionica è più razionale, più naturale ; la dottrina pitagorica più scientifica, più ricercata. §. II. Scuola d'I talia. — Lao Tseu, nella China. I/Italia vide formarsi nel suo seno la scuola di Pitagora contemporanea a quel­ la di Ionia. Questa spiegava a tutti la sua dottrina; ma la prima, per una ten­ denza al misticismo, che Pitagora aveva attinto in Oriente ne' suoi viaggi, si av­ volgeva nel mistero e sfuggiva il pubblico. fi questo passo la storia della filosofia mi presenta un sincronismo sorprenden­ te. Quasi nel tempo stesso in cui Pita­ gora, fuggito da Samo sua patria, oppressa da Policrate, portava in una terra libera la sua indipendenza e i suoi pensieri Olo­ ­ V"v S 44 PRIMO PE1UODO. SECONDA. EPOCA. solici, sotto un altro emisfero, nella China, Lao-Tseu, il Pitagora del suo paese, moralista giudizioso , facondo teologo e metafisico sottile, vestiva un sistema dei numeri con uno stile platonico, e fondava una setta; la sua filosofia spirava dolcezza, benevolenza e modestia. « Prima del caos, dice egli, prima del cielo e della terra, un solo essere esisteva, immenso e silenzioso, immutabile e sempre attivo· ne ignoro il nome, ma io lo contrassegno con quello di ragione. L'uomo ha il suo modello nella terra, la terra nel cielo, il cielo nella ragione, la ragione in sé stessa. La sua morale è degna di si bell'incominciamento. La perfezione consiste nell'essere senza passioni, onde contemplare l'armonia dell'universo ; e la più solida virtù del saggio è di saper passare per insensato. L'anima è un'emainzione della ragione. Un essere trino ha formato l'universo. Lao-Tseu spiega la sua Cosmogonia con forme quasi algebriche, e dà negli elementi i nomi dei numeri. Pitagora, nel suo sacro entusiasmo, pro- SCUOLA D'ITALIA. 45 gettava l'incivilimento del mondo, fondando la legislazione su la morale e la necessità di'l perfezionamento dell'uomo; ma andò contro il proprio generoso disegno, costituendo co1 suoi discepoli una specie di associazione segreta e cenobitica, soggetta a regole di vita speciali; cionnondimeno ne uscirono molti doti e molti savii. S'ignora se Pitagora abbia composto qualche opera, e i versi d'oro che gli vengono attribuiti, sono di origine più moderna. Il segreto ingiunto agli iniziati, le forme simboliche e misteriose del loro linguaggio, sono la causa dell'incertezza storica che avvolge il cominciamento di questa scuola. Ma quando i suoi primi apostoli si mostrarono in pubblico s'incominciò a scorgere e a distinguere i loro principii. Il genere di vita dei Pitagorici, portandoli alle astrazioni, li trasse ad inventare leggi ch'essi credevano di ravvisare nelle loro osservazioni. Pitagora aveva loro pure insegnato a portare il calcolo in questi studii, e ad assoggettare i fenomeni del inondo a forme periodiche e 4θ PRIMO PE iUODO. SF.COMDA E POCA. meccaniche, a certe combinazioni, a ri­» torni regolari (li numeri; ο questa espo­, sizioue sistematica pareva comprovata dal­ l'esperienza dei tempi. I numeri diven­ nero gli clementi della sua dottrina e di ogni cosa , e la monade ο unità , ne fu il principio costitutivo. D 'altronde la contemplazione dell'universo offriva loro incessantemente l'armonia degli esseri e dei loro moti, il tempo, lo spazio, le masse, le forme, il numero delle creature, sog­ getti a leggi di calcolo; e i a scuola d'I­ talia ammise questa proposizione fonda­ mentale : i numeri sono i princìpii delle cote. La parola principio significò l'ele­ mento integrante , la causa attiva ed ef­ ficiente; la parola numero indicò il nu­ mero in generale , e tutte le grandezze , le quantità e le relazioni calcolabili delle cose. La monade forma il primo grado, e colla sua ripetizione compone tutti gli altri numeri ; essa è l'elemento essenzia­ le, la causa universale e perfetta, il punto generatore delle figure dei corpi ; ha in sé la propria forza matematica , e ripro­ duce sé slessa. La diade ò imperfetta, / SCUOLA D 'ITALIA. An prodotta, composta: e la materia, il caos il principio passivo; ma comprende, colla monade, i due generi sotto i quali si uni­ scono gli esseri. I numeri pari sono im­ perfetti perchè non possono fermare, colle loro addizioni, numeri impari; questi sono perfetti perchè formano gli altri. La loro morale medesima che scorse la natura del bello, ebbe le sue regole matematiche, e la virtù fa un"1 armonia, il bene derivò dalVunilà ο dal determinato, il male dal multiplo ο indefinito ,· ma la giustizia dall'eguaglianza nel multiplo. La divinità ebbe la giurisdizione sovra­ na delle nostre azioni e delle nostre vir­ tù, delle quali la moderazione fu il ca­ rattere essenziale; ma essila collocarono al centro del mondo che anima , l'iden­ tificarono col fuoco, colla luce; Dio fa tutto intero nell'intero universo ; quindi, tutti gli esseri nascendo gli uni dagli al­ tri , mediante le trasmutazioni perpetue della materia, e la divinità non potendo scomparire dal mondo, la metemsicosi fu ammessa. La psicologia dei Pitagorici accordò all'anima la suprema intelligenza; e la AS PRIMO PERIODO. SECONDA EPOCA. ragione, in luogo di giudicare le sensazioni giusta il principio degli Ionii, dominava l'uomo tutto intero ed era indipendente. Delle due facoltà dell'anima , Tuna, priva di ragione, è il principio dei bisogni fisici e delle cieche passioni, l'altra ragiona e presiede alle operazioni della sapienza. Nel tratto successivo questi principii andarono soggetti a pochi cambiamenti; essi erano consacrati dal nec plus ultra: il maestro lo ha detto. Empedocle a cui, come ad Epicarmo, vengono attribuiti i versi d'Oro, ammise i quattro elementi come principio primo: Timeo di Locri ammise l'intelligenza e quasi le omoiomerie di Anassagora ; Cefante di Siracusa diede corpo alle monadi, e un pseudonimo Ocello di Lucania, in un trattato su la natura dell'universo , col riconoscere l'eternità del mondo , fece un tutto immenso di tutti gli esseri. Archita di Taranto, maestro di Platone, conservando pure ed estendendo la morale pitagorica, l'associò alla teologia in un libro su la sapienza, e avvicinò così il misticismo dell'accademia a quello SCUOIA D VTALÌA. 4Ì) della scuola d'Italia. Alcmeone spiegò col­ l'urto degli elementi contrarli della ma­ teria, tutte le trasmutazioni e le ripro­ duzioni degli esseri. Filolao, che sembra essere stato il pri­ mo a divulgare la dottrina pitagorica, negò Vunità ο principio universale della scuola; la materia e la forma, secondo lui, compongono quanto è nel mondo, e lo producono, come l'unità e il binario for­ mano tutti i numeri. La materia è eterna; Dio non ha potuto generarla; se ne è solo servito per formare il mondo con proporzioni numeriche indipendenti da lui e costituenti l'armonia del mondo. Ippaso è appena noto per la sua dottrina particolare. Eudosio che termina la scuo­ la di Pitagora fu astronomo, geometra, medico e legislatore. D iede la seguente massima che tanto si allontana dalla dot­ trina del maestro: la voluttà è Usammo bene: ma tale fu la purità dei suoi co­ stumi e della sua virtù, che nessuno, dice D iogene­Laerzio, non ne fece sfavo­ revole interpretazione. ST. D ELLE Se. Fues. 4 5o PRIMO PERIODO. SECOMDA EPOCA. §. III. Prima scuola di Elea.— Eraclide. Una nuova scuola esamina i principii degli Ionii e dei Pitagorici, e in tale studio pervenne a cercare il perchè dell'esistenza delle cose, e se infatti abbia apulo luogo una generazione qualunque. Siffatta quistione primaria e metafisica foce dire questi Eleatici, metafisici, per distinguerli dalla seconda scuola detta degli Eleatici fisici. Zenofane di Colofone, nell'Asia minore, che aveva veduto e udito Pitagora, venne, in età di circa quarantacinque anni, a stabilirsi in Elea, su le coste d'Italia,eda fondarvi la scuola di Elea. Pare che dapprima vivesse del mestiere di rapsodo, e gli vengono attribuite molte poesie satiriche. Zenofane, dal principio ionico Niènte tifa dal niente, dedusse la conseguenza che : una cosa non può nascere da un'altra cosa; » poiché, secondo lui, ciò che nella prima differirebbe dalla seconda, sarebbe, che ciò che è nuovo, i;on avrebbe principio. L'analogo non può produrre l'analogo; ma solo la sua propria identica ripetizione ; molto meno può produrre il PRIMA SCUOtA D'ÎLE A. 5f dissimile.» In conseguenza di che egli nega, la creazione e la modificazione di quanto esiste; « tutto è uno, Tessere è unico, il pensiero è la sola sostanza reale e perseverante, e, siccome l'identico non può riconoscere che l'identico, il inondo sensibile non può esistere per l'intelligenza pura. » In conseguenza di queste vedute metafisiche, Dio, unico, sovrano e perfetto , non fu né in moto, né immobile, né limitato, ti è infinito. Egli non ne fece già l'anima del mondo, ma la sola realtà universale; lo rappresentò come sferico, ed enunciò il famoso principio geologico dei nettuniani di quest'epoca: l'aria è infinita per l'altezza, e la terra per la sua base. Ma dopo avere, per quanto sembra , negato la creazione degli esseri, Zenofane venne a formare una specie di mondo materiale, di cui tutti gli esseri ebbero per principio la terra e l'acqua. Questa apparente contraddizione viene spiegata col dire, ch'egli distingueva il mondo intellettuale e il mondo sensibile, e che solo il primo possedeva l'unità, l'immutabilità e la realtà. Cionnondiincno Zenofane pervenne ad 5a PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA. uno scetticismo che si può assai agevol­ mente conciliare col suo sistema d'idea­ lismo. Termina il suo poema su la na­ tura affermando che nessuno non sa niente di certo su quanto egli dice del tutto uni­ Tersale, ο mondo intellettuale, e che an­ che colui il quale pervenisse a raggiun­ gere là verità, non potrebbe sapere di averla effettivamente raggiunta. Parmenide confidente di Zenofane, ne sviluppò la dottrina con maggior preci­ sione, e fondò veramente Videalismo. Egli negò ogni autorità alla testimonianza; la sola ragione ebbe il privilegio di raggiun­ gere la verità. Si attribuisce a Parmeni­ de un poema su la Natura, che a noi pervenne incompleto. Melisso riconobbe i medesimi principii, ma dall'unità e indivisibilità dell'essere universale, dedusse l'impossibilità del vuoto e dello spazio, e quindi l'immate­ rialità di questo essere, conseguenza na­ turale che Zenofane e Parmenide non avevano dedotta. I principii eleatici su D io e gli errori dei sensi suscitarono violenti discussioni polemiche. Zenone di Elea si presentò PRIMA SCUOLA D'ELEA. 53 come atleta nell'arena, per sostenere la causa del vecchio di Colofone j egli combatté in luogo Ji edificare, e questo padre della logica, abusando già di questa arte nascente, la fondò, almeno col suo esempio, sopra artificii e sottigliezze. La divise in tre parti, argomentazione, dialettica e arte di discutere. Mostrò tanta abilità, presenza di spirito e tali risorse, nel circonvenire e imbarazzare i suoi antagonisti, nel sostenere i principi! più opposti, che Timone il satirico lo chiamò il possente Zenone. Nel corso delle sue discussioni, Zenone si portò [ino a negare arditamente il moto, poiché se Tessere è infinito ed immutabile, se non vi ha né mutazione, né spazio, il moto non può esistere. Zenone venne in Atene nell'età di 4° anni 5 Parmenide allora ne aveva 65. Zenone contribuì a dare savie istituzioni a euoi concittadini; e preferendo sempre il loro amore alla magnificenza di Atene, ritornò nella sua patria, ove mori vittima del suo amore per la libertà, e del suo odio per la tirannide. In generale, si può dire che gli Elea- 54 PBIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA. tici metafisici rimpiazzarono , con teorie e idee astratte, le astrazioni dei Pitagorici ; fu sempre idealismo, e ve ne ha sovente perfino nelle loro osservazioni più naturali, come ora si vedrà specialmente nella dottrina di Eraclito, che si potrebbe separare da questa scuola. Mentre le tre precedenti scuole fiorirono, un filosofo di Efeso, in Asia, Eraclito, portava nelle sue ricerche un colpo d'occhio grande ç pieno di maestà. Le tradizioni su la maggior parte delle sue opinioni sono molto incerte, la sua oscurità faceva dire a Socrate. « Quello che di lui comprendo è eccellente, dunque è probabile che lo stesso sia di quanto non intendo ». Egli annunziò che in natura tutti gli esseri formano un insieme ordinato con armonia, e ch<; anche i fenomeni discordanti in apparenza concorrono, con queste medesime dissonanze, ad un accordo generale e compiuto. Il destino, in luogo di essere la potenza cieca che il volgo crede, è la ragione che regola e conserva l'ordine dell'universo, colle molle segrete che ai nostri occhi si esprimono coli'attrazione PRIMA SCUOLA D'ELEA. 55 e la ripulsione, pei fenomeni di combinazione e di dissoluzione negli clementi delle cose: quindi le cose non sono, ma passano. Un fuoco energico, espansivo, penetrante per ogni dove, etereo, aereo, dotato di una mobilitò prodigiosa, una forza ignea, lu,uino-.;a , un vapore, produce e mantiene questa attività; e questo fuoco immateriale, intelligente è l'anima del mondo; la sola ragione, che ne emana, ha il privilegio del pensiero e può conoscere. I sensi non sono che canali infedeli e imperfetti per le nostre cognizioni', ma ne servono od aspirare la ragione divina; il senso comune è ciò che l'anima aspira di questa ragione. Siffatta dottrina, Eraclito l'appoggiò su questo principio : l'identico non può riconoscere che l'identico, e l'espresse cosi: « Il concepimento non può stabilirsi che su la similitudine fra l'oggetto ed il soggetto. » Quindi, egli rifiutò l'autorità dei sensi. In morale, voleva che le leggi umane ricevessero la loro potenza e il loro tipo 56 PRIMO PERIODO. SECONDA. EPOCA. dalla legge divina che regola tutto. La virtù^consisteva nel comandar a sé stesso; il fine dell'uomo era la sua propria soddisfazione; e, come gli storici, rarcomandava di agire secondo natura. Ad Eraclito venner dati discepoli,e,fra gli altri Ippocratc. È bensì vero che questo padre della medicina pensava che la riostr'anima fosse un calor temperato dalla respirazione, gratificato dell'immortalità divina e della scienza universale; ma nella sua condotta scientifica e medica egli si attenne in tutto all'osservazione sperimentale , sommetten lo l'esperienza alla ragione; praticò la medicina come filosofo e come moralista. §. IV. Seconda scuola d'Elea. Gli Eleatici fisici, studiando la natura diedero sovente i loro concetti per regole naturali , e incominciarono a ricercare gli elementi delle cose, vale a dire, il punto più da noi lontano, e così discendere con un nuovo genere di astrazioni, che si potrebbono dire astrazioni fisiche, alla determinazione delle Ι SECONDA SCUOLA D 'ELEA. " 5η léggi di n a t u r a ; ina accordarono grande autorità alla testimonianza dei sensi. Empedocle di Agrigento, medico e poe­ ta, sembra essere uno dei primi eleatici di questa seconda scuola. Sovente fu po­ sto fra i Pitagorici. C o m b i n a n d o , e mi­ schiando le idee d e ' suoi p r e d e c e s s o r i , egli ammise p e r elementi, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco; e le loro particelle primitive, indivisibili, inalterabili, eterne sono racchiuse nell'unità, che sembra così essere un caos da cui s'involano per di­ sporsi meccanicamente e per un effetto del caso. L'amore e la discordia sono le forze attrattive e ripulsive che servono all'aggregazione e alla dissoluzione. Egli nondimeno ammette una divinità ο principio i n t e l l i g e n t e , senza però ben definire i suoi a t t r i b u t i . L'anima dell'uo­ mo e quella degli animali ne sono ema­ n a z i o n i ; l'universo è popolato da genii attivi ed intelligenti. Ciascuno de' nostri sensi, come sorgente di cognizioni, aveva un elemento specia­ le che gli era identico; il fuoco era perce­ pito dal fuoco, che è la vista; l'aria dall'a­ ria, che è l'udito. I colori erano certe for­ 58 FBIMO PERIODO. SECONDA EPOCA. me che vengono dal di fuori, e che noi riceviamo per mezzo della vista. Quasi tutta questa filosofia mostra poca profondità e forza di osservazione ; e in ciò, essa differisce molto da quella di Leucippo. Come moralista, le grandi quistioni.su l'origine del male, lo rendevano malinconico e l'affliggevano. Leucippo, anteriore ad Empedocle, è posto dopo di lui,perché fece progredire di più la scienza; egli si meritò in ispecial modo il titolo di fisico. Malcontento del sistema della prima scuola d'Elea, invocò ad un tempo la ragione e l'esperienza. L'esperienza gli mostrò per ogni dove varietà, mobilità, modificazioni continue. Quindi, Leucippo, distinguendo da tutto il resto i fenomeni dei quali l'estensione è la condizione, provò che la forma, il moto e lo spazio erano necessarii all'esistenza delle cose; ch'erano d'uopo spazii vuoti per concepire una forma nelle cose e permettere il loro movimento, e che, nell'ipotesi contraria, non avrebbero costituito che un tutto massiccio e inerte, senza luogo per riceverlo. In seguito egli SECONDA SCUOIA D 'ELEA. 5g compose i corpi isolatamente di atomi aggregati, impercettibili, infiniti, eterni) dotati di qualità e di forme particolari. Attribuì ad ogni atomo un certo moto, e quindi una specie di necessità rese ra­ gione delle combinazioni, delle trasfor­ mazioni e di tutti i fenomeni dei corpi. Diogene Laerzio vi scorgeva una specie di vortice; ecco l'origine dei vortici di Cartesio. Con questi prineipii chiari, Leucippo rispondeva all't.spericriza e ai desiderii della ragione. Finalmente, egli spiegò la vita col mo­ t o , e vi identificò il pensiero. L'anima è un aggregato di atomi di particelle di fuoco che circolano per tutto il corpo. Così egli fu il primo a insegnare dog­ maticamente un Materialismo diretto, e che fino allora nian filosofo, eccetto forse Melisso, non aveva messo in sistema che per induzioni più ο meno lontane. Noi non sappiamo nulla sulla morale di Leu­ cippo , e il suo libro su Vanima non ci è pervenuto. Democrito di Abdera, soprannominato pure il fisico, trasse nuove conseguenze 6θ ΡΒΙΜΟ PE RIODO. SE COKDA E POCA. dai principii di Leucippo. I nostri sensi furono la sorgente generale di tutte le nostre percezioni, e l'anima fu in uno stato passivo. Specie d'immagini sfuggono, se­ condo l u i , dagli oggetti, vengono a ri­ flettersi nello spirito, e a produrvi una specie di scossa che è la cagione per cui l'immagine dell'oggetto resta ancora nello spirito, quando più non agisce sopra di noi. Ma le illusioni dei sensi, la loro proprietà di essere affetti differentemente dai medesimi oggetti nei diversi indivi­ dui , di non dare che opinioni, una co­ gnizione oscura, ci espongono a nume­ rosi errori. La ragione è il criterio ulte­ riore di queste sensazioni , specialmente riguardo alle qualità secondarie degli og­ getti , che sembra aver riguardato come modificazioni del soggetto senziente. Que­ sto probabilmente fu il motivo per cui Cicerone e Sesto l'Empirico, lo accusa­ rono di scetticismo assoluto, eccetto su la realtà obbiettiva del pensiero. Diotimo riferisce che D emocrito ave­ va stabilito tre critcrii della v e r i t à : le apparenze per gli oggetti della sensazione; le nozioni per le investigazioni dello spi­ rito; la sensibilità per le passioni. SECONDA SCUOIA D ' E I E A . 6| Egli compose l'anima di atomi di fuoco, e le diede un principio pensante posto nel moto· La Provvidenza divina fu il destino, la cieca necessità ; e i fenomeni terribili e straordiuarii avevano condotto alla cognizione di D io. Questa necessità, era la conseguenza delle leggi dei vortici. La morale di D emocrito poneva il sommo bene nella pace interna , nella moderazione in tutte le cose, che è la vera saggezza, e nell'allontanarsi da tutto ciò clie può turbare l'anima. Egli si dà più cura dell'anima che del corpo , e fa dipendere il perfezionamento dell'uomo più dall'esercizio che dalla natura. Sempre pronto a ridere su le traversie degli uomini, si sospettò di pazzia, e si e 'be ricorso ad Ippocrate, che ben pre­ sto conobbe quale si fosse il celebre am­ malato. Metrodoro di Scio si fece distinguere fra i discepoli dell'Abderita pel suo scet­ ticismo assoluto, d Io nego, dic'egli, che « noi sappiamo tanto se sappiamo qualche " cosa, quanto se non sappiamo nulla; se « noi sappiamo perfino che sia sapere ο « non sapere ; se vi abbia qualche cosa, » ο se noi sappiamo niente <». 6a PRIMO P E H I O D O . SE C O K D A E POCA. g. V< Dei sofisti. Abbiamo veduto la Filosofia greca, grave ο severa, occuparsi unicamente di investigazioni intellettuali, stabilire nella società principii morali più ο meno per­ fetti ed estesi. Ora , vestita di arguzie e di sottigliezze, ammantata di un falso splendore di virtù e di merito, la vedre­ mo volgersi nel cerchio degli affari civili e dei movimenti politici. Lo studio del­ l'uomo servirà all'ambizione e alle pas­ sioni che trascina seco, piegandosi ai ca­ pricci e ai desiderii di una gioventù avi­ da, presuntuosa e superficiale, essa è frale mani dei sofisti. Un'aria di modestia fé' loro prendere questo nome di sofisti co­ me inferiore a quello di filosofo, che Pi­ tagora, sinceramente modesto, aveva già sostituito a quello di saggio. Ma la po­ sterità, dopo Socrate, gli ha puniti; so­ fista e sofìsmo sano caduti in disprezzo. Il confronto di tutti i sistemi prece­ denti, sembra aver dato origine alla loro maniera di ragionare, di giuocare su con­ seguenze bizzarre, di valersi dei sutterfugi DEI SOFISTI. 63 dialettici. Ma in questo tempo di gloria nazionale, siffatta filosofia dovette necessariamente influire sii l'eloquenza, e principalmente su l'eloquenza politica; poiché vi erano i sofisti propriamente detti ed i sofisti rettori. Si può dire che ammettevano tutte le massime che loro convenivano, giusta le esigenze del momento; ma la loro base principale era l'interesse e l'utilità; quindi, per un principio pernicioso nelle sue conseguenze, se veniva preso come aforismo diplomatico, anziché come fatto di osservazione naturale, sottoponevano la morale alla politica, u la legge naturale era che il forte deve comandare al debole ». Ma questi due principii sarebbero meno disonoranti pei loro autori , se, come si pretese, il giusto vi fosse implicitamente e necessariamente espresso. i r a i sofisti, si distingue con onore Protagora, quel taglialegna di Abdera, che Democrito s'incaricò di sviluppare e d'istruire. Protagora, concludendo dalla nostra ignoranza certa dell'origine delle cose , dedusse questo corollario scettico che tutte le idee sono egualmente vere 64 PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA. per quanto opposte esse sieno sul mede­ simo oggetto , r> quindi, niente erri vero ο falso per sé stesso, come avente il suo fondamento nella materia. » La mobilila ammessa dalla scuola di Elea gli servì a spiegare la realtà di que­ ste idee contraddittorie;egli prese l'uomo per misura e tipo di confronto di ogni cosa, perii uriterio degli esseri in quanto esistono, del niente, in quanto non esi­ ste. Egli dunque non ammise se non ciò che si mostra agli occhi di ciascheduno, come sorgente di conoscenza. Questo modo di criterio è stato riprodotto a'nostri gior­ ni da Ancillon. Protagora, detto il D iscorso ό ioyo;, a motivo della sua dialettica feconda e scal­ tra, suscitò contro sé molti gelosi e ne­ mici. Quindi, in conseguenza del suo scet­ ticismo, avendo confessato, in un trattato sopra gli Dei, che non poteva dire se esistano, né ciò che sieno, il fanatismo lo fece condannare a morte come ateo. Egli vi si sottrasse, ma peri in un nau­ fragio. Gorgia di Leontino , celebre quanto Protagora, soprattutto per la brillante ■■w DEI SOFISTI. 65 sua rettorica, negò ogni a u t o r i t à ai sensi e volle provare «he tutto è falso; fu su questo punto ch'egli esercitò l'infaticabile sua dialettica e la sua abbondanza cau­ stica. Appoggiandosi sopra dati sopran­ n a t u r a l i , e p e j r i ò oppu.vlo a Protagora sostenne nel suo libro della natura ο di ciò che non esiste, che niente esiste; clie quand'anche esistesse qualche cosa, ciò non potrebbe essere conosciuto dall'uomo; e c h e , quando pure un uomo potesse co­ n o s c e r l o , non potrebbe spiegarlo e farlo conoscere agli altri Quindi si potrebbe dire che questi so­ fisti facevano consistere t u t t o il merito e t u t t a Tutilità della Filosofia nel soste­ n e r e principii bizzarri ο falsi, e misura­ vano la loro propria forza dal modo cap­ zioso con cui argomentavano in favore di essi. F r a i più abili sofisti si annovera pure Diagora, il quale superstizioso dapprima a) maggior segno, fu in seguito accusato di ateismo, c o n d a n n a t o e messo a m o r i e ; Clizia posto pure fra gli A t e i , uno dei t r e n t a tiranni di Atene , che aveva fre­ quentato Socrate, e riponeva l'anima nel S T . D ELLE Se. FILOS. 5 66 PRIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA. sangue, e le facoltà dell'anima nel sangue e nelle sensazioni; Prndico di Ceo , altro ateo presunto; Ippia d'Elide, il quale, negando la legge naturale, dichiarava che le leggi sono un'invenzione degli uomini deboli e timidi, e che l'uomo generoso, quando può, deve farsi ad esse superiore. Molti altri, come Metrodoro di Chio, Anassarco suo discepolo , Zeniada di Corinto, ec., professarono uno scetticismo assoluto. Anacarsi, lo Scita, più antico dell'epoca di cui parliamo, che sorprese i Greci colla sua sapienza, negò all'uomo il dirilto di giudicare le cose in ogni ordine di cognizioni ς. VI. Filosofia Chinese. Termineremo questa epoca facendo un cenno di Conjucio ο Koungtsée. Mentre Talete, Zenofane e Pitagora, creavano le loro dottrine, questo eroe della filosofia, della inorale e dell'eloquenza, si distin­ gueva nella China. La saggezza di Socrate, i suoi precetti ed i suoi esempii, non hanno neppur diretto una sola borgata dell'Attica, e la morale di Confucio regge ancora il più vasto impero del mondo. ^ FILOSOFIA CHINE SE . 67 Egli nacque 551 prima di G. C , Ρ mori nove anni innanzi alla nascita di Socrate. Originario da una famiglia che ora conta quasi quaranta secoli, e che si fa risalire fino a Hoang­ù, riguardato come il legi­ slatore della China, pervenne alla dignità di ministro di Slato. Sua unica cura fu di amministrar la giustizia , e di dare a tutti l'esempio di una virtù disinteres­ sata e inalterabile. Fu specialmente nei tre anni di lutto dopo la morte di sua madre, ch'ei cercò, studiò ed approfondò le leggi eterne della morale; allora non aveva pili di ventiquattro anni. Fu chia­ mato alla corte del re di Tsi , e quella del re di Lou; ma la sua virtù divenne ben presto importuna, e si ritirò nella città di Tseu­y. La sua casa divenne una specie di liceo pubblico, ove, uomini di ogni età e di ogni grado, accorrevano a loro volontà, e stabilivano a piacere le sue massime e i suoi principii, senza ostentazione. Secondo lui, il filosofo sot­ topone tutte le cognizioni alla ragione, onde procedere con passo sicuro nel sen­ tiero della giustizia e della verità. La ra­ gione ο rettitudine celeste è una guida 68 VR1M0 PE SIODO. S«COM*A «POCA. data a tutti, e la saggezza umana fa sup­ plisce quando è perduta. Il saggici d i v e essere il »uo proprio censore e il suo più severo giudice. La sua carità è quell'af­ fettuoso sagrifirio che si fa di sé a p r o del genere umano, come se non fosse che una persona individua. Conlucio era am­ m i r a t o , amato; fu perseguitato, perde i suoi beni, patì la fame,si trovò privo di asilo, e la* sua virtù si tenne ferma; ser­ bò sempre la calma di un cuore in pace colla sua coscienza. Il suo nome fatto più grande della memoria delle sue virtù, e sempre venerato, come quello di un santo, di un uomo divino. D opo v e m i d u e se­ coli, l'albero piantato sopra la d i l u ì tom­ b a , ora diseccato, vi resta ancora qua! m o n u m e n t o , ed è stato rispettato nelle rivoluzioni e nei disastri delle guerre. I discendenti di Confucio furono dichiarati i soli nobili ereditarii. Dopo Confucio, si colloca al secondo posto e si onora come santo di secondo ordine, Mencio ο Meng­iseu, che le sue parabole ingegnose, le sue lezioni piene di acutezza, e uno stile elegante e vivo, q u a n t u n q u e meno maestoso di quello di 1 TlLOeOFÌA. CHINE SE . Gì) Rnnng­tséc, Imnno tutto nominare il tanto principe di Thsou, e a cui si accorila ac­ cora quasi la stessa venerazione che vie­, ne accordata agli antenati della dinastia regnante. \ ■!■>*; <""'". ■*» «Ile a.... . TERZA E P O C A . r """ÌTÌ SOtÌBATE , .,,,,„„, ; , i '"■ "*V«>«te* FIMO AI, CniSTIAME SlMD. §. I. Socrate; ί suoi discepoli. * 'OfflT incomincia una nuova era della saggezza, e si offre ai nostri sguardi l'il­ lustre martire della filosofia e della mo­ rale, la cui morte prova alla posterità quanto sia difficile e laboriosa l'educa­ zione del genere umano. Atene non aveva una filosofia nazio­ nale. Quanto aveva sentito nelle sue mu­ ra non erale stato apportato che per un istante dulia Magna Grecia e dall'ionia. Gli affari pubblici, il lustro ed il lusso del secolo di Pericle , trascinavano a sé tutte le menti ; per ogni dove si parlava di patria; Laccdeinonia non voleva scienze; Corinto non vedeva che il suo comraer­ ^O PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. ciò; tutto era contrario ai progressi della sana filosofia. Socrate adunque sembra essere giunto troppo presto. Nulladimeno era ornai tempo ili arrestare i traviamenti della ragione e della morale ; Socrate ei incaricò di questa intrapresa gloriosa , β questo saggio povero, oscuro, semplice, muove incontro al pedantismo, alla va­ nità, all'avidità, alle sottigliezze dei sofi­ sti, ai pregiudizii del volgo, alle passioni politiche. Impara a conoscere te stesso,* questa massima profonda dell'antira sapienza fu la vera pietra, su cui innalzò la sua dot­ trina. Egli fondò tutta la filosofia su la inorale, e la morale su la coscienza. Socrate aveva udito gli ultimi Ionii, Anassagora , Archelao, e colpito in ispe­ cial modo dalle assurde conseguenze del­ l'eleatismo nell'ordine morale, trasse la filosofia a ricerche più positive, più di­ rettamente influenti sul ben essere del­ l'uomo. Non distinse la scienza della sa­ pienza , e, onde resistere ad ogni falsa filosofia, oppose questo dubbio di rifles­ sione che è un bisogno d'imparare : <. Io non so che una cosa sola, dicevi* egli, che SOCRATE. "1 io non so niente »; echiamava vera scienza, specialmente in faccia ai sofisti, soltanto quella che l'uomo trac dal proprio fonilo. Egli estesela scienza morale a tutto ciò che ha rapporto al perfezionamento umano, limitandola alle cognizioni puramente sociali ed alle nostre relazioni con Dio. Ma il più importante servigio da lui reso all'umanità, si e di avere separala la scienza morale dalle altre tutte, di averla distinta con tratti e colori fisionomici , di averne fatto il principio del masiimo interessamentoe la legge di chiunque si applica agli studii filosofici. Egli per tal modo diede a queste scienze un1 aria di gravità, di grandezza, dirò quasi di santità. Fece derivare dalle leggi del creatore la nozione dei doveri, ridusse la politica alla giustizia, e il diritto legislativo al diritto naturale. L'esistenza di un Dio gli parve necessaria al benessere dell'umanità ; ma qui, in difetto di ragioni desunte dall'esperienza, la desunse da consideration! speculative e morali, dalla necessità di ima giustizia divina, dall'immortalità dcll'a- J2 PRIMO PE RIOD». TE RZA E POCA. « i m a e di un avvenire al Hi là di quest­V ■vita ; e quel demone , quel genio clic gli rivelava così sublimi pensieri, e r a i l s e n ­ timcnto profondo l i d i * virl.1'1 e del destino dell'uomo, la conoscenza di un D io e delle leggi del d o v e r e , l'amor violento della verità, che elevano un'anima g r a n d e , li­ bera e virtuosa al disopra del suo secolo. Socrate non lasciò alcuno scritto , n o n fondò scuola, e non volle n e p p u r fon­ d a r n e . Egli istruiva e discuteva su le p u b ­ bliche piazze e nelle assemblee. F u detto che la commedia delle nuvole aveva dato luogo all'accusa di Socrate. N o n v'ha dubbio che le facezie e le buf­ fonerie di Aristofane p o r t a r o n o il gran nu­ mero a rispettar meno la v i r t ù del mo­ desto filosofo; m a , si faccia attenzione che la suddetta commedia venne r a p p r e ­ sentata 2 Î anni p r i m a della sua condan­ na ; che le sue massime avevano offeso l'ignoranza,i sacerdoti, il potere; che attac­ cavano e distruggevano gli D ei e la re­ ligione dello Stato; c h e quindi egli era colpevole in faccia alla r e p u b b l i c a ; e ciò di c h e più si s t u p i r à sarà forse il vedere per cotti lungo t e m p o differita la sua ae­ SOCBATE. j3 cusa e la sua morte. La sua filosofia ed egli stesso era troppo grande pel suo se­ colo. Nel suo insegnamento e nolle suc di­ scussioni, si serviva sempre della forma dialettica. Sembrava dapprima dubitare, non saper nulla, non poter neppur pro­ durre un" Opinione positiva. Talvolta enun­ ciava una proposizione assurda, onde in­ coraggiare i suoi avversarli ; quindi li me­ nava con destrezza a dimostrare essi me­ desimi i loro errori e i loro vizii, ed a provare cosi implicitamente la ventk.Que» sto metodo fu detto socratico ; ed è per questo che chiamava sé stesso il pro­ duttore degli ingegni. In questo metodo faceva entrare 1'enn­ lisi, che divideva in tre specie: la prima consisteva ncir.­unrnettere un'ipotesi coinè Vera, e giungere per via di deduzione ad una verità ο ad una assurdità evidente j oppure a decomporre una verità in tutte le sue parti costitutive. La seconda pro­ cedeva, per induzioni, dai fatti particolari ai generali. Colla terza, separava le no­ zioni comprese nelle idee complesse, e mostrava il pericolo delle assimilazioni 74 PBIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. troppo precipitate. In oltre egli accostu­ mò i suoi uditori ad uno stile semplice, conciso e chiaro; ma vi mesceva sovente quella fina ironia attica, di cui cono­ sceva il potere su gli animi degli Ate­ niesi. Socrate mori 400 anni prima della ve­ nuta di G. C. D iede alla sua patria dei buoni cittadini , dei magistrati integer­ rimi , de' filosofi che conservarono reli­ giosamente il sacro deposito dei suoi pre­ cetti, quali sono Zeno/ónte, Eschine, di­ tone che aveva scritto su la seguente quistione: Che è sapere? Simone di Atene; e Simmia di Tebe, i quali ambedue si occuparono di logica; Cebete, cui viene attribuito il dialogo intitolato, Quadro di Cebete, e che è una pittura morale della vita umana; I socrate che si occupò quasi unicamente dell'arte oratoria, e che produsse con grazia, specialmente ne' suoi discorsi per D emonico e Nicocle, molti principii della morale e della politica di Socrate. Altri scolari di Socrate fondarono quat­ tro scuole principali, la Cìnica, la Cire­ naica, VErttriaca β la Megarica. , eiitici. ^5 §. II. Cinici. — Scuola di Cirene; '"■ aVEietria; — di Megara. Antistene stabilì la setta dei Cinici più di 3oo anni prima di G. C. Nato nella povertà, di carattere malinconico e tetro­, provando indignazione dell'ineguaglianze delle condizioni in società, e della com­ partecipazione alle pene di questa vita, volle, per quanto era possibile, metter riparo a quest'oltraggio della natura, e eostituì in modo esclusivo il benessere nel disprezzo dei piaceri sensuali, dei fa­ vori capricciosi e sì spesso ingiusti della fortuna. Il corpo divenne schiavo dell'a­ nima, e le passioni furono giudicate e di­ rette dalla ragione. Ma ciò era un far rinunciare l'uomo su la terra alla sua esistenza terrestre ; l'astrazione era troppo forte, e questa setta non doveva avere che entusiasti e una corta durata. Nessuno degli scritti di Antistene ci è pervenuto. Quanto al principio delle no­ stre cognizioni egli riliutava le verità ge­ nerali e ammetteva le idee di Protagora. ^6 PIIIMO PE IUODO. ΤΕΗΖΛ E POC*. La divinità era u n a per l u i , e IMO, po­ teva essere rappresentata da alcuna im­ magine. Diogene, quel cinico sì celebre, la cui vita e le cui risposte bizzarre fu­ rono la più amara censura di tutto il suo s r c o l o , ammetteva probabilmente questa idea, quando si rideva del sistema di Pla­ t o n e su le idee: » T u vedi la tavola e il a vaso, diceva, p e r c h è hai occhi; ma tu <i non vedi il genere della tavola e del « vaso, perchè manchi di una intelligen­ ti za alta a comprenderlo ». , Dopo di h a noi troviamo Monimo, Onesicrate, Crate, Metrocle, Menippo; Me­ iiedemo , e una donna, I pparchia, cui le lezioni di Socrate avevano inspirato il di­ sprezzo della dolcezza della vita e dei vantaggi della bellezza. Essi evitavano ogni discussione sistematica, e si limita­ vano alle regole di una buona vita. Arislippo, contemporaneo d'Anlistene, fondò la dottrina morale de 1 Cirenaici. Egli pure riponeva la felicità nella v i r t ù , »na questa presiedeva per ogni dove ai godimenti della vita, e consisteva nella contentezza intima che danno l'uso ra­ gionato e legittimo dei doni della l J rov­ CIBEMAICI. ■""" ήη videnza e della natura, e un avventuroso equilibrio stabilito fra i veri bisogni c i mezzi di soddisfarli. Rifuggendo da t u t t o ciò che degrada l'uomo, era ben l o n t a n o dall'imporsi inutili sagrifiri. Q u a n t o ai principii delle nostre cogni­ zioni, specialmente nell'ordine delle cose fisiche, professava un assoluto scetticismo, che fu portato ancor più oltre da' suoi successori. I c o r p i , per lui, e r a n o di una n a t u r a i n c o m p r e n s i b i l e ; e q u a n t o noi diciamo degli oggetti, non indica già la loro n a ­ tura, ma solo quello che ne appariscono. oveteti sua iiglia e gli altri suoi disce­ poli ammisero siffatti principii. Questa setta, t r o p p o mondana, per cosi dire, ebbe assai breve durata. Altri Cirenaici Mehagro e Clitomaco aggiunsero ai principii di Aristippo, che nulla vi ha di giusto n e di ingiusto in s e , rispetto alle sole leggi n a t u r a l i , ma solo relativamente alle convenzioni uma­ ne. Egesìa, proclamò il principio dell'e­ goismo, questo flagello delle società, delle v i r t ù , delle scienze e delle arti e di tutta l'umanità. Ma Anniceri t o r n a n d o alla pu­ 7<> PRIMO P B n i O D O . TE RZA E POCA. riti morale di Socrate mostrò che i prin­ cipi! d'Aristippo si opponevano ai veri interessi degli uomini. Tre altri Cirenaici sono stali posti nel novero degli atei : Teodoro che riguar­ dava la divinità come impossibile, perchè la concepiva eterna ed immutabile; Evec­ mero, il quale affermava che le tradizio­ ni volgari avevano innalzato uomini al grado degli D ei ; Biotte del Boriitene, che dapprima era cinico e quindi si associò a Teodoro. Ma cinismo ben presto si confuse collo stoicismo, e la scuola di Cirene con quella di Epicuro. La scuola d'Elide ο di Eretria dal no­ me della patria di Menedemo, che ne fu il principale sostegno, conservò i princi­ pi i ed il metodo di Socrate, e si appog­ giò a questa proposizione: « Il vero bene ha la sua sede nell'anima e dipende dal­ ia forza del carattere ». I filosofi di que­ sta scuola vissero senza celebrità, tem­ peranti e disinteressati, senza ambire né ricercare l'ammirazione degli uomini ; quindi la storia poco ne dice sul conio loro. SCUOLA D'E LIDE Β πι ME GAHA. yg I principii della scuola di Megara ri­ vennero a quelli degli Eleatici metafìsici e della scuola d'Italia. Euclide, suo fon­ datore, quantunque pieno di venerazione per Socrate, abbandono il metodo speri­ mentale e il testimonio dei sensi, e adot­ tò l'idealismo. Si serviva di un linguaggio sovente oscuro e ardito. « Il bene, dice­ va egli, è solo in ciò ch'c uno, simile , Io stesso, e sempre ». Eubulide gli successe. Questi inventò i sette soGsmi che nei nostri collegi si ha ancora la bontà di spiegare, e che fondarono la celebrità di Stilpone , quel dialettico si ardente nella discussione e contemporaneo di Zenone. Egli è quello che dopo la rovina di Megara diceva, co­ me Bitinte : Omnia mea mecum porto. Lo spirito ricercato e lambiccato di que­ sta scuola, fu giudicato gusto e talent» nelle dispute, e venne detto Eristica. Una sola di queste scuole, come poco fa abbiamo veduto , aveva conservata la dottrina di Socrate nella sua purezza; ma essa sarebbe forse rimasta nelle tenebre, senza il genio e l'anima di Platone. 8θ PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. g. III. Platonismo. Celebre discepolo tli un illustre mae­ stro, dotato di una mente vasta, ornato d'immense cognizioni raccolte ne1 suoi ■viaggi filosofici, animato dalle sublimi inspirazioni di Socrate, Platone era degno di trasmettere alla posterità la morale e la filosofia di quel grand'uomo. Non vo­ lgaci che Platone con tutto il suo genio, perla dottrina eia virtù di Socrate. Egli fondò l'Accademia, e le sue eloquenti le­ zioni insegnarono al suo secolo quello che ei depositava per le future età ne1 suoi scritti immortali. Egli aveva il suo sistema particolare; ma troppo spesso frammischiò le proprie con le idee del suo maestro. Sembra sem­ pre risovvcnirsi della morte di Socrate; evita dovunque le conclusioni e i corol­ lari! , e s'avvolge in un velo misterioso. Egli fa entrare in iscena gli antichi fi­ losofi, ο fra loro ο con Socrate, e se a lui credesi, non è che il loro storico. Per­ ciò sì è sempre credulo che avesse una dottrina esolaica, la qmle comunicava PLATONISMO. 81 solo a1 discepoli fedeli e discreti. Ma non gli avvicinava che poco a poco a questo sa­ cro focolare, e dapprima comunicava loro solo la sua dottrina esoterica. Q u i n d i la stessa elevatezza del suo linguaggio lascia luogo ad un vago, e spiega la d i s c o r d a n ­ za di quelli che lo h a n n o commentato ο interpretato. Ma riunendo e confrontando fra di l o r o i corollari! e le conclusioni d i lui non espresse con ciò che alle volte lascia sfuggire,si raccoglie la sua d o t t r i n a . Platone portò maggiore precisione e chiarezza degli altri filosofi che lo ave­ vano preceduto, nella scienza psicologica, la q u a l e , per l u i , era la n a t u r a l e i n t r o ­ duzione alla filosofia. L'uomo ha due a n i m e : una mortale, il principio della vita a n i m a l e ; l'altra p r o ­ pria al solo u o m o , semplice, i m m o r t a ­ l e , il principio del pensiero e della sen­ s i b i l i t à ; essa s e n t e , c o n o s c e , giudica e r a g i o n a ; ha l'intelletto che p e r c e p i s c e , raccoglie, elabora e paragona le sensazio­ ni, e la ragione che opera su di esse, per farne delle idee. Collo stabilire e man­ t e n e r e t u t t e le facoltà iu una costante ir S T . D ELLE Se. FILUS. ­φ<?ii s 8î PRIMO PERIODO. TKRZA. EPOCA. armonia, il saggio gode della salute dell'anima. Egli riunisce i principii del pitagorismo e della seconda scuola di Elea; quindi aggiunge : « Vi hanno in noi delle immagini, delle nozioni e delle idee ; le prime appartengono ai sensi, le seconde all'intelletto ; ma tutto ha principio dalle immagini sensibili . . . .11 fanciullo incomincia a sentire dalla sua nascita;la traccia del pensiero si sviluppa più tardi D'altronde l'anima e la ragione non possono essere concepite senza la vita e il pensiero, e queste senza un'azione reale degli oggetti materiali sui nostri organi. Quindi, in ogni percezione sensibile vi ha: l'oggetto percepito, il soggetto che percepisce e la stessa percezione. Ma per valutare i rapporti delle sensazioni cogli oggetti, fa d'uopo una distinzione, un giudizio operato nell'anima, in cui le impressioni si riuniscono. In ciò consiste la facoltà di astrarre, ed è l'intelletto che fa tali astrazioni. Ma Platone in seguito ammette un nuovo ordine di nozioni generali ; esse derivano da una sorgente diversa da quella | | * r % ;; f ; PLATONISMO. 83 degli oggetti esterni ; quindi s'innalza alle speculazioni soprannaturali onde fondare la sua celebre teoria della idee, che è ,la base di tutta la sua filosofia. Già Parmenide aveva indicate queste due sorgenti delle nostre idee e delle nostre cognizioni. Le IDEE non sono già prodotte; esistono da per se stesse, senza forma sensibile e quindi senza alcuna condizione di durata e di spazio. Esse compongono il mondo intellettuale; ma non sono già la divinità, e a quello soltanto che lutto conteiupia colla pura luce di queste idee, spetta il titolo di filosofo, come a Dio solo appaitiene quello di saggio. « Queste IDEE sono nozioni dell'ordine pili elevato, le più alte universalità; poiché la natura è contenuta tutta intera in tai generi principali ». « Non vi è che una sola e stessa idea per ciascun genere; essa ne costituisce l'essenza, rappresenta tutte le specie, tutti gl'individui, e racchiude tutte le condizioni ». Nulla corrisponde alle idee del mondo visibile; sono innate) vale adire sane prin- 84 PRIMO PERIODO TERZA EPOCA. cipii di cognizioni contenuti dapprima nella intelligenza divina, e posti immediatamente da Dio stesso nel nostro spirito; quindi non se ne può spiegare la generazione ; e fra la ragione e il mondo intelligibile, Dio compie la stessa funzione del sole fra la nostra vista e gli oggetti. L'anima cosi partecipa della divinità per una specie di parentela; tali sono a un dipresso le parole di Platone. Ma in questa dottrina che sembra tutta mistica e soprannaturale, lo spirito non si riposa sopra niente di veramente reale e positivo ; la stessa esperienza che Platone sembra invocare, non presenta che prove astratte. Secondo lui, le nozioni che vengono dalle sensazioni e dalle percezioni sensibili elaborate dallo spirito, sono impropriamente cognizioni; sono opinioni incerte. Ma le nozioni derivanti dalle idee costituiscono eminentemente la scienza, mostrano ciò che dev'essere ; esse sì esercitano su la possibilità ed essenza delle cose. Sembra che questa parte tutta speculativa, componesse la dottrina di Platone, della quale la prima non era che l'introduzione. PLATOMSMO. 85 La teorìa delle idee prova la certezza e la realtà delle nostre cognizioni , poi­ c h é queste idee non vengono da D i o , e sono slate applicate cotne a l t r e t U n t e y ò r ­ me a una materia passiva e bruta. D a q u e ­ sta teoria , Platone derivò la melatisica , la teologia naturale, la morale e la logica· Egli assegnò alla metafisica due oggetti principali, l'essere e la causalità: i.°Tes­ sere da lui definito, l'Oggetto concepito , il positivo , ciò che esiste, che sussiste, c o m p r e n d e n d o in sé Vanità e il multiplo dei Pitagorici 5 la sua essenza fu l'insie­ me de' suoi attributi necessari! e inva­ riabili; la sostanza fu l'essere in q u a n t o persevera sotto le modificazioni c a n g i a n t i ; a." la causalità: questa gli rappresentò due sorta di cause; le une l i b e r e , intel­ ligenti, vere, i n d i p e n d e n t i ; le a l t r e fisi­ che 0 meccaniche, condizionali e relative. Quindi ei risali alla prova di un es­ s e r e necessario, e dimostrò l'esistenza di u n D io, proclamando ciò non ostante la materia c o d e i n a alla divinità. Ma al­ t r o v e , probabilmente per tema della su­ p e r s t i z i o n e , ammette de 1 numi superiori, di second'ordine ed inferiori, :„■■■;,, 86 PH1M0 PERIODO. TERZA EPOCA. La morale eli Platone non si fonda ne su l'obbligazione, né su le forme religioso , ma su la tendenza alla perfezione. « Il sentimento morale , dice Cousin, parlando oeiì'Eutifionc, in cui Platone abbozzò la sua dottrina morale, oso rivendicarvi , in nome della sua propria dignità e di quella della natura umana, il diritto imprescrittibile di essere per sé stesso santo e sacro. » Egli stabilì due sorta Ji beni, gli uni difini, costituiti dalla verità, dall'armonia e dalla bellezza clie appartengono alle idee e vengono da Dio, e dalla cui unione dipende la perfezione; gli altri, umani, entrano nell'ordine delle cose sensibili,e si valutano dal loro esterno. Quanto alla politica, per ogni dove, nella sua repubblica, egli la identifica alla morale applicata all'umana società ed agli interessi individuali e generali. Platone morì 348 anni prima di G.C; per ogni dove egli va in cerca della verità con franchezza e con ardore. Le sue forme seducenti, la sua aria di maestà, il suo entusiasmo, il carattere contemplativo e quasi mistico della sua dottrina , spiegano perchè egli ha tante volte <w / PLATONISMO. ·_■■■■ 87 ripreso lo scettro delle scuole filosofiche. Mr sembra avere arrestato lo slancio della minte: fu visto innalzato fino ai cieli, fi­ ne a D io, e non si credette di poter an­ dar oltre, né poter pretendere a qualche cosa di più bello. I discepoli di Platone serbarono quasi fedelmente i suoi principii. Tali furono Speiisippo , che scopri il vincolo delle scienze e le coordinò. Zcnocrate, Cranio­ re, Polentone e il suo fetide amico Craute. §. IV. Aristotelismo. Un Macedone, originario di Stagira, e che divenne precettore di Alessandro, sottoponeva allVsame con occhio severo le dottrine trascendentali del platonismo e presagiva un formidabile antagonista. Platone lo vedeva calmato e tranquillo in mezzo al generale entusiasmo. Ma solo allora che Zenocratc fu stabilito a suc­ cessore di Platone , Aristotile produsse i suoi principii, e il Liceo si mosse con­ tro le dottrine accademiche. Egli si ap­ pellò alla severità della ragione, ad una logica esatta e incalzante, ad immense 88 PRIMO PE RIOTJO. TE RZA E POCA. ! cognizioni, c o n t r o i prestigi seducenti djl­ l'eloquen/a e d e l l ' e n t u s i a s m o , contro le produzioni a s t r a t t e dell'immaginazione. Jrisloiile poso l'origine dell·· nostte ideo nella sensazione; dai sensi, dall'espe­ rienza, dalla luce delle percezioni e del­ l'osservazione, vennero forniti i principii ili ogni scienza, le dimostrazioni di tutto ciò che può essere dimostralo , ο l'evi­ denza di ciò che non lo potè, quella dei p r i m i principii. Cosi, dic'egli, l'astronomia e fondala su l'osservazione : lo stesso d i ­ casi delle altre scienze. L'induzione, ο la dimostrazione condussero a t u t t e le co­ gnizioni; non si p u ò innalzarsi alla con­ templazione delle nozioni universali onde la dimostrazione deriva che p e r v i a d'in­ duzione, la quale p u r e deriva da nozioni particolari e porta ad astrarre. Due modi di cognizioni vi h a n n o ; u n o p e r le cose s t e s s e , l'altro per la signifi­ cazione delle parole. I principii assoluti risiedono nella n a t u r a delle cose, e, lon­ tani dai s e n s i , costituiscono i principii universali ο assiomi; i relativi sono più vicini ai sensi, e perciò i primi nell'or­ dine delle nostre cognizioni. La cogni­ ARISTOTELISMO. 89 zione assoluta, sola degna del nome di scienza abbraccia ciò che è universale » necessario, l'essenza stessa delle cose. i.a cognizione relativa, od opinione , ο cre­ denza abbraccia ciò che è contingente, particolare , accidentale. Ma tutti questi dati sono sempre sottoposti all'Ordine spc­ rimentale, e prodotti dall'induzione. Per universale intende la nozione generale, astrazione fatta dalle qualità individuali che formano le specie e i generi; egli va dal particolare a questo universale: è il metodo a posteriori; quindi perviene alla definizione. Secondo Aristotile, la scienza, il vero permanente, è la nozion generale; e l'o­ pinione comprende le percezioni indivi­ duali, mobili, cangianti come le cose par­ ticolari che le fanno nascere. Nulladirne­ no l'opinione e la scienza restano nel medesimo ordine di considerazione ed hanno la stessa origine. Ma, con quale facoltà cogliamo noi i principii che non possono essere dedotti da alcuna dimostrazione, poiché ossi stessi sono la base di ogni dimostrazione?Evvi una cognizione immediata? non può essa gO PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. variare secondo le persone? Come succe­ de che l'acquistiamo dopo esserne stati privi , e la perdiamo dopo averla acqui­ stata ? Bisogna che noi siamo dotati da una facoltà naturale che ne renda capaci. Questa facoltà sembra essere comune a tutti gli animali, poiché tutti hanno i sensi, qual facoltà innata di giudicare In alcuni animali, questo sentimento dell'og­ getto percepito sussiste ancora quando l'oggetto è spirito; in altri dispare ad un tempo ». La ragione, dice Aristotile, risulta dalla memoria che conserva le percezioni sen­ sibili, come Ja memoria risulta dalle stes­ se percezioni. D alla memoria risulta l'e­ speripnza, e questa diviene una ο generale col paragone delle diverse serie conser­ vate dalla memoria, a Finalmente, dal­ l'esperienza, da questo tutto universale che riposa nell'intelletto, da quest'imo che scaturisce dagli oggetti singolari, de­ riva il principio dell'arte quando è ap­ plicato alla produzione delle cose, il principio della scienza quando concerne la loro sostanza. Questa facoltà è primi­ tiva: Panima la tiene dalla sua propria ARISTOTELISMO. gt natura . . . La nozion generale si forma dunque nell'anima ; l'intelletto , dipen­ dente dalla ragione, coglie Θ ciò che è vero in certi casi, l'Opinione, ο ciò che è sempre vero, la scienza. L'assioma forma col soggetto e l'acci­ dente gli elementi primitivi della scien­ za , e tutti gli assiomi sono retti da un assioma supremo di cui non sono che la conseguenza, questo è l'assioma della con­ traddizione: Non si può affermare e ne­ gare ad un. tempo la stessa cosa ; la stes­ sa cosa non può essere e non essere nel tempo medesimo. Considerando in seguito, nella parte istrumentale de' suoi lavori, i concepi­ menti, le idee, i materiali delle nostre cognizioni, egli determinò la natura delle ricchezze che li compongono, li classifi­ cò, li distribuì in ordine e ne fece un codice pratico di direzione e di studii : sono le sue categorie. Aristotile diede pure una teoria delle cause, tendente a rendere la filosofia at­ tiva e investigatrice, mentre quella di Platone porta necessariamente alla con­ templazione. ga ΡΓ,ΙΜΟ PE RIODO, TE R Z A , E POCA. Vi sono quatl.ro ordini di cause: il p r i m o , tutto metafisico, spiega l'essenza e la forma dello cose; il secondo, unica­ mente logico, esprime la conseguenza n e ­ cessaria di una supposizione ammessa; il terzo, affatto nelle cause fisiche , scopre l'autore di un'azione q u a l u n q u e ; il quar­ to indica lo scopo per cui questa azione è eseguita; è Pordiue delle cause finali. Ma nei libri fisici, la prima causa si riporta alla materia, la seconda alla for­ ma, la terza è efficiente, la quarta finale. In generale, considerando solo i r a p ­ porti dalla causa all'effetto, egli dà per causa principale quella che è più vicina nll'elfctto, e per v e r a , quella che più si avvicina a\V universale. Malgrado le lacune di questa teoria di causalità, vi si scorge uno spirito me­ lodico, profondo e esatto. La sua psicologia e la sua dottrina su l'anima sono avvolte in grande oscurità· L'anima è il principio della v i t a , del sentimento e del p e n s i e r o ; essa dev'esse­ re considerata nei suoi rapporti col cor­ po organizzato r h e gli serve di s t r u m e n t o , e che gli è strettamente unito u La ma­ ARISTOTELISMO. Ç}3 toria, dic'egli, per sé stessa è niente, la forma le dà il suo carattere, la sua realtà; è 1'αίίο che la compie, e ^entelechia. » ■' : Ma questa parola venne spiegata in assai varii modi ; si crede che Aristotile in­ tendesse che l'anima è, rispetto al corpo vivente e organizzato, ciò che la forma è in un corpo qualunque rapporto alla materia prima onde questo corpo è for­ mato. Io la penso pure cosi ; e qui fa d'uopo intendere che l'anima è ciò che ' distingue il corpo vivente, questo princi­ pio fuggitivo che nessuna denominazione non può bene indicare, che può dirsi tanto / &. entelechia, che anima ο anima, ec. Aristo­ tile, si aggiunge, voleva dire che l'anima non è che la stessa organizzazione cor­ • porale; e si pretese con ciò di spiegarlo. Egli attribuisce all'anima cinque facol­ tà principali: la nutritiva, comune a tutti gli esseri organizzati, e che può dirsi ani­ ma vegetativa; la facoltà di sentire, quella degli appeliti, quella del moto spontaneo, che, insieme comporrebbero l'anima sen­ _.,. sitiva; quella dall'intelletto, che sarebbe l'anima intelligente, riserbata all'uomo. 11 Trattato delCanima offre ancora allre 9^ PRIMO PE RIODO. TE MA E POCA. meditazioni feconde su le funzioni intel­ lettuali e sul modo delle percezioni. La causa prima dell'universo, di tutte le trasformazioni , fu un primo motore, un D io immutabile, che ha ordinato e messo in rapporto tutte le parti del mon­ do­ Questo fu il principio di quella scien­ za, per cui Aristotile istituì il nome di teologia. In seguito egli dimostra l'esi­ stenza di un D io immateriale, unico, ne­ cessario, perfetto, il D io di Platone e di Socrate. Quindi un sacerdote di Cerere , Eurimedone, accusò Aristotile d'empietà, e questi fuggì da Atene, onde impedire agli Ateniesi, dic'egli, un nuovo delitto contro la filosofia. Le scienze da Aristotile dette pratiche sono VEtica, ο sia Morale, la Politica e l'Economia, tutte e tre intimamente le­ gate; poiché la società è stabilita onde ciascun membro percepisca la maggior quota di felicità e di perfezione morale; la morale tende a rendere ciascuno il più possibilmente utile alla società; e l'eco­ nomia privata e pubblica è un mezzo di contribuire al benessere individuale e co­ rauuc. La morale occupa il primo poeto ρ ARISTOTELISMO. j)5 perchè determina il fine che l'uomo de­ ve proporsi. Il celebre pubblicista di Stagira di­ chiarò che l'impero delle leggi dev'essere superiore a quello degli uomini. Quindi vedendo le fazioni e l'incertezza agitare le repubbliche della Grecia , le leggi re­ pubblicane, non mantenere che debol­ mente la vera libertà dei popoli, le pas­ sioni dei potenti e dei partiti , l'opera di Solone e di Licurgo cadere in ruina, egli riguardò la forma di governo mo­ narchica come la più perfetta. Egli fondò il dirillo e la giustizia su l'eguaglianza, proclamò l'uomo quale agen­ te libero e ragionevole; ma consacrò la schiavitù e il diritto di avvilire una parte della specie umana giusta il capriccio dell'altra. Conseguentemente allo stesso principio, i genitori avevano su la prole un potere illimitato; ma riguardò l'edu­ cazione come la base delle istituzioni po­ litiche. Aristotile fece consistere essenzialmen­ te la virtù nella moderazione, vale a di­ re nell'impero sopra se medesimo. La le­ uciti e la virtù noti sono che la sletsa 5**^ 96 PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. cosa ; in questa consiste il sommo bene. La morale non è che una legge emanata dalla D ivinità; ma lo scopo della morale ha qualche cosa di divino, che avvicina l'uomo all'essere sovranamente perfetto. Finalmente Aristotile fece autorità nelle arti e nelle scienze ; ne dettò le leggi e le regole per la posterità, e la sua ra­ gione, dopo tanti secoli, presiede ancora al pergamo, al tribunale, alla scena, con gloria dell'oratore e del poeta. La sua ce­ lebrità fu men rapida di quella di Pla­ tone, perchè si assoggetta più facilmente colfentusiasmo che colla ragione. I primi peripatetici (Ο , che incomin­ ciarono la celebrità di questa setta, fu­ rono Tcafrasto ed Eudemo, che riempi­ rono alcune lacune della logica di Ari­ stotile. Diccarco e Aristossene, si studia­ rono di determinare la nozione dell'en­ telechia, e la deformarono col complicarla. Dopo Teofrasto, Stratone di Lampsaco diresse il Liceo; egli non vide che forze in natura, e con queste sole forze, senza (ì) Aristotile insegnava passeggiando per il Liceo, di qui vieno U nome di peripatetici ο passe ggiaiiti­ ....>*s ' STOICISMO. gj l'intervento di alcun1 altra intelligenza, spiegò tutti i fenomeni. Faceva risedere l'esercizio del pensiero nella sensazione, e tutte le operazioni dell'intelletto si ridussero al sentire. Un altro celebre discepolo di Teofrasto fu Demetrio di Falera , oratore famoso e che governò Atene con saviezza pel corso di 33 anni. Si ritirò quindi in Egitto, ove fu accolto da Tolommeo Sotero. Ivi fondò la rinomata biblioteca di Alessandria; e fu a quest'epoca che le scienze si arricchirono sotto la protezione de Tolommei. §. V. Stoicismo. Quando la Grecia ebbe perduta la sua libertà, e che la logica severa di Aristotile dominava la filosofia speculativa di Platone, si videro innalzarsi contemporaneamente quattro scuole: il Portico, gli Epicurei, i Pirronisti e la Nuova Accademia. Un mercante di Gizio, Zenone, stabili lo stoicismo 3oo anni avanti G· C. Poco soddisfatto delle altre dottrine, se ne formò una dall'austerità dei Cinici, dalla ST. DELLE Se. FILOS. 7 9» TRIMO PERIODS. TERZA EPOCA. dialettica sotti If della scuola di Erotria , dalla logica d'Aristotile e dall'entusiasmo morale di P l a t o n e . Zenone m i n a t o da u n naufragio, v e n n e ad insegnare i suoi p r i n cipj nel P e r i l i o , p o r t i c o di Atene, il che fece dare il n o m e ili Stoici ( i ) a' suoi discepoli. Onde consolare in qualche m o do i suoi concittadini e sostenere il loro coraggio nella p e r d i t a della loro liberta, egli annunziò una inorale fiera e dura , sostenuta da una specie di orgoglio virtuoso e inflessibile; ma egli chiudeva cosi il cuore a t u t t e le v i r t ù benevoli e dolci ; lo inaridiva e lo trincerava dietro u n muro di bronzo. Cionnondiineno Zen o n e raccomandava la moderazione ed escludeva la vanita come indegna della calma fredda e rigida del saggio, che deve r e s t a r e impassibile in mezzo ai mali, alle disgrazie, al d o l o r e , ai piaceri ed ai god i m e n t i . L ' e r o e del P o r t i c o , giunto ad u n a età avanzata, mise fine ai suoi giorni : gli Ateniesi gli innalzarono un m o n u m e n t o sepolcrale nel Ceramico. Zenone aveva ammesso il famoso p r i n (i) Da Vtoy. [ionico. ; "•*C, #■':" STOICISMO. Ç|C) cipio a t t r i b u i t o pure ad A r i s t o t i l e : nulla vi ha nullo spirilo che non sia passato pei sensi. F u hen anche eolla logica A r i ­ stotelica c h ' e g l i combattè lo s c e t t i c i s m o ; ei prese per criterio l'evidenza, che de­ dusse dall'esperienza e dal senso intimo , e che appoggiò ali 1 autorità de' sensi e al giudizio. Proclamò che il dubbio universa­ le è impossibile ; che vi hanno percezioni sensibili di una chiarezza irresistibile, se i nostri sensi sono liberi da ogni ostacolo e in uno stalo s a n o ; finalmente che gli esseri animati non p o t r e b b e r o agire , ove non fossero guidati da cognizioni vere e l e g i t t i t n e ; e mostrò le condizioni neces­ sarie acciò le percezioni ottengano un ca­ r a t t e r e d i realtà. F i n a l m e n t e , lo spirito approva liberamente e giudica le perce z i o n i ; e da queste sole cognizioni risulta la scienza. Ma Zenone, che, colla generazione, il l i n g u a g g i o , il pensiero e i cinque sensi» costituiva le olio facoltà d e l l ' a n i m a , pri­ vava questi stessi sensi da ogni influenzi su la felicità e su la virtù. D a ciò si seorge che erasi essenzialmente diretto contro il pirouismo ci l V p i c u r e i s m o , di IOO PRIMO PERIODO. TERZA EPOCA. cui temeva le conseguenze per la Grecia nello stato di prostrazione in cui la vedeva; cosi, come dice Cicerone, egli s'indirizzava all'anima come fosse stata spoglia dall'inviluppo del corpo. L'uomo, secondo l u i , è un'immagine del mondo, un mondo in miniatura. La sua anima è emanata dallo spirito celeste, dal fuoco eterno sparso nell'etere, che è la sorgente della luce; ha per base della morale, il giudizio e la ra« gione. L' universo è un vasto corpo organizzato, un essere ragionevole e animato da un fuoco eterno sparso per ogni dove. Questo fuoco"è la divinità, la quale colla sua potenza , per una specie di destino immutabile, regola tutti gli avvenimenti e i fenomeni di questo mondo, in cui tutto è per il meglio, anche nelle più piccole cose. Ma che diviene allora il libero arbitrio di cui gli stoici pure dotano l'uomo? Che significa la massima: Opera di conformità alla natura ? Lo stoicismo, malgrado la sua aria di grandezza morale, die pochi eroi alfa filosofia e alla Grecia. Cleante succedette EPICUREISMO. JO[ a Zenone; Cri.sippo combattè con t a l e n t o e coraggio il d u b b i o assoluto di Arcesi­ l a o , e Antipalro quello di C a m e a d e . .Ρα ­ nezio di Rodi, amico di P o l i b i o , e che p o r t ò a Roma la filosofia del Portico , si a t t e n n e specialmente alla m o r a l e , e la spogliò alquanto della sua ruvidezza. F i ­ n a l m e n t e , Muesarco e Posidonio misero in ordine e in a r m o n i a tutta la filosofia degli Stoici. g. V I . Epicureismo ( 3 o 5 anni p r i m a di G. C. ). .,1 Anche Epicuro, malcontento degli al­ tri sistemi, poco soddisfatto di Platone e del suo trascendentalismo inaccessibile ali 1 esperienza, di Aristotile e della sua scienza t r o p p o profonda e t r o p p o estesa p e r t u t t i , dello stoicismo e della sua rui­ d e z z a , creò un sistema più f a c i l e , me­ glio adattato allo stato degli spiriti di quell'epoca. F o n d ò la felicità nel piacere. Nessun altro sistema è forse mai stato più biasimato e più vantato. È vero che la parola la quale sembra servirgli di base sveglia un 1 idea p r o p r i a a lusingare 102 PRIMO P E R I O D O . TF.R7.A. EPOCA. tutti gii uomini , e che il più agghiac­ cialo stoico trova il piacere nel suo stoi­ cismo. Ma rimovendo t u t t o ciò clic la gelosia del Portico ha proclamato contro l'Epi­ cureismo, tutto ciò che i discepoli di Epicuro e le prevenzioni del secolo v i h a n n o alterato ο cangiato , si troverà in esso u n i filosofia m o r a l e , dolce e bene­ vola, stabilita su rapporti Usici e morali d e l l ' u o m o sul buon senso e su la felici­ tà. Ciò che costituisce la voluttà di Epi­ c u r o , si è l'allontanamento da tutto q u a n ­ to può turbare anche leggermente, colla minima inutile fatica , col minimo disag­ gradevole p e n s i e r o , col più leggier do­ l o r e , la salute fìsica e morale, quella pa­ ce profonda e dolce in cui il saggio si contempla e gode in riposo della sua v i r t ù e del bene che può fare a' suoi simili. Epicuro, in luogo di fondare ogni felicità n e l piacere fuggitivo dei sensi , lo pose .specialmente nei piaceri morali. <i Poi­ c h é , diceva egli, il corpo non sente che il dolor p r e s e n t e , mentre lo s p i r i t o , ol­ t r e i inali p r e s e n t i , sente ancora i mali passati e futura ». # ­ ' " ' ' ' ' ■ ' . . x ' EPICUREISMO. IOÎ l a virtù riposa su la virtù che giudica ciò che è buono , sul libero a r b i t r i o i n separabile dalla r a g i o n e , e che segue ciò che ha giudicato. Q u i n d i , il b e n e e il male nelle nostre azioni d i p e n d e da ciò che agendo l ' u o m o sa e vuole , ed è per questo che le leggi h a n n o stabilito le ricompense e le p e n e . Questo apostolo della dissolutezza e d e l l ' i n t e m p e r a n z a visse sempre di acqua, Hi frutta e di legumi del suo giardin o , e alle volte diceva a1 suoi famigli:· u Portatemi un poco di latte e di formaggio acciò io possa far miglior pasto q u a n d o me n e venga la voglia ». Si può d u n q u e affermare che la voluttà di E p i c u r o , senza a t t r a t t i v e , q u a s i negati, v a , era una specie d' i m p a s s i b i l i t à , ma diversa da quella dello stoicismo. Egli proibiva il t i m o r e e il desiderio , e non chiedeva che costanza c o n t r o l'impazienz a , la disperazione, la felicità e i torm e n t i ; secondo l u i , t u t t e le virtù si riferivano alla prudenza. Q u a n t u n q u e nemico delle idee puramente s p e c u l a t i v e , Epicuro sviluppò il sistema di Leuoippoj e compose gli es- »o4 PRIMO PE H10DO. TE RZA E POCA. seri di a t o m i , elementi primitivi di tutto ciò che esiste, e ne 1 quali tutto si r i ­ solve. Portando questa ipotesi quanto più oltre si p u ò , esclude Γ intervento della divinità nella creazione, Γ ordine e la conservazione dell 1 universo. Q u i n d i , più non potendo provare D io per le opere s u e , asserì elicla sua esistenza è scolpita in tutti i c u o r i , e non potrebbe essere cancellata. Rammentando la sorte di D ia­ g o r a , la morte di Socrate, la fuga di Aristotile, prevenne la superstizione ac­ cusando egli medesimo di empietà quelli che condannavano al lavoro la d i v i n i t à , di cui il riposo doveva essore p r i m o at­ tributo. Determinò in seguito il carattere dell'a­ dorazione; e faceva consistere la vera pietà ncll'adorare gli D ei e amarli senza spe­ ranza di ricompensa, p e r sé medesimi, e con puro amore. Questa e la sostanza della dottrina i n ­ segnata nei giardini d** E p i c u r o ; eçli am­ m e t t e presso a poco le idee di D emocrito e di Zenone sul fondamento delle nostre cognizioni e la percezione delle sensazio­ n i ; ma compose r a n i m a di una materia EPICUMEISMO. Ιθ5 sottilissima e le diede i sensi per compren­ dere gli oggetti che le sono offerti. Essa dilatasi per piacere, e rislringcsi per do­ lore; e l'uno e l'altro risultano dall'azione di corpuscoli che s'introducono nei no­ stri organi; quindi, Epicuro per ogni senso tende ad una specie di materialismo, e ad una sfera d'inazione q:iasi completa, a uno stato d'inerzia per le società. I numerosi suoi discepoli l'onorarono colla più alta venerazione, e serbaronsi sempre uniti fra di loro. Si distingue Me­ trodoro, Ermaco indicato da Epicuro come suo successore; Muso, schiavo di Epicu­ ro, poscia suo favoritoe filosofo segnalato; Idomeneo , vantato per la sua rigidezza. Temistc e Filenide, donne celebri pei loro costumi irreprensibili. § VII. Scetticismo ο Pirronismo. Pirrone fu contemporaneo di Zenone fi­ di Epicuro. Colpito egualmente dal vago e dall'incertezza di tutti i sistemi da Ta­ letc in poi, egli ammirò il dubbio pru­ dente di Socrate, delle scuole di Mcgara e di Elea, e ne costituì pel primo una Jo6 PK1M0 PEBIODO. TEBZA EPOCA. dottrina filosofica. Ma por sì fatto modo provava d i e vi ha almr.no una cosa vera, vale a dire, il suo proprio d u b b i o ; t u t tavia egli non si fece alcuna scuola. Lontano da quel dubbio crudele che porta la monte a d i s p e r a r e , dichiarava soltanto che non aveva ancora potuto t r o vare la verità, che sospendeva il suo assenso, ma che faceva d'uopo continuarne la ricerca con perseveranza : riconosceva l'autorità del buon senso , delle legfi degli usi e specialmente della m o r a l e , di cui riguardava i precetti come scolpiti nei cuori. Egli ne compiva i doveri e seguitane le ispirazioni con piacere ; le sue virtù gli meritarono le funzioni di gran sacerdote ed il diritto di cittadinanza in Atene. A suo riguardo i filosofi furono esonerati dalle imposte. Ciò nondimeno , Pirrone non negava le operazioni dello spirito,l'effetto delle sensazioni e de 1 concepimenti; le ammetteva come mozzi, e come i soli mezzi di con o s c e r e , di giudicare, di r a g i o n a r e ; ma dubitava che potessimo così pervenire alla verità assoluta delle cose. Riguardava t u t t o siccome apparenza , m a non negava l'au» SCOVA ACCAD EMIA. 1 07 t o n t a di queste apparenze p e r le cose di questo m o n d o , perocché è la condizione della nostra esistenza, e non possiamo c o m p r e n d e r e che rapporti e fenomeni. Questo dubbio tendeva a tenere gli animi ■in u n a riservanza quasi immobile. In dieci tropi ο ragioni di epoca egli ha r i u n i t o i pensieri fondamentali del suo scetticismo. Eccone la sostanza : le differenze delle sensazioni nei diversi ani­ mali e nell'uomo, r i s u l t a n d o dalla diffe­ renza di organizzazione, non p e r m e t t o n o di fissare un giudizio sopra alcun essere. L e differenze di sensazione producono in noi le differenze di appetiti e di avver­ sioni , e ne fanno dire solo ciò che l'Og­ g e t t o ne s e m b r a essere, e non ciò che e. V I sensi differiscono in ogni i n d i v i d u o ; o g u i senso percepisce un lato dell'oggetto ; tut­ te le sue percezioni c o r r i s p o n d o n o esse a qualche cosa di reale, ο non ve ne hanno che alcune ? Se avessimo più s e n s i , meno sensi, altri s e n s i , non coglieremmo noi •altri r a p p o r t i ed altre facoltà ? Come dun­ que affermare che conosciamo l'Oggetto? L e sensazioni, che sono gli elementi dei giodizj, variano secondo lo stato del cor­ 1θ8 PCIMO PE HIODO. ΤΕΚΛΑ E POCA. p o , in certe circostanze, nella malattia, nel sonno , ce. In quale slato e in quali circostanze si veggono le cose giusta la v e r i t à ? Gli oggetti sembrano differenti, secondo i luoghi, le distanze e le posi­ zioni; quale, ο quali di queste circostanze possono fondare il nostro giudizio su le qualità degli esseri? D ifferenti condizioni variano e modificano le sensazioni, e non ne pervengono mai pure. Un poco più ο un poco meno di oggetti decide dell'im­ pressione e dell'effetto che producono, e sembra ben anche cangiare la loro natura. Noi non percepiamo e non comprendiamo nulla che per via di comparazioni; noi dunque non veggiamo che rapporti, e non ciò che sono le cose. Gli oggetti veduti di rado ο frequentemente fanno sopra di noi differenti impressioni ; non vi ha dun­ oue nulla d'intrinseco e di positivo per noi in questi oggetti. Le istituzioni, le le<*ai g " u s ' ' e c > c ' i e presiedono alle cose inorali, variano secondo i tempi, i luo«hi e gl'individui: quale guida seguire in (juesta confusione? come scegliere? jNon v'ha dubbio che siffatto criticismo presenta delle contraddizioni; ma è lungi ROOT A ACCADEMIA. I <X) dall'essere ne' principi e nelle conseguenze così assurdo e ridicolo, come fu per lungo tempo sostenuto. Non è già che io non riguardi lo scetticismo assoluto come impossibile ad ammettersi, ma intendo dire che queste proposizioni offrono un aspetto di ragione e di verità. Si fecero le maraviglie, che il Pirronista cercasse la tranquillità dello spirito nel dubbio, perocché il dubbio è una sorgente d'inquietudine. Ma il Pirronista lo riguarda come invincibile, egli è semplice spettatore nell'universo, vive giusta le sue inspirazioni, giusta le apparenze del mondo , perchè non sarebbe tranquillo ? Fra i Pirronisti, si distingue Timone di Filio in Acaja, il quale, nelle sue satire passò in rassegna i filosofi a lui anteriori. Lo scetticismo in seguito si sparse in tutta la Grecia; e Diogene-Laerzio cita una lunga serie di discepoli dopo Pirrone e Timone. §. V i l i . Nuova accademia: seconda, terza, quarta, e/uinta Accademia. Ora , un uomo la cui vita fu pure senza HO PRIMO PE RIODO. TE H/.A E POCA. macchia , Arcesilao , afferma che non si conoscerà mai la v e r i t à ; e fonda così il sistema della seconda accademia , primo ramo di ciò che diccsi nuova accademia. Platone aveva ammesso opinioni ο cogni­ zioni incerte; Arcesilao le lasciò nel d u b ­ bio. La teoria delle idee riposava sopra dati tutti speculativi e fuori dell'esperien­ za ; Arcesilao la mise in dubbio. In seguito, vergendo la saviezza del dubbio di So­! crate e di P i r r o n e , egli proclamò unos scetticismo a s s o l u t o , che sostenne con· una logica formidabile, soprattutto contro gli stoici. Cercò di distruggere la teoria della percezione e delle sensazioni, mai giunse a pronunziare che bisogna r i p o r ­ tarsene solo alla r a g i o n e , poiché ogni vi­ sione può essere e vera e falsa, e non s'avvide che per tal modo egli si avvici.· nava a Platone; il che fece pensare che Ar­ cesilao non avesse che uno scetticismo ap­ p a r e n t e , e che solo volesse combattere il dogmatismo. Cicerone nulladimeno ne dice che Arcesilao sosteneva, che nulla si può sapere, e ancora che non si sa nulla; che t u t t o è avvolto da tenebre i m p e n e t r a b i l i ; ma sembra ehe ciò si applicasse solo a cose esterne. s MIOVA ACCAD EMIA. 1I I In morale egli insegnò cite fa d'uopo d i r i g e r s i , u giusta quello clic può essere giustificato da uu motivo p r o b a b i l e " nella scelta di ciò che devesi cercare ο fuggire; che quindi la felicità è il frutto della p r u ­ denza. Lo stoicismo trovò un avversario ancor più formidabile in Cameade fondatore della terza accademia. Questi rifiutò tut­ t o , acciò non si potesse obbiettargli la menoma credenza. Secondo lui, la ragione, non potendo nulla ricevere se n o n pei sensi , non poteva avere alcun diritto di giudicare. Il suo discepolo Clilomaco di­ ceva, che non aveva giammai p o t u t o t r o ­ vare un'opinione la quale ottenesse l'as­ senso rli questo filosofo. « T a l e fu la sua fecondità e la sua abilità o r a t o r i a , dice C i c e r o n e , che non difese giammai una proposizione senza d i m o s t r a r l a , che mai non ne c o m b a t t è alcuna senza distrug­ gerla. !) Non negò già le sensazioni, ma sostenne che non sappiamo se abbiavi al di fuori q u a l c h e cosa che vi si conformi , e che basta il conoscere i rapporti mutui delle cose. Q u i n d i il mondo sarebbe una scena lia PHTMO PERIODO, TERZA EPOCA. d'illusioni, di cui noi saremmo costantemonte ludibrio. In seguito, mostrando che la visione, la quale sembra il più delle volte vera, merita maggior confidenza, ed è per ciò detta probabile , diede come Arcesilao la dottrina incerta e inquietante delle probabilità, àc\ìe apparenze le più probabili per regola delle azioni umane Questo era forse un richiamare un metodo più sperimentale ; ed in fatti, la fdosofia di Carneade ebbe il nome di elettiva. Negò il destino degli Stoici, come affatto contrario alla libertà dell'uomo ; in generale , gli accademici accordarono maggiore indipendenza alla nostra volontà· Cameade combattè pure le idee del Portico sulla divinità. Finalmente, onde portar gli Stoici a conciliare, come Aristotile, la felicità colla virtù , pose il sommo bene nel godimento dei doni della natura, giusta il senso di Socrate, di Epicuro e di altri filosofi. Egli credè di rendere più solida la sua morale della probabilità, fondandola su l'amor proprio e il desiderio di ben essere, ai quali l'uomo obbedisce in tutto l'universo ; l'utilità ne fu la direttrice, come pure l'equità, che diceva essere il calcolo più ragionato dell'egoismo. KUOVA ACCADEMIA. llî C a m e a d e nella sua ambasciata a Roma, 155 anni prima di G. C , espose con eleganza i principii dei più celebri filosofi onde stabilire la giustizia n a t u r a l e , e il giorno seguente, colla stessa eloquenza, li rovesciò t u t t i . Questa d o t t r i n a non poteva avere che brevissima d u r a t a , come t u t t e le d o t t r i n e s c e t t i c h e , perchè l'orgoglio u m a n o ama meglio parere almeno di i m p a r a r e qualche cosa che sia data come positiva. Clilnmaco di Cartagine succede a Carneade, e si avvicinò u n poco più al d u b bio socratico. Filone di Larissa, amico di C i c e r o n e , successe a Clitomaco, e fondò la quarta accademia ; ammise lo scetticismo p u r o di P i r r o n e , e si sforzò di p r o Tare che la nuova accademia n o n aveva cessato di essere fedele ai p r i n c i p i i di Socrate e di Platone. Antioco e Avutone di Scio , che si presentano nella quinta accademia, erano fratelli e discepoli di F i l o n e ; combatterono il suo scetticismo , si avvicinarono al platonismo e p e r v e n n e r o , come senza pensarvi , allo stoicismo filosofico. Si. DELLE Se. FILOS. 8 Tl4 PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA. §. IX. La Filosofia passa in e, più lardi, a Roma. — Sincretismo. Akssandria, Ecclelismo, Ora la filosofili sta per abbandonare l a Grecia, in cui la libertà lasciò fondare le sue dottrine e la sua gloria, ed innalzare i suoi monumenti scientifici. Alessandria, Roma e l'impero romano stanno per dar­ le asilo. Già il celebre Demetrio di Falera aveva incominciato quella specie d'Istituto alessandrino, ove poco dopo vennero ad unirsi p o e t i , filosofi e dotti ; ma più non si veggono nascere sistemi , il genio del­ l'invenzione sembra esaurito da seicento anni di lavoro, le antiche d o t t r i n e span­ d o n s i , e la filosofia aristotelica , por» tata in Egitto da Stratone di Lampsa­ co e Demetrio di Falera, viene rimpiaz­ zata dal^ecclelismo e dal sincretismo. T a l ­ volta l'eccletismo sceglieva ciò che pare­ vagli buono e utile in tali dati sistemi, e ne costituiva un t u t t o omogeneo; tal al­ tra il sincretismo riuniva ciecamente alla ventura, opinioni di cui formava una massa indigesta β icixià a c c o r d o . LA FILOSOFIA IN ALESSAKDRIA. Il5 Malgrado però gl'incoraggiamenti dei Lagidi, il pubblico non era disposto ad approfittare di queste scienze. Lo stesso avvenne della scuola di Pergamo, che gli Attali non lasciarono tuttavia di favorire. Lo stesso platonismo fu quasi senza onore nel museo di Alessandria, fino a che il misticismo vi s'introdusse. Ma la nuova accademia vi fu annunziata da Eraclito di Tiro, e Fatamene vi ridusse in sistema la filosofia elettiva. Egli ammise due criterii della verità ; la ragione che presiede a tutte le funzioni intellettuali; le perce/.ioni, che risultano dalla certezza delle impressioni ricevute. In metafisica, sembra che abbia voluto fondarsi su l'osservazione della natura : la materia, la causa efficiente, la qualità e il luogo furono i quattro principii originarli di tutte le cose. In morale, riferiva tutte le azioni a una virtù perfetta , ma non rifiutava né i beni, né i godimenti fisici conformi alla natura. Così, egli avvicinava Zenone e Aristotile, senza nulla aggiungervi del misticismo orientale. È dunque difficile l'ammettere che Paiamone, come fu dello , abbia stabilito con Ammonio Sakas il neoplatonismo. Il6 PKIMO PERIODO. ΪΕΒλΑ E POCA. Anesidcmo di Creta , contemporaneo di Cicerone, introdusse in Alessandria lo scet­ ticismo, e gli diede maggior voga che non avesse mai avuto in Atene. D apprincipio, rimproverò agli antichi sistemi di causa­ lità la frequente applicazione a un effetto d'una causa presa in cose fuori dell'espe. rienza e dell'evidenza; di dare una sola spiegazione ad ira effetto che può spie­ garsi in più modi; di rendere ragione di effetti prodotti con ordine con cause che non ne esprimono alcuno; di concludere da fatti apparenti altri clic non lo sono ; di non prendere sovente se non quello che può valere a provare un'ipotesi, e di ommettere il restante; di spiegare feno­ meni con punti dubbiosi, ec. Ma in seguito il dubbio di Anesidemo divenne assoluto. Egli sostenne che « né un corpo, né un essere incorporale può esser causa rispetto a un altro corpo· poiché se l'uno agisce solo, non può pro­ durre che ciò che è già nella sua propria natura; se agisce col roe/zo di un secon­ do, esso non può nulla di più; poiché sarebbe d'uopo che fossero uno, d'altronde tale produzione si csli udirebbe all'infini­ LA FILOSOFIA IN ALE SSANDRIA. II? to, il che è assurdo. Medesimamente, un corpo non può esser causa di un essere incorporale, e reciprocamente; ciò ch1é in riposo non può essere causa di ciò che si sta pure in riposo, uè ciò che e in moto di ciò che si muove; poiché cia­ scuno di questi fenomeni essendo simili , non si può dare più a questo che a quello la proprietà di causa; il contrario non produce il contrario. Lo stesso è delle cose che coesistono simultaneamente; poi­ ché tutti avrebhero lo stesso diritto di essere causa di tutto. Se le cause, la ma­ teria e gli effetti sono riuniti e simulta­ nei , tutto è causa ed effetto ad un tempo. Quasi tutto il sopraddetto riposa insom­ ma sul principio dello stesso Aneside­ mo, che una cosa non può essere la causa di un'altra che gli è posteriore, percioc­ ché niuna cosa può esistere senza che esista ad un tempo il suo effetto. Tutto questo sistema d'altronde però non è che un tessuto di sottigliezze opprimenti. Nel suo trattalo chi segni che non ci è noto , come ben anche gli altri suoi scritti, se non per quanto ne lasciò Susta ΐ Empirico, egli ricusa ogni confidenza al 1 l'S PRIMO PE RIODO ΤΕΠ7.Α E POCA. testimonio dei Bensì ed alla ragione, per­ chè questi sensi non sono dotati di ra­ gione, e perchè la ragione pronunzia dif­ ferentemente nei diversi uomini su le me­ desime cose. Quindi , secondo lui, noi non diamo il nome di bene che a ciò che n'è gradevole. Nulladimeno Anesidemo adotta certe idee del sistema di Eraclito su la mobi­ lità universale;egli pone, siccome quello, il pensiero fuori della sostanza del corpo, riguarda i sensi come canali che servono a ricevere ciò che noi diciamo cognizioni, e considera il tempo e l'aria come prin­ cipii di tutte le cose. Vennero rimpro­ verate ad Anesidemo diverse contraddi­ zioni , e fu detto ch'egli volle mostrare soltanto che <i ogni spiegazione dei feno­ meni naturali non può indicarne che la causa sperimentale e fisica, e che la meta­ fisica non può risalire alla loro sorgente.» 5­ X. La Filosofìa a Roma. La filosofia greca brillava di bastante splendore in Alessandria quando penpfrò in Roma. In Grecia era nata con la li­ LA FILOSOFIA il ROMA. II9 berta; a Roma comparve quando la repubblica periva. Ma la libertà e l'educazione non menavano i Romani che alla gloria di conquistatori ed al patriotism!) politico. Le scienze erano troppo pacifiche e troppo dolci per un tal popolo ; e ognuno sa che Catone chiese che fosse rimandata la celebre ambasciata ateniese composta da Diogene lo stoico, da Crilolao e Cameade, acciò non insegnassero le loro sottigliezze scientifiche alla gioventù che si affollava intorno ad essi. Quando le aquile romane furono penetrate in Grecia, il gusto delle scienze e delle lettere passò in Roma. Siila vi aveva portato le opere di Aristotile. Scipione l'Africano, Lelio e i due Giureconsulti Tuberone e Muzio Scevola contrassero familiarità con Panezio, e Catone collo stoico Antipatro di Tiro; M. Bruto, Pisone, Varrone seguivano l'antica accademia; Lucullo condusse seco Antioco nel corso delle sue spedizioni, e raccolse gli scritti dei filosofi. Quanti vi ebbe di grandi in Roma, specialmente verso il tempo di Augusto, coltivarono le dottrine greche, lao PMMO pEnioTio. TWIZA EPOCA. almeno per propria soddisfazione. E quan­ tunque i costumi de' Romani fossero già corrotti, e quasi più non avessero della loro libertà ohe il nome di repubblica, fioma fu il focolare dei lumi che conti­ nuarono in seguito a diffondersi nelle sue Taste provincie. A capo de1 suoi scrittori filosofi evvi Lucrezio, la cui musa arricchendo di bril­ lanti colori il sistema di Epicuro, ne ha alterati i principii fondamentali, e talvolta cangiate ο sviale le conseguenze. Virgi­ lio, Orazio, Ovidio, Manilio, Lucano, tutti sparsero nei loro versi differenti idee delle scuole greche· Ma fino all'epoca de­ gli imperadoii, la filosofìa e la inorale, come scienza, furono affatto nulle fra i Romani. Cicerone che mori 43 anni prima di G.C.. innalzo su questa seconda terra clas­ sica il primo monumento alla filosofia, e il suo genio, la sua erudizione e sagacità, diffondendo le dottrine greche, lo condus­ sero al dubbio di Socrate callo scetticismo di Cameade, » Ogni cognizione, dicVgli, è attorniata da tenebre e da difficoltà , in mezzo alle quali la nottra debole in­ LA FILOSOFIA A ROMA. 121 telligenza giudica troppo presto, e ne Ira­ via. T u t t o non è che verosimiglianza, p r o ­ b a b i l i t à ; vi sono belle apparenze, ma non mai certezza, υ In seguito, onde prevenire l'Obbiezione c h e gli verrebbe fatta, come scettico, di di­ s e r t a r e tuttavia su diverso cose, e special­ V m e n t e sui doveri d e l l ' u o m o : « G i i m'im­ pedisce, dicVgli, di seguire ciò che è pro­ b a b i l e , di rifiutare ciò che non lo é , ed evitando così l'arroganza delle affermazio­ n i , di scansare quella t e m e r i t à che t a n t o è c o n t r a r i a alla vera .sapienza? i> La sua filosofia d'altronde parla a t u l l i gli u o m i n i , a t u t t e le condizioni, e si a p ­ plica a t u t t e le cose della vita. In gene­ rale, egli segue l'accademia di mezzo n e l l e questioni speculative; P l a t o n e , nel suo metodo e nella psicologia; Zenone, n e l l a sua morale; e Aristotile, n e l l a sua politica. J N o n cercò giammai di familiarizzare i Romani colla metafisica e la dialettica dei G r e c i ; la logica del buon senso conveniva loro meglio, e si ristrinse ad essa. Non t r a t t ò quasi altre qnislioni specu­ lative che quelle della natura degli Vei, del destino e della divinazione; ma non ì l i PRIMO PE RIODO. ΤΡ.ΠΖΑ E POCA. n e fece che oggetti di erudizione. Quando t r a t t i delle verità che appoggiano le idee religiose, il d i r i t t o e la giustizia, le leggi e la politica, la m o r a l e e la v i r t ù , alloi ra egli manifesta elevatezza di pensieri l'entusiasmo di una bell'anima, e il colore di una eloquenza maschia piena di nerbo e di fuoco. Lo studio della filosofia e della morale, d i c ' e g l i , fu che lo rese quale si m o s t r ò ; che lo preparò c o n t r o C a l i l i n a e contro A n t o n i o , contro la persecuzione e la morte. Gli sforzi di Cicerone p e r rialzare la nuova accademia non ebbero che un pas­ saggiero risultamento . come t u t t e le ideo scettiche. In generale, a Roma , il piccol n u m e r o di persone che si davano alla me­ ditazione preferivano P i t a g o r a ; gli uomini di mondo e dediti alle scienze n a t u r a l i , E p i c u r o ; gli oratori e gli uomini di Stato, la nuova accademia; i g i u r e c o n s u l t i , il Portico. SECONDO PERIODO SCIENZE F I L O S O F I C H E E MORALI. DALLO STABILIMENTO DEL CEISTIAKIS1MO FlIiO AI «OSTRI G10RKI. EPOCA PRIMA DA CESO' CRISTO FIKO AL TKMPO DI CARLO MAGKO. J I o n i , padrona del mondo, era schiara dei Cesari, quando, innalzandosi su una terra ingrata, il Cristianesimo arrecava alla gran famiglia del genere umano, laseamorale ammirabile, la sua grandezza, e semplicità sublime, le sue consolazioni, e la sua santità; chiamando al suo seno si l'indigente e lo sciagurato che piange e si dispera', chft l'opulento e il potentato che dorme su la porpora e bere nell'oro. I2.'( SECONDO PERIODO. PIUM\ EPOC\. Il Vangelo veniva a liberare il mondo dall'antica schiavitù degli Dei, e a stabilire l'uomo padrone assoluto delle sue facoltà fisiche, intellettuali e morali. Filosofa Romana dallo stabilimento del Cristianesimo. Frattanto, Romi che aveva perduta la sua libertà, e che già incominciava a dimenticare la sua alterezza e la sua "gloria, ili «stravasi co' lavori di alcuni filosofi e moralisti. Seneca, che somministrò tante armi potenti contro il dolore, annunziava una morale saggia, legittima e scrupolosa, virtù pratiche, e cercava nello stoicismo il coraggio di sfidare i tiranni. Un altro stoico, Epiteto, cercava la forza d'animo , la saggezza c\ic trioiiì-ann dell'astuzia , le massime che formano il cuore e lo sublimano. Sestio, di cui sì frequentemente parla Seneca , aveva formato una specie di scuola nazionale, frequentata sulle prime con entusiasmo; ma di una durata effimera. Un secolo dopo, Marco Aurelio, attin- FILOSOFIA riOMAlU. laS geva pure nello stoicismo una virlù i n a l terabile in mez/.o alle seduzioni del p o tere. La sua iilosolia morale e religiosa r i p o r t a a Dio il destino dell'uomo, e Dio solo è lo scopo della virtù. V e n e r a r e I d d i o , far del bene agli uomini , tale è la sua massima fondamentale. Egli vuole che la ragione presieda a tutte le nostre azion i , le pesi e le g i u d i c h i d a p p r i m a ; m i , subordinando tulio alla causa eterna. Ciò che vi ha di più b e l l o , di più glorioso p e r questo p r i n c i p e , si è , c h e , massime e idee così p u r e e r a n o la regola della sua vita privata e de 1 suoi doveri quale imp e r a n t e ; che sole, gli fecero versare sopra i sudditi i b e n e i k i i di una sollecitudine v i r t u o s a , e che se ne scoperse il secreto solo dopo la sua m o r t e . Fra i Platonici che si trovarono nelle province d e l l ' i m p e r o , si distingue Alcinoo e Massimo di Tiro. Il p r i m o espone chiar a m e n t e le idee p l a t o n i c h e , e rappresenta Dio come il mezzo a t t r a v e r s o di cui la luce della verità perviene all'intelligenza. La contemplazione, aggiunge egli , è il miglior mezzo d : i s t n u i o n e . Questa tendenza al misticismo apparisce aucor più iu Mue- 126 ES CONDO PE RIODO. PRIMA E POCA. simo di Tiro, il quale, d'altronde, pro­ fessa i medesimi principii; ma Jpulejo confuse la dottrina di Pitagora con quella di Platone, e le tradizioni della teurgia orientale. Quasi nello stesso tempo Alessandro d'Egea, Alessandro d'Afrodisea , Andro­ nico di Rodi, commentarono, misero in ordine e corressero Aristotile. Ma il mag­ gior numero de' Komuni che coltivavano la filosolia si facevano una scelta d'idee nelle diverse dottrine; tali furono Tito Livio, il I uon flularco, il maligno e mor­ dace Luciano , i due Plinii, Celso detto rippocrate latino perchè tradusse le ope­ re del vecchio di Coo; Galeno, il cui nome è divenuto sì famoso nell'arte di guarire. Questo illustre medico che nacque i3o anni dopo G. G. aveva approfondito i si­ stemi filosofici e medici, senza assogget­ tarsi a veruno. Quantunque ammiratore di Platone, lo riformò e ammise la lo­ gica d'Aristotile. Studiando in seguito i rapporti dell'anima cogli organi, distin­ se la vita animale dal principio pensante, e riliuto l'ipotesi Δι Platone su le tre parti FILOSOFIA ROMAKA. I 27 dell'anima. Egli prese dovunque l'espe­ rienza per guidi; il suo cviterio fu il senso comune, ο sia la facoltà di giudicare e di conoscere data a tutti gli uomini, e che si esercita per mezzo dei sensi su gli og­ getti esteriori, e per mezzo dell'intelletto su le cose intelligibili, razionali ο com­ plesse; l'intelletto fu per l'anima, ciò che l'occhio è per il corpo. Galeno combattè lo scetticismo di Fa­ volino, e rifiutò la logica­di Crisippo. Egli sviluppò la filosofia e la dottrina medica d'Ippocrate, perfezionò le antiche dottri­ ne, e fu il più gran filosofo del suo tempo. Finora abbiamo considerato separata­ mente le scuole di Alessandria e di Roma; adesso che la città di Tolommeo è sog­ getta ai Cesari, la riuniremo in un sol quadro. Lo scetticismo d'Anesidemo fu sostenuto da' suoi successori. Fra essi, ^grippa ag­ giunse altri cinque tropi alle dieci ragioni dei Pirronisti, dedcicendoli dalla discor­ dia tra i filosofi, dalla retrogradazione all'infinito quando ogni prova venga ap­ poggiata ad un'altra; da ciò che le nostre percezioni sono relative alle nostre ina­ Iî8 ES COKDO PE RIODO. PRIMA E POCA. niere di essere e non alla n a t u r a delle cose; dall'abuso delle supposizioni g r a t u i ­ t e , dal diaUdlo ο cìrcolo vizioso della l o ­ gica moderna. Favolino , il primo filosofo conosciuto che abbiano prodotto le G a l l i c , e c h e inerito di essere confutato d a G a l c n o , si ap­ plico a sviluppare i dieci tropi p i r r o n i a n i , in un'opera che non ci è pervenuta. V i ebbero ancora altri scettici, ma n o n fecero alcuna aggiunta alla scienza. Noi non indicheremo che Sesto i1Empirico cosi detto dal nome della setta medica c u i era addetto. Questo celebre scettico, il Bay­ le dell'antichità, che discusse e paragonò t u t t i i sistemi a n t i c h i , e che lasciò per tal modo un'opera preziosa, una specie di diorama tilosofico e critico, lu da Gas­ sendi tratto da un ingiusto obblio. Se ne ignora la patria e vien riferito ai t e m p i di Marco Aurelio. Nelle sue I potiposi pirroniaiie egli diede il sistema più completo dello scetticismo. Là egli chiama al suo tribunale t u t t e le d o t t r i n e filosofiche, ed anche i sistemi delle a r t i , e poiché ha t u t t o i n t e r r o g a l o , tutto c o n o s c i u t o , lutto riprovato , proclama una FILOSOFIA ROMANA. Ug ignoranza assoluta, un'impotenza intellettuale completa. Non vi sono dimostrazioni p e r c h è nulla vi ha di vero. Q u a n t o al Criterium a quo, per quod, secundum quad dei quali uno a p p a r t i e n e ni Cuomo giudic a n t e , C.iltro ai sensi ed all'intelligenza per mezzo dei quali giudica, il terzo all'azione p e r cui la m e n t e si applica agli oggetti, egli li rifiuta t u t t i p e r c h è gli sarchile d'uopo almeno un Criterio s u p e r i o r e ad essi onde giudicarli, e così di seguito. Ma p r u d e n t e m e n t e egli riconosce l'esistenza degli dei e il loro c u l t o , di conformità alle istituzioni della sua p a t r i a ; poscia aggiunge che gli uomini se li r a p presentano sotto immagini false e grossolane, clic la loro opinione generale avvolge contraddizioni , e finalmente che un tal soggetto non dehb'essere sottoposto alle investigazioni filosofiche. Egli trova le medesime contraddizioni nelle opinioni e nelle norme m o r a l i ; e q u i n d i , india vi ha c h e sia un bene di sua propria naturaCiò non p e r t a n t o la di lui vita fu i r r e prensibile. I suoi scritti e quelli di Luciano furono gli ultimi tentativi della filosofia onde r i c o n d u r r e , mediante una criST. DELLE Se. FILOS. 9 ΐ3θ SECON D O PERIOD O. PIUMA EPOCA.. tica ardita, la ragione sul cammino della prudenza. Questo scetticismo di Alessandria aveva già avuto degli avversar) fra i peripateti­ ci. Jristocle,Ai Messenio, maestro di Ales­ sandro d'Afrodisca si era studiato di con­ futare Timone lo sceltico e Anesidemo. Egli s'appoggiò a sette considerazioni, delle quali ecco la sostanza: i Pirronisti accu­ sano di errore quelli che distinguono il ^ero dal falso; essi medesimi adunque di­ stinguono l'errore dalla verità; vi ha dun­ que qualche cosa di certo per essi , e quindi si condannano. Se fra le cose non v e differenza , i Pirronisti non valgono pin degli altri filosofi , e non vi li» diffe­ renza fra il differire e il non differire, pensare e non pensare, fra il si e. il no, sapere e non sapere; perché dunque vi in­ giungono delle opinioni? Una cosa viene, esposta con chiarezza ο con oscurità , nel primo caso solamente si può disputare; insogna allora che lo scettico ammetta un principio, e quindi la dia vinta; se gettasi Dell'infinito, è d'uopo abbandonarlo alla sua oscurità. ^'epicureismo apparve pure in Alessan­ FILOSOFIA ROMANA. l3[ dna portatovi ila Coletele, e il cirenaismo da Egesia; lo stoicismo vi fu sostenuto durante la maggior voga degli accademici scettici da Siilonio , Sfero, Solioiu, Satiro, Oleremo ne, e penetro perfino nella corte voluttuosa dei L:\gidi. g. II. Misticismo: Gnostici, Essenii, Terapeuti, Elka'Ui. Finalmente, il misticismo orientale e Ie_ religioni vennero ad introdursi nella filosofia, ma preferirono il pitagorismo e il platonismo che loro offrivano maggior simpatia; tutto fu alterato, cangiato, e la filosofia perde l'indipendenza delle sue ricerche. Dotti Giudei, Arislobulo e Filone, diedero un'origine ebraica alle dottrine greche, e fecero di Platone un discepolo di Mosè. Arislobulo suppose ben anche dei versi sotto i nomi di Orfeo, d'Esiodo e di Omero; interpretò perfino la mitologia coi libri di Mosè. Filone continuò quelle interpretazioni,e confuse pure ooH'idealisino trascendentale, leti-adizioni degli Essenii, gli Stoici di G i u d e a , e quelle dei Tere- 1^2 E S CONDO PE RIODO. ΓΓ.ΙΜΛ E POCA. peuli, i q u a l i , cosi come quelli, passavano in segreto una vita contemplativa e re­ golala ila una morale a u s t e r a , avevano <Ιο'discepoli e si occupavano di ricerche, su l'esistenza di D io. Filone, ammette un mondo intelligibile, ο sia delle I dre, e. il mondo sensibile Ma differisce da Platone in ciò ch'egli perso­ nifica le I dee di cui fi il primo V e r b o , ο figliuolo di D i o ; un altro principio divino fu la parola ο nozione delle virtù divine, come operante sul m o n d o sensibile, ed inviate a crearlo. L ' a n i m a dell'uomo è libera, e governa le sue passioni; ma non n e innalza al disopra dei s e n s i , alla luce e alla v i r t ù , che per mc/.zo della con­ templazione; ecco qui del puro bramismo. I Gnostici ο teosofi o r i e n t a l i , con­ servando le loro antiche credenze (l'ini­ ziazione, seguirono le medesime tracce, ed innalzarono pure la filosofia e la morale su le tradizioni mistiche dell'Oriente. Essi dichiararonsi contro il cristianesimo na­ scente, cercarono d'invaderlo, e vi sparsero i principi! funesti delle eresie che un po' più tardi si manifestarono. D a questa gnosi risultò la filosofia che san Clemente cl'A­ MISTICISMO. l3î lessandria chiama orientale· I padri della chiesa no facevano risalire le prime ilice., tino a Simone il Mago ο discepolo dei, magi persiani. Sotto il nome ili Dito essa dava la luce come principio primo degli esseri; l'idea derivava dal padre univer­ sale. (I secondo uomo mortale era formato ÌU l'uomo ideale ο celeste. Sette angioli ο potenze intelligenti, animavano i sette pianeti Queste dottrine racchiudono mia quantità di strane bizzarrie. Gli Elkaili ed i Gnostici, addetti al Giu­ daismo, Uasiiule, Carpocrale, talentino e i suoi numerosi discepoli, professarono ο serbarono questi elementi, talentino spe­ cialmente, che era venuto dalla Persia e dalla Siria in Alessandria, sviluppò quel­ le combinazioni mistiche e teosofiche , che diedero origine alla Cabala ο dottri­ na esoterica dei Giudei. Finalmente, que­ sta specie di filosofia produsse la super­ stizione e l'estasi. g. III. Neoplatonismo. Il sistema filosofico di Platone e di Pi­ tagora, pel loro entusiasmo loiitcniplilivo, l34 ES COKDO PE ltinDO. PRIMA E POCA. quello di Aristotile, por la sua forma dog­ matica nelle quistioni di verità generali e assolute, si piegarono facilmente alle idee del misticismo; quindi Numenio e Ammonio Sakas ne presero gli elementi onde comporrp il neoplatonismo. Moderalo, dì Gadete, primo filosofo ibe­ rico, e dopo lui, Nìcnmaco di Gerasso, e il celebre Jpollonio di Tiane, avevano già cercato di mettere d'accordo Pitagora, Pla­ tone ο il misticismo. Secondo Apollonio, non vi è che un solo essere primordiale che un principio immutabile, modificato soltanto dall'azione e dal riposo, che un Dio il quale si estende, si sviluppa, e produce coti ciò le rivoluzioni sul teatro dell'universo. Gli oggetti particolari non sono che esseri apparenti, e i cangiamenti e le apparenze, non sono clin la sua pro­ pria manifestazione. Numenio, che visse sotto gli Antonini, segui questi principii, e volle appoggiare i sistemi filosofici e morali, sui dogmi di Brama, di Zoroaslro e degli Egizii. Ma, dic'cgli, la divinità assorta in sé stessa non può comunicare coll'univeiso e agire sopra di esso cunie causa, senza perdere HEOPIATONISMO l35 la sua semplicità , senza d i v i d e r s i , limi­ t a r s i , degradarsi· Q u i n d i , egli pose u à intermediario fra D io e la creazione, ed é il Demiowgos, il figlio, il pensiero (νού;) cìie produce una terza p o t e n z a , un riflesso di sé medesimo ; secondo questo stesso fi­ losofo, l'anima ritiene gli elementi del cor­ p o c o m b i n a t i , e perciò dev'essere incor­ porea. Ammonio Saltai, di povera famiglia, fioriva verso la (ine del secondo 6ecolo dell'era n o s t r a ; n o n ci lasciò scritto n i e n t e , insegnava solo in confidenza a' suoi t r e discepoli, E r e n n i o , Plotino e un O r i g e n e , a m e d i t a r e e a c o m b i n a r e P l a t o n e con Aristotile. Ma il celebre Longino, che fu p u r suo discepolo, e che peri vittima della sua devozione per la sfortunata Zenobia, c o m b a t t è il neoplatonismo di Plotino e di Porfirio, ed il materialismo di E p i c u r o . Il dotto Plotino, che insegnava a Roma n e l terzo secolo, rivesti definitivamente la d o m i n a n t e filosofia del nome di neopla­ to IIÌMIJO, e ne fonilo la d o t t r i n a sul mi· sticismo che era a n d a t o a studiare in In­ dia e in Persia, e sul trasccndentalisiro il più astratto, il più impercettibile­ Nei l3(ì SRCORDO PE TIIODO. PRIMA E POCA. trasporti dell·) sua e s t a s i , egli poso al di là ili tutti i monili la sorgente invisihile della sua d o t t r i n a , e credette scoprirvi il segreto delle cose. P l o t i n o riuniva in­ t o r n o a sé una b r i l l a n t e adunanza, a n c h e di d a m e romane di famiglie d i s t i n t e . Egli entusiasmava con u n ' a r i a ili profeta e di i s p i r a t o ; t u t t o era in D io , la sola con­ templazione innalzò l'uomo alla sua co­ noscenza e a quella delle cose Prestando fede a P o r f i r i o , suo d i s c e p o l o , q u a t t r o volte in sua vita, P l o t i n o comunicò inti­ m a m e n t e con D io, e io stesso P o r t i n o ha goduto pure una volta di tal privilegio. Plotino fece delle I dee platoniche, l'es­ sere stesso, identificando cosi il p e n s i e r o , l'oggetto e il soggetto che lo concepisce; e non accordò l'esistenza reale che all'in­ telligenza e all'atto della sua propria in­ t u i z i o n e ; (« Vunità è il principio neces­ s a r i o , d i c ' e g l i , la sorgente, il t e r m i n e e la ragione di ogni reali à , ο piuttosto la realtà stessa, lissa può c o n c e p i r s i , ma non definirsi; l'uno e necessario, assoluto , in­ finito, i m m o b i l e ; ύ il solo bello i d e a l e , il solo vero b e l l o , il bene supremo e per eccellenza. D al suo seno p r o c e d e , «eu/.a KBOPLATOKÎSMO. l3j p u r modificarlo, Vintelligenza suprema c h e è il riflesso dell'urlila, e che è ad un tem­ po l'oggetto concepito, il soggetto che. concepisce e l'azione di concepire; l'ani­ ma universale è il principio s u b o r d i n a t o agli altri d u e , è il p e n s i e r o , la parola (}.oyà;) dell'intelligenza. » Questi tre p r i n ­ cipii e t e r n i , sono in relazione col mondo a p p a r e n t e , per mezzo" delle idee ο d e l m o n d o intelligibile di Platone. Il pensiero è la sola vita, il solo essere, la sola sostanza, la sola potenza. Ogni forza, ogni azione è intellettuale, e il m o n ­ do intelligibile è la pienezza delle I dee, l'impero degli s p i n t i immateriali che d a n ­ no a t u t t o il moto e l'esistenza. T u t t o ciò che apparisce nel mondo sensibile, il sole, la terra , le acque, è r e a l m e n t e nel mon­ do intelligibile. Il cielo è mosso da u n ' anima i n t e l l i g e n t e ; il moto degli astri è circolare, perchè l'anima 0 l'intelligenza si esercitano pure con una specie di cir­ cuito i n t o r n o alla D ivinità , c e n t r o supre­ mo. A questo modo I'iolino si avvolge in un vago immenso ed o p p r i m e n t e e pro­ duce eiTcUivainciitc una specie di fanta­ smagoria dogmatica. La sua morale , per l38 E R COKDO PE RIODO. PRIMA E POCA. conseguenza è tutta ascetica. Se l'anima dimentica la sua origine celeste, trova Ter­ rore e il vizio. Egli non parla che di rap­ porti con D io , dcH'anucgazione e dell'im­ pero di sé stesso, e omette tutti i rap­ porti della società e della condotta civile. Amelio, che con Porfirio fu alla test;» de1 suoi discepoli , scrisse, a quanto si di­ ce , cento volumi su la propria dottrina, ma sono tatti perduti Fu incaricato dal suo maestro di rispondere a Porfirio, il quale, in uno scritto contro Plotino, cer­ cava di provare che l'oggetto concepito è fuori dell'intelletto. Ma sembra che fosse un mezzo concertato alla maniera di quei tempi, onde far brillare sempre più il si­ stema di Plotino; poiché Porfirio si ri­ trattò in una assemblea, alla terza replica. I Predicali di Porfirio sono una specie di complemento prezioso , fatto con ta­ lento , della filosofìa di Aristotile. Egli vi ha stabilito ciò che mancava aile Ca­ tegorie ο predicamenti onde avvicinare Pla­ tone all'illustre Stagirita. Porfirio, con un sincretismo ridicolo, ammetteva insieme l'esistenza dei £«"»_, le superstizioni del paganesimo, il più KBOPLATOHISMO. 13g stravagante misticismo, il più tenebroso trascendentalismo e la morale di Plotino. Trattando di sensazioni, egli paragona i sensi a corde scosse da una musica che è l'anima. L'anima lia in sé le ragioni di tutte le cose, e per mezzo di esse, ella agisce, sia spontaneamente, sia per provocazione estranea. La sensazione modifica gli organi, e l'intelletto prende ad imprestilo il soccorso dell'immaginazione per gli oggetti die non partecipano alla sua natura. Tutto ciò che può dirsi di ciò che è superiore alla sfera dell'anima, può paragonarsi al racconto che nello stato di veglia noi facciamo di un sogno ; polche il simile non può essere conosciuto che dal simile, ed ogni cognizione è un'assiniilazioncdello spirito con ciò che conosce. Fin qui i Neoplatonici non si erano attribuita un'antichità oltre a Pitagora e a Platone; i Gnostici oltre quella di Orfeo, di Ermete , di Zoroastro ; Jamblico nel Trattato dei misterii Egiziani a lui ascritto, fece derivare dall'Egitto la teosofia orientale e la filosofia greca. Pitagora, Platone, Eudosio, avevano, secondo lui , attinto la vera dottrina, dai custodi l^O SECONDO P E R I O D O . TRIMA EPOCA. dei misteri ; t u t t o risaliva q u i n d i a Mercurio, a quelle colonne a n t i c h e ove ([tifisi! filosofi, dic'egli, avevano trovato i loro print ipii per r i s p o n d e r e a t u t t i i d u h b i i . J a m b l i c o , come Violino e i suoi discep o l i , avevano pure vendicata la divinila distruggendo il p r i n c i p i o del male a m messo dai Persiani; ma egli negò alla ragione le prerogative che Porfirio le aveva conservate, e sostenne che essa non può mai elevarsi all'altezza delle gerarchie c e lesti. Così, al principio del q u a r t o secolo, il dogma venne a far tacere la filosofili. F u il trionfo delPacciccamento e della d"holczza, che costituiscono una v i r t ù dell'ignoranza superstiziosa. J a m b l i c o e i suoi successori avevano cosi creato una specie di filosofia sacerdotale. Costantino e Costanzo li perseguit a r o n o . p e r favorire il cristianesimo; e la fine sciagurata di Sopalro disperse i P l a t o n i c i (ino al regno di G i u l i a n o , che loro accordò la sua benevolenza. La scuola di Alessandria, a quest'epoca offri solo un Ncoplatonico meritevole di distinzione, e fu Jerocle. Ma noi veggiamo in A t e n e , al q u i n t o s e c o l o , Ciisanzio e KEOrLATOWSMO. l/(( quindi Plutarco, figlio ili Nestorio, portarvi un composto di tutti i sistemi di filosofia e di teologia pagana fino ad Orfeo. Siriaco, che successe alla gloria di Plutarco, fu rimpiazzato da Proclo di Bisanzio, che rinnovò e mostrò Platone e Aristotile riconciliati, Plotino Porfirio e Jamblico modificali. Questo gerofante filosofo passava una parte della sua vita in digiuni, preci e vocazioni, scongiuri di genii onde dirigere gli avvenimenti della vita , ec., e riguardava il filosofo come un sacerdote di tutte le religioni dell'universo. Si compose un sincretismo di tutte le sette filosofiche e religiose, tenendo per centro il neoplatonismo, e del solo cristianismo si dichiarò nemico. Platone per lui fu un oracolo di verità e quasi un Dio. Proclo fu sorprendente per la sua scienza, erudizione, credula superstizione, e per il suo illuminismo. Egli riprodusse quasi tutta la dottrina di Plotino su le Idee platoniche, su la divinità, che e il santo dei santi, Punita delle unità, il dio degli dei; su le gerarchie degli esseri che tutti si penetrano, si ravvicinano, e dei quali i più perfetti perfezionano gli altri. ifo SEC0KD0 PERIODO. PIUMA. EPOCA. Secondo P r o c l o , il famoso nasce te ìpsum del tempio di Delfo indica c h e sia V essenza la quale è la vita stessa, l ' e s sere, la vera r e a l t à , la vita intellettuale, quella che fa d' uopo conoscere e contcmpl;ire. Questa essenza è p u r e la sorgente prima del buono che trovasi in noi, e che ne innalza a ciò eh 1 è eterno e semplice. Le Idee di P l a t o n e sono essenze sussistenti, semplici , p u r e , i m m o r t a l i , e senza m i s t u r a , cause i n t e l l e t t u a l i , il tipo delle cose a p p a r e n t i ; ma la materia è una creazione di D i o , q u a n t u n q u e gli sia cocternale ed emani da lui fino dall ' e t e r n i t à . La l'rovidenza governa le cose intellettuali e le sensibili. La libertà è il carattere essenziale della sostanza, dell ' i n t e l l i g e n z a ; il male non è che una neç; riione. M e r c u r i o , messaggero di Giove, n e r i vela la sua paterna volontà, e ne insegna cosi la scienza. Lo spirito percepisce d i un modo immateriale ciò che il senso percepisce sotto una condizione m a t e r i a l e ; ma le Idee sono in n o i , q u a n t u n q u e in uno sialo d ' i n f e r m i t à ; basta togliere gli ostacoli che ne velano l'impronta. L'anima ■ ·■ . w KEOPLATONISMO. ìft scendendo noi corpo si è separata dagli •spiriti d i v i n i , e allora si trovò oscurata; la contemplazione di questi esseri la r e ­ suscita alla sua primitiva esistenza, libe­ randola dai s e n s i , che sono i ministri inferiori d e l l ' a n i m a . Ma non si sale al di l i della scienza, alla regione sublime , che colìajide, virtù teologale che ne porta al di là di ogui pensiero tino a l l ' u n i t à suprema. Marino, discepolo di Proclo, e il suo biografo, gli succede e mostrò un poco più di .riserva. D opo l u i , vennero I sidoro di Gaza, Damaselo, e quella I pazia di Ales­ s a n d r i a , si celebre pc' suoi t a l e n t i e per la sua fine s v e n t u r a t a ; e Sevcriano, che lasciò il misticismo p e r la politica e la giurisprudenza; e Asclipiodoro, che lo a b ­ bandonò per le m a t e m a t i c h e e la storia n a t u r a l e ; Tcmislo% Olim/iiodoro , e Simpli­ cio tanto utile per lo studio di Aristotile. Si scorge nello scopo e nella compo­ sizione del suo platonismo quel che di­ cesi catena d'oro, ο r i u n i o n e di t u t t e le sette filosofiche, r e l i g i o s e , mistiche ed anche dell* teurgia. 1^4 StCOKDO PF.RÏODO. P R I M * §. I V . Padri della «POOA. Chiesa. t i n decreto ili G i u s t i n i a n o fere chiu­ dere le scuole profane. Allora, gli ultimi Platonici fuggirono in P e r s i a , alla corte d i Cosine, d1 onde la guerra li cacciò ' ben presto dopo. Ma essi avevano fatto d e ' proseliti fra i c r i s t i a n i ; poiché le scuole in Alessandria furono per lungo tempo comuni. In seguito i primi Padri della Chiesa, secondo che avevano più 6 m e n o coltivato le scienze profane, favo­ rirono la filosofia ο le si dichiararono c o n t r a r i , e la riguardarono come utile ο pericolosa al cristianesimo. San Giustino, nato sul p r i n c i p i o del se­ condo secolo , il primo fra i padri della Chiesa che coltivò la filosofia, non ne fu appagato se non dappoi c h ' e b b e l e t t o i pensieri di Platone sopra D io , e la sua teoria delle idee; ma solo nei libri santi trovava la vera e certa filosofia. Cionnon­ (liineno proclamò cristiani t u t t i i filosofi c h e prima di G. C. avevano vissuto con­ forme alla ragione, che è il verbo strsso di D i o , il logos di P l a t o n e ; tali furono S o c r a t e , E r u d i t o , Pitagora e Platone. -mPADRI 'SULLA CHIE SA. I<j5 Taziano, discepolo di san Giustino e Siriaco di origine , volle introdurre la sostanza delle tradizioni orientali nel cri­ stianesimo. In Alessandria , si distingue san Teofilo, che biasima.Platone solo per avere ammessa la materia cocterna a D ioj il dotto Sinerio, filosofo e poeta nell'epi­ scopato e soprattutto indipendente, che cercò di conciliare la sostanza del cri­ stianesimo col neoplatonismo , distin­ guendo il dominio della fede da quello della ragione; 4tenagora,i] quale,nella sua Jpologia indirizzata a Marco Aurelio nel ι;β, paragona i sistemi filosofici onde far risaltare la preminenza del cristianesimo, conciliandolo col Platonismo ; san Pan­ Uno, che aprì la prima scuola scientifica pei cristiani e fu inviato a convertire i Bramini; Eusebio, il quale fu utile alla storia della filosofia; san Clemente che fu la gloria della scuola cristiana che la fi­ losofia fondò nella capitale dei Lagidi, presso al musco. Contemporaneo di Am­ monio Sakas, Clemente cercò pure ili riu­ nire le dottrine filosofiche in una sola dottrina, di cui il cristianesimo occupe­ rebbe il sommo. S f . DE 1.LK. S e . FlLOS. IO l46 SECONDO PERIODO- FRIMA EPOCA. Origene, discepolo di san Clemente, gli succede con gloria ; egli ammise h preesistenza delle anime, nel senso di Proclo; ma, troppo l'orso dedito alla filosofia , e ricevendo uditori pagani , fero dubitare della sua ortodossia. San Gregorio il taumaturgo, suo discepolo, ne insegna clic Origene, cominciava dallo studio delle scienze profane e dagli errori umani, onde far nascere più forte il desiderio della verità. S Gregorio, vescovo di Nesso, segui le tracce di Origene ; ma rifiutò tutto ciò che insegna il neoplatonismo su le diverse sedi delle parti dell'anima, a cui egli dà, secondo Platone, una vita vegetativa, una vita sensitiva, ed una vita intellettuale. Altri Padri della Chiesa si dichiararono «contro l'associazione delle scienze filosofiche e profane col cristianesimo ; tali furono Arnobio , nel quarto secolo, Latanzio, Irene, Ermia, nel secolo quinto, e TiTluliano, il quale, pel sentimento di orrore che il platonismo gì'inspira, si irrita anche contro lo spiritualismo che san Clemente vi ammirava. Tutti provavano indignazione nel vedere il cristianesimo PADIl! DE LLA CHIE SA. \ίη fondato sopra la saggezza umana, porche Ja scienza non pua venire che ila D i o , e non dulia intelligenza degli uomini. M i fra tali agitazioni, a p p e n s le scienze m o ­ rali fanm> qualche p r o g r e s s o , esse per­ donsi nell'ascetismo e nella inerzia esta­ tica ; lo stato della filosofìa d'altronde fi vedere che, già da lungo tempo, la morale doveva esser tale e quasi i n d i p e n d e n t e dagli affari sociali e dalla nostra natura. Sant'Ambrogio, nel suo trattato chi Dove­ ri, sembra seguire gli stoici e il l i b r o de Officiis di Cicerone j ma egli lega t u t t a la inorile antica allo spirito del cri­ stianesimo. Al tempo di s. Agostino, l'ascetismo era quasi g e n e r a l e , e non vi erano che due sette filosofiche, i Cinici e i P l a t o n i c i . Agostino, sempre consacrato agli i n t e ­ ressi della religione, sembra "aver ripresa l'opera di san Clemente d'Alessandria, met­ t e n d o a c o n t r i b u t o tutti i s i s t e m i ; d a p ­ p r i m a p e r i p a t e t i c o , quindi addetto all'o­ rientalismo , studiò lilialmente il plato­ nismo riformato di P l o t i n o ο di Proclo c h e lo condusse al rristianr­simo; quindi professa, q u a n t u n q u e con riserbo, la mag­ l4'8 ES CONDO PE RIODO. ΡΚΙΜλ E POCA. gior venerazione a questa dottrina. Egli definisce l'anima una sostanza dotata di ragione , e messa in rapporto col corpo onde governarlo. Un altro vescovo, di nazione Fenicio, Ncmesio, quantunque platonico , prese contro il suo secolo il partito della ra­ gione e dell1 esperienza sciaguratamente troppo neglette nel neoplatonismo. Egli pa­ ragonò, confutò i sistemi, osò pensale da sé, e rifiutare la dottrina di Plotino; conosceva l'anatomia , la fisiologia e am­ mirava Galeno. Rinnovò quasi tutto il sistema delle sensazioni secondò Aristo­ tile. La sua opera, ile Natura hominis, che si riferisce al quinto secolo, è come un fenomeno ir. questa età. « La scienza, die'egli, e la materia dell'esame; l'arte è quella della deliberazione. Noi sovente ci smarriamo, confondendo questi due or­ dini di cose ». Già da lungo tempo Platone era in onore, e appena alla fine del terzo se­ colo, un vescovo di Laodicéa, Anatolio, accettò, dietro istanza degli Alessandrini, una cai tedia di pcripaleticismo, che tut­ tavia illustro co'suoi talenti. PADRI D ELH CHIESA. 1^<) In Occidente, nel quinto secolo, quando i barbari minacciavano le scienze , Clan­ diano Manieri, vescovo di Vienna, nel Delfinato, dotto neoplatonico, associò lo studio di Aristotile a quello degli altri filosofi, e mostrò l'utilità delle discus­ sioni scientifiche; ma egli voleva soprat­ tutto confutare il vescovo Fausto, il quale non ammette altro essere incorporale clic Dio, e giusta la cui opinione,l'anima per ciò appunto che abita il corpo, deve avere un luogo determinato ed essere corporea. §. V. Ultimi filosofi Romani. Ora, le tenebre stanno per avvolgere il nostro Occidente. A Roma , il celebre Boezio brilla siccome Γ ultimo raggio di una fiaccola che si spegne del t u f o ; vittima gloriosa del suo patriotismo , il suo sangue ha macchiato Teodosio. D i­ scepolo di Proclo, egli tradusse e volle conciliare Platone con Aristotile. Ottone III consacrò per un monumento, a Pavia, la memoria di quest1 ultimo filosofo. Cas­ siudoro, consigliere di Teodorico, foni· .patriota di Boezio, e che fu console dopo ΐ5θ E S COKDO P E HIODO. PIUMA Γ,ΓΟΟΛ. ili lui, corcò pure di diffondere la logica del Liceo. Le scienze fdosofiebe e morali e Γ in­ civilimento più non presentano che una lunga epoca di sterilità. L1 Italia è invasa dai barbari , il latino eessa di essere la lingua usuale, quindi Panlicliità è. come Telata. In O r i e n t e , dull 1 edillo di Giusti­ n i a n o fino alla presa di Bisanzio, i l u m i si oscurano e finiscono a spegnersi; il neo­ platonismo si abbandona agli assurdi della demonologia, alle c o n t r o v e r s i e , e si se­ para dal ρ crip atelirismo elio, alla fine del secolo seslo riacquista la preminenza. A p ­ pena si riconosce, qual filosofo, Giovanni Filoponc. Nemico del neoplatonismo, egli separa l'Accademia dal Liceo, e p e r mezzo di Aristotile, confuta P l o t i n o , P o r f i r i o , P r o c l o , ec. Egli si procacciò il favore di A i n r o n , il quale per tal modo foce pas­ sare Γ aristotelismo presso gli Arabi. §. V I . Filosofia araba. 3^ >#. Verso la metà dell'ottavo secolo, san Giovanni di D a m a s c o , clie la sua elo­ quenza fece soprannominare Chrysorrhoas, FILOSOFIA AIUBA. l5l e che gli ΛπιΙύ chiamano Almansorrc, fu ben anche consigliere e segretario del Calilo. N e ' suoi t r e s c r u t i riuniti sotto il nome di Sorgenti (L' I la scienza, fgli divide 1;» filosofia in speculativa e pratica ; la prima comprendo la teologia, la fisio­ logia clic sembra confondere con la sto­ ria naturale, le matematiche. ; la seconda c o m p r e n d e l ' e t i c a , l ' e c o n o m i a , la poli­ tica. La dialettica ο Tarte di ragionare è piuttosto lo s t r u m e n t o e il preliminare della filosofia, che una delle sue parti. La psicologia di san Giovanni D amasce­ n o partecipa di Aristotile, di Platone e del neoplatonismo. L ' a n i m a è un microcosmo, un m o n d o in piccolo , per le sue rela­ zioni coli' universo. Tali furono i p r i n c i p i della filosofia fra gli Aral'ii. La d o t t r i n a sperimentale di Aristotile era meno in rapporto che il platonismo col loro misticismo ; ina il t u o n o dogmatico e magistrale del peri­ p a t e t i e i s m o , parve loro più scientifico , p i ù conforme al senso imperativo del Corano. Maometto, d ' a l t r o n d e , aveva date le sue massime e le sue visioni quai parole 15a ES CONDO PE IU0D0. PRIMA E POCA. apportale dal cielo, quindi il Conino doveva essere, e fu in effetto, la sorgente di ogni scienza, l'oracolo della verità e la parola di D io. Con questo primo dati), egli abbatteva tutte le scienze. Inseguito, onde compiere la sua opera, pose l1 isla­ mismo al disopra di tutte le religioni, come egli erasi messo al disopra di tutti i profeti. Separo così Γ Asia occidentale e quanto doveva essere musulmano, dal resto degli altri popoli, vi confinò l'ac­ cecamento e il fanatismo, assicurando per tal modo la durata dell'ignoranza e degli ulema, forse per molti secoli ancora. Fino a che l'islamismo non cangerà il suo Co­ n n o , non vi ha per Γ Oriente né inci­ vilimento né vincoli sociali coli'Europa ­ e con tutti i popoli che non sono mu­ sulmani. Il fanatismo religioso ivi tien luogo di ogni filosofia , e dirige quasi tutta la morale e la legislazione. SSCOLO DI CARLOMAGNO. SECONDA EPOCA. Dal tempo di Carlomagno a Descartes. §. I . Secolo di 153 fino Carlomagno. Le t e n e b r e tenevano addormentata la ragione e lo s p i n t o u m a n o . Carlomagno, in Vrancia, e un poco più tardi Alfredo il G r a n d e , in I n g h i l t e r r a , fecero alcuni sforzi onde scuotere questa ignoranza e questa apatia. 11 feroce Leone d' Isauria faceva p e r i r e fra i supplizi gli u o m i n i i s t r u t t i ; ma in seguito Costantino P o r ­ firogenete cercò di rialzare la c u l t u r a delle scienze , delle arti e specialmente della filosofia. Allora Michele Psello Ρ antico diede le sue parafrasi sopra Aristotile, e il suo li­ b r o su i demonj. Leone il filosofo, disce­ p o l o di Psello, come anche F o z i o , sì c e l e b r e nella storia ecclesiastica e nella storia letteraria del B a s s o ­ I m p e r o , rista­ bilì l 1 insegnamento classico. Leone il sag­ gio , formato alla scuola di Fozio t i ι Γ>4 »BCOKD O PEniono. SBCOHD A SPOCA. distinse conio filosofo, quantunque, rive­ stito dell;» porpora imperiale. Il Platonismo era in onore a Costan­ t i n o p o l i ; ma lien presto la dialettica di Aristotile fece d o m i n a r e il pcripatclirismo. Nel secolo undceiino, Psvllo il t'invine sembrò voler r i n n o v a r e il n e o p l a t o n i s m o ; 1 egli lo spiegava ali I m p e r a d o r e Michele linea, il quale occupalo delle sue astrazioni filosofiche lasciava lo stalo in p e r i c o l o . Pel corso di otlo secoli , fino alla presa di Costantinopoli fitta dai T i n e l l i appena trovatisi nella storia della filosofia alcuni nomi meritevoli di qualche, r i g u a r d o . I mo­ naci, allora tanto numerosi, si immischia­ vano ο nelle t u r b o l e n z e p u b b l i c h e , ο si tenevano nell'ozio. <ι I monaci di Palamita, d i r e Leone Alla/.io, assisi, immobili, gli occhi diretti e fissi al loro ombilico, at­ tendevano con perseveranza che i raggi della luce divina venissero a r i s c h i a r a r l i . » f ­ g. I I . Filosofi arabi. La raduta d e l l ' i m p e r o d ' O r i e n t e fece definitivamente passare la filosofia agli Arabi. E l ­ M a m o u n , più ancora generoso FILOSOFI ABABll 1 55 di El­Rcsrhid suo |inilrf , chiamo η se i dolli, e fece tradurre i innnnmcnti scicn­ tiGci dei Caldei, <lc'Persiani c de 1 G r e c i . Le scuole specialmente, di Bagdad e di Bassora, acquistarono una grande celebrità, e El­Farahi, a r i s t o t e l i c o , fere la gloria di quella di Bagdad. Già era apparso EL­Kindi, che ammetteva rigorosamente i precetti di Aristotile, e che C a r d a n o as­ sai g r a t u i t a m e n t e ha posto fra i primi dodici genii del m o n d o . Il celebre lbn­Sina* detto Avicenna, fu l'Aristotile e l ' I p p o c r a l e degli Arabi. Nel secolo nndecimo pure , El­Gaznli si d i ­ chiara contro Aristotile, llm­Sina, e con­ t r o l'amalgama del platonismo e del pe­ ripatetieismo. Egli vuol rovesciare t u t t i i sistemi in c r e d i l o ; e questo scettico a r ­ d i l o j a malgrado di alcune idee s o r p r e n ­ d e n t i , non ha guari altro in vista che di distruggere la teologia n a t u r a l e , e di estendere la teoria dei miracoli e il mi­ sticismo ad una specie d ' i d e a l i s m o . Q u a n t o ad Avicebronc, ricercando il p r i n c i p i o dell'esisten7» dell'universo, egli non perviene che a materializzar t u t t o negli esseri. ÏXAÎ l56 SECOKDO PERIODO. SKCOKDA EPOCA. Gli Arabi preservarono la Spagna da una totale b a r b a r i e . Ibn-Roschd, che noi diciamo Averrac, fu la gloria di Cordova. Egli servì di guida agli scolastici, e inspirò loro co' suoi giudizj un rispetto cieco per Aristotile , da lui modificato colle proprie considerazioni e col favore del neoplatonismo. Quasi nello stesso tempo era comparso a Siviglia il Philosophus autodidaclux di Zo· fail. L'autore vi suppose un uomo abbandonato fino dall' infanzia in un 1 isola deserta, e che il solo sviluppamento graduale della sua ragione porta alla cognizione delle rose naturali e s o p r a n n a t u r a l i , a quella della sua anima, a quella di Dio e alla felicità suprema che procurano la contemplazione e l1 unione con Dio. Ma un misticismo più ardente si sparse nel secolo decimoterzo fra i Mori di Spagna· A questa stessa epoca Pestasi c o n t e m p l a tiva turbava il cervello elei Soli della P e r s i a , che probabilmente lo avevano ricevuto dai neoplatonici cacciati da Gius t i n i a n o dalla scuola di P r o c l o . Il giudeo Mousa fìen-Maimon, di Cordova, detto Mose Maimonidc, seguì le le- FILOSOFI ARABI. 157 zioni di Tliofail e d'Avcrroe. Egli pro­ fessi) la dottrina di Aristotile, ma soven­ te si riportò a Platone. Quindi, egli fu accusato d'empietà, e perciò costretto di andare a far ammirare i suoi talenti al Cairo. Gli Arabi non riguardavano quasi la morale che come un'applicazione della religione; essi non l'applicavano, né ai rapporti sociali, né alle istituzioni po­ litiche ; il loro governo d'altronde era ­teocratico e mediocremente dispotico. Percorrendo quest' epoca , trovasi pure il genere di filosofia simbolica e mistica, detto Cabala, e che si crede poter rap­ portare al principio dell' era nostra. Ma ι essa non ebbe numerosi iniziati che verso il decimo secolo. Questa dottrina segreta inviluppata in un linguaggio enigmatico, e perciò appunto più seducente , si divise in più specie ; la principale è la cabala teorica che spiega le sacre scrilturc con tradizioni segrete. La cabala pratica insegna l'arte di scongiurare le disgrazie, le ma­ lattie, c e , per mezzo di nomi divini e di parole della scrittura santa combinate secondo certe regole. / 158 SBCQJiDO PE RIODO. SE CONDA E POCA. S· " Ι · Filosofia scolastica. In E u r o p a , I« scienze filosofiche in balia al cieco e dispotico dogmatismo ilei cloro e dei monaci, escluse dalla n a t u r a tisica e dalla storia della morale , inse­ gnate con una lingua morta e fatta bar­ bara, costituirono I n filosofia scolastica (i). D u r a n t e il lungo spazio di sterilità c h e precede C a r l o m a g n o , appena troviamo degne ili rimarco nel secolo s e t t i m o , le compilazioni di sant'I sidoro di Sivigiia; e nel eccolo ottavo in I n g h i l t e r r a , gli scritti filosofici dello studioso viaggiatore Adite­ tene , e quei di Buda, che t a n t o giusta­ mente eccitò Ρ ammirazione del suo secolo, e che i suoi fenomeni dui fulmine fecero sospettare di magia. NulUidimeno il genio di C a r l o m a g n o , colla saggezza delle sue v i s t e , c o ' s u o i proprj e s e m p j , c « " e scuole da lui stalii­ lite, cercava di migliorare la Francia. Egli fece venire dall' Italia Paolo JVarntfiied • (l) Fu rosi chiamala dal vocaholo scolasticus, dato dai Benedettini ni molimi incaricali dell' istruzione. FILOSOFIA SCOLASTICA.. I 5() 0 Paolo Diacono, Pietro da Pisa, e l'in­ glese Alenino clic incontrò a P a r m a . Al­ ciiino fu incaricalo di creare e ili mol­ tiplicare le scuole, i cui maestri dovevano sapere la g r a m m a t i c a , e insegnare a leg­ g e r e , cantare ο conteggiare. T u t t a v i a questi primi bcnrfirj non e b ­ bero alcun risultamcnto. La debolezza di Luigi il Buono e di Carlo il Calvo, l'in­ cipiente feudalismo, le g u e r r e , i t o r b i d i , r i t o r n a r o n o la società alla sua ignoranza. Nel corso di cinquecento anni, un uomo, u n sol u o m o , Giovanni Scolo Erigine, che venne in F r a n c i a verso 1*877, c a cui si fa risalire il principio della filo­ sofia scolastica p r o p r i a m e n t e delta , alzò la voce nel generale silenzio, e fece prova di uno spirito degno di un secolo più li­ bero e più i l l u m i n a t o . Ciò elio mostra la sua superiorità, si è che, dopo aver rin­ novato alla corte di Carlo il C a l v o , il neoplatonismo misto di aristotelismo fu costretto di fuggirsene. Si rifugiò presso A l b c r t o i l Grande, e presiedette alla scuola di Oxford. Come psicologista, egli ravvisò u n ' i m ­ magine della T r i n i t à divina n e l l ' a n i m a ΐ6θ SEC0KD0 PERIODO. SECOSDA EPOCAdotata il1 i n t e l l e t t o , rli ragione e del senso intimo. I sensi esterni , q u a n t u n q u e d i ­ stinti in c i n q u e s p e c i e , non sono ohe u n o , r e l a t i v a m e n t e al loro p r i n c i p i o ili a z i o n e , la cui sede è posta nel c u o r e . V e r s o Γ undecimo secolo Gerbcrt, c h e la sua erudizione innalzò al pontificato sotto il nome di Silvestro II , i n t r o d u s s e ira noi le cifre d e t t e a r a b e ; e Costan· tino, suo amico, dopo lunghi viaggi, fondò la scuola di Salerno. Un Gunzo di Verona, osò paragonare Aristotile con P l a t o n e , senza g i u d i c a r l i ; un diano commentava l'etica e la fisica di Aristotile, U leggi e la Repubblica di Platone. §. I V . Seconda età della filosofia scolastica. Ciò nulla m e n o , le arti incominciano a mostrarsi ; eccoci alla seconda e t à della filosofia scolastica. Le c r o c i a t e , i n s p i r a t e dallo stato delle m e n t i piuttosto c h e d a ­ gli cniissarii del C l e r o , d a n n o un m o t o salutare alla s o c i e t à , e fanno a m m i r a r e necessariamente i m o n u m e n t i di c o n t r a d e inleres.>anti e piene eli m e m o r i e . I n i o ­ FILOSOFIA SCOLASTICA. l6l nasteri rivaliztano fra loro, il diritto canonico riceve delle forine, s'incomincia ad occuparsi di ordine morale; ma la polemica tien luogo di filosofia e procaccia a Berengario il nome di sommo filosofo. S. Anselmo si dichiara contro Berengario e contro il monaco Gannitone. Questo gusto per la polemica fece luogo alla celebre disputa dei Nominali e dei Realisti , che mettevano in quislione la base della filosofia, e tutta la filosofia, vale a dire la quistione relativa ali1 utilità ed ali1 impiego delle nozioni generali , per le cognizioni reali. I primi motori di questa gran quistione ancora indecisa ai nostri giorni, dopo si grandi discussioni , sono ignoti , e sembrano aver preceduto Roscelino , a cut fu attribuito il sistema de1 Nominali. I Nominali ricevettero questo titolo per ciò che, avari di cose , prodighi di nomi e nozioni , non sembrano attribuir forza che ai soli termini ; essi erano quindi opposti ai Realisti. Roscelinota contraddetto da Guglielmo di Champeaux, maestro del celebre Abelardo , che si crede fondatore dell' UniSi 1 , DELLE S e . FlLOS. " li «Ga SECONDO PERIODO. SECONDA EPOCA. Versità. Abelardo , che subordinò quasi affatto la filosofia alla dialettica, biasimava Roscelino di aver preteso che nessuna cosa ha parti,che le parole sole sono divisibili; onde risulterebbe, dice Abelardo , che G· C. non avrebbe mangiato una parte reale del pesce arrostito, ma solamente una porzione della parola. Negava quindi che gli universali non fossero che parole senza relazione ad alcuna idea. Ciò nulla di meno egli non fu Realista , perchè confutò con applauso Guglielmo di Charnpeaux; sostenne che la realtà obbiettiva non poteva appartenere alle idee generali, ma esisteva solo negli individui. Lontano del pari dal Realismo e dal Nominalismo, egli arrivò al termine medio, che fu detto Concettualismo. Jbelardo,con una libertà a quest'epoca notevole, distinse nelle scienze il dominio della fede da quello della ragione, l'uno fu sottomesso all'autorità , l'altro fu libero. Questo dialettico, tanto celebre per l'agitata sua vita, e che un gran numero di uditori seguiva nelle sue persecuzioni e nelle foreste del Paracielo, ebbe a discepoli Gilberto de la Porée, Pietro Ioni- ', . : ' ' ' ' ' ' FILOSOFIA SCOLASTICA. 163 bardo, il principe dei Realisti, e l'Inglese Giovanni Salisbury, che , primo fra gli scolastici, abbracciò in un compendio la storia della filosofia, e si occupò con cu. ra delle quistioni agitate dai Realisti e dai Nominali. Ma TFalter ο Gautiero abate di S. Vittore, ne.1 suoi quattro la­ birinti gli attaccò tutti e tre, come pure Abelardo e tutti i dottori che volevano introdurre la dialettica nella teologia. Ugo di S­ Pittore fu il primo scolastico che si occupò espressamente di psicolo­ gia. Egli riconosce quali facoltà dell' a­ nima, i sensi, l'immaginazione, la ragione, la memoria, l'intelletto e l'intelligenza. Le due prime appartengono ad una so­ stanza di aria e di fuoco che ha sede nel cuore , monta al cervello, mette in mo­ vimento i cinque sensi per mezzo dei loro organi rispettivi , e produce le ri­ flessioni e le immagini. Il genio ricerca ciò che è ignoto , e la ragione giudica le scoperte del genio. Mistici ipotesi apparvero ancora in Bernardo di Chartres, Guglielmo di Con­ ches, Abelardo di Bath, Riccardo, abaie di S. Vittore , il quale, d'altronde offre 164 ES COIÌDO FE MODO. SE COKDA E POCA. delle viste giuste e ben intese, e sembra annunziare lo sviluppamene della mente umana. L'uomo, diceva egli , lotta ad un tempo , contro Γ ignoranza , il vizio e la debolezza del corpo. La saggezza lo ajuta a trionfar della prima , la virtù della seconda , le arti meccaniche della terza. Almanco di Chartres, con una li­ bertà e una fermezza sorprendenti, ma con grave scandalo di t u t t i , rinnovò il panteismo mistico: a D io è tutto, e tutto è D io, » diceva egli. ^lano dell'I sola ebbe la gloria di ri­ mettere in onore la filosofìa morale nel suo libro del Gemito della natura. Il Po­ licralico di Giovanni SaUibury è pure un trattato di filosofìa , di morale privata , di diritto civile, ed anche di diritto pub­ blico. Non ne fa che un solo punto di vista, che riporta alla pratica: l'arte di ben vivere, die' egli , è l'arte delle arti. Egli accoppia la virtù alla libertà , ma sottopone il principe ai sacerdoti. La sola Francia offre tutto ciò che in questa seconda età si fece relativamente agli studii. LAMISMO, SPIE GAZIONE UNIVE RSALE . lG5 §. V. — Lamismo , Spiegazione universale nella China. Ma in Oriente, ne! secolo decimoterzo, il filosofo centenario de Schiraz, il D cr­ visch Sa^adi, faceva conoscere il suo Gu­ listan, in cui vestiva di colori poetici, e con prosa elegante, i precetti di una morale libera e severa, annunziata sotto principi crudeli. In questo medesimo secolo , si vede, al Thibet, l'antica religione samanca­ na , produrre il lamismo , di cui i pon­ tefici ο gran Lami si credono divini, e pensano che Bendaha venga a rivivere in ciascuno di essi successivamente. L'in­ fluenza delle sette cristiane, ed anche delle missioni di S. Luigi, sembra averla fatta istituire. Il lamismo richiamava ]' uomo alla sua dignità , dirigeva e ri­ schiarava la morale e la politica, ma non ha potuto ancora dominare i bramini e le loro follìe. Esso ha reso ammansati i pastori del Thibet ed i Tartari nomadi; ha parlato di morale , di giustizia ai fe­ roci soldati del Tthingkiskhan j ha gua« l 6 S SECOKDO PERIODO. SECOKDA EPOCA. flagriate e fatte più docili le nazioni Mongole, che ora si occupano quasi esclusivamente della cura delle gregge. Dal medesimo secolo in p o i , nella China, una specie di setta dà una spiegazione universale: l'etere e la materia fissa, col ristringimento e coli' espansione, coll'attrazione e ripulsione, col riposo e col moto, rendono ragione di tutti i fenomeni della natura. §. VI. — Terza età della filosofia scolastica. In Europa, la terza età della filosofia scolastica, contrassegnata dapprima collo sfavore di Aristotile, incomincia con Alessandro di Hales, che introdusse le forme silogistiche nella teologia; con Guglielmo D'Afergne, eletto vescovo di Parigi nel 1228, che confutò quanto gli pareva errore in tutti i filosofi da lui conosciuti ; con Vincenzo di Beauvais, lettore di S. Luigi , e che nel suo Specchio naturale si mostrò Realista. Dopo di essi , vengono il famoso Alberto il Grande, professore a Colonia, FILOSOFIA SCOLASTICA. 167 ove fondò la sua g l o r i a , e il celebre suo discepolo e successore S. Tommaso. A m b i ­ due di famiglia ricca ed illustre, a m b i d u c Doniinicani, amhiriue autori di opere i m ­ mense in cui sviluppano ο parafrasano A r i ­ stotile e gli autori arabi. Alberto mostra maggiori cognizioni; Tommaso, maggiore finezza e talvolta maggiore chiarezza e precisione N o n ebbero però un vero si­ stema. Essi ammisero quasi per i n t e r o la psicologia d ' A r i s t o t i l e , dando t u t t a v i a , come Avicenna e El­Gazali, delle cellule distinte nel cervello ai sensi i n t e r n i . Se­ condo S. Tommaso n o n si conoscono i corpi che per una cognizione i m m a t e r i a l e necessaria, giusta dei tipi posti in essa, e non dipendente dal senso esterno. A m b i d u e , d ' a l t r o n d e desumono le idee filosofiche da un gran numero di filosofi. Ma ciò che li rende più degni di elo­ gi si è Paver cercato alcuni principj di morale i n d i p e n d e n t e m e n t e dalla teologia, nella coscienza ch'essi diedero qual re­ golatrice alla ragione e all' i n t e l l e t t o , distinguendo inttavia la loro sinderesi ο coscienza di abitudine. Essi furono la gloria della filosofia sco­ l 6 8 SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA. lastica, e S. Tommaso ha dato il suo nome alla numerosa scuola dei Tommisti. A capo di essi è rimarcabile Egidio Colon­ na che si occupò specialmente a rischia­ rare la dottrina del suo maestro. L'ordine di S. Francesco, produsse pure il cardinale S. Bonaventura, il cui reli­ gioso misticismo e Γ illujninismo opaliz­ zano coli1 erudizione di Alberto ; e quel Puns Scot che venne dalle isole britan­ niche a studiare in Parigi, e che per le sue tante cognizioni e sottigliezze, divenne il più formidabile avversario dei Tom­ misti. Egli negava resistenza distinta e separata delle facoltà dell1 anima. Fra il gran numero degli Scoti cite­ remo solo Francesco Meroni, sottile dia­ lettico che stabilì a Parigi le dispute in Sorbona, ove tutti i venerdì un dottore rispondeva a tutte le quistioni dal mat­ tino lino alla sera, senza bevere né man­ giare. Verso il secolo decimoquarto entrò in scena quel Raimondo Lullo ; accusato di tutti i vizj dagli uni, venerilo dagli altri come un santo, trattato d1 insensato, ο am­ mirato, allora vantato e adesso dimenti· . FILOSOFIA SCOLASTICA. I6Q cato. Fu soldato, maritato, cortigiano, mo­ naco, mistico, filologo, ce. Ma la sua arte maravigliosa ο sia arte combinatoria, che sedusse con un'apparenza ingegnosa, gli conservò dei seguaci pel corso di tre se­ coli. Egli pone sopra altrettante colonne i suoi priiicipj, vi distribuisce le quistioni principali e generali, i vizj, le virtù , dando nuovi termini a ciascheduna colon­ na. Circoli mobili, concentrici fra di lo­ ro, de1 quali ognuno corrisponde ad una delle colonne, e i cui raggi corrispondono ai differenti termini di queste colonne, pongono questi termini di fronte giusta certe e variate correlazioni, e producono cosi ogni sorta di proposizioni, che sono tutti gli elementi possibili. Ora ne si presenta un uomo più giu­ stamente ammirato, e che fu preludio a un nuovo secolo, questi e Ruge.ro Bacone, la cui sana ragione , sovente appoggiata ad Aristotile, si dichiara contro i metodi viziosi del suo tempo, e contro gli effetti funesti delle consuetudini e delPostenta­ zione. Egli incomincia a prevedere nelle scienze matematiche le più belle scoperte delle scienze fisiche. «Ma, dicVgli, dovun­ ino SECONDO. TEP.TODO SGCOSDA EPOCA. que l'esperienza deve far prove, verificare, e il ragionamento concili mirre, senza trascurare i fatti che non può ancora giustificare. » Qui termina la terza età della filosofia scolastica. Cionnondimcno , ne fa d'uopo ancora un secolo e mezzo per vedere le scico/e filosofiche e morali fare dei progressi gloriosi. §. VII. — Quarta età della filosofìa scolastica. Al principio della quarta età, nel secolo decimoquarto, Ockam, nato nella contea di Sussex, in Inghilterra, osò attaccare i pregiudizj religiosi e monastici, opporsi all'eccedenza delle pretese sacerdotali, invocar l'esperienza nelle cognizioni, porre la realtà negl'individui soltanto, e rifiutare le nozioni generali come fondamenti della scienza. Libero e fermo nelle sue ricerche, dopo aver vinto il realismo di Scoto , ed aver separato l'insegnamento religioso dalla filosofia razionale, sembra presagirci, col suo concettualismo , la filosofìa moderna. Ockam quantunque fran- FILOSOFIA SCOLASTICA. I7t cescano, prese il partito di Filippo il Bello, e di Luigi di Baviera contro i papi. Walter Burleigh , che aveva, come Ockam, studiato a Oxford, combatte il realismo. Buridan si distinse colle sue dottrine in favore della libertà. Contrariato dalle persecuzioni eccitate contro i Nominali , questo rettore dell' università di Parigi fuggì in Germania, ove diresse quella di Vienna. Il pio e generoso Gerson volle riconciliare i Realisti e i Nominali. Ma nel i33g la logica di Ockam viene esclusa dall'insegnamento. Cionnondimeno il nominalismo, co1 suoi principj, distruggeva effettivamente la filosofia scolastica e ne preparava cosi la fine. L1 Imitazione di G. C. , sgombrando la religione dalle sottigliezze filosofiche, e presentandola pura e sincera, portò, per ciò appunto, un colpo violento a questa filosofia, che si sottoponeva alla teologia. Finalmente Petrarca e Boccaccio,, riaprendo la carriera del gusto, e rianimando il culto degli antichi monumenti letterari , affrettarono così il ristauramento delle sane dottrine filosofiche e morali, e la mina della filosofia scolastica. \η% SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA. Erasmo, nativo di Rolerdam , sembra essere il primo eroe Hi questa libertà; egli sferzò con mano severa i sofisti del suo secolo , e ajutato dalla satira inge­ gnosa di Ulrico di Hiillen, che viveva quasi nello stesso tempo, insorse contro le stranezze e i vizj di quest1 epoca , e contro Tautorità papale e monacale. Fu detto di Erasmo, parlando della riforma, eh1 egli aveva fatto Γ uovo, e che Lutero lo aveva covato· §■ V i l i . — Risorgimento delle — Riforma· httere. Le lettere risorgevano; i Greci fuggi­ tivi, dopo la caduta di Bisanzio, porta­ rono in Italia gli avanzi scientifici del­ l'antichità; la libertà dei Medici offriva un asilo ai dotti; la stampa fu inventata. Lutero, scuotendo il giogo soave della Chiesa, osò dileggiare Aristotile; e Calvino, seguendo le sue tracce, affrettò pure l'e­ mancipazione dello spirito umano : tutta la scolastica venne respinta al di là delle Alpi. Non di meno Melanlone, in Ger­ mania, quantunque ardente amico del capo XV· E XVI. SECOLO. 1^3 della riforma, tenevasi ancor troppo at­ taccato al peripateticismo; ma egli animava gli studi sublimi, e proclamava che D io Bon può aver voluto che noi dovessimo preferire le leggi morali scritte sul mar­ mo e sul bronzo a quelle eh1 egli stesso aveva scolpite nei cuori. Questo princi­ pio fecondo era un ritorno al senso co­ mune. * Il dotto Paracelso, col suo empirismo aristotelico , venne quasi ad arrestare la mossa degli spiriti. Gli antichi sofisti, dice Bacone, avevano nascosta la fiaccola della natura, Paracelso Γ ha spenta; essi non avean fatto che abbandonare l'espe­ rienza , questi 1' ha tradita. Copernico arriva un secolo dopo l'in­ venzione della stampa, ed incomincia la grand1 opera di Newton. §. IX. — Scienze filosofiche e morali in I talia. Machiavello aveva già manifestato i suoi talenti; Machiavello, che , come di­ cesi , il tempo e gli avvenimenti hanno confutalo, che il suo paese ammirò, e le # l­j4 SE CONDO PE IIIODO. SE CONDA ΕΓ­OCA. altre nazioni hanno giudicato tanto di­ versamente ; nel suo libro del Princi­ pe , aveva dato la satira più mordace degli artifìcii dei tiranni, ma pareva di­ mostrar poca simpatia per la felicità del popoli, e poco interesse per la giustizia e la verità. Quasi nello stesso tempo, Pietro Pom­ ponazzi, ammettendo l'interpretazione di Aristotile di conformità ad Alessandro d'Afrodisea, contro quelle degli Averroi­ sti che toglievano all'intelligenza la sua dipendenza dall'organismo materiale, di­ mostrava in Padova, ai­cardinali e al santo Padre, che è impossibile di provare l'im­ mortalità dell'anima col soccorso di Ari­ stotile e della sua Entelechia. Simone Porta, medico di Napoli , Giovanni Gc­ nesio Sepulveda , i suoi discepoli, e Ce­ sare Cremo/lini, sostennero i suoi princi­ pi. Ma Andrea Cesalpino d'Arezzo,, si dichiarò contro l'aristotelismo d'Aver­ roe, e contro quello di Alessandro d'A­ frodisea, e fra le altre cose, fece dire ad Aristotile, che la materia e il corpo non possono essere considerate come sostanze 1 se nc­a nella loro qualità di organi del­ XV. E XVI. SECOLO. 1^5 l'anima;che non vi ha che un solo uniVerso formato da una sostanza unica e primitiva. Nicola Torello, nato nel i54? si oppose a Cesalpino con onore. Francesco Patrizzi, ancora più formidabile, si dichiarò pure contro il filosofo d'Arezzo, mise in dubbio l'autenticità dei libri di Aristotile, e cercò di rimpiazzarlo col misticismo orientale. Anche Telesio di Cosenza , suo contemporaneo , e professore a Napoli, negò l1 infallibilità di Aristotilc, ma fu obbligato di cedere ai monaci ed alla persecuzione. Egli ammetteva come cause di tutto ciò che esiste due principi incorporei e attivi, il calore e il freddo, ed uno corporeo , la materia. Cardano nacque nel i5oi a Pavia. La mobiltàdel suo spirito lo trasse alle opinioni filosofiche le più ardite, agli assurdi della magia e dell'astrologia. Cercò pure di spiegare per mezzo dell' astrologia la missione dì Cristo. In seguito , considerando i mali, le pene, le sofferenze, le contrarietà di questa vita, accordò loro uno scopo utile, e sovente un lato favorevole. « Il male, dic'egli, serve a far ~%*φ 1^6 SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA. meglio gustare il bene, ci abitua alla prudenza, alla rassegnazione, eo. » egli stesso infatti ne trasse consolazioni. Il secolo decimosettimo incomincia collo sventurato Giordano Bruno di Nola, trop­ po indipendente pel suo secolo. Entusia­ smato dalla filosofia di Platone, spinse il trascendentalismo fino all'ipotesi della fi­ losofia razionale, vale a dire, all'identità assoluta : « La divinità è Videa suprema; essere, forza, verità, effetto, bontà, s' iden­ tificano in essa; in essa viviamo ed esi­ stiamo ; l1 universo infinito non è che questa idea suprema, tutto vi è racchiuso, tutto vi dipende, ne deriva, ne è la trac­ cia, l'immagine ο l'ombra, ed essere e pensare non sono che uno ; ■> così Bruno ammetteva un panteismo. Egli aveva viag­ giato in Francia, in Germania e in In­ ghilterra; disertore dell'ordine dei D o­ iniuicani, ebbe l'imprudenza di ritornare in Italia, ove la sua morte li vendicò. Fu abbruciato vivo a Roma , nel 1600, il 17 febbrajo, come bestemmiatore. Le sue opere vennero pubblicate dopo la di lui morte. .»■;■· XVI. E XVII. SE COLO. Inn Lucilio Vernini, nato negli stati di Na­ poli, fu pure abbruciato vivo in età di 33 a n n i , a Tolosa, nel 1619, dopo es­ sergli stata strappata la lingua con tana­ glie. Viaggiò in Germania, nei Paesi­ Bassi , in Inghilterra. Insegnò due anni a Genova la filosofia naturale su le trac­ ce d'Averroe. Entrava dovunque con di­ scussioni contro gì1 increduli , lasciando nondimeno dubitare della sua ortodossia. Venne a Parigi a disputare la filosofìa e la religione, destò il fanatismo contro di sé, e fu costretto di fuggirsene. Si ri­ tirò a Tolosa, ove divenne vittima della delazione. Cosmo Buggeri, di Firenze , professò i principj di Vanini. D ichiarò , fino sul letto della morte, che non cre­ deva né D io né il diavolo. Spiritoso e scaltro, si fece una grande riputazione di astrologo, e approfittò dell1 ignoranza dei grandi in aumento delle sue facoltà. Il credito di Caterina de 1 Medici lo salvò dalle galere, quantunque fosse accusalo di aver cospirato contro Carlo IX. ­.­t Tommaso Campanella D omenicano,nato in Calabria,nel i568, disgustato dall'ari­ stotelismo e di tutti i sistemi, abbracciò ST. DE LLE Se. FILOS. 12 I 7 8 SECOKDO PERIODO. SECONDA EPOCA. dapprima lo scetticismo. Alla sua ardente immaginazione era però d'uopo qualche cosa di più positivo ; egli si formò un ecletismo desunto dai sensualisti e dai teosoli. Fondò tutte le scienze sulla testimonianza dei sensi, e per conseguenza, su la storia che è divina od umana; questa si divide in naturale e morale. La metafisica insegna i principj della scienza della natura e della morale; non è quindi che accessoria e preliminare; la logica è lo stesso per la metafisica, e le matematiche per la filosofia naturale ; questa si compone della medicina , dell'astronomia, dell'astrologia, della cosmografia e della geografia; la morale comprende l'etica, la politica e l'economia, ajutate dalla rettorica e dalla poetica. Vittima dei monaci, fu tenuto in una orribile prigionia a Napoli pel corso di 37 anni. Urbano V i l i non potè trarnelo che promettendo di darlo all'inquisizione a Roma. Ma gli Spagnuoli, allora padroni di Napoli , ve lo fecero ricondurre poco dopo ; da dove fuggi col mezzo di un travestimento, e mediante la protezione dell'ambasciatore francesei Mori in Provenza, nel 1639. XVI. E XVII. SE COLO. I59 §.' X.. Scienze filosofiche e morali in Francia. In Francia, Claudio Guillcrmé de Beri­ gard, a Bruxelles, Maria Nizolio , si di­ chiararono contro V aristotelismo. Ma il suo nemico più formidabile fu V illustre e sventurato Rameo ο Ramo, ucciso come riformato nel massacro di Parigi ; pprcliè come tale indicato da un aristotelico detto Carpentiere, professore di filosofia. Nel primo suo saggio, per conseguire il titolo di professore, trionfò pel corso di un'in­ tera giornata di tutte le obbiezioni che gli vennero opposte sul principio della sua tesi : che tulio quello che Aristotile ha insegnalo non è vero. Quando pub­ blicò le sue opere , nel if>43, venne ac­ cusato di distruggere la religione e le scienze, perchè in esse osò dire che Ari­ stotile aveva imbarazzata la filosofia di termini oscuri e di forinole immobili. I ministri del re proposero una commis­ sione ; Ramo succumbelte alla calunnia ed airintrigo, le sue opere furono proi­ bite, ed a lui venne interdetto l'insegna re. ΐ8θ SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA. "Un poco più tardi mentre l'Italia tor­ mentava i suoi filosofi, in Francia appli­ cavate alle cose della vita , massime di esperienza e di pratica. Il celebre Mi­ chele Montaigne, nato nel 1533, deposi­ tava ne1 suoi saggi la sua benevolenza, la sua sincerità, le sue viste sagaci, la sua bontà, vestiva il suo che so io di colori schietti, seducenti , e le. sue osservazioni di un delicato rilievo e talvolta di motti piccanti. Egli ama, così dice egli, Vorigliere del dubbio; non vuole però far setta, e si diverte a scrivere. Quest'uomo dabbene, malizioso e alquanto cavaliere, confer­ mato nel suo scetticismo dalle querele re­ ligiose, pose in ridicolo ad ogni oppor­ tunità la potenza dell' intelletto umano, ed annunziando, per così dire, il Con­ dillachismo del secolo decimottavo , co­ stituì dei sensi il principio e la fine di tutte Je nostre cognizioni. Pel corso di due secoli, egli divenne il moralista del gran mondo, il che almeno non sperava quando disse: I o scrivo il mio libro a pochi uomini e per pochi anni. Porto­ Keale non si è fatto certe onore accu­ sandolo di ateismo, ...... XVI- E XVII. SECOLO. ..«.,. , | 8 l Charon, autore del libro della Sag· gazza , amico e confidente filosofico; del vecchio Montaigne, fondò la sua morale su la necessità di conoscere sé, stesso, e t commise alla ragione la condotta della_ vita. Autore delle tre ferità, e c ; cattolico zelante, ha dubitato della verità di tutte le religioni positive nel suo libro della Saggezza. La Biolie, così ardito in politica quanto Montaigne e Charon in filosofia, in religione e in morale, diede nel suo discorso della servitù volontaria idee sorprendenti per la loro libertà democratica. Fu questo scritto che gli meritò 1' amicizia di §*; Montaigne. Giovanni Bodin, d'Angers, il "~"S quale aveva in orrore coloro che non cre"'T devano ai fattucchieri, segui la medesima strada, ma con minore fermezza e indipendenza. Ad eccezione di alcune massime poco favorevoli ai popoli, il suo libro della Repubblica è l'opera di un pubblicista di' * ' etinto per quei tempi, e che vedeva l'importanza della libertà civile e religiosa. * «Montesquieu lo ha spesso consultato. Lamothe Levayer-, divenuto consigliere di Stato per solo suo merito personale, l 8 a SE COKDO PE RIODO. SE COHDA E POCA. professò, alla corte di Luigi XIV, uno scetticismo fanatico , eccetto sui dogmi religiosi. Volle pure sostenerli proda· mando la necessità di una rivelazione onde supplite alla nostra impotenza nella cognizione detta verità ; fu nondimeno trattato da empio* incredulo. §. XI. Scienze filosofiche e morali in I nghilterra. Ma già da qualche tempo brillava in Inghilterra quel celebre cancelliere che si è posto in così elevato seggio nel mon­ do filosofico ,' è''che, giusto osservatore delle nostre potenze intellettuali', portò le sue vedute sane e grandi sull'immensa dominio delle scienze; il genio di Bacone abbracciava tutti gli oggetti delle umane cognizioni, né "distingueva tutti i rapporti e le "differenze, ne prevedeva gli avvici­ namenti ο le divisioni avvenire. Stancato dall' aristotelismo, disgustato della scola­ stica , si propose di costruire l'edifizio scientifico nella sua grande restaurazione, che doveva racchiudere in sei parti la divisione delle scienze, la spiegazione XVI. E XVII. SE COLO. l83 della natura, i fenomeni dell1 universo, la scala della ragione, l'introduzione della scienza attiva,e per ultimolastessa scienza attiva. Egli non ha compiuto che la se­ conda parte, ο il Novum organimi, a cui aggiunse il suo deArgumentis scienliaruni, che sostituì alla prima. Ma ha lasciato dei materiali per le altre parti. D ivise la scienza in istoria , poesia e filosofia , desumendo tale divisione dalle tre facoltà dello spirito: la memoria, l'immagina­ zione e Γ intelletto. :;. Ben­Jonson è da annoverarsi fra i pdftf chi suoi contemporanei che seppero ap­ prezzare il di lui genio e la grandezza delle sue viste; ma solo i5o anni dopo, Bacone divenne Γ ammirazione dell' Eu­ ropa. Egli aveva trattate le principali quistioni di filosofia , di politica , di le­ gislazione e di educazione nazionale; da lui incomincia, per così dire, la scienza dell' economia e delle speculazioni com­ merciali in Inghilterra. La sua morale, tutta pratica, piena di viste ingegnose e interessanti sull'influenza delle abitudini, è compresa specialmente ne'suoi Saggiai Morale, che vengono in­ l 8 4 SE CONDO PE RIODO. SE COKDA E POCA. cessantemente letti, e dai quali si conosce incessantemente il suo spirito. Hobbcs, discepolo ed amico di Bacone, seguì da principio le orme del rinomato suo maestro : ma il suo spirito inclinato ai paradossi, avido di celebrità, amò me­ glio creare un sistema; egli trattò con di­ sprezzo i filosofi sperimentatori. « Le rivoluzioni della sua patria lo fecero fuggire a Parigi, ove pubblicò segretamente. il suo De Cive nel 1642, e pubblicamente, nel 1647· Affezionato al re esiliato, e : pieno di orrore per la democrazia, egli dipinse Γ uomo come un animale solita­ rio, egoista, una fiera rapace indomabile, costituendo dello stato di natura un tea­, tro di guerre e di diffidenza. Il governo è la catena che deve ritenerlo dal mal fare. Esso debb 1 essere assoluto, né ren­ der conto della propria amministrazione. Perciò Cromwell lo lasciò vivere tran­ quii lamente dopo il suo ritorno in In­, ghilterra. Hobbes sagrifica tutti i principi di re­ ligione e di morale. Il solo magistrato , senza la natura , ha costituito il giusto e l'ingiusto , il che conveniva perfetta­ » i ι j ;. , . '\ à i 1 l M !| a XVI. E XVII. SE COLO. 185 mente colle parole degli antinomisti e cromwellisti : « Gii eletti sono superiori alle stupidità della giustizia e dell'uma­ nità. » Nella sua Psicologia, tutte le idee de­ rivano, in tutto ο in parte, da uno dei sensi , e producono quindi le ulteriori nazioni. L'azione dei corpi esterni eser­ citata sopra il cervello col mezzo dei nervi dell'organo e del cervello sul cuore, costituisce l'essenza del sentimento. Le qualità sensibili dei corpi sono semplici moti verso gli organi, e non forme ed immagini particolari aderenti ai corpi. Tutto ciò che noi ci rappresentiamo è limitato; non vi ha dunque né immagine, né idea, non vi ha infinito, perché noi non possiamo concepire se non quanto è in un dato spazio, e di una determi­ nata grossezza. Il temperamento , Γ esperienza indivi­ duale, l'abitudine, la fortuna, l'opinione di sé medesimo e l'educazione, sono le sei cause dei differenti caratteri. La varietà delle affezioni e delle inclinazioni co­ stituisce la moltitudine delle regole ai virtù e di vizio che Γ uomo ha .">ven­ l 8 6 SE CONDO PE E IODO. SE CONDA E POCA. tate ; quindi non vi lia morale obbliga­ toria ohe nello stato sociale. Cudworlh, contemporaneo di Hobbes lo attaccò con successo, e vendicò l'imam·* tabilità della morale , descrivendo, con talento, le dannose conseguenze di quelle idee per le società. Egli compose il suo trattato'su la Moralità eterna ed immuta­ bile, al quale Riccardo Price, uno de'più celebri moralisti inglesi moderni, si av­ vicinò molto. Cudworth, dà un vasto si­ * stema intellettuale, ma troppo trascenden­ tale. Egli inventò la sua materia plastica, ο agente necessario, vivente, spirituale, non intelligente, creato da D io all'ese­ cuzione de1 suoi disegni, e intermedio fra il corpo e Γ anima per la reciproca loro influenza. Al sensualismo di Hobbes, oppose che lo spirito ha delle idee le quali non gli vengono assolutamente che dalla sua pro­ pria attività interna, da lui solo. Tale è l'idea di saggezza, pazzia , imprudenza, giustizia, giudizio, ec. Per tal modo fissò Γ impero dei sensi e quello dell' intel­ letto. Price sviluppò queste idee con mol­ ta forza. XVI. E XVII. SECOLO. 1 Sj Prima che Hobbes morisse, Cumberland, che divenne vescovo di Peterborough , sostenne contro di lui la legge naturale; e , appoggiandosi ai principii della nostra costituzione fisica ed alle relazioni socia­ li, sviluppò ingegnosamente un principio morale più puro e più esatto di quello che fosse stato fino allora ammesso. TERZA EPOCA. DA CARTESIO FINO Al KOSTR1 GIORNI. Sezione Prima. SECOLO ΧΠ1. . ?.. ri <\ §. I. — Cartesio ; suoi partigiani, suoi avversarli. — Gassendi, La Forge, Ma­ lebranche, Arnaud. Mentre Bacone e Hobbes facevano note le loro idee filosofiche , un filosofo bre­ tone, dotato di un genio sublime e pos­ sente, Cartesio, fondava la sua dottrina, e abbracciava nelle sue investi gaz' 0 " 1 Dio, la natura e Γ uomo. Valendosi del l88 ES CONDO PE RIODO. TE KZA E POCA. dubbio sperimentale,egli insegnava a scuo­ tere il giogo dell 1 autorità e a seguire la ragione. Chi vuole cercare la verità, die'egli, deve imparare a dubitare alme­ no una volta in sua vita. Una sola cosa gli pareva incontrastabile, cioè che esisteva, cogito, ergo sum, vale a dire , come egli osserva, che il suo spirito esisteva, astra­ zion fatta da ogni parte materiale. Si può, soggiunge , dubitare di ogni altra pro­ posizione, ma è impossibile , senza con­ traddizione evidente nei termini, di sup­ porre la non esistenza della cosa che pen­ sa , nello stesso momento in cui essa ha la coscienza di pensare. Tale idea gli servì di base fondamentale per dedurre le verità filosofiche al di qua dell1 immagi­ nazione e delle analogie tolte ad imprestito dai fenomeni della materia ; ma ciò era uno scuotere l'autorità dei sensi e rifare Γ idealismo. In seguito, vedendo che per mezzo delle facoltà intellettuali si poteva concepire l'idea di un essere eterno, immateriale , infinito, indipendente, egli ebbe una pro­ va dell' esistenza di D io, autore di ogni verità, incapace d'ingannare la ragione t-:: XVII. SECOLO. 18g umana ; ma accordò al mondo di essere infinito come il suo creatore, e la materia esistè per ogni dove. Parve quindi che concepisse una specie di panteismo; in Olanda fu perseguitato come ateo. Le sue meditazioni lo trassero ad esaminare i fenomeni del pensiere e gli attributi dello spirito, e, per tal modo, egli cercavasi in sé stesso. Questo saggio metodo costituì la sua maggior gloria e fu detto cartesiano. Egli distinse l'anima dalla materia e dal principio della vita, fece consistere 1' essenza dello spirito nel pensiero, e ammise le idee innate ;ma negò l'anima ai bruti. Pose la nostra al centro del cervello, nella glandola pineale; essa, essendo soggetta a dubbio, fu per ciò appunto riguardata imperfetta. Un contemporaneo, antagonista formidabile del cartesianismo , celebre apologista dell'epicureismo e degli atomi, Gassendi , si dichiarò a sangue freddo contro Cartesio e pronunziò , che chimera per chimcr.1, amava quella la quale contava due inila anni, come quella dei Vortici, ­ . ­χ lgo ■■ ES COKDO PE RIODO. TE RZA E POCA.. Egli rinnovò la filosofia d'Epicuro, e la vendicò dagl'ingiusti giudizidella posterità; conservando tuttavia un criticismo inve­ stigatore e spesso anche dello scetticismo. « La filosofia, die 1 egli , è l'amore, lo studio e la pratica della saggezza ; e la saggezza consiste nel giudicare sanamente delle cose , ed agire con giustizia nelle relazioni sociali » Quindi la filosofia me­ na alla verità e alla virtù. Egli riferì tutti gli oggetti dell'intel­ letto ad immagini sensibili , e tutte le cognizioni a sensazioni; temendo però di essere accusato di ateismo, pose nella ra­ gione l'origine e la nozione di D io. I teologi, alla loro volta , accusarono il cartesianismo di ateismo. Voél inco­ minciò tale accusa, che risuonò in Ger­ mania, in Inghilterra e nei Paesi­Bassi. Samuel Parker, Cudworth rifiutavano la nuova dottrina, e accusavano Cartesio di empia tendenza, cercando di assoggettare il mondo a leggi meccaniche. Ma Cartesio ebbe pure ardenti e nu­ merosi apologisti, come Baldassarc Bek­ ker, d'Amsterdam, autore del curiosq trattato del mondo incantato; Pietro SU· XVII. SE GOLO. MALE BRANCHE l()l vano Regis, la Forge, che si allontano da Cartesio ammettendo le cause occa­ sionali per Γ armonia del corpo e del­ l'1 anima, β che Malebranche in seguilo ha sviluppato. Ma il più celebre fu que­ st'ultimo, il quale finì a scostarsi molto dal cartesianismo. Nemico dei pregiudi­ zi , brillante di un colorito poetico, egli che non potè mai leggere , a quanto si dice, una pagina di bei versi, diede, nella sua Ricerca della verità, dei pensieri ori­ ginali. Si lasciò trasportare dalla sua im­ maginazione , mentre egli stesso Γ accu­ sava di essere la sorgente dei nostri er­ rori. Invoco, onde appoggiare i suoi prin­ cipi, l a teologia e la filosofia intellettuale, e provò l'una per mez/.o dell'altra. In generale egli vede tutto in D io , causa efficiente di tutto ; e le cause su cui si esercita la filosofia , non sono , secondo lui , che cause occasionali. Solo coli in­ termedio di Dio la volizione produce l'a­ zione corporale, e l'illuminazume divina diviene la causa immediata di tutte le percezioni dello spirito. È perciò di lui che fu detto con frizzante motteggio: 191 E S COKDO PE RIODO. TE K2.A. E POCA. Lui qui voit tout en Dieu, n'y voit pas qu'il est fou; ma fu ben anche soggiunto : Che era al­ meno un pazzo di molto spirito. Se non fosse stata la sacra scrittura che dice : « D io creò il ciclo e la terra η avrebbe negato l'esistenza della materia ; quindi ei riduce a nulla le autorità umane , e oppone arditamente la sua ragione ai più inveterati pregiudizi , ben anche ai fat­ tucchieri. Arnaud teologo, fu antagonista di Ma­ lebranche. La sua scoperta delle idee false e delle idee vere, portò un colpo mortale alla teoria delle idee. Egli, con Nicola, compose Carte di pensare ο lo­ gica di Porto Reale. Quest' opera, in al­ cune parti eccedentemente diffusa contiene molte cose giuste. Nicola gli consigliava, sul finire della sua vita, di riposare.» Ri­ poso! d i t e g l i , non avrete l'eternità d» riposarvi ? » IVI I. SECOLO. GROZIO. 193 §. II. Pascal. La Rochefoucauld. Fènèlon. Grozio. puffitulorf. Spinosa. Dalla medesima scuola sortì Pascal, quel prodigio di genio e di talento; poco però fornì alla storia della filosofia. Le sue Provinciali, sono una satira contro i casisti d'allora e contro le false dottrine morali e religiose. I suoi Pensieri su la religione sono alle volte sublimi, alle volte incompleti. La Rochefoucauld ne' suoi Pensieri si propose di rappresentare la corte, e parve che cercasse sempre di parlare a detrimento della morale-, ma quantunque questa massima: V amor proprio è il mobile di lutto, risai ti dal complesso de'suoi scritti, mostrò nella sua vita quelle qualità morali che sembra negare , denigrando gli uomini. Nello stesso tempo l'eroe della pietà tollerante , della dolcezza , della generosità , della saggezza , Fènèlon, esponeva i precetti di una morale pura e dettata dal cuore. 1U Telemaco, per il secolo m cui comparve, e per la posizione sociale ST. EELLE SO. FILOS. l 3 Ig4 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCAi dell1 autore, è un prodigio. Egli e un codice di morale pratica, di legislazione* e di economia politica, in cui tulio e diretto dalla giustizia, da un interesse fondato su la morale , e sul ben essere, su la libertà civile e religiosa, « Quando i re s'intromettono nella religione , d i t e gli, in luogo di proteggerla, la pongono in servitù. » Fino dal principio di questo secolo , nel 1620 , Grozio , col suo Diritto della guerra e della pace ', aveva animato lo studio delle legislazioni, della morale politica e diplomatica ; ma in luogo di sostenere, colla ragione, contro Hobbes, il sistema delle leggi naturali, lo sostenne con citazioni e coli'erudizione. Tuttavia i suoi principi dominarono lungamente in Germania. Egli svegliò l'attenzione di GustavoAdolfo e del suo ministro Oxensticrn. L'elettore palatino, Carlo Luigi , stabilì allora ad Heidelberg una cattedra pel diritto di natura e delle genti, e la diede a Pufflndorf, il più conosciuto fri quelli che seguivano le tracce di Groiio; XVll. SE COLO. SPIKOSA. ιρ,5 ma quantunque più chiaro , neppure iti lui si può scorgere a qual punto volesse tendere. Spinosa nacque in Amsterdam , da pa­ renti giudei portoghesi, nel <632, lo stesso anno in cui venne pure alla luce Puf­ fendorf e Locke. Spinosa non aveva altro difetto che la passion della gloria, alla quale avrebbe sagrilìcata la sua vita. Egli si applicò, onde vivere un po' comodo, al­ l' arte di polire i vetri di ottica, e vi di­ venne abilissimo. D isertore del giudai­ smo , fu colpito delia gran sentenza di scomunica detta Schammata; quindi , di­ chiarò la guerra a tutti ι preti. Stringente ed incalzante nella sua lo­ gica, fece dire­a Clarke pel primo , che era d1 uopo distruggere i suoi raziocinj parte a parte, non fargli la benché mini­ ma concessione nelle premesse , perche altrimenti sarebbe stato costretto di am­ mettere le sue conseguenze. Cartesiano ne'suoi principi fisici, egli sostenne l'on­ nipresenza di D io, il che r unitamente al piano di Cartesio , lo trasse a dire suc­ cintamente che D io è Γ anima del mon­ do, che si è identificato all'universo ma­ 196 ES COKDO PE RIODO. TE RZA E POCA. teriale ; perciò fu accusato di ateismo. At­ tribuisce a D io delle proprietà eterne, il pensiero e l1 estensione , ma , secondo Cartesio, l'estensione è l'essenza della materia, ed anche per questo fu accusato ili ateismo. La dottrina di Spinosa , giu­ dicata con troppa severità, η sovente mal compresa , non è che un panteismo. Bi­ sogna ben anche dive che molte parti dello spinosismo sono inconciliabili fra di loro. Dio è la causa eterna di t u t t o , ma agisce per necessità. Nulla, die 1 egli, po­ teva essere prodotto altrimenti da ciò che è: è il risultamento della decisione eterna di D io. La sua morale sovente si avvicina a quella di Hobbes , e il suo sistema di necessità degrada l'uomo. Vennero trattati come atei ο spinosi­ sti, il eonte di Boulaùwilliers, e Fran­ cesco Cuper, che mostrarono di attaccare Spinosa, onde farlo maggiormente risal­ tare; Teodoro­Luigi Lav, Cristiano­Tom­ maso, e Arnaud Guélinx sono in questo numero. XVII. SECOLO. LOCKE. lg^ §. III. Filosofia di Locke. L1 ordine cronologico ne presenta qui l1 autore del Saggio su l'intelletto umano, Giovanni Locke, che incominciò le sue speculazioni filosofiche collo studio della medicina. Il suo saggio, abbozzato fino dal 1670, non fu terminato che nel 1687, durante il suo esilio in Olanda. Ritornato in Inghilterra dopo i torbidi, lo pubblicò nel 1690 , incominciando cosi una nuova era filosofica. Infastidito dal gergo delle scuole , si fece un metodo più sicuro e più facile, introdusse la filosofia nella società, e la rese pratica ponendola sotto gli auspicii dell'esperienza e della ragione. L'università di Oxford fu messa in allarme da queste riforme ardite e dal loro liberalismo civile e religioso; essa rifiutò la logica di questa nuova filosofia e ne proibì la lettura ne1 suoi collegi; ma fu pel contrario accolta con entusiasmo nclV università di Cambridge ed in Iscozia. In Francia venne introdotta colla traduzione fattane da Coste j ma verso la met» IC/8 ES C0KDO PE RIODO. TE RZA E POCA. dello scorso secolo era letta dovunque. Quest' opera cangiò la maniera di pen­ sare in filosofia , e preparò il secolo de­ cimottavo. In Germania Leibnitz , ne parlava con molta indifferenza. Nella Sviz­ zera, in cui la pluralità delle sette ave­ va eccitato lo spirito e lo aveva fatto pensare, Locke fu giudicato con maggiore imparzialità che in tutto il resto del con­ tinente. Il Germano Crousaz, nella sua Logica e nelle sue lezioni accademiche , a Lo­ sanna, provava qual era l'influenza dei principi logici di Locke e della metafi­ sica di Cartesio, e introduceva il libe­ ialismo sino nel paese di Vaud. Fu in questo stesso cantone che un ministro, Allamand, uomo violento , fiero , capace d'illuminare ο di turbare una nazione , si creò un sistema su tutte le quistioni di filosofia, con argomenti originali, in­ gegnosi e talvolta troppo sottili; ma nelle sue lettere, egli fece una critica perfetta delle idee innate. Diderot, Condorcet, Leibnitz, dicevano che tutto il principio fondamentale di Locke sta in ciò, che ogni idea non è XVII. SE COLO. LOCKE . ìgQ che una sensazione trasformata, il risul­ tamento di una sensazione; ma allora sarebbe stato un riprodurre il Gassen­ dismo su quest'argomento. Locke annunzia un'altra sorgente d'idee, la riflessione, la percezione delle operazioni della nostra anima su le idee da essa ricevute ; quindi la volontà., il dubbio, il pensiero, ec., pro­ ducendo la riflessione, fanno nascere idee che non possono venire dagli oggetti esterni. Insomma, gli oggetti esterni for­ niscono le idee delle qualità sensibili, e lo spirito fornisce all'intelletto quelle delle sue proprie operazioni; la rifles­ sione, esercitandosi, le rende più ο meno perfette ed estese. Il bambino non può dunque avere idee che dopo V acquisto delle sensazioni. Si vede che Locke si guardò dall' asserir cosa che potesse favo­ rire il sistema delle idee innate; perciò Eeattie, dimanda su questo proposito : « Le idee di virtù e di vizio sono dunque invenzioni , e non hanno niente di fìsso nella loro natura se l'istinto non vi ha parte alcuna? ». Shaftesbury lo ha pure accusato di sbandire dal mondo l'ordine e la virtù , togliendo le idee innate e 300 SECOKOO P E R I O D O , TERZA EPOCA. necessarie di ordine, di provvidenza regolatrice. Isacco Newton portò dapprima lo stesso giudizio, cpiindi riflettendo all' insieme del Saggio gli chiese perdono di essersi così ingannato su la purità dello sue intenzioni. Ma il dottore Paley prende Locke alla Jettera , e giunge a conseguenze che Locke ha riliutate altrove. Tutte le idee delle cose inattingibili dai sensi sono espresse, dice Locke, con parole che rappresentano idee di oggetti sensibili. Quindi le idee su le medesime cose sono differenti giusta l'attitudine a ricevere tal grado d'impressione. Locke è sensualista come Gassendi, quasi hobbista in morale , anticartesiano rapporto alle idee innate, ma gli sono proprie specialmente le sue idee di riflessione. Egli dà sovente prove tratte dalla storia ed anche da racconti popolari , onde sostenere il suo sistema contro le idee innate. I suoi trattati su l'educazione e la direzione dell'intelletto tendono a propagare la verità, ad ingrandire l'impero della ragione e presentano l'esperienza del passato e la sua propria. SVlf. SECOLO. IEIBSITZ. 201 g. IV. Filosofia di Leibnitz. Il saggio filosofico di Locke inspirò a Leibnitz i suoi nuovi saggi suW intelletto umano. Leibnitz, nato a Lipsia nel 1646, sostenne con tutta la sua autorità filosofica le idee innate. Le idee, i germi delle cognizioni, secondo la sua opinione, si trovano nell' anima prima delle sensazioni; così il trascendentalista germanico oppose al sensualismo e alla riflessione di Locke la sua armonia stabilita. Onesti due. filosofi diedero cominciamento alla filosofia intellettuale. Ma in Europa , eccettuata la Germania, fu ammesso il sistema di Locke rispetto all'origine delle idee, ed i principi di Leibnitz per le altre quistioni filosofiche e fisiche. Leibnitz aveva riunito scientificamente , mediante una vasta corrispondenza di cui era il centro, tutti i più distinti scienziati della cristianità. Egli aveva studiato, a Parigi, le matematiche sublimi, e vi aveva inventato , nel 1677 , il calcolo differenziale, la cui scoperta gli venne 203 SECOISDO PERIODO. TERZA EPOCA. tuttavia disputata da Newton, a cui l'Accademia delle scienze di Londra ne attribuì l'onore. Nel sistema dell'armonia stabilita l'anima e il corpo sono due macchine , l'ima spirituale l'altra materiale, indipendenti fra di loro, ma in continua corrispondenza, regolate l'una sopra dell'altra , come due orologi separati in cui l'imo indicasse le ore, l'altro le battesse. Fin dal principio, l'anima fu creata in modo da rappresentare in sé stessa le variazioni successive dei corpi, e il corpo fu creato in modo da seguire i pensieri ed agire in conseguenza delle volizioni dell'anima. Le leggi per le quali i pensieri dell'anima si seguono in un ordine regolare , per produrre le immagini, e coincidono con le impressioni che fanno gli oggetti esterni sopra di noi. Questa armonia eterna, di già stabilita, è l'ordine di Dio. A questo modo Leibnitz decide di primo slancio il mistero così profondo dell'unione del corpo coli'anima; ma inventa l'influenza dell'anima sul corpo, come mezzo di meccanismo fra di loro. Quindi, se XVII. SECOLO. LEIBSITZ. 2θ3 tutto è già stabilito, coordinato e fissato da D io, preventivamente, tutto è bene; infatti, l'ottimismo è sostenuto nella Teodicea da una logica sagace, da un sa­ pere immenso, da un' immaginazione poe­ tica, e da una teologia sublime ed im­ penetrabile. Leibnitz, per una conse­ guenza necessaria della sua armonia sta­ bilita , sostiene il dogma della necessi­ tà con maggior vigoria di qualsivoglia altro filosofo; egli distrugge così il libero arbitrio dell'uomo e quello di D io, isti­ tuisce il fatalismo, dottrina vergognosa, che questo filosofo ha vestita di forme lusinghiere e santificata con una specie di religione e di estasi. Tuttavia , egli accusa gli a l t r i d i annojarsi della luce e della ragione, e di compiacersi del ma­ raviglioso e delle chimere. Ciò eh1 egli dice ragion sufficiente , è la ragione per cui tal cosa deve accadere cosi e non altrimenti. Con questo prin­ cipio e»li giunge alla prova dell' esistenza di D io e di tutta la teologia naturale ; questa ragione prova ad ogni momento le cose più paradossali ; ella può infatti provare tutto ciò che si vuole. 2θ4 SECOKDO PEBlOnO. TBR'/.λ EPOCA. Leibnitz, limitando incessantemente il potere di D io, non gli permette di pro­ durre due cose esattamente simili. Quindi egli rifiutò il vuoto e gli atomi ο parti­ celle simili di materia, perchè tutte le parti del mondo sarebbono assolutamente eguali fra di loro , e diede a ciascuna particella di materia una monadi: ο prin­ cipio attivo che la distingue da tutte le altre, e che con un corpo particolare, costituisce una sostanza vivente. Quanto all' anima , non solo , è come ogni mo­ nade , lo specchio dell'universo, ma an­ cora un'immagine della D ivinità. Collins, molto inferiore di talento a Leibnitz, ha sostenuto il medesimo si­ stema con passione. Pope nel suo Saggio su Cuomo, ci ha dato l'ottimismo leib­ liiziano , e nella sua Dunciade , associa il materialismo alla dottrina della ne­ cessità. Maclaurin si oppose a Leibnitz senza alcuna tregua, dimandandogli, con fio­ Uns , ove avesse conosciute le leggi na­ turali per istabilirle così a suo modo; poiché Leibnitz aveva pure la sua legge di continuità, eh' egli applicava a tutto, XVII. SE COLO. LE IBNITZ. 2θ5 allo spinto ed alla materia. Secondo lui Y anima pensa, anche nel sonno e nel de­ liquio. La stessa morte, in tutta la forza della parola, è impossibile ad ogni essere animato; non vi è trasmigrazione alcuna> ma solo trasformazione di un medesimo animale. L'anima si conserva e va poco a poco a rianimare un altro animale. Clarke, confutando Leibnitz, che si difese con vigore, enunciò ad un tempo altre verità importanti , e sostenne con­ tro il filosofo di Lipsia la bella teoria Newtoniana della gravitazione , che so­ pravvisse al pieno, alle monadi ed alla ragion sufficiente. Newton si è occupato poco della filosofia intellettuale ; ma il suo genio s'immerse ne'cicli: ciò che tutta la forza di tanti secoli non aveva potuto penetrare su le leggi misteriose degli astri, Newton solo ha scoperto , ed ogni nuova opinione fondata sopra idee tolte da Newton credesi per ciò slesso un assioma incontrastabile. Cosi, Clarke prende da lui le idee di spazio e di tempo onde dedurne l'esistenza di DÌO) e mostrare l'impossibilità di an­ nientare, nemmeno colla mente, l'im­ 2θ6 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. rnensità e l ' e t e r n i t à di D io. V o l t a i r e d i ­ ceva con ragione di C l a r k e , che era un mulino a raziocinio. Dopo la m o r t e di Leibnitz , Clarke r i ­ prese la difesa della l i b e r t à morale, con­ t r o il suo compatriota Antonio Collins , la cui logica solida , e la cui filosofia ardimentosa davano ai principj di H o b ­ bes, di Leibnitz e di Spinosa un risultato e u n credito più che mai grandi. L'uomo, secondo Collins, è governato da una ne. cessila, risultamento necessario della p r e ­ scienza di D io ; ma questa necessità non è che la ragione e i s e n s i , il che n o n gli toglie di poter fare quello che gli piace. Rifiutando così una necessità meccanica e assoluta, egli a m m e t t e la colpabilità e il m e r i t o delle azioni. Al t e m p o di Col­ lins, si sostenne p u r e che la prescienza di D i o , distruggeva la sua libertà. Questi principj erano annunziati ai grandi ed ai principi. Grimm diceva al duca di Sassonia­Gota: « T u t t o ciò che e dev'essere perciò stesso che è ; t u t t o è necessità ; ecco la sola buona filoso­ h a , (ino a che noi non conosceremo meglio quest'universo. La libertà è una XVII. SECOLO. lEIBKITZ. 207 parola vuota di senso, come voi vedrete nella lettera di Diderot ". Diderot infatti, vi deduce la più trista conseguenza ; egli più non riconosce né biasimo, né elogi ineritati, ne vizio, né virtù; tutto ciò è una conseguenza della dottrina di Leibnitz. La virtù non è che una buona fortuna, ma l'uomo può essere modificato, quindi viene la necessità di punirlo, di distruggerlo; da ciò ne viene l'utilità dei buoni esempi, dell'educazione, delle disgrazie, della prosperità; da ciò deriva una filosofia piena di commiserazionePriestley fu convertilo al dogma della necessità da Collins, e in seguito vi fu confermato dall'opera di Harlley , che aveva pure esitato lungo tempo a sacrificare il suo libero arbitrio. Queste conversioni provano almeno la libertà di scegliere. §· V. Scetticismo di Bayle e di Fontenelle. Bayle nacque nella contea di Foix, un,, orino dopo Leibnitz. Era protestante; i gesuiti di Tolosa, che lo avevano istruito, Ώθ8 E S CONDO PE RIODO. T E BZA E POCA. Io convertirono, in età di ventidue anni alla comunione romana; ma suo fratello lo ricondusse al protestantismo. Allora pensò doversi allontanare; perciò stabilì la sua residenza in Olanda, ove trovava maggior tolleranza religiosa. Quando Bayle comparve come autore, gli animi erano divisi fra Aristotile e Cartesio, si tendeva ai principi <'' Spi­ nosa e di Hobbes ; e i cattolici ed i pro­ testanti in vece di unirsi contro queste dottrine, contendevano fra di loro e de­ clamavano. Egli mise in corso il suo scetticismo, e la sua ironia attaccò tutti i partili. Imparando ad un tempo ad esa­ minare lungamente prima di giudicare, a ragionare e a pensare da per sé stesso, estese il suo scetticismo contro tutte le set­ te, anche contro gli antichi scettici, e per­ fino alla morale e alla virtù ; ma sostenne con forza il manicheismo. Egli predili­ geva in singoiar modo Plutarco e Mon­ taigne. Montaigne era scettico per indif­ ferenza , la sua erudizione e la sua p p r . spicacia ingannavano il suo buon senso j Bayle fu scettico per vera incertezza. Egli trovava il pirronismo comodissimo onde XVII. SE COLO. SCE TTICISMO DI BAYLE . 3 0 9 dare a suo piacere ragione ο torto, senza tema di essere giammai in contraddizione con sé stesso. Non aveva, per vero dire, né profondità filosofica, né spirito di generalizzare, e non avrebbe saputo co­ struire un sistema positivo. Tutto questo fu cagione che il suo Dizionario è pieno di cose eterogenee. Dopo di lui, non restava più altro clie di estendere lo scetticismo ai fatti storici, e il nipote del gran Cornelio, Fontenelle, venne a dire che la storia era una teoria di favole di convenzione. Questa opinione non sembrerà in tutto falsa, se si con­ sidera il modo con cui ai nostri giorni, anche fra di noi, si fanno le caricature storiche. La pluralità dei mondi di Fon­ tenelle, e i suoi Dialoghi dei morti in­ cominciarono a fondare la sua riputazione. In seguito comparve la sua Storia del­ Vaccademia delle scienze, in cui sparse delle riflessioni filosofiche e de' ragiona­ menti profondi e giusti. Fontenelle, che è guardato qual fondatore della cristiana filosofia insieme con Fc'ne'Ion, si mantenne sempre vero cartesiano; ma su la qui­ stione dell'origine delle idee e dell'anima ST, D ELLE Se. FlLOS. 1.J 2IO SECOKDO PERIODO. TERZA ErOCA. delle bestie, fu gassendista. Il suo spirito vivo, penetrante, giusto e prudente; il suo genio quasi universale , introdussero le cognizioni positive in società. Egli, d'altronde, aspirava ad essere il filosofo della società di Parigi. §. VI. Fine del decimosetlimo secolo in Inghilterra. Le cognizioni penetravano pure nelle società d'Inghilterra. Addison, che morì nel 1719, deve la sua gloria ai suoi Saggi periodici. Egli depurò così il gusto pubblico, colla sua dicitura felice e piena di spirito. La sua politica saggia e valente, e la sua pura morale, rettificarono le idee e proclamarono utili ed importanti verità. Era seguace di Locke, e provò l'immortalità dell'anima con cpjcsta idea: che l'anima tende sempre alla perfezione in questa vita senza poter giugnervi, mentre quella delle bestie ha un grado oltre il quale non procederebbe in migliaja d'anni. Questa idea è bella, generosa e consolante. Franklin, 1 cui pochi scritti, hanno avuto tanta influenza ê> XVII. SE COLO IH INGHILTE RRA. 211 nell'antico e nel nuovo mondo,, disse e lasciò scritto che D ello scrivere egli aveva preso Addison per modello. Questo me­ desimo Franklin, senz'arte in apparenza e sempre con un'aria di bonarietà, ha in politica divulgato verità profonde. . Sezione Seconda. SECOLO XVIll. §. I. Scienze filosofiche e morali in I nghilterra. Poco prima delle pubblicazioni di Addi­ son, Berkeley diede i suoi Principi delle umane cognizioni, dottrina paradossale e piena d'idee bizzarre. Secondo lui, noi non percepiamo che le nostre percezioni e le ùostre idee, le quali sono il risultamento delle sensazioni. Hume andò più oltre e insegnò che tutte le nostre idee sono copie delle impressioni sentite da noi, ο dai sensi esterni, ο dal senso intimo. Ma non po­ tendo riferire a nulla di rassomigliante l'o­ rigine delle nostre nozioni su la lustra propria esistenza, Hume si mantenne -, J-, 212 SËC0H D 0 PERIOD O. TERZA EPOCA. conseguente a sé stesso; egli negò l'esi­ stenza del mondo materiale, ed anche dello spirito umano, e non ammise che quella delle impressioni e delle idee. An­ che Berkeley, che la sua bella e profonda jTeoria della visione hanno reso celebre, negò l'esistenza del mondo materiale. Egli si appoggiò alla considerazione degli effetti dell'abitudine nei fenomeni dello spirito, e a questa idea : un cieco nato che ricuperi la vista, non può formarsi l'idea delle distanze , e vedrà tutti gli oggetti vicini ο lontani, nel suo occhio, ο piut­ tosto nel suo spirito. La dottrina di Berkeley era già stata in parte fondata da Malebranche. Le con­ seguenze vennero indicate con talento da Norris, dotto teologo anglicano, e da Arturo Collier, dotato di uno spirito su­ periore a quello di Berkeley. Questi aveva in vista di rovesciare il materialismo di­ struggendo tutta la materia ; tale sistema riunì la gioventù intorno al prelato di Edimburg, e formò il Club rankeniano. Law, poscia vescovo di Carlisle, fu il primo, che precedentemente a Berkeley, preparò lo scisma dei partigiani di Locke. )/'". ^ * ~ i * -' XVIII. SECOLO IK IKGHILTEBKA. 31 3 Egli aveva tradotto V origine del male dell'arcivescovo King, opera diretta contro Leibnitz, e contro il manicheismo di Bayle. La dissertazione ingegnosa di Gar, sul principio fondamentale della virtù , la cui traduzione fu da lui posta in fronte alla traduzione di Law, ha inspirato ad Hartley la possibilità di spiegare le pene, i piaceri ed i fenomeni dello spirito, col solo principio dell'associazione delle nostre idee. All'epoca stessa, Bonnet, di Ginevra, onde spiegare la percezione ammetteva eoa Hartley il principio delle scosse nel cervello ; ma vi aggiungeva un fluido sottile, per cosi dire elettrico, che scorreva i nervi per la comunicazione del corpo coli'anima. Questi due filosofi s'incontrano sovente nelle grandi quistioni, ed ammettevano di buona fede la necessità, ed una specie di misticismo. Priestley, difensore entusista di Hartley, lo poneva, con Newton, nel primo ordine dei filosofi , Locke nel secondo, Cartesio nel terzo. Priestley, e molti altri filosofi del suo secolo hanno sostenuto che l'anima deve perire col corpo, perchè ha troppe relazioni con quello, e gli è troppo dipendente. 214 ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA." Nello stesso tempo, i padri della chiesa anglicana,sostenevano il libero arbitrio, la religione e la moral naturale. Tillolson fu il loro degno rappresentante. Ma Topera più istruttiva su la teologia naturale, è quella di Pahy; egli vi ha esposto in modo sorprendente e variato la dottrina delle cause finali. Sezione i l , ' ,­. SECOLO XVlll Terza. IH §■ I. Sistema di FR U SCIA. Condillac. Mentre^ Hartley pubblicava la sua dot­ trina in Inghilterra, Condillac, in Fran­ cia, riproduceva, nel 17461 c ° l s u o Seg­ gio sidP origine delle cognizioni umane lo stesso sistema di associazione , come unico principio di tutto ciò che ri­ guarda l'intelletto ed il perfezionamento umano. Egli fecondava e generalizzava per tal modo il sistema di Locke e di Gassendi, e faceva risorgere la dottrina del sensua­ lismo, stabilendo la sensazione come sor­ XVIII. SE COLO. SISTE MA DI COKDILLAC. 2 l 5 gente unica delle nostre cognizioni, fis­ sando al Ρ epoca dell1 istituzione delle lin­ gue i progressi del pensiero, delle scienze e delle arti ; ma la sua aria di naturale e di esperienza è più seducente che vera. La sua statua organizzata, ch'egli anima, ed a cui dà gradatamente e successiva­ mente delle sensazioni, quindi delle idee, delle nozioni, è un'immagine che colpisce; ma è un ragionare sopra un1 ipotesi in­ gannevole, e che suppone il mistero dei rapporti dell1 anima e dei sensi ben co­ nosciuto. Sarebbe mestieri elio, rome Condillac, D io avesse ridotto l'uomo alle sensazioni di sapore, colore, suono, odore, estensione, ec. ; ma allora Γ nomo non sentirebbe che s é , e si porterebbe a pen­ sare che l'estensione, come dice Roycr­ Collard, non ha maggior realtà dei suoni e degli odori. Se è vero che Condillac abbia preso ordinariamente Locke per sua guida, egli ha ringiovanita ed arricchita la teoria dell'autore inglese su l'azione e la rea­ zione del pensiero e del linguaggio, e su l'origine delle lingue. A. Smith trattò poscia più debolmente questa qyistiouc· ai6 sEcox D o PEHIOD O. TF.KZA EPOCA. Rousseau fece la speciosa obbiezione che « se il linguaggio è il r i s u l t a m e n t o delle umane c o n v e n z i o n i , se è necessario per imparare a pensare, ne segue che le lingue sono state necessarie p e r l ' i n v e n z i o n e (Ielle lingue n. Ma q u e s t o è u n supporre che gli uomini abbiano potuto esistere u n t e m p o senza aver n e p p u r e il linguag­ gio degli animali, vale à dire senza aver grida, una specie di fonismo da valersene all'Occasione e nel caso di n e c e s s i t à , e c h e la ragione, r a v v i c i n a m e n t o e le r e ­ lazioni degli uomini non fossero capaci di giungere a formare p a r o l e , onoma­ t o p é e , ec. Λ questo p r o p o s i t o , il profondo ed originale Fergusson paragona assai bene l a sorpresa di certi filosofi su lo stato a t t u a l e del linguaggio , a q u e l l a di u n viaggiatore il quale p e r v e n u t o , a poco a p o c o alla sommità di u n a m o n t a g n a , guarda al basso e vede un p r e c i p i z i o so­ p r a al quale è g i u n t o senza pensarvi. Questa quistione esigerebbe un assai lungo s v i l u p p a m e n e ; poiché Rousseau non è ancora stato ben confutato su q u e s t o p r o ­ posito. Q u a n t o a Condillac, egli si a t t i e n e XVlIt. SE COLO. SISTE MA DI COKDILLAC. 21 η- al suo principio di sensualismo, e tutto il suo sistema si riduce presso a poco a ciò : che tutte le nostre cognizioni, an­ che quelle che abbiamo su le nostre operazioni intellettuali, sono composte di immagini sensibili, né si formano col­ l'astrazione delle qualità e delle leggi del mondo materiale. Anche Buffon accordò alla fisica or­ ganizzazione una grande influenza su le facoltà intellettuali. Quantunque abbia negato un'anima alle bestie, non ne fece tuttavia delle macchine, per cosi dire automatiche. Egli rappresentò con mae­ stà la grandezza e la saggezza di D io nel­ l'universo, e nondimeno fu accusato di ateismo. Gli Enciclopedisti attinsero in Condil­ iac la loro tendenza al materialismo. D'Alembert stesso, che avrebbe potuto rovesciare questi principj, non enunciò che poche osservazioni, le quali provano che avrebbe potuto farlo con successo. Ma egli ritorna incessantemente al prin­ cipio del sensualismo di Condillac e di Gassendi. Nel suo bel discorso posto di fronte all' Enciclopedia, espone i pro­ 2l8 ES COKDO PE IUODO TE HZA E rOCA. grossi delle scienze e delle arti ; si de­ sidererebbe talvolta però una migliore logica. TCAUmberl attribuisce due modi di agire alla riflessione : essa ο ragiona su gli oggetti delle idee dirette ο le imita ; e la memoria, la ragione propriamente detta, e Γ immaginazione , sono dunque i tre modi con cui Γ anima opera su gli oggetti de'suoi pensieri; di qua, tre og­ getti generali delle nostre cognizioni : la storia, che si rapporia alla memoria; la filosofìa, che è il frutto della ragione; la poesia, che comprende tutte le belle arti, e che è figlia dell' immaginazione. La ra­ gione dirige lo spirito e l'immaginaiione. Elvezio, nato nel 1710, lo stesso anno di Condillac, presentò presso a poco, nel suo libro dello Spirilo, Λ quadro delle idee lilosofiche e morali sparse nella so­ cietà; era una tendenza al sistema di Condillac ridotto a materialismo e alla morale dell1 arbitrario e dell'interesse. Lo stato inferiore dell'anima delle be­ stie, die'egli, è provato dalla differenza nell'organizzazione e nei bisogni, dal loro minor numero su la terra, dalla XV11I. SECOtO. SISTEMA D I CONDILLAC. 2IÇ)< loro vita in generale più corta della nostri ec. Elvezio d'altronde è quasi del tutto cartesiano su la quistionc dell'anima delle bestie. È noto con quanto spirito e con quanta finezza t a Fontaine , nel suo discorso a Madame de la Sablière, confuta questa dottrina. La morale d1 Elvezio, fondata su Y arbitrario, non è più una scienza ; poiché non vi ha scienza ove non esistono principi assoluti e invariabili. La Harpe, per una specie di odio contro Elvezio, ha voluto mostrarlo differente da Gondillac, dicendo che Elvezio riguarda i sensi come causa produttiva delle idee, e Condillac, come causa occasionale. g. II. Ateismo: Grimm ; Diderot, d'Holbach. Montesquieu. Voltaire. ,i Eccoci ora all' ateismo dei Grimm, dei Diderot, degli Holbach. Grimm colla sua corrispondenza e colle sue miscellanee ne fa noto, quanto grande fosse a1 suoi giorni la voga di questa triste dottrina nell1 alta società di Parigi. Diderot la mise in favore co1 suoi talenti, 220 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. con un po' di oscurità, e specialmente colle sue conversazioni tanto seducenti. Cionnondirneno ammetteva talvolta opposte opinioni; ma avanzato negli anni, se ne dichiarò 1' avvocato e il difensore , come vedesi nel suo Trattato del bello. Egli non trova bizzarria tanto straordinaria, né avvenimento tanto raro, che non possa aver luogo in certe date circostanze ; massima affliggente che paralizza gli sforzi della ragione. « Quindi, egli aggiunge, non vi ha cosa più probabile di un' altra cosa , e si può scommettere che con 100,000 dadi , può verificarsi un tiro di 100,000 sei ad un tratto ». Ma l'opera in cui si manifesta il più ardito ateismo, è il Sistema della natura pubblicato nel 1770. Voltaire da prima lo confutò con vigoria , ma più tardi avvicinossi alle idee di Diderot. Questa opera fu, dal celebre abate Galiani attribuita al barone d'Holbach, autore del Cristianesimo smascherato, e a cui Garat attribuisce pure la morale e la religione universale. XVIII. SECOLO. ATEISMO. 231 A questa medesima epoca, Montesquieu, associava la giurisprudenza alla filosofia, alla storia ed all'esame degli uomini ; dava a tutte le nazioni le ragioni delle loro massime di giurisprudenza; riferendole alle varietà fisiche e morali dei popoli, e sovente a pregiudizj consacrati dalla loro antichità. Ma un genio brillante, ricco, elevato, dominava tutto il suo secolo. Voltaire sembrava chiamare la ragione all' esame di tutte le quistioni filosofiche e morali, e non faceva quasi altro che darsi spasso con malizia su quelle che toccava. Sempre ardente ad attaccar tutto e a tutto distruggere, senza nulla costruire , pare che si fosse fatto un sistema di sovvertimento e d' incertezza. Spesso differente da sé medesimo , secondo il tempo e le circostanze della sua vita, egli scrisse su la divinità, la religione naturale, la morale e la libertà di coscienza, le più sublimi pagine, e su la libertà morale, le più sorprendenti stravaganze. Egli, che nella giovinezza della sua gloria, amava celebrare una filosofia generosa e una morale scesa dal Cielo, cadde,in età avan- 222 ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. zata , nel!1 abisso orrendo del fatalismo , e quasi si aggregò agli atei del suo se­ colo. In breve, egli non ebbe alcun prin­ cipio stabile, nessun sistema fisso in fi­ losofia , e nondimeno, è quasi delitto, anche ai nostri giorni, il non riconoscere e riverire Voltaire come filosofo. §. III. Gli Economisti. G. G­ Aousseau. Vauvaiaxi^ues. Madama du Cìiatelel. Mentre Γ Enciclopédia continuava, una setta di filosofi Economisa cercava d'il­ luminare il popolo su le quistioni di economia politica, e fondarsi su questa idea, clic nella natura tutto e ordinato con benevolenza; che il primo dovere del legislatore è di studiare e di secon­ dare le viste della natura. Ciò era mi riconoscere 1' uomo indefinitamente per­ fettibile, e distruggere ι principj di que­ sta epoca. Nello stesso tempo, Rousseau , sin­ golare per l'arditezza indipendente e spesso paradossale delle sue viste, depo­ sitava ne'suoi scritti ([nell'entusiasmo pieno di fuoco, che anche fra gli errori, XVIIt. SECOLO. G. G. ROUSSEAU. 223 lo trascinava dovunque alla ricerca ed al culto della virlù. Quantunque affetti di non pensare e giudicare come gli altri , si vede risaltare da tutti i suoi scritti questo pensiero filosofico : « la ragione e la coscienza sono il criterio che il cielo ha dato all'uomo per dirigersi; e gli errori stessi non sono delitti ». Elvezio aveva detto che la sensibilità fisica è la sorgente unica delle nostre idee; Rousseau lo confutò nel suo Emilio, a Percepirei die 1 egli, è sentire; paragonare, è giudicare ; giudicare e sentire non sono la medesima cosa >;. Quest' opera che gl'Inglesi chiamano modestamente un supplemento a Locke, è un sistema di filosofia messo in azione, un trattato delle facoltà umane, considerate nella loro potenza , nella loro gradazione e nel loro modo di sviluppamento. Cionnondimcno, il giudizioso Dugald Stewart crede trovarvi « molte stravaganze che portano il carattere di una alienazione intellettuale e morale. » Senza dubbio il progetto di educazione di Rousseau è impraticabile in uno stesso allievo ; ma 2ï4 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. dell' Emilio egli ha fatto un punto centrale , a cui è d'uopo riferire tutta la filosofia e le applicazioni morali e intellettuali dell' educazione. E una sorgente inesauribile di meditazione. Il marchese di Vauvenargues morì quasi della stessa età di Pascal, nel 1747La sua vita, agitata e quasi affatto militare, lo rimosse dagli studii, e non scrisse per così dire che il risultamento semplice e naturale delle sue riflessioni. Duclos, quantunque un poco (.afferente, si dirige nello stesso senso osservando i costumi e i caratteri. Ma una donna degna di considerazione, Madama di Châtelet, fece una viva sensazione a Parigi col suo entusiasmo pel sistema di Leibnitz. Cionnondimeno ella vi rinunziò ben presto per darsi a quello di Newton, di cui tradusse e comentò i principj. L'idealismo allora tornò al di Jà del Beno. SECOLO XTiii. Sai Sezione Quarta. SECOLO XVIU. lit IN GEKMytHlji , IH PRUSSIA, OLANDA. §. I. Scuola Leihnitzo-Volfiana. Lambert, Lessing, Hemslerhuis, Iacoli. Volfio, che mori net 176^, dodici anni prima di Voltaire e di Rosseau, formava in Germania la scuola Leibnitzo-Volflana, mentre Kant già preparava il suo criticismo. Il gusto di Volfio, la sua originalità, il suo metodo affettato, sostenuto da una specie di frasologia matematica, le sue idee fondamentali uscite dalla Teodicea, gli conservarono quasi pel corso di un secolo la preminenza in Germania, ed al presente ancora è in grande venerazione: ma la sua dottrina non ha mai potuto stabilirsi in Francia. Volfio riguardava 1' uomo come una macchina spirituale. Mentre professava a Halla la duttrina dell'armonia prestabilita, il re, padre di Federico il Grande domandò cosa si fosse questa dottrina che faceva tanto strepito. Gli fu rispoSx. DELLE Se. FlLOS. l5 2î6 SECOKDO PERIODO. TERZA EPOCA. sto che essa insegnava non essere i suoi soldati che macchine, ed essere inutile il punirli quando disertavano, perchè era un risultamento necessario della loro costituzione. Il re accordò a Volfio ventiquattro ore per uscire da Halla , altrimenti il Glosofo sarebbe appiccato. Federico però gli fece giustizia lo stesso giorno che succedette al trono. Mentre ancora viveva Volfio , Carlo Bonnet, uomo di segnalato talento, sviluppò pure la legge di continuila e la ragion sufficiente di Leibnitz. Secondo lui, tutti i differenti esseri dell'universo formano una catena la quale, per gradi insensibili, discende dalla divinità fino alle forme più grossolane della materia brutta. Fu col seguire così la scala graduata degli esseri, che Leibnitz predisse, sotto il vocabolo di piante animali, l'esistenza dei polipi. La Teodicea era per Bonnet un libro di religione; il Vangelo non era che un'allegoria, e il suo esemplare era intitolato: Manuale di filosofia cristiana. Giusta la sua dottrina, lo stato attuale di ogni monade è determinato dal suo stato anteriore, questo da un altro prece- SECOLO XVIII· 257 dente, e così di seguito fino alla crea­ zione; di maniera che il passato, il pre­ sente e il futuro non formano che una catena nella stessa monade, il presente tiene in sé l'avvenire, l'avvenire si lega all'eternità, e l'eterno geometra è sem­ pre inteso a risolvere questo problema s dato lo stato di una monade, determinare lo stato passato, presente e futuro di lutto CUniverso; che D io avendo voluto l'esi­ stenza di questa catena, ha pure voluto ciascuno degli anelli, così quelli di ferro come quelli di oro , i Caligola ed i Marco Aurelio, i mostri morali e i mostri fisi­ ci. Quindi, noi siamo senza libertà e senza forza morale; e queste idee affliggenti sono anche vestite di un misticismo di cieca umiltà. Le Sage, amico di Sonnet, confuto queste opinioni a tutto suo potere. Più tardi si associò questa legge di con' tinuilà alla storia del perfezionamento umano , specialmente nelle scienze e nelle arti il che s'accordava coll'idea favorita di Elvezio su l'uguaglianza primitiva degli uomini, che le scoperte poco a poco han­ no distrutto, stabilendo sì grandi inter­ valli sociali. . ..ι. 328 SECOKDO F£R10D0. TERZA EPOCA. Kant pubblicò, molti anni dopo la morate di Voliio, il suo criticismo; ma, fino a questo momento in Germania non erasi fatto altro che opporsi al materialismo. Lambert, nato a Mulhouse nel 1728,e morto a Berlino nel 1777, portò nello studio delle scienze matematiche, logiche e filosofiche, uno spirito possente e pieno di «agacità. Lessing si fece una specie di eccletismo; gli era un bisogno il ricercare la verità e sforzarsi di conoscerla. Quantunque apparisse meno degli altri animato contro il materialismo, spiegò una forza polemica energica su le più gravi quistioni; e, malgrado il suo linguaggio ironico e mordace, non è né intollerante né dogmatico. Egli considerava il cristianesimo solamente con occhio filosofico , e poca cura si dava di apparire ortodosso. Hemslerhuis, che mori nel 1790, nove anni dopo Lessing, era olandese e figlio del celebre Tiberio Hemsterhuis, professore di letteratura latina a Leyda, Egli nascose un'immaginazione viva sotto una logica severa ed uno stile serrato, esternò ovunque un amor sincero per il bello, un sentimento morale puro, e mostrò co- «ECOLO JLV11I. Ï2Q me il libero arbitrio può combinarsi colla morale stoica. Jacobi confutò con onore la morale fondata su l'interesse, e la filosofia delle sensazioni, ed espose con eloquenza l'analisi dell'anima umana. Egli pel primo fondò la nostra natura intellettuale sul sentimento religioso, e mostrassi difensore eloquente di Dio e della verità. Confutò i principii di Kant, e gli rimproverò specialmente il non essersi abbastanza appoggiato alla religione, che per lui è la sola filosofia al di là delle verità di esperienza. §. a.° Kantismo· La dottrina di Kant non incominciò a fare strepito che quando Reynhold, il quale dapprima ne era partigiano, ne dimostrò gli errori fondamentali, con una chiarezza superiore a quella del filosofo di Koenigsberg. Kant, che morì nel 1804, pubblicò la eua opera più rinomata, la Critica della, pura ragione, nel 1781, che due anni dopo, fu adottata in alcune università di Gec-i mania. Questo sistema, talvolta asini oieuy·; a3o SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. ro, è bene spesso poco capace di una analisi compendiosa. Il principio fondamentale del criticismo è, che vi ha una ragione indipendente da ogni sensazione e da ogni esperienza, il cui scopo è di guidare la ragione alla vera cognizione di sé stessa, di pesare il valore delle cognizioni filosofiche a lei attribuit e , e di stabilire per tal modo i limili che non può oltrepassare senza perdersi nel vago dell'immaginazione. Kant determina e separa pure il dominio dei sensi da quello dell'anima, quello della natura esterna da quello della natura intellettuale; questa divisione gli serve di punto di partenza. Per rovesciare il sistema del sensualismo, era d'uopo far un sistema su l'origine delle nozioni semplici, mostrare che lo spirito da per sé solo, senza il soccorso dei sensi, e senza rapporto con essi, pui avere delle idee: Kant sostenne che le nozioni semplici di tempo e di moto suppongono la facoltà della memoria, e che quelle di verità, di dubbio, di credenza ec, presuppongono l'esercizio della facoltà di ragionare. Espose con origina- «ECOLO XVIII. KAHTISMO. 2Î t l i t i , che tutte le nostre idee generali non vengono dalla sola esperienza, ma bensì dall'intelligenza dello spirito che vede ciò che è assolutamente, e ciò che non è. Egli mostrò che lo spazio e il tempo sono le forme di tutti i fenomeni le condizioni essenziali per concepir)ìVla facoltà sensitiva e il suo oggetto. Le nozioni sono rappresentazioni attive della nostra intelligenza e la base delle nostre cognizioni. Quindi, egli le considera sotto i seguenti rapporti. Quantità: unità, pluralità, totalità. Qualità : realtà , negazione , limitazione. Relazione : sostanza, causa, reciprocità. Modo: possibilità, esistenza, necessità. E , siccome pensare e giudicare sono la medesima operazione , ogni nozione contiene una forma particolare di giudizio su gli oggetti. In breve, la filosofia di Kant è piena di astrazioni trascendentali, difficili a comprendersi. La sua morale, come lo stoicismo, non considera die la legge eterna ed immutabile del giustn e dell'ingiusto, del bene e del male; è racchiusa da una in- Y aÎ2 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. flessibilità che mi sembra quasi escludere le nozioni acquistate del dovere, e non rende conto né del cuore umano, né de1 suoi poteri morali. Lo stoicismo questa "ini ibilità ha già perduto : essa paraliz­ za slancio del cuore alle grandi virtù; «en, i favorire il male, dando lo stesso vaio, sa tutte le colpe e a tutti i meriti, e ravvicinare i Neroni ai Regoli. Kant confessa che il libero arbitrio è una parte necessaria della nostra natu­ ra morale, sottoposta alle le*gi del do­ vere; il che è già un restringerlo. Se­ condo JYitsch, che ha ridotto a compen­ dio il criticismo, Kant non ha potuto, colla sua filosofia, che stabilire la possi­ bilità della libertà umani, quindi egli ha rifugio all'ipotesi del sentimento e dei principi della ragione pratica. Nulla­ dimeno, persuaso che la convenzione mo­ rale è il precipuo affare dell1 uomo, e che la morale non può esistere senza il ι libero arbitrio , egli si sforza di dimo­ strare che la possibilità di questo libero arbitrio e la coscienza intima della li­ bertà della scelta, lono una prova suffi­ ciente del merito ο del demerito nelle 'r^srw. SECOLO XVIII. ΚΛ.ΚΤΙ9ΜΟ. s33 cose pratiche della vita; in una parola, l'essere che si crede libero, è perciò ap­ punto un agente morale e ragionevole esi­ sta ο non esista questa libertà. Ecco qui per verità un principio singolare! L'abate Galiani professa la stessa opi­ nione; ma è sempre chiaro, rapido , in­ téressante, quindi più pericoloso. L'uomo è libero, die'egli in tuono di un criti­ cismo satirico, perchè è persuaso di es­ serlo ; ciò equivale alla libertà, ed ecco il meccanismo dell'universo spiegato chia­ ro come Vacqua di roccia. Lo stesso Kant confessa che deve la sua dottrina alla teoria della causazione di Hume. Ma quasi per tutto egli l'in­ nalza so»ra basi vacillanti, sopra una spe­ cie d'incertezza che tormenta lo spirito del lettore. Questo sistema, attorniato da un entusiasmo morale esaltato, fu con ra­ gione dato come un antidoto contro la superstizione, le dottrine eretiche e lo scetticismo. Esso rovesciò le dottrine di Leibnitz e di Volilo, e venne finalmente ammesso con una specie di fanatismo. Esso rifiutava le idee innate, e mostran­ do di appoggiarsi «u l'esperienza β »u la a54 ES COSDO PE RIODO. ΤΕΓ.ΖΑ. E POCA. ragione, prendeva un'aria di gravità scien­ tifica e filosofica. Tuttavia i Kantisti puri ora in Germania sono più rari; essi ave­ vano sempre in bocca queste parole « Voi non ci avete compresi. » La ragion pratica si avvicina sotto al­ cuni aspetti all'opinione degli scettici, ο del senso comune di Oswald e di Beat­ tic . che dà tutta la sua filosofia in que­ sta epigrafe: Ifunquarn aliud natura, aliud stipientia dictt, Eberardo, Feder, Schualw, ec., sosten­ nero contro il Kantismo, la realtà ob­ biettiva delle nostre cognizioni. Ma i Kantisti risposero che Kant non negava già l'esistenza della cosa in sé stessa, fuori di noi, ma solamente la possibilità di essere concepita dalla nostra ragione; che questa esistenza non era già = a zero relativamente a noi, ma semplicemente = ad X. Quindi, si distins/U'idealismo trascen­ dentale dall' idealismo volgare , con che si alterò affatto il carattere del vero Kan­ tismo. Ma Salomone Maimon, e Beck lo difesero. , SECOLO XIX. KAMTISMO. a35 Sezione quinta. SECOLO XIX. Ili GERMANIA. Dottrine prodotte dal Kantismo. Fra le dottrine emerse dal kantismo, quelle maggiormente accreditate furono la dottrina di Fichte e di Schelling. Fichte parti dalla seguente quistione : Che è l'io? e procedendo allora nel dubbio car. tesiano fu tratto ad un assoluto egoismo. L'io può creare Vesistenza e la scienza, che sono una sola e medesima cosa. « L a mia propria esistenza incomincia solo col­ Tatto di riflessione per cui io penso al­ do puro e primitivo. Ogni scienza ripo­ sa su Γ identità dell1 io intelligente e dell'io esistente, e questa identità si espri­ me colla forinola io rr: io. » L'autore confessa francamente di non poter esser compreso senza un certo senso trascen­ dentale. In questo modo in Germania la filosofia è troppo sovente nemica del sen­ to comune. Nella storia universale degli esseri, Fich·· 236 SECONDO PERIODO. TEBZA EPOCA. te distingue tre grandi epoche: la prima è quella del caso, la seconda quella del regno della natura , la terza quella dell'esistenza di Dio; poiché Dio, per sé, non esiste ancora; non può neppure esistere, fino che i nostri individui esistono. Egli si manifesta, ma come préparantes! alla manifestazione. La natura é una specie di divinità in germe. Ed eccovi filosofìa! Schelling (nato nel 1775),eloquente al pari di Fichte e di Schelling , celebre in tutta la Germania come uomo dabbene e gran filosofo, professò, estese i sistemi di Fichte, e vi frammischiò un poco di spinosismo. Alcuni anni dopo , molti discepoli di Schelling sono passati dal pro-' testantismo alla fede cattolica, come più poetica. Essi formano una chiesa invisibile sotto la protezione di Maria, che serve loro di simbolo, e il cui nome èia loro parola di unione. Hanno quasi sempre il rosario nelle mani, e Spinosa per essi è uno de1 più gran profeti. Ora in Germania vi sono tre scuole di morale : quella di Kant stabilisce la legge del dorere lopra una teoria tci«n- SCUOLA SCOZZESE. î3^ tifica e sopra principj inflessibili; quella di Iacobi obbedisce al sentimento religioso e alla coscienza individuale; la terza cerca di unire il sentimento religioso col dovere, per quindi subordinarli alla rivelazione. Sezione Sesta. SCUOLA SCOZZESE DALLA SO A ORIGINE IS POI. §. i. Hutcheson e suoi contemporanei. Scetticismo di Hume. La scuola Scozzese non riconosce in verità alcun capo speciale. Citasi, è ben vero , prima dell1 unione dei due regni di Scozia e d'Inghilterra, Giorgio Dalgarno iVAberdeen, che diede piova di un genio originale ; lord Stair , che osservò alcuni errori di Gassendi, di Cartesio, di Malebranche , e mostrò una grande in·dipendenza. Ma furono Kutcheson, e poscia Smith, che quasi esclusivamente diedero a questa scuola il SUo carattere e il suo primo lustro. Fino allora lo stato 238 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. degli affari pubblici era stato poco favorevole alle scienze filosofiche e morali. Francis Hutcheson,nalo in Irlanda, ma di origine scozzese, apri il primo suo corso a Glasgow, nel i^3o. Egli é piuttosto moralista che metafisico , e il suo scopo principale è di opporsi al sistema licenzioso di Mandeville. Questo scrittore ingegnoso sostenne nella sua favola delle Api, opuscolo di venti pagine che fu seguito da due volumi di commentarli, che l'immoralità è così necessaria, come la virtù, alla prosperità e felicità pubblica e individuale negli stati , e che la morale, per ciascheduno, consiste nel procurarsi con tutte le sue tendenze il maggior benessere possibile. Lo stesso male produsse pure tutte le arti e tutte le scienze. Questo sistema può esser riguardato come conseguenza di quello di Leibnitz. Quanto a Hutcheson, egli abbracciò con piacere il principio socratico che identifica il bello e il buono , e si avvicinò a Shaftesbury, fondando i principi morali sul sentimento', e la virtù sopra una specie di nobile entusiasmo, anzi che sulla SCUOLA, scozzese. 239 ragione. Shaftesbury rifiutò le « affezioni private, i piaceri e gl'interessi privati » e mostrò nell1 uomo « dei mobili più nobili, delle affezioni sociali, impersonali disinteressate η come la pietà, la sim­ patia, il sentimento del bello e del be­ ne, ec. Steele e Addison svilupparono pure queste idee , ma Hutcheson ne.compose il suo sistema della sensibilità, e fondò tutti i rapporti sociali e individuali , i doveri e i piaceri dell' uomo, nelle emo­ zioni del cuore e nella negazione indi­ viduale di Shaftesbury. La sensibilità este­ riore di un Regolo potè soffrire, e l'in­ teriore avere nel medesimo tempo de' piaceri. Nelle arti, questa sensibilità di­ venne il senso del bello ; pel giudizio dei fatti, essa divenne il senso del bene 0 senso morale il cui principiofu la be­ nevolenza. Adam Smith prese questa be­ nevolenza come principio fondamentale sotto il nome di simpatia. Secondo Smith, noi giudichiamo dap­ prima gli altri, e poscia n o i , per sim­ patia; ma giudichiamo del demerito, della dieconvenienza , ec., per non­simpatia. Allora, come giudicare della virtù? Se 24° SECONDO PERIODO. TERZA ÈPOCA. la simpatia è involontaria lo sarà anche la virtù ? Fergusson lasciò la strada mal sicura di SmitU. Dopo aver definito i vocaboli, storia , scienza, teoria, principio,egli vide che per cercare le regole che devono determinare la scelta morale di agenti volontarii, la teorica dell'anima doveva precedere lo studio della morale. Quindi legittimò i suoi principii con fatti presi dalla storia naturale dell'uomo. Smith aveva imposto alla volontà la legge di simpatia; Elvezio quella dell'egoismo; Fergusson le riunì sotto il nome di legge di Società e legge di conservazione; ma si mostrò superiore ad essi, proclamandone una terza, quella di stima, d'eccellenza e di perfezione. Andrea Baxter, nato nel 1687, e contemporaneo di Hutcheson, si oppose al sistema di Berkeley. Il primo principio di Baxter è che Dio sia l'agente immediato de' fenomeni del mondo materiale. Si perde, dic'egli, a mettere fra Dio e l'effetto, delle cause materiali ; è un cercare la materia al di sopra della materia. Più generoso di Malebranche accordò la libertà SCUOLA SCOZZE SE . g/, all'uomo morale. Baxter cerca in ispecial modo di difendere Γ immaterialità del­ l'anima co'lumi forniti dalle scoperte di Newton. Hume incominciò la sua carriera lette­ raria, nel ij3g, col suo Trattato della na­ tura umana. Hutcheson era allora nella sua maggior gloria , quindi l'opera di Hume appena si fé' conoscere. Egli ri­ move, in generale, ogni ipotesi gratuita e stravagante , e si fonda su l'analisi fi­ losofica. Senza avere un sistema partico­ lare , cerca di stabilire con maggior si­ curezza di tutti i moderni, uno scettici­ smo universale, e ne mette incessante­ mente in diffidenza delle nostre facoltà. Sceglie ciò che gli conviene in tutte le dottrine, e giunge con una logica solida ed esatta, a dati sovente importanti, so­ vente bizzarri e stravaganti ne'loro co­ rollari· Ma le sue premesse hanno servito ai lavori ed alle scoperte d'altri filosofi. Hume incominciò dal dubbio, come Cartesio ; ma malcontento di vedere i Cartesiani a dimostrare delle verità evi­ denti , sicuro di averli convinti di para­ logismi , finisce col dubbio generale. Già, Si. D ELIE Se. FiLOsor. 16 242 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. Berkeley aveva indicato, che prendendo a rigore le idee fondamentali di Cartesio e di tutti i filosofi , da Aristotele in poi, l'esistenza del nostro mondo era impossibile. La logica di Hume è sottile,stringente, ma ingannevole; egli ha ciò nondimeno fornito degli argomenti e delle armi contro tutte le dottrine posteriori. Servi a confutare e confutò egli medesimo i necessitari. Ma è forse meno pericoloso il dubitare di tutto, che l'essere forzato a tutto ? Gli Egoisti, colle loro viste ardite, non vedevano di certo chela loro propria esistenza : cogito, ergo sum. Hume rinnovò la quistione, e non ammise di certo che 1 esistenza delle nostre sensazioni e delle idee , poiché esse son» i soggetti diretti della coscienza. Ma come ammettere l'io pensante, senza ammettere implicitamente l'esistenza dello spirito, che, per Hume, é immaginario come la materia ? Hume pretende che tutti i nostri raziocinii su le cause e sugli effetti sieno dovuti all'abitudine, a un atto della parte cogitante della nostra natura ; e vorreb- SCUOLA SCOZZE SE . 243 be togliere dal linguaggio filosofico le parole causa ed effetto. Gli avvenimenti sono in congiunzione in prossimità , ma non in connessità; almeno non possiamo saperlo da per noi stessi : quindi tutto è illusorio. Enrico Home, conosciuto sotto nome di lord Karnes, sir Gilberto Elliot, Beid, Oswald, Beatile , pure poco soddisfatti di vedere i Cartesiani provare delle ve­ rità evidenti, adottarono una logica più severa, più scientifica, ma si dichiararono contro lo scetticismo. Lo stesso fu del gesuita Buffier, il solo fra i gesuiti, dice Voltaire ; che abbia nelle sue opere fatto uso di una ragionevole filosofia. |<t Gli antagonisti di Home hanno di­ scusse poche quistioni relative alla co­ noscenza della natura. Nondimeno Ka­ rnes vi si provò con qualche gloria. Beat­ ile , Campbell, Girard, con una miglio­ re filosofia Γ hanno seguito nelle sue ricerche sui principi delle belle arti, ed hanno felicemente aperto la strada all'a­ nalisi delle leggi che presiedono ai fe­ nomeni intellettuali. Butler, che divenne vescovo di Bri­ S44 6EC0KDO PERIODO. TERZA EPOCA stol, vide fra i primi le conseguenze pericolose del lokismo , preso alla lettera , su l'origine delle idee , e professò contro questo sistema gli stessi principj che Cudworth aveva opposto a Gassendi ed a Hobbes ; con piacere vedeva i principj di Locke spinti agli ultimi estremi dalla dottrina di Hume, specialmente in morale. §. II. — Scuola sperimentale scozzese. Nel 1764, Meid, professore di filosofia Diorale all' università di Glasgow, si dichiarò pel primo contro lo scetticismo di Hume, e specialmente contro la sua teo·, ria ideale: « che nulla può essere per. eepito se non è nello spìrito che lo percepisce ; che noi non percepiamo le cose esteriori, ma solo le vane immagini degli oggetti ». Reid, che dapprima aveva ammesso questi principj, li mise in quistione,e malgrado la popolarità di Huuie, ne mostrò il senso ipotetico. Campbell seguì le tracce di Reid con $ W i a , toccò can sagacità alcuni princi- SCUOLA SCOZZE SE . 245 pj generali, ma non si fece ad esaminare ia quistione interessante dell'influenza degli avvenimenti e delle opinioni stra­ niere, dell'immaginazione e delle pas­ sioni che possono turbare il giudizio, specialmente nella morale degli usi or­ dinar] della vita. L'ultima opera di Reid, i suoi Saggi su le facoltà, ec., pubblicata fra il 1780 e il 1788, si risente della sua avanzata età ; "la non è meno preziosa. Egli vi esamina le nostre facoltà intellettuali e morali, wa senza vedere se possano avvicinarsi fra di loro , ο ad alcune facoltà primi­ tive. La sua forma aforistica, più facile per la lentezza di un vecchio, vale forse di più pei pensatori. Reid può essere considerato come ca­ po della scuola sperimentale in Iscozia. Il suo metodo rigoroso di osservazione parve distruggere la filosofia di Locke. Belsham ha accusato, forse con ra­ gione, questa scuola, di trascurar troppo te teorie e le viste fisiologiche. Cionnon­ dimeno essa non le negligente in tutto? poiché / . Gregory ha pubblicato delle lettere sui doveri e sulle qualità di un me­ ^4β ES CONDO PE RIODO. ΤΕΒΖΑ E POCA. «lieo, nelle quali indica ciò che la me­ dicina può scoprire per la filosofia nello studio dell1 uomo materiale e fisiologico. Dugald Stewart è quello, fra i succes­ sori di Reid, che ha più onorato la scuola scozzese e le scienze filosofiche e morali. Egli si dichiarò contro la dottrina di Locke, e riempì le lacune lasciate da Reid, Fergusson e Smith. Analizzò le nostre facoltà morali, da lui chiamate Principi attivi e morali, e trattò de1 nostri doveri. Colla parola azione egli intende « l'eserci­ zio della volontà, ο prodotto al di fuori con effetti sensibili ο ristretto ne'limiti del mondo interiore ». Tutti gli esercizi della volontà, tutte le applicazioni delle forze dello spirito, compongono 1'αίίί­ vità. Quindi ciò che ne fa volere, ne fa agire. I mobili della volontà, posti in n o i , sono la fame, la sete, la curiosità Γ ambizione , la pietà, il risentimento. I principj d'azione più importanti sono compresi negli appetiti, ne1 desiderj, nelle affezioni, nell'amor proprio, nel princi­ pio morale. I nostri appetiti primitivi,inseparabili dal nostro corpo, periodici, comuni a tutti SCUOLA SCOZZE SE . ?[,η gli animali, sono la fame, la sete e l'a­ more ο l'appetito del sesso. Sottratti alla nostra volontà essi sono affidati all'istin­ to , per la conservazione dell' individuo e la riproduzione della specie. L'inte­ resse non è già posto negli appetiti ο nelle loro gradazioni; perchè questi hanno dovuto la prima volta agire indipenden­ temente di ogni esperienza del piacere che procura il loro soddisfacimento. I desiderii non sono né insiti del cor­ po , né periodici, e non cessano quando il loro oggetto è raggiunto. Il desiderio di Società è istintivo e governa tutti gli uomini ; quello di stima è primitivo, ori­ ginale, poiché talvolta è più forte che l'amor della vita. Vi han pure i dcside­ l'ii di conoscere, di potenza, di superio­ rità (principio di emulazione). Le nostre affezioni sono tutti i prin­ cipi attivi, il cui scopo ο fine è di ar­ recar piacere ο pena ai nostri simili, tali sono il patriotismo , l'amore, il rispetto e in una parola, le affezioni benevoli e le affezioui malevoli. Fra quest'ultime, non vede per cosi dire d'innato che il risentimento, dal quale deriva l'indigna­ %!β ES CONDO PE RIODO. TE BZA E POCA. xione ο il sentimento dell 1 ingiuria fatta ad altri ο a noi. Le passioni sono tutti questi principi attivi, quando passano il limite della mo­ derazione. Maas, professore a Halla, die­ de nel i8o5 gli stessi principi, n e l Sag­ gio su le passioni. Stewart ha dimostrato che i principi morali indipendenti dall'amor proprio , sono naturali all'uomo malgrado le loro differenti applicazioni presso i differenti popoli­ L'educazione non fa che ajutarli a svilupparsi, perchè essa non può agire che col soccorso de'principi naturali di cui presuppone l'esistenza. Anche la mo­ rale religiosa presuppone le idee morali di cui è alimento , complemento e con­ seguenza; in fine le nostre facoltà intel­ lettuali e pratiche derivano dall'associa­ zione delle idee; questo è il principio di Hartley. Tutta questa dottrina è piena di at­ trattive ed animata da nobili principi > stabiliti su la natura ; e fondata su la ragione che concepisce il giusto e l'in­ giusto puramente , e , per conseguenza, il rimorso ο il piacere, il rapporto della SCUOLA SCOZZESE. a^g felicità colla virtù indipendentemente dalle vicissitudini dei tempi e della fortuna. Se questa filosofia presenta ancora qualche lacuna, almeno si sforza di accordarsi dovunque col senso comune di tutti gli uomini e colle pratiche della vita. Ad ogni tratto presenta una quantità d'idee e di viste felici , ispirate da uno spirito giusto, amico sìncero della virtù, della verità, della religione , da una morale feconda, alla testa delle quali evvi la Divinità. La>cuola scozzese, rappresentata qui da Dugaìd Stewart, evita le teorie arbitrarie ed ipotetiche, ma sembra temere le ricerche su la psicologia e su la legittimità delle nostre cognizioni. Essa stabilisce cosi i nostri doveri: doveri verso Dio, verso gli altri , verso noi stessi. Tommaso Brown , professore a Edimbourg, morto pochi anni fa , segui presso a poco Reid e Dugald Stewart, suo predecessore , e cercò di completare la morale del dovere in un Trattato su la virtù. Ma Wilson , che occupa attualmente la cattedra di Edimburgo, poeta e filosofo, si allontana, a quanto di cesi, a5o SECON D O FOT.IOD O, TERZA EPOCA. dai principi cV suoi predecessori e de* tuoi contemporanei. «· > Sezione ULTIMI settima. I F LOSOF I I NGLES I. ..­>■ L'Inghilterra , nel secolo XVIII ebbe pure dei nomi celebri in filosofia, in mo­ rale ed in economia sociale e politica. Coi Chesterfield, cogli ddisson, coi Bo­ linbrohe , gli Adam Smith , citasi onore­ volmente Ricardo Price, che si oppose al sentimento morale di Shaftesbury e di Hutchcson , e fece derivare dall1 in­ telletto le idee di bene e di male, ri­ guardandole cionnondimeno come immu­ tabili. Giovanni Clarke difese i principj dell1 interesse ben inteso, contro Wola­ ston che fondò la morale su la potenza nazionale dell'uomo; e contro Samuele Clarke , che la fondava su le leggi eterne date da D io onde perpetuare l'armonia dell1 universo, Caterino Macaulay Graham, si studiò con gloria di abbattere lo scetticismo, confutò King e Bolinbroke su la causa FILOSOFIA INGLÉSE . a5t del mal morale e fisico, e sull'immorta­ lità dell'anima; ma fini col trovare 1» quistioni del dubbio più ammissibili e quelle su la causa del bene e del male insolubili. Il celebre Geremia Bentham collegava »"' la legislazione alla morale, dandole per ■ base l'utilità. Malgrado gli scritti che contro di lui venivano da ogni parte pub­ blicati, egli stabiliva il codice dei giure­ consulti , dei legislatori , dei moralisti , chiamando a fratellanza tutti i popoli e tutti gli stati. Il suo scopo viene così espresso da D umontche pubblicò i Trat­ tali di legislazione del filosofo inglese: <> Conservare correggendo procedere cau­ tamente contro i pregiudizi,preparare le innovazioni da lontano in maniera che più non appariscano innovazioni; evitare le mutazioni, le scosse, sia di proprietà! sia di potere ; non turbare il corso delle speranze e delle abitudini; riformare gli abusi senza offendere gl'interessi attuali. » Bentham, proclamando come base della morale Y utilità, vale a dire V utilità di t u t t i , il benessere di tutti , mediante il perfeiionamento delle cose ο degli uo­ 252 ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. mini fece risaltare con una ironia fina e piena di spirito la vanità delle dottrine arbitrarie e puramente metafisiche ; le « n e , fabbricate su ciò che ad un tale piace di chiamare coscienza ο senso mo­ rale , ο su ciò ch'ei dice senso comune; le altre, appoggiate sulV intelletto ο sopra una regola eterna ed immutabile dei di­ ritti , ο su la legge di natura ; ma sem­ pre nemico dichiarato delle dottrine as­ solute, Bentham propose di rimpiazzare le parole colle cose, il vago col positivo. Sieyes, in Francia, sdegnò i concepii menti misurati di Bentham ed i consti­ tuzionisti disputarono trent'anni per pro­ vare che Bentham era più profondo del­ l'abate francese, il quale finì col tacere. ' ,:1 Sezione ottava. ITALIA in , DAL SECOLO zrtu. GRECIA. Nuoro — JONATBAS — EDWARDS, VELAHA > NEL MONDO. In Italia il cardinale savojardo Gerdil fu lodato per aver assunto la confutazio­ ne di Locke e difesa Γ opinione di Ma­ ITAMA. a5î lebranche su la natura e l'origine delle nostre idee. Confutò ben anche alcuni principj deìVEmilio, e Rosseau diceva, ch'era la sola critica diretta contro di lui , che meritasse di essere letta per intero. Nelle scienze morali e nell'economia politica si distinguono Francesco Soave, Quetano, Filangieri, Genovesi, Gravina , ec. La scuola milanese si gloria del Trattalo del merito e delle ricompense , di Melchiorre Gioja; e cita con piacere Mariano Gigli, Natale Ferri, ec. Genovesi, morto nel 1796, si distinse pe'suoi sforzi nel cercare di conciliare Leibnitz con Locke, e per essere il primo a spargere la filosofia inglese in Italia. Egli insegnò pubblicamente a Napoli, ed è riguardato come il riformatore della filosofia al di qua delle Alpi. Boscovich diede alle sue viste astratte una certa originalità e della precisione. Quantunque partigiano di Leibnitz, egli ti oppone quando crede averne buona ragione , e giudica da per sé stesso. Egli ristringe in limiti assai angusti il principio della ragion sufficiente e la legga :-2Âm£<- 454 ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. di continuità. Nelle sue opere volumino­ se, ha spiegato molta varietà, e molto vi­ gore e spirito. Ma un sistema celebre e singolare fu quello di Fico, nella sua scienza nuova, alle volte cosi poco inteso da1 suoi par­ tigiani come da' suoi detrattori. Varone aveva indicato nel mondo tre grandi età : quella degli dei, degli eroi, degli uomini. Vico, colpito da questa idea , ne fece la hase di un sistema che costituì la più numerosa scuola d'Italia. Stabilendo, su Γ idea delle tre età, tre specie analoghe ο paralelle di nature, di linguaggi, di caratteri, di giurisprudenze , di autorità, di ragioni, di giudizj, di tre sette di tempo, egli ne fa la storia progressiva degli dei, degli eroi e degli uomini. Chia­ ma tutta la storia in suo soccorso , l'a­ nalizza, la cangia, la trasporta, l'in­ terpreta , la sommove da per tutto. Il mondo morale ha avuto il suo caos co», me il mondo fisico. Ne indica il fine j e, cosa sorprendente! egli la trova nella ragione del suo ineominciamento. II mon­ do civile si ricompone colla sua dissolu­ zione : è la fenice che rinasce dalle sue VÉLAP.A IH GRECIA. s 55 ceneri. Per questo sistema tutto si appoggia sui fenomeni conosciuti e costanti , della natura. Oltre a ciò Vico, se»ue e descrive il ritorno delle cose umane e dei medesimi politici avvenimenti dal risorgimento dei popoli, e li ritrova, per esempio, nei barbari del medio evo, come rinnovati dai barbari antichi. Nelle altre contrade dell 1 Europa m e ridionale , non v'ha quasi da citare che un medico greco moderno , Vèlara , incontrato da Holland a Larissa, in Tessaglia. Velara ha lungamente meditato le quistioni della metafisica e della moralema egli mischia nella sua conversazione un dotto scetticismo ingegnoso e satirico. Ora sostiene il materialismo e il fatalismo , ora la non esistenza della materia ed il pirronismo. Quante volte inai si verifica che uomini d'ingegno discutano pel solo piacere della vittoria , qualunque siasi! Lo stato sociale nel Nuovo-Mondo fino allora, non fu favorevole quasi ad altro che alle cose di utilità immediata. Tuttavia l'America si gloria di avere prodotto un metafisico celebre per la viva- 256 ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. cita e la finezza della sua logica,Jonalan EdwardsM* all'epoca in cui scriveva, la situazione politica di quel continente era ancora più conveniente che nonio sia al presente perle ricerche filosofiche. I biso­ gni pubblici assorbono i pensieri di tutti, e solo in Filadelfia vedesi una società filosofica perii perfezionamento delle uma­ ne cognizioni. Quanto all'Oriente, esso è chiuso al buon senso filosofico. Per l'Asia affatto orientale i TV­ Jones, i Jf'ilkin, i Chezy, i Colebroke, i Rémusat, gli Schlegel ne fanno rivivere l'antica sapienza di queste regioni abbandonate ad una perfetta nul­ lità scientifica. Sezione I X. ■<■ '· SECOLO XI X /.v FRANC I A. Quindici anni sono, non aveva, per così dire, la Francia che una sola scuo­ la di filosofia , quella della sensazio­ ne. Ora si contano in generale, oltre a quella , la scuola mistica ο leohgica, ο della rivelazione, la scuola eccletica, XIX. SE COLO I!T FIUNCU. 25^ rd allo spiritualismo. Sonovi nondimeno dei filosofi che non si possono propria­ mente aggregare ad alcuna di queste scuole. §. I. Scuola del sensualismo. Il sensualismo del secolo XIX acquistò importanza pei lavori e pel genio di Ca­ banis filosofo e medico. Condillac spie­ gava tutto colla sensazione, Cabanis cer­ cò l'origine della sensazione e la trovò nei nervi , depositarli della sensibilità , della volontà, delle facoltà morali e in­ tellettuali ; e le loro numerose ramifi­ cazioni tutte si riferirono ad un centro comune, che è il cervello. Con ciò sta­ bili agevolmente i rapporti del fisico e del morale dell1 uomo; ma diede all'io centrale ed intellettuale, una parte trop­ po generalmente passiva. Tanto Cabanis, quanto Gali, vennero accusati di portare al materialismo; ma egli ha voluto so­ lamente limitare le sue ricerche a ciò che può essere conosciuto per esperienza e per osservazione, senza trascorrere lo spazio che separa l'uomo materiale dal­ l'uomo immateriale. Egli fa dell'anima Si, D ELLE Se FILOS. π 258 ES COHDO PE RTODO. TE RZA E POCA. un risultamene del sistema nervoso e tlella innervazione ; ma nelle sue Lettere su le cause finali, ranima è un essere reale che imprime agli organi tutti i lo­ ro moti, e tiene legati gli elementi che li compongono. Egli assoggetta la condotta morale alla forza, od all'esercizio, od alla perfezione del centro nervoso; si sa, infatti, che tale costituzione dispon meglio a tali virtù, a tali azioni. In una parola, Cabanis vuol essere letto dal filosofo e dal fisiologo. Destult de Tracy ammette la spiega­ zione delle sensazioni giusta Cabanis, « ma sviluppa questo principio: il pensiero, ) quali che siano la causa e il mezzo, è , ' secondo l u i , la sensazione, ο piuttosto la sensibilità che si esercita per mezzo ì della sensazione. Esso comprende la per­ cezione, la memoria, il giudizio e la ra­ gione. Ma forse a torto ne separa la fa­ coltà di generalizzare e l'immaginazione. , Ommette pure, ο forse la fa riferire alla j ragione­ed al giudizio od alla percezione> j la potenza pacifica della riflessione. j Egli calcola il grado di libertà dal grado >'| di potenza ; il ohe è nu limitare il me­ XIX. SEC0Î.0 IN FRANCIA. a5g rito e la forza morale alla forza degli avvenimenti, e alterare il principio e la regola del merito. L'anima è talvolta trascinata , ma può raccogliersi e resistere. Ora cede , ora trionfa. L'uomo potrebbe non essere libero, d i t e g l i , e nondimeno tutto andar bene nel mondo; noi saremmo sotto le leggi che governano gli altri esseri ; non vi sarebbe di meno al mondo che 1' ordine morale , la dignità dell' uomo , e forse le sue pene e le sue gioie. Questo sarebbe un quadro ben tristo. Finalmente, lascia alle passioni una specie di forza fisiologica necessaria. Ma il . carattere e la condotta di Tracy provano, '. che non ha su questo punto i pensieri che gli vennero attribuiti. Volney, morto nel 1820, è specialmente moralista. Conservarsi a qualsivoglia patto, ecco il suo principio; bisogna vivere e cercare di ben vivere. L'anima è mi risultamene dell'organizzazione. Eoli rifiuta ogni sentimento religioso 5 la fede , la speranza , dic'egli, sono la virtù dcgl'ingannati a pro degli scaltri 56θ SECONDO PERIODO. ΤΕβ'/,Α EPOCA. ingannatori. Portando questi prinripj alle loro ultime conseguenze, si giugnerebbe a spaventevoli risultamenti. Ma Volnny sembra limitarsi alla loro applicazione alle cose giornaliere e semplici, nella società. La vita e la morte ecco tutto il bene e il male. Quindi i piaceri e le sofferenze sono come i due estremi dei bisogni della nostra esistenza. La virtù è la scienza di conservarsi, il vizio il con­ trario. Con queste idee egli affligge i cuori generosi e spegne i piaceri segreti e dis­ interessati dell1 uomo virtuoso. A che pro allora delle pene e delle ricompense? E che diviene la società ? Questa dottrina é quasi un egoismo trascendentale ; ma vestita di un1 aria di verità seducente eb­ be un1 incredibile popolarità. Il Sistema di Condillac fu insegnato alla scuola normale da Garat. Onde co­ noscere , noi non abbiamo che la facoltà di sentire per mezzo dei sensi ; tutto giunge allo spirito per via di sensazioni. La virtù , il vizio , la volontà , sono ri­ dotti alla materia. Lo spirito non è che un modo della materia , la materia in esercizio , ο la vita materiale di questa XIX. SE COLO IN FaANCU. a6l materia ; è un moto, e tutte le nostre qualità sono funzioni. Quindi, Garat pare che non abbia ri­ conosciuti gli atti segreti dell'anima , in­ dipendenti dalla materia, Γιο, la coscien­ za ,' ec. Quanto all'anima, egli ne ignora la natura, non ne studia che le sue fa­ coltà; come se queste facoltà non fossero ranima stessa. Oltre a ciò le niega di essere sensibile. Secondo Laromiguìère, l'anima non solo è passiva, come in Gondillac; ella è pure attiva. La sensazione è una sorgente d'i­ dee, ma l'attività dell'anima ne è un'al­ tra. I sensi danno la sensazione, quindi l'anima pensa. L'attenzione è la prima facoltà attiva dell'anima , poscia vengono la comparazione ed il raziocinio ; tutte le altre facoltà si riferiscono a queste tre primarie che compongono l'intellet­ to, quantunque sembri comporsi unica­ mente dell'attenzione. 11 desiderio è il punto d'origine della virtù. Finalmente, Laromiguìère riduce tutte le idee alla sensibilità , di maniera che il sommario delle lezioni di filosofia, è che tutto de­ riva dall'attenzione e dalla sensibilità. ' j . 362 ES C0HDO PE RIODO. ΤΕΒΖΛ E POCA. Questo è quasi un assicurarne che l'ani­ ma non si compone che di queste due cose ; il che non è esatto. Insomma, noi sentiamo per mezzo delle sensazioni, dell'azione delle facoltà della percezione dei rapporti, del senti­ mento morale. Questo sentimento è ciò che costituisce in modo speciale la dif­ ferenza di questa dottrina da quella di Condillac. Un'altra specie di sensualismo è quello del D . Gali, in cui tutto deriva dall'or­ ganizzazione, in cui le facoltà e le qua­ lità fondamentali, che giusta questo au­ tore sono in numero di 28, trovansi loca­ lizzate ed innate. Il cervello è diviso in compartimenti per differenti facoltà ο differenti tendenze, la cui forza dipende dallo sviluppo organico delle parti. In generale questo sistema è stato mal com­ preso. Egli non ha identificato la ten­ denza all'organo ) solo tal parte del cer­ vello è lo strumento, il mezzo di mani­ festazione di tale tendenza. Sono dunque facoltà, tendenze messe in rapporto cogli organi, e l'anima l'io unico, un sentimen­ to intimo generale, ne tiene la sommità. ­ XIX. SECOLO IH FRANCIA. 263 Egli non è materialista più di coloro che ammettono che il corpo è lo stromento ciato per rappresentate ed eseguire le volizioni , i desideri dell'anima. Alle differenti tendenze primitive, distribuite giusta le eminenze cerebrali ed indicate esternamente da1 rilievi che queste eminenze producono sul cranio, Gali riferisce tutte le gradazioni che ne formano altre, ammettendo tuttavia la perfettibilità dell' uomo. La sua opera presenta osservazioni sorprendenti, esperienze numerose, ed è difficile il non ammettere osservazioni si fortemente appoggiate. Spurzheim che fu lungamente il collaboratore di Gali, non differisce quasi da lui che per la sua classificazione e per le sue denominazioni. Egli aggiunge alcune scoperte alla craniologia; ma, dotato di uno spirito più metafisico di Gali, non sempre si appoggia ad un gran numero di fatti. Broussais , nel suo Trattato dell' irritazione e della follia , pubblicato di recente, dà un sistema di sensualismo già molto antico. Egli non vuole che si stu- 264 SECOK D O PERIOD O. TERZA EPOCA. dii l'astrazione detta vita, ma gli organi vi­ venti. Incomincia dalla materia e vi si attiene; vi esamina l'uomo, modificato dai cambiamenti organici di accrescimen­ to , di deperimento ο di alterazioni nel cervello enei visceri. Quindi, dopo aversi latto le maraviglie « che la filosofia fi­ siologica sia invasa dai sistemi effimeri delle scuole filosofiche, e che si risu­ sciti l'antico idealismo e il vecchio pla­ tonismo venti volte respinto dalle scuo­ le J>, asserisce che non può costituirsi una scienza con fenomeni di coscienza indipendenti dall'influenza degli organi. L'irritazione del cervello e gli stimoli dei visceri sopra di esso sono le cause e gli agenti delle nostre facoltà. Questa idea , troppo generale , non è vera che sotto certi rapporti , e fino ad un certo grado. Egli nega che la coscienza e la ragione vengano da D io. « La coscienza è il ri­ sultamento delle percezioni fornite dai sensi interni ed esterni » , e non indica cosa intenda per questi sensi interni. Quindi egli giunge a conchiudere che non v'ha nulla in noi di soprannaturale XIX. SKCOLO IN MAKCIA. a65 € <P incorporeo, perchè noi non abbiamo aggiuntivi che non siano applicabili al mondo materiale. Ecco, a mio avviso, una logica assai debole. In generale, vuol separare la metafisica dalla tisiologia , e tiare solo un antico materialismo per filosofia, specialmente ai medici. Broussais, alle volte in contraddizione con sé medesimo, mischia lo spiritualismo al più puro materialismo; abbonda di pensieri e di osservaiioni ; ma non si vede un insieme filosofico , un'armonia nella sua opera. La filosofia vi manca quasi per ogni dove ; e sovente frizzi e sarcasmi tengono luogo di logica. La sensibilità , secondo lui , appartiene a l l ' i o , e l'irritabilità a tutte le fibre del corpo. La sensibilità che è la conseguenza dell'irritabilità, percepisce quest' ultima. La vita soggetta ad ambedue , non si mantiene che per l'eccitamento esterno e interno e per le influenze degli organi gli uni su gli altri. Ma Ja sorgente della vita è ignota, perchè noi non possiamo metterci al di là del fenomeno che ci costituisce esseri sensibili e dell'atto per cui noi ci osserviamo onde contemplare quest'atto. 265 SECOHDO PERIODO. TERZA EPOCA. Tutti i nostri pensieri vengono dalle sensazioni, dalle azioni e dai fenomeni degli oggetti esterni; ma l'eccitamento , quindi un'altra cosa, sono la causa prossima dei pensieri. Una cosa che non possiede alcuno degli attributi riconosciuti proprii dei corpi , non può mettersi in contatto col cervello. Ma Broussais non ha considerato l'uomo in tutte le sue tendenze e facoltà ; e sarebbe curioso il veder come le combinerebbe co1 suoi principii. Un altro sistema che si allontana da tutti quelli della giornata è quello di Azaïs , il sistema delle compensazioni. In questa dottrina, un pò1 troppo ricca di sogni, la materia , identica nel suo elemento , è la sostanza degli esseri, il soggetto passivo dell'azione universale che le è stata impressa da Dio. Quindi ne vengono i moti di tutti gli esseri, una forza di espansione che li porta a dilatarsi, e perciò appunto li distrugge;ma la prossimità di questi esseri modera questa forza con quella di repressione che li conserva e che risulta necessariamente dalla prima; finalmente se vi avesse uno XIX. SE COLO IH FE AHCIA. 267 spazio vuoto nell'universo, il mondo pe­ rirebbe in un momento. Il moto di repressione e incessante­ mente in azione negli astri, e ciò che ne traspira, il calorico e l'elettrico, ci rende visibili i più grandi. Col moto re­ ciproco , si rende conto delle qualità fi­ siche dei corpi i più opposti ; è la spie­ gazione universale. Le vibrazioni e questa espansione, più ο meno forti, costituiscono la malattia, la salute , la forza e la superiorità relativa degli esseri viventi. I vivi godimenti gli attivano e logorano la vita. Ma che fare ragionevolmente dell'uomo morale e in­ tellettuale , co' suoi moti e colle sue vi­ brazioni ! §. II. Scuola teologica ο mistica. La scuola teologica fa dell'uomo un animale colpevole, la cui ragione è in­ degna di libertà. Giuseppe Maistre , morto nel 1821 , suscitò una quistione immensa, quella cioè, di spiegare e giustificare il poter temporale della divinità. Questo era un pe­ ·" , ^ 8 E S CONDO PE RIODO. ΤΕΗΖΛ E POCA. netrare il pensiero di D io onde circo­ scrivere il destino dell1 uomo. In queste considerazioni difficili ed impenetrabili , Maistre ha spiegato una ragione intrepi­ da , uno spirito vivo, originale, vigoroso, una specie d'indignazione prosontuosa, mordace, sempre armata contro i ragio­ natori e i dotti. Secondo questo teologo , Γ uomo virtuoso non è più felice "del malvagio negli avvenimenti del mondo ; il giusto soffre come uomo. La fede, di­ c'egli, spiega questa condizione; la colpa è di Adamo: felici quindi coloro che amano la preghiera onde mitigare le loro pene! Nondimeno la riversibilità delle preghiere del giusto aerve al malvagio. Ma questa dottrina tutta teologica sem­ bra vestire un'aria di fatalismo ascetico, e troppo favorevole al malvagio. La vita è una espiazione in cui l'uomo, a motivo de' suoi vizj, non ha quasi a soffrire che mali, i quali d'altronde gli sono inutili, e che sono il mobile della sua condotta. Appena vedesi qualche cosa di buono e di morale nell'uomo; però il cielo lo punisce incessantemente. Fi­ nalmente , ί r e , i governanti sono infal· XIX. SÈCOLO IN FRANCIA. 26c) libili ; il papa lo è ancora più ; quindi tutto il potere è nella chiesa. Lamennais sostenne anch' egli questo principio : in fatto di autorità politica il papa è sovrano , il papa è la chiesa , la chiesa è la legge , la legge è Dio; e qui metton capo tutti i poteri: omnis potestas a DÌO. Lamennais pretende che non vi fu mai che una sola religione su la terratre volte rivelata , ai patriarchi , a Mosè ed ai cristiani, essa è la stessa · le altre ne sono false derivazioni. Tuttavia l'insieme dell1 indifferenza in materia di religione sembra quasi annunziare una nuova riforma religiosa. Geloso di dare del nuovoj non espose iù' l'uomo che una dottrina scettica: l ' u o m o , qua] è non può assicurarsi della verità, evitare il dubbio e l'errore ; tutto lo inganna i suoi sensi, i suoi sentimenti, la sua ragione, le cose umane. Questo è un dire che Dio si giuoca di noi incessantemente in questo mondo. Quindi per una bizzarra contrazione , egli fondò il suo sistema, la cui parola d'ordine è l'autorità, sul testimonio del gran numero e di co- 3^0 ES CONDO PE BIODO. TE RZA E POCA. loro che sanno. Vi ha dunque qualche cosa di certo ? Ma chi sono quelli che sanno? Ove incomincia il numero suffi­ ciente per fare autorità ? E chi potè col numero , servire di autorità ai primi umani? Boriala, quantunque parta da un princi­ pio differente perviene alle stesse conse­ guenze di Maistre e dell'abate di Lamen­ nais: il principio delle nostre cognizioni è il linguaggio primitivo che D io dovette dare all'uomo creandolo. Ma invano Bonald ha compulsato la scrittura e gli antiqua­ ri, e prova tutto colle parole e ooll'ana­ lisi verbale; il linguaggio, filosoficamente parlando, viene solo dopo che lo spi­ rito ο il senso intimo hanno pronun­ ziato. Ma questo linguaggio primitivo dovette essere la verità rivelata da un'intelli­ genza molto superiore a noi. Quindi tutto ricade nella rivelazione, nella chiesa: questa è il tribunale di tutte le cogni­ zioni; le nostre facoltà non devono quasi essere che passive ; bisogna tutto ricevere dall'autorità. Bonald ci dà niente in psi­ cologia , né in spiegazione filosofiche ; SIX. SECOLO IN FRANCIA. 2^1 appena park di libertà. La sua politica è provveduta di principi analoghi al restante di questa dottrina; egli vuole un pastore, e dei cani, per menare le pecore. Eckstein, danese di origine, nelle sue pubblicazioni mensili, venne pure fra di noi a costituire del misticismo e della fede un metodo filosofico, e dell'io una invenzione ideale; ma si appoggia ai documenti storici. Egli non cerca di conoscersi in sé stesso; prende l'uomo ideale; Adamo e Cristo sono l'uomo creato buono, quindi decaduto, quindi degenerato, poi rigenerato da un Dio. Le tradizioni, i caratteri, tutta la passata umanità, gli servono a comporre il suo uomo e il suo cattolicismo. Tuttavia Eckstein non ha scritto abbastanza per farsi conoscere. Ballanche, nel poco che è comparso nella sua palingenesia, dà pure un misticismo religioso, politico e filosofico. Nella sua sincera religione la sua anima si spiega per intero. Egli deriva tutti i suoi principi dalla rivelazione, e Dio stesso parlò ad Adamo. V)1 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. §. III. — Scuola ecclelica. Il nostro eccletismo attuale rassomiglia molto a quello della scuola eccletica di Berlino, la quale si avvicina d'assai alla scuola sperimentale di Scozia. lìerard, medico e filosofo, compose con molto talento una spiegazione dell'uomo. Il corpo vive per una for^a che domina e governa le altre forze, per un principio immateriale , intelligente, attivo, sviluppante il pensiero e i a volont à , riconosciuto dalla coscienza; l'anima. L'anima e la vita sono sempre insieme, si sorreggono e si animano reciprocamente. Vi ha quindi una vita morale ed una vita fisica ; dal loro concorso e dalla loro armonia risulta la vita generale, e gli organi non sono che strumento. Virey venne in seguito a trattare della potenza vitale Bella natura e nell'uomo. Questa potenza è l'attività vestita di forme variate, e che si occupa a generare, conservare e trasformare. Tutto è vivente nella natura, ma la vita è differente nei XIX. SE COLO IN FRANCIA. 8^3 diversi esseri. La stessi morte non è che un cambiamento, un modo di far passare in nuove forme. La vita necessita i rap­ porti fra gli esseri e stabilisce le loro diverse influenze reciproche. L'universo è uu vasto organismo di cui l'uomo è un, membro. Ma nella vita vi ha dovunque una reazione ed una resistenza ; le fibre e i nervi bastano per vivere ; il princi­ pio animatore è essenzialmente intelli­ gente anche negli animali i meno intel­ ligenti, e indipendente dall'encefalo, poi­ ché vi hanno animali che non hanno cervello. Kèralry si diede all'ontologismo. Slan­ ciasi fino oltre la creazione. L'essere in­ telligente esisteva già; egli vuol crea­ re; attinge nel nulla ove dall'eternità erano la materia e lo spirito allo stato di possibile; li fa esistere sotto mille forme. Colla morte, questi esseri passano a nuove combinazioni, e l'anima va ogni volta ad organi più perfetti. D a questa metemsicosi in forma indiana, dalla sem­ plicità e dalla moralità dell'anima, dal­ l'esistenza di D io giudice del merito β ST. D ELIE Se. FILOS. 18 2^4 SECONDO PERIODO. TERZA. EPOCA. autore della prova, Keratry inferisce per un'altra vi ta, facendone quasi il quadro. La sua morale dolce e il piacere , inteso in senso generoso, e proclama ovunque l'onesto e il sentimento morale. Riduce il bello ali1 utile ; ma s'inganna, poiché l'oggetto può essere utile senza aver belle forine. Sonovi inoltre le bellezze fisiche, morali, reali, artificiali, di novità, d'arte, d'interesse, ec. MasSias non ha veramente un corpo di dottrina, ina si arresta ove la ragione non può più nulla; tratta di D i o , dell'uomo, della natura. L'istinto incomincia la nostra esistenza , 1' intelligenza la sviluppa, la vita la compio. L'istinto veglia, agisce fino a che la ragione non basta, serbandosi tuttavia sotto l'influenza della libertà, del pensiero e della moralità. Per mezzo dell' intelligenza l'uomo vive moralmente, s'istruisce, e per l'istinto si conserva e si riproduce. La vita è completa per 1'arraonia.di queste due facoltà^ e sta bene se è nelle vie della Provvidenza. 11 mondo e una scena in cui Dio, la causa prima, rappresenta la sua potenza. Sonstetten svizzero, quantunque attor- XIX. SECOLO IN FRANCIA. 2^5 niato da fautori di Condillac e da Kantisti, non fu né Timo né l ' a l t r o ; egli pensa da per sé. Non ha positivamente un sistema, ma una filosofia dolce, una filosofia di sentimento e di unzione. Egli cerca di associare le scienze morali e metafisiche alla scienza dell'anima. Nella sua psicologia, si occupa specialmente dell'intelligenza. Il pensiero ha due applicazioni: viste della materia, viste dello spirito ; senso esterno, senso interno ; si sente, poi si riflette e sì paragona ; quindi s'immagina , si ricorda. Il senso morale, risultamento dell'armonia del senso esterno e dell'interno, è una legge d'ordine e di giustizia. Bonstetten prende in sé medesimo quasi tutte le sue ragioni : Dio è, perchè egli stesso è. L'uomo, infatti, prova Dio; vi ha dell'uomo in Dio e di Dio nell'uomo; l'infinito li separa senza farli dissimili; di qui deriva la prova dell'immortalità dell'anima. Anciilon cerca soprattutto di conoscere l'uomo e di applicare questa cognizione alle quistioni morali, politiche e letterarie. Si sforza di conciliare tutte le opi- 2"j6 SEOOHDQ PERIODO. TERZA EPOCA. nioni e cogliere la verità dovunque. L'uomo è nato pel bene e per la felicità, e lo scopo della società è di conservarlo e di migliorarlo; quindi le leggi non devono fondarsi che sui bisogni comuni e privati dei popoli, né proporsi che un temperamento di unità e di armonia; egli vuole l'attività e la regola, lo slancio e la misura. Dichiarato dapprima, nel 1809, per questa libertà senza limiti, ora pende verso il potere. Droz scelse pure il bene in tutti i sistemi, va seguendo il sentimento e la voce della coscienza; di qui la sua tolleranza e carità. Dapprima fu amico"della voluttà in tutta l'estensione di questa vocabolo; ma i sentimenti dell'anima ne constituirono una gran parte; poscia riunì il bene e la felicità, e finalmente si fece eccletico. Moralista pacifico, letterato filosofo, tratta i soggetti che più si prestano all'elocuzione ed allo stile. Un altro moralista, le cui viste filantropiche non furono abbastanza riconosciute , è Jullicn. Egli non cerca già di fare un sistema , ma più utile di molti moralisti che non ti affaticano che per XIX. SECOLO IH FEANC1A. 277 la gloria di un libro, cerca incessantemente di applicare e di far combinare i principi della morale con tutta la condotta della vita; coli'nomo morale, cerca formare realmente l'uomo fisico e intellettuale, l'uomo privato, sociale e politico. Tale è lo scopo costante delle sue opere, del suo impiego del tempo, del suo esame del metodo di Pestalozzi per l'educazione, opera si mal sentita da tutti coloro che credono doversi immischiare di educazione. Jullien ha incominciato da molti anni un Saggio su la filosofìa delle scienze ; ma i lavori numerosi della Jìéfue encyclopédique divorano il suo tempo. Egli ha per iscopo di esporre un metodo di analisi filosofica facilmente applicabile alle cognizioni umane e proprio ad imprimere loro una migliore direzione più sicura e più rapida. A tale intento, si propone di determinare quali facoltà dello spirito sia d'uopo combinare; quai mezzi rendano gli studi più proficui ; quai é lo scopo vero delle cognizioni e delle scoperte amane ; quali sono le loro leggi e le loro cause generatrici, quali le ri- 3?8 ES COSDO PE RIODO. TE RZA E POCA. sorse, quali gli ostacoli di questo gran progetto nel nostro secolo; finalmente vuole associare, mettere in rapporto i detti con una specie di lingua analitica ο collezione di segni convenuti. Questo è un progettare l'educazione morale e in­ dustriale del genere umano. De Gerando sembra aver voluta inco­ minciare questo progetto col suo trattato dei segni e delV arte di pensare, e della generazione delle cognizioni umane. Egli mostra che il perfezionamento dell'arte di parlare contribuisce a perfezionar l'ar­ te di pensare e le cognizioni dell'uomo· Sia che confuti ο discuta, e sempre un fi­ losofo saggio , paciBco , giudizioso e giu­ sto che cerca il bene e la verità. « Bi­ sogna aver sentito, die'egli, per avere un'idea; riflettuto, per averla chiara;es­ sersi servito di tale facoltà per averla. Nel suo perfezionamento morale, con­ sidera la vita come una continua educa­ zione, di cui i due gran mezzi sono l'a­ mor del bene e l'impero sopra sé me­ desimo. La Storia dei sistemi dì filosofìa, frutto di veglie e di ricerche lunghe e labo­ six. SECOLO IN T U À K C I A . 379 riose, è un glorioso monumento per la scienza. Un eccletismo saggio e chiaro, uno spinto giudizioso e logico , una ri­ flessione profonda e giusta vi espongono e vi giudicano le dottrine e d j sistemi, determinandone i ravvicinamenti e la fi­ gliazione : è un vasto mappamondo scien­ tifico in cui l'abile filosofo ha messo in vista tutto l1 itinerario filosofico seguito dallo spirito umano dai secoli più re­ moti. Per ben giudicare questo gran qua­ dro fanno d'uopo immense cognizioni che pochi uomini ora riuniscono. Maine de. Biran, morto nel 1824,110η lia dato che memorie e dissertazioni in cui filosofa tutto solo, col senso filoso­ fico colla sua coscienza che è il punto generale e centrale donde vengono tutte le nostre cognizioni. E pervenuto al mo­ nadismo , a una sola idea , quella della vita, forza pura, attività; e spiega tutto, Dio l'uomo ed il mondo, colle idee di principi attivi e di azioni. Nel monadismo tutto è forza; ma l'anima che è pure una fòrza attiva , libera e pura, domina le altre, e giudicasi di essa colla co­ sciènza. Maine de Biran, diffonde quest» 28θ ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. forza nell'universo, e distribuendola ine­ gualmente, lo popola, lo varia, e dà un sistema molto soddisfacente per lo spi­ rito. Il dotto Laplace, che la morte ha ra­ pito non ha guari alle scienze, rinnovò ai nostri giorni il principio della ragion sufficiente dato da Leibnitz, e richiamò ]o spirito della Teodicea. D egno erede del genio di Newton e di Lagrange, La­ place vi fu senza dubbio trascinato dai suoi lavori matematici stessi, dalla forma deduttiva e d'incatenamento che questa scienza presenta incessantemente. Ma am­ messo il principio fondamentale, la li­ bertà è intaccata. Invano noi crediamo di essere liberi : u Noi perdiamo di vi­ sta, dic'egli , le ragioni fuggitive della scelta della volontà, nelle cose indiffe­ renti . e allora ci persuadiamo che è de­ tcrminata da per sé stossa e senza mo­ tivo. » Lo stato presente dell'universo è come l'effetto del suo stato precedente e la causa del suo stato avvenire; un'in­ telligenza che, per un dato istante , co­ noscesse e potesse analizzare tutte le forze che animano la natura e la situazione XIX. SE COLO IH FBANCIA. 28t rispettiva dogli esseri, abbraccerebbe nella medesima forinola i moti dei più gran corpi dell'universo e quelli dell'atomo più leggiero, vedrebbe il passato e l'av­ venire. Ma in questo sistema Leibnilziano lutto è causa ed effetto ad un tempo, ο piuttosto non vi ha altra causa che quella che ha incominciato. g. IV. — Scuola dello spiritualismo razionale. Royer­Collard incominciò i suoi corsi nel 1811, quando la gloria delle con­ quiste e la politica occupavano , trasci­ navano tutti gli spiriti, e la filosofia non era gran fatto in voga. Condillac tene­ vasi ancora al sommo della scienza. Ro­ yer­Collard solo osò farglisi incontro, e mostrò che le sensazioni non possono farci conoscere che il mondo esteriore, non il mondo metafisico, l'eternità, l'im­ mensità, ec. , poiché non possono rap­ portarsi ad alcuno dei nostri cinque sensi. L'uomo ridotto alla sensazione, non è che passivo, non ha quasi più che la sensibilità, ed anche la morale ne di­ 28a ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA. pende. Roycr­Collard allora ammise lo spiritualismo ragionato. L'anima, la co­ scienza, ecco i giudici delle nostre co­ gnizioni. L'anima agisce; per questo mo­ do soltanto comprende la durata, e quindi la durata infinita ; essa percepisce un corpo, e per tal mezzo percepisce lo spazio, quindi Γ immensità. Cousin, suo supplente, gli successe con gloria , e fu l'anima della scuola normale. Jl suo colpo d'occhio rapido lo fa av­ volgersi nelle più difficili astrazioni, però viene accusato di oscurità; ma nelle sue lezioni non fa il dogmatico, e sembra abbandonarsi al giudizio di tutti. Egli esplorò, dopo Royer­Collard, la filosofia scozzese ο sia di Rcid; quindi divenne kantista, e per ultimo spiritua­ lista. L'osservazione imparziale, senza sistema, estesa a tutti i fenomeni della coscienza, deve, secondo lui, fondare la psicologia e tutta la filosofia. La libertà è il principio necessario, l'essenza della personalità: è l'io tutte intero. Ma gli atti della ragione e le sensazioni non vengono dall'io. Prima di pensare e di «entire, bisogna che Γ anima abbia il < ΧΠ£. SE COLO IN TRANCIA. 283 pensiero e il sentimento , e che gli abbia veduti svilupparsi; essa non è l'io che quando è giunta ad agire liberamente. Il nostro io si sente dal momento che noi sappiamo di essere; ma non vi ha ancora personalità morale, perchè non agiamo ancora indipendentemente dalle leggi ma­ teriali. Questi dati sono molto antichi. Un principio giusto e severo esprime la sua dottrina morale in poche parole : Γ uomo può perchè deve, deve perchè è libero. La ragione, nella sua essenza pu­ r a , è il criterium del vero. « Tutte le idee a cui lo spirito può giugnere da per sé solo, come quelle di causa, d'effetto, di spazio, di tempo , di reale, di possi­ bile, e c , sono, in fondo, il compimento di ciò che è e di ciò che agisce, dell'e­ sistenza e dell'azione, dell'essere e del­ l'azione ; tutto viene in conseguenza di ciò ; ma l'azione e l'essere non fanno che un tutto riunito. J> Dio , sovrano, anima e governa tutto; egli riserva agli uomini xm avvenire inevitabile , ma ha messo in essi un asilo inviolabile, in cui possono rifugiarsi dalle tempeste sociali. Un allievo di Cousin, T. Joiiffroy, 2°4 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. ancora giovine, ma di grandi speranze, e ora professore di filosofia, fece pure delle conferenze filosofiche alla scuola normale. Egli abbracciò la dottrina «li Cousin, ed esso pure riguarda la coscienza come mezzo delle noctre cognizioni. Essa può paragonare, studiare, percepire, ragionare, ma col lavoro, e liberandosi dalle influenze dell1 istinto e dell'abitudine, per seguire l'osservazione. Quanto ai fatti fisiologici ch'egli affronta, essi sono fondati sopra esperienze positive. Così non vi ha fisiologista che non vegga quanto sia debole l'idea di Geoffroy, quando, per provare che il cervello non serve al pensiero, né colle sue parti isolate né colla sua totalità, asserisce che il cervello dovrebbe sempre pensare anche se fosse in parte offeso. Damiron prende pure l'io come punto di partenza certo in filosofia, e vi scorge 'attività, non già passiva, ma recettiva, accessibile all'azione delle cause esten o n , costante, e come immortale. Essa può riposare, ma non si arresta ; può andar men presta, ma va sempre. L'io e dunque una forza che sembra sempre XIX. SECOLO IN FRANCIA. a85 semplice; dura, si sente nei passato e nel presente, e non può avere spazio. L'anima è fatale prima del passaggio dall'istinto alla libertà, all'impero di sé stessa. È legata agli organi, e sensibile alla loro azione ; ma come ? Noi non possiamo spiegare la sua ubiquità in noi, ina sappiamo gli effetti dei disordini fisiologici sopra di essa. La coscienza è pure il criterio morale, e se si giunge a sapere che cosa sia l'uomo, si saprà il segreto del suo destino; poiché questo segreto è nella sua natura. La quistione del bene è fondata su Io stato di essere morale, sul grado della forza prima che lo conduce. Damiron stabilisce tre sorta di doveri : verso la natura, verso i suoi simili, verso la Provvidenza ; quindi il bene nell'ordine fisico, morale e religioso. La felicità è collegata al bene, e varia come esso, giusta la religione, la giustizia, l'industria, le conoscenze, ec. Le contrarietà umane, gli ostacoli, traggon seco i dispiaceri. II delinquente senza rimorso ha perduto il senso morale. Di più, con un'idea veramente filo- 28f> SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA. sofica, Damiron fa entrare nella morale le cure del corpo, il regime della vita, il rispetto ai nostri organi, che sono nostri , a questo titolo che noi viviamo in essi. Termineremo qui la storia del secolo 19° Noi avremmo potuto indicare ancora molti filosofi distinti: i Lancelin, i Jacqiiemont, i Milon, i Maugras, i Beniamino Constant, ed il barone iVffassias, il cui problema dello spirilo umano racchiude le più astratte discussioni; male loro opinioni si trovano nelle dottrine che abbiamo annunziate. Nondimeno faremo menzione ancora di Bory di SaintVincent che si è distinto per viste filosofiche profonde, ne1 suoi lavori su le razze umane, e che seppe trar consolazione nelle sue disgrazie dallo studio e dal l'a» more per le scienze. Se la politica avesse dovuto entrare in quest'opera, avremmo pure avuto ad esporre la filosofia amministrativa di G. B. Say, e le viste del celebre H. e?. Simone, le quali, benché sembrino bizzarre e paradossali, racchiudono una quantità d'idee ingegnose e XIX. SE COLO IN FRANCIA. 587 curiose, originali e vere; avremmo citalo le osservazioui tli Augusto Comte suo al­ lievo, su la necessità di una riorganiz­ zazione sociale, e quelle di Dunoyer che mostrò un talento precoce , un carattere nobile ed elevato, e >che si è occupato dei rapporti deWindustria e della morale colla libertà. Sezione X. FILOSOFIA. E MOItALE NE LLA SOCIE TÀ'. Più , non ci resta che a volgere uno sguardo rapidissimo su lo stato delle scienze filosofiche e morali nella società. Se ne possono fare più rami, sia all'or­ dine del giorno e delle circostanze, sia in relazione delle specialità nelle posi­ zioni sociali. Cosi vi ha generalmente un sistema di mestiere e d'impiego, un si­ stema di salone, ed un quanto a sé ο sistema privato: evvi inoltre la morale e la filosofia nazionale; quella dei filosofi e dei moralisti; si annoverava pur quella dei diplomatici e degli Stati. Ma la libertà penetra nella nostra B­ 288 SEC0KD0 PEBIODO. TERZA EPOCA. losofia e nella nostra morale. Quindi l'in­ civilimento che è loro intimamente le­ gato , deve risentirne la felice influenza e favorirne alla sua volta i progressi.. u Un popolo schiavo non saprebbe avere una filosofia , e una filosofia libera non saprebbe lasciar lungamente un popolo nella schiavitù, » D 'altronde, solo la fi­ losofia e la morale conducono alla verità ed alla giustizia che solo sono immortali. La filosofia e la morale si diffondono nel mondo, tendono incessantemente a divenire sociali e pratiche, e stabiliscono dei principi razionali su le ruine del misticismo. Un numero grande di corpo­ razioni, d1 istituzioni, di società utili e filantropiche, cercano di spargere dovun­ que, sino nelle ultime classi della popo­ lazione, principj di bene, costumi più puri, in una parola, dell'educazione ο dellVstruzione. p c r ogni dove si dimo­ stra che il più sicuro mezzo di rendere gli uomini buoni, è di illuminarli. L'er­ rore, l'ignoranza, la superstizione e la barbarie hanno fatto abbastanza volte il giro del mondo, cerchiamo di allonta­ narne il flagello per secoli ancora. Le XIX. SE COLO IN FIìAKCU. 289 scienze filosofiche e morali formeranno il nostro primo e più sicuro baluardo. DI già Π desiderio di fondare e di assi­ curare il ben essere della nazione si è impadronito dei nostri principi e di co­ loro che ci governano; il genio della li­ bertà continuerà ad infondere in esse le sue benefiche inspirazioni. Gli antichi lodatori del passato, troppo nemici di questa libertà, diminuiscono poco a po­ co; la nuova generazione segue il tor­ rente dell'incivilimento; i rappresentanti della nazione vogliono improntare le leggi col suggello di una saggia libertà ; tutto procede ad una rigenerazione universale; la Filosofia e la Morale mirano alla con­ quista della nostra patria, e si può quasi dire, del mondo intero. S T . D ELLE Se. FILOS. "· " "" ft VOCABOLARIO DEI TERMINI TECNICI DELLA STORIA D ELLE SCIENZE FILOSOFICHE ******** A Accademia. Nome dato sul principio alla riunione dei discepoli di Platone e alla sua dottrina, p. 80. Arbìtrio (il libero), libertà di determinarsi ad agire ο a non agire. Arte combinatoria ο meravigliosa, p . 169. Ascetismo. Stato ο prinripii di quelli che riferiscono lutto alla vita divota e spirituale. Ateismo. Sistema che nega l'esistenza di un D io. Atomi. Principj elementari delle cose, p. 5g. Attrazione. Forza naturale che sollecita i corpi 0 le loro mollecole a riunirsi, ρ. 5Δ. C Cabala, p . l5j. Categorie d'Aristotile, p . gì. Catena d ' o r o , p . 1^.3. Causalità. Oggetto principale della metafisica, p. 85. Cause finali, p . 9 2 . Cinici. Filosofi che prendevan per guida il gusto na­ t u r a l e , p . 75. M l TERMINI TECNICI. 2C)l Cìrcoìo villoso. Falso ragionamento col quale si oh per prova quello che bisogna provare, p . 128. Concettualismo. D ottrina che non ammette ne la forza delle parole, ne il valore delle cose secondo ciò che essi sembrano esprimere , ma secondo si pos" sono concepire, p . 162. Coscienza. Sentimento ο senso interno che giudica in hoi del bene e del male 3 del vero e del falso. COSMOGONIA. Sistema della formazione dell'universo» p. 18. Criterio. Mezzi onde giudicare, p . 127. Criticismo, ο critica della ragion pura, p. 226. Siste­ ma di Kant in cui la ragione sola esprime, appro­ fondisce e giudica. D Demiurgos, p. i 3 5 . Demonologia. Arte di convocare i demonii. Diade cosa sia, p . (fi. Dialettica. Arte di ragionare specialmente in dialogo 1 p. 56. D I A L E T T O , Ο circolo vizioso, p . 128. ■ ■' > : ' Dogmatismo. D ottrina che prescrive dì credere ciò che proclama. Dottrina. Principii che formano un sistema. E ; ­ Ecletismo, p . I l 4 ­ Egoisti. Filosofi che non riconoscono di esistente che loro stessi ; che non cercano che il loro ben essere anche a detrimento degli a l t r i , p . 238. Elettiva. Nome dato alla filosofia di Carneade, p. 112. Entelechia d'Aristotile, p . 9 3 . 29*ï VOCABOLARIO Eristica, ρ· 79» Esoterica particolare, secreta, p . 8 l . Essenza. Esseri spirituali, secondo Platone ; è l'insieme dei suoi attribuii, p. 8 5 . Etica ο sia morale. Scienza del dovere e dei doveri, P­94­ F Fatale. Chi agisce senza volontà determinata, p. 278. FATALISMO. D ottrina che attribuisce gli avvenimenti ad un destino inesorabile, p . 16, 19. F I L O S O F I A , p. 3. — Sua origine, p . i 5 . Filosofia scolastica, p . i 5 8 . G Gnomici 0 filosofi sentenziosi, p . 3 5 . Gnosi, rrincipi dei Gnostici che erodevano avere dei lumi soprannaturali, p . i 3 2 , GNOSTICI, p. i32. I IDEALISMO. D ottrina che pone in D io, ο in un mondo immaginario , ο nelle astrazioni, le idee di tutte le cose, p. 2 1 . 5 2 . Idee. Esseri intellettuali s sorgenti delle nostre cogni­ zioni, secondo Platone, creale da D io per essere i principii delle nostre cognizicni. Identità assoluta. Rassomiglianza assoluta di tutte le cose. illuminismo. Principio ο dottrina di qurlli che pen­ sano che ivi D io sparga ijeTle anime una luce di­ vina e straordinaria, p. .16Ô. INNATS ( idee ) , nate in noi ο con noi, p . 8 2 . 189, Ipotinopi piironiane, p . 128. jJfj^iBl TERMINI TECNICI. 3Qj Lamismo, p . i 6 5 . legge di continuità. Legge che fa dipendere tutti gli avvenimenti e tulle le cose le une dalle a l t r e , p . 204. Liceo. Nome dato alla riunione dei discepoli d' Ari­ stotile, p­ 8 7 . Logica. Arie di ragionare, p. 5 3 . M Manicheismo. D ottrina che ammette un principio del bene e del male, per render ragione del bene e del male morale. Materia plastica, p. 186. Materialismo. Sistema che nega l'esistenza ο dell'ani­ ma ο degli spiriti, p . 5g. METAFISICA, p. 2. Metcmsicosi, p. 2 1 . — D ottrina che insegna che le anime dopo la motte passano in altri corpi. Misticismo. D ottrina che riferisce lutto ai pratici ed ai doveri religiosi soli, <­he non vede che la reli­ gione come termine, anche delle cose più insignifi­ canti; scuola mistica, p. i 3 o , 2 6 3 . Monade. Cosa sia, p, /j.6, 2 o 5 . MONOTEISMO. Credenza in un sol D i o , p. jgt 22. IV Neoplatonismo, p. l 5 o . Nominali, p. 1Ç1. Numeri. Sono i principi delle cose, ρ. ίφ, Ο Ontologismo. D ottrina che crea g)i esseri in genera­ le, p. 269. 3(vi VOCABOLARI? ^~^ Organologismo. Sislema di Gall che sommcttc le fun­ i b n i spirituali agli organi, p . 258. Orientalismo. Principii cavati dalle credenze mistiche dell'Oriente. Ottimismo. Principii di colui che crede che tutto è bene quaggiù. Ρ PANTEISMO. D ottrina che pone D io in persona in tutti gli oggetti, p. 1 8 , 22. Paralogismo. Raziocinio falso. Percezioni. Ciò che lo spirito percepisce e ciò che vede. Peripatetici, elio significa passeggiaci, p . 9 6 ' Peripatelicismo, p . l 5 o . Piacere. Politeismo. D ottrina che ammette molti Iddìi, p. 18. PORTICO. Nome dato allo Stoicismo perchè Zenone insegnava la sua dottrina nel Pecile, portico d'A­ tene, p . 97. Posteriori ( a ) . Prohabilita (Sistema d e l l e ) , p . I l a ­ Psicologia. Scienza che tratta dell' anima e delle sue funzioni. R Ragione d'epoca. V. Tropi. — D i pratica. Sistema che sottopone tutto alle deci, sioni della ragione applicata a giudicare le cose della vita. Ragion sufficiente, p. 2 o 3 , 2o5. Realisti, p. 161. Ripulsione. Opposto all'attrazione, p . 54· DEI TERMINI TECNICI. 3g5 S Scetticismo. D ottrina che fa del dubbio generale un sistema, p . i o 5 . Scuola. Sistema di tal filosofo* ο l'insieme de* disce­ poli d'un filosofo. Sensazioni. Impressioni prodotte e ricevute. SENSI. Facoltà di comprendere gli oggetti, cinque sensi, organi proprii a ricevere le sensazioni, ρ. l o 5 . Sensi. Sono gli organi proprii a ricevere le sensa­ zioni. Senso comune. Facoltà semplice di giudicare data agli uomini. Sensualismo. Sistema che riferisce tutto allo spirito, senza tener conto degli organi materiali colla de­ terminazione delle nostre facoltà^ delle sorgenti delle nostre cognizioni, ρ. 23Δ. Setta. Molti individui che professano una medesima dottrina. Sincretismo, p . 11^· Sinderesi, ο coscienza d'abitudine, p. 167. Simpatia. Tendenza ad identificarsi cogli altri, ο a dividere la loro maniera di essere, p. 235. Sistema. V. D ottrina. SOFISMA. Argomento caploso e falso, p . 6 2 . Sostanza. Ciò che sussiste da sé, astrazione fatta» delle qualità che possono cangiai'e. Sperimentatori. Termine di disprezzo con imi OWxw chiamava i filosofi che invocano Vesperienta, p. 18^. Stoici. D a σ τ ο ά portico, p . 9 8 . " v i 29G TOC. BEI TERM. TECNICI. Τ Teogonia. Sistema religioso sulle origini de' N u m i , ,..'18. Teosofi. Che si riferiscono a D ìo, ^he ha D io per iscopo. Teurgia. Commercio preteso cogli Dei lienefìci, p . i 4 3 . Trascendentalismo. Idealismo spinto a considerazioni astratte ed allontanaiissime. Trasmigrazione, p, 2 1 . Tropici ο ragioni di epoca di Pirone. PrincÌpU fon­ damentali di questo scettico, p. 107. V Ulema. Prelesi dotti Orientali. Universali. Unita, p, 5 7 , i36. V Versi d'oro. Versi die contengono i precetti delia sag­ gezza dei pitagorici, p. ^ 5 , ^B. Voluttà, p. 4 9 . 102, i o 3 . Vortici. Quantità di materia che i Cartesiani suppon·» gono aggirarsi attorno un astro, p. 189,