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COLLEZIONE COMPLE TA
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COMPENDII SE PARATI
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COMPILATA
DA UNA SOCIETÀ D I D OTTI
SOTTO LA D IHEZ10HE
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STORICO
DELLE
SCIENZE
F I L O S O F I C H E E MORALI
DALLA LOIIO ORIGINE IIJVO Al NOSTRI GIORNI
PRECEDUTO
Da una INTRODUZIONE STORICA,
^V^^ICT'S^.
e seguilo da un VOCABOLARIO de' termim/tqchi^V * ' * Ï-
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001 TIPI DI FELICE RUSCONI
contrada de' Du« Muri, N.° Io33
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INDICE
DELLE MATERIE
INTRODUZIONE .
.
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PRIMO P E R I O D O .
SCIENZE FILOSOFICHE E MORALI DALLA LORO ORI-
GINE FINO ALLO STABILIMENTO DEL CRISTIANESIMO
»»
EPOCA I. Filosofìa e morale prima di Talete. »
%. I. Origine della Filosofia e della Morale »
§. II. Zoroastro; sistemi indiani e Chinesi;
i sette savii dell' Oriente . . . . »
EPOCA II. Da Taletefno
a Socrate
. . §. I. Paragone della Grecia coli' Oriente ; ì
sette Savii della Grecia ; Scuole Ionie ·*
§. II. Scuolad'ltal.; Lao-Tscu, nella China »
g. HI. Prima scuola dì Elea j Eraclide »
g. IV. Seconda scuola d'Elea
. . . »
§. V. Dei sofisti
»
§. VI. Filosofia chinese
»
EPOCA III. Da Socrate fino al cristianesimo
**
g. I. Socrate; i suoi discepoli . . . »
§. II. Cinici; scuola di Cirene» d ' E r e t r i a ,
d» Mogara
f»
t
i5
ivi
ivi
iq
3a
ivi
43
5o>
56
62
66
69
ivi
75^
VI
g. III. Platonismo
png.
g. IV. Aristotelismo
«
g. V. Stoicismo
g. VI. Epicureismo (3o5 anni primadi G.C.) »
g. VII. Scetticismo ο Pirronismo . . ..
g. VIII. IVuova Accademia: seconda, terza,
quarta, quinta accademia . . . . »
§. IX­ La Filosofia passa in Alessandria, e, più
lardi a Roma; Eccletismo, Siucretismo »
g. X. La Filosofia a Roma . . . . »
80
8 7
97
101
io5
109
χ 14
118
SECOUDO PE RIODO.
SCIENZE
FILOSOFICHE E
SIOBALI DALLO STABILI­
MENTO D EL CBIST1ANESIMO TINO AI .­.OSTRI
123
GIORNI
EPOCA LDaG. C.fino al tempo di Carlo Magno»
ivi
g. I. rilosofia romana. D allo stabilimento
del Cristianesimo
.
» 12^
g. II. Misticismo: Gnostici: Essenii, Te­
rapeuti, Ëlkaïti
» I3I
M
g. III. Neoplatonismo
*33
g. IV. Padri della Chiesa
. . . . » l44
§. V. Ultimi filosofi romani . . . . »
«49
§. VI. Filosofia araba
>' 1 5 °
ErocA l i . Dal tempo di Carlo Magno fino a
Cartesio
»> I 5 J
§. I. Secolo di Carlo Magno
. . . "
«i
§. II. Filosofi Arabi
» >54
g. HI. Filosofia scolastica
. . . . '· i 5 8
S­ IV. 2 . ' età della filosofia scolastica . " i 6 °
•
g. V. Lamismo, spiegazione universale nella
China
pag. i6:>
g. VI. 3. a Ria della filosofia scolastica . » i6tì
a e
g. VII. 4­ & «Iella filosofia scolastica . » 170
g. V i l i . Risorgimento delle lettere; riforma» 17a
g. IX. Scienze filosofiche e morali in Italia » 1 7 Ì
g. X. Scienze filosof. e morali in Francia . » ira
g. XI. Scienze filosofiche e morali in Inghil­
terra
» 182
EPOCA I H . Da Cartesio fino ni nostri giorni »» 187
Sezione I. Secolo decimosettimo . » ivi
g. I. Cartesio j suoi partigiani, suoi avver­
sarli; Gassendi, La Forge, Malebranche,
Arnaud
» ivi
g. II. Pascal, La Rochefoucauld t Féne'lon,
Grozio, PnfFendorf, Spinosa . . . »
ιιβ
g. H I . Filosofia di Locke
. . . .
» iqy
^
g. IV. Filosofia di Leibnit2 . . . . u 201
*■ g. V. Scetticismo­di Bayle e di Fontenelle * 207
g. "VI. Fine del 17.° secolo in Inghilterra » 2 l o
Sezione II. Secolo decimottnvo.
. » 2ΙΣ
g. I. Scienze filosofiche e morali in Inghil­
terra
» ivi
Sezione III. Secolo 18. 0 in Francia » 2.\\
§ . I. Sistema di Condillac . . . . »
ivi
g. II. Ateismo : Grimm , D iderot, d'Hol­
bach ; Montesquieu, Voltaire
. . » 219
g. I H . Gli Economisti ; G . G. Rpsseau. Vau­
Venargucs. Madama du Châtelet . . » 222
Seziono IV. Secolo 18."in Germania,
in Prussia, U\ Olanda . . . "
2^5
V ΠΙ
g. Ι. Scuola Leihnitzo­Volfiana ; Lambert,
Lessing, Ilemsterhuis, Jacobi . pag.
ivi
g. II. Kantismo
ι» 229
Sezione V. Secolo 19 ­° m Germania
Dottrine prodotte dal Kantismo . . . . »
ivi
Sezione VI. Scuola scozzese dalla sua
origine in poi
· » 237
g. I. Hutcheson e suoi contemporanei j scet­
ticismo di Hume
» ivi
g. II. Scuola sperimentale scozzese . . ** 2Ì\l\
Se2ione VII. Ultimi filosofi inglesi » 25o
Sezione VIII. I talia dal secolo l 8 . °
Velara in Greciaj Jonathan
Ed­
wards nel Nuovo Mondo
. . »» 2.5a
0
Sezione IX. Secolo 19. in Francia ** 256
g. I. Scuola del sensualismo . . . . » 2 5 7
J. II. Scuola teologica ο mistica
. . ·> 2 6 7
§. III. Scuola eccletica
» 272
§. IV. Scuola dello spiritualismo razionale » 281
Sezione X. Filosofia e morale della
società
» 287
VOCABOLAKIO dei termini tecnici della storia
delle scienze filosofiche e monili, , . . w 39°
COMPENDIO STORICO
DELLE SCIENZE
FILOSOFICHE E MORALI.
*******
INTRODUZIONE
JLM filosofia, attraversando i secoli,
ispira gli uomini e gli avvicina al cielo.
Essa sviluppa i principii della morale,
risalendo alla loro origine, quelli della
religione appoggiandola ai', bisogni del
cuore, ed alla necessità di un Dio; stabilisce la Politica, chiamandola a sostenere, ad arricchire e a rendere felici le
società; in una parola,forma, abbellisce,
approfondisce il mondo morale e iljnon£>T. DELLE Se, FUOS.
I
2
INTRODUZIONE.
I
do fisico, e interroga la divinità su le
sue opere.
Essa è presente a tutti i movimenti
scientifici ed industriali delle società, a
tutte le invenzioni umane; le fa nascere
e sviluppare, poiché tutto ciò che l'uomo fa, anche n e ' suoi traviamenti e nei
suoi errori, ha sempre il suo pensiero
filosofico, il suo scopo riflettuto e giudicalo; e se si osasse dirlo, Dio stesso
non ha potuto creare il mondo e le sue
maraviglie senza almeno un colpo d'occhio e un pensiero filosofico.
Ma questa filosofia pratica, sempre in
azione, questo buon senso naturale non
sono filosofia per molli filosofi. Cionnondimeno si può dire che ne sono
una specie d'introduzione.
Ai nostri giorni per Metafisica s'intende la scienza che abbraccia tutte le
ricerche, il cui oggetto è di ricondurre
le differenti cognizioni umane alle loro
INTRODUZIONE.
3
sorgenti prime^ vale a dire, alla nostra
natura.
Ma, a parlare più esattamente, in ciò
appunto consiste l'essenza della Filosofia. Essa quindi occupa in certo modo
il primo grado della storia universale
dello spirito umano. L ' e s p o r r e , il paragonare le età della sua storia e di ciò
che ha servito al perfezionamento dell'umanità, è trattare di tutto ciò che interessa l'uomo, è un compulsare gli annali
della morale, dell'esperienza e delle
scienze umane di trenta secoli; è quasi
un chiamare al tribunale della ragione
e dell'intelligenza, l'universo e l'uomo,
opera immensa, troppo vasta forse per
un sol uomo, per un sol genio, se fosse
d'uopo eseguirla in tutta la sua grandezza, abbracciarne tutta l'estensione,
apprezzarne tutte le ricchezze, giudicarne tutte le parti senza parzialità, senza prevenzione e pregiudizi!.
4
INTBODBZIONÏ.
Non v'è cosa che meglio della storia
delle scienze filosofiche e morali mostri
quai limiti sicno stati imposti alla po­
tenza dello spirito umano : lentamente
perfettibile, rassomiglia al mare che s'in­
frange contro la spiaggia, e una voce
imponente e suprema sembra che gli
abbia detto : « Tu non passerai oltre a
questi limiti ». Al momento in cui l'uo­
mo, nel suo entusiasmo ο nello slancio
del suo genio, crede essere in procinto
di sormontare i limiti che gli stanno da­
vanti, e farsi strada in nuove regioni, una
grande catastrofe, un diluvio, legioni di
barbari,vengono a percuoteie e distrug­
gere l'opera del genio ; il tempo passa
su queste ruine, e quando l'uomo ricom­
pare, gli è d'uopo costruire con grave
difficoltà un nuovo edificio simile al pri­
mo, ricominciare la sua gloria, e forse
anche dopo un lungo silenzio.
Cosi, noi vedremo nascere in Asia i
INTRODUZIONE.
5
principali sistemi filosofici, che più secoli dopo sono risorti in Grecia, e più
tardi poi ricomparvero nel resto dell'Europa e caratterizzarono i Cartesii,
i Malebranche,! Locke, i Spinosa, i Condillac, i Leibnitz, e c , illustrando la Francia, l'Inghilterra e la Germania.
Tale è la sorte delle umane cognizioni. Ma l'uomo, e ciò che dicesi la p o tenza degli uomini, hanno per ogni dove
frapposto inciampi ai progressi intellettuali. Quante volte la filosofia ha cercalo
di scoprire i principii e le leggi dell'organizzazione e dell'armonia del mondo, e
quante volte un potere ombroso e avaro
è venuto a censurare e paralizzare gli sforzi dell'uomo! Fu per questo che in Grecia
Socrate bebbe la cicuta, e Giordano Bruno venne abbrucialo vivo in Italia; cosi
una parte del genere umano congiura
contro l'altra, e un filosofo che pei suoi
principii vive tranquillo sotto un meridia-
6
INTRODUZION
E .
no viene abbruciato od impalalo sotto
un altro. Quanti uomini tremano al solo
nome di Filosofia, tuttavia da quaranta
secoli forse che si creano sistemi su que­
sto vasto dominio non si può provare
che un dato sistema, solo, senza una for­
za acquistata a lui estranea, abbia p r o ­
dotto qualche torbido negli slati.
La storia della Filosofia è storia di pa­
ce, di combattimenti spirituali, di guerra
argomentativa p e r giungere a stabilire
alcune verità a vantaggio degli uomini.
E un lungo dramma, in cui gli attori,
non fanno quasi altro che cambiar costu­
me , e che potrebbe parere rappresen­
tato in prova di quei vecchi apoftegmi:
Niente è nuovo sotto il .iole. Non v'I ta
cosa che non sia stata lodata ο biasimata.
È ignota l'epoca dell'origine dei pri­
mi sistemi filosofici, e, malgrado l'auto­
rità e il nome di Brucker, non è possi­
bile ammettere una filosofia antidiluvia­
INTRODUZIONE.
7
na; la storia non ci ha conservato nulla
\ in proposito. Egli è specialmente dap­
\ poi che la Grecia cominciò ad essere
1
potente colle sue numerose colonie e col
suo commercio marittimo, dopo la scuo­
la Jonica, che noi vedremo, ad epoche
fisse, un gran numero di opiuioni e di
sette venir alle prese ο coi pregiudizii
ο colla ragione ο coll'incivilimento, e ,
jj^· dopo tanti secoli di discussioni, le me­
t ­ idesime quislioni anche al giorno d'oggi
*
rimesse alla decisione del giudice.
La Grecia, n e ' tempi andati, vide ca­
dere la sua libertà , la sua grandezza e
la sua gloria ; essa ha avuto i suoi eroi
n e ' combattimenti, nelle scienze e nelle
arti; essa ha avuto i suoi trionfi nella
Filosofia. Roma, occupata a farsi grande,
solo ben tardi accolse la Filosofia in si­
stema; ma parve professare una specie
di stoicismo pratico, patriolico e morale.
Il cristianesimo innalza la sua fiaccola
8
INTRODUZIONE.
e la sua luce semplice e sublime scopre
all'universo una morale tutta divina. Per
il corso di otto secoli non si fa altro dapprima che commentare, alterare, cangiare, e cadere finalmente in una nullità
quasi totale ; il genio della Filosofia sembra spegnersi ; egli si rialza lentamente
e con grande difficoltà; sotto il nome di
Filosofia scolastica, manda alcun pallido
chiarore; poi, verso la fine del medio
e v o , sembra scuotere la trista polvere
in cui dormiva sepolto.
Nel secolo decimoterzo, al tempo della caduta dell'impero d O c c i d e n t e , le
arti preparano e annunziano il ritorno
della Filosofia. Le cifre arabiche sono
introdotte in Europa, i cenci di pannilini sono adoperali a fabbricar carta, la
bussola viene portata sui mari, e finalmente si vede comparire la pittura, l'incisione, la stampa, avventurosi figli del
nascente incivilimento; tutto il materiale
INT110DUZIONE.
g
delle scienze era pronto pel loro p r o ­
gresso e divulgamento.
A questa slessa epoca si può riferire
lo studio delle leggi r o m a n e , e i primi
saggi di poesia nelle lingue volgari, in
Inghilterra, inlscozia, nella Svevia, iti
Provenza, in Toscana, in Catalogna, in
Normandia.
Ma la Filosofia fino al secolo decimo­
terzo non aveva lascialo parlar la ragio­
ne che poco per volta, e colla voce di uo­
mini superiori che sembravano inviati ad
intervalli nei tempi di tenebre per far
progredire l'umanità di alcuni passi; cosi
sorsero i primi rudimenti delle cognizioni
attuali dell'Europa, che per tanti secoli
fu traviata dalla Filosofia scolastica. Fi­
nalmente si giunge al decimoseslo se­
colo : Lutero tenta la riforma ; Galileo
svela le leggi delle scienze fisiche col
suo metodo sperimentale ; Bacone ap­
plica questo metodo alle scienze filoso­
■­'­Î­'
IO
1NTH0DEZI0NE.
fiche e morali e a tulle le cognizioni.
L'erudizione ridesta i sistemi dell'antichità, e la meditazione gli ingrandisce.
Nel secolo decimottavo tutti si credevano filosofi, perchè tutti volevano r a gionare e argomentare. Ma già fin dal
secolo decimosettimo un gran numero
di nuove viste si erano preparate in tutta
l'Europa.
Nel secolo decimonono , la Filosofia
cerca strade più razionali e più sicure,
e porta uno sguardo severo sul passato.
Cionnondimeno noi v'incontriamo dei
sistemi contro la libertà morale e religiosa, e una specie di Filosofia sacerdotale. Profondi pensatori hanno interrogato l'uomo materiale e sociale, onde
pervenire alla cognizione dell'uomo spirituale e morale; altri combattono la
dottrina di Condillac, e attualmente noi
siamo presenti alla lotta dello spiritualismo e dell'orgauologismo.
INTBODCZIONE. '
II
Si può dunque fin d'ora giudicare
quanto spazio abbiamo a p e r c o r r e r e , e
scorgere come le scienze filosofiche β
morali hanno sempre provalo l'influenza
e sono sempre state modificate dai di­
versi governi, dallo stato di restrizione
ο di libertà dei popoli, dalla natura del
poter dominante negli Stali, dalla varietà
dei climi, dalle idee preconcepite, dai
costumi nazionali e dalle credenze re­
ligiose.
Tutto l'Oriente, specialmente la parie
maomettana, non ha Filosofia. 11 Cora­
no, colle sue contraddizioni, co' suoi mi­
racoli ridicoli, colle sue credenze assur­
d e , colle superslizioni quasi continue,
con un'alterezza imperturbabile, un mi­
sticismo raffinato e destramente insi­
nuante, il Corano, libro di D i o , è la
sapienza e la omniscienza che non ora·
inette veruno esame e nessuno scrupo­
lo. Si aggiunga a questo che l'idolatria
11
INTBODUZION
E .
ne chiuse Γ accesso alla China e al
Giappone, che gl'Inglesi non si danno
premura d'istruire gl'Indiani, e che per
tal modo una delle più grandi parti del
globo è sottratta per assai lungo tempo
al miglioramento civile, morale e intel­
lettuale, e lo spirito condannato a r e ­
starvi stazionario.
Quanto ai monumenti della Filosofia
e della Morale antica, il tempo e alcuni
accidenti ne hanno tolto un gran nume­
ro. Il fulmine ha distrutto il tempio di
Apollo e la biblioteca degli imperadori;
si accusa Omar di aver ridotto in cenere
quella di Alessandria; Aristotile, Plato­
ne, Zenofonle, Ippocrate, Epicuro, Ci­
cerone, Seneca, Plotino, Porfirio e tanti
altri ci sono pervenuti mutilati ο incom­
pleti ο corrotti; ed opere opogrife sono
passale col favore di celebri nomi. Al­
cuni padri della chiesa, come S. G r e ­
gorio e S. Girolamo, hanno fatto spa­
IRTRODUZIONE.
l3
rire ori hanno alterato i libri dell'antichità profana; e i monaci hanuo sagrificato sia per ignoranza, sia per altri
motivi , sovente per bisogno di pergamena, una quantità di testi preziosi.
Quanto agli autori che hanno trattato
in modo speciale e distinto, la storia
delle scienze filosofiche e morali, si possono ridurre ad un assai piccol numero.
In Francia non contansi che Lalande, e
de Gerando, le cui veglie laboriose, la
cui vasta e feconda erudizione, il cui
giudizio chiaro e saggio ci completano
il suo bel lavoro su la storia dei sistemi
comparativi della Filosofia.
In Inghilterra abbiamo il dotto discorso di Slerwart, sui progressi delle
scienze metafisiche, morali e politiche,
dal risorgimento delle lettere'm poi, che
serve d'introduzione al primo e al quinto supplimento dell'Enciclopedia Britannica, pubblicata ad Edimburgo.
I4
INTRODUZIONE.
In Germania indicheremo in particolare Brucker, Tiedemann, Buhìe, Tennemann, che ci offrono fino al secolo
decimonono la storia completa dei sistemi di Filosofia.
In questo compendio noi ammetteremo il minor numero di divisioni possibile; e ond'essere sempre più alla portata dei lettori, cui è specialmente destinato , le stabiliremo sopra epoche
istoriche rimarchevoli, e determinate da
nomi illustri e conosciuti. Distingueremo
due periodi : il primo fino allo stabilimento del cristianesimo, il secondo fino
a'nostri giorni. Ciascun periodo poi comprenderà tre epoche.
TRIMO PERIODO
SCIENZE F I L O S O F I C H E
E MORALI
DELLA LORO ORIOINB F1KO ALLO STABILIME NTO
DEL CBISTIAKE SIMO.
»*««♦»
PRIMA EPOCA.
FILOSOFIA E
MORALE
PRIMA DI TALE TE .
§. I. Origine della Filosofia e della Morale.
O i fa risalire fino a D io, fino all'eternità,
l'origine dei principii morali ; allora , i
limiti che separano il giusto dall'ingiu­
sto, il bene dal male, non sono già l'o­
pera degli uomini, né un fatto di edu­
cazione e di pregiudizio.
Quanto alla filosofia, figlia dell'os­
servazione e della riflessione, essa appa­
]6
PRIMO PERIODO. PRIMA EPOCA.
risce coetanea al genere umano; poiché
è ben difficile di suppone l'uomo in mezzo ad un mondo sì ricco di maraviglie,
senza che abbia osservato e riflettuto. Ma
lo spirito umano non progredisce che
lentamente e per gradi, spesso rimane
stazionario, e i solismi, i tentativi e gli
errori sono preludio a tutte le cognizioni. L'ignoranza favorisce l'inerzia; ambedue unite si lasciano facilmente sbigottire ; e il primo sistema filosofico forse
fu il fatalismo, dottrina facile e semplice,
ma tremenda per le sue conseguenze, distruttiva di ogni emulazione, di ogni perfezionamento, mortale ben anche alla morale, se un sentimento profondo di debolezza e d'insufficienza,un bisogno e un
desiderio insaziabili di reciprocità nel
commercio della vita, se la legge invincibile della coscienza non avessero incessantemente richiamata la società a doveri reciproci e meritori! ingiunti alla
umana condizione.
In seguito, amando lo spirito appoggiarsi a dati almeno supposti positivi,
vennero ridotte a sistema le regole di
condotta e di morale secondo il genere
ORIGINE SE LLA FILOSOFIA.
\η
«li vita; ο il p r i m o sistema di morale do­
vette essere un sistema ili reciprocità.
Ma le differenti passioni degli uomini
trassero seco perniciose collisioni, m a l ­
c o n t e n t i , querele e inimicizie.Questo sta­
to di opposizione e di divisione fece n a ­
scere una specie di rivalità favorevole
alle i n v e n z i o n i , e moltiplicò le società
che allora invasero i diversi c l i m i .
Nuovo cielo, terreni più ingrati ο p i ù
fecondi, ο più ricchi fecero c o n t r a r r e n u o ­
ve abitudini a queste c o l o n i e , resero i
bisogni più pressanti ο i godimenti più
g r a d i t i ; q u i n d i , nuove riflessioni, nuovi
si udii ; in un secolo più avaro, fu d'uopo
di agricoltori; sotto un m e r i d i a n o meno
felice, si ridusse il bestiame al pascolo,
e vi ebbero popoli pastori ο n o m a d i .
Le città si fondarono, i r a p p o r t i delle
nazioni si moltiplicarono ; l'uomo geloso
di esercitare e di far valere la p r o p r i a
industria, stabilì in c o n t r a d e lontane t r a n ­
sazioni e relazioni c o m m e r c i a l i ; ben p r e ­
Sto affidò a! capriccio dei mari le sue
ricchezze e la sua v i t a , e nello stesso
tempo andò ad osservare nuove regioni >
Sx. D ELLE Se. F I L O » .
2
l8
PRIMO PE RIODO. PRIMA E POCA.
nuovi costumi, e a procacciarsi novelle
cognizioni.
Allora egli potè paragonare fatti e os­
servazioni; ma solo quando grandi avve­
nimenti , fenomeni stupendi di natura
vennero a turbare e sorprendere il suo
spirito abituato ad una vita uniforme,
cercò talvolta di spiegare le leggi della na­
tura, e si creò una dottrina, sia per pru­
denza , sia per timore. D 'altra parte , in
tutti i popoli si trovano uomini portati
da naturale inclinazione alla vita con­
templativa ; questi sono i saggi, i doti
di ogni regione e di ogni nazione.
A questo modo nacquero le prime co­
smogonie, e nello stesso tempo le prime
teogonie; poiché era impossibile osser­
vare e giudicare avvenimenti indipen­
denti da ogni umana potenza, senza am­
mettere una ο più cause ignote, superiori
e dominatrici. Ciascun popolo allora si
creò e popolò un olimpo, un soggiorno
divino al di là di ogni umano vedere;
oppure si mischiarono gli dei a tutti gli
oggetti, a tutti gli avvenimenti, come
abitatori travisati od invisibili del nostro
globo i quindi venne il panteismo, il pò­
ORIGINE DE LIA FILOSOFIA.
IO,
Uteismo, e la fede in un solo D io, ο ria
il monoteismo.
La Filosofia, nella sua origine fu as­
sociata e unita intimamente alla teologia.
In seguito la voce della coscienza, il sen­
timento del bene e del male, congiunti
' all'idea di quella potenza che ha tutto
ordinato e disposto nell'universo , porta­
' rono alla credenza che , avendo de' rap­
porti con quanto esiste, abbiamo dei do­
veri verso la Divinità; allora la religione
incominciò le sue pratiche e le sue opere
pie; si concepirono ricompense e castighi
per l'uomo che doveva vivere in altro
modo dopo la sua sparizione da questo
mondo, e la morale venne pure associata
alla teologia: ma queste medesime idee
furono anche il principio del fatalismo.
§. II. Zoroastro. — Sistemi indiani e
chinesi. I sette Sani dell'Oriente.
Ad intervalli più ο meno remoti, vi
ebbero, fino dalla più remota antichità, uo­
mini generosi, il cui genio nobile e di­
sinteressato osò sagrificare le proprie me­
ditazioni e i pi'oprii pensieri al bene di
SO
PRIMO PERIOno. PRIMA. EPOCA.
t a t t i . T a l e fu , specialmente in Persia ,
il secondo dei due Zoroastri,
la cui epoca e ignota e la cui e s i s t e n z a , per lo
meno, è cosi incerta q u a n t o q u e l l a d i O m e ro. Questo Zoroastro insegnò la d o t t r i n a
di un Dio unico e supremo, intelligenza
immateriale ; il fuoco, la l u c e , che e r a n
gli dei de' Magi, n o n furono più a l t r o
che simboli della sua potenza attiva e
benefica; ma non sapendo concepire che
dal niente posia emergere qualche cosa,
diede al mondo nna esistenza e t e r n a · A l lora si spiegava coi due p r i n c i p ì i del ben e e del male, lo stato delle cose morali
su la t e r r a ; Zoroastro si credè obbligato
di lasciare Ormuzd autore del b o n e , ed
Arimane autore del male ; ma queste d u e
divinità sovrane dei M a g i , v e n n e r o assoggettate alla potenza di un solo Dio.
Questa idea sublime, i m p o n e n t e , e c h e
fu mi acquisto immenso pel genere uman o , porlo un colpo m o r t a l e ai p r i n c i p ì i
filosofici dei Magi e dei loro oracoli. In
nessun altro luogo, salvo presso i G i u d e i ,
non si trovava una divinità suprema indipendente, unica, infinita, come il Dio
di Zoroastro , che fu il focolare di ogni
«cienza, di ogni morale, e di ogni feliciti.
Z0BOASTR0.
si
È bello il vedere, ne' più remoti secoli,
un genio imponente e libero scuotere
le catene dei pregiudizii, e far sentire agli
uomini lo strepito dei ferri che gli aggravavano.
Il sistema delle emanazioni coordino gerarchie di potenze, incaricate d'invigilare su tutti i fenomeni della natura; ma
il Dio unico abbracciava e vivificava tutto.
L'uomo, qual ente capace di sublimi
pensieri, doveva riguardarsi come animato dal medesimo principio, e degno
di essere un1 emanazione della Divinità ;
l'uomo morale e intellettuale fu allora,
per cosi dire, scoperto e inventato ; la ragione, prima di tutte le facoltà, fu una
fiaccola accesa dalla mano di Dio e l'anima umana da lui emanata , divenne
un principio immortale incc.isantemente
in moto.
Queste idee servirono di base ai sistemi delle trasmigrazioni e delle meUtnuicosi; fondarono le credenze de'Caldei, degli
Egiziani, dei Fenicii, degli Indiani e di
quasi tutta l'Asia ; e originarono le idee
di Pitagora. Quindi l'idealismo, che fino
a1 nostri tempi fu uno de' sistemi più
22
PRIMO PE RIODO. PRIMA E POCA.
diffusi, diede principio alla Filosofia. Ma
questa antica dottrina, in fondo, non era
che un monoteismo ο forse una specie di
panteismo.
Prima di Zoroastro, i Persiani ammet­
tevano rimmortalità dell'anima, benché
separassero e personificassero le nostre
facoltà, e distinguevano la ragione, il giu­
dizio, la sensibilità, la volontà, l'imma­
ginazione e la coscienza, ο sia l'anima :
ecco una specie di psicologia.
Zoroastro ha depositate, a quanto si
dice, le sue leggi e le sue dottrine, in
un libro chiamalo \\ Zendavesta ( i ) . Anche
a' nostri giorni i Ghebri, seguaci di Zo­
roastro , ponendosi alla lettura di quel
libro si fasciano la bocca, come se temes­
sero che le sue sacre parole non venis­
sero bruttate dal contatto dell'alito.
Nell'Asia orientale, e specialmente fra
gl'Indiani, si trovano con sorpresa i mo­
numenti primitivi dei sistemi che più
tardi comparvero in Grecia. I libri detti
fèdas e i diciotto Paurdnas ο Amichila,
(l) Questo libro è riguardato come a1)0crifo. « fu
««ritto, come pare, noi «ottimo jocolo.
ÎOEOASTRO.
a3
che ascendono a circa ottocciitomila versi, sono gli annali, in cui si trovano esposte tutte le loro cognizioni intellettuali
e industriali, i riti e la religione degli
Indiani; in essi- la casta sacerdotale, depositaria esclusiva delle scienze, ha con
cura indicati i cambiamenti avvenuti nella
filosofìa e nella religione , la storia delle
cosmogonie e delle teogonie , della simbolica e della morale; tuttavia e difficile
lo scorgere sottq quale influenza sieno
stati scritti.
Ciò che vi ha di più sorprendente nella
loro storia delle scienze filosofiche e morali , è il vedere , cosi come in Grecia ,
sette saggi illustri fondarne la gloria, e
dopo una serie di altri santi personaggi
che li seguirono, formarsi successivamente sei scuole. La più antica è quella di
Capila, il Pitagora indiano, che fondò la
filosofia dei numeri. Più tardi, Palandiali,
il Zenone dell'India, creò il sistema dell'unione con Dio; Gotama, che fondò una
specie di peripatreismo, e Canada che rappresentò la dottrina di Talete, crearono
due altri sistemi stabiliti sopra basi logiche , ma non ben conosciuti. Nulladi-
l\
PRIMO PE MODO. PRIMA E POCA.
meno essi diedero origine a due altre
scuole, la prima delle quali, fondata da
Djemini. il Socrate del Gange, è come
l'introduzione all'ultima ο superiore, sta­
bilita da Vyassa. maestro di Djemini, gran
filosofo, poeta rinomato, e il Platone di
quelle contrade dell'Oriente.
Gli scritti di questi filosofi, tutti in
aforismi, non sono che un'analisi molto
oscura di quelle dottrine. Le discussioni
filosofiche, date in commentarli dai loro
numerosi seguaci, trattano le quistioni
importanti dell'eternità della materia,
dell'azione di una prima causa, dell'esi­
stenza di un D io che è il gran tutto, della
dottrina degli atomi, della creazione del­
l'universo, delle rivoluzioni della materia
creata, e c ; ma il sistema di Gotama è
più seguito. Cionnondiineno lo spiritua­
lismo è il punto di unità di tutti questi
sistemi, e la religione è il loro scopo
unico.
Un antico libro filosofico, VOutlaia,
nega il mondo esteriore, e il VaUhechika
sostiene la teoria degli atomi.
La filosofia di Νγύγα si avvicina molto
alla logica ed alle categorie di Aristotile;
SISTEMI IKDIAKI, E C.
25
ma spiega pure la creazione colPinter­
vento degli atomi; essa insegna che il
suono si propaga col mezzo delle ondu­
lazioni , e quasi in ogni sua parte è op­
posta al misticismo.
Certe scuole ammettono l'esistenza di
un D io, altre la negano. In generale, si
riporta la morale ad un gran numero di
pratiche obbligate ο libere. Oltre a un
Dio supremo, si crede all'esistenza di tre
altri esseri, mediatori fra D io e gli uo­
mini e agenti nella creazione, conserva­
zione e distruzione; essi sono Brahma,
Wichnou e Siva, tutti e tre soggetti ai
bisogni e alle leggi della nostra vita ter­
restre.
Le due scuole Sankhra hanno una spe­
cie di filosofia intellettuale e inorale; nei
loro principii, i tre soli mezzi onde per­
venire alla scienza, che sola conduce al
sommo bene, vale a dire, all'essenza del
dolore, allo stato d'anima libero dagli
ostacoli onde il mondo esteriore l'attor­
nia, sono la percezione, la deduzione e
l'affermazione. La scienza è la cognizione
completa di venticinque principii, nel no­
vero de'quali sono la natura, ο materia,
25
ΓΗ1Μ0 PE KIODO. PIUMA E POCA.
o energia di Brahma, sostanza indistrut­
tibile e primaria che produce e non è
prodotta; la coscienza, l'io, proveniente
dal principio intelligente che ha origin
nato i cinque atomi intangibili ο essenze
degli elementi; gli undici organi dei sen­
si , dieci dei quali sono esterni : cinque
per la sensazione, l'occhio , l'orecchio ;
l'udito, la lingua, la pelle; e i cinque
per l'azione, l'organo vocale, le mani, i
piedi, le vie escretorie, gli organi della
generazione; l'undecimo, interno, è lo
spirito, attivo e passivo ad un tempo. 11
senso esterno riceve, il senso interno esa­
mina; la coscienza s'interpone e fa l'ap­
plicazione della sensazione; l'intelligenza
decide, e l'organo esteriore eseguisce­ Que­
sta filosofia, quantunque imperfetta, è ri­
marcabile per la sua applicazione, né
merita quel disprezzo che si è dimostrato
per tutta la filosofia orientale.
I cinque elementi sono, l'etere sottile
che riempie lo spazio , l'aria , il fuoco,
l'acqua, e la terra. L'anima è multipla,
immateriale, vincitrice della morte, inal­
terabile, eterna, individua, libera; è una
porzione del grande spirito; ma le pas­
SISTEMI INDIANI, E C.
3?
sioni, i vizii e gli errori influiscono più
ο meno su l'acquisto della scienza che
essa cerca.
In generale, si riguardava la legge del
dovere come indipendente dai dogmi, e
determinata dalla condizione di ciasche­
duno; e , cosa sorprendente fra questi
popoli, l'osservanza di tale principio in­
nalzare l'indiano anche al disopra del
bramino che passa la sua vita nelle
minuzie di un culto bizzarro e di pra­
tiche materiali. Se questo principio di
una morale veramente filantropica e so­
ciale fosse stato osservato con esattezza,
la superstizione e gli scrupoli religiosi
avrebbero senza dubbio fra quei popoli,
perduto della loro forza.
Inoltre le scienze erano onorate come
il più bell'appannaggio dell'uomo. Solo
tre cose, a quanto essi dicevano, vi sono,
che portano un nome vano, un elefante
di legno, un anteloxe di paglia e un uo­
mo senza istruzione.
Altri libri ancora, come i sei Chustars,
contengono i principii che servono di
base alle sei dottrine, ο sia sette ortodosse,
opposte a tre altre selle eterodosse ο ore­
28
PRIMO PE RIODO. PIUMA E POCA.
tiche. Questi libri, come gli altri, rac­
chiudono una morale pratica, bizzarre
allegorie, delle sottigliezze, della logica,
della dialettica, della teologia, e quistioni
filosofiche, come le seguenti: tutto éuno,
la moltiplicità degli esseri è immagina­
ria, non ve ne ha che uno da cui tutto
emana, e tutto è quest'essere; tutto ciò
che esiste è il prodotto ο la conseguenza
di un'azione, il male, il bene, le ricom­
pense, i castighi, ec.
Quanto ai libri interminabili dei Boud­
disti, chi non ha cognizione di alcuno
di essi, non saprebbe immaginare fino a
qual punto possano procedere le strava­
ganze e l'assurdità umana : vi si trovano
tuttavia dei tratti di genio sorprendenti.
Nella China, questo Bouddaho Chekia­
Mouni è onorato sotto il nome di Fo.
Da più di mille anni in qua egli s'in­
carna tutte le volte che la religione e i
bisogni della China lo esigono. I Bonzi,
che professano la sua religione, formano
la setta dei Bonzi­ho­chang; vi hanno
ancora due altre sette, quella dei Filosofi
chinesi e quella dei Bonzi Tao­ssé.Quan­
to a questo Fo uiaraviglioso , le sue pa­
SISTEMI ΐϋηίΑκι, E C.
29
role spirano tutte una morale dolce, sem­
plice e sublime, sovente vestita da alle­
gorie splendide ed ingegnose.
I seguaci di Fo, e in generale i Bonzi
e ifilosofi chinesi seguaci di Confucio,
sembra che abbiano studiato la natura
fino da quelle epoche remote. Fo è la
loro sola natura intelligente nelPuniver­
so. Essi avevano prima ammesso esseri
visibili, materiali, ed un principio im­
materiale; ma imbarazzali dalla materia
in vista delle illusioni dei sensi e dello
spirito, non potendo ammettere che la
materia sia eterna, che abbia potuto es­
sere creata dal nulla da un essere im­
materiale, e che siavi compatibilità e re­
lazione fra di essa e questo essere, la
diedero vinta all'essere spirituale, e po­
sero in dubbio resistenza della prima;
quindi, se non vi sono corpi da reggere,
non vi è pur bisogno di spiriti, né di
anime, e il pensiero della loro esistenza
è una malattia che la religione di Fo
d e e guarire, fino a che Tanima non sen­
ta più né sé, né le sue facoltà.
In conseguenza di ciò, più non vi sono
incomodità di età, né nascita, né vita,
3θ
ΡΒ1Μ0 PE RIODO. PIUMA E POCA.
né morte, né cielo, né terra, né castighi, né
ricompense al di là di questo mondo : ta­
le e la loro dottrina segreta ed interna.
I Bonzi Tao­ssè tengono il dimezzo
fra i Filosofi e i Bonzi ho­chang; essi,
così come questi, rinunciano­^ pubblici
impieghi , e fra i sentimenti di natura
escludono solamente quelli che causano
inquietudine. L'uomo, secondo essi, è per­
fettibile, e può pervenire alla felice im­
mortalità col mezzo di ricette chimiche
e di arcani. Ma le tre sette si accordano
su questo punto, che tutte le cose non
sono che uno ; che ogni essere è parte
dell'essere universale ; e, secondo Ho­
chang, questo essere è il loro Fo. Quanto
alle trasmigrazioni delle anime, esse han­
no luogo giusta i loro meriti, per sei or­
dini, quello degli abitanti de1 cieli, quello
degli uomini, quello dei genii, quello
delle bestie, quello dei demonii famelici,
quello degli abissi. Il loro principio di
morale è che fa d'uopo fare il bene ed
evitare il male; tutti gli uomini sono
uguali j non vi ha né grado né distinzio­
ne fra il ricco e il povero.
Lrecia, che incominciò assai tarili
SISTEMI IKD IAMI, EC.
5T
a distinguersi nelle scienze, si .giovò delle
cognizioni degli orientali. Omero e Esio­
do, incominciarono la scienza colle loro
teogonie ; Omero specialmente, che viene
onorato col titolo di padre della Filoso­
fia e della Morale, e di cui Platone proi­
biva la lettura nella sua repubblica, per­
chè lo stile della poesia, colle sue figure
e co1 suoi colori, col vago delle finzioni
fantastiche non può dare che false idee
in Filosofia, specialmente agli addetti e
alla gioventù. Fino a falete infatti , si
vede la Filosofia senza carattere deciso
e stabile, e la Morale vestita delle forme
allegoriche della mitologia.
Cosi in Grecia come in Asia vi era la
P'ilosofia e la Morale esoterica degli ini­
ziati ai misteri, di cui si vincolava la di­
screzione per mezzo di giuramenti invio­
labili, onde sfuggire al giudizio dei pre­
giudizii e della superstizione.
S'ignorano le dottrine e le cose che si
trattavano in queste assemblee segrete e
misteriose. Forse di tali dottrine si sa­
ranno giovato quei filosofi che sai­annosi
appoggiati ad esse ο ne avranno estratto
i loro sistemi. Cionnondimeno queste
32
PRIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA.
iniziazioni avevano quasi lo stosso inconveniente, tanto per le scienze che per le
prerogative delle caste.
SECONDA E P O C A .
DA TALETB FISO A S0CI\ATE.
§ I. Paragone della Grecia coll] Oriente.
I sette Savii della Grecia. — Scuole Ionie·
Ora noi vedremo la ragione farsi g r a n de e feconda, conquistare, in certo modo
la Grecia, e preparare quella gloria scientifica, che all'uomo costa solo meditazione.
Le iniziazioni, in Grecia, ben diverse
da quelle dell'Oriente, avevano degli addetti nelle differenti classi della società, e i
filosofi che ne ebbero per le particolari
l o r o dottrine gli ammettevano senza distinzione di g r a d o ; era per un p r u d e n t e
timore della superstizione e dell'ignoranza che sfuggivano in tal modo ogni pubblicità. Cosi si preparavano i fondamenti
di quei ginnasi di morale e di filosofia >
in cui lo spirito dell'uomo doveva incominciare l'educazione della gran famiglia
d i l genere umano.
PAR. DE LLA GBBCIA. COLL'OR! EÏITE.
33
Il dispotismo asiatico pareva che volesse
privar l'uomo delle sue più belle fun­
zioni, paralizzare le più nobili sue facol­
tà, l'intelligenza e la ragione, e impedire
incessantemente lo slancio del pensiere
e la libertà intellettuale. Perciò i filosofi
ο dotti restrinsero le loro dottrine pub­
bliche alle combinazioni e alle regole
religiose, e non si mantennero liberi che
nelle segrete; quindi, quanti secoli scorsi
nell'infanzia, nella sterilità e nella super­
stizione!
Inoltre , l'estensione degl'imperi! del­
l'Asia, l'uniformità di amministrazione, di
costumi, di lingua che necessariamente
ne risultala sciocchezza di quell'orgoglio
degli orientali, che anche al giorno d'oggi
fa loro sdegnare il commercio cogli stra­
nieri, tutto insomma contribuiva ad im­
pedire i progressi dello spirito d'osserva­
zione e lo sviluppo della mente, coll'in­
ciampare le comunicazioni che slimolano
i popoli a vicenda.
In Grecia, la libertà, quantunque dap­
prima fosse alquanto ristretta dalla su­
perstizione e dall'ignoranza, lasciò ben
presto apparire i disegni e i concelti del
ST. D ELLS Se. Faos.
3
34
PRIMO PE TIIODO. SE CONDA E POCA.
genio dell'uomo e trionfare i p r i n c i p i i
della Filosofia e della Morale. La divi­
sione della Grecia in piccole r e p u b b l i c h e
sovente rivali, in paesi che avevano cia­
scuno la loro storia, i loro annali, la loro
gloria e i loro l u m i , fu cagione di u n a
emulazione feconda. Lo spirito di s t a b i ­
lire colonie e quello del commercio tra­
sportò i Greci in lontane regioni ; e i
loro filosofi, co 1 pellegrinaggi scientifici,
andavano a studiare popoli s t r a n i e r i .
Tale era lo stato della Grecia q u a n d o
i suoi primi filosofi stabilirono ο difesero
la libertà del loro paese , e q u a n d o T a ­
letc fondò la prima scuola e il p r i m o si­
stema di Filosofia. Questo coraggioso n e ­
mico della tirannide fu prccedulo da savii
e da legislatori i quali, r i f o r m a n d o l e idee
morali, le avevano applicate al perfezio­
namento dei rapporti sociali. G i i i Za­
leuco, i Caronda, stabilendo una m o r a l e
severa e giusta nelle loro leggi giuridi­
che e politiche; Βiante,
Piltaco,
colla
purezza de 1 loro precetti su la castità, la
temperanza, l'amor del vero e la condotta
sociale degli uomini, avevano in ispecinl
modo dato incominciaracnto alle scienze
SAVI BE LLA GRE CIA.
35
morali. D opo Biante e Pittaci), co 1 quali
ha principio la lista dei sette Sarà'della
Grecia ο filosofi sentenziosi, comparve u n
t i r a n n o di Corinto, Periandro, uomo s t r a ­
vagante che lasciò precetti migliori d e '
suoi e s e m p i ; q u i n d i CLcobuln, la cui mo­
rale negativa consisteva specialmente nel
fuggire il m a l e , che introdusse in G r e ­
cia gli enigmi ; finalmente Chitone,
Ta·
lete e Salone ultimi fra questi savii che
insegnarono in ispecial modo la morale
pratica.
Talete di M i l e t o , in Ionia , geometra
ed astronomo, fondò la scuola ionica. Egli
aveva visitato Pisola di Creta e l'Egitto.
Poco contento della supremazia delle ca­
ste , separò la filosofia dalla teologia; e
b e n c h é serbasse il modo di deduzione do'
sacerdoti Egiziani, in luogo di appoggiarsi
su principii r e l i g i o s i , e perciò inaccessi­
bili a l l ' u o m o , se ne stette colla natura per
«spiegare la natura. E g l i fu Gsico ed annun­
cio la seguente proposi/Jone fondamen­
t a l e : l'acqua è il. principi» di tutte le cose;
vale a dire l'elemento, e non già la causa
nel senso che h a n n o preteso coloro c h e
lo hanno accusato d'ateismo. Intendeva
i
36
» *;
.
PRIMO PEBIOBO. SECONDA EPOCA.
con ciò di dire che col passare dallo
stato liquido al solido , la materia veste
le forme da essa presentate nell'organiz­
zazione delle sue parti. Fu rimproverato
di non essersi spiegato su la causa im­
mediata di questo fenomeno di trasmu­
tazione; ma allora appunto, uscito dalla
sfera positiva e naturale che si era pre­
fissa, sarebbe caduto nel soprannaturale
e nell'ipotetico. Ciò pure contribuì a farlo
riguardare come ateo e materialista; ma
lo spiegare i fenomeni ο il modo di esi­
stenza degli esseri con un principio od
elemento naturale, non è già un negare
l'esistenza del creatore di questo stesso
primo elemento. Talete confessa psicolo­
gicamente che l'essenza dell'anima è il
moto spontaneo, continuo; e sembra ri­
conoscere che il fenomeno della vita, il
quale è un moto spontaneo, dipende da
cause spirituali e da un principio intel­
lettuale, da un D io increato, autore del
mondo. Se si vuol riguardare come ateo
per avere osato spiegare il mondo con
una legge naturale e pensare da se stesso
in una scienza speculativa, quanto pochi
sarebbero i filosofi ucn tali '. E bensi ver»
scuoti! ni TOMA.
3*
rhe trovasi un corto vago talvolta contraddittorio nell'accozzamento de'pensieri
sparsi ohe di Talete ri sono stati conservati ; ma si rammenti che ventiquattro
secoli circa ne separano da lui, e che
Aristotile diceva già a1 suoi giorni « di
« Talete si sapeva sol quanto asseriva la
« tradizione ». D'altronde, egli non lasciò
scritto alcuno, e non comunicava i suoi
pensieri che agli amici. Parlava alla ragione e forniva le prove; in luogo d'imporre una cieca fede, discuteva; era dunque vera scienza la sua. Secondo lui, un
vincolo generale unisce tutti gli esseri ;
e non potendo comprendere le loro reazioni che per contatto, li riguardava come aderenti e negava il vuoto.
Anassimandro, amico di Talete, generalizzando ancor più, portò oltre la causa
della riproduzione e del vincolo degli
esseri fra di loro, ed annunciò quell'assioma che fu per sì lungo tempo il punto d'appoggio della Filosofia: niente può
farsi dal niente. Perciò, gli era d'uopo
di un essere che abbracciasse la generazione perpetua degli esseri, ed emise la
seguente proposizione per quell'epoca della
38
PK1M0 PERIODO. SECONDA EPOCA.
scienza sorprendente: l'infinito è il princìpio di tutto ,· un infinito immutabile ed
immenso ad un tempo. Ma ciò che induce
a credere che Anassimandro non iscorgesse
tutta l'estensione di questa proposizione,
e non volesse veracemente porre la base
della Filosofia su un principio al di là
dell'intelligenza umana, si è, ch'egli fece
del suo infinito una sostanza reale, che
riempivalo spazio medio fra l'aria e l'acqua,
quindi materiale e limitato. Per tal modo
si avvicinò al principio di Talete, e fu esso
pure accusato di materialismo e di ateismo.
Anche Anassimandro non insegnava, ma
é noto che compose un libro su la natura. Fu il primo con Ferecidc, che scrisse in prosa metrica j poiché fino allora i
filosofi greci, imitando Omero, Orfeo,
Museo, Epimenide, ec., avevano esposte
le loro cosmogonie in poemi, e gli stessi
primi Pitagorici scrissero pure in versi.
infissimene, che si occupò ben anche
di morale, e che dava la povertà per
istittitrice della sapienza come madre del
lavoro, seguì le spiegazioni sistematiche
di Talete e di Anassimandro, e materializzò ancor più l'infinito colla speeificarla.
SCUOLA DI
IONIA.
3o,
l'aria, a motivo dell;» sua cedevolezza
fu l'elemento generale: le accordò pure
la vita e il pensiero, quindi l'intelligenza
e la volontà; ma forse, come fu creduto,
per aria intendeva una sostanza leggera
e sottile.
Ermotimo di Clazomene accrebbe pure
le cognizioni della scuola ionica; penetrò
nella psicologia, diede all'anima l'impero
sul corpo e sui sensi, separò l'intelligenza
dalla materia, benché l'accordasse all'organizzazione, e aprì per tal modo la strada al celebre Anassagora che contrassegnò meglio di lui la loro differenza.
D'ora innanzi una intelligenza suprema
verrà ad essere collocata al sommo di
tutta la natura e a regolare l'insieme
delle leggi dell'universo. Questa dottrina
di una causa prima è l'opera gloriosa del
filofoso di Clazomene, di qnell'Jnassago' ra che l'antichità ha onorato con si giusti
elogi, e che i suoi contemporanei hanno
soprannominato Vintelligenza. La meditazione dei principii ionici lo aveva innalzato alla elevatezza di questo pensiero
sublime e fecondo. La divinila non è più
Vernina universale animatrice del inoudo
4θ
PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
con cui viene confusa; è un'intelligenz»
infinita, distinta, semplice, pura sovrana­
mente indipendente, dotata di una na­
tura speciale ed esclusiva, in possesso
dell'eternità, e provata dall'armonia delle
leggi di natura, dall'immobile suo insie­
me, e dalla necessità di un regolatore
nnieo per istabilire e mantenere un or­
dine si costante e sì bello.
Anassagora fu it primo filosofo, dopo
che la tirannia dei satrapi persiani ebbe
esiliato per sempre la filosofia dal suo
suolo nativo, che Atene udì fra le sue
mura. Ma ben presto fu costretto di fug­
girsene; il fanatismo l'accusò di empietà
e di ateismo, specialmente allora c h e ,
dando troppa estensione a questo prin­
cipio ionico: niente l'iene dal niente, sup­
pose le sue omoiomerie, ο sia elementi
diversi, eterni, primitivi, indivisibili ed
immutabili della materia , indipendenti
ben anche dalla causa suprema; quindi
dedusse che tutto ciò che si produce ed
fisiste, risulta da ciò che già era. Sem­
brava così distruggere la sua intelligenza
prima, e le negava la creazione primitiva
del inondo di cui baciavate solo il regi­
»
SCUOLA DI
IONIA.
/J t
me; ma essa abbracciava e conosceva tutto
il passato, il presente e Pavvenirc. In seguito parve comporta di un etere che si
libra al di là delPuniverso ; non gli diede
mai il nome di Dio, perciò che , come
dice de Gcrando , questa parola era profanata dalla superstizione, la quale applicavate a mille esseri immaginarli e indegni di tal nome. Questa intelligenza
penetra tutto, ma non fa che comporre
gli esseri., e quindi decomporli per formarne altri mediante le combinazioni degli elementi eterni. Essa è il principio
della vita, e più intimamente presente
agli esseri ragionevoli; la sola organizzazione distingue questi individui comportando un più perfetto esercizio di detta
intelligenza , e delle facoltà che vi vanno
congiunte; tale è la sua psicologia. Nell'uomo, la ragione giudica le cose giusta
le impressioni che producono sui nostri
sensi ; ma gli errori dei sensi non provengono che dalla loro debolezza, e la
ragione vi supplisce.
Anassagora compose un libro tu la 'tritura, che andò perduto. Visse in Atene
nella società di Pericle, degli Euripidi,
i'ì
PRIMO PERIODO. SECONDA EPOCA.
dei Fidia, e, quantunque padrone di molti
beni di fortuna, li trascurava per andare
in cerca della verità. Niente è a noi pervenuto della sua morale ; abbiamo però
i suoi esempi e la sua vita. Gli veniva
rimproverato di essere indifferente per
la sua patria: « Oh! n o , disse, la mia
u patria mi e ben cara ! » e indicava il
cielo.
Diogene d'Apollonia, nell'isola di Creta,
gli succedette ; come l u i , ebbe la gloria
di essere perseguitato ; ma è molto inferiore al filosofo di Clazomene, ch'egli cerca
conciliare con Anassimene, adottando le
omoiomerie e l'intelligenza suprema che
dà come attributo all'aria di cui fa una
sostanza primitiva.
Archelao di Mileto, ultimo dei filosofi
di Ionia, insegnò pure in Atene. Cerco
di conciliare fra di loro i principii di
Anassagora con quelli di Diogene; ma
attribuì la causa motrice al calore. Fu il
primo fra gli Ionii che stabilì principii
scientifici di morale, ma li fece derivare
dall'invenzione umana; sistema che noi
scontreremo nel secolo di Cartesio.
Abbiamo veduto la scuola di Ionia in-
SCUOLA DI 10H1A.
4^
nalzarsi ad una grande elevatezza di co­
gnizioni, cercando di fondarle su principii
e. vedute tolte dalla sfera positiva, nelle
leggi di natura. Ora noi troveremo pel
contrario nella scuola di Pitagora, uno
spirito di astrazione che cerca fonilare
teorie più ο meno arrischiate. La dot­
trina ionica è più razionale, più naturale ;
la dottrina pitagorica più scientifica, più
ricercata.
§. II. Scuola d'I talia. — Lao Tseu, nella
China.
I/Italia vide formarsi nel suo seno la
scuola di Pitagora contemporanea a quel­
la di Ionia. Questa spiegava a tutti la
sua dottrina; ma la prima, per una ten­
denza al misticismo, che Pitagora aveva
attinto in Oriente ne' suoi viaggi, si av­
volgeva nel mistero e sfuggiva il pubblico.
fi questo passo la storia della filosofia
mi presenta un sincronismo sorprenden­
te. Quasi nel tempo stesso in cui Pita­
gora, fuggito da Samo sua patria, oppressa
da Policrate, portava in una terra libera
la sua indipendenza e i suoi pensieri Olo­
­
V"v S
44
PRIMO PE1UODO. SECONDA. EPOCA.
solici, sotto un altro emisfero, nella China, Lao-Tseu, il Pitagora del suo paese,
moralista giudizioso , facondo teologo e
metafisico sottile, vestiva un sistema dei
numeri con uno stile platonico, e fondava
una setta; la sua filosofia spirava dolcezza, benevolenza e modestia. « Prima del
caos, dice egli, prima del cielo e della
terra, un solo essere esisteva, immenso e
silenzioso, immutabile e sempre attivo·
ne ignoro il nome, ma io lo contrassegno
con quello di ragione. L'uomo ha il suo
modello nella terra, la terra nel cielo,
il cielo nella ragione, la ragione in sé
stessa.
La sua morale è degna di si bell'incominciamento. La perfezione consiste
nell'essere senza passioni, onde contemplare l'armonia dell'universo ; e la più
solida virtù del saggio è di saper passare
per insensato. L'anima è un'emainzione
della ragione.
Un essere trino ha formato l'universo.
Lao-Tseu spiega la sua Cosmogonia con
forme quasi algebriche, e dà negli elementi i nomi dei numeri.
Pitagora, nel suo sacro entusiasmo, pro-
SCUOLA D'ITALIA.
45
gettava l'incivilimento del mondo, fondando la legislazione su la morale e la
necessità di'l perfezionamento dell'uomo;
ma andò contro il proprio generoso disegno, costituendo co1 suoi discepoli una
specie di associazione segreta e cenobitica,
soggetta a regole di vita speciali; cionnondimeno ne uscirono molti doti e molti savii.
S'ignora se Pitagora abbia composto
qualche opera, e i versi d'oro che gli
vengono attribuiti, sono di origine più
moderna. Il segreto ingiunto agli iniziati,
le forme simboliche e misteriose del loro
linguaggio, sono la causa dell'incertezza
storica che avvolge il cominciamento di
questa scuola. Ma quando i suoi primi
apostoli si mostrarono in pubblico s'incominciò a scorgere e a distinguere i loro
principii.
Il genere di vita dei Pitagorici, portandoli alle astrazioni, li trasse ad inventare leggi ch'essi credevano di ravvisare
nelle loro osservazioni. Pitagora aveva
loro pure insegnato a portare il calcolo
in questi studii, e ad assoggettare i fenomeni del inondo a forme periodiche e
4θ
PRIMO PE iUODO. SF.COMDA E POCA.
meccaniche, a certe combinazioni, a ri­»
torni regolari (li numeri; ο questa espo­,
sizioue sistematica pareva comprovata dal­
l'esperienza dei tempi. I numeri diven­
nero gli clementi della sua dottrina e di
ogni cosa , e la monade ο unità , ne fu
il principio costitutivo. D 'altronde la
contemplazione dell'universo offriva loro
incessantemente l'armonia degli esseri e
dei loro moti, il tempo, lo spazio, le masse,
le forme, il numero delle creature, sog­
getti a leggi di calcolo; e i a scuola d'I­
talia ammise questa proposizione fonda­
mentale : i numeri sono i princìpii delle
cote. La parola principio significò l'ele­
mento integrante , la causa attiva ed ef­
ficiente; la parola numero indicò il nu­
mero in generale , e tutte le grandezze ,
le quantità e le relazioni calcolabili delle
cose.
La monade forma il primo grado, e
colla sua ripetizione compone tutti gli
altri numeri ; essa è l'elemento essenzia­
le, la causa universale e perfetta, il punto
generatore delle figure dei corpi ; ha in
sé la propria forza matematica , e ripro­
duce sé slessa. La diade ò imperfetta,
/
SCUOLA D 'ITALIA.
An
prodotta, composta: e la materia, il caos
il principio passivo; ma comprende, colla
monade, i due generi sotto i quali si uni­
scono gli esseri. I numeri pari sono im­
perfetti perchè non possono fermare, colle
loro addizioni, numeri impari; questi sono
perfetti perchè formano gli altri.
La loro morale medesima che scorse
la natura del bello, ebbe le sue regole
matematiche, e la virtù fa un"1 armonia, il
bene derivò dalVunilà ο dal determinato,
il male dal multiplo ο indefinito ,· ma la
giustizia dall'eguaglianza nel multiplo.
La divinità ebbe la giurisdizione sovra­
na delle nostre azioni e delle nostre vir­
tù, delle quali la moderazione fu il ca­
rattere essenziale; ma essila collocarono
al centro del mondo che anima , l'iden­
tificarono col fuoco, colla luce; Dio fa
tutto intero nell'intero universo ; quindi,
tutti gli esseri nascendo gli uni dagli al­
tri , mediante le trasmutazioni perpetue
della materia, e la divinità non potendo
scomparire dal mondo, la metemsicosi fu
ammessa.
La psicologia dei Pitagorici accordò
all'anima la suprema intelligenza; e la
AS
PRIMO PERIODO.
SECONDA
EPOCA.
ragione, in luogo di giudicare le sensazioni giusta il principio degli Ionii, dominava l'uomo tutto intero ed era indipendente. Delle due facoltà dell'anima ,
Tuna, priva di ragione, è il principio dei
bisogni fisici e delle cieche passioni, l'altra ragiona e presiede alle operazioni
della sapienza. Nel tratto successivo questi principii andarono soggetti a pochi
cambiamenti; essi erano consacrati dal
nec plus ultra: il maestro lo ha detto.
Empedocle a cui, come ad Epicarmo,
vengono attribuiti i versi d'Oro, ammise
i quattro elementi come principio primo:
Timeo di Locri ammise l'intelligenza e
quasi le omoiomerie di Anassagora ; Cefante di Siracusa diede corpo alle monadi, e un pseudonimo Ocello di Lucania, in un trattato su la natura dell'universo , col riconoscere l'eternità del
mondo , fece un tutto immenso di tutti
gli esseri.
Archita di Taranto, maestro di Platone,
conservando pure ed estendendo la morale pitagorica, l'associò alla teologia
in un libro su la sapienza, e avvicinò
così il misticismo dell'accademia a quello
SCUOIA D VTALÌA.
4Ì)
della scuola d'Italia. Alcmeone spiegò col­
l'urto degli elementi contrarli della ma­
teria, tutte le trasmutazioni e le ripro­
duzioni degli esseri.
Filolao, che sembra essere stato il pri­
mo a divulgare la dottrina pitagorica,
negò Vunità ο principio universale della
scuola; la materia e la forma, secondo lui,
compongono quanto è nel mondo, e lo
producono, come l'unità e il binario for­
mano tutti i numeri. La materia è eterna;
Dio non ha potuto generarla; se ne è
solo servito per formare il mondo con
proporzioni numeriche indipendenti da
lui e costituenti l'armonia del mondo.
Ippaso è appena noto per la sua dottrina
particolare. Eudosio che termina la scuo­
la di Pitagora fu astronomo, geometra,
medico e legislatore. D iede la seguente
massima che tanto si allontana dalla dot­
trina del maestro: la voluttà è Usammo
bene: ma tale fu la purità dei suoi co­
stumi e della sua virtù, che nessuno,
dice D iogene­Laerzio, non ne fece sfavo­
revole interpretazione.
ST. D ELLE Se. Fues.
4
5o
PRIMO PERIODO. SECOMDA EPOCA.
§. III. Prima scuola di Elea.—
Eraclide.
Una nuova scuola esamina i principii
degli Ionii e dei Pitagorici, e in tale studio
pervenne a cercare il perchè dell'esistenza
delle cose, e se infatti abbia apulo luogo una
generazione qualunque. Siffatta quistione primaria e metafisica foce dire questi
Eleatici, metafisici, per distinguerli dalla
seconda scuola detta degli Eleatici fisici.
Zenofane di Colofone, nell'Asia minore,
che aveva veduto e udito Pitagora, venne,
in età di circa quarantacinque anni, a
stabilirsi in Elea, su le coste d'Italia,eda
fondarvi la scuola di Elea. Pare che dapprima vivesse del mestiere di rapsodo, e gli
vengono attribuite molte poesie satiriche.
Zenofane, dal principio ionico Niènte
tifa dal niente, dedusse la conseguenza
che : una cosa non può nascere da un'altra cosa; » poiché, secondo lui, ciò che
nella prima differirebbe dalla seconda,
sarebbe, che ciò che è nuovo, i;on avrebbe
principio. L'analogo non può produrre
l'analogo; ma solo la sua propria identica
ripetizione ; molto meno può produrre il
PRIMA SCUOtA D'ÎLE A.
5f
dissimile.» In conseguenza di che egli nega,
la creazione e la modificazione di quanto
esiste; « tutto è uno, Tessere è unico, il
pensiero è la sola sostanza reale e perseverante, e, siccome l'identico non può riconoscere che l'identico, il inondo sensibile
non può esistere per l'intelligenza pura. »
In conseguenza di queste vedute metafisiche, Dio, unico, sovrano e perfetto ,
non fu né in moto, né immobile, né limitato, ti è infinito. Egli non ne fece già
l'anima del mondo, ma la sola realtà universale; lo rappresentò come sferico, ed
enunciò il famoso principio geologico dei
nettuniani di quest'epoca: l'aria è infinita
per l'altezza, e la terra per la sua base.
Ma dopo avere, per quanto sembra ,
negato la creazione degli esseri, Zenofane
venne a formare una specie di mondo
materiale, di cui tutti gli esseri ebbero
per principio la terra e l'acqua. Questa
apparente contraddizione viene spiegata
col dire, ch'egli distingueva il mondo intellettuale e il mondo sensibile, e che
solo il primo possedeva l'unità, l'immutabilità e la realtà.
Cionnondiincno Zenofane pervenne ad
5a
PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
uno scetticismo che si può assai agevol­
mente conciliare col suo sistema d'idea­
lismo. Termina il suo poema su la na­
tura affermando che nessuno non sa niente
di certo su quanto egli dice del tutto uni­
Tersale, ο mondo intellettuale, e che an­
che colui il quale pervenisse a raggiun­
gere là verità, non potrebbe sapere di
averla effettivamente raggiunta.
Parmenide confidente di Zenofane, ne
sviluppò la dottrina con maggior preci­
sione, e fondò veramente Videalismo. Egli
negò ogni autorità alla testimonianza; la
sola ragione ebbe il privilegio di raggiun­
gere la verità. Si attribuisce a Parmeni­
de un poema su la Natura, che a noi
pervenne incompleto.
Melisso riconobbe i medesimi principii,
ma dall'unità e indivisibilità dell'essere
universale, dedusse l'impossibilità del
vuoto e dello spazio, e quindi l'immate­
rialità di questo essere, conseguenza na­
turale che Zenofane e Parmenide non
avevano dedotta.
I principii eleatici su D io e gli errori
dei sensi suscitarono violenti discussioni
polemiche. Zenone di Elea si presentò
PRIMA SCUOLA D'ELEA.
53
come atleta nell'arena, per sostenere la
causa del vecchio di Colofone j egli combatté in luogo Ji edificare, e questo padre della logica, abusando già di questa
arte nascente, la fondò, almeno col suo
esempio, sopra artificii e sottigliezze. La
divise in tre parti, argomentazione, dialettica e arte di discutere. Mostrò tanta
abilità, presenza di spirito e tali risorse,
nel circonvenire e imbarazzare i suoi antagonisti, nel sostenere i principi! più
opposti, che Timone il satirico lo chiamò
il possente Zenone. Nel corso delle sue
discussioni, Zenone si portò [ino a negare arditamente il moto, poiché se Tessere è infinito ed immutabile, se non vi
ha né mutazione, né spazio, il moto non
può esistere.
Zenone venne in Atene nell'età di 4°
anni 5 Parmenide allora ne aveva 65. Zenone contribuì a dare savie istituzioni a
euoi concittadini; e preferendo sempre il
loro amore alla magnificenza di Atene,
ritornò nella sua patria, ove mori vittima del suo amore per la libertà, e del
suo odio per la tirannide.
In generale, si può dire che gli Elea-
54
PBIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA.
tici metafisici rimpiazzarono , con teorie
e idee astratte, le astrazioni dei Pitagorici ; fu sempre idealismo, e ve ne ha sovente perfino nelle loro osservazioni più
naturali, come ora si vedrà specialmente
nella dottrina di Eraclito, che si potrebbe separare da questa scuola.
Mentre le tre precedenti scuole fiorirono, un filosofo di Efeso, in Asia, Eraclito, portava nelle sue ricerche un colpo
d'occhio grande ç pieno di maestà. Le
tradizioni su la maggior parte delle sue
opinioni sono molto incerte, la sua oscurità faceva dire a Socrate. « Quello che
di lui comprendo è eccellente, dunque è
probabile che lo stesso sia di quanto non
intendo ».
Egli annunziò che in natura tutti gli
esseri formano un insieme ordinato con
armonia, e ch<; anche i fenomeni discordanti in apparenza concorrono, con queste medesime dissonanze, ad un accordo
generale e compiuto. Il destino, in luogo
di essere la potenza cieca che il volgo crede,
è la ragione che regola e conserva l'ordine
dell'universo, colle molle segrete che ai
nostri occhi si esprimono coli'attrazione
PRIMA SCUOLA D'ELEA.
55
e la ripulsione, pei fenomeni di combinazione e di dissoluzione negli clementi
delle cose: quindi le cose non sono, ma
passano.
Un fuoco energico, espansivo, penetrante per ogni dove, etereo, aereo, dotato di una mobilitò prodigiosa, una forza
ignea, lu,uino-.;a , un vapore, produce e
mantiene questa attività; e questo fuoco
immateriale, intelligente è l'anima del
mondo; la sola ragione, che ne emana,
ha il privilegio del pensiero e può conoscere.
I sensi non sono che canali infedeli e
imperfetti per le nostre cognizioni', ma
ne servono od aspirare la ragione divina;
il senso comune è ciò che l'anima aspira
di questa ragione.
Siffatta dottrina, Eraclito l'appoggiò su
questo principio : l'identico non può riconoscere che l'identico, e l'espresse cosi:
« Il concepimento non può stabilirsi che
su la similitudine fra l'oggetto ed il soggetto. » Quindi, egli rifiutò l'autorità
dei sensi.
In morale, voleva che le leggi umane
ricevessero la loro potenza e il loro tipo
56
PRIMO PERIODO. SECONDA. EPOCA.
dalla legge divina che regola tutto. La
virtù^consisteva nel comandar a sé stesso;
il fine dell'uomo era la sua propria soddisfazione; e, come gli storici, rarcomandava di agire secondo natura.
Ad Eraclito venner dati discepoli,e,fra
gli altri Ippocratc. È bensì vero che questo padre della medicina pensava che la
riostr'anima fosse un calor temperato dalla
respirazione, gratificato dell'immortalità
divina e della scienza universale; ma nella
sua condotta scientifica e medica egli si
attenne in tutto all'osservazione sperimentale , sommetten lo l'esperienza alla
ragione; praticò la medicina come filosofo e come moralista.
§. IV. Seconda scuola
d'Elea.
Gli Eleatici fisici, studiando la natura
diedero sovente i loro concetti per regole naturali , e incominciarono a ricercare gli elementi delle cose, vale a
dire, il punto più da noi lontano, e
così discendere con un nuovo genere di
astrazioni, che si potrebbono dire astrazioni fisiche, alla determinazione delle
Ι
SECONDA SCUOLA D 'ELEA.
"
5η
léggi di n a t u r a ; ina accordarono grande
autorità alla testimonianza dei sensi.
Empedocle di Agrigento, medico e poe­
ta, sembra essere uno dei primi eleatici
di questa seconda scuola. Sovente fu po­
sto fra i Pitagorici. C o m b i n a n d o , e mi­
schiando le idee d e ' suoi p r e d e c e s s o r i ,
egli ammise p e r elementi, l'aria, l'acqua,
la terra e il fuoco; e le loro particelle
primitive, indivisibili, inalterabili, eterne
sono racchiuse nell'unità, che sembra così
essere un caos da cui s'involano per di­
sporsi meccanicamente e per un effetto
del caso. L'amore e la discordia sono le
forze attrattive e ripulsive che servono
all'aggregazione e alla dissoluzione.
Egli nondimeno ammette una divinità
ο principio i n t e l l i g e n t e , senza però ben
definire i suoi a t t r i b u t i . L'anima dell'uo­
mo e quella degli animali ne sono ema­
n a z i o n i ; l'universo è popolato da genii
attivi ed intelligenti.
Ciascuno de' nostri sensi, come sorgente
di cognizioni, aveva un elemento specia­
le che gli era identico; il fuoco era perce­
pito dal fuoco, che è la vista; l'aria dall'a­
ria, che è l'udito. I colori erano certe for­
58
FBIMO PERIODO. SECONDA EPOCA.
me che vengono dal di fuori, e che noi
riceviamo per mezzo della vista. Quasi
tutta questa filosofia mostra poca profondità e forza di osservazione ; e in ciò, essa
differisce molto da quella di Leucippo.
Come moralista, le grandi quistioni.su
l'origine del male, lo rendevano malinconico e l'affliggevano.
Leucippo, anteriore ad Empedocle, è
posto dopo di lui,perché fece progredire
di più la scienza; egli si meritò in ispecial modo il titolo di fisico. Malcontento
del sistema della prima scuola d'Elea,
invocò ad un tempo la ragione e l'esperienza.
L'esperienza gli mostrò per ogni dove
varietà, mobilità, modificazioni continue.
Quindi, Leucippo, distinguendo da tutto
il resto i fenomeni dei quali l'estensione
è la condizione, provò che la forma, il
moto e lo spazio erano necessarii all'esistenza delle cose; ch'erano d'uopo spazii
vuoti per concepire una forma nelle cose
e permettere il loro movimento, e che,
nell'ipotesi contraria, non avrebbero costituito che un tutto massiccio e inerte,
senza luogo per riceverlo. In seguito egli
SECONDA SCUOIA
D 'ELEA.
5g
compose i corpi isolatamente di atomi
aggregati, impercettibili, infiniti, eterni)
dotati di qualità e di forme particolari.
Attribuì ad ogni atomo un certo moto,
e quindi una specie di necessità rese ra­
gione delle combinazioni, delle trasfor­
mazioni e di tutti i fenomeni dei corpi.
Diogene Laerzio vi scorgeva una specie
di vortice; ecco l'origine dei vortici di
Cartesio.
Con questi prineipii chiari, Leucippo
rispondeva all't.spericriza e ai desiderii
della ragione.
Finalmente, egli spiegò la vita col mo­
t o , e vi identificò il pensiero. L'anima
è un aggregato di atomi di particelle di
fuoco che circolano per tutto il corpo.
Così egli fu il primo a insegnare dog­
maticamente un Materialismo diretto, e
che fino allora nian filosofo, eccetto forse
Melisso, non aveva messo in sistema che
per induzioni più ο meno lontane. Noi
non sappiamo nulla sulla morale di Leu­
cippo , e il suo libro su Vanima non ci
è pervenuto.
Democrito di Abdera, soprannominato
pure il fisico, trasse nuove conseguenze
6θ
ΡΒΙΜΟ PE RIODO. SE COKDA E POCA.
dai principii di Leucippo. I nostri sensi
furono la sorgente generale di tutte le
nostre percezioni, e l'anima fu in uno stato
passivo. Specie d'immagini sfuggono, se­
condo l u i , dagli oggetti, vengono a ri­
flettersi nello spirito, e a produrvi una
specie di scossa che è la cagione per cui
l'immagine dell'oggetto resta ancora nello
spirito, quando più non agisce sopra di
noi. Ma le illusioni dei sensi, la loro
proprietà di essere affetti differentemente
dai medesimi oggetti nei diversi indivi­
dui , di non dare che opinioni, una co­
gnizione oscura, ci espongono a nume­
rosi errori. La ragione è il criterio ulte­
riore di queste sensazioni , specialmente
riguardo alle qualità secondarie degli og­
getti , che sembra aver riguardato come
modificazioni del soggetto senziente. Que­
sto probabilmente fu il motivo per cui
Cicerone e Sesto l'Empirico, lo accusa­
rono di scetticismo assoluto, eccetto su
la realtà obbiettiva del pensiero.
Diotimo riferisce che D emocrito ave­
va stabilito tre critcrii della v e r i t à : le
apparenze per gli oggetti della sensazione;
le nozioni per le investigazioni dello spi­
rito; la sensibilità per le passioni.
SECONDA SCUOIA D ' E I E A .
6|
Egli compose l'anima di atomi di fuoco,
e le diede un principio pensante posto
nel moto· La Provvidenza divina fu il
destino, la cieca necessità ; e i fenomeni
terribili e straordiuarii avevano condotto
alla cognizione di D io. Questa necessità,
era la conseguenza delle leggi dei vortici.
La morale di D emocrito poneva il
sommo bene nella pace interna , nella
moderazione in tutte le cose, che è la
vera saggezza, e nell'allontanarsi da tutto
ciò clie può turbare l'anima. Egli si dà
più cura dell'anima che del corpo , e fa
dipendere il perfezionamento dell'uomo
più dall'esercizio che dalla natura.
Sempre pronto a ridere su le traversie
degli uomini, si sospettò di pazzia, e si
e 'be ricorso ad Ippocrate, che ben pre­
sto conobbe quale si fosse il celebre am­
malato.
Metrodoro di Scio si fece distinguere
fra i discepoli dell'Abderita pel suo scet­
ticismo assoluto, d Io nego, dic'egli, che
« noi sappiamo tanto se sappiamo qualche
" cosa, quanto se non sappiamo nulla; se
« noi sappiamo perfino che sia sapere ο
« non sapere ; se vi abbia qualche cosa,
» ο se noi sappiamo niente <».
6a
PRIMO P E H I O D O .
SE C O K D A
E POCA.
g. V< Dei sofisti.
Abbiamo veduto la Filosofia greca,
grave ο severa, occuparsi unicamente di
investigazioni intellettuali, stabilire nella
società principii morali più ο meno per­
fetti ed estesi. Ora , vestita di arguzie e
di sottigliezze, ammantata di un falso
splendore di virtù e di merito, la vedre­
mo volgersi nel cerchio degli affari civili
e dei movimenti politici. Lo studio del­
l'uomo servirà all'ambizione e alle pas­
sioni che trascina seco, piegandosi ai ca­
pricci e ai desiderii di una gioventù avi­
da, presuntuosa e superficiale, essa è frale
mani dei sofisti. Un'aria di modestia fé'
loro prendere questo nome di sofisti co­
me inferiore a quello di filosofo, che Pi­
tagora, sinceramente modesto, aveva già
sostituito a quello di saggio. Ma la po­
sterità, dopo Socrate, gli ha puniti; so­
fista e sofìsmo sano caduti in disprezzo.
Il confronto di tutti i sistemi prece­
denti, sembra aver dato origine alla loro
maniera di ragionare, di giuocare su con­
seguenze bizzarre, di valersi dei sutterfugi
DEI SOFISTI.
63
dialettici. Ma in questo tempo di gloria
nazionale, siffatta filosofia dovette necessariamente influire sii l'eloquenza, e principalmente su l'eloquenza politica; poiché vi erano i sofisti propriamente detti
ed i sofisti rettori.
Si può dire che ammettevano tutte le
massime che loro convenivano, giusta le
esigenze del momento; ma la loro base
principale era l'interesse e l'utilità; quindi, per un principio pernicioso nelle sue
conseguenze, se veniva preso come aforismo diplomatico, anziché come fatto di
osservazione naturale, sottoponevano la
morale alla politica, u la legge naturale
era che il forte deve comandare al debole ». Ma questi due principii sarebbero meno disonoranti pei loro autori ,
se, come si pretese, il giusto vi fosse implicitamente e necessariamente espresso.
i r a i sofisti, si distingue con onore
Protagora, quel taglialegna di Abdera,
che Democrito s'incaricò di sviluppare e
d'istruire. Protagora, concludendo dalla
nostra ignoranza certa dell'origine delle
cose , dedusse questo corollario scettico
che tutte le idee sono egualmente vere
64
PRIMO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
per quanto opposte esse sieno sul mede­
simo oggetto , r> quindi, niente erri vero
ο falso per sé stesso, come avente il suo
fondamento nella materia. »
La mobilila ammessa dalla scuola di
Elea gli servì a spiegare la realtà di que­
ste idee contraddittorie;egli prese l'uomo
per misura e tipo di confronto di ogni
cosa, perii uriterio degli esseri in quanto
esistono, del niente, in quanto non esi­
ste. Egli dunque non ammise se non ciò
che si mostra agli occhi di ciascheduno,
come sorgente di conoscenza. Questo modo
di criterio è stato riprodotto a'nostri gior­
ni da Ancillon.
Protagora, detto il D iscorso ό ioyo;, a
motivo della sua dialettica feconda e scal­
tra, suscitò contro sé molti gelosi e ne­
mici. Quindi, in conseguenza del suo scet­
ticismo, avendo confessato, in un trattato
sopra gli Dei, che non poteva dire se
esistano, né ciò che sieno, il fanatismo
lo fece condannare a morte come ateo.
Egli vi si sottrasse, ma peri in un nau­
fragio.
Gorgia di Leontino , celebre quanto
Protagora, soprattutto per la brillante
■■w
DEI SOFISTI.
65
sua rettorica, negò ogni a u t o r i t à ai sensi
e volle provare «he tutto è falso; fu su
questo punto ch'egli esercitò l'infaticabile
sua dialettica e la sua abbondanza cau­
stica. Appoggiandosi sopra dati sopran­
n a t u r a l i , e p e j r i ò oppu.vlo a Protagora
sostenne nel suo libro della natura ο di
ciò che non esiste, che niente esiste; clie
quand'anche esistesse qualche cosa, ciò
non potrebbe essere conosciuto dall'uomo;
e c h e , quando pure un uomo potesse co­
n o s c e r l o , non potrebbe spiegarlo e farlo
conoscere agli altri
Quindi si potrebbe dire che questi so­
fisti facevano consistere t u t t o il merito
e t u t t a Tutilità della Filosofia nel soste­
n e r e principii bizzarri ο falsi, e misura­
vano la loro propria forza dal modo cap­
zioso con cui argomentavano in favore
di essi.
F r a i più abili sofisti si annovera pure
Diagora, il quale superstizioso dapprima
a) maggior segno, fu in seguito accusato
di ateismo, c o n d a n n a t o e messo a m o r i e ;
Clizia posto pure fra gli A t e i , uno dei
t r e n t a tiranni di Atene , che aveva fre­
quentato Socrate, e riponeva l'anima nel
S T . D ELLE Se. FILOS.
5
66
PRIMO PERIODO. SECOKDA EPOCA.
sangue, e le facoltà dell'anima nel sangue e nelle sensazioni; Prndico di Ceo ,
altro ateo presunto; Ippia d'Elide, il quale,
negando la legge naturale, dichiarava che
le leggi sono un'invenzione degli uomini
deboli e timidi, e che l'uomo generoso,
quando può, deve farsi ad esse superiore.
Molti altri, come Metrodoro di Chio,
Anassarco suo discepolo , Zeniada di Corinto, ec., professarono uno scetticismo
assoluto. Anacarsi, lo Scita, più antico
dell'epoca di cui parliamo, che sorprese
i Greci colla sua sapienza, negò all'uomo
il dirilto di giudicare le cose in ogni ordine di cognizioni
ς. VI. Filosofia Chinese.
Termineremo questa epoca facendo un
cenno di Conjucio ο Koungtsée. Mentre
Talete, Zenofane e Pitagora, creavano le
loro dottrine, questo eroe della filosofia,
della inorale e dell'eloquenza, si distin­
gueva nella China. La saggezza di Socrate,
i suoi precetti ed i suoi esempii, non
hanno neppur diretto una sola borgata
dell'Attica, e la morale di Confucio regge
ancora il più vasto impero del mondo.
^ FILOSOFIA CHINE SE .
67
Egli nacque 551 prima di G. C , Ρ mori
nove anni innanzi alla nascita di Socrate.
Originario da una famiglia che ora conta
quasi quaranta secoli, e che si fa risalire
fino a Hoang­ù, riguardato come il legi­
slatore della China, pervenne alla dignità
di ministro di Slato. Sua unica cura fu
di amministrar la giustizia , e di dare a
tutti l'esempio di una virtù disinteres­
sata e inalterabile. Fu specialmente nei
tre anni di lutto dopo la morte di sua
madre, ch'ei cercò, studiò ed approfondò
le leggi eterne della morale; allora non
aveva pili di ventiquattro anni. Fu chia­
mato alla corte del re di Tsi , e quella
del re di Lou; ma la sua virtù divenne
ben presto importuna, e si ritirò nella
città di Tseu­y. La sua casa divenne una
specie di liceo pubblico, ove, uomini di
ogni età e di ogni grado, accorrevano a
loro volontà, e stabilivano a piacere le
sue massime e i suoi principii, senza
ostentazione. Secondo lui, il filosofo sot­
topone tutte le cognizioni alla ragione,
onde procedere con passo sicuro nel sen­
tiero della giustizia e della verità. La ra­
gione ο rettitudine celeste è una guida
68
VR1M0 PE SIODO. S«COM*A «POCA.
data a tutti, e la saggezza umana fa sup­
plisce quando è perduta. Il saggici d i v e
essere il »uo proprio censore e il suo più
severo giudice. La sua carità è quell'af­
fettuoso sagrifirio che si fa di sé a p r o
del genere umano, come se non fosse che
una persona individua. Conlucio era am­
m i r a t o , amato; fu perseguitato, perde i
suoi beni, patì la fame,si trovò privo di
asilo, e la* sua virtù si tenne ferma; ser­
bò sempre la calma di un cuore in pace
colla sua coscienza. Il suo nome fatto più
grande della memoria delle sue virtù, e
sempre venerato, come quello di un santo,
di un uomo divino. D opo v e m i d u e se­
coli, l'albero piantato sopra la d i l u ì tom­
b a , ora diseccato, vi resta ancora qua!
m o n u m e n t o , ed è stato rispettato nelle
rivoluzioni e nei disastri delle guerre. I
discendenti di Confucio furono dichiarati
i soli nobili ereditarii.
Dopo Confucio, si colloca al secondo
posto e si onora come santo di secondo
ordine, Mencio ο Meng­iseu,
che le sue
parabole ingegnose, le sue lezioni piene
di acutezza, e uno stile elegante e vivo,
q u a n t u n q u e meno maestoso di quello di
1
TlLOeOFÌA. CHINE SE .
Gì)
Rnnng­tséc, Imnno tutto nominare il tanto
principe di Thsou, e a cui si accorila ac­
cora quasi la stessa venerazione che vie­,
ne accordata agli antenati della dinastia
regnante.
\
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■*» «Ile
a....
.
TERZA E P O C A .
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"""ÌTÌ SOtÌBATE
, .,,,,„„,
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'"■ "*V«>«te*
FIMO AI, CniSTIAME SlMD.
§. I. Socrate; ί suoi discepoli.
* 'OfflT incomincia una nuova era della
saggezza, e si offre ai nostri sguardi l'il­
lustre martire della filosofia e della mo­
rale, la cui morte prova alla posterità
quanto sia difficile e laboriosa l'educa­
zione del genere umano.
Atene non aveva una filosofia nazio­
nale. Quanto aveva sentito nelle sue mu­
ra non erale stato apportato che per un
istante dulia Magna Grecia e dall'ionia.
Gli affari pubblici, il lustro ed il lusso
del secolo di Pericle , trascinavano a sé
tutte le menti ; per ogni dove si parlava
di patria; Laccdeinonia non voleva scienze;
Corinto non vedeva che il suo comraer­
^O
PRIMO PE RIODO.
TE RZA E POCA.
ciò; tutto era contrario ai progressi della
sana filosofia. Socrate adunque sembra
essere giunto troppo presto. Nulladimeno
era ornai tempo ili arrestare i traviamenti
della ragione e della morale ; Socrate ei
incaricò di questa intrapresa gloriosa , β
questo saggio povero, oscuro, semplice,
muove incontro al pedantismo, alla va­
nità, all'avidità, alle sottigliezze dei sofi­
sti, ai pregiudizii del volgo, alle passioni
politiche.
Impara a conoscere te stesso,* questa
massima profonda dell'antira sapienza fu
la vera pietra, su cui innalzò la sua dot­
trina. Egli fondò tutta la filosofia su la
inorale, e la morale su la coscienza.
Socrate aveva udito gli ultimi Ionii,
Anassagora , Archelao, e colpito in ispe­
cial modo dalle assurde conseguenze del­
l'eleatismo nell'ordine morale, trasse la
filosofia a ricerche più positive, più di­
rettamente influenti sul ben essere del­
l'uomo. Non distinse la scienza della sa­
pienza , e, onde resistere ad ogni falsa
filosofia, oppose questo dubbio di rifles­
sione che è un bisogno d'imparare : <. Io
non so che una cosa sola, dicevi* egli, che
SOCRATE.
"1
io non so niente »; echiamava vera scienza, specialmente in faccia ai sofisti, soltanto quella che l'uomo trac dal proprio
fonilo. Egli estesela scienza morale a tutto
ciò che ha rapporto al perfezionamento
umano, limitandola alle cognizioni puramente sociali ed alle nostre relazioni con
Dio.
Ma il più importante servigio da lui
reso all'umanità, si e di avere separala
la scienza morale dalle altre tutte, di
averla distinta con tratti e colori fisionomici , di averne fatto il principio del
masiimo interessamentoe la legge di chiunque si applica agli studii filosofici. Egli
per tal modo diede a queste scienze un1
aria di gravità, di grandezza, dirò quasi
di santità. Fece derivare dalle leggi del
creatore la nozione dei doveri, ridusse
la politica alla giustizia, e il diritto legislativo al diritto naturale.
L'esistenza di un Dio gli parve necessaria al benessere dell'umanità ; ma qui,
in difetto di ragioni desunte dall'esperienza, la desunse da consideration! speculative e morali, dalla necessità di ima
giustizia divina, dall'immortalità dcll'a-
J2
PRIMO PE RIOD». TE RZA E POCA.
« i m a e di un avvenire al Hi là di quest­V
■vita ; e quel demone , quel genio clic gli
rivelava così sublimi pensieri, e r a i l s e n ­
timcnto profondo l i d i * virl.1'1 e del destino
dell'uomo, la conoscenza di un D io e delle
leggi del d o v e r e , l'amor violento della
verità, che elevano un'anima g r a n d e , li­
bera e virtuosa al disopra del suo secolo.
Socrate non lasciò alcuno scritto , n o n
fondò scuola, e non volle n e p p u r fon­
d a r n e . Egli istruiva e discuteva su le p u b ­
bliche piazze e nelle assemblee.
F u detto che la commedia delle nuvole
aveva dato luogo all'accusa di Socrate.
N o n v'ha dubbio che le facezie e le buf­
fonerie di Aristofane p o r t a r o n o il gran nu­
mero a rispettar meno la v i r t ù del mo­
desto filosofo; m a , si faccia attenzione
che la suddetta commedia venne r a p p r e ­
sentata 2 Î anni p r i m a della sua condan­
na ; che le sue massime avevano offeso
l'ignoranza,i sacerdoti, il potere; che attac­
cavano e distruggevano gli D ei e la re­
ligione dello Stato; c h e quindi egli era
colpevole in faccia alla r e p u b b l i c a ; e ciò
di c h e più si s t u p i r à sarà forse il vedere
per cotti lungo t e m p o differita la sua ae­
SOCBATE.
j3
cusa e la sua morte. La sua filosofia ed
egli stesso era troppo grande pel suo se­
colo.
Nel suo insegnamento e nolle suc di­
scussioni, si serviva sempre della forma
dialettica. Sembrava dapprima dubitare,
non saper nulla, non poter neppur pro­
durre un" Opinione positiva. Talvolta enun­
ciava una proposizione assurda, onde in­
coraggiare i suoi avversarli ; quindi li me­
nava con destrezza a dimostrare essi me­
desimi i loro errori e i loro vizii, ed a
provare cosi implicitamente la ventk.Que»
sto metodo fu detto socratico ; ed è per
questo che chiamava sé stesso il pro­
duttore degli ingegni.
In questo metodo faceva entrare 1'enn­
lisi, che divideva in tre specie: la prima
consisteva ncir.­unrnettere un'ipotesi coinè
Vera, e giungere per via di deduzione ad
una verità ο ad una assurdità evidente j
oppure a decomporre una verità in tutte
le sue parti costitutive. La seconda pro­
cedeva, per induzioni, dai fatti particolari
ai generali. Colla terza, separava le no­
zioni comprese nelle idee complesse, e
mostrava il pericolo delle assimilazioni
74
PBIMO PE RIODO. TE RZA E POCA.
troppo precipitate. In oltre egli accostu­
mò i suoi uditori ad uno stile semplice,
conciso e chiaro; ma vi mesceva sovente
quella fina ironia attica, di cui cono­
sceva il potere su gli animi degli Ate­
niesi.
Socrate mori 400 anni prima della ve­
nuta di G. C. D iede alla sua patria dei
buoni cittadini , dei magistrati integer­
rimi , de' filosofi che conservarono reli­
giosamente il sacro deposito dei suoi pre­
cetti, quali sono Zeno/ónte, Eschine, di­
tone che aveva scritto su la seguente
quistione: Che è sapere? Simone di Atene;
e Simmia di Tebe, i quali ambedue si
occuparono di logica; Cebete, cui viene
attribuito il dialogo intitolato, Quadro
di Cebete, e che è una pittura morale
della vita umana; I socrate che si occupò
quasi unicamente dell'arte oratoria, e che
produsse con grazia, specialmente ne' suoi
discorsi per D emonico e Nicocle, molti
principii della morale e della politica di
Socrate.
Altri scolari di Socrate fondarono quat­
tro scuole principali, la Cìnica, la Cire­
naica, VErttriaca β la Megarica.
,
eiitici.
^5
§. II. Cinici. — Scuola di Cirene; '"■
aVEietria; — di Megara.
Antistene stabilì la setta dei Cinici più
di 3oo anni prima di G. C. Nato nella
povertà, di carattere malinconico e tetro­,
provando indignazione dell'ineguaglianze
delle condizioni in società, e della com­
partecipazione alle pene di questa vita,
volle, per quanto era possibile, metter
riparo a quest'oltraggio della natura, e
eostituì in modo esclusivo il benessere
nel disprezzo dei piaceri sensuali, dei fa­
vori capricciosi e sì spesso ingiusti della
fortuna. Il corpo divenne schiavo dell'a­
nima, e le passioni furono giudicate e di­
rette dalla ragione.
Ma ciò era un far rinunciare l'uomo
su la terra alla sua esistenza terrestre ;
l'astrazione era troppo forte, e questa setta
non doveva avere che entusiasti e una
corta durata.
Nessuno degli scritti di Antistene ci è
pervenuto. Quanto al principio delle no­
stre cognizioni egli riliutava le verità ge­
nerali e ammetteva le idee di Protagora.
^6
PIIIMO PE IUODO. ΤΕΗΖΛ E POC*.
La divinità era u n a per l u i , e IMO, po­
teva essere rappresentata da alcuna im­
magine. Diogene, quel cinico sì celebre,
la cui vita e le cui risposte bizzarre fu­
rono la più amara censura di tutto il suo
s r c o l o , ammetteva probabilmente questa
idea, quando si rideva del sistema di Pla­
t o n e su le idee: » T u vedi la tavola e il
a vaso, diceva, p e r c h è hai occhi; ma tu
<i non vedi il genere della tavola e del
« vaso, perchè manchi di una intelligen­
ti za alta a comprenderlo ».
,
Dopo di h a noi troviamo
Monimo,
Onesicrate, Crate, Metrocle, Menippo; Me­
iiedemo , e una donna, I pparchia,
cui le
lezioni di Socrate avevano inspirato il di­
sprezzo della dolcezza della vita e dei
vantaggi della bellezza. Essi evitavano
ogni discussione sistematica, e si limita­
vano alle regole di una buona vita.
Arislippo, contemporaneo d'Anlistene,
fondò la dottrina morale de 1 Cirenaici.
Egli pure riponeva la felicità nella v i r t ù ,
»na questa presiedeva per ogni dove ai
godimenti della vita, e consisteva nella
contentezza intima che danno l'uso ra­
gionato e legittimo dei doni della l J rov­
CIBEMAICI.
■"""
ήη
videnza e della natura, e un avventuroso
equilibrio stabilito fra i veri bisogni c i
mezzi di soddisfarli. Rifuggendo da t u t t o
ciò che degrada l'uomo, era ben l o n t a n o
dall'imporsi inutili sagrifiri.
Q u a n t o ai principii delle nostre cogni­
zioni, specialmente nell'ordine delle cose
fisiche, professava un assoluto scetticismo,
che fu portato ancor più oltre da' suoi
successori.
I c o r p i , per lui, e r a n o di una n a t u r a
i n c o m p r e n s i b i l e ; e q u a n t o noi diciamo
degli oggetti, non indica già la loro n a ­
tura, ma solo quello che ne appariscono.
oveteti sua iiglia e gli altri suoi disce­
poli ammisero siffatti principii. Questa
setta, t r o p p o mondana, per cosi dire, ebbe
assai breve durata.
Altri Cirenaici Mehagro
e
Clitomaco
aggiunsero ai principii di Aristippo, che
nulla vi ha di giusto n e di ingiusto in
s e , rispetto alle sole leggi n a t u r a l i , ma
solo relativamente alle convenzioni uma­
ne. Egesìa, proclamò il principio dell'e­
goismo, questo flagello delle società, delle
v i r t ù , delle scienze e delle arti e di tutta
l'umanità. Ma Anniceri t o r n a n d o alla pu­
7<>
PRIMO P B n i O D O . TE RZA E POCA.
riti morale di Socrate mostrò che i prin­
cipi! d'Aristippo si opponevano ai veri
interessi degli uomini.
Tre altri Cirenaici sono stali posti nel
novero degli atei : Teodoro che riguar­
dava la divinità come impossibile, perchè
la concepiva eterna ed immutabile; Evec­
mero, il quale affermava che le tradizio­
ni volgari avevano innalzato uomini al
grado degli D ei ; Biotte del Boriitene, che
dapprima era cinico e quindi si associò
a Teodoro.
Ma cinismo ben presto si confuse collo
stoicismo, e la scuola di Cirene con quella
di Epicuro.
La scuola d'Elide ο di Eretria dal no­
me della patria di Menedemo, che ne fu
il principale sostegno, conservò i princi­
pi i ed il metodo di Socrate, e si appog­
giò a questa proposizione: « Il vero bene
ha la sua sede nell'anima e dipende dal­
ia forza del carattere ». I filosofi di que­
sta scuola vissero senza celebrità, tem­
peranti e disinteressati, senza ambire né
ricercare l'ammirazione degli uomini ;
quindi la storia poco ne dice sul conio
loro.
SCUOLA D'E LIDE
Β πι ME GAHA.
yg
I principii della scuola di Megara ri­
vennero a quelli degli Eleatici metafìsici
e della scuola d'Italia. Euclide, suo fon­
datore, quantunque pieno di venerazione
per Socrate, abbandono il metodo speri­
mentale e il testimonio dei sensi, e adot­
tò l'idealismo. Si serviva di un linguaggio
sovente oscuro e ardito. « Il bene, dice­
va egli, è solo in ciò ch'c uno, simile ,
Io stesso, e sempre ».
Eubulide gli successe. Questi inventò
i sette soGsmi che nei nostri collegi si
ha ancora la bontà di spiegare, e che
fondarono la celebrità di Stilpone , quel
dialettico si ardente nella discussione e
contemporaneo di Zenone. Egli è quello
che dopo la rovina di Megara diceva, co­
me Bitinte : Omnia mea mecum porto.
Lo spirito ricercato e lambiccato di que­
sta scuola, fu giudicato gusto e talent»
nelle dispute, e venne detto Eristica.
Una sola di queste scuole, come poco
fa abbiamo veduto , aveva conservata la
dottrina di Socrate nella sua purezza; ma
essa sarebbe forse rimasta nelle tenebre,
senza il genio e l'anima di Platone.
8θ
PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA.
g. III.
Platonismo.
Celebre discepolo tli un illustre mae­
stro, dotato di una mente vasta, ornato
d'immense cognizioni raccolte ne1 suoi
■viaggi filosofici, animato dalle sublimi
inspirazioni di Socrate, Platone era degno
di trasmettere alla posterità la morale e
la filosofia di quel grand'uomo. Non vo­
lgaci che Platone con tutto il suo genio,
perla dottrina eia virtù di Socrate. Egli
fondò l'Accademia, e le sue eloquenti le­
zioni insegnarono al suo secolo quello che
ei depositava per le future età ne1 suoi
scritti immortali.
Egli aveva il suo sistema particolare;
ma troppo spesso frammischiò le proprie
con le idee del suo maestro. Sembra sem­
pre risovvcnirsi della morte di Socrate;
evita dovunque le conclusioni e i corol­
lari! , e s'avvolge in un velo misterioso.
Egli fa entrare in iscena gli antichi fi­
losofi, ο fra loro ο con Socrate, e se a lui
credesi, non è che il loro storico. Per­
ciò sì è sempre credulo che avesse una
dottrina esolaica, la qmle comunicava
PLATONISMO.
81
solo a1 discepoli fedeli e discreti. Ma non
gli avvicinava che poco a poco a questo sa­
cro focolare, e dapprima comunicava loro
solo la sua dottrina esoterica. Q u i n d i la
stessa elevatezza del suo linguaggio lascia
luogo ad un vago, e spiega la d i s c o r d a n ­
za di quelli che lo h a n n o commentato ο
interpretato. Ma riunendo e confrontando
fra di l o r o i corollari! e le conclusioni d i
lui non espresse con ciò che alle volte
lascia sfuggire,si raccoglie la sua d o t t r i n a .
Platone portò maggiore precisione e
chiarezza degli altri filosofi che lo ave­
vano preceduto, nella scienza psicologica,
la q u a l e , per l u i , era la n a t u r a l e i n t r o ­
duzione alla filosofia.
L'uomo ha due a n i m e : una mortale, il
principio della vita a n i m a l e ; l'altra p r o ­
pria al solo u o m o , semplice, i m m o r t a ­
l e , il principio del pensiero e della sen­
s i b i l i t à ; essa s e n t e , c o n o s c e , giudica e
r a g i o n a ; ha l'intelletto che p e r c e p i s c e ,
raccoglie, elabora e paragona le sensazio­
ni, e la ragione che opera su di esse, per
farne delle idee. Collo stabilire e man­
t e n e r e t u t t e le facoltà iu una costante
ir S T . D ELLE Se. FILUS.
­φ<?ii s
8î
PRIMO PERIODO. TKRZA. EPOCA.
armonia, il saggio gode della salute dell'anima.
Egli riunisce i principii del pitagorismo
e della seconda scuola di Elea; quindi
aggiunge : « Vi hanno in noi delle immagini, delle nozioni e delle idee ; le prime appartengono ai sensi, le seconde all'intelletto ; ma tutto ha principio dalle
immagini sensibili . . . .11 fanciullo incomincia a sentire dalla sua nascita;la traccia del pensiero si sviluppa più tardi
D'altronde l'anima e la ragione non possono essere concepite senza la vita e il
pensiero, e queste senza un'azione reale
degli oggetti materiali sui nostri organi.
Quindi, in ogni percezione sensibile vi
ha: l'oggetto percepito, il soggetto che
percepisce e la stessa percezione. Ma per
valutare i rapporti delle sensazioni cogli
oggetti, fa d'uopo una distinzione, un giudizio operato nell'anima, in cui le impressioni si riuniscono. In ciò consiste
la facoltà di astrarre, ed è l'intelletto che
fa tali astrazioni.
Ma Platone in seguito ammette un nuovo ordine di nozioni generali ; esse derivano da una sorgente diversa da quella
|
|
*
r
%
;;
f
;
PLATONISMO.
83
degli oggetti esterni ; quindi s'innalza alle
speculazioni soprannaturali onde fondare
la sua celebre teoria della idee, che è ,la
base di tutta la sua filosofia. Già Parmenide aveva indicate queste due sorgenti
delle nostre idee e delle nostre cognizioni.
Le IDEE non sono già prodotte; esistono
da per se stesse, senza forma sensibile e
quindi senza alcuna condizione di durata
e di spazio. Esse compongono il mondo
intellettuale; ma non sono già la divinità, e a quello soltanto che lutto conteiupia colla pura luce di queste idee, spetta
il titolo di filosofo, come a Dio solo appaitiene quello di saggio. « Queste IDEE
sono nozioni dell'ordine pili elevato, le
più alte universalità; poiché la natura è
contenuta tutta intera in tai generi principali ».
« Non vi è che una sola e stessa idea
per ciascun genere; essa ne costituisce
l'essenza, rappresenta tutte le specie, tutti
gl'individui, e racchiude tutte le condizioni ».
Nulla corrisponde alle idee del mondo visibile; sono innate) vale adire sane prin-
84
PRIMO PERIODO TERZA EPOCA.
cipii di cognizioni contenuti dapprima
nella intelligenza divina, e posti immediatamente da Dio stesso nel nostro
spirito; quindi non se ne può spiegare
la generazione ; e fra la ragione e il mondo intelligibile, Dio compie la stessa funzione del sole fra la nostra vista e gli
oggetti. L'anima cosi partecipa della divinità per una specie di parentela; tali
sono a un dipresso le parole di Platone.
Ma in questa dottrina che sembra tutta
mistica e soprannaturale, lo spirito non
si riposa sopra niente di veramente reale
e positivo ; la stessa esperienza che Platone sembra invocare, non presenta che
prove astratte. Secondo lui, le nozioni
che vengono dalle sensazioni e dalle percezioni sensibili elaborate dallo spirito,
sono impropriamente cognizioni; sono
opinioni incerte. Ma le nozioni derivanti
dalle idee costituiscono eminentemente la
scienza, mostrano ciò che dev'essere ; esse
sì esercitano su la possibilità ed essenza
delle cose. Sembra che questa parte tutta
speculativa, componesse la dottrina di
Platone, della quale la prima non era che
l'introduzione.
PLATOMSMO.
85
La teorìa delle idee prova la certezza
e la realtà delle nostre cognizioni , poi­
c h é queste idee non vengono da D i o , e
sono slate applicate cotne a l t r e t U n t e y ò r ­
me a una materia passiva e bruta. D a q u e ­
sta teoria , Platone derivò la melatisica ,
la teologia naturale, la morale e la logica·
Egli assegnò alla metafisica due oggetti
principali, l'essere e la causalità: i.°Tes­
sere da lui definito, l'Oggetto concepito ,
il positivo , ciò che esiste, che
sussiste,
c o m p r e n d e n d o in sé Vanità e il multiplo
dei Pitagorici 5 la sua essenza fu l'insie­
me de' suoi attributi necessari! e inva­
riabili; la sostanza fu l'essere in q u a n t o
persevera sotto le modificazioni c a n g i a n t i ;
a." la causalità:
questa gli rappresentò
due sorta di cause; le une l i b e r e , intel­
ligenti, vere, i n d i p e n d e n t i ; le a l t r e fisi­
che 0 meccaniche, condizionali e relative.
Quindi ei risali alla prova di un es­
s e r e necessario, e dimostrò l'esistenza di
u n D io, proclamando ciò non ostante la
materia c o d e i n a alla divinità. Ma al­
t r o v e , probabilmente per tema della su­
p e r s t i z i o n e , ammette de 1 numi superiori,
di second'ordine ed inferiori,
:„■■■;,,
86
PH1M0 PERIODO. TERZA EPOCA.
La morale eli Platone non si fonda
ne su l'obbligazione, né su le forme
religioso , ma su la tendenza alla perfezione. « Il sentimento morale , dice Cousin, parlando oeiì'Eutifionc, in cui Platone abbozzò la sua dottrina morale, oso
rivendicarvi , in nome della sua propria
dignità e di quella della natura umana,
il diritto imprescrittibile di essere per sé
stesso santo e sacro. » Egli stabilì due
sorta Ji beni, gli uni difini, costituiti
dalla verità, dall'armonia e dalla bellezza
clie appartengono alle idee e vengono da
Dio, e dalla cui unione dipende la perfezione; gli altri, umani, entrano nell'ordine delle cose sensibili,e si valutano dal
loro esterno. Quanto alla politica, per ogni
dove, nella sua repubblica, egli la identifica alla morale applicata all'umana società ed agli interessi individuali e generali.
Platone morì 348 anni prima di G.C;
per ogni dove egli va in cerca della verità con franchezza e con ardore. Le sue
forme seducenti, la sua aria di maestà,
il suo entusiasmo, il carattere contemplativo e quasi mistico della sua dottrina , spiegano perchè egli ha tante volte
<w
/
PLATONISMO.
·_■■■■
87
ripreso lo scettro delle scuole filosofiche.
Mr sembra avere arrestato lo slancio della
minte: fu visto innalzato fino ai cieli, fi­
ne a D io, e non si credette di poter an­
dar oltre, né poter pretendere a qualche
cosa di più bello.
I discepoli di Platone serbarono quasi
fedelmente i suoi principii. Tali furono
Speiisippo , che scopri il vincolo delle
scienze e le coordinò. Zcnocrate, Cranio­
re, Polentone e il suo fetide amico Craute.
§. IV. Aristotelismo.
Un Macedone, originario di Stagira,
e che divenne precettore di Alessandro,
sottoponeva allVsame con occhio severo
le dottrine trascendentali del platonismo
e presagiva un formidabile antagonista.
Platone lo vedeva calmato e tranquillo
in mezzo al generale entusiasmo. Ma solo
allora che Zenocratc fu stabilito a suc­
cessore di Platone , Aristotile produsse i
suoi principii, e il Liceo si mosse con­
tro le dottrine accademiche. Egli si ap­
pellò alla severità della ragione, ad una
logica esatta e incalzante, ad immense
88
PRIMO PE RIOTJO. TE RZA E POCA.
!
cognizioni, c o n t r o i prestigi seducenti djl­
l'eloquen/a e d e l l ' e n t u s i a s m o , contro le
produzioni a s t r a t t e dell'immaginazione.
Jrisloiile
poso l'origine dell·· nostte
ideo nella sensazione; dai sensi, dall'espe­
rienza, dalla luce delle percezioni e del­
l'osservazione, vennero forniti i principii
ili ogni scienza, le dimostrazioni di tutto
ciò che può essere dimostralo , ο l'evi­
denza di ciò che non lo potè, quella dei
p r i m i principii. Cosi, dic'egli, l'astronomia
e fondala su l'osservazione : lo stesso d i ­
casi delle altre scienze. L'induzione, ο la
dimostrazione condussero a t u t t e le co­
gnizioni; non si p u ò innalzarsi alla con­
templazione delle nozioni universali onde
la dimostrazione deriva che p e r v i a d'in­
duzione, la quale p u r e deriva da nozioni
particolari e porta ad astrarre.
Due modi di cognizioni vi h a n n o ; u n o
p e r le cose s t e s s e , l'altro per la signifi­
cazione delle parole. I principii
assoluti
risiedono nella n a t u r a delle cose, e, lon­
tani dai s e n s i , costituiscono i principii
universali ο assiomi; i relativi sono più
vicini ai sensi, e perciò i primi nell'or­
dine delle nostre cognizioni. La cogni­
ARISTOTELISMO.
89
zione assoluta, sola degna del nome di
scienza abbraccia ciò che è universale »
necessario, l'essenza stessa delle cose. i.a
cognizione relativa, od opinione , ο cre­
denza abbraccia ciò che è contingente,
particolare , accidentale. Ma tutti questi
dati sono sempre sottoposti all'Ordine spc­
rimentale, e prodotti dall'induzione. Per
universale intende la nozione generale,
astrazione fatta dalle qualità individuali
che formano le specie e i generi; egli va
dal particolare a questo universale: è il
metodo a posteriori; quindi perviene alla
definizione.
Secondo Aristotile, la scienza, il vero
permanente, è la nozion generale; e l'o­
pinione comprende le percezioni indivi­
duali, mobili, cangianti come le cose par­
ticolari che le fanno nascere. Nulladirne­
no l'opinione e la scienza restano nel
medesimo ordine di considerazione ed
hanno la stessa origine.
Ma, con quale facoltà cogliamo noi i
principii che non possono essere dedotti
da alcuna dimostrazione, poiché ossi stessi
sono la base di ogni dimostrazione?Evvi
una cognizione immediata? non può essa
gO
PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA.
variare secondo le persone? Come succe­
de che l'acquistiamo dopo esserne stati
privi , e la perdiamo dopo averla acqui­
stata ? Bisogna che noi siamo dotati da
una facoltà naturale che ne renda capaci.
Questa facoltà sembra essere comune a
tutti gli animali, poiché tutti hanno i
sensi, qual facoltà innata di giudicare In
alcuni animali, questo sentimento dell'og­
getto percepito sussiste ancora quando
l'oggetto è spirito; in altri dispare ad un
tempo ».
La ragione, dice Aristotile, risulta dalla
memoria che conserva le percezioni sen­
sibili, come Ja memoria risulta dalle stes­
se percezioni. D alla memoria risulta l'e­
speripnza, e questa diviene una ο generale
col paragone delle diverse serie conser­
vate dalla memoria, a Finalmente, dal­
l'esperienza, da questo tutto universale
che riposa nell'intelletto, da quest'imo
che scaturisce dagli oggetti singolari, de­
riva il principio dell'arte quando è ap­
plicato alla produzione delle cose, il
principio della scienza quando concerne
la loro sostanza. Questa facoltà è primi­
tiva: Panima la tiene dalla sua propria
ARISTOTELISMO.
gt
natura . . . La nozion generale si forma
dunque nell'anima ; l'intelletto , dipen­
dente dalla ragione, coglie Θ ciò che è
vero in certi casi, l'Opinione, ο ciò che
è sempre vero, la scienza.
L'assioma forma col soggetto e l'acci­
dente gli elementi primitivi della scien­
za , e tutti gli assiomi sono retti da un
assioma supremo di cui non sono che la
conseguenza, questo è l'assioma della con­
traddizione: Non si può affermare e ne­
gare ad un. tempo la stessa cosa ; la stes­
sa cosa non può essere e non essere nel
tempo medesimo.
Considerando in seguito, nella parte
istrumentale de' suoi lavori, i concepi­
menti, le idee, i materiali delle nostre
cognizioni, egli determinò la natura delle
ricchezze che li compongono, li classifi­
cò, li distribuì in ordine e ne fece un
codice pratico di direzione e di studii :
sono le sue categorie.
Aristotile diede pure una teoria delle
cause, tendente a rendere la filosofia at­
tiva e investigatrice, mentre quella di
Platone porta necessariamente alla con­
templazione.
ga
ΡΓ,ΙΜΟ
PE RIODO,
TE R Z A ,
E POCA.
Vi sono quatl.ro ordini di cause: il
p r i m o , tutto metafisico, spiega l'essenza
e la forma dello cose; il secondo, unica­
mente logico, esprime la conseguenza n e ­
cessaria di una supposizione ammessa; il
terzo, affatto nelle cause fisiche , scopre
l'autore di un'azione q u a l u n q u e ; il quar­
to indica lo scopo per cui questa azione
è eseguita; è Pordiue delle cause finali.
Ma nei libri fisici, la prima causa si
riporta alla materia, la seconda alla for­
ma, la terza è efficiente, la quarta finale.
In generale, considerando solo i r a p ­
porti dalla causa all'effetto, egli dà per
causa principale quella che è più vicina
nll'elfctto, e per v e r a , quella che più si
avvicina a\V universale.
Malgrado le lacune di questa teoria
di causalità, vi si scorge uno spirito me­
lodico, profondo e esatto.
La sua psicologia e la sua dottrina su
l'anima sono avvolte in grande oscurità·
L'anima è il principio della v i t a , del
sentimento e del p e n s i e r o ; essa dev'esse­
re considerata nei suoi rapporti col cor­
po organizzato r h e gli serve di s t r u m e n t o ,
e che gli è strettamente unito u La ma­
ARISTOTELISMO.
Ç}3
toria, dic'egli, per sé stessa è niente, la
forma le dà il suo carattere, la sua realtà;
è 1'αίίο che la compie, e ^entelechia. »
■' : Ma questa parola venne spiegata in assai
varii modi ; si crede che Aristotile in­
tendesse che l'anima è, rispetto al corpo
vivente e organizzato, ciò che la forma
è in un corpo qualunque rapporto alla
materia prima onde questo corpo è for­
mato. Io la penso pure cosi ; e qui fa
d'uopo intendere che l'anima è ciò che
'
distingue il corpo vivente, questo princi­
pio fuggitivo che nessuna denominazione
non può bene indicare, che può dirsi tanto
/ &. entelechia, che anima ο anima, ec. Aristo­
tile, si aggiunge, voleva dire che l'anima
non è che la stessa organizzazione cor­
• porale; e si pretese con ciò di spiegarlo.
Egli attribuisce all'anima cinque facol­
tà principali: la nutritiva, comune a tutti
gli esseri organizzati, e che può dirsi ani­
ma vegetativa; la facoltà di sentire, quella
degli appeliti, quella del moto spontaneo,
che, insieme comporrebbero l'anima sen­
_.,. sitiva; quella dall'intelletto, che sarebbe
l'anima intelligente, riserbata all'uomo. 11
Trattato delCanima offre ancora allre
9^
PRIMO PE RIODO. TE MA E POCA.
meditazioni feconde su le funzioni intel­
lettuali e sul modo delle percezioni.
La causa prima dell'universo, di tutte
le trasformazioni , fu un primo motore,
un D io immutabile, che ha ordinato e
messo in rapporto tutte le parti del mon­
do­ Questo fu il principio di quella scien­
za, per cui Aristotile istituì il nome di
teologia. In seguito egli dimostra l'esi­
stenza di un D io immateriale, unico, ne­
cessario, perfetto, il D io di Platone e di
Socrate. Quindi un sacerdote di Cerere ,
Eurimedone, accusò Aristotile d'empietà,
e questi fuggì da Atene, onde impedire
agli Ateniesi, dic'egli, un nuovo delitto
contro la filosofia.
Le scienze da Aristotile dette pratiche
sono VEtica, ο sia Morale, la Politica e
l'Economia, tutte e tre intimamente le­
gate; poiché la società è stabilita onde
ciascun membro percepisca la maggior
quota di felicità e di perfezione morale;
la morale tende a rendere ciascuno il più
possibilmente utile alla società; e l'eco­
nomia privata e pubblica è un mezzo di
contribuire al benessere individuale e co­
rauuc. La morale occupa il primo poeto
ρ
ARISTOTELISMO.
j)5
perchè determina il fine che l'uomo de­
ve proporsi.
Il celebre pubblicista di Stagira di­
chiarò che l'impero delle leggi dev'essere
superiore a quello degli uomini. Quindi
vedendo le fazioni e l'incertezza agitare
le repubbliche della Grecia , le leggi re­
pubblicane, non mantenere che debol­
mente la vera libertà dei popoli, le pas­
sioni dei potenti e dei partiti , l'opera
di Solone e di Licurgo cadere in ruina,
egli riguardò la forma di governo mo­
narchica come la più perfetta.
Egli fondò il dirillo e la giustizia su
l'eguaglianza, proclamò l'uomo quale agen­
te libero e ragionevole; ma consacrò la
schiavitù e il diritto di avvilire una parte
della specie umana giusta il capriccio
dell'altra. Conseguentemente allo stesso
principio, i genitori avevano su la prole
un potere illimitato; ma riguardò l'edu­
cazione come la base delle istituzioni po­
litiche.
Aristotile fece consistere essenzialmen­
te la virtù nella moderazione, vale a di­
re nell'impero sopra se medesimo. La le­
uciti e la virtù noti sono che la sletsa
5**^
96
PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA.
cosa ; in questa consiste il sommo bene.
La morale non è che una legge emanata
dalla D ivinità; ma lo scopo della morale
ha qualche cosa di divino, che avvicina
l'uomo all'essere sovranamente perfetto.
Finalmente Aristotile fece autorità nelle
arti e nelle scienze ; ne dettò le leggi e
le regole per la posterità, e la sua ra­
gione, dopo tanti secoli, presiede ancora
al pergamo, al tribunale, alla scena, con
gloria dell'oratore e del poeta. La sua ce­
lebrità fu men rapida di quella di Pla­
tone, perchè si assoggetta più facilmente
colfentusiasmo che colla ragione.
I primi peripatetici (Ο , che incomin­
ciarono la celebrità di questa setta, fu­
rono Tcafrasto ed Eudemo, che riempi­
rono alcune lacune della logica di Ari­
stotile. Diccarco e Aristossene, si studia­
rono di determinare la nozione dell'en­
telechia, e la deformarono col complicarla.
Dopo Teofrasto, Stratone di Lampsaco
diresse il Liceo; egli non vide che forze
in natura, e con queste sole forze, senza
(ì) Aristotile insegnava passeggiando per il Liceo,
di qui vieno U nome di peripatetici ο passe ggiaiiti­
....>*s '
STOICISMO.
gj
l'intervento di alcun1 altra intelligenza,
spiegò tutti i fenomeni. Faceva risedere
l'esercizio del pensiero nella sensazione,
e tutte le operazioni dell'intelletto si ridussero al sentire.
Un altro celebre discepolo di Teofrasto fu Demetrio di Falera , oratore famoso e che governò Atene con saviezza
pel corso di 33 anni. Si ritirò quindi in
Egitto, ove fu accolto da Tolommeo Sotero. Ivi fondò la rinomata biblioteca di
Alessandria; e fu a quest'epoca che le
scienze si arricchirono sotto la protezione de Tolommei.
§. V. Stoicismo.
Quando la Grecia ebbe perduta la sua
libertà, e che la logica severa di Aristotile
dominava la filosofia speculativa di Platone, si videro innalzarsi contemporaneamente quattro scuole: il Portico, gli Epicurei, i Pirronisti e la Nuova Accademia.
Un mercante di Gizio, Zenone, stabili
lo stoicismo 3oo anni avanti G· C. Poco
soddisfatto delle altre dottrine, se ne
formò una dall'austerità dei Cinici, dalla
ST. DELLE Se. FILOS.
7
9»
TRIMO PERIODS. TERZA EPOCA.
dialettica sotti If della scuola di Erotria ,
dalla logica d'Aristotile e dall'entusiasmo
morale di P l a t o n e . Zenone m i n a t o da u n
naufragio, v e n n e ad insegnare i suoi p r i n cipj nel P e r i l i o , p o r t i c o di Atene, il che
fece dare il n o m e ili Stoici ( i ) a' suoi
discepoli. Onde consolare in qualche m o do i suoi concittadini e sostenere il loro
coraggio nella p e r d i t a della loro liberta,
egli annunziò una inorale fiera e dura ,
sostenuta da una specie di orgoglio virtuoso e inflessibile; ma egli chiudeva cosi
il cuore a t u t t e le v i r t ù benevoli e dolci ; lo inaridiva e lo trincerava dietro
u n muro di bronzo. Cionnondiineno Zen o n e raccomandava la moderazione ed
escludeva la vanita come indegna della
calma fredda e rigida del saggio, che deve
r e s t a r e impassibile in mezzo ai mali, alle
disgrazie, al d o l o r e , ai piaceri ed ai god i m e n t i . L ' e r o e del P o r t i c o , giunto ad
u n a età avanzata, mise fine ai suoi giorni : gli Ateniesi gli innalzarono un m o n u m e n t o sepolcrale nel Ceramico.
Zenone aveva ammesso il famoso p r i n (i) Da Vtoy. [ionico.
;
"•*C, #■':"
STOICISMO.
Ç|C)
cipio a t t r i b u i t o pure ad A r i s t o t i l e : nulla
vi ha nullo spirilo che non sia
passato
pei sensi. F u hen anche eolla logica A r i ­
stotelica c h ' e g l i combattè lo s c e t t i c i s m o ;
ei prese per criterio l'evidenza, che de­
dusse dall'esperienza e dal senso intimo ,
e che appoggiò ali 1 autorità de' sensi e al
giudizio. Proclamò che il dubbio universa­
le è impossibile ; che vi hanno percezioni
sensibili di una chiarezza irresistibile, se i
nostri sensi sono liberi da ogni ostacolo
e in uno stalo s a n o ; finalmente che gli
esseri animati non p o t r e b b e r o agire , ove
non fossero guidati da cognizioni vere e
l e g i t t i t n e ; e mostrò le condizioni neces­
sarie acciò le percezioni ottengano un ca­
r a t t e r e d i realtà. F i n a l m e n t e , lo spirito
approva liberamente e giudica le perce
z i o n i ; e da queste sole cognizioni risulta
la scienza.
Ma Zenone, che, colla generazione, il
l i n g u a g g i o , il pensiero e i cinque sensi»
costituiva le olio facoltà d e l l ' a n i m a , pri­
vava questi stessi sensi da ogni influenzi
su la felicità e su la virtù. D a ciò si
seorge che erasi essenzialmente diretto
contro il pirouismo ci l V p i c u r e i s m o , di
IOO
PRIMO PERIODO. TERZA EPOCA.
cui temeva le conseguenze per la Grecia
nello stato di prostrazione in cui la vedeva; cosi, come dice Cicerone, egli s'indirizzava all'anima come fosse stata spoglia dall'inviluppo del corpo.
L'uomo, secondo l u i , è un'immagine
del mondo, un mondo in miniatura. La
sua anima è emanata dallo spirito celeste, dal fuoco eterno sparso nell'etere,
che è la sorgente della luce; ha per
base della morale, il giudizio e la ra«
gione.
L' universo è un vasto corpo organizzato, un essere ragionevole e animato da
un fuoco eterno sparso per ogni dove.
Questo fuoco"è la divinità, la quale colla
sua potenza , per una specie di destino
immutabile, regola tutti gli avvenimenti
e i fenomeni di questo mondo, in cui
tutto è per il meglio, anche nelle più
piccole cose. Ma che diviene allora il
libero arbitrio di cui gli stoici pure dotano l'uomo? Che significa la massima:
Opera di conformità alla natura ?
Lo stoicismo, malgrado la sua aria di
grandezza morale, die pochi eroi alfa filosofia e alla Grecia. Cleante succedette
EPICUREISMO.
JO[
a Zenone; Cri.sippo combattè con t a l e n t o
e coraggio il d u b b i o assoluto di Arcesi­
l a o , e Antipalro quello di C a m e a d e . .Ρα ­
nezio di Rodi, amico di P o l i b i o , e che
p o r t ò a Roma la filosofia del Portico , si
a t t e n n e specialmente alla m o r a l e , e la
spogliò alquanto della sua ruvidezza. F i ­
n a l m e n t e , Muesarco e Posidonio
misero
in ordine e in a r m o n i a tutta la filosofia
degli Stoici.
g. V I . Epicureismo
( 3 o 5 anni p r i m a di G. C. ).
.,1
Anche Epicuro,
malcontento degli al­
tri sistemi, poco soddisfatto di Platone
e del suo trascendentalismo inaccessibile
ali 1 esperienza, di Aristotile e della sua
scienza t r o p p o profonda e t r o p p o estesa
p e r t u t t i , dello stoicismo e della sua rui­
d e z z a , creò un sistema più f a c i l e , me­
glio adattato allo stato degli spiriti di
quell'epoca. F o n d ò la felicità nel piacere.
Nessun altro sistema è forse mai stato
più biasimato e più vantato. È vero che
la parola la quale sembra servirgli di
base sveglia un 1 idea p r o p r i a a lusingare
102
PRIMO P E R I O D O . TF.R7.A. EPOCA.
tutti gii uomini , e che il più agghiac­
cialo stoico trova il piacere nel suo stoi­
cismo.
Ma rimovendo t u t t o ciò clic la gelosia
del Portico ha proclamato contro l'Epi­
cureismo, tutto ciò che i discepoli di
Epicuro e le prevenzioni del secolo v i
h a n n o alterato ο cangiato , si troverà in
esso u n i filosofia m o r a l e , dolce e bene­
vola, stabilita su rapporti Usici e morali
d e l l ' u o m o sul buon senso e su la felici­
tà. Ciò che costituisce la voluttà di Epi­
c u r o , si è l'allontanamento da tutto q u a n ­
to può turbare anche leggermente, colla
minima inutile fatica , col minimo disag­
gradevole p e n s i e r o , col più leggier do­
l o r e , la salute fìsica e morale, quella pa­
ce profonda e dolce in cui il saggio si
contempla e gode in riposo della sua v i r t ù
e del bene che può fare a' suoi simili.
Epicuro, in luogo di fondare ogni felicità
n e l piacere fuggitivo dei sensi , lo pose
.specialmente nei piaceri morali. <i Poi­
c h é , diceva egli, il corpo non sente che
il dolor p r e s e n t e , mentre lo s p i r i t o , ol­
t r e i inali p r e s e n t i , sente ancora i mali
passati e futura ».
#
­
'
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x
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EPICUREISMO.
IOÎ
l a virtù riposa su la virtù che giudica
ciò che è buono , sul libero a r b i t r i o i n separabile dalla r a g i o n e , e che segue
ciò che ha giudicato. Q u i n d i , il b e n e e
il male nelle nostre azioni d i p e n d e da
ciò che agendo l ' u o m o sa e vuole , ed è
per questo che le leggi h a n n o stabilito
le ricompense e le p e n e .
Questo apostolo della dissolutezza e
d e l l ' i n t e m p e r a n z a visse sempre di acqua, Hi frutta e di legumi del suo giardin o , e alle volte diceva a1 suoi famigli:·
u Portatemi un poco di latte e di formaggio acciò io possa far miglior pasto
q u a n d o me n e venga la voglia ». Si
può d u n q u e affermare che la voluttà di
E p i c u r o , senza a t t r a t t i v e , q u a s i negati,
v a , era una specie d' i m p a s s i b i l i t à , ma
diversa da quella dello stoicismo. Egli
proibiva il t i m o r e e il desiderio , e non
chiedeva che costanza c o n t r o l'impazienz a , la disperazione, la felicità e i torm e n t i ; secondo l u i , t u t t e le virtù si riferivano alla prudenza.
Q u a n t u n q u e nemico delle idee puramente s p e c u l a t i v e , Epicuro sviluppò il
sistema di Leuoippoj e compose gli es-
»o4
PRIMO PE H10DO. TE RZA E POCA.
seri di a t o m i , elementi primitivi di tutto
ciò che esiste, e ne 1 quali tutto si r i ­
solve. Portando questa ipotesi quanto più
oltre si p u ò , esclude Γ intervento della
divinità nella creazione, Γ ordine e la
conservazione dell 1 universo. Q u i n d i , più
non potendo provare D io per le opere
s u e , asserì elicla sua esistenza è scolpita
in tutti i c u o r i , e non potrebbe essere
cancellata. Rammentando la sorte di D ia­
g o r a , la morte di Socrate, la fuga di
Aristotile, prevenne la superstizione ac­
cusando egli medesimo di empietà quelli
che condannavano al lavoro la d i v i n i t à ,
di cui il riposo doveva essore p r i m o at­
tributo.
Determinò in seguito il carattere dell'a­
dorazione; e faceva consistere la vera pietà
ncll'adorare gli D ei e amarli senza spe­
ranza di ricompensa, p e r sé medesimi, e
con puro amore.
Questa e la sostanza della dottrina i n ­
segnata nei giardini d** E p i c u r o ; eçli am­
m e t t e presso a poco le idee di D emocrito
e di Zenone sul fondamento delle nostre
cognizioni e la percezione delle sensazio­
n i ; ma compose r a n i m a di una materia
EPICUMEISMO.
Ιθ5
sottilissima e le diede i sensi per compren­
dere gli oggetti che le sono offerti. Essa
dilatasi per piacere, e rislringcsi per do­
lore; e l'uno e l'altro risultano dall'azione
di corpuscoli che s'introducono nei no­
stri organi; quindi, Epicuro per ogni
senso tende ad una specie di materialismo,
e ad una sfera d'inazione q:iasi completa,
a uno stato d'inerzia per le società.
I numerosi suoi discepoli l'onorarono
colla più alta venerazione, e serbaronsi
sempre uniti fra di loro. Si distingue Me­
trodoro, Ermaco indicato da Epicuro come
suo successore; Muso, schiavo di Epicu­
ro, poscia suo favoritoe filosofo segnalato;
Idomeneo , vantato per la sua rigidezza.
Temistc e Filenide, donne celebri pei loro
costumi irreprensibili.
§ VII. Scetticismo ο Pirronismo.
Pirrone fu contemporaneo di Zenone fi­
di Epicuro. Colpito egualmente dal vago
e dall'incertezza di tutti i sistemi da Ta­
letc in poi, egli ammirò il dubbio pru­
dente di Socrate, delle scuole di Mcgara
e di Elea, e ne costituì pel primo una
Jo6
PK1M0 PEBIODO. TEBZA EPOCA.
dottrina filosofica. Ma por sì fatto modo
provava d i e vi ha almr.no una cosa vera,
vale a dire, il suo proprio d u b b i o ; t u t tavia egli non si fece alcuna scuola.
Lontano da quel dubbio crudele che
porta la monte a d i s p e r a r e , dichiarava
soltanto che non aveva ancora potuto t r o vare la verità, che sospendeva il suo assenso, ma che faceva d'uopo continuarne
la ricerca con perseveranza : riconosceva
l'autorità del buon senso , delle legfi degli usi e specialmente della m o r a l e , di
cui riguardava i precetti come scolpiti
nei cuori. Egli ne compiva i doveri e seguitane le ispirazioni con piacere ; le sue
virtù gli meritarono le funzioni di gran
sacerdote ed il diritto di cittadinanza in
Atene. A suo riguardo i filosofi furono
esonerati dalle imposte.
Ciò nondimeno , Pirrone non negava le
operazioni dello spirito,l'effetto delle sensazioni e de 1 concepimenti; le ammetteva
come mozzi, e come i soli mezzi di con o s c e r e , di giudicare, di r a g i o n a r e ; ma
dubitava che potessimo così pervenire alla
verità assoluta delle cose. Riguardava t u t t o
siccome apparenza , m a non negava l'au»
SCOVA ACCAD EMIA.
1 07
t o n t a di queste apparenze p e r le cose di
questo m o n d o , perocché è la condizione
della nostra esistenza, e non possiamo
c o m p r e n d e r e che rapporti e fenomeni.
Questo dubbio tendeva a tenere gli animi
■in u n a riservanza quasi immobile.
In dieci tropi ο ragioni di epoca egli
ha r i u n i t o i pensieri fondamentali del
suo scetticismo. Eccone la sostanza : le
differenze delle sensazioni nei diversi ani­
mali e nell'uomo, r i s u l t a n d o dalla diffe­
renza di organizzazione, non p e r m e t t o n o
di fissare un giudizio sopra alcun essere.
L e differenze di sensazione producono in
noi le differenze di appetiti e di avver­
sioni , e ne fanno dire solo ciò che l'Og­
g e t t o ne s e m b r a essere, e non ciò che e.
V
I sensi differiscono in ogni i n d i v i d u o ; o g u i
senso percepisce un lato dell'oggetto ; tut­
te le sue percezioni c o r r i s p o n d o n o esse a
qualche cosa di reale, ο non ve ne hanno
che alcune ? Se avessimo più s e n s i , meno
sensi, altri s e n s i , non coglieremmo noi
•altri r a p p o r t i ed altre facoltà ? Come dun­
que affermare che conosciamo l'Oggetto?
L e sensazioni, che sono gli elementi dei
giodizj, variano secondo lo stato del cor­
1θ8
PCIMO PE HIODO. ΤΕΚΛΑ E POCA.
p o , in certe circostanze, nella malattia,
nel sonno , ce. In quale slato e in quali
circostanze si veggono le cose giusta la
v e r i t à ? Gli oggetti sembrano differenti,
secondo i luoghi, le distanze e le posi­
zioni; quale, ο quali di queste circostanze
possono fondare il nostro giudizio su le
qualità degli esseri? D ifferenti condizioni
variano e modificano le sensazioni, e non
ne pervengono mai pure. Un poco più ο
un poco meno di oggetti decide dell'im­
pressione e dell'effetto che producono, e
sembra ben anche cangiare la loro natura.
Noi non percepiamo e non comprendiamo
nulla che per via di comparazioni; noi
dunque non veggiamo che rapporti, e non
ciò che sono le cose. Gli oggetti veduti
di rado ο frequentemente fanno sopra di
noi differenti impressioni ; non vi ha dun­
oue nulla d'intrinseco e di positivo per
noi in questi oggetti. Le istituzioni, le
le<*ai g " u s ' ' e c > c ' i e presiedono alle
cose inorali, variano secondo i tempi, i
luo«hi e gl'individui: quale guida seguire
in (juesta confusione? come scegliere?
jNon v'ha dubbio che siffatto criticismo
presenta delle contraddizioni; ma è lungi
ROOT A ACCADEMIA.
I <X)
dall'essere ne' principi e nelle conseguenze così assurdo e ridicolo, come fu per
lungo tempo sostenuto. Non è già che
io non riguardi lo scetticismo assoluto
come impossibile ad ammettersi, ma intendo dire che queste proposizioni offrono
un aspetto di ragione e di verità.
Si fecero le maraviglie, che il Pirronista cercasse la tranquillità dello spirito
nel dubbio, perocché il dubbio è una sorgente d'inquietudine. Ma il Pirronista lo
riguarda come invincibile, egli è semplice spettatore nell'universo, vive giusta le
sue inspirazioni, giusta le apparenze del
mondo , perchè non sarebbe tranquillo ?
Fra i Pirronisti, si distingue Timone
di Filio in Acaja, il quale, nelle sue satire passò in rassegna i filosofi a lui anteriori. Lo scetticismo in seguito si sparse
in tutta la Grecia; e Diogene-Laerzio cita
una lunga serie di discepoli dopo Pirrone
e Timone.
§. V i l i . Nuova accademia: seconda,
terza, quarta, e/uinta Accademia.
Ora , un uomo la cui vita fu pure senza
HO
PRIMO PE RIODO. TE H/.A E POCA.
macchia , Arcesilao , afferma che non si
conoscerà mai la v e r i t à ; e fonda così il
sistema della seconda accademia , primo
ramo di ciò che diccsi nuova
accademia.
Platone aveva ammesso opinioni ο cogni­
zioni incerte; Arcesilao le lasciò nel d u b ­
bio. La teoria delle idee riposava sopra
dati tutti speculativi e fuori dell'esperien­
za ; Arcesilao la mise in dubbio. In seguito,
vergendo la saviezza del dubbio di So­!
crate e di P i r r o n e , egli proclamò unos
scetticismo a s s o l u t o , che sostenne con·
una logica formidabile, soprattutto contro
gli stoici. Cercò di distruggere la teoria
della percezione e delle sensazioni, mai
giunse a pronunziare che bisogna r i p o r ­
tarsene solo alla r a g i o n e , poiché ogni vi­
sione può essere e vera e falsa, e non
s'avvide che per tal modo egli si avvici.·
nava a Platone; il che fece pensare che Ar­
cesilao non avesse che uno scetticismo ap­
p a r e n t e , e che solo volesse combattere il
dogmatismo. Cicerone nulladimeno ne dice
che Arcesilao sosteneva, che nulla si può
sapere, e ancora che non si sa nulla; che
t u t t o è avvolto da tenebre i m p e n e t r a b i l i ;
ma sembra ehe ciò si applicasse solo a
cose esterne.
s
MIOVA ACCAD EMIA.
1I I
In morale egli insegnò cite fa d'uopo
d i r i g e r s i , u giusta quello clic può essere
giustificato da uu motivo p r o b a b i l e " nella
scelta di ciò che devesi cercare ο fuggire;
che quindi la felicità è il frutto della p r u ­
denza.
Lo stoicismo trovò un avversario ancor
più formidabile in Cameade
fondatore
della terza accademia. Questi rifiutò tut­
t o , acciò non si potesse obbiettargli la
menoma credenza. Secondo lui, la ragione,
non potendo nulla ricevere se n o n pei
sensi , non poteva avere alcun diritto di
giudicare. Il suo discepolo Clilomaco di­
ceva, che non aveva giammai p o t u t o t r o ­
vare un'opinione la quale ottenesse l'as­
senso rli questo filosofo. « T a l e fu la sua
fecondità e la sua abilità o r a t o r i a , dice
C i c e r o n e , che non difese giammai una
proposizione senza d i m o s t r a r l a , che mai
non ne c o m b a t t è alcuna senza distrug­
gerla. !)
Non negò già le sensazioni, ma sostenne
che non sappiamo se abbiavi al di fuori
q u a l c h e cosa che vi si conformi , e che
basta il conoscere i rapporti mutui delle
cose. Q u i n d i il mondo sarebbe una scena
lia
PHTMO
PERIODO,
TERZA
EPOCA.
d'illusioni, di cui noi saremmo costantemonte ludibrio. In seguito, mostrando che
la visione, la quale sembra il più delle volte
vera, merita maggior confidenza, ed è per
ciò detta probabile , diede come Arcesilao
la dottrina incerta e inquietante delle probabilità, àc\ìe apparenze le più probabili
per regola delle azioni umane Questo era
forse un richiamare un metodo più sperimentale ; ed in fatti, la fdosofia di Carneade ebbe il nome di elettiva.
Negò il destino degli Stoici, come affatto contrario alla libertà dell'uomo ; in
generale , gli accademici accordarono maggiore indipendenza alla nostra volontà·
Cameade combattè pure le idee del Portico sulla divinità. Finalmente, onde portar gli Stoici a conciliare, come Aristotile,
la felicità colla virtù , pose il sommo bene
nel godimento dei doni della natura, giusta il senso di Socrate, di Epicuro e di
altri filosofi. Egli credè di rendere più
solida la sua morale della probabilità, fondandola su l'amor proprio e il desiderio
di ben essere, ai quali l'uomo obbedisce
in tutto l'universo ; l'utilità ne fu la direttrice, come pure l'equità, che diceva
essere il calcolo più ragionato dell'egoismo.
KUOVA ACCADEMIA.
llî
C a m e a d e nella sua ambasciata a Roma,
155 anni prima di G. C , espose con eleganza i principii dei più celebri filosofi
onde stabilire la giustizia n a t u r a l e , e il
giorno seguente, colla stessa eloquenza, li
rovesciò t u t t i .
Questa d o t t r i n a non poteva avere che
brevissima d u r a t a , come t u t t e le d o t t r i n e
s c e t t i c h e , perchè l'orgoglio u m a n o ama
meglio parere almeno di i m p a r a r e qualche cosa che sia data come positiva.
Clilnmaco di Cartagine succede a Carneade, e si avvicinò u n poco più al d u b bio socratico. Filone di Larissa, amico di
C i c e r o n e , successe a Clitomaco, e fondò
la quarta accademia ; ammise lo scetticismo p u r o di P i r r o n e , e si sforzò di p r o Tare che la nuova accademia n o n aveva
cessato di essere fedele ai p r i n c i p i i di Socrate e di Platone.
Antioco e Avutone di Scio , che si presentano nella quinta accademia, erano fratelli e discepoli di F i l o n e ; combatterono
il suo scetticismo , si avvicinarono al platonismo e p e r v e n n e r o , come senza pensarvi , allo stoicismo filosofico.
Si.
DELLE Se.
FILOS.
8
Tl4
PRIMO PE RIODO. TE RZA E POCA.
§. IX. La Filosofia passa in
e, più lardi, a Roma. —
Sincretismo.
Akssandria,
Ecclelismo,
Ora la filosofili sta per abbandonare l a
Grecia, in cui la libertà lasciò fondare le
sue dottrine e la sua gloria, ed innalzare
i suoi monumenti scientifici. Alessandria,
Roma e l'impero romano stanno per dar­
le asilo. Già il celebre Demetrio di Falera
aveva incominciato quella specie d'Istituto
alessandrino, ove poco dopo vennero ad
unirsi p o e t i , filosofi e dotti ; ma più non
si veggono nascere sistemi , il genio del­
l'invenzione sembra esaurito da seicento
anni di lavoro, le antiche d o t t r i n e span­
d o n s i , e la filosofia aristotelica , por»
tata in Egitto da Stratone di
Lampsa­
co e Demetrio di Falera, viene rimpiaz­
zata dal^ecclelismo e dal sincretismo. T a l ­
volta l'eccletismo sceglieva ciò che pare­
vagli buono e utile in tali dati sistemi, e
ne costituiva un t u t t o omogeneo; tal al­
tra il sincretismo riuniva ciecamente alla
ventura, opinioni di cui formava una massa
indigesta β icixià a c c o r d o .
LA FILOSOFIA IN ALESSAKDRIA.
Il5
Malgrado però gl'incoraggiamenti dei
Lagidi, il pubblico non era disposto ad
approfittare di queste scienze. Lo stesso
avvenne della scuola di Pergamo, che gli
Attali non lasciarono tuttavia di favorire.
Lo stesso platonismo fu quasi senza onore
nel museo di Alessandria, fino a che il
misticismo vi s'introdusse. Ma la nuova
accademia vi fu annunziata da Eraclito
di Tiro, e Fatamene vi ridusse in sistema
la filosofia elettiva. Egli ammise due criterii della verità ; la ragione che presiede
a tutte le funzioni intellettuali; le perce/.ioni, che risultano dalla certezza delle
impressioni ricevute. In metafisica, sembra che abbia voluto fondarsi su l'osservazione della natura : la materia, la causa
efficiente, la qualità e il luogo furono i
quattro principii originarli di tutte le cose.
In morale, riferiva tutte le azioni a una
virtù perfetta , ma non rifiutava né i beni,
né i godimenti fisici conformi alla natura.
Così, egli avvicinava Zenone e Aristotile,
senza nulla aggiungervi del misticismo
orientale. È dunque difficile l'ammettere
che Paiamone, come fu dello , abbia stabilito con Ammonio Sakas il neoplatonismo.
Il6
PKIMO PERIODO. ΪΕΒλΑ E POCA.
Anesidcmo di Creta , contemporaneo di
Cicerone, introdusse in Alessandria lo scet­
ticismo, e gli diede maggior voga che non
avesse mai avuto in Atene. D apprincipio,
rimproverò agli antichi sistemi di causa­
lità la frequente applicazione a un effetto
d'una causa presa in cose fuori dell'espe.
rienza e dell'evidenza; di dare una sola
spiegazione ad ira effetto che può spie­
garsi in più modi; di rendere ragione di
effetti prodotti con ordine con cause che
non ne esprimono alcuno; di concludere
da fatti apparenti altri clic non lo sono ;
di non prendere sovente se non quello
che può valere a provare un'ipotesi, e di
ommettere il restante; di spiegare feno­
meni con punti dubbiosi, ec.
Ma in seguito il dubbio di Anesidemo
divenne assoluto. Egli sostenne che « né
un corpo, né un essere incorporale può
esser causa rispetto a un altro corpo·
poiché se l'uno agisce solo, non può pro­
durre che ciò che è già nella sua propria
natura; se agisce col roe/zo di un secon­
do, esso non può nulla di più; poiché
sarebbe d'uopo che fossero uno, d'altronde
tale produzione si csli udirebbe all'infini­
LA FILOSOFIA IN ALE SSANDRIA.
II?
to, il che è assurdo. Medesimamente, un
corpo non può esser causa di un essere
incorporale, e reciprocamente; ciò ch1é in
riposo non può essere causa di ciò che
si sta pure in riposo, uè ciò che e in
moto di ciò che si muove; poiché cia­
scuno di questi fenomeni essendo simili ,
non si può dare più a questo che a quello
la proprietà di causa; il contrario non
produce il contrario. Lo stesso è delle
cose che coesistono simultaneamente; poi­
ché tutti avrebhero lo stesso diritto di
essere causa di tutto. Se le cause, la ma­
teria e gli effetti sono riuniti e simulta­
nei , tutto è causa ed effetto ad un tempo.
Quasi tutto il sopraddetto riposa insom­
ma sul principio dello stesso Aneside­
mo, che una cosa non può essere la causa
di un'altra che gli è posteriore, percioc­
ché niuna cosa può esistere senza che
esista ad un tempo il suo effetto. Tutto
questo sistema d'altronde però non è che
un tessuto di sottigliezze opprimenti.
Nel suo trattalo chi segni che non ci
è noto , come ben anche gli altri suoi
scritti, se non per quanto ne lasciò Susta
ΐ Empirico, egli ricusa ogni confidenza al
1 l'S
PRIMO PE RIODO
ΤΕΠ7.Α E POCA.
testimonio dei Bensì ed alla ragione, per­
chè questi sensi non sono dotati di ra­
gione, e perchè la ragione pronunzia dif­
ferentemente nei diversi uomini su le me­
desime cose. Quindi , secondo lui, noi non
diamo il nome di bene che a ciò che n'è
gradevole.
Nulladimeno Anesidemo adotta certe
idee del sistema di Eraclito su la mobi­
lità universale;egli pone, siccome quello,
il pensiero fuori della sostanza del corpo,
riguarda i sensi come canali che servono
a ricevere ciò che noi diciamo cognizioni,
e considera il tempo e l'aria come prin­
cipii di tutte le cose. Vennero rimpro­
verate ad Anesidemo diverse contraddi­
zioni , e fu detto ch'egli volle mostrare
soltanto che <i ogni spiegazione dei feno­
meni naturali non può indicarne che la
causa sperimentale e fisica, e che la meta­
fisica non può risalire alla loro sorgente.»
5­ X. La Filosofìa a Roma.
La filosofia greca brillava di bastante
splendore in Alessandria quando penpfrò
in Roma. In Grecia era nata con la li­
LA FILOSOFIA
il ROMA.
II9
berta; a Roma comparve quando la repubblica periva.
Ma la libertà e l'educazione non menavano i Romani che alla gloria di conquistatori ed al patriotism!) politico. Le
scienze erano troppo pacifiche e troppo
dolci per un tal popolo ; e ognuno sa
che Catone chiese che fosse rimandata la
celebre ambasciata ateniese composta da
Diogene lo stoico, da Crilolao e Cameade,
acciò non insegnassero le loro sottigliezze
scientifiche alla gioventù che si affollava
intorno ad essi.
Quando le aquile romane furono penetrate in Grecia, il gusto delle scienze
e delle lettere passò in Roma. Siila vi
aveva portato le opere di Aristotile. Scipione l'Africano, Lelio e i due Giureconsulti Tuberone e Muzio Scevola contrassero familiarità con Panezio, e Catone
collo stoico Antipatro di Tiro; M. Bruto,
Pisone, Varrone seguivano l'antica accademia; Lucullo condusse seco Antioco nel
corso delle sue spedizioni, e raccolse gli
scritti dei filosofi. Quanti vi ebbe di grandi in Roma, specialmente verso il tempo
di Augusto, coltivarono le dottrine greche,
lao
PMMO pEnioTio. TWIZA EPOCA.
almeno per propria soddisfazione. E quan­
tunque i costumi de' Romani fossero già
corrotti, e quasi più non avessero della
loro libertà ohe il nome di repubblica,
fioma fu il focolare dei lumi che conti­
nuarono in seguito a diffondersi nelle sue
Taste provincie.
A capo de1 suoi scrittori filosofi evvi
Lucrezio, la cui musa arricchendo di bril­
lanti colori il sistema di Epicuro, ne ha
alterati i principii fondamentali, e talvolta
cangiate ο sviale le conseguenze. Virgi­
lio, Orazio, Ovidio, Manilio, Lucano,
tutti sparsero nei loro versi differenti idee
delle scuole greche· Ma fino all'epoca de­
gli imperadoii, la filosofìa e la inorale,
come scienza, furono affatto nulle fra i
Romani.
Cicerone che mori 43 anni prima di
G.C.. innalzo su questa seconda terra clas­
sica il primo monumento alla filosofia, e
il suo genio, la sua erudizione e sagacità,
diffondendo le dottrine greche, lo condus­
sero al dubbio di Socrate callo scetticismo
di Cameade, » Ogni cognizione, dicVgli,
è attorniata da tenebre e da difficoltà ,
in mezzo alle quali la nottra debole in­
LA FILOSOFIA A ROMA.
121
telligenza giudica troppo presto, e ne Ira­
via. T u t t o non è che verosimiglianza, p r o ­
b a b i l i t à ; vi sono belle apparenze, ma non
mai certezza, υ
In seguito, onde prevenire l'Obbiezione
c h e gli verrebbe fatta, come scettico, di di­
s e r t a r e tuttavia su diverso cose, e special­
V m e n t e sui doveri d e l l ' u o m o : « G i i m'im­
pedisce, dicVgli, di seguire ciò che è pro­
b a b i l e , di rifiutare ciò che non lo é , ed
evitando così l'arroganza delle affermazio­
n i , di scansare quella t e m e r i t à che t a n t o
è c o n t r a r i a alla vera .sapienza? i>
La sua filosofia d'altronde parla a t u l l i
gli u o m i n i , a t u t t e le condizioni, e si a p ­
plica a t u t t e le cose della vita. In gene­
rale, egli segue l'accademia di mezzo n e l l e
questioni speculative; P l a t o n e , nel suo
metodo e nella psicologia; Zenone, n e l l a
sua morale; e Aristotile, n e l l a sua politica.
J
N o n cercò giammai di familiarizzare i
Romani colla metafisica e la dialettica dei
G r e c i ; la logica del buon senso conveniva
loro meglio, e si ristrinse ad essa.
Non t r a t t ò quasi altre qnislioni specu­
lative che quelle della natura degli Vei,
del destino e della divinazione;
ma non
ì l i
PRIMO PE RIODO. ΤΡ.ΠΖΑ E POCA.
n e fece che oggetti di erudizione. Quando
t r a t t i delle verità che appoggiano le idee
religiose, il d i r i t t o e la giustizia, le leggi
e la politica, la m o r a l e e la v i r t ù , alloi
ra egli manifesta elevatezza di pensieri
l'entusiasmo di una bell'anima, e il colore
di una eloquenza maschia piena di nerbo
e di fuoco. Lo studio della filosofia e
della morale, d i c ' e g l i , fu che lo rese quale
si m o s t r ò ; che lo preparò c o n t r o C a l i l i n a
e contro A n t o n i o , contro la persecuzione
e la morte.
Gli sforzi di Cicerone p e r rialzare la
nuova accademia non ebbero che un pas­
saggiero risultamento . come t u t t e le ideo
scettiche. In generale, a Roma , il piccol
n u m e r o di persone che si davano alla me­
ditazione preferivano P i t a g o r a ; gli uomini
di mondo e dediti alle scienze n a t u r a l i ,
E p i c u r o ; gli oratori e gli uomini di Stato,
la nuova accademia; i g i u r e c o n s u l t i , il
Portico.
SECONDO PERIODO
SCIENZE F I L O S O F I C H E
E MORALI.
DALLO STABILIMENTO DEL CEISTIAKIS1MO
FlIiO AI «OSTRI G10RKI.
EPOCA PRIMA
DA CESO' CRISTO FIKO AL TKMPO
DI CARLO MAGKO.
J I o n i , padrona del mondo, era schiara dei
Cesari, quando, innalzandosi su una terra
ingrata, il Cristianesimo arrecava alla gran
famiglia del genere umano, laseamorale
ammirabile, la sua grandezza, e semplicità
sublime, le sue consolazioni, e la sua santità; chiamando al suo seno si l'indigente e lo sciagurato che piange e si dispera', chft l'opulento e il potentato che dorme su la porpora e bere nell'oro.
I2.'(
SECONDO PERIODO. PIUM\ EPOC\.
Il Vangelo veniva a liberare il mondo
dall'antica schiavitù degli Dei, e a stabilire l'uomo padrone assoluto delle sue
facoltà fisiche, intellettuali e morali.
Filosofa Romana
dallo stabilimento del Cristianesimo.
Frattanto, Romi che aveva perduta la
sua libertà, e che già incominciava a dimenticare la sua alterezza e la sua "gloria,
ili «stravasi co' lavori di alcuni filosofi e
moralisti.
Seneca, che somministrò tante armi potenti contro il dolore, annunziava una
morale saggia, legittima e scrupolosa, virtù
pratiche, e cercava nello stoicismo il coraggio di sfidare i tiranni.
Un altro stoico, Epiteto, cercava la
forza d'animo , la saggezza c\ic trioiiì-ann
dell'astuzia , le massime che formano il
cuore e lo sublimano.
Sestio, di cui sì frequentemente parla
Seneca , aveva formato una specie di scuola nazionale, frequentata sulle prime con
entusiasmo; ma di una durata effimera.
Un secolo dopo, Marco Aurelio, attin-
FILOSOFIA riOMAlU.
laS
geva pure nello stoicismo una virlù i n a l terabile in mez/.o alle seduzioni del p o tere. La sua iilosolia morale e religiosa
r i p o r t a a Dio il destino dell'uomo, e Dio
solo è lo scopo della virtù. V e n e r a r e I d d i o , far del bene agli uomini , tale è la
sua massima fondamentale. Egli vuole che
la ragione presieda a tutte le nostre azion i , le pesi e le g i u d i c h i d a p p r i m a ; m i ,
subordinando tulio alla causa eterna. Ciò
che vi ha di più b e l l o , di più glorioso
p e r questo p r i n c i p e , si è , c h e , massime
e idee così p u r e e r a n o la regola della sua
vita privata e de 1 suoi doveri quale imp e r a n t e ; che sole, gli fecero versare sopra
i sudditi i b e n e i k i i di una sollecitudine
v i r t u o s a , e che se ne scoperse il secreto
solo dopo la sua m o r t e .
Fra i Platonici che si trovarono nelle
province d e l l ' i m p e r o , si distingue Alcinoo
e Massimo di Tiro. Il p r i m o espone chiar a m e n t e le idee p l a t o n i c h e , e rappresenta
Dio come il mezzo a t t r a v e r s o di cui la
luce della verità perviene all'intelligenza.
La contemplazione, aggiunge egli , è il miglior mezzo d : i s t n u i o n e . Questa tendenza
al misticismo apparisce aucor più iu Mue-
126
ES CONDO PE RIODO. PRIMA E POCA.
simo di Tiro, il quale, d'altronde, pro­
fessa i medesimi principii; ma Jpulejo
confuse la dottrina di Pitagora con quella
di Platone, e le tradizioni della teurgia
orientale.
Quasi nello stesso tempo Alessandro
d'Egea, Alessandro d'Afrodisea , Andro­
nico di Rodi, commentarono, misero in
ordine e corressero Aristotile. Ma il mag­
gior numero de' Komuni che coltivavano
la filosolia si facevano una scelta d'idee
nelle diverse dottrine; tali furono Tito
Livio, il I uon flularco, il maligno e mor­
dace Luciano , i due Plinii, Celso detto
rippocrate latino perchè tradusse le ope­
re del vecchio di Coo; Galeno, il cui
nome è divenuto sì famoso nell'arte di
guarire.
Questo illustre medico che nacque i3o
anni dopo G. G. aveva approfondito i si­
stemi filosofici e medici, senza assogget­
tarsi a veruno. Quantunque ammiratore
di Platone, lo riformò e ammise la lo­
gica d'Aristotile. Studiando in seguito i
rapporti dell'anima cogli organi, distin­
se la vita animale dal principio pensante,
e riliuto l'ipotesi Δι Platone su le tre parti
FILOSOFIA ROMAKA.
I 27
dell'anima. Egli prese dovunque l'espe­
rienza per guidi; il suo cviterio fu il senso
comune, ο sia la facoltà di giudicare e di
conoscere data a tutti gli uomini, e che
si esercita per mezzo dei sensi su gli og­
getti esteriori, e per mezzo dell'intelletto
su le cose intelligibili, razionali ο com­
plesse; l'intelletto fu per l'anima, ciò che
l'occhio è per il corpo.
Galeno combattè lo scetticismo di Fa­
volino, e rifiutò la logica­di Crisippo. Egli
sviluppò la filosofia e la dottrina medica
d'Ippocrate, perfezionò le antiche dottri­
ne, e fu il più gran filosofo del suo tempo.
Finora abbiamo considerato separata­
mente le scuole di Alessandria e di Roma;
adesso che la città di Tolommeo è sog­
getta ai Cesari, la riuniremo in un sol
quadro.
Lo scetticismo d'Anesidemo fu sostenuto
da' suoi successori. Fra essi, ^grippa ag­
giunse altri cinque tropi alle dieci ragioni
dei Pirronisti, dedcicendoli dalla discor­
dia tra i filosofi, dalla retrogradazione
all'infinito quando ogni prova venga ap­
poggiata ad un'altra; da ciò che le nostre
percezioni sono relative alle nostre ina­
Iî8
ES COKDO PE RIODO. PRIMA E POCA.
niere di essere e non alla n a t u r a delle
cose; dall'abuso delle supposizioni g r a t u i ­
t e , dal diaUdlo ο cìrcolo vizioso della l o ­
gica moderna.
Favolino , il primo filosofo conosciuto
che abbiano prodotto le G a l l i c , e c h e
inerito di essere confutato d a G a l c n o , si ap­
plico a sviluppare i dieci tropi p i r r o n i a n i ,
in un'opera che non ci è pervenuta.
V i ebbero ancora altri scettici, ma n o n
fecero alcuna aggiunta alla scienza. Noi
non indicheremo che Sesto
i1Empirico
cosi detto dal nome della setta medica c u i
era addetto. Questo celebre scettico, il Bay­
le dell'antichità, che discusse e paragonò
t u t t i i sistemi a n t i c h i , e che lasciò per
tal modo un'opera preziosa, una specie di
diorama tilosofico e critico, lu da Gas­
sendi tratto da un ingiusto obblio. Se ne
ignora la patria e vien riferito ai t e m p i
di Marco Aurelio.
Nelle sue I potiposi pirroniaiie egli diede
il sistema più completo dello scetticismo.
Là egli chiama al suo tribunale t u t t e le
d o t t r i n e filosofiche, ed anche i sistemi delle
a r t i , e poiché ha t u t t o i n t e r r o g a l o , tutto
c o n o s c i u t o , lutto riprovato , proclama una
FILOSOFIA ROMANA.
Ug
ignoranza assoluta, un'impotenza intellettuale completa. Non vi sono dimostrazioni
p e r c h è nulla vi ha di vero. Q u a n t o al
Criterium a quo, per quod, secundum quad
dei quali uno a p p a r t i e n e ni Cuomo giudic a n t e , C.iltro ai sensi ed all'intelligenza
per mezzo dei quali giudica, il terzo all'azione p e r cui la m e n t e si applica agli
oggetti, egli li rifiuta t u t t i p e r c h è gli sarchile d'uopo almeno un Criterio s u p e r i o r e ad essi onde giudicarli, e così di seguito.
Ma p r u d e n t e m e n t e egli riconosce l'esistenza degli dei e il loro c u l t o , di conformità alle istituzioni della sua p a t r i a ;
poscia aggiunge che gli uomini se li r a p presentano sotto immagini false e grossolane, clic la loro opinione generale avvolge contraddizioni , e finalmente che un
tal soggetto non dehb'essere sottoposto alle
investigazioni filosofiche. Egli trova le medesime contraddizioni nelle opinioni e
nelle norme m o r a l i ; e q u i n d i , india vi ha
c h e sia un bene di sua propria naturaCiò non p e r t a n t o la di lui vita fu i r r e prensibile. I suoi scritti e quelli di Luciano furono gli ultimi tentativi della filosofia onde r i c o n d u r r e , mediante una criST. DELLE Se.
FILOS.
9
ΐ3θ
SECON
D O PERIOD O. PIUMA EPOCA..
tica ardita, la ragione sul cammino della
prudenza.
Questo scetticismo di Alessandria aveva
già avuto degli avversar) fra i peripateti­
ci. Jristocle,Ai Messenio, maestro di Ales­
sandro d'Afrodisca si era studiato di con­
futare Timone lo sceltico e Anesidemo.
Egli s'appoggiò a sette considerazioni, delle
quali ecco la sostanza: i Pirronisti accu­
sano di errore quelli che distinguono il
^ero dal falso; essi medesimi adunque di­
stinguono l'errore dalla verità; vi ha dun­
que qualche cosa di certo per essi , e
quindi si condannano. Se fra le cose non
v
e differenza , i Pirronisti non valgono
pin degli altri filosofi , e non vi li» diffe­
renza fra il differire e il non differire,
pensare e non pensare, fra il si e. il no,
sapere e non sapere; perché dunque vi in­
giungono delle opinioni? Una cosa viene,
esposta con chiarezza ο con oscurità , nel
primo caso solamente si può disputare;
insogna allora che lo scettico ammetta un
principio, e quindi la dia vinta; se gettasi
Dell'infinito, è d'uopo abbandonarlo alla
sua oscurità.
^'epicureismo apparve pure in Alessan­
FILOSOFIA ROMANA.
l3[
dna portatovi ila Coletele, e il cirenaismo
da Egesia; lo stoicismo vi fu sostenuto
durante la maggior voga degli accademici
scettici da Siilonio , Sfero, Solioiu, Satiro, Oleremo ne, e penetro perfino nella
corte voluttuosa dei L:\gidi.
g. II. Misticismo: Gnostici, Essenii,
Terapeuti, Elka'Ui.
Finalmente, il misticismo orientale e
Ie_ religioni vennero ad introdursi nella
filosofia, ma preferirono il pitagorismo
e il platonismo che loro offrivano maggior simpatia; tutto fu alterato, cangiato,
e la filosofia perde l'indipendenza delle
sue ricerche.
Dotti Giudei, Arislobulo e Filone, diedero un'origine ebraica alle dottrine greche, e fecero di Platone un discepolo di
Mosè. Arislobulo suppose ben anche dei
versi sotto i nomi di Orfeo, d'Esiodo e di
Omero; interpretò perfino la mitologia coi
libri di Mosè. Filone continuò quelle interpretazioni,e confuse pure ooH'idealisino
trascendentale, leti-adizioni degli Essenii,
gli Stoici di G i u d e a , e quelle dei Tere-
1^2
E
S CONDO PE RIODO. ΓΓ.ΙΜΛ E POCA.
peuli, i q u a l i , cosi come quelli, passavano
in segreto una vita contemplativa e re­
golala ila una morale a u s t e r a , avevano
<Ιο'discepoli e si occupavano di ricerche,
su l'esistenza di D io.
Filone, ammette un mondo intelligibile,
ο sia delle I dre, e. il mondo sensibile Ma
differisce da Platone in ciò ch'egli perso­
nifica le I dee di cui fi il primo V e r b o , ο
figliuolo di D i o ; un altro principio divino
fu la parola ο nozione delle virtù divine,
come operante sul m o n d o sensibile, ed
inviate a crearlo. L ' a n i m a dell'uomo è
libera, e governa le sue passioni; ma non
n e innalza al disopra dei s e n s i , alla luce
e alla v i r t ù , che per mc/.zo della con­
templazione; ecco qui del puro bramismo.
I Gnostici ο teosofi o r i e n t a l i , con­
servando le loro antiche credenze (l'ini­
ziazione, seguirono le medesime tracce, ed
innalzarono pure la filosofia e la morale
su le tradizioni mistiche dell'Oriente. Essi
dichiararonsi contro il cristianesimo na­
scente, cercarono d'invaderlo, e vi sparsero
i principi! funesti delle eresie che un po'
più tardi si manifestarono. D a questa gnosi
risultò la filosofia che san Clemente cl'A­
MISTICISMO.
l3î
lessandria chiama orientale· I padri della
chiesa no facevano risalire le prime ilice.,
tino a Simone il Mago ο discepolo dei,
magi persiani. Sotto il nome ili Dito essa
dava la luce come principio primo degli
esseri; l'idea derivava dal padre univer­
sale. (I secondo uomo mortale era formato
ÌU l'uomo ideale ο celeste. Sette angioli
ο potenze intelligenti, animavano i sette
pianeti Queste dottrine racchiudono mia
quantità di strane bizzarrie.
Gli Elkaili ed i Gnostici, addetti al Giu­
daismo, Uasiiule, Carpocrale, talentino e
i suoi numerosi discepoli, professarono ο
serbarono questi elementi, talentino spe­
cialmente, che era venuto dalla Persia e
dalla Siria in Alessandria, sviluppò quel­
le combinazioni mistiche e teosofiche ,
che diedero origine alla Cabala ο dottri­
na esoterica dei Giudei. Finalmente, que­
sta specie di filosofia produsse la super­
stizione e l'estasi.
g. III.
Neoplatonismo.
Il sistema filosofico di Platone e di Pi­
tagora, pel loro entusiasmo loiitcniplilivo,
l34
ES COKDO PE ltinDO. PRIMA E POCA.
quello di Aristotile, por la sua forma dog­
matica nelle quistioni di verità generali
e assolute, si piegarono facilmente alle
idee del misticismo; quindi Numenio e
Ammonio Sakas ne presero gli elementi
onde comporrp il neoplatonismo.
Moderalo, dì Gadete, primo filosofo ibe­
rico, e dopo lui, Nìcnmaco di Gerasso, e
il celebre Jpollonio di Tiane, avevano già
cercato di mettere d'accordo Pitagora, Pla­
tone ο il misticismo. Secondo Apollonio,
non vi è che un solo essere primordiale
che un principio immutabile, modificato
soltanto dall'azione e dal riposo, che un
Dio il quale si estende, si sviluppa, e
produce coti ciò le rivoluzioni sul teatro
dell'universo. Gli oggetti particolari non
sono che esseri apparenti, e i cangiamenti
e le apparenze, non sono clin la sua pro­
pria manifestazione.
Numenio, che visse sotto gli Antonini,
segui questi principii, e volle appoggiare
i sistemi filosofici e morali, sui dogmi di
Brama, di Zoroaslro e degli Egizii. Ma,
dic'cgli, la divinità assorta in sé stessa
non può comunicare coll'univeiso e agire
sopra di esso cunie causa, senza perdere
HEOPIATONISMO
l35
la sua semplicità , senza d i v i d e r s i , limi­
t a r s i , degradarsi· Q u i n d i , egli pose u à
intermediario fra D io e la creazione, ed é
il Demiowgos,
il figlio, il pensiero (νού;)
cìie produce una terza p o t e n z a , un riflesso
di sé medesimo ; secondo questo stesso fi­
losofo, l'anima ritiene gli elementi del cor­
p o c o m b i n a t i , e perciò dev'essere incor­
porea.
Ammonio
Saltai,
di povera famiglia,
fioriva verso la (ine del secondo 6ecolo
dell'era n o s t r a ; n o n ci lasciò scritto n i e n t e ,
insegnava solo in confidenza a' suoi t r e
discepoli, E r e n n i o , Plotino e un O r i g e n e ,
a m e d i t a r e e a c o m b i n a r e P l a t o n e con
Aristotile. Ma il celebre Longino, che fu
p u r suo discepolo, e che peri vittima della
sua devozione per la sfortunata Zenobia,
c o m b a t t è il neoplatonismo di Plotino e
di Porfirio, ed il materialismo di E p i c u r o .
Il dotto Plotino, che insegnava a Roma
n e l terzo secolo, rivesti definitivamente la
d o m i n a n t e filosofia del nome di neopla­
to IIÌMIJO, e ne fonilo la d o t t r i n a sul mi·
sticismo che era a n d a t o a studiare in In­
dia e in Persia, e sul trasccndentalisiro
il più astratto, il più impercettibile­ Nei
l3(ì
SRCORDO PE TIIODO. PRIMA E POCA.
trasporti dell·) sua e s t a s i , egli poso al di
là ili tutti i monili la sorgente invisihile
della sua d o t t r i n a , e credette scoprirvi
il segreto delle cose. P l o t i n o riuniva in­
t o r n o a sé una b r i l l a n t e adunanza, a n c h e
di d a m e romane di famiglie d i s t i n t e . Egli
entusiasmava con u n ' a r i a ili profeta e di
i s p i r a t o ; t u t t o era in D io , la sola con­
templazione innalzò l'uomo alla sua co­
noscenza e a quella delle cose Prestando
fede a P o r f i r i o , suo d i s c e p o l o , q u a t t r o
volte in sua vita, P l o t i n o comunicò inti­
m a m e n t e con D io, e io stesso P o r t i n o ha
goduto pure una volta di tal privilegio.
Plotino fece delle I dee platoniche, l'es­
sere stesso, identificando cosi il p e n s i e r o ,
l'oggetto e il soggetto che lo concepisce;
e non accordò l'esistenza reale che all'in­
telligenza e all'atto della sua propria in­
t u i z i o n e ; (« Vunità è il principio neces­
s a r i o , d i c ' e g l i , la sorgente, il t e r m i n e e
la ragione di ogni reali à , ο piuttosto la
realtà stessa, lissa può c o n c e p i r s i , ma non
definirsi; l'uno e necessario, assoluto , in­
finito, i m m o b i l e ; ύ il solo bello i d e a l e ,
il solo vero b e l l o , il bene supremo e per
eccellenza. D al suo seno p r o c e d e , «eu/.a
KBOPLATOKÎSMO.
l3j
p u r modificarlo, Vintelligenza suprema c h e
è il riflesso dell'urlila, e che è ad un tem­
po l'oggetto concepito, il soggetto che.
concepisce e l'azione di concepire; l'ani­
ma universale è il principio s u b o r d i n a t o
agli altri d u e , è il p e n s i e r o , la parola
(}.oyà;) dell'intelligenza. » Questi tre p r i n ­
cipii e t e r n i , sono in relazione col mondo
a p p a r e n t e , per mezzo" delle idee ο d e l
m o n d o intelligibile di Platone.
Il pensiero è la sola vita, il solo essere,
la sola sostanza, la sola potenza. Ogni
forza, ogni azione è intellettuale, e il m o n ­
do intelligibile è la pienezza delle I dee,
l'impero degli s p i n t i immateriali che d a n ­
no a t u t t o il moto e l'esistenza. T u t t o ciò
che apparisce nel mondo sensibile, il sole,
la terra , le acque, è r e a l m e n t e nel mon­
do intelligibile. Il cielo è mosso da u n '
anima i n t e l l i g e n t e ; il moto degli astri è
circolare, perchè l'anima 0 l'intelligenza
si esercitano pure con una specie di cir­
cuito i n t o r n o alla D ivinità , c e n t r o supre­
mo. A questo modo I'iolino si avvolge in
un vago immenso ed o p p r i m e n t e e pro­
duce eiTcUivainciitc una specie di fanta­
smagoria dogmatica. La sua morale , per
l38
E
R COKDO PE RIODO. PRIMA E POCA.
conseguenza è tutta ascetica. Se l'anima
dimentica la sua origine celeste, trova Ter­
rore e il vizio. Egli non parla che di rap­
porti con D io , dcH'anucgazione e dell'im­
pero di sé stesso, e omette tutti i rap­
porti della società e della condotta civile.
Amelio, che con Porfirio fu alla test;»
de1 suoi discepoli , scrisse, a quanto si di­
ce , cento volumi su la propria dottrina,
ma sono tatti perduti Fu incaricato dal
suo maestro di rispondere a Porfirio, il
quale, in uno scritto contro Plotino, cer­
cava di provare che l'oggetto concepito è
fuori dell'intelletto. Ma sembra che fosse
un mezzo concertato alla maniera di quei
tempi, onde far brillare sempre più il si­
stema di Plotino; poiché Porfirio si ri­
trattò in una assemblea, alla terza replica.
I Predicali di Porfirio sono una specie
di complemento prezioso , fatto con ta­
lento , della filosofìa di Aristotile. Egli
vi ha stabilito ciò che mancava aile Ca­
tegorie ο predicamenti onde avvicinare Pla­
tone all'illustre Stagirita.
Porfirio, con un sincretismo ridicolo,
ammetteva insieme l'esistenza dei £«"»_,
le superstizioni del paganesimo, il più
KBOPLATOHISMO.
13g
stravagante misticismo, il più tenebroso
trascendentalismo e la morale di Plotino.
Trattando di sensazioni, egli paragona
i sensi a corde scosse da una musica che
è l'anima. L'anima lia in sé le ragioni di
tutte le cose, e per mezzo di esse, ella
agisce, sia spontaneamente, sia per provocazione estranea. La sensazione modifica
gli organi, e l'intelletto prende ad imprestilo il soccorso dell'immaginazione per gli
oggetti die non partecipano alla sua natura. Tutto ciò che può dirsi di ciò che
è superiore alla sfera dell'anima, può paragonarsi al racconto che nello stato di
veglia noi facciamo di un sogno ; polche
il simile non può essere conosciuto che
dal simile, ed ogni cognizione è un'assiniilazioncdello spirito con ciò che conosce.
Fin qui i Neoplatonici non si erano attribuita un'antichità oltre a Pitagora e
a Platone; i Gnostici oltre quella di Orfeo, di Ermete , di Zoroastro ; Jamblico
nel Trattato dei misterii Egiziani a lui
ascritto, fece derivare dall'Egitto la teosofia orientale e la filosofia greca. Pitagora, Platone, Eudosio, avevano, secondo
lui , attinto la vera dottrina, dai custodi
l^O
SECONDO P E R I O D O . TRIMA
EPOCA.
dei misteri ; t u t t o risaliva q u i n d i a Mercurio, a quelle colonne a n t i c h e ove ([tifisi! filosofi, dic'egli, avevano trovato i loro
print ipii per r i s p o n d e r e a t u t t i i d u h b i i .
J a m b l i c o , come Violino e i suoi discep o l i , avevano pure vendicata la divinila
distruggendo il p r i n c i p i o del male a m messo dai Persiani; ma egli negò alla ragione le prerogative che Porfirio le aveva
conservate, e sostenne che essa non può
mai elevarsi all'altezza delle gerarchie c e lesti. Così, al principio del q u a r t o secolo,
il dogma venne a far tacere la filosofili.
F u il trionfo delPacciccamento e della
d"holczza, che costituiscono una v i r t ù
dell'ignoranza superstiziosa.
J a m b l i c o e i suoi successori avevano
cosi creato una specie di filosofia sacerdotale. Costantino e Costanzo li perseguit a r o n o . p e r favorire il cristianesimo; e la
fine sciagurata di Sopalro disperse i P l a t o n i c i (ino al regno di G i u l i a n o , che loro
accordò la sua benevolenza.
La scuola di Alessandria, a quest'epoca
offri solo un Ncoplatonico meritevole di
distinzione, e fu Jerocle. Ma noi veggiamo
in A t e n e , al q u i n t o s e c o l o , Ciisanzio
e
KEOrLATOWSMO.
l/((
quindi Plutarco, figlio ili Nestorio, portarvi un composto di tutti i sistemi di
filosofia e di teologia pagana fino ad Orfeo. Siriaco, che successe alla gloria di
Plutarco, fu rimpiazzato da Proclo di Bisanzio, che rinnovò e mostrò Platone e
Aristotile riconciliati, Plotino Porfirio e
Jamblico modificali. Questo gerofante filosofo passava una parte della sua vita
in digiuni, preci e vocazioni, scongiuri
di genii onde dirigere gli avvenimenti della
vita , ec., e riguardava il filosofo come
un sacerdote di tutte le religioni dell'universo. Si compose un sincretismo di tutte
le sette filosofiche e religiose, tenendo
per centro il neoplatonismo, e del solo
cristianismo si dichiarò nemico. Platone
per lui fu un oracolo di verità e quasi
un Dio.
Proclo fu sorprendente per la sua scienza,
erudizione, credula superstizione, e per il
suo illuminismo. Egli riprodusse quasi
tutta la dottrina di Plotino su le Idee
platoniche, su la divinità, che e il santo
dei santi, Punita delle unità, il dio degli
dei; su le gerarchie degli esseri che tutti
si penetrano, si ravvicinano, e dei quali
i più perfetti perfezionano gli altri.
ifo
SEC0KD0 PERIODO. PIUMA. EPOCA.
Secondo P r o c l o , il famoso nasce te
ìpsum del tempio di Delfo indica c h e sia
V essenza la quale è la vita stessa, l ' e s sere, la vera r e a l t à , la vita intellettuale,
quella che fa d' uopo conoscere e contcmpl;ire. Questa essenza è p u r e la sorgente prima del buono che trovasi in noi,
e che ne innalza a ciò eh 1 è eterno e
semplice. Le Idee di P l a t o n e sono essenze
sussistenti,
semplici , p u r e , i m m o r t a l i ,
e senza m i s t u r a , cause i n t e l l e t t u a l i , il
tipo delle cose a p p a r e n t i ; ma la materia
è una creazione di D i o , q u a n t u n q u e gli
sia cocternale ed emani da lui fino dall ' e t e r n i t à . La l'rovidenza governa le cose
intellettuali e le sensibili. La libertà è
il carattere essenziale della sostanza, dell ' i n t e l l i g e n z a ; il male non è che una
neç; riione.
M e r c u r i o , messaggero di Giove, n e r i vela la sua paterna volontà, e ne insegna
cosi la scienza. Lo spirito percepisce d i
un modo immateriale ciò che il senso
percepisce sotto una condizione m a t e r i a l e ;
ma le Idee sono in n o i , q u a n t u n q u e in
uno sialo d ' i n f e r m i t à ; basta togliere gli
ostacoli che ne velano l'impronta. L'anima
■ ·■
. w
KEOPLATONISMO.
ìft
scendendo noi corpo si è separata dagli
•spiriti d i v i n i , e allora si trovò oscurata;
la contemplazione di questi esseri la r e ­
suscita alla sua primitiva esistenza, libe­
randola dai s e n s i , che sono i ministri
inferiori d e l l ' a n i m a . Ma non si sale al
di l i della scienza, alla regione sublime ,
che colìajide,
virtù teologale che ne porta
al di là di ogui pensiero tino a l l ' u n i t à
suprema.
Marino, discepolo di Proclo, e il suo
biografo, gli succede e mostrò un poco più
di .riserva. D opo l u i , vennero I sidoro di
Gaza, Damaselo, e quella I pazia di Ales­
s a n d r i a , si celebre pc' suoi t a l e n t i e per
la sua fine s v e n t u r a t a ; e Sevcriano,
che
lasciò il misticismo p e r la politica e la
giurisprudenza; e Asclipiodoro,
che lo a b ­
bandonò per le m a t e m a t i c h e e la storia
n a t u r a l e ; Tcmislo% Olim/iiodoro , e Simpli­
cio tanto utile per lo studio di Aristotile.
Si scorge nello scopo e nella compo­
sizione del suo platonismo quel che di­
cesi catena d'oro, ο r i u n i o n e di t u t t e le
sette filosofiche, r e l i g i o s e , mistiche ed
anche dell* teurgia.
1^4
StCOKDO PF.RÏODO. P R I M *
§. I V . Padri
della
«POOA.
Chiesa.
t i n decreto ili G i u s t i n i a n o fere chiu­
dere le scuole profane. Allora, gli ultimi
Platonici fuggirono in P e r s i a , alla corte
d i Cosine, d1 onde la guerra li cacciò '
ben presto dopo. Ma essi avevano fatto
d e ' proseliti fra i c r i s t i a n i ; poiché le
scuole in Alessandria furono per lungo
tempo comuni. In seguito i primi Padri
della Chiesa, secondo che avevano più 6
m e n o coltivato le scienze profane, favo­
rirono la filosofia ο le si dichiararono
c o n t r a r i , e la riguardarono come utile ο
pericolosa al cristianesimo.
San Giustino, nato sul p r i n c i p i o del se­
condo secolo , il primo fra i padri della
Chiesa che coltivò la filosofia, non ne fu
appagato se non dappoi c h ' e b b e l e t t o i
pensieri di Platone sopra D io , e la sua
teoria delle idee; ma solo nei libri santi
trovava la vera e certa filosofia. Cionnon­
(liineno proclamò cristiani t u t t i i filosofi
c h e prima di G. C. avevano vissuto con­
forme alla ragione, che è il verbo strsso
di D i o , il logos di P l a t o n e ; tali furono
S o c r a t e , E r u d i t o , Pitagora e Platone.
-mPADRI 'SULLA CHIE SA.
I<j5
Taziano, discepolo di san Giustino e
Siriaco di origine , volle introdurre la
sostanza delle tradizioni orientali nel cri­
stianesimo. In Alessandria , si distingue
san Teofilo, che biasima.Platone solo per
avere ammessa la materia cocterna a D ioj
il dotto Sinerio, filosofo e poeta nell'epi­
scopato e soprattutto indipendente, che
cercò di conciliare la sostanza del cri­
stianesimo col neoplatonismo , distin­
guendo il dominio della fede da quello
della ragione; 4tenagora,i] quale,nella sua
Jpologia indirizzata a Marco Aurelio nel
ι;β, paragona i sistemi filosofici onde far
risaltare la preminenza del cristianesimo,
conciliandolo col Platonismo ; san Pan­
Uno, che aprì la prima scuola scientifica
pei cristiani e fu inviato a convertire i
Bramini; Eusebio, il quale fu utile alla
storia della filosofia; san Clemente che fu
la gloria della scuola cristiana che la fi­
losofia fondò nella capitale dei Lagidi,
presso al musco. Contemporaneo di Am­
monio Sakas, Clemente cercò pure ili riu­
nire le dottrine filosofiche in una sola
dottrina, di cui il cristianesimo occupe­
rebbe il sommo.
S f . DE 1.LK. S e . FlLOS.
IO
l46
SECONDO PERIODO- FRIMA EPOCA.
Origene, discepolo di san Clemente, gli
succede con gloria ; egli ammise h preesistenza delle anime, nel senso di Proclo;
ma, troppo l'orso dedito alla filosofia , e
ricevendo uditori pagani , fero dubitare
della sua ortodossia. San Gregorio il taumaturgo, suo discepolo, ne insegna clic
Origene, cominciava dallo studio delle
scienze profane e dagli errori umani,
onde far nascere più forte il desiderio
della verità. S Gregorio, vescovo di Nesso,
segui le tracce di Origene ; ma rifiutò
tutto ciò che insegna il neoplatonismo su
le diverse sedi delle parti dell'anima, a
cui egli dà, secondo Platone, una vita
vegetativa, una vita sensitiva, ed una vita
intellettuale.
Altri Padri della Chiesa si dichiararono
«contro l'associazione delle scienze filosofiche e profane col cristianesimo ; tali
furono Arnobio , nel quarto secolo, Latanzio, Irene, Ermia, nel secolo quinto,
e TiTluliano, il quale, pel sentimento di
orrore che il platonismo gì'inspira, si
irrita anche contro lo spiritualismo che
san Clemente vi ammirava. Tutti provavano indignazione nel vedere il cristianesimo
PADIl! DE LLA CHIE SA.
\ίη
fondato sopra la saggezza umana, porche
Ja scienza non pua venire che ila D i o ,
e non dulia intelligenza degli uomini. M i
fra tali agitazioni, a p p e n s le scienze m o ­
rali fanm> qualche p r o g r e s s o , esse per­
donsi nell'ascetismo e nella inerzia esta­
tica ; lo stato della filosofìa d'altronde fi
vedere che, già da lungo tempo, la morale
doveva esser tale e quasi i n d i p e n d e n t e
dagli affari sociali e dalla nostra natura.
Sant'Ambrogio,
nel suo trattato chi Dove­
ri, sembra seguire gli stoici e il l i b r o de
Officiis di Cicerone j ma egli lega t u t t a
la inorile antica allo spirito del cri­
stianesimo.
Al tempo di s. Agostino, l'ascetismo era
quasi g e n e r a l e , e non vi erano che due
sette filosofiche, i Cinici e i P l a t o n i c i .
Agostino, sempre consacrato agli i n t e ­
ressi della religione, sembra "aver ripresa
l'opera di san Clemente d'Alessandria, met­
t e n d o a c o n t r i b u t o tutti i s i s t e m i ; d a p ­
p r i m a p e r i p a t e t i c o , quindi addetto all'o­
rientalismo , studiò lilialmente il plato­
nismo riformato di P l o t i n o ο di Proclo
c h e lo condusse al rristianr­simo; quindi
professa, q u a n t u n q u e con riserbo, la mag­
l4'8
ES CONDO PE RIODO. ΡΚΙΜλ E POCA.
gior venerazione a questa dottrina. Egli
definisce l'anima una sostanza dotata di
ragione , e messa in rapporto col corpo
onde governarlo.
Un altro vescovo, di nazione Fenicio,
Ncmesio, quantunque platonico , prese
contro il suo secolo il partito della ra­
gione e dell1 esperienza sciaguratamente
troppo neglette nel neoplatonismo. Egli pa­
ragonò, confutò i sistemi, osò pensale da
sé, e rifiutare la dottrina di Plotino;
conosceva l'anatomia , la fisiologia e am­
mirava Galeno. Rinnovò quasi tutto il
sistema delle sensazioni secondò Aristo­
tile. La sua opera, ile Natura hominis, che
si riferisce al quinto secolo, è come un
fenomeno ir. questa età. « La scienza,
die'egli, e la materia dell'esame; l'arte
è quella della deliberazione. Noi sovente
ci smarriamo, confondendo questi due or­
dini di cose ».
Già da lungo tempo Platone era in
onore, e appena alla fine del terzo se­
colo, un vescovo di Laodicéa, Anatolio,
accettò, dietro istanza degli Alessandrini,
una cai tedia di pcripaleticismo, che tut­
tavia illustro co'suoi talenti.
PADRI
D ELH
CHIESA.
1^<)
In Occidente, nel quinto secolo, quando
i barbari minacciavano le scienze , Clan­
diano Manieri, vescovo di Vienna, nel
Delfinato, dotto neoplatonico, associò lo
studio di Aristotile a quello degli altri
filosofi, e mostrò l'utilità delle discus­
sioni scientifiche; ma egli voleva soprat­
tutto confutare il vescovo Fausto, il quale
non ammette altro essere incorporale clic
Dio, e giusta la cui opinione,l'anima per
ciò appunto che abita il corpo, deve avere
un luogo determinato ed essere corporea.
§. V. Ultimi filosofi
Romani.
Ora, le tenebre stanno per avvolgere
il nostro Occidente. A Roma , il celebre
Boezio brilla siccome Γ ultimo raggio
di una fiaccola che si spegne del t u f o ;
vittima gloriosa del suo patriotismo , il
suo sangue ha macchiato Teodosio. D i­
scepolo di Proclo, egli tradusse e volle
conciliare Platone con Aristotile. Ottone
III consacrò per un monumento, a Pavia,
la memoria di quest1 ultimo filosofo. Cas­
siudoro, consigliere di Teodorico, foni·
.patriota di Boezio, e che fu console dopo
ΐ5θ
E
S COKDO P E HIODO. PIUMA
Γ,ΓΟΟΛ.
ili lui, corcò pure di diffondere la logica
del Liceo.
Le scienze fdosofiebe e morali e Γ in­
civilimento più non presentano che una
lunga epoca di sterilità. L1 Italia è invasa
dai barbari , il latino eessa di essere la
lingua usuale, quindi Panlicliità è. come
Telata. In O r i e n t e , dull 1 edillo di Giusti­
n i a n o fino alla presa di Bisanzio, i l u m i
si oscurano e finiscono a spegnersi; il neo­
platonismo si abbandona agli assurdi della
demonologia, alle c o n t r o v e r s i e , e si se­
para dal ρ crip atelirismo elio, alla fine del
secolo seslo riacquista la preminenza. A p ­
pena si riconosce, qual filosofo, Giovanni
Filoponc. Nemico del neoplatonismo, egli
separa l'Accademia dal Liceo, e p e r mezzo
di Aristotile, confuta P l o t i n o , P o r f i r i o ,
P r o c l o , ec. Egli si procacciò il favore di
A i n r o n , il quale per tal modo foce pas­
sare Γ aristotelismo presso gli Arabi.
§. V I . Filosofia
araba.
3^
>#.
Verso la metà dell'ottavo secolo, san
Giovanni di D a m a s c o , clie la sua elo­
quenza fece soprannominare
Chrysorrhoas,
FILOSOFIA AIUBA.
l5l
e che gli ΛπιΙύ chiamano
Almansorrc,
fu ben anche consigliere e segretario del
Calilo. N e ' suoi t r e s c r u t i riuniti sotto
il nome di Sorgenti (L'
I la scienza,
fgli
divide 1;» filosofia in speculativa e pratica ;
la prima comprendo la teologia, la fisio­
logia clic sembra confondere con la sto­
ria naturale, le matematiche. ; la seconda
c o m p r e n d e l ' e t i c a , l ' e c o n o m i a , la poli­
tica. La dialettica ο Tarte di ragionare è
piuttosto lo s t r u m e n t o e il preliminare
della filosofia, che una delle sue parti.
La psicologia di san Giovanni D amasce­
n o partecipa di Aristotile, di Platone e del
neoplatonismo. L ' a n i m a è un
microcosmo,
un m o n d o in piccolo , per le sue rela­
zioni coli' universo.
Tali furono i p r i n c i p i della filosofia
fra gli Aral'ii. La d o t t r i n a sperimentale
di Aristotile era meno in rapporto che il
platonismo col loro misticismo ; ina il
t u o n o dogmatico e magistrale del peri­
p a t e t i e i s m o , parve loro più scientifico ,
p i ù conforme al senso imperativo del
Corano.
Maometto, d ' a l t r o n d e , aveva date le
sue massime e le sue visioni quai parole
15a
ES CONDO PE IU0D0. PRIMA E POCA.
apportale dal cielo, quindi il Conino
doveva essere, e fu in effetto, la sorgente
di ogni scienza, l'oracolo della verità e
la parola di D io. Con questo primo dati),
egli abbatteva tutte le scienze. Inseguito,
onde compiere la sua opera, pose l1 isla­
mismo al disopra di tutte le religioni,
come egli erasi messo al disopra di tutti
i profeti. Separo così Γ Asia occidentale
e quanto doveva essere musulmano, dal
resto degli altri popoli, vi confinò l'ac­
cecamento e il fanatismo, assicurando per
tal modo la durata dell'ignoranza e degli
ulema, forse per molti secoli ancora. Fino
a che l'islamismo non cangerà il suo Co­
n n o , non vi ha per Γ Oriente né inci­
vilimento né vincoli sociali coli'Europa ­
e con tutti i popoli che non sono mu­
sulmani. Il fanatismo religioso ivi tien
luogo di ogni filosofia , e dirige quasi
tutta la morale e la legislazione.
SSCOLO DI CARLOMAGNO.
SECONDA
EPOCA.
Dal tempo di Carlomagno
a Descartes.
§. I . Secolo
di
153
fino
Carlomagno.
Le t e n e b r e tenevano addormentata la
ragione e lo s p i n t o u m a n o . Carlomagno,
in Vrancia, e un poco più tardi Alfredo
il G r a n d e , in I n g h i l t e r r a , fecero alcuni
sforzi onde scuotere questa ignoranza e
questa apatia. 11 feroce Leone d' Isauria
faceva p e r i r e fra i supplizi gli u o m i n i
i s t r u t t i ; ma in seguito Costantino P o r ­
firogenete
cercò di rialzare la c u l t u r a
delle scienze , delle arti e specialmente
della filosofia.
Allora Michele Psello Ρ antico diede le
sue parafrasi sopra Aristotile, e il suo li­
b r o su i demonj. Leone il filosofo, disce­
p o l o di Psello, come anche F o z i o , sì
c e l e b r e nella storia ecclesiastica e nella
storia letteraria del B a s s o ­ I m p e r o , rista­
bilì l 1 insegnamento classico. Leone il sag­
gio , formato alla scuola di Fozio t i
ι Γ>4
»BCOKD O PEniono. SBCOHD A SPOCA.
distinse conio filosofo, quantunque, rive­
stito dell;» porpora imperiale.
Il Platonismo era in onore a Costan­
t i n o p o l i ; ma lien presto la dialettica di
Aristotile fece d o m i n a r e il pcripatclirismo.
Nel secolo undceiino, Psvllo il
t'invine
sembrò voler r i n n o v a r e il n e o p l a t o n i s m o ;
1
egli lo spiegava ali I m p e r a d o r e Michele
linea, il quale occupalo delle sue astrazioni
filosofiche lasciava lo stalo in p e r i c o l o .
Pel corso di otlo secoli , fino alla presa
di Costantinopoli fitta dai T i n e l l i appena
trovatisi nella storia della filosofia alcuni
nomi meritevoli di qualche, r i g u a r d o . I mo­
naci, allora tanto numerosi, si immischia­
vano ο nelle t u r b o l e n z e p u b b l i c h e , ο si
tenevano nell'ozio. <ι I monaci di Palamita,
d i r e Leone Alla/.io, assisi, immobili, gli
occhi diretti e fissi al loro ombilico, at­
tendevano con perseveranza che i raggi
della luce divina venissero a r i s c h i a r a r l i . »
f
­
g. I I . Filosofi
arabi.
La raduta d e l l ' i m p e r o d ' O r i e n t e fece
definitivamente passare la filosofia agli
Arabi. E l ­ M a m o u n , più ancora generoso
FILOSOFI ABABll
1 55
di El­Rcsrhid suo |inilrf , chiamo η se i
dolli, e fece tradurre i innnnmcnti scicn­
tiGci dei Caldei, <lc'Persiani c de 1 G r e c i .
Le scuole specialmente, di Bagdad e di
Bassora, acquistarono una grande celebrità,
e El­Farahi,
a r i s t o t e l i c o , fere la gloria
di quella di Bagdad. Già era apparso
EL­Kindi, che ammetteva rigorosamente i
precetti di Aristotile, e che C a r d a n o as­
sai g r a t u i t a m e n t e ha posto fra i primi
dodici genii del m o n d o .
Il celebre lbn­Sina* detto Avicenna,
fu
l'Aristotile e l ' I p p o c r a l e degli Arabi. Nel
secolo nndecimo pure , El­Gaznli
si d i ­
chiara contro Aristotile, llm­Sina, e con­
t r o l'amalgama del platonismo e del pe­
ripatetieismo. Egli vuol rovesciare t u t t i
i sistemi in c r e d i l o ; e questo scettico a r ­
d i l o j a malgrado di alcune idee s o r p r e n ­
d e n t i , non ha guari altro in vista che
di distruggere la teologia n a t u r a l e , e di
estendere la teoria dei miracoli e il mi­
sticismo ad una specie d ' i d e a l i s m o .
Q u a n t o ad Avicebronc,
ricercando il
p r i n c i p i o dell'esisten7» dell'universo, egli
non perviene che a materializzar t u t t o
negli esseri.
ÏXAÎ
l56
SECOKDO PERIODO. SKCOKDA
EPOCA.
Gli Arabi preservarono la Spagna da una
totale b a r b a r i e . Ibn-Roschd, che noi diciamo Averrac, fu la gloria di Cordova. Egli
servì di guida agli scolastici, e inspirò
loro co' suoi giudizj un rispetto cieco per
Aristotile , da lui modificato colle proprie considerazioni e col favore del neoplatonismo.
Quasi nello stesso tempo era comparso a
Siviglia il Philosophus autodidaclux di Zo·
fail. L'autore vi suppose un uomo abbandonato fino dall' infanzia in un 1 isola deserta,
e che il solo sviluppamento graduale della
sua ragione porta alla cognizione delle
rose naturali e s o p r a n n a t u r a l i , a quella
della sua anima, a quella di Dio e alla
felicità suprema che procurano la contemplazione e l1 unione con Dio.
Ma un misticismo più ardente si sparse
nel secolo decimoterzo fra i Mori di Spagna·
A questa stessa epoca Pestasi c o n t e m p l a tiva turbava il cervello elei Soli della
P e r s i a , che probabilmente lo avevano ricevuto dai neoplatonici cacciati da Gius t i n i a n o dalla scuola di P r o c l o .
Il giudeo Mousa fìen-Maimon, di Cordova, detto Mose Maimonidc, seguì le le-
FILOSOFI ARABI.
157
zioni di Tliofail e d'Avcrroe. Egli pro­
fessi) la dottrina di Aristotile, ma soven­
te si riportò a Platone. Quindi, egli fu
accusato d'empietà, e perciò costretto di
andare a far ammirare i suoi talenti al
Cairo.
Gli Arabi non riguardavano quasi la
morale che come un'applicazione della
religione; essi non l'applicavano, né ai
rapporti sociali, né alle istituzioni po­
litiche ; il loro governo d'altronde era
­teocratico e mediocremente dispotico.
Percorrendo quest' epoca , trovasi pure
il genere di filosofia simbolica e mistica,
detto Cabala, e che si crede poter rap­
portare al principio dell' era nostra. Ma
ι essa non ebbe numerosi iniziati che verso
il decimo secolo. Questa dottrina segreta
inviluppata in un linguaggio enigmatico,
e perciò appunto più seducente , si divise
in più specie ; la principale è la cabala
teorica che spiega le sacre scrilturc con
tradizioni segrete. La cabala pratica insegna
l'arte di scongiurare le disgrazie, le ma­
lattie, c e , per mezzo di nomi divini e
di parole della scrittura santa combinate
secondo certe regole.
/
158
SBCQJiDO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
S· " Ι · Filosofia
scolastica.
In E u r o p a , I« scienze filosofiche in
balia al cieco e dispotico dogmatismo ilei
cloro e dei monaci, escluse dalla n a t u r a
tisica e dalla storia della morale , inse­
gnate con una lingua morta e fatta bar­
bara, costituirono I n filosofia scolastica
(i).
D u r a n t e il lungo spazio di sterilità c h e
precede C a r l o m a g n o , appena troviamo
degne ili rimarco nel secolo s e t t i m o , le
compilazioni di sant'I sidoro
di Sivigiia; e
nel eccolo ottavo in I n g h i l t e r r a , gli scritti
filosofici dello studioso viaggiatore Adite­
tene , e quei di Buda, che t a n t o giusta­
mente eccitò Ρ ammirazione del suo secolo,
e che i suoi fenomeni dui fulmine
fecero
sospettare di magia.
NulUidimeno il genio di C a r l o m a g n o ,
colla saggezza delle sue v i s t e , c o ' s u o i
proprj e s e m p j , c « " e scuole da lui stalii­
lite, cercava di migliorare la Francia. Egli
fece venire dall' Italia Paolo
JVarntfiied
• (l) Fu rosi chiamala dal vocaholo scolasticus, dato
dai Benedettini ni molimi incaricali dell' istruzione.
FILOSOFIA SCOLASTICA..
I 5()
0 Paolo Diacono, Pietro da Pisa, e l'in­
glese Alenino clic incontrò a P a r m a . Al­
ciiino fu incaricalo di creare e ili mol­
tiplicare le scuole, i cui maestri dovevano
sapere la g r a m m a t i c a , e insegnare a leg­
g e r e , cantare ο conteggiare.
T u t t a v i a questi primi bcnrfirj non e b ­
bero alcun risultamcnto. La debolezza di
Luigi il Buono e di Carlo il Calvo, l'in­
cipiente feudalismo, le g u e r r e , i t o r b i d i ,
r i t o r n a r o n o la società alla sua ignoranza.
Nel corso di cinquecento anni, un uomo,
u n sol u o m o , Giovanni
Scolo
Erigine,
che venne in F r a n c i a verso 1*877, c a
cui si fa risalire il principio della filo­
sofia scolastica p r o p r i a m e n t e delta , alzò
la voce nel generale silenzio, e fece prova
di uno spirito degno di un secolo più li­
bero e più i l l u m i n a t o . Ciò elio mostra la
sua superiorità, si è che, dopo aver rin­
novato alla corte di Carlo il C a l v o , il
neoplatonismo misto di aristotelismo fu
costretto di fuggirsene. Si rifugiò presso
A l b c r t o i l Grande, e presiedette alla scuola
di Oxford.
Come psicologista, egli ravvisò u n ' i m ­
magine della T r i n i t à divina n e l l ' a n i m a
ΐ6θ SEC0KD0 PERIODO. SECOSDA EPOCAdotata il1 i n t e l l e t t o , rli ragione e del senso
intimo. I sensi esterni , q u a n t u n q u e d i ­
stinti in c i n q u e s p e c i e , non sono ohe
u n o , r e l a t i v a m e n t e al loro p r i n c i p i o ili
a z i o n e , la cui sede è posta nel c u o r e .
V e r s o Γ undecimo secolo Gerbcrt, c h e
la sua erudizione innalzò al pontificato
sotto il nome di Silvestro II , i n t r o d u s s e
ira noi le cifre d e t t e a r a b e ; e
Costan·
tino, suo amico, dopo lunghi viaggi, fondò
la scuola di Salerno. Un Gunzo di Verona,
osò paragonare Aristotile con P l a t o n e ,
senza g i u d i c a r l i ; un diano
commentava
l'etica e la fisica di Aristotile, U leggi e
la Repubblica di Platone.
§. I V . Seconda età
della
filosofia
scolastica.
Ciò nulla m e n o , le arti incominciano
a mostrarsi ; eccoci alla seconda e t à della
filosofia scolastica. Le c r o c i a t e , i n s p i r a t e
dallo stato delle m e n t i piuttosto c h e d a ­
gli cniissarii del C l e r o , d a n n o un m o t o
salutare alla s o c i e t à , e fanno a m m i r a r e
necessariamente i m o n u m e n t i di c o n t r a d e
inleres.>anti e piene eli m e m o r i e . I n i o ­
FILOSOFIA SCOLASTICA.
l6l
nasteri rivaliztano fra loro, il diritto canonico riceve delle forine, s'incomincia
ad occuparsi di ordine morale; ma la polemica tien luogo di filosofia e procaccia
a Berengario il nome di sommo filosofo.
S. Anselmo si dichiara contro Berengario
e contro il monaco Gannitone. Questo
gusto per la polemica fece luogo alla celebre disputa dei Nominali e dei Realisti , che mettevano in quislione la base
della filosofia, e tutta la filosofia, vale a
dire la quistione relativa ali1 utilità ed
ali1 impiego delle nozioni generali , per
le cognizioni reali.
I primi motori di questa gran quistione
ancora indecisa ai nostri giorni, dopo si
grandi discussioni , sono ignoti , e sembrano aver preceduto Roscelino , a cut
fu attribuito il sistema de1 Nominali. I
Nominali ricevettero questo titolo per ciò
che, avari di cose , prodighi di nomi e
nozioni , non sembrano attribuir forza
che ai soli termini ; essi erano quindi
opposti ai Realisti.
Roscelinota contraddetto da Guglielmo
di Champeaux, maestro del celebre Abelardo , che si crede fondatore dell' UniSi 1 , DELLE S e . FlLOS.
"
li
«Ga SECONDO PERIODO. SECONDA EPOCA.
Versità. Abelardo , che subordinò quasi
affatto la filosofia alla dialettica, biasimava Roscelino di aver preteso che
nessuna cosa ha parti,che le parole sole
sono divisibili; onde risulterebbe, dice
Abelardo , che G· C. non avrebbe mangiato una parte reale del pesce arrostito,
ma solamente una porzione della parola.
Negava quindi che gli universali non fossero che parole senza relazione ad alcuna
idea. Ciò nulla di meno egli non fu Realista , perchè confutò con applauso Guglielmo di Charnpeaux; sostenne che la
realtà obbiettiva non poteva appartenere
alle idee generali, ma esisteva solo negli
individui. Lontano del pari dal Realismo e
dal Nominalismo, egli arrivò al termine
medio, che fu detto Concettualismo.
Jbelardo,con una libertà a quest'epoca
notevole, distinse nelle scienze il dominio
della fede da quello della ragione, l'uno
fu sottomesso all'autorità , l'altro fu libero. Questo dialettico, tanto celebre per
l'agitata sua vita, e che un gran numero
di uditori seguiva nelle sue persecuzioni
e nelle foreste del Paracielo, ebbe a discepoli Gilberto de la Porée, Pietro Ioni-
', . : ' ' ' ' ' '
FILOSOFIA SCOLASTICA.
163
bardo, il principe dei Realisti, e l'Inglese
Giovanni Salisbury, che , primo fra gli
scolastici, abbracciò in un compendio la
storia della filosofia, e si occupò con cu.
ra delle quistioni agitate dai Realisti e
dai Nominali. Ma TFalter ο Gautiero
abate di S. Vittore, ne.1 suoi quattro la­
birinti gli attaccò tutti e tre, come pure
Abelardo e tutti i dottori che volevano
introdurre la dialettica nella teologia.
Ugo di S­ Pittore fu il primo scolastico
che si occupò espressamente di psicolo­
gia. Egli riconosce quali facoltà dell' a­
nima, i sensi, l'immaginazione, la ragione,
la memoria, l'intelletto e l'intelligenza.
Le due prime appartengono ad una so­
stanza di aria e di fuoco che ha sede nel
cuore , monta al cervello, mette in mo­
vimento i cinque sensi per mezzo dei
loro organi rispettivi , e produce le ri­
flessioni e le immagini. Il genio ricerca
ciò che è ignoto , e la ragione giudica
le scoperte del genio.
Mistici ipotesi apparvero ancora in
Bernardo di Chartres, Guglielmo di Con­
ches, Abelardo di Bath, Riccardo, abaie
di S. Vittore , il quale, d'altronde offre
164
ES COIÌDO FE MODO. SE COKDA E POCA.
delle viste giuste e ben intese, e sembra
annunziare lo sviluppamene della mente
umana. L'uomo, diceva egli , lotta ad
un tempo , contro Γ ignoranza , il vizio
e la debolezza del corpo. La saggezza
lo ajuta a trionfar della prima , la virtù
della seconda , le arti meccaniche della
terza. Almanco di Chartres, con una li­
bertà e una fermezza sorprendenti, ma
con grave scandalo di t u t t i , rinnovò il
panteismo mistico: a D io è tutto, e
tutto è D io, » diceva egli.
^lano dell'I sola ebbe la gloria di ri­
mettere in onore la filosofìa morale nel
suo libro del Gemito della natura. Il Po­
licralico di Giovanni SaUibury è pure un
trattato di filosofìa , di morale privata ,
di diritto civile, ed anche di diritto pub­
blico. Non ne fa che un solo punto di
vista, che riporta alla pratica: l'arte di
ben vivere, die' egli , è l'arte delle arti.
Egli accoppia la virtù alla libertà , ma
sottopone il principe ai sacerdoti.
La sola Francia offre tutto ciò che in
questa seconda età si fece relativamente
agli studii.
LAMISMO, SPIE GAZIONE
UNIVE RSALE . lG5
§. V. — Lamismo , Spiegazione
universale nella China.
Ma in Oriente, ne! secolo decimoterzo,
il filosofo centenario de Schiraz, il D cr­
visch Sa^adi, faceva conoscere il suo Gu­
listan, in cui vestiva di colori poetici, e
con prosa elegante, i precetti di una
morale libera e severa, annunziata sotto
principi crudeli.
In questo medesimo secolo , si vede,
al Thibet, l'antica religione samanca­
na , produrre il lamismo , di cui i pon­
tefici ο gran Lami si credono divini, e
pensano che Bendaha venga a rivivere
in ciascuno di essi successivamente. L'in­
fluenza delle sette cristiane, ed anche
delle missioni di S. Luigi, sembra averla
fatta istituire. Il lamismo richiamava
]' uomo alla sua dignità , dirigeva e ri­
schiarava la morale e la politica, ma non
ha potuto ancora dominare i bramini e
le loro follìe. Esso ha reso ammansati i
pastori del Thibet ed i Tartari nomadi;
ha parlato di morale , di giustizia ai fe­
roci soldati del Tthingkiskhan j ha gua«
l 6 S SECOKDO PERIODO. SECOKDA EPOCA.
flagriate e fatte più docili le nazioni Mongole, che ora si occupano quasi esclusivamente della cura delle gregge. Dal medesimo secolo in p o i , nella China, una
specie di setta dà una spiegazione universale: l'etere e la materia fissa, col
ristringimento e coli' espansione, coll'attrazione e ripulsione, col riposo e col moto,
rendono ragione di tutti i fenomeni della
natura.
§. VI. — Terza età
della filosofia scolastica.
In Europa, la terza età della filosofia
scolastica, contrassegnata dapprima collo
sfavore di Aristotile, incomincia con Alessandro di Hales, che introdusse le forme
silogistiche nella teologia; con Guglielmo
D'Afergne, eletto vescovo di Parigi nel
1228, che confutò quanto gli pareva errore in tutti i filosofi da lui conosciuti ;
con Vincenzo di Beauvais, lettore di S. Luigi , e che nel suo Specchio naturale si
mostrò Realista.
Dopo di essi , vengono il famoso Alberto il Grande, professore a Colonia,
FILOSOFIA SCOLASTICA.
167
ove fondò la sua g l o r i a , e il celebre suo
discepolo e successore S. Tommaso. A m b i ­
due di famiglia ricca ed illustre, a m b i d u c
Doniinicani, amhiriue autori di opere i m ­
mense in cui sviluppano ο parafrasano A r i ­
stotile e gli autori arabi. Alberto mostra
maggiori cognizioni; Tommaso,
maggiore
finezza e talvolta maggiore chiarezza e
precisione N o n ebbero però un vero si­
stema. Essi ammisero quasi per i n t e r o la
psicologia d ' A r i s t o t i l e , dando t u t t a v i a ,
come Avicenna e El­Gazali, delle cellule
distinte nel cervello ai sensi i n t e r n i . Se­
condo S. Tommaso n o n si conoscono i
corpi che per una cognizione i m m a t e r i a l e
necessaria, giusta dei tipi posti in essa, e
non dipendente dal senso esterno. A m b i d u e ,
d ' a l t r o n d e desumono le idee
filosofiche
da un gran numero di filosofi.
Ma ciò che li rende più degni di elo­
gi si è Paver cercato alcuni principj di
morale i n d i p e n d e n t e m e n t e dalla teologia,
nella coscienza ch'essi diedero qual re­
golatrice alla ragione e all' i n t e l l e t t o ,
distinguendo inttavia la loro sinderesi ο
coscienza di abitudine.
Essi furono la gloria della filosofia sco­
l 6 8 SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
lastica, e S. Tommaso ha dato il suo nome
alla numerosa scuola dei Tommisti. A
capo di essi è rimarcabile Egidio Colon­
na che si occupò specialmente a rischia­
rare la dottrina del suo maestro.
L'ordine di S. Francesco, produsse pure
il cardinale S. Bonaventura, il cui reli­
gioso misticismo e Γ illujninismo opaliz­
zano coli1 erudizione di Alberto ; e quel
Puns Scot che venne dalle isole britan­
niche a studiare in Parigi, e che per le
sue tante cognizioni e sottigliezze, divenne
il più formidabile avversario dei Tom­
misti. Egli negava resistenza distinta e
separata delle facoltà dell1 anima.
Fra il gran numero degli Scoti cite­
remo solo Francesco Meroni, sottile dia­
lettico che stabilì a Parigi le dispute in
Sorbona, ove tutti i venerdì un dottore
rispondeva a tutte le quistioni dal mat­
tino lino alla sera, senza bevere né man­
giare.
Verso il secolo decimoquarto entrò in
scena quel Raimondo Lullo ; accusato di
tutti i vizj dagli uni, venerilo dagli altri
come un santo, trattato d1 insensato, ο am­
mirato, allora vantato e adesso dimenti· .
FILOSOFIA SCOLASTICA.
I6Q
cato. Fu soldato, maritato, cortigiano, mo­
naco, mistico, filologo, ce. Ma la sua arte
maravigliosa ο sia arte combinatoria, che
sedusse con un'apparenza ingegnosa, gli
conservò dei seguaci pel corso di tre se­
coli. Egli pone sopra altrettante colonne
i suoi priiicipj, vi distribuisce le quistioni
principali e generali, i vizj, le virtù ,
dando nuovi termini a ciascheduna colon­
na. Circoli mobili, concentrici fra di lo­
ro, de1 quali ognuno corrisponde ad una
delle colonne, e i cui raggi corrispondono
ai differenti termini di queste colonne,
pongono questi termini di fronte giusta
certe e variate correlazioni, e producono
cosi ogni sorta di proposizioni, che sono
tutti gli elementi possibili.
Ora ne si presenta un uomo più giu­
stamente ammirato, e che fu preludio a
un nuovo secolo, questi e Ruge.ro Bacone,
la cui sana ragione , sovente appoggiata
ad Aristotile, si dichiara contro i metodi
viziosi del suo tempo, e contro gli effetti
funesti delle consuetudini e delPostenta­
zione. Egli incomincia a prevedere nelle
scienze matematiche le più belle scoperte
delle scienze fisiche. «Ma, dicVgli, dovun­
ino
SECONDO. TEP.TODO SGCOSDA
EPOCA.
que l'esperienza deve far prove, verificare,
e il ragionamento concili mirre, senza trascurare i fatti che non può ancora giustificare. »
Qui termina la terza età della filosofia
scolastica. Cionnondimcno , ne fa d'uopo
ancora un secolo e mezzo per vedere le
scico/e filosofiche e morali fare dei progressi gloriosi.
§. VII. — Quarta età
della filosofìa scolastica.
Al principio della quarta età, nel
secolo decimoquarto, Ockam, nato nella
contea di Sussex, in Inghilterra, osò attaccare i pregiudizj religiosi e monastici,
opporsi all'eccedenza delle pretese sacerdotali, invocar l'esperienza nelle cognizioni,
porre la realtà negl'individui soltanto, e
rifiutare le nozioni generali come fondamenti della scienza. Libero e fermo nelle
sue ricerche, dopo aver vinto il realismo
di Scoto , ed aver separato l'insegnamento religioso dalla filosofia razionale, sembra
presagirci, col suo concettualismo , la filosofìa moderna. Ockam quantunque fran-
FILOSOFIA SCOLASTICA.
I7t
cescano, prese il partito di Filippo il
Bello, e di Luigi di Baviera contro i papi.
Walter Burleigh , che aveva, come
Ockam, studiato a Oxford, combatte il
realismo. Buridan si distinse colle sue
dottrine in favore della libertà. Contrariato dalle persecuzioni eccitate contro
i Nominali , questo rettore dell' università di Parigi fuggì in Germania, ove diresse quella di Vienna. Il pio e generoso Gerson volle riconciliare i Realisti
e i Nominali. Ma nel i33g la logica di
Ockam viene esclusa dall'insegnamento.
Cionnondimeno il nominalismo, co1 suoi
principj, distruggeva effettivamente la filosofia scolastica e ne preparava cosi la fine.
L1 Imitazione di G. C. , sgombrando la
religione dalle sottigliezze filosofiche, e
presentandola pura e sincera, portò, per
ciò appunto, un colpo violento a questa
filosofia, che si sottoponeva alla teologia.
Finalmente Petrarca e Boccaccio,, riaprendo la carriera del gusto, e rianimando
il culto degli antichi monumenti letterari , affrettarono così il ristauramento
delle sane dottrine filosofiche e morali,
e la mina della filosofia scolastica.
\η% SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
Erasmo, nativo di Rolerdam , sembra
essere il primo eroe Hi questa libertà;
egli sferzò con mano severa i sofisti del
suo secolo , e ajutato dalla satira inge­
gnosa di Ulrico di Hiillen, che viveva
quasi nello stesso tempo, insorse contro
le stranezze e i vizj di quest1 epoca , e
contro Tautorità papale e monacale. Fu
detto di Erasmo, parlando della riforma,
eh1 egli aveva fatto Γ uovo, e che Lutero
lo aveva covato·
§■ V i l i . — Risorgimento delle
— Riforma·
httere.
Le lettere risorgevano; i Greci fuggi­
tivi, dopo la caduta di Bisanzio, porta­
rono in Italia gli avanzi scientifici del­
l'antichità; la libertà dei Medici offriva
un asilo ai dotti; la stampa fu inventata.
Lutero, scuotendo il giogo soave della
Chiesa, osò dileggiare Aristotile; e Calvino,
seguendo le sue tracce, affrettò pure l'e­
mancipazione dello spirito umano : tutta
la scolastica venne respinta al di là delle
Alpi. Non di meno Melanlone, in Ger­
mania, quantunque ardente amico del capo
XV· E XVI. SECOLO.
1^3
della riforma, tenevasi ancor troppo at­
taccato al peripateticismo; ma egli animava
gli studi sublimi, e proclamava che D io
Bon può aver voluto che noi dovessimo
preferire le leggi morali scritte sul mar­
mo e sul bronzo a quelle eh1 egli stesso
aveva scolpite nei cuori. Questo princi­
pio fecondo era un ritorno al senso co­
mune.
*
Il dotto Paracelso, col suo empirismo
aristotelico , venne quasi ad arrestare la
mossa degli spiriti. Gli antichi sofisti,
dice Bacone, avevano nascosta la fiaccola
della natura, Paracelso Γ ha spenta; essi
non avean fatto che abbandonare l'espe­
rienza , questi 1' ha tradita.
Copernico arriva un secolo dopo l'in­
venzione della stampa, ed incomincia la
grand1 opera di Newton.
§. IX. — Scienze filosofiche e morali
in I talia.
Machiavello aveva già manifestato i
suoi talenti; Machiavello, che , come di­
cesi , il tempo e gli avvenimenti hanno
confutalo, che il suo paese ammirò, e le
#
l­j4
SE CONDO PE IIIODO. SE CONDA
ΕΓ­OCA.
altre nazioni hanno giudicato tanto di­
versamente ; nel suo libro del Princi­
pe , aveva dato la satira più mordace
degli artifìcii dei tiranni, ma pareva di­
mostrar poca simpatia per la felicità del
popoli, e poco interesse per la giustizia
e la verità.
Quasi nello stesso tempo, Pietro Pom­
ponazzi, ammettendo l'interpretazione di
Aristotile di conformità ad Alessandro
d'Afrodisea, contro quelle degli Averroi­
sti che toglievano all'intelligenza la sua
dipendenza dall'organismo materiale, di­
mostrava in Padova, ai­cardinali e al santo
Padre, che è impossibile di provare l'im­
mortalità dell'anima col soccorso di Ari­
stotile e della sua Entelechia. Simone
Porta, medico di Napoli , Giovanni Gc­
nesio Sepulveda , i suoi discepoli, e Ce­
sare Cremo/lini, sostennero i suoi princi­
pi. Ma Andrea Cesalpino d'Arezzo,, si
dichiarò contro l'aristotelismo d'Aver­
roe, e contro quello di Alessandro d'A­
frodisea, e fra le altre cose, fece dire ad
Aristotile, che la materia e il corpo non
possono essere considerate come sostanze
1
se nc­a nella loro qualità di organi del­
XV. E XVI. SECOLO.
1^5
l'anima;che non vi ha che un solo uniVerso formato da una sostanza unica e
primitiva. Nicola Torello, nato nel i54?
si oppose a Cesalpino con onore. Francesco Patrizzi, ancora più formidabile, si
dichiarò pure contro il filosofo d'Arezzo,
mise in dubbio l'autenticità dei libri di
Aristotile, e cercò di rimpiazzarlo col
misticismo orientale. Anche Telesio di
Cosenza , suo contemporaneo , e professore a Napoli, negò l1 infallibilità di Aristotilc, ma fu obbligato di cedere ai monaci ed alla persecuzione. Egli ammetteva come cause di tutto ciò che esiste
due principi incorporei e attivi, il calore e il freddo, ed uno corporeo , la
materia.
Cardano nacque nel i5oi a Pavia. La
mobiltàdel suo spirito lo trasse alle opinioni filosofiche le più ardite, agli assurdi della magia e dell'astrologia. Cercò
pure di spiegare per mezzo dell' astrologia la missione dì Cristo. In seguito ,
considerando i mali, le pene, le sofferenze, le contrarietà di questa vita, accordò
loro uno scopo utile, e sovente un lato
favorevole. « Il male, dic'egli, serve a far
~%*φ
1^6
SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
meglio gustare il bene, ci abitua alla
prudenza, alla rassegnazione, eo. » egli
stesso infatti ne trasse consolazioni.
Il secolo decimosettimo incomincia collo
sventurato Giordano Bruno di Nola, trop­
po indipendente pel suo secolo. Entusia­
smato dalla filosofia di Platone, spinse il
trascendentalismo fino all'ipotesi della fi­
losofia razionale, vale a dire, all'identità
assoluta : « La divinità è Videa suprema;
essere, forza, verità, effetto, bontà, s' iden­
tificano in essa; in essa viviamo ed esi­
stiamo ; l1 universo infinito non è che
questa idea suprema, tutto vi è racchiuso,
tutto vi dipende, ne deriva, ne è la trac­
cia, l'immagine ο l'ombra, ed essere e
pensare non sono che uno ; ■> così Bruno
ammetteva un panteismo. Egli aveva viag­
giato in Francia, in Germania e in In­
ghilterra; disertore dell'ordine dei D o­
iniuicani, ebbe l'imprudenza di ritornare
in Italia, ove la sua morte li vendicò.
Fu abbruciato vivo a Roma , nel 1600,
il 17 febbrajo, come bestemmiatore. Le
sue opere vennero pubblicate dopo la di
lui morte.
.»■;■·
XVI. E XVII. SE COLO.
Inn
Lucilio Vernini, nato negli stati di Na­
poli, fu pure abbruciato vivo in età di
33 a n n i , a Tolosa, nel 1619, dopo es­
sergli stata strappata la lingua con tana­
glie. Viaggiò in Germania, nei Paesi­
Bassi , in Inghilterra. Insegnò due anni
a Genova la filosofia naturale su le trac­
ce d'Averroe. Entrava dovunque con di­
scussioni contro gì1 increduli , lasciando
nondimeno dubitare della sua ortodossia.
Venne a Parigi a disputare la filosofìa
e la religione, destò il fanatismo contro
di sé, e fu costretto di fuggirsene. Si ri­
tirò a Tolosa, ove divenne vittima della
delazione. Cosmo Buggeri, di Firenze ,
professò i principj di Vanini. D ichiarò ,
fino sul letto della morte, che non cre­
deva né D io né il diavolo. Spiritoso e
scaltro, si fece una grande riputazione di
astrologo, e approfittò dell1 ignoranza dei
grandi in aumento delle sue facoltà. Il
credito di Caterina de 1 Medici lo salvò
dalle galere, quantunque fosse accusalo
di aver cospirato contro Carlo IX.
­.­t Tommaso Campanella D omenicano,nato
in Calabria,nel i568, disgustato dall'ari­
stotelismo e di tutti i sistemi, abbracciò
ST. DE LLE
Se.
FILOS.
12
I 7 8 SECOKDO PERIODO. SECONDA EPOCA.
dapprima lo scetticismo. Alla sua ardente immaginazione era però d'uopo qualche cosa di più positivo ; egli si formò
un ecletismo desunto dai sensualisti e
dai teosoli. Fondò tutte le scienze sulla
testimonianza dei sensi, e per conseguenza, su la storia che è divina od umana;
questa si divide in naturale e morale.
La metafisica insegna i principj della
scienza della natura e della morale; non
è quindi che accessoria e preliminare;
la logica è lo stesso per la metafisica, e
le matematiche per la filosofia naturale ; questa si compone della medicina ,
dell'astronomia, dell'astrologia, della cosmografia e della geografia; la morale
comprende l'etica, la politica e l'economia, ajutate dalla rettorica e dalla poetica.
Vittima dei monaci, fu tenuto in una
orribile prigionia a Napoli pel corso di
37 anni. Urbano V i l i non potè trarnelo che promettendo di darlo all'inquisizione a Roma. Ma gli Spagnuoli, allora
padroni di Napoli , ve lo fecero ricondurre poco dopo ; da dove fuggi col mezzo
di un travestimento, e mediante la protezione dell'ambasciatore francesei Mori
in Provenza, nel 1639.
XVI. E XVII. SE COLO.
I59
§.' X.. Scienze filosofiche e morali
in Francia.
In Francia, Claudio Guillcrmé de Beri­
gard, a Bruxelles, Maria Nizolio , si di­
chiararono contro V aristotelismo. Ma il
suo nemico più formidabile fu V illustre
e sventurato Rameo ο Ramo, ucciso come
riformato nel massacro di Parigi ; pprcliè
come tale indicato da un aristotelico detto
Carpentiere, professore di filosofia. Nel
primo suo saggio, per conseguire il titolo
di professore, trionfò pel corso di un'in­
tera giornata di tutte le obbiezioni che
gli vennero opposte sul principio della
sua tesi : che tulio quello che Aristotile
ha insegnalo non è vero. Quando pub­
blicò le sue opere , nel if>43, venne ac­
cusato di distruggere la religione e le
scienze, perchè in esse osò dire che Ari­
stotile aveva imbarazzata la filosofia di
termini oscuri e di forinole immobili. I
ministri del re proposero una commis­
sione ; Ramo succumbelte alla calunnia
ed airintrigo, le sue opere furono proi­
bite, ed a lui venne interdetto l'insegna re.
ΐ8θ
SE CONDO PE RIODO. SE CONDA E POCA.
"Un poco più tardi mentre l'Italia tor­
mentava i suoi filosofi, in Francia appli­
cavate alle cose della vita , massime di
esperienza e di pratica. Il celebre Mi­
chele Montaigne, nato nel 1533, deposi­
tava ne1 suoi saggi la sua benevolenza, la
sua sincerità, le sue viste sagaci, la sua
bontà, vestiva il suo che so io di colori
schietti, seducenti , e le. sue osservazioni
di un delicato rilievo e talvolta di motti
piccanti. Egli ama, così dice egli, Vorigliere
del dubbio; non vuole però far setta, e
si diverte a scrivere. Quest'uomo dabbene,
malizioso e alquanto cavaliere, confer­
mato nel suo scetticismo dalle querele re­
ligiose, pose in ridicolo ad ogni oppor­
tunità la potenza dell' intelletto umano,
ed annunziando, per così dire, il Con­
dillachismo del secolo decimottavo , co­
stituì dei sensi il principio e la fine di
tutte Je nostre cognizioni. Pel corso di
due secoli, egli divenne il moralista del
gran mondo, il che almeno non sperava
quando disse: I o scrivo il mio libro a
pochi uomini e per pochi anni. Porto­
Keale non si è fatto certe onore accu­
sandolo di ateismo,
......
XVI- E XVII. SECOLO.
..«.,. , | 8 l
Charon, autore del libro della Sag·
gazza , amico e confidente filosofico; del
vecchio Montaigne, fondò la sua morale
su la necessità di conoscere sé, stesso, e t
commise alla ragione la condotta della_
vita. Autore delle tre ferità, e c ; cattolico
zelante, ha dubitato della verità di tutte
le religioni positive nel suo libro della
Saggezza.
La Biolie, così ardito in politica quanto
Montaigne e Charon in filosofia, in religione e in morale, diede nel suo discorso
della servitù volontaria idee sorprendenti
per la loro libertà democratica. Fu questo scritto che gli meritò 1' amicizia di
§*; Montaigne. Giovanni Bodin, d'Angers, il
"~"S quale aveva in orrore coloro che non cre"'T devano ai fattucchieri, segui la medesima
strada, ma con minore fermezza e indipendenza. Ad eccezione di alcune massime poco favorevoli ai popoli, il suo libro della
Repubblica è l'opera di un pubblicista di' * ' etinto per quei tempi, e che vedeva l'importanza della libertà civile e religiosa.
* «Montesquieu lo ha spesso consultato.
Lamothe Levayer-, divenuto consigliere
di Stato per solo suo merito personale,
l 8 a SE COKDO PE RIODO. SE COHDA E POCA.
professò, alla corte di Luigi XIV, uno
scetticismo fanatico , eccetto sui dogmi
religiosi. Volle pure sostenerli proda·
mando la necessità di una rivelazione
onde supplite alla nostra impotenza nella
cognizione detta verità ; fu nondimeno
trattato da empio* incredulo.
§. XI. Scienze filosofiche e morali
in I nghilterra.
Ma già da qualche tempo brillava in
Inghilterra quel celebre cancelliere che
si è posto in così elevato seggio nel mon­
do filosofico ,' è''che, giusto osservatore
delle nostre potenze intellettuali', portò
le sue vedute sane e grandi sull'immensa
dominio delle scienze; il genio di Bacone
abbracciava tutti gli oggetti delle umane
cognizioni, né "distingueva tutti i rapporti
e le "differenze, ne prevedeva gli avvici­
namenti ο le divisioni avvenire. Stancato
dall' aristotelismo, disgustato della scola­
stica , si propose di costruire l'edifizio
scientifico nella sua grande restaurazione,
che doveva racchiudere in sei parti la
divisione delle scienze, la spiegazione
XVI. E XVII. SE COLO.
l83
della natura, i fenomeni dell1 universo, la
scala della ragione, l'introduzione della
scienza attiva,e per ultimolastessa scienza
attiva. Egli non ha compiuto che la se­
conda parte, ο il Novum organimi, a cui
aggiunse il suo deArgumentis scienliaruni,
che sostituì alla prima. Ma ha lasciato
dei materiali per le altre parti. D ivise
la scienza in istoria , poesia e filosofia ,
desumendo tale divisione dalle tre facoltà
dello spirito: la memoria, l'immagina­
zione e Γ intelletto.
:;.
Ben­Jonson è da annoverarsi fra i pdftf
chi suoi contemporanei che seppero ap­
prezzare il di lui genio e la grandezza
delle sue viste; ma solo i5o anni dopo,
Bacone divenne Γ ammirazione dell' Eu­
ropa. Egli aveva trattate le principali
quistioni di filosofia , di politica , di le­
gislazione e di educazione nazionale; da
lui incomincia, per così dire, la scienza
dell' economia e delle speculazioni com­
merciali in Inghilterra.
La sua morale, tutta pratica, piena di
viste ingegnose e interessanti sull'influenza
delle abitudini, è compresa specialmente
ne'suoi Saggiai Morale, che vengono in­
l 8 4 SE CONDO PE RIODO. SE COKDA E POCA.
cessantemente letti, e dai quali si conosce
incessantemente il suo spirito.
Hobbcs, discepolo ed amico di Bacone,
seguì da principio le orme del rinomato
suo maestro : ma il suo spirito inclinato
ai paradossi, avido di celebrità, amò me­
glio creare un sistema; egli trattò con di­
sprezzo i filosofi sperimentatori.
«
Le rivoluzioni della sua patria lo fecero
fuggire a Parigi, ove pubblicò segretamente.
il suo De Cive nel 1642, e pubblicamente,
nel 1647· Affezionato al re esiliato, e :
pieno di orrore per la democrazia, egli
dipinse Γ uomo come un animale solita­
rio, egoista, una fiera rapace indomabile,
costituendo dello stato di natura un tea­,
tro di guerre e di diffidenza. Il governo
è la catena che deve ritenerlo dal mal
fare. Esso debb 1 essere assoluto, né ren­
der conto della propria amministrazione.
Perciò Cromwell lo lasciò vivere tran­
quii lamente dopo il suo ritorno in In­,
ghilterra.
Hobbes sagrifica tutti i principi di re­
ligione e di morale. Il solo magistrato ,
senza la natura , ha costituito il giusto
e l'ingiusto , il che conveniva perfetta­
»
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XVI. E XVII. SE COLO.
185
mente colle parole degli antinomisti e
cromwellisti : « Gii eletti sono superiori
alle stupidità della giustizia e dell'uma­
nità. »
Nella sua Psicologia, tutte le idee de­
rivano, in tutto ο in parte, da uno dei
sensi , e producono quindi le ulteriori
nazioni. L'azione dei corpi esterni eser­
citata sopra il cervello col mezzo dei
nervi dell'organo e del cervello sul cuore,
costituisce l'essenza del sentimento. Le
qualità sensibili dei corpi sono semplici
moti verso gli organi, e non forme ed
immagini particolari aderenti ai corpi.
Tutto ciò che noi ci rappresentiamo è
limitato; non vi ha dunque né immagine,
né idea, non vi ha infinito, perché noi
non possiamo concepire se non quanto
è in un dato spazio, e di una determi­
nata grossezza.
Il temperamento , Γ esperienza indivi­
duale, l'abitudine, la fortuna, l'opinione
di sé medesimo e l'educazione, sono le sei
cause dei differenti caratteri. La varietà
delle affezioni e delle inclinazioni co­
stituisce la moltitudine delle regole ai
virtù e di vizio che Γ uomo ha .">ven­
l 8 6 SE CONDO PE E IODO. SE CONDA E POCA.
tate ; quindi non vi lia morale obbliga­
toria ohe nello stato sociale.
Cudworlh, contemporaneo di Hobbes lo
attaccò con successo, e vendicò l'imam·*
tabilità della morale , descrivendo, con
talento, le dannose conseguenze di quelle
idee per le società. Egli compose il suo
trattato'su la Moralità eterna ed immuta­
bile, al quale Riccardo Price, uno de'più
celebri moralisti inglesi moderni, si av­
vicinò molto. Cudworth, dà un vasto si­
* stema intellettuale, ma troppo trascenden­
tale. Egli inventò la sua materia plastica,
ο agente necessario, vivente, spirituale,
non intelligente, creato da D io all'ese­
cuzione de1 suoi disegni, e intermedio fra
il corpo e Γ anima per la reciproca loro
influenza.
Al sensualismo di Hobbes, oppose che
lo spirito ha delle idee le quali non gli
vengono assolutamente che dalla sua pro­
pria attività interna, da lui solo. Tale è
l'idea di saggezza, pazzia , imprudenza,
giustizia, giudizio, ec. Per tal modo fissò
Γ impero dei sensi e quello dell' intel­
letto. Price sviluppò queste idee con mol­
ta forza.
XVI. E XVII. SECOLO.
1 Sj
Prima che Hobbes morisse, Cumberland,
che divenne vescovo di Peterborough ,
sostenne contro di lui la legge naturale;
e , appoggiandosi ai principii della nostra
costituzione fisica ed alle relazioni socia­
li, sviluppò ingegnosamente un principio
morale più puro e più esatto di quello
che fosse stato fino allora ammesso.
TERZA
EPOCA.
DA CARTESIO FINO Al
KOSTR1 GIORNI.
Sezione Prima.
SECOLO ΧΠ1.
. ?..
ri
<\
§. I. — Cartesio ; suoi partigiani, suoi
avversarli. — Gassendi, La Forge, Ma­
lebranche, Arnaud.
Mentre Bacone e Hobbes facevano note
le loro idee filosofiche , un filosofo bre­
tone, dotato di un genio sublime e pos­
sente, Cartesio, fondava la sua dottrina,
e abbracciava nelle sue investi gaz' 0 " 1
Dio, la natura e Γ uomo. Valendosi del
l88
ES CONDO PE RIODO. TE KZA E POCA.
dubbio sperimentale,egli insegnava a scuo­
tere il giogo dell 1 autorità e a seguire
la ragione. Chi vuole cercare la verità,
die'egli, deve imparare a dubitare alme­
no una volta in sua vita. Una sola cosa gli
pareva incontrastabile, cioè che esisteva,
cogito, ergo sum, vale a dire , come egli
osserva, che il suo spirito esisteva, astra­
zion fatta da ogni parte materiale. Si può,
soggiunge , dubitare di ogni altra pro­
posizione, ma è impossibile , senza con­
traddizione evidente nei termini, di sup­
porre la non esistenza della cosa che pen­
sa , nello stesso momento in cui essa ha
la coscienza di pensare. Tale idea gli
servì di base fondamentale per dedurre le
verità filosofiche al di qua dell1 immagi­
nazione e delle analogie tolte ad imprestito
dai fenomeni della materia ; ma ciò era
uno scuotere l'autorità dei sensi e rifare
Γ idealismo.
In seguito, vedendo che per mezzo delle
facoltà intellettuali si poteva concepire
l'idea di un essere eterno, immateriale ,
infinito, indipendente, egli ebbe una pro­
va dell' esistenza di D io, autore di ogni
verità, incapace d'ingannare la ragione
t-::
XVII. SECOLO.
18g
umana ; ma accordò al mondo di essere
infinito come il suo creatore, e la materia esistè per ogni dove. Parve quindi
che concepisse una specie di panteismo;
in Olanda fu perseguitato come ateo.
Le sue meditazioni lo trassero ad esaminare i fenomeni del pensiere e gli attributi dello spirito, e, per tal modo, egli
cercavasi in sé stesso. Questo saggio metodo costituì la sua maggior gloria e fu
detto cartesiano.
Egli distinse l'anima dalla materia e
dal principio della vita, fece consistere
1' essenza dello spirito nel pensiero, e
ammise le idee innate ;ma negò l'anima ai
bruti. Pose la nostra al centro del cervello, nella glandola pineale; essa, essendo
soggetta a dubbio, fu per ciò appunto riguardata imperfetta.
Un contemporaneo, antagonista formidabile del cartesianismo , celebre apologista dell'epicureismo e degli atomi, Gassendi , si dichiarò a sangue freddo contro Cartesio e pronunziò , che chimera
per chimcr.1, amava quella la quale contava due inila anni, come quella dei
Vortici,
­ . ­χ
lgo
■■
ES COKDO PE RIODO. TE RZA E POCA..
Egli rinnovò la filosofia d'Epicuro, e la
vendicò dagl'ingiusti giudizidella posterità;
conservando tuttavia un criticismo inve­
stigatore e spesso anche dello scetticismo.
« La filosofia, die 1 egli , è l'amore, lo
studio e la pratica della saggezza ; e la
saggezza consiste nel giudicare sanamente
delle cose , ed agire con giustizia nelle
relazioni sociali » Quindi la filosofia me­
na alla verità e alla virtù.
Egli riferì tutti gli oggetti dell'intel­
letto ad immagini sensibili , e tutte le
cognizioni a sensazioni; temendo però di
essere accusato di ateismo, pose nella ra­
gione l'origine e la nozione di D io.
I teologi, alla loro volta , accusarono
il cartesianismo di ateismo. Voél inco­
minciò tale accusa, che risuonò in Ger­
mania, in Inghilterra e nei Paesi­Bassi.
Samuel Parker, Cudworth rifiutavano la
nuova dottrina, e accusavano Cartesio di
empia tendenza, cercando di assoggettare
il mondo a leggi meccaniche.
Ma Cartesio ebbe pure ardenti e nu­
merosi apologisti, come Baldassarc Bek­
ker, d'Amsterdam, autore del curiosq
trattato del mondo incantato; Pietro SU·
XVII. SE GOLO. MALE BRANCHE
l()l
vano Regis, la Forge, che si allontano
da Cartesio ammettendo le cause occa­
sionali per Γ armonia del corpo e del­
l'1 anima, β che Malebranche in seguilo
ha sviluppato. Ma il più celebre fu que­
st'ultimo, il quale finì a scostarsi molto
dal cartesianismo. Nemico dei pregiudi­
zi , brillante di un colorito poetico, egli
che non potè mai leggere , a quanto si
dice, una pagina di bei versi, diede, nella
sua Ricerca della verità, dei pensieri ori­
ginali. Si lasciò trasportare dalla sua im­
maginazione , mentre egli stesso Γ accu­
sava di essere la sorgente dei nostri er­
rori. Invoco, onde appoggiare i suoi prin­
cipi, l a teologia e la filosofia intellettuale,
e provò l'una per mez/.o dell'altra. In
generale egli vede tutto in D io , causa
efficiente di tutto ; e le cause su cui si
esercita la filosofia , non sono , secondo
lui , che cause occasionali. Solo coli in­
termedio di Dio la volizione produce l'a­
zione corporale, e l'illuminazume divina
diviene la causa immediata di tutte le
percezioni dello spirito. È perciò di lui
che fu detto con frizzante motteggio:
191
E
S COKDO
PE RIODO. TE K2.A. E POCA.
Lui qui voit tout en Dieu, n'y voit pas qu'il est fou;
ma fu ben anche soggiunto : Che era al­
meno un pazzo di molto spirito. Se non
fosse stata la sacra scrittura che dice :
« D io creò il ciclo e la terra η avrebbe
negato l'esistenza della materia ; quindi
ei riduce a nulla le autorità umane , e
oppone arditamente la sua ragione ai più
inveterati pregiudizi , ben anche ai fat­
tucchieri.
Arnaud teologo, fu antagonista di Ma­
lebranche. La sua scoperta delle idee
false e delle idee vere, portò un colpo
mortale alla teoria delle idee. Egli, con
Nicola, compose Carte di pensare ο lo­
gica di Porto Reale. Quest' opera, in al­
cune parti eccedentemente diffusa contiene
molte cose giuste. Nicola gli consigliava,
sul finire della sua vita, di riposare.» Ri­
poso! d i t e g l i , non avrete l'eternità d»
riposarvi ? »
IVI I. SECOLO. GROZIO.
193
§. II. Pascal. La Rochefoucauld. Fènèlon.
Grozio. puffitulorf. Spinosa.
Dalla medesima scuola sortì Pascal,
quel prodigio di genio e di talento; poco
però fornì alla storia della filosofia. Le
sue Provinciali, sono una satira contro
i casisti d'allora e contro le false dottrine morali e religiose. I suoi Pensieri
su la religione sono alle volte sublimi,
alle volte incompleti.
La Rochefoucauld ne' suoi Pensieri si
propose di rappresentare la corte, e parve
che cercasse sempre di parlare a detrimento della morale-, ma quantunque questa massima: V amor proprio è il mobile di
lutto, risai ti dal complesso de'suoi scritti,
mostrò nella sua vita quelle qualità morali che sembra negare , denigrando gli
uomini.
Nello stesso tempo l'eroe della pietà
tollerante , della dolcezza , della generosità , della saggezza , Fènèlon, esponeva
i precetti di una morale pura e dettata
dal cuore. 1U Telemaco, per il secolo m
cui comparve, e per la posizione sociale
ST. EELLE SO. FILOS.
l 3
Ig4
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCAi
dell1 autore, è un prodigio. Egli e un codice di morale pratica, di legislazione* e
di economia politica, in cui tulio e diretto dalla giustizia, da un interesse fondato su la morale , e sul ben essere, su
la libertà civile e religiosa, « Quando i
re s'intromettono nella religione , d i t e gli, in luogo di proteggerla, la pongono
in servitù. »
Fino dal principio di questo secolo ,
nel 1620 , Grozio , col suo Diritto della
guerra e della pace ', aveva animato lo
studio delle legislazioni, della morale
politica e diplomatica ; ma in luogo di
sostenere, colla ragione, contro Hobbes,
il sistema delle leggi naturali, lo sostenne
con citazioni e coli'erudizione. Tuttavia
i suoi principi dominarono lungamente
in Germania.
Egli svegliò l'attenzione di GustavoAdolfo e del suo ministro Oxensticrn.
L'elettore palatino, Carlo Luigi , stabilì
allora ad Heidelberg una cattedra pel
diritto di natura e delle genti, e la diede a Pufflndorf, il più conosciuto fri
quelli che seguivano le tracce di Groiio;
XVll. SE COLO. SPIKOSA.
ιρ,5
ma quantunque più chiaro , neppure iti
lui si può scorgere a qual punto volesse
tendere.
Spinosa nacque in Amsterdam , da pa­
renti giudei portoghesi, nel <632, lo stesso
anno in cui venne pure alla luce Puf­
fendorf e Locke. Spinosa non aveva altro
difetto che la passion della gloria, alla
quale avrebbe sagrilìcata la sua vita. Egli
si applicò, onde vivere un po' comodo, al­
l' arte di polire i vetri di ottica, e vi di­
venne abilissimo. D isertore del giudai­
smo , fu colpito delia gran sentenza di
scomunica detta Schammata; quindi , di­
chiarò la guerra a tutti ι preti.
Stringente ed incalzante nella sua lo­
gica, fece dire­a Clarke pel primo , che
era d1 uopo distruggere i suoi raziocinj
parte a parte, non fargli la benché mini­
ma concessione nelle premesse , perche
altrimenti sarebbe stato costretto di am­
mettere le sue conseguenze. Cartesiano
ne'suoi principi fisici, egli sostenne l'on­
nipresenza di D io, il che r unitamente al
piano di Cartesio , lo trasse a dire suc­
cintamente che D io è Γ anima del mon­
do, che si è identificato all'universo ma­
196
ES COKDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
teriale ; perciò fu accusato di ateismo. At­
tribuisce a D io delle proprietà eterne,
il pensiero e l1 estensione , ma , secondo
Cartesio, l'estensione è l'essenza della
materia, ed anche per questo fu accusato
ili ateismo. La dottrina di Spinosa , giu­
dicata con troppa severità, η sovente mal
compresa , non è che un panteismo. Bi­
sogna ben anche dive che molte parti
dello spinosismo sono inconciliabili fra
di loro.
Dio è la causa eterna di t u t t o , ma
agisce per necessità. Nulla, die 1 egli, po­
teva essere prodotto altrimenti da ciò
che è: è il risultamento della decisione
eterna di D io.
La sua morale sovente si avvicina a
quella di Hobbes , e il suo sistema di
necessità degrada l'uomo.
Vennero trattati come atei ο spinosi­
sti, il eonte di Boulaùwilliers, e Fran­
cesco Cuper, che mostrarono di attaccare
Spinosa, onde farlo maggiormente risal­
tare; Teodoro­Luigi Lav, Cristiano­Tom­
maso, e Arnaud Guélinx sono in questo
numero.
XVII. SECOLO. LOCKE.
lg^
§. III. Filosofia di Locke.
L1 ordine cronologico ne presenta qui
l1 autore del Saggio su l'intelletto umano, Giovanni Locke, che incominciò le
sue speculazioni filosofiche collo studio
della medicina. Il suo saggio, abbozzato
fino dal 1670, non fu terminato che nel
1687, durante il suo esilio in Olanda.
Ritornato in Inghilterra dopo i torbidi,
lo pubblicò nel 1690 , incominciando cosi
una nuova era filosofica. Infastidito dal
gergo delle scuole , si fece un metodo
più sicuro e più facile, introdusse la filosofia nella società, e la rese pratica ponendola sotto gli auspicii dell'esperienza
e della ragione.
L'università di Oxford fu messa in allarme da queste riforme ardite e dal loro
liberalismo civile e religioso; essa rifiutò
la logica di questa nuova filosofia e ne
proibì la lettura ne1 suoi collegi; ma fu
pel contrario accolta con entusiasmo nclV università di Cambridge ed in Iscozia.
In Francia venne introdotta colla traduzione fattane da Coste j ma verso la met»
IC/8
ES C0KDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
dello scorso secolo era letta dovunque.
Quest' opera cangiò la maniera di pen­
sare in filosofia , e preparò il secolo de­
cimottavo. In Germania Leibnitz , ne
parlava con molta indifferenza. Nella Sviz­
zera, in cui la pluralità delle sette ave­
va eccitato lo spirito e lo aveva fatto
pensare, Locke fu giudicato con maggiore
imparzialità che in tutto il resto del con­
tinente.
Il Germano Crousaz, nella sua Logica
e nelle sue lezioni accademiche , a Lo­
sanna, provava qual era l'influenza dei
principi logici di Locke e della metafi­
sica di Cartesio, e introduceva il libe­
ialismo sino nel paese di Vaud. Fu in
questo stesso cantone che un ministro,
Allamand, uomo violento , fiero , capace
d'illuminare ο di turbare una nazione ,
si creò un sistema su tutte le quistioni
di filosofia, con argomenti originali, in­
gegnosi e talvolta troppo sottili; ma nelle
sue lettere, egli fece una critica perfetta
delle idee innate.
Diderot, Condorcet, Leibnitz, dicevano
che tutto il principio fondamentale di
Locke sta in ciò, che ogni idea non è
XVII. SE COLO. LOCKE .
ìgQ
che una sensazione trasformata, il risul­
tamento di una sensazione; ma allora
sarebbe stato un riprodurre il Gassen­
dismo su quest'argomento. Locke annunzia
un'altra sorgente d'idee, la riflessione, la
percezione delle operazioni della nostra
anima su le idee da essa ricevute ; quindi
la volontà., il dubbio, il pensiero, ec., pro­
ducendo la riflessione, fanno nascere idee
che non possono venire dagli oggetti
esterni. Insomma, gli oggetti esterni for­
niscono le idee delle qualità sensibili, e
lo spirito fornisce all'intelletto quelle
delle sue proprie operazioni; la rifles­
sione, esercitandosi, le rende più ο meno
perfette ed estese. Il bambino non può
dunque avere idee che dopo V acquisto
delle sensazioni. Si vede che Locke si
guardò dall' asserir cosa che potesse favo­
rire il sistema delle idee innate; perciò
Eeattie, dimanda su questo proposito :
« Le idee di virtù e di vizio sono dunque
invenzioni , e non hanno niente di fìsso
nella loro natura se l'istinto non vi ha
parte alcuna? ». Shaftesbury lo ha pure
accusato di sbandire dal mondo l'ordine
e la virtù , togliendo le idee innate e
300
SECOKOO P E R I O D O ,
TERZA
EPOCA.
necessarie di ordine, di provvidenza regolatrice. Isacco Newton portò dapprima
lo stesso giudizio, cpiindi riflettendo all' insieme del Saggio gli chiese perdono
di essersi così ingannato su la purità
dello sue intenzioni.
Ma il dottore Paley prende Locke alla
Jettera , e giunge a conseguenze che Locke ha riliutate altrove.
Tutte le idee delle cose inattingibili
dai sensi sono espresse, dice Locke, con
parole che rappresentano idee di oggetti
sensibili. Quindi le idee su le medesime
cose sono differenti giusta l'attitudine a
ricevere tal grado d'impressione.
Locke è sensualista come Gassendi,
quasi hobbista in morale , anticartesiano
rapporto alle idee innate, ma gli sono
proprie specialmente le sue idee di riflessione. Egli dà sovente prove tratte
dalla storia ed anche da racconti popolari , onde sostenere il suo sistema contro le idee innate.
I suoi trattati su l'educazione e la
direzione dell'intelletto tendono a propagare la verità, ad ingrandire l'impero
della ragione e presentano l'esperienza
del passato e la sua propria.
SVlf. SECOLO. IEIBSITZ.
201
g. IV. Filosofia di Leibnitz.
Il saggio filosofico di Locke inspirò a
Leibnitz i suoi nuovi saggi suW intelletto
umano. Leibnitz, nato a Lipsia nel 1646,
sostenne con tutta la sua autorità filosofica le idee innate. Le idee, i germi delle
cognizioni, secondo la sua opinione, si
trovano nell' anima prima delle sensazioni; così il trascendentalista germanico
oppose al sensualismo e alla riflessione
di Locke la sua armonia stabilita.
Onesti due. filosofi diedero cominciamento alla filosofia intellettuale. Ma in
Europa , eccettuata la Germania, fu ammesso il sistema di Locke rispetto all'origine delle idee, ed i principi di Leibnitz per le altre quistioni filosofiche e
fisiche.
Leibnitz aveva riunito scientificamente , mediante una vasta corrispondenza
di cui era il centro, tutti i più distinti
scienziati della cristianità. Egli aveva studiato, a Parigi, le matematiche sublimi, e
vi aveva inventato , nel 1677 , il calcolo
differenziale, la cui scoperta gli venne
203
SECOISDO PERIODO. TERZA EPOCA.
tuttavia disputata da Newton, a cui l'Accademia delle scienze di Londra ne attribuì l'onore.
Nel sistema dell'armonia stabilita l'anima e il corpo sono due macchine ,
l'ima spirituale l'altra materiale, indipendenti fra di loro, ma in continua corrispondenza, regolate l'una sopra dell'altra , come due orologi separati in cui
l'imo indicasse le ore, l'altro le battesse.
Fin dal principio, l'anima fu creata in
modo da rappresentare in sé stessa le
variazioni successive dei corpi, e il corpo
fu creato in modo da seguire i pensieri
ed agire in conseguenza delle volizioni
dell'anima. Le leggi per le quali i pensieri dell'anima si seguono in un ordine
regolare , per produrre le immagini, e
coincidono con le impressioni che fanno
gli oggetti esterni sopra di noi. Questa
armonia eterna, di già stabilita, è l'ordine di Dio.
A questo modo Leibnitz decide di primo
slancio il mistero così profondo dell'unione
del corpo coli'anima; ma inventa l'influenza dell'anima sul corpo, come mezzo
di meccanismo fra di loro. Quindi, se
XVII. SECOLO. LEIBSITZ.
2θ3
tutto è già stabilito, coordinato e fissato
da D io, preventivamente, tutto è bene;
infatti, l'ottimismo è sostenuto nella
Teodicea da una logica sagace, da un sa­
pere immenso, da un' immaginazione poe­
tica, e da una teologia sublime ed im­
penetrabile. Leibnitz, per una conse­
guenza necessaria della sua armonia sta­
bilita , sostiene il dogma della necessi­
tà con maggior vigoria di qualsivoglia
altro filosofo; egli distrugge così il libero
arbitrio dell'uomo e quello di D io, isti­
tuisce il fatalismo, dottrina vergognosa,
che questo filosofo ha vestita di forme
lusinghiere e santificata con una specie
di religione e di estasi. Tuttavia , egli
accusa gli a l t r i d i annojarsi della luce e
della ragione, e di compiacersi del ma­
raviglioso e delle chimere.
Ciò eh1 egli dice ragion sufficiente , è
la ragione per cui tal cosa deve accadere
cosi e non altrimenti. Con questo prin­
cipio e»li giunge alla prova dell' esistenza
di D io e di tutta la teologia naturale ;
questa ragione prova ad ogni momento
le cose più paradossali ; ella può infatti
provare tutto ciò che si vuole.
2θ4
SECOKDO PEBlOnO. TBR'/.λ EPOCA.
Leibnitz, limitando incessantemente il
potere di D io, non gli permette di pro­
durre due cose esattamente simili. Quindi
egli rifiutò il vuoto e gli atomi ο parti­
celle simili di materia, perchè tutte le
parti del mondo sarebbono assolutamente
eguali fra di loro , e diede a ciascuna
particella di materia una monadi: ο prin­
cipio attivo che la distingue da tutte le
altre, e che con un corpo particolare,
costituisce una sostanza vivente. Quanto
all' anima , non solo , è come ogni mo­
nade , lo specchio dell'universo, ma an­
cora un'immagine della D ivinità.
Collins, molto inferiore di talento a
Leibnitz, ha sostenuto il medesimo si­
stema con passione. Pope nel suo Saggio
su Cuomo, ci ha dato l'ottimismo leib­
liiziano , e nella sua Dunciade , associa
il materialismo alla dottrina della ne­
cessità.
Maclaurin si oppose a Leibnitz senza
alcuna tregua, dimandandogli, con fio­
Uns , ove avesse conosciute le leggi na­
turali per istabilirle così a suo modo;
poiché Leibnitz aveva pure la sua legge
di continuità, eh' egli applicava a tutto,
XVII. SE COLO. LE IBNITZ.
2θ5
allo spinto ed alla materia. Secondo lui
Y anima pensa, anche nel sonno e nel de­
liquio. La stessa morte, in tutta la forza
della parola, è impossibile ad ogni essere
animato; non vi è trasmigrazione alcuna>
ma solo trasformazione di un medesimo
animale. L'anima si conserva e va poco
a poco a rianimare un altro animale.
Clarke, confutando Leibnitz, che si
difese con vigore, enunciò ad un tempo
altre verità importanti , e sostenne con­
tro il filosofo di Lipsia la bella teoria
Newtoniana della gravitazione , che so­
pravvisse al pieno, alle monadi ed alla
ragion sufficiente. Newton si è occupato
poco della filosofia intellettuale ; ma il
suo genio s'immerse ne'cicli: ciò che
tutta la forza di tanti secoli non aveva
potuto penetrare su le leggi misteriose
degli astri, Newton solo ha scoperto ,
ed ogni nuova opinione fondata sopra
idee tolte da Newton credesi per ciò
slesso un assioma incontrastabile. Cosi,
Clarke prende da lui le idee di spazio e
di tempo onde dedurne l'esistenza di
DÌO) e mostrare l'impossibilità di an­
nientare, nemmeno colla mente, l'im­
2θ6 SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
rnensità e l ' e t e r n i t à di D io. V o l t a i r e d i ­
ceva con ragione di C l a r k e , che era un
mulino a
raziocinio.
Dopo la m o r t e di Leibnitz , Clarke r i ­
prese la difesa della l i b e r t à morale, con­
t r o il suo compatriota Antonio
Collins ,
la cui logica solida , e la cui filosofia
ardimentosa davano ai principj di H o b ­
bes, di Leibnitz e di Spinosa un risultato
e u n credito più che mai grandi. L'uomo,
secondo Collins, è governato da una ne.
cessila, risultamento necessario della p r e ­
scienza di D io ; ma questa necessità non è
che la ragione e i s e n s i , il che n o n gli
toglie di poter fare quello che gli piace.
Rifiutando così una necessità meccanica
e assoluta, egli a m m e t t e la colpabilità e
il m e r i t o delle azioni. Al t e m p o di Col­
lins, si sostenne p u r e che la prescienza
di D i o , distruggeva la sua libertà.
Questi principj erano annunziati ai
grandi ed ai principi. Grimm diceva al
duca di Sassonia­Gota: « T u t t o ciò che
e dev'essere perciò stesso che è ; t u t t o
è necessità ; ecco la sola buona filoso­
h a , (ino a che noi non conosceremo
meglio quest'universo. La libertà è una
XVII. SECOLO. lEIBKITZ.
207
parola vuota di senso, come voi vedrete
nella lettera di Diderot ". Diderot infatti,
vi deduce la più trista conseguenza ; egli
più non riconosce né biasimo, né elogi
ineritati, ne vizio, né virtù; tutto ciò è
una conseguenza della dottrina di Leibnitz. La virtù non è che una buona fortuna, ma l'uomo può essere modificato,
quindi viene la necessità di punirlo, di
distruggerlo; da ciò ne viene l'utilità
dei buoni esempi, dell'educazione, delle disgrazie, della prosperità; da ciò deriva una filosofia piena di commiserazionePriestley fu convertilo al dogma della
necessità da Collins, e in seguito vi fu
confermato dall'opera di Harlley , che
aveva pure esitato lungo tempo a sacrificare il suo libero arbitrio. Queste conversioni provano almeno la libertà di
scegliere.
§· V. Scetticismo di Bayle e di Fontenelle.
Bayle nacque nella contea di Foix, un,,
orino dopo Leibnitz. Era protestante; i
gesuiti di Tolosa, che lo avevano istruito,
Ώθ8
E
S CONDO PE RIODO. T E BZA E POCA.
Io convertirono, in età di ventidue anni
alla comunione romana; ma suo fratello
lo ricondusse al protestantismo. Allora
pensò doversi allontanare; perciò stabilì
la sua residenza in Olanda, ove trovava
maggior tolleranza religiosa.
Quando Bayle comparve come autore,
gli animi erano divisi fra Aristotile e
Cartesio, si tendeva ai principi <'' Spi­
nosa e di Hobbes ; e i cattolici ed i pro­
testanti in vece di unirsi contro queste
dottrine, contendevano fra di loro e de­
clamavano. Egli mise in corso il suo
scetticismo, e la sua ironia attaccò tutti
i partili. Imparando ad un tempo ad esa­
minare lungamente prima di giudicare,
a ragionare e a pensare da per sé stesso,
estese il suo scetticismo contro tutte le set­
te, anche contro gli antichi scettici, e per­
fino alla morale e alla virtù ; ma sostenne
con forza il manicheismo. Egli predili­
geva in singoiar modo Plutarco e Mon­
taigne. Montaigne era scettico per indif­
ferenza , la sua erudizione e la sua p p r .
spicacia ingannavano il suo buon senso j
Bayle fu scettico per vera incertezza. Egli
trovava il pirronismo comodissimo onde
XVII. SE COLO. SCE TTICISMO DI BAYLE . 3 0 9
dare a suo piacere ragione ο torto, senza
tema di essere giammai in contraddizione
con sé stesso. Non aveva, per vero dire,
né profondità filosofica, né spirito di
generalizzare, e non avrebbe saputo co­
struire un sistema positivo. Tutto questo
fu cagione che il suo Dizionario è pieno
di cose eterogenee.
Dopo di lui, non restava più altro clie
di estendere lo scetticismo ai fatti storici,
e il nipote del gran Cornelio, Fontenelle,
venne a dire che la storia era una teoria
di favole di convenzione. Questa opinione
non sembrerà in tutto falsa, se si con­
sidera il modo con cui ai nostri giorni,
anche fra di noi, si fanno le caricature
storiche. La pluralità dei mondi di Fon­
tenelle, e i suoi Dialoghi dei morti in­
cominciarono a fondare la sua riputazione.
In seguito comparve la sua Storia del­
Vaccademia delle scienze, in cui sparse
delle riflessioni filosofiche e de' ragiona­
menti profondi e giusti. Fontenelle, che
è guardato qual fondatore della cristiana
filosofia insieme con Fc'ne'Ion, si mantenne
sempre vero cartesiano; ma su la qui­
stione dell'origine delle idee e dell'anima
ST, D ELLE Se. FlLOS.
1.J
2IO
SECOKDO PERIODO. TERZA ErOCA.
delle bestie, fu gassendista. Il suo spirito vivo, penetrante, giusto e prudente;
il suo genio quasi universale , introdussero le cognizioni positive in società. Egli,
d'altronde, aspirava ad essere il filosofo
della società di Parigi.
§. VI. Fine del decimosetlimo secolo
in Inghilterra.
Le cognizioni penetravano pure nelle
società d'Inghilterra. Addison, che morì
nel 1719, deve la sua gloria ai suoi Saggi
periodici. Egli depurò così il gusto pubblico, colla sua dicitura felice e piena
di spirito. La sua politica saggia e valente, e la sua pura morale, rettificarono
le idee e proclamarono utili ed importanti verità. Era seguace di Locke, e
provò l'immortalità dell'anima con cpjcsta
idea: che l'anima tende sempre alla perfezione in questa vita senza poter giugnervi, mentre quella delle bestie ha un
grado oltre il quale non procederebbe
in migliaja d'anni. Questa idea è bella,
generosa e consolante. Franklin,
1 cui
pochi scritti, hanno avuto tanta influenza
ê>
XVII. SE COLO IH INGHILTE RRA.
211
nell'antico e nel nuovo mondo,, disse e
lasciò scritto che D ello scrivere egli aveva
preso Addison per modello. Questo me­
desimo Franklin, senz'arte in apparenza
e sempre con un'aria di bonarietà, ha
in politica divulgato verità profonde. .
Sezione Seconda.
SECOLO
XVIll.
§. I. Scienze filosofiche e morali
in I nghilterra.
Poco prima delle pubblicazioni di Addi­
son, Berkeley diede i suoi Principi delle
umane cognizioni, dottrina paradossale e
piena d'idee bizzarre. Secondo lui, noi non
percepiamo che le nostre percezioni e le
ùostre idee, le quali sono il risultamento
delle sensazioni. Hume andò più oltre e
insegnò che tutte le nostre idee sono copie
delle impressioni sentite da noi, ο dai sensi
esterni, ο dal senso intimo. Ma non po­
tendo riferire a nulla di rassomigliante l'o­
rigine delle nostre nozioni su la lustra
propria esistenza, Hume si mantenne
-, J-,
212
SËC0H
D 0 PERIOD O. TERZA EPOCA.
conseguente a sé stesso; egli negò l'esi­
stenza del mondo materiale, ed anche
dello spirito umano, e non ammise che
quella delle impressioni e delle idee. An­
che Berkeley, che la sua bella e profonda
jTeoria della visione hanno reso celebre,
negò l'esistenza del mondo materiale.
Egli si appoggiò alla considerazione degli
effetti dell'abitudine nei fenomeni dello
spirito, e a questa idea : un cieco nato che
ricuperi la vista, non può formarsi l'idea
delle distanze , e vedrà tutti gli oggetti
vicini ο lontani, nel suo occhio, ο piut­
tosto nel suo spirito.
La dottrina di Berkeley era già stata
in parte fondata da Malebranche. Le con­
seguenze vennero indicate con talento da
Norris, dotto teologo anglicano, e da
Arturo Collier, dotato di uno spirito su­
periore a quello di Berkeley. Questi aveva
in vista di rovesciare il materialismo di­
struggendo tutta la materia ; tale sistema
riunì la gioventù intorno al prelato di
Edimburg, e formò il Club rankeniano.
Law, poscia vescovo di Carlisle, fu il
primo, che precedentemente a Berkeley,
preparò lo scisma dei partigiani di Locke.
)/'".
^ * ~ i * -'
XVIII. SECOLO IK IKGHILTEBKA.
31 3
Egli aveva tradotto V origine del male
dell'arcivescovo King, opera diretta contro Leibnitz, e contro il manicheismo di
Bayle. La dissertazione ingegnosa di Gar,
sul principio fondamentale della virtù ,
la cui traduzione fu da lui posta in fronte
alla traduzione di Law, ha inspirato ad
Hartley la possibilità di spiegare le pene,
i piaceri ed i fenomeni dello spirito, col
solo principio dell'associazione delle nostre
idee. All'epoca stessa, Bonnet, di Ginevra,
onde spiegare la percezione ammetteva eoa
Hartley il principio delle scosse nel cervello ; ma vi aggiungeva un fluido sottile,
per cosi dire elettrico, che scorreva i
nervi per la comunicazione del corpo
coli'anima. Questi due filosofi s'incontrano sovente nelle grandi quistioni, ed
ammettevano di buona fede la necessità,
ed una specie di misticismo.
Priestley, difensore entusista di Hartley,
lo poneva, con Newton, nel primo ordine
dei filosofi , Locke nel secondo, Cartesio
nel terzo. Priestley, e molti altri filosofi
del suo secolo hanno sostenuto che l'anima
deve perire col corpo, perchè ha troppe
relazioni con quello, e gli è troppo dipendente.
214
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA."
Nello stesso tempo, i padri della chiesa
anglicana,sostenevano il libero arbitrio, la
religione e la moral naturale. Tillolson
fu il loro degno rappresentante. Ma Topera
più istruttiva su la teologia naturale, è
quella di Pahy; egli vi ha esposto in
modo sorprendente e variato la dottrina
delle cause finali.
Sezione
i l , '
,­.
SECOLO XVlll
Terza.
IH
§■ I. Sistema di
FR
U SCIA.
Condillac.
Mentre^ Hartley pubblicava la sua dot­
trina in Inghilterra, Condillac, in Fran­
cia, riproduceva, nel 17461 c ° l s u o Seg­
gio sidP origine delle cognizioni umane
lo stesso sistema di associazione , come
unico principio di tutto ciò che ri­
guarda l'intelletto ed il perfezionamento
umano.
Egli fecondava e generalizzava per tal
modo il sistema di Locke e di Gassendi,
e faceva risorgere la dottrina del sensua­
lismo, stabilendo la sensazione come sor­
XVIII. SE COLO. SISTE MA DI COKDILLAC. 2 l 5
gente unica delle nostre cognizioni, fis­
sando al Ρ epoca dell1 istituzione delle lin­
gue i progressi del pensiero, delle scienze
e delle arti ; ma la sua aria di naturale
e di esperienza è più seducente che vera.
La sua statua organizzata, ch'egli anima,
ed a cui dà gradatamente e successiva­
mente delle sensazioni, quindi delle idee,
delle nozioni, è un'immagine che colpisce;
ma è un ragionare sopra un1 ipotesi in­
gannevole, e che suppone il mistero dei
rapporti dell1 anima e dei sensi ben co­
nosciuto. Sarebbe mestieri elio, rome
Condillac, D io avesse ridotto l'uomo alle
sensazioni di sapore, colore, suono, odore,
estensione, ec. ; ma allora Γ nomo non
sentirebbe che s é , e si porterebbe a pen­
sare che l'estensione, come dice Roycr­
Collard, non ha maggior realtà dei suoni
e degli odori.
Se è vero che Condillac abbia preso
ordinariamente Locke per sua guida, egli
ha ringiovanita ed arricchita la teoria
dell'autore inglese su l'azione e la rea­
zione del pensiero e del linguaggio, e
su l'origine delle lingue. A. Smith trattò
poscia più debolmente questa qyistiouc·
ai6
sEcox
D o PEHIOD O. TF.KZA
EPOCA.
Rousseau fece la speciosa obbiezione che
« se il linguaggio è il r i s u l t a m e n t o delle
umane c o n v e n z i o n i , se è necessario per
imparare a pensare, ne segue che le lingue
sono state necessarie p e r l ' i n v e n z i o n e
(Ielle lingue n. Ma q u e s t o è u n supporre
che gli uomini abbiano potuto esistere
u n t e m p o senza aver n e p p u r e il linguag­
gio degli animali, vale à dire senza aver
grida, una specie di fonismo da valersene
all'Occasione e nel caso di n e c e s s i t à , e
c h e la ragione, r a v v i c i n a m e n t o e le r e ­
lazioni degli uomini non fossero capaci
di giungere a formare p a r o l e , onoma­
t o p é e , ec.
Λ questo p r o p o s i t o , il profondo ed
originale Fergusson paragona assai bene
l a sorpresa di certi filosofi su lo stato
a t t u a l e del linguaggio , a q u e l l a di u n
viaggiatore il quale p e r v e n u t o , a poco a
p o c o alla sommità di u n a m o n t a g n a ,
guarda al basso e vede un p r e c i p i z i o so­
p r a al quale è g i u n t o senza pensarvi.
Questa quistione esigerebbe un assai lungo
s v i l u p p a m e n e ; poiché Rousseau non è
ancora stato ben confutato su q u e s t o p r o ­
posito. Q u a n t o a Condillac, egli si a t t i e n e
XVlIt. SE COLO. SISTE MA DI COKDILLAC. 21 η-
al suo principio di sensualismo, e tutto
il suo sistema si riduce presso a poco a
ciò : che tutte le nostre cognizioni, an­
che quelle che abbiamo su le nostre
operazioni intellettuali, sono composte di
immagini sensibili, né si formano col­
l'astrazione delle qualità e delle leggi
del mondo materiale.
Anche Buffon accordò alla fisica or­
ganizzazione una grande influenza su le
facoltà intellettuali. Quantunque abbia
negato un'anima alle bestie, non ne
fece tuttavia delle macchine, per cosi dire
automatiche. Egli rappresentò con mae­
stà la grandezza e la saggezza di D io nel­
l'universo, e nondimeno fu accusato di
ateismo.
Gli Enciclopedisti attinsero in Condil­
iac la loro tendenza al materialismo.
D'Alembert stesso, che avrebbe potuto
rovesciare questi principj, non enunciò
che poche osservazioni, le quali provano
che avrebbe potuto farlo con successo.
Ma egli ritorna incessantemente al prin­
cipio del sensualismo di Condillac e di
Gassendi. Nel suo bel discorso posto di
fronte all' Enciclopedia, espone i pro­
2l8
ES COKDO PE IUODO
TE HZA E rOCA.
grossi delle scienze e delle arti ; si de­
sidererebbe talvolta però una migliore
logica.
TCAUmberl attribuisce due modi di
agire alla riflessione : essa ο ragiona su
gli oggetti delle idee dirette ο le imita ;
e la memoria, la ragione propriamente
detta, e Γ immaginazione , sono dunque
i tre modi con cui Γ anima opera su gli
oggetti de'suoi pensieri; di qua, tre og­
getti generali delle nostre cognizioni : la
storia, che si rapporia alla memoria; la
filosofìa, che è il frutto della ragione; la
poesia, che comprende tutte le belle arti,
e che è figlia dell' immaginazione. La ra­
gione dirige lo spirito e l'immaginaiione.
Elvezio, nato nel 1710, lo stesso anno
di Condillac, presentò presso a poco, nel
suo libro dello Spirilo, Λ quadro delle
idee lilosofiche e morali sparse nella so­
cietà; era una tendenza al sistema di
Condillac ridotto a materialismo e alla
morale dell1 arbitrario e dell'interesse.
Lo stato inferiore dell'anima delle be­
stie, die'egli, è provato dalla differenza
nell'organizzazione e nei bisogni, dal
loro minor numero su la terra, dalla
XV11I. SECOtO. SISTEMA D I
CONDILLAC.
2IÇ)<
loro vita in generale più corta della nostri ec. Elvezio d'altronde è quasi del
tutto cartesiano su la quistionc dell'anima
delle bestie. È noto con quanto spirito
e con quanta finezza t a Fontaine , nel
suo discorso a Madame de la Sablière,
confuta questa dottrina.
La morale d1 Elvezio, fondata su Y arbitrario, non è più una scienza ; poiché
non vi ha scienza ove non esistono principi assoluti e invariabili. La Harpe, per
una specie di odio contro Elvezio, ha
voluto mostrarlo differente da Gondillac,
dicendo che Elvezio riguarda i sensi come
causa produttiva delle idee, e Condillac,
come causa occasionale.
g. II. Ateismo: Grimm ; Diderot,
d'Holbach. Montesquieu. Voltaire.
,i
Eccoci ora all' ateismo dei Grimm, dei
Diderot, degli Holbach.
Grimm colla sua corrispondenza e colle
sue miscellanee ne fa noto, quanto grande
fosse a1 suoi giorni la voga di questa triste dottrina nell1 alta società di Parigi.
Diderot la mise in favore co1 suoi talenti,
220
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
con un po' di oscurità, e specialmente
colle sue conversazioni tanto seducenti.
Cionnondirneno ammetteva talvolta opposte opinioni; ma avanzato negli anni,
se ne dichiarò 1' avvocato e il difensore ,
come vedesi nel suo Trattato del bello.
Egli non trova bizzarria tanto straordinaria, né avvenimento tanto raro, che
non possa aver luogo in certe date circostanze ; massima affliggente che paralizza gli sforzi della ragione. « Quindi,
egli aggiunge, non vi ha cosa più probabile di un' altra cosa , e si può scommettere che con 100,000 dadi , può verificarsi un tiro di 100,000 sei ad un
tratto ».
Ma l'opera in cui si manifesta il più
ardito ateismo, è il Sistema della natura
pubblicato nel 1770. Voltaire da prima
lo confutò con vigoria , ma più tardi
avvicinossi alle idee di Diderot. Questa
opera fu, dal celebre abate Galiani attribuita al barone d'Holbach, autore del
Cristianesimo smascherato, e a cui Garat
attribuisce pure la morale e la religione
universale.
XVIII. SECOLO. ATEISMO.
231
A questa medesima epoca, Montesquieu,
associava la giurisprudenza alla filosofia,
alla storia ed all'esame degli uomini ;
dava a tutte le nazioni le ragioni delle
loro massime di giurisprudenza; riferendole alle varietà fisiche e morali dei popoli, e sovente a pregiudizj consacrati
dalla loro antichità.
Ma un genio brillante, ricco, elevato,
dominava tutto il suo secolo. Voltaire
sembrava chiamare la ragione all' esame
di tutte le quistioni filosofiche e morali,
e non faceva quasi altro che darsi spasso
con malizia su quelle che toccava. Sempre ardente ad attaccar tutto e a tutto
distruggere, senza nulla costruire , pare
che si fosse fatto un sistema di sovvertimento e d' incertezza. Spesso differente
da sé medesimo , secondo il tempo e le
circostanze della sua vita, egli scrisse su
la divinità, la religione naturale, la morale e la libertà di coscienza, le più sublimi pagine, e su la libertà morale, le
più sorprendenti stravaganze. Egli, che
nella giovinezza della sua gloria, amava
celebrare una filosofia generosa e una
morale scesa dal Cielo, cadde,in età avan-
222
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
zata , nel!1 abisso orrendo del fatalismo ,
e quasi si aggregò agli atei del suo se­
colo. In breve, egli non ebbe alcun prin­
cipio stabile, nessun sistema fisso in fi­
losofia , e nondimeno, è quasi delitto,
anche ai nostri giorni, il non riconoscere
e riverire Voltaire come filosofo.
§. III. Gli Economisti. G. G­ Aousseau.
Vauvaiaxi^ues. Madama du Cìiatelel.
Mentre Γ Enciclopédia continuava, una
setta di filosofi Economisa cercava d'il­
luminare il popolo su le quistioni di
economia politica, e fondarsi su questa
idea, clic nella natura tutto e ordinato
con benevolenza; che il primo dovere
del legislatore è di studiare e di secon­
dare le viste della natura. Ciò era mi
riconoscere 1' uomo indefinitamente per­
fettibile, e distruggere ι principj di que­
sta epoca.
Nello stesso tempo, Rousseau , sin­
golare per l'arditezza indipendente e
spesso paradossale delle sue viste, depo­
sitava ne'suoi scritti ([nell'entusiasmo
pieno di fuoco, che anche fra gli errori,
XVIIt. SECOLO. G. G. ROUSSEAU.
223
lo trascinava dovunque alla ricerca ed
al culto della virlù.
Quantunque affetti di non pensare e
giudicare come gli altri , si vede risaltare da tutti i suoi scritti questo pensiero filosofico : « la ragione e la coscienza sono il criterio che il cielo ha
dato all'uomo per dirigersi; e gli errori
stessi non sono delitti ». Elvezio aveva
detto che la sensibilità fisica è la sorgente unica delle nostre idee; Rousseau
lo confutò nel suo Emilio, a Percepirei
die 1 egli, è sentire; paragonare, è giudicare ; giudicare e sentire non sono la
medesima cosa >;. Quest' opera che gl'Inglesi chiamano modestamente un supplemento a Locke, è un sistema di filosofia
messo in azione, un trattato delle facoltà umane, considerate nella loro potenza , nella loro gradazione e nel loro
modo di sviluppamento. Cionnondimcno,
il giudizioso Dugald Stewart crede trovarvi « molte stravaganze che portano
il carattere di una alienazione intellettuale e morale. » Senza dubbio il progetto di educazione di Rousseau è impraticabile in uno stesso allievo ; ma
2ï4
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
dell' Emilio egli ha fatto un punto centrale , a cui è d'uopo riferire tutta la
filosofia e le applicazioni morali e intellettuali dell' educazione. E una sorgente
inesauribile di meditazione.
Il marchese di Vauvenargues morì
quasi della stessa età di Pascal, nel 1747La sua vita, agitata e quasi affatto militare, lo rimosse dagli studii, e non scrisse
per così dire che il risultamento semplice
e naturale delle sue riflessioni. Duclos,
quantunque un poco (.afferente, si dirige
nello stesso senso osservando i costumi
e i caratteri.
Ma una donna degna di considerazione,
Madama di Châtelet, fece una viva sensazione a Parigi col suo entusiasmo pel
sistema di Leibnitz. Cionnondimeno ella
vi rinunziò ben presto per darsi a quello
di Newton, di cui tradusse e comentò
i principj. L'idealismo allora tornò al
di Jà del Beno.
SECOLO XTiii.
Sai
Sezione Quarta.
SECOLO XVIU.
lit
IN
GEKMytHlji , IH
PRUSSIA,
OLANDA.
§. I. Scuola Leihnitzo-Volfiana.
Lambert, Lessing, Hemslerhuis, Iacoli.
Volfio, che mori net 176^, dodici anni
prima di Voltaire e di Rosseau, formava
in Germania la scuola Leibnitzo-Volflana,
mentre Kant già preparava il suo criticismo. Il gusto di Volfio, la sua originalità,
il suo metodo affettato, sostenuto da una
specie di frasologia matematica, le sue idee
fondamentali uscite dalla Teodicea, gli
conservarono quasi pel corso di un secolo
la preminenza in Germania, ed al presente
ancora è in grande venerazione: ma la sua
dottrina non ha mai potuto stabilirsi in
Francia. Volfio riguardava 1' uomo come
una macchina spirituale. Mentre professava a Halla la duttrina dell'armonia prestabilita, il re, padre di Federico il Grande domandò cosa si fosse questa dottrina
che faceva tanto strepito. Gli fu rispoSx. DELLE Se. FlLOS.
l5
2î6
SECOKDO PERIODO. TERZA EPOCA.
sto che essa insegnava non essere i suoi
soldati che macchine, ed essere inutile
il punirli quando disertavano, perchè era
un risultamento necessario della loro costituzione. Il re accordò a Volfio ventiquattro ore per uscire da Halla , altrimenti il Glosofo sarebbe appiccato. Federico però gli fece giustizia lo stesso giorno che succedette al trono.
Mentre ancora viveva Volfio , Carlo
Bonnet, uomo di segnalato talento, sviluppò pure la legge di continuila e la ragion sufficiente di Leibnitz. Secondo lui,
tutti i differenti esseri dell'universo formano una catena la quale, per gradi insensibili, discende dalla divinità fino alle
forme più grossolane della materia brutta.
Fu col seguire così la scala graduata degli esseri, che Leibnitz predisse, sotto il
vocabolo di piante animali, l'esistenza
dei polipi. La Teodicea era per Bonnet
un libro di religione; il Vangelo non era
che un'allegoria, e il suo esemplare era
intitolato: Manuale di filosofia cristiana.
Giusta la sua dottrina, lo stato attuale
di ogni monade è determinato dal suo stato anteriore, questo da un altro prece-
SECOLO XVIII·
257
dente, e così di seguito fino alla crea­
zione; di maniera che il passato, il pre­
sente e il futuro non formano che una
catena nella stessa monade, il presente
tiene in sé l'avvenire, l'avvenire si lega
all'eternità, e l'eterno geometra è sem­
pre inteso a risolvere questo problema s
dato lo stato di una monade, determinare
lo stato passato, presente e futuro di lutto
CUniverso; che D io avendo voluto l'esi­
stenza di questa catena, ha pure voluto
ciascuno degli anelli, così quelli di ferro
come quelli di oro , i Caligola ed i Marco
Aurelio, i mostri morali e i mostri fisi­
ci. Quindi, noi siamo senza libertà e senza
forza morale; e queste idee affliggenti sono
anche vestite di un misticismo di cieca
umiltà. Le Sage, amico di Sonnet, confuto
queste opinioni a tutto suo potere.
Più tardi si associò questa legge di con'
tinuilà alla storia del perfezionamento
umano , specialmente nelle scienze e nelle
arti il che s'accordava coll'idea favorita di
Elvezio su l'uguaglianza primitiva degli
uomini, che le scoperte poco a poco han­
no distrutto, stabilendo sì grandi inter­
valli sociali.
.
..ι.
328
SECOKDO F£R10D0. TERZA EPOCA.
Kant pubblicò, molti anni dopo la morate di Voliio, il suo criticismo; ma, fino
a questo momento in Germania non erasi
fatto altro che opporsi al materialismo.
Lambert, nato a Mulhouse nel 1728,e morto
a Berlino nel 1777, portò nello studio
delle scienze matematiche, logiche e filosofiche, uno spirito possente e pieno di
«agacità. Lessing si fece una specie di eccletismo; gli era un bisogno il ricercare
la verità e sforzarsi di conoscerla. Quantunque apparisse meno degli altri animato
contro il materialismo, spiegò una forza
polemica energica su le più gravi quistioni; e, malgrado il suo linguaggio ironico e
mordace, non è né intollerante né dogmatico. Egli considerava il cristianesimo
solamente con occhio filosofico , e poca
cura si dava di apparire ortodosso.
Hemslerhuis, che mori nel 1790, nove
anni dopo Lessing, era olandese e figlio
del celebre Tiberio Hemsterhuis, professore di letteratura latina a Leyda, Egli
nascose un'immaginazione viva sotto una
logica severa ed uno stile serrato, esternò
ovunque un amor sincero per il bello,
un sentimento morale puro, e mostrò co-
«ECOLO JLV11I.
Ï2Q
me il libero arbitrio può combinarsi colla
morale stoica.
Jacobi confutò con onore la morale fondata su l'interesse, e la filosofia delle sensazioni, ed espose con eloquenza l'analisi
dell'anima umana. Egli pel primo fondò
la nostra natura intellettuale sul sentimento religioso, e mostrassi difensore eloquente di Dio e della verità. Confutò i
principii di Kant, e gli rimproverò specialmente il non essersi abbastanza appoggiato alla religione, che per lui è la
sola filosofia al di là delle verità di esperienza.
§. a.° Kantismo·
La dottrina di Kant non incominciò a
fare strepito che quando Reynhold, il
quale dapprima ne era partigiano, ne dimostrò gli errori fondamentali, con una
chiarezza superiore a quella del filosofo
di Koenigsberg.
Kant, che morì nel 1804, pubblicò la
eua opera più rinomata, la Critica della,
pura ragione, nel 1781, che due anni dopo,
fu adottata in alcune università di Gec-i
mania. Questo sistema, talvolta asini oieuy·;
a3o
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
ro, è bene spesso poco capace di una analisi compendiosa.
Il principio fondamentale del criticismo è, che vi ha una ragione indipendente
da ogni sensazione e da ogni esperienza, il
cui scopo è di guidare la ragione alla vera
cognizione di sé stessa, di pesare il valore
delle cognizioni filosofiche a lei attribuit e , e di stabilire per tal modo i limili
che non può oltrepassare senza perdersi
nel vago dell'immaginazione. Kant determina e separa pure il dominio dei sensi
da quello dell'anima, quello della natura
esterna da quello della natura intellettuale; questa divisione gli serve di punto di
partenza.
Per rovesciare il sistema del sensualismo, era d'uopo far un sistema su l'origine
delle nozioni semplici, mostrare che lo
spirito da per sé solo, senza il soccorso
dei sensi, e senza rapporto con essi, pui
avere delle idee: Kant sostenne che le
nozioni semplici di tempo e di moto suppongono la facoltà della memoria, e che
quelle di verità, di dubbio, di credenza ec, presuppongono l'esercizio della
facoltà di ragionare. Espose con origina-
«ECOLO XVIII. KAHTISMO.
2Î t
l i t i , che tutte le nostre idee generali
non vengono dalla sola esperienza, ma
bensì dall'intelligenza dello spirito che
vede ciò che è assolutamente, e ciò che
non è.
Egli mostrò che lo spazio e il tempo
sono le forme di tutti i fenomeni le
condizioni essenziali per concepir)ìVla facoltà sensitiva e il suo oggetto. Le nozioni sono rappresentazioni attive della
nostra intelligenza e la base delle nostre
cognizioni. Quindi, egli le considera sotto
i seguenti rapporti.
Quantità: unità, pluralità, totalità.
Qualità : realtà , negazione , limitazione.
Relazione : sostanza, causa, reciprocità.
Modo: possibilità, esistenza, necessità.
E , siccome pensare e giudicare sono la
medesima operazione , ogni nozione contiene una forma particolare di giudizio
su gli oggetti.
In breve, la filosofia di Kant è piena
di astrazioni trascendentali, difficili a comprendersi. La sua morale, come lo stoicismo, non considera die la legge eterna ed
immutabile del giustn e dell'ingiusto, del
bene e del male; è racchiusa da una in-
Y
aÎ2
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
flessibilità che mi sembra quasi escludere
le nozioni acquistate del dovere, e non
rende conto né del cuore umano, né de1
suoi poteri morali. Lo stoicismo questa
"ini
ibilità ha già perduto : essa paraliz­
za
slancio del cuore alle grandi virtù;
«en, i favorire il male, dando lo stesso
vaio, sa tutte le colpe e a tutti i meriti,
e ravvicinare i Neroni ai Regoli.
Kant confessa che il libero arbitrio è
una parte necessaria della nostra natu­
ra morale, sottoposta alle le*gi del do­
vere; il che è già un restringerlo. Se­
condo JYitsch, che ha ridotto a compen­
dio il criticismo, Kant non ha potuto,
colla sua filosofia, che stabilire la possi­
bilità della libertà umani, quindi egli
ha rifugio all'ipotesi del sentimento e
dei principi della ragione pratica. Nulla­
dimeno, persuaso che la convenzione mo­
rale è il precipuo affare dell1 uomo, e
che la morale non può esistere senza il ι
libero arbitrio , egli si sforza di dimo­
strare che la possibilità di questo libero
arbitrio e la coscienza intima della li­
bertà della scelta, lono una prova suffi­
ciente del merito ο del demerito nelle
'r^srw.
SECOLO XVIII. ΚΛ.ΚΤΙ9ΜΟ.
s33
cose pratiche della vita; in una parola,
l'essere che si crede libero, è perciò ap­
punto un agente morale e ragionevole esi­
sta ο non esista questa libertà. Ecco qui
per verità un principio singolare!
L'abate Galiani professa la stessa opi­
nione; ma è sempre chiaro, rapido , in­
téressante, quindi più pericoloso. L'uomo
è libero, die'egli in tuono di un criti­
cismo satirico, perchè è persuaso di es­
serlo ; ciò equivale alla libertà, ed ecco
il meccanismo dell'universo spiegato chia­
ro come Vacqua di roccia.
Lo stesso Kant confessa che deve la
sua dottrina alla teoria della causazione
di Hume. Ma quasi per tutto egli l'in­
nalza so»ra basi vacillanti, sopra una spe­
cie d'incertezza che tormenta lo spirito
del lettore. Questo sistema, attorniato da
un entusiasmo morale esaltato, fu con ra­
gione dato come un antidoto contro la
superstizione, le dottrine eretiche e lo
scetticismo. Esso rovesciò le dottrine di
Leibnitz e di Volilo, e venne finalmente
ammesso con una specie di fanatismo.
Esso rifiutava le idee innate, e mostran­
do di appoggiarsi «u l'esperienza β »u la
a54
ES COSDO PE RIODO. ΤΕΓ.ΖΑ. E POCA.
ragione, prendeva un'aria di gravità scien­
tifica e filosofica. Tuttavia i Kantisti puri
ora in Germania sono più rari; essi ave­
vano sempre in bocca queste parole « Voi
non ci avete compresi. »
La ragion pratica si avvicina sotto al­
cuni aspetti all'opinione degli scettici, ο
del senso comune di Oswald e di Beat­
tic . che dà tutta la sua filosofia in que­
sta epigrafe:
Ifunquarn aliud natura, aliud stipientia dictt,
Eberardo, Feder, Schualw, ec., sosten­
nero contro il Kantismo, la realtà ob­
biettiva delle nostre cognizioni. Ma i
Kantisti risposero che Kant non negava
già l'esistenza della cosa in sé stessa,
fuori di noi, ma solamente la possibilità
di essere concepita dalla nostra ragione;
che questa esistenza non era già = a zero
relativamente a noi, ma semplicemente =
ad X. Quindi, si distins/U'idealismo trascen­
dentale dall' idealismo volgare , con che
si alterò affatto il carattere del vero Kan­
tismo. Ma Salomone Maimon, e Beck lo
difesero.
,
SECOLO XIX. KAMTISMO.
a35
Sezione quinta.
SECOLO XIX.
Ili
GERMANIA.
Dottrine prodotte dal
Kantismo.
Fra le dottrine emerse dal kantismo,
quelle maggiormente accreditate furono
la dottrina di Fichte e di Schelling. Fichte
parti dalla seguente quistione : Che è
l'io? e procedendo allora nel dubbio car.
tesiano fu tratto ad un assoluto egoismo.
L'io può creare Vesistenza e la scienza,
che sono una sola e medesima cosa. « L a
mia propria esistenza incomincia solo col­
Tatto di riflessione per cui io penso al­
do puro e primitivo. Ogni scienza ripo­
sa su Γ identità dell1 io intelligente e
dell'io esistente, e questa identità si espri­
me colla forinola io rr: io. » L'autore
confessa francamente di non poter esser
compreso senza un certo senso trascen­
dentale. In questo modo in Germania la
filosofia è troppo sovente nemica del sen­
to comune.
Nella storia universale degli esseri, Fich··
236
SECONDO PERIODO. TEBZA EPOCA.
te distingue tre grandi epoche: la prima
è quella del caso, la seconda quella del
regno della natura , la terza quella dell'esistenza di Dio; poiché Dio, per sé,
non esiste ancora; non può neppure esistere, fino che i nostri individui esistono.
Egli si manifesta, ma come préparantes!
alla manifestazione. La natura é una specie di divinità in germe. Ed eccovi filosofìa!
Schelling (nato nel 1775),eloquente al
pari di Fichte e di Schelling , celebre in
tutta la Germania come uomo dabbene
e gran filosofo, professò, estese i sistemi
di Fichte, e vi frammischiò un poco di
spinosismo. Alcuni anni dopo , molti discepoli di Schelling sono passati dal pro-'
testantismo alla fede cattolica, come più
poetica. Essi formano una chiesa invisibile sotto la protezione di Maria, che
serve loro di simbolo, e il cui nome èia
loro parola di unione. Hanno quasi sempre
il rosario nelle mani, e Spinosa per essi
è uno de1 più gran profeti.
Ora in Germania vi sono tre scuole
di morale : quella di Kant stabilisce la
legge del dorere lopra una teoria tci«n-
SCUOLA SCOZZESE.
î3^
tifica e sopra principj inflessibili; quella
di Iacobi obbedisce al sentimento religioso e alla coscienza individuale; la terza cerca di unire il sentimento religioso
col dovere, per quindi subordinarli alla
rivelazione.
Sezione Sesta.
SCUOLA SCOZZESE DALLA SO A ORIGINE
IS
POI.
§. i. Hutcheson e suoi contemporanei.
Scetticismo di Hume.
La scuola Scozzese non riconosce in
verità alcun capo speciale. Citasi, è ben
vero , prima dell1 unione dei due regni
di Scozia e d'Inghilterra, Giorgio Dalgarno iVAberdeen, che diede piova di un
genio originale ; lord Stair , che osservò
alcuni errori di Gassendi, di Cartesio, di
Malebranche , e mostrò una grande in·dipendenza. Ma furono Kutcheson, e poscia Smith, che quasi esclusivamente diedero a questa scuola il SUo carattere e il
suo primo lustro. Fino allora lo stato
238
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
degli affari pubblici era stato poco favorevole alle scienze filosofiche e morali.
Francis Hutcheson,nalo in Irlanda, ma
di origine scozzese, apri il primo suo
corso a Glasgow, nel i^3o. Egli é piuttosto moralista che metafisico , e il suo
scopo principale è di opporsi al sistema
licenzioso di Mandeville. Questo scrittore
ingegnoso sostenne nella sua favola delle
Api, opuscolo di venti pagine che fu seguito da due volumi di commentarli, che
l'immoralità è così necessaria, come la
virtù, alla prosperità e felicità pubblica
e individuale negli stati , e che la morale, per ciascheduno, consiste nel procurarsi con tutte le sue tendenze il maggior benessere possibile. Lo stesso male
produsse pure tutte le arti e tutte le
scienze. Questo sistema può esser riguardato come conseguenza di quello di Leibnitz.
Quanto a Hutcheson, egli abbracciò
con piacere il principio socratico che identifica il bello e il buono , e si avvicinò
a Shaftesbury, fondando i principi morali sul sentimento', e la virtù sopra una
specie di nobile entusiasmo, anzi che sulla
SCUOLA, scozzese.
239
ragione. Shaftesbury rifiutò le « affezioni
private, i piaceri e gl'interessi privati »
e mostrò nell1 uomo « dei mobili più
nobili, delle affezioni sociali, impersonali
disinteressate η come la pietà, la sim­
patia, il sentimento del bello e del be­
ne, ec. Steele e Addison svilupparono pure
queste idee , ma Hutcheson ne.compose
il suo sistema della sensibilità, e fondò
tutti i rapporti sociali e individuali , i
doveri e i piaceri dell' uomo, nelle emo­
zioni del cuore e nella negazione indi­
viduale di Shaftesbury. La sensibilità este­
riore di un Regolo potè soffrire, e l'in­
teriore avere nel medesimo tempo de'
piaceri. Nelle arti, questa sensibilità di­
venne il senso del bello ; pel giudizio
dei fatti, essa divenne il senso del bene
0 senso morale il cui principiofu la be­
nevolenza. Adam Smith prese questa be­
nevolenza come principio fondamentale
sotto il nome di simpatia.
Secondo Smith, noi giudichiamo dap­
prima gli altri, e poscia n o i , per sim­
patia; ma giudichiamo del demerito, della
dieconvenienza , ec., per non­simpatia.
Allora, come giudicare della virtù? Se
24°
SECONDO PERIODO. TERZA ÈPOCA.
la simpatia è involontaria lo sarà anche
la virtù ?
Fergusson lasciò la strada mal sicura
di SmitU. Dopo aver definito i vocaboli,
storia , scienza, teoria, principio,egli vide che per cercare le regole che devono
determinare la scelta morale di agenti
volontarii, la teorica dell'anima doveva
precedere lo studio della morale. Quindi
legittimò i suoi principii con fatti presi
dalla storia naturale dell'uomo. Smith
aveva imposto alla volontà la legge di
simpatia; Elvezio quella dell'egoismo;
Fergusson le riunì sotto il nome di legge
di Società e legge di conservazione; ma
si mostrò superiore ad essi, proclamandone una terza, quella di stima, d'eccellenza e di perfezione.
Andrea Baxter, nato nel 1687, e contemporaneo di Hutcheson, si oppose al
sistema di Berkeley. Il primo principio di
Baxter è che Dio sia l'agente immediato
de' fenomeni del mondo materiale. Si perde, dic'egli, a mettere fra Dio e l'effetto,
delle cause materiali ; è un cercare la
materia al di sopra della materia. Più
generoso di Malebranche accordò la libertà
SCUOLA SCOZZE SE .
g/,
all'uomo morale. Baxter cerca in ispecial
modo di difendere Γ immaterialità del­
l'anima co'lumi forniti dalle scoperte di
Newton.
Hume incominciò la sua carriera lette­
raria, nel ij3g, col suo Trattato della na­
tura umana. Hutcheson era allora nella
sua maggior gloria , quindi l'opera di
Hume appena si fé' conoscere. Egli ri­
move, in generale, ogni ipotesi gratuita
e stravagante , e si fonda su l'analisi fi­
losofica. Senza avere un sistema partico­
lare , cerca di stabilire con maggior si­
curezza di tutti i moderni, uno scettici­
smo universale, e ne mette incessante­
mente in diffidenza delle nostre facoltà.
Sceglie ciò che gli conviene in tutte le
dottrine, e giunge con una logica solida
ed esatta, a dati sovente importanti, so­
vente bizzarri e stravaganti ne'loro co­
rollari· Ma le sue premesse hanno servito
ai lavori ed alle scoperte d'altri filosofi.
Hume incominciò dal dubbio, come
Cartesio ; ma malcontento di vedere i
Cartesiani a dimostrare delle verità evi­
denti , sicuro di averli convinti di para­
logismi , finisce col dubbio generale. Già,
Si. D ELIE Se. FiLOsor.
16
242
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
Berkeley aveva indicato, che prendendo
a rigore le idee fondamentali di Cartesio e di tutti i filosofi , da Aristotele in
poi, l'esistenza del nostro mondo era impossibile.
La logica di Hume è sottile,stringente,
ma ingannevole; egli ha ciò nondimeno
fornito degli argomenti e delle armi contro tutte le dottrine posteriori. Servi a
confutare e confutò egli medesimo i necessitari. Ma è forse meno pericoloso il
dubitare di tutto, che l'essere forzato a
tutto ?
Gli Egoisti, colle loro viste ardite, non
vedevano di certo chela loro propria esistenza : cogito, ergo sum. Hume rinnovò
la quistione, e non ammise di certo che
1 esistenza delle nostre sensazioni e delle
idee , poiché esse son» i soggetti diretti
della coscienza. Ma come ammettere l'io
pensante, senza ammettere implicitamente
l'esistenza dello spirito, che, per Hume,
é immaginario come la materia ?
Hume pretende che tutti i nostri raziocinii su le cause e sugli effetti sieno dovuti all'abitudine, a un atto della parte
cogitante della nostra natura ; e vorreb-
SCUOLA SCOZZE SE .
243
be togliere dal linguaggio filosofico le
parole causa ed effetto. Gli avvenimenti
sono in congiunzione in prossimità , ma
non in connessità; almeno non possiamo
saperlo da per noi stessi : quindi tutto
è illusorio.
Enrico Home, conosciuto sotto nome
di lord Karnes, sir Gilberto Elliot, Beid,
Oswald, Beatile , pure poco soddisfatti
di vedere i Cartesiani provare delle ve­
rità evidenti, adottarono una logica più
severa, più scientifica, ma si dichiararono
contro lo scetticismo. Lo stesso fu del
gesuita Buffier, il solo fra i gesuiti, dice
Voltaire ; che abbia nelle sue opere fatto
uso di una ragionevole
filosofia.
|<t
Gli antagonisti di Home hanno di­
scusse poche quistioni relative alla co­
noscenza della natura. Nondimeno Ka­
rnes vi si provò con qualche gloria. Beat­
ile , Campbell, Girard, con una miglio­
re filosofia Γ hanno seguito nelle sue
ricerche sui principi delle belle arti, ed
hanno felicemente aperto la strada all'a­
nalisi delle leggi che presiedono ai fe­
nomeni intellettuali.
Butler, che divenne vescovo di Bri­
S44
6EC0KDO PERIODO. TERZA EPOCA
stol, vide fra i primi le conseguenze
pericolose del lokismo , preso alla lettera , su l'origine delle idee , e professò
contro questo sistema gli stessi principj
che Cudworth aveva opposto a Gassendi
ed a Hobbes ; con piacere vedeva i principj di Locke spinti agli ultimi estremi
dalla dottrina di Hume, specialmente in
morale.
§. II. — Scuola sperimentale scozzese.
Nel 1764, Meid, professore di filosofia
Diorale all' università di Glasgow, si dichiarò pel primo contro lo scetticismo di
Hume, e specialmente contro la sua teo·,
ria ideale: « che nulla può essere per.
eepito se non è nello spìrito che lo percepisce ; che noi non percepiamo le cose
esteriori, ma solo le vane immagini degli oggetti ».
Reid, che dapprima aveva ammesso questi principj, li mise in quistione,e malgrado la popolarità di Huuie, ne mostrò
il senso ipotetico.
Campbell seguì le tracce di Reid con
$ W i a , toccò can sagacità alcuni princi-
SCUOLA SCOZZE SE .
245
pj generali, ma non si fece ad esaminare
ia quistione interessante dell'influenza
degli avvenimenti e delle opinioni stra­
niere, dell'immaginazione e delle pas­
sioni che possono turbare il giudizio,
specialmente nella morale degli usi or­
dinar] della vita.
L'ultima opera di Reid, i suoi Saggi su
le facoltà, ec., pubblicata fra il 1780 e
il 1788, si risente della sua avanzata età ;
"la non è meno preziosa. Egli vi esamina
le nostre facoltà intellettuali e morali,
wa senza vedere se possano avvicinarsi
fra di loro , ο ad alcune facoltà primi­
tive. La sua forma aforistica, più facile
per la lentezza di un vecchio, vale forse
di più pei pensatori.
Reid può essere considerato come ca­
po della scuola sperimentale in Iscozia.
Il suo metodo rigoroso di osservazione
parve distruggere la filosofia di Locke.
Belsham ha accusato, forse con ra­
gione, questa scuola, di trascurar troppo
te teorie e le viste fisiologiche. Cionnon­
dimeno essa non le negligente in tutto?
poiché / . Gregory ha pubblicato delle
lettere sui doveri e sulle qualità di un me­
^4β
ES CONDO PE RIODO. ΤΕΒΖΑ E POCA.
«lieo, nelle quali indica ciò che la me­
dicina può scoprire per la filosofia nello
studio dell1 uomo materiale e fisiologico.
Dugald Stewart è quello, fra i succes­
sori di Reid, che ha più onorato la scuola
scozzese e le scienze filosofiche e morali.
Egli si dichiarò contro la dottrina di
Locke, e riempì le lacune lasciate da Reid,
Fergusson e Smith. Analizzò le nostre
facoltà morali, da lui chiamate Principi
attivi e morali, e trattò de1 nostri doveri.
Colla parola azione egli intende « l'eserci­
zio della volontà, ο prodotto al di fuori
con effetti sensibili ο ristretto ne'limiti
del mondo interiore ». Tutti gli esercizi
della volontà, tutte le applicazioni delle
forze dello spirito, compongono 1'αίίί­
vità. Quindi ciò che ne fa volere, ne fa
agire. I mobili della volontà, posti in
n o i , sono la fame, la sete, la curiosità
Γ ambizione , la pietà, il risentimento.
I principj d'azione più importanti sono
compresi negli appetiti, ne1 desiderj, nelle
affezioni, nell'amor proprio, nel princi­
pio morale.
I nostri appetiti primitivi,inseparabili
dal nostro corpo, periodici, comuni a tutti
SCUOLA SCOZZE SE .
?[,η
gli animali, sono la fame, la sete e l'a­
more ο l'appetito del sesso. Sottratti alla
nostra volontà essi sono affidati all'istin­
to , per la conservazione dell' individuo
e la riproduzione della specie. L'inte­
resse non è già posto negli appetiti ο
nelle loro gradazioni; perchè questi hanno
dovuto la prima volta agire indipenden­
temente di ogni esperienza del piacere
che procura il loro soddisfacimento.
I desiderii non sono né insiti del cor­
po , né periodici, e non cessano quando
il loro oggetto è raggiunto. Il desiderio
di Società è istintivo e governa tutti gli
uomini ; quello di stima è primitivo, ori­
ginale, poiché talvolta è più forte che
l'amor della vita. Vi han pure i dcside­
l'ii di conoscere, di potenza, di superio­
rità (principio di emulazione).
Le nostre affezioni sono tutti i prin­
cipi attivi, il cui scopo ο fine è di ar­
recar piacere ο pena ai nostri simili, tali
sono il patriotismo , l'amore, il rispetto
e in una parola, le affezioni benevoli e
le affezioui malevoli. Fra quest'ultime,
non vede per cosi dire d'innato che il
risentimento, dal quale deriva l'indigna­
%!β
ES CONDO PE RIODO. TE BZA E POCA.
xione ο il sentimento dell 1 ingiuria fatta
ad altri ο a noi.
Le passioni sono tutti questi principi
attivi, quando passano il limite della mo­
derazione. Maas, professore a Halla, die­
de nel i8o5 gli stessi principi, n e l Sag­
gio su le passioni.
Stewart ha dimostrato che i principi
morali indipendenti dall'amor proprio ,
sono naturali all'uomo malgrado le loro
differenti applicazioni presso i differenti
popoli­ L'educazione non fa che ajutarli
a svilupparsi, perchè essa non può agire
che col soccorso de'principi naturali di
cui presuppone l'esistenza. Anche la mo­
rale religiosa presuppone le idee morali
di cui è alimento , complemento e con­
seguenza; in fine le nostre facoltà intel­
lettuali e pratiche derivano dall'associa­
zione delle idee; questo è il principio
di Hartley.
Tutta questa dottrina è piena di at­
trattive ed animata da nobili principi >
stabiliti su la natura ; e fondata su la
ragione che concepisce il giusto e l'in­
giusto puramente , e , per conseguenza,
il rimorso ο il piacere, il rapporto della
SCUOLA SCOZZESE.
a^g
felicità colla virtù indipendentemente dalle
vicissitudini dei tempi e della fortuna.
Se questa filosofia presenta ancora qualche lacuna, almeno si sforza di accordarsi
dovunque col senso comune di tutti gli
uomini e colle pratiche della vita. Ad
ogni tratto presenta una quantità d'idee
e di viste felici , ispirate da uno spirito
giusto, amico sìncero della virtù, della
verità, della religione , da una morale
feconda, alla testa delle quali evvi la Divinità.
La>cuola scozzese, rappresentata qui da
Dugaìd Stewart, evita le teorie arbitrarie ed ipotetiche, ma sembra temere le
ricerche su la psicologia e su la legittimità delle nostre cognizioni. Essa stabilisce cosi i nostri doveri: doveri verso Dio,
verso gli altri , verso noi stessi.
Tommaso Brown , professore a Edimbourg, morto pochi anni fa , segui presso a poco Reid e Dugald Stewart, suo
predecessore , e cercò di completare la
morale del dovere in un Trattato su la
virtù. Ma Wilson , che occupa attualmente la cattedra di Edimburgo, poeta
e filosofo, si allontana, a quanto di cesi,
a5o
SECON
D O FOT.IOD O, TERZA EPOCA.
dai principi cV suoi predecessori e de*
tuoi contemporanei.
«· >
Sezione
ULTIMI
settima.
I
F LOSOF
I I NGLES
I.
..­>■
L'Inghilterra , nel secolo XVIII ebbe
pure dei nomi celebri in filosofia, in mo­
rale ed in economia sociale e politica.
Coi Chesterfield, cogli ddisson, coi Bo­
linbrohe , gli Adam Smith , citasi onore­
volmente Ricardo Price, che si oppose
al sentimento morale di Shaftesbury e
di Hutchcson , e fece derivare dall1 in­
telletto le idee di bene e di male, ri­
guardandole cionnondimeno come immu­
tabili. Giovanni Clarke difese i principj
dell1 interesse ben inteso, contro Wola­
ston che fondò la morale su la potenza
nazionale dell'uomo; e contro Samuele
Clarke , che la fondava su le leggi eterne
date da D io onde perpetuare l'armonia
dell1 universo,
Caterino Macaulay Graham, si studiò
con gloria di abbattere lo scetticismo,
confutò King e Bolinbroke su la causa
FILOSOFIA INGLÉSE .
a5t
del mal morale e fisico, e sull'immorta­
lità dell'anima; ma fini col trovare 1»
quistioni del dubbio più ammissibili e
quelle su la causa del bene e del male
insolubili.
Il celebre Geremia Bentham collegava
»"' la legislazione alla morale, dandole per
■ base l'utilità. Malgrado gli scritti che
contro di lui venivano da ogni parte pub­
blicati, egli stabiliva il codice dei giure­
consulti , dei legislatori , dei moralisti ,
chiamando a fratellanza tutti i popoli e
tutti gli stati. Il suo scopo viene così
espresso da D umontche pubblicò i Trat­
tali di legislazione del filosofo inglese:
<> Conservare correggendo procedere cau­
tamente contro i pregiudizi,preparare le
innovazioni da lontano in maniera che
più non appariscano innovazioni; evitare
le mutazioni, le scosse, sia di proprietà!
sia di potere ; non turbare il corso delle
speranze e delle abitudini; riformare gli
abusi senza offendere gl'interessi attuali. »
Bentham, proclamando come base della
morale Y utilità, vale a dire V utilità di
t u t t i , il benessere di tutti , mediante il
perfeiionamento delle cose ο degli uo­
252
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
mini fece risaltare con una ironia fina e
piena di spirito la vanità delle dottrine
arbitrarie e puramente metafisiche ; le
« n e , fabbricate su ciò che ad un tale
piace di chiamare coscienza ο senso mo­
rale , ο su ciò ch'ei dice senso comune;
le altre, appoggiate sulV intelletto ο sopra
una regola eterna ed immutabile dei di­
ritti , ο su la legge di natura ; ma sem­
pre nemico dichiarato delle dottrine as­
solute, Bentham propose di rimpiazzare
le parole colle cose, il vago col positivo.
Sieyes, in Francia, sdegnò i concepii
menti misurati di Bentham ed i consti­
tuzionisti disputarono trent'anni per pro­
vare che Bentham era più profondo del­
l'abate francese, il quale finì col tacere.
'
,:1
Sezione ottava.
ITALIA
in
, DAL SECOLO zrtu.
GRECIA.
Nuoro
—
JONATBAS
—
EDWARDS,
VELAHA >
NEL
MONDO.
In Italia il cardinale savojardo Gerdil
fu lodato per aver assunto la confutazio­
ne di Locke e difesa Γ opinione di Ma­
ITAMA.
a5î
lebranche su la natura e l'origine delle
nostre idee. Confutò ben anche alcuni
principj deìVEmilio, e Rosseau diceva,
ch'era la sola critica diretta contro di
lui , che meritasse di essere letta per
intero.
Nelle scienze morali e nell'economia
politica si distinguono Francesco Soave,
Quetano, Filangieri, Genovesi, Gravina , ec. La scuola milanese si gloria
del Trattalo del merito e delle ricompense , di Melchiorre Gioja; e cita con
piacere Mariano Gigli, Natale Ferri, ec.
Genovesi, morto nel 1796, si distinse
pe'suoi sforzi nel cercare di conciliare
Leibnitz con Locke, e per essere il primo
a spargere la filosofia inglese in Italia. Egli
insegnò pubblicamente a Napoli, ed è riguardato come il riformatore della filosofia al di qua delle Alpi.
Boscovich diede alle sue viste astratte
una certa originalità e della precisione.
Quantunque partigiano di Leibnitz, egli
ti oppone quando crede averne buona
ragione , e giudica da per sé stesso. Egli
ristringe in limiti assai angusti il principio della ragion sufficiente e la legga
:-2Âm£<-
454
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
di continuità. Nelle sue opere volumino­
se, ha spiegato molta varietà, e molto vi­
gore e spirito.
Ma un sistema celebre e singolare fu
quello di Fico, nella sua scienza nuova,
alle volte cosi poco inteso da1 suoi par­
tigiani come da' suoi detrattori. Varone
aveva indicato nel mondo tre grandi età :
quella degli dei, degli eroi, degli uomini.
Vico, colpito da questa idea , ne fece la
hase di un sistema che costituì la più
numerosa scuola d'Italia. Stabilendo, su
Γ idea delle tre età, tre specie analoghe
ο paralelle di nature, di linguaggi, di
caratteri, di giurisprudenze , di autorità,
di ragioni, di giudizj, di tre sette di
tempo, egli ne fa la storia progressiva
degli dei, degli eroi e degli uomini. Chia­
ma tutta la storia in suo soccorso , l'a­
nalizza, la cangia, la trasporta, l'in­
terpreta , la sommove da per tutto. Il
mondo morale ha avuto il suo caos co»,
me il mondo fisico. Ne indica il fine j
e, cosa sorprendente! egli la trova nella
ragione del suo ineominciamento. II mon­
do civile si ricompone colla sua dissolu­
zione : è la fenice che rinasce dalle sue
VÉLAP.A IH GRECIA.
s
55
ceneri. Per questo sistema tutto si appoggia sui fenomeni conosciuti e costanti
, della natura. Oltre a ciò Vico, se»ue e
descrive il ritorno delle cose umane e
dei medesimi politici avvenimenti dal risorgimento dei popoli, e li ritrova, per
esempio, nei barbari del medio evo, come rinnovati dai barbari antichi.
Nelle altre contrade dell 1 Europa m e ridionale , non v'ha quasi da citare che
un medico greco moderno , Vèlara , incontrato da Holland a Larissa, in Tessaglia. Velara ha lungamente meditato le
quistioni della metafisica e della moralema egli mischia nella sua conversazione
un dotto scetticismo ingegnoso e satirico.
Ora sostiene il materialismo e il fatalismo , ora la non esistenza della materia
ed il pirronismo. Quante volte inai si
verifica che uomini d'ingegno discutano
pel solo piacere della vittoria , qualunque siasi!
Lo stato sociale nel Nuovo-Mondo fino
allora, non fu favorevole quasi ad altro
che alle cose di utilità immediata. Tuttavia l'America si gloria di avere prodotto un metafisico celebre per la viva-
256
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
cita e la finezza della sua logica,Jonalan
EdwardsM* all'epoca in cui scriveva, la
situazione politica di quel continente era
ancora più conveniente che nonio sia al
presente perle ricerche filosofiche. I biso­
gni pubblici assorbono i pensieri di tutti,
e solo in Filadelfia vedesi una società
filosofica perii perfezionamento delle uma­
ne cognizioni.
Quanto all'Oriente, esso è chiuso al
buon senso filosofico. Per l'Asia affatto
orientale i TV­ Jones, i Jf'ilkin, i Chezy,
i Colebroke, i Rémusat, gli Schlegel ne
fanno rivivere l'antica sapienza di queste
regioni abbandonate ad una perfetta nul­
lità scientifica.
Sezione I X.
■<■ '·
SECOLO XI X
/.v
FRANC
I A.
Quindici anni sono, non aveva, per
così dire, la Francia che una sola scuo­
la di filosofia , quella della sensazio­
ne. Ora si contano in generale, oltre a
quella , la scuola mistica ο
leohgica,
ο della rivelazione, la scuola eccletica,
XIX. SE COLO I!T FIUNCU.
25^
rd allo spiritualismo. Sonovi nondimeno
dei filosofi che non si possono propria­
mente aggregare ad alcuna di queste scuole.
§. I. Scuola del sensualismo.
Il sensualismo del secolo XIX acquistò
importanza pei lavori e pel genio di Ca­
banis filosofo e medico. Condillac spie­
gava tutto colla sensazione, Cabanis cer­
cò l'origine della sensazione e la trovò
nei nervi , depositarli della sensibilità ,
della volontà, delle facoltà morali e in­
tellettuali ; e le loro numerose ramifi­
cazioni tutte si riferirono ad un centro
comune, che è il cervello. Con ciò sta­
bili agevolmente i rapporti del fisico e
del morale dell1 uomo; ma diede all'io
centrale ed intellettuale, una parte trop­
po generalmente passiva. Tanto Cabanis,
quanto Gali, vennero accusati di portare
al materialismo; ma egli ha voluto so­
lamente limitare le sue ricerche a ciò
che può essere conosciuto per esperienza
e per osservazione, senza trascorrere lo
spazio che separa l'uomo materiale dal­
l'uomo immateriale. Egli fa dell'anima
Si, D ELLE Se
FILOS.
π
258
ES COHDO PE RTODO. TE RZA E POCA.
un risultamene del sistema nervoso e
tlella innervazione ; ma nelle sue Lettere
su le cause finali, ranima è un essere
reale che imprime agli organi tutti i lo­
ro moti, e tiene legati gli elementi che
li compongono.
Egli assoggetta la condotta morale alla
forza, od all'esercizio, od alla perfezione
del centro nervoso; si sa, infatti, che tale
costituzione dispon meglio a tali virtù, a
tali azioni. In una parola, Cabanis vuol
essere letto dal filosofo e dal fisiologo.
Destult de Tracy ammette la spiega­
zione delle sensazioni giusta Cabanis, «
ma sviluppa questo principio: il pensiero, )
quali che siano la causa e il mezzo, è , '
secondo l u i , la sensazione, ο piuttosto
la sensibilità che si esercita per mezzo ì
della sensazione. Esso comprende la per­
cezione, la memoria, il giudizio e la ra­
gione. Ma forse a torto ne separa la fa­
coltà di generalizzare e l'immaginazione. ,
Ommette pure, ο forse la fa riferire alla j
ragione­ed al giudizio od alla percezione> j
la potenza pacifica della riflessione.
j
Egli calcola il grado di libertà dal grado >'|
di potenza ; il ohe è nu limitare il me­
XIX. SEC0Î.0 IN FRANCIA.
a5g
rito e la forza morale alla forza degli
avvenimenti, e alterare il principio e la
regola del merito. L'anima è talvolta trascinata , ma può raccogliersi e resistere.
Ora cede , ora trionfa. L'uomo potrebbe
non essere libero, d i t e g l i , e nondimeno tutto andar bene nel mondo; noi saremmo sotto le leggi che governano gli
altri esseri ; non vi sarebbe di meno al
mondo che 1' ordine morale , la dignità
dell' uomo , e forse le sue pene e le sue
gioie. Questo sarebbe un quadro ben
tristo.
Finalmente, lascia alle passioni una specie di forza fisiologica necessaria. Ma il
. carattere e la condotta di Tracy provano,
'. che non ha su questo punto i pensieri che
gli vennero attribuiti.
Volney, morto nel 1820, è specialmente moralista. Conservarsi a qualsivoglia patto, ecco il suo principio; bisogna vivere e cercare di ben vivere. L'anima è mi risultamene dell'organizzazione.
Eoli rifiuta ogni sentimento religioso 5
la fede , la speranza , dic'egli, sono la
virtù dcgl'ingannati a pro degli scaltri
56θ
SECONDO PERIODO. ΤΕβ'/,Α EPOCA.
ingannatori. Portando questi prinripj alle
loro ultime conseguenze, si giugnerebbe
a spaventevoli risultamenti. Ma Volnny
sembra limitarsi alla loro applicazione
alle cose giornaliere e semplici, nella
società. La vita e la morte ecco tutto il
bene e il male. Quindi i piaceri e le
sofferenze sono come i due estremi dei
bisogni della nostra esistenza. La virtù è
la scienza di conservarsi, il vizio il con­
trario. Con queste idee egli affligge i cuori
generosi e spegne i piaceri segreti e dis­
interessati dell1 uomo virtuoso. A che pro
allora delle pene e delle ricompense? E
che diviene la società ? Questa dottrina
é quasi un egoismo trascendentale ; ma
vestita di un1 aria di verità seducente eb­
be un1 incredibile popolarità.
Il Sistema di Condillac fu insegnato
alla scuola normale da Garat. Onde co­
noscere , noi non abbiamo che la facoltà
di sentire per mezzo dei sensi ; tutto
giunge allo spirito per via di sensazioni.
La virtù , il vizio , la volontà , sono ri­
dotti alla materia. Lo spirito non è che
un modo della materia , la materia in
esercizio , ο la vita materiale di questa
XIX. SE COLO IN FaANCU.
a6l
materia ; è un moto, e tutte le nostre
qualità sono funzioni.
Quindi, Garat pare che non abbia ri­
conosciuti gli atti segreti dell'anima , in­
dipendenti dalla materia, Γιο, la coscien­
za ,' ec. Quanto all'anima, egli ne ignora
la natura, non ne studia che le sue fa­
coltà; come se queste facoltà non fossero
ranima stessa. Oltre a ciò le niega di
essere sensibile.
Secondo Laromiguìère, l'anima non solo
è passiva, come in Gondillac; ella è pure
attiva. La sensazione è una sorgente d'i­
dee, ma l'attività dell'anima ne è un'al­
tra. I sensi danno la sensazione, quindi
l'anima pensa. L'attenzione è la prima
facoltà attiva dell'anima , poscia vengono
la comparazione ed il raziocinio ; tutte
le altre facoltà si riferiscono a queste
tre primarie che compongono l'intellet­
to, quantunque sembri comporsi unica­
mente dell'attenzione. 11 desiderio è il
punto d'origine della virtù. Finalmente,
Laromiguìère riduce tutte le idee alla
sensibilità , di maniera che il sommario
delle lezioni di filosofia, è che tutto de­
riva dall'attenzione e dalla sensibilità.
'
j .
362
ES C0HDO PE RIODO. ΤΕΒΖΛ E POCA.
Questo è quasi un assicurarne che l'ani­
ma non si compone che di queste due
cose ; il che non è esatto.
Insomma, noi sentiamo per mezzo
delle sensazioni, dell'azione delle facoltà
della percezione dei rapporti, del senti­
mento morale. Questo sentimento è ciò
che costituisce in modo speciale la dif­
ferenza di questa dottrina da quella di
Condillac.
Un'altra specie di sensualismo è quello
del D . Gali, in cui tutto deriva dall'or­
ganizzazione, in cui le facoltà e le qua­
lità fondamentali, che giusta questo au­
tore sono in numero di 28, trovansi loca­
lizzate ed innate. Il cervello è diviso in
compartimenti per differenti facoltà ο
differenti tendenze, la cui forza dipende
dallo sviluppo organico delle parti. In
generale questo sistema è stato mal com­
preso. Egli non ha identificato la ten­
denza all'organo ) solo tal parte del cer­
vello è lo strumento, il mezzo di mani­
festazione di tale tendenza. Sono dunque
facoltà, tendenze messe in rapporto cogli
organi, e l'anima l'io unico, un sentimen­
to intimo generale, ne tiene la sommità. ­
XIX. SECOLO IH FRANCIA.
263
Egli non è materialista più di coloro che
ammettono che il corpo è lo stromento
ciato per rappresentate ed eseguire le volizioni , i desideri dell'anima.
Alle differenti tendenze primitive, distribuite giusta le eminenze cerebrali ed
indicate esternamente da1 rilievi che queste eminenze producono sul cranio, Gali
riferisce tutte le gradazioni che ne formano altre, ammettendo tuttavia la perfettibilità dell' uomo. La sua opera presenta osservazioni sorprendenti, esperienze numerose, ed è difficile il non ammettere osservazioni si fortemente appoggiate.
Spurzheim che fu lungamente il collaboratore di Gali, non differisce quasi da
lui che per la sua classificazione e per le
sue denominazioni. Egli aggiunge alcune
scoperte alla craniologia; ma, dotato di
uno spirito più metafisico di Gali, non
sempre si appoggia ad un gran numero
di fatti.
Broussais , nel suo Trattato dell' irritazione e della follia , pubblicato di recente, dà un sistema di sensualismo già
molto antico. Egli non vuole che si stu-
264
SECOK
D O PERIOD O. TERZA EPOCA.
dii l'astrazione detta vita, ma gli organi vi­
venti. Incomincia dalla materia e vi si
attiene; vi esamina l'uomo, modificato
dai cambiamenti organici di accrescimen­
to , di deperimento ο di alterazioni nel
cervello enei visceri. Quindi, dopo aversi
latto le maraviglie « che la filosofia fi­
siologica sia invasa dai sistemi effimeri
delle scuole filosofiche, e che si risu­
sciti l'antico idealismo e il vecchio pla­
tonismo venti volte respinto dalle scuo­
le J>, asserisce che non può costituirsi
una scienza con fenomeni di coscienza
indipendenti dall'influenza degli organi.
L'irritazione del cervello e gli stimoli
dei visceri sopra di esso sono le cause e
gli agenti delle nostre facoltà. Questa
idea , troppo generale , non è vera che
sotto certi rapporti , e fino ad un certo
grado.
Egli nega che la coscienza e la ragione
vengano da D io. « La coscienza è il ri­
sultamento delle percezioni fornite dai
sensi interni ed esterni » , e non indica
cosa intenda per questi sensi interni.
Quindi egli giunge a conchiudere che
non v'ha nulla in noi di soprannaturale
XIX. SKCOLO IN MAKCIA.
a65
€ <P incorporeo, perchè noi non abbiamo
aggiuntivi che non siano applicabili al
mondo materiale. Ecco, a mio avviso,
una logica assai debole. In generale, vuol
separare la metafisica dalla tisiologia , e
tiare solo un antico materialismo per filosofia, specialmente ai medici.
Broussais, alle volte in contraddizione
con sé medesimo, mischia lo spiritualismo al più puro materialismo; abbonda
di pensieri e di osservaiioni ; ma non
si vede un insieme filosofico , un'armonia nella sua opera. La filosofia vi manca
quasi per ogni dove ; e sovente frizzi e
sarcasmi tengono luogo di logica.
La sensibilità , secondo lui , appartiene a l l ' i o , e l'irritabilità a tutte le fibre
del corpo. La sensibilità che è la conseguenza dell'irritabilità, percepisce quest' ultima. La vita soggetta ad ambedue ,
non si mantiene che per l'eccitamento
esterno e interno e per le influenze degli organi gli uni su gli altri. Ma Ja sorgente della vita è ignota, perchè noi non
possiamo metterci al di là del fenomeno
che ci costituisce esseri sensibili e dell'atto per cui noi ci osserviamo onde
contemplare quest'atto.
265
SECOHDO PERIODO. TERZA EPOCA.
Tutti i nostri pensieri vengono dalle
sensazioni, dalle azioni e dai fenomeni
degli oggetti esterni; ma l'eccitamento ,
quindi un'altra cosa, sono la causa prossima dei pensieri. Una cosa che non possiede alcuno degli attributi riconosciuti
proprii dei corpi , non può mettersi in
contatto col cervello. Ma Broussais non
ha considerato l'uomo in tutte le sue
tendenze e facoltà ; e sarebbe curioso il
veder come le combinerebbe co1 suoi principii.
Un altro sistema che si allontana da
tutti quelli della giornata è quello di
Azaïs , il sistema delle compensazioni. In
questa dottrina, un pò1 troppo ricca di
sogni, la materia , identica nel suo elemento , è la sostanza degli esseri, il soggetto passivo dell'azione universale che
le è stata impressa da Dio. Quindi ne
vengono i moti di tutti gli esseri, una
forza di espansione che li porta a dilatarsi, e perciò appunto li distrugge;ma la
prossimità di questi esseri modera questa forza con quella di repressione che
li conserva e che risulta necessariamente
dalla prima; finalmente se vi avesse uno
XIX. SE COLO IH FE AHCIA.
267
spazio vuoto nell'universo, il mondo pe­
rirebbe in un momento.
Il moto di repressione e incessante­
mente in azione negli astri, e ciò che
ne traspira, il calorico e l'elettrico, ci
rende visibili i più grandi. Col moto re­
ciproco , si rende conto delle qualità fi­
siche dei corpi i più opposti ; è la spie­
gazione universale.
Le vibrazioni e questa espansione, più ο
meno forti, costituiscono la malattia, la
salute , la forza e la superiorità relativa
degli esseri viventi. I vivi godimenti gli
attivano e logorano la vita. Ma che fare
ragionevolmente dell'uomo morale e in­
tellettuale , co' suoi moti e colle sue vi­
brazioni !
§. II. Scuola teologica ο mistica.
La scuola teologica fa dell'uomo un
animale colpevole, la cui ragione è in­
degna di libertà.
Giuseppe Maistre , morto nel 1821 ,
suscitò una quistione immensa, quella
cioè, di spiegare e giustificare il poter
temporale della divinità. Questo era un pe­
·" ,
^ 8
E
S CONDO PE RIODO. ΤΕΗΖΛ E POCA.
netrare il pensiero di D io onde circo­
scrivere il destino dell1 uomo. In queste
considerazioni difficili ed impenetrabili ,
Maistre ha spiegato una ragione intrepi­
da , uno spirito vivo, originale, vigoroso,
una specie d'indignazione prosontuosa,
mordace, sempre armata contro i ragio­
natori e i dotti. Secondo questo teologo ,
Γ uomo virtuoso non è più felice "del
malvagio negli avvenimenti del mondo ;
il giusto soffre come uomo. La fede, di­
c'egli, spiega questa condizione; la colpa
è di Adamo: felici quindi coloro che
amano la preghiera onde mitigare le loro
pene! Nondimeno la riversibilità delle
preghiere del giusto aerve al malvagio.
Ma questa dottrina tutta teologica sem­
bra vestire un'aria di fatalismo ascetico,
e troppo favorevole al malvagio.
La vita è una espiazione in cui l'uomo,
a motivo de' suoi vizj, non ha quasi a
soffrire che mali, i quali d'altronde gli
sono inutili, e che sono il mobile della
sua condotta. Appena vedesi qualche cosa
di buono e di morale nell'uomo; però
il cielo lo punisce incessantemente. Fi­
nalmente , ί r e , i governanti sono infal·
XIX. SÈCOLO IN FRANCIA.
26c)
libili ; il papa lo è ancora più ; quindi
tutto il potere è nella chiesa.
Lamennais sostenne anch' egli questo
principio : in fatto di autorità politica il
papa è sovrano , il papa è la chiesa , la
chiesa è la legge , la legge è Dio; e qui
metton capo tutti i poteri: omnis potestas
a DÌO.
Lamennais pretende che non vi fu
mai che una sola religione su la terratre volte rivelata , ai patriarchi , a Mosè ed ai cristiani, essa è la stessa · le
altre ne sono false derivazioni. Tuttavia
l'insieme dell1 indifferenza in materia di
religione sembra quasi annunziare una
nuova riforma religiosa. Geloso di dare
del nuovoj non espose iù' l'uomo che una
dottrina scettica: l ' u o m o , qua] è non
può assicurarsi della verità, evitare il
dubbio e l'errore ; tutto lo inganna i
suoi sensi, i suoi sentimenti, la sua ragione, le cose umane. Questo è un dire
che Dio si giuoca di noi incessantemente
in questo mondo. Quindi per una bizzarra contrazione , egli fondò il suo sistema, la cui parola d'ordine è l'autorità,
sul testimonio del gran numero e di co-
3^0
ES CONDO PE BIODO. TE RZA E POCA.
loro che sanno. Vi ha dunque qualche
cosa di certo ? Ma chi sono quelli che
sanno? Ove incomincia il numero suffi­
ciente per fare autorità ? E chi potè col
numero , servire di autorità ai primi
umani?
Boriala, quantunque parta da un princi­
pio differente perviene alle stesse conse­
guenze di Maistre e dell'abate di Lamen­
nais: il principio delle nostre cognizioni è il
linguaggio primitivo che D io dovette dare
all'uomo creandolo. Ma invano Bonald ha
compulsato la scrittura e gli antiqua­
ri, e prova tutto colle parole e ooll'ana­
lisi verbale; il linguaggio, filosoficamente
parlando, viene solo dopo che lo spi­
rito ο il senso intimo hanno pronun­
ziato.
Ma questo linguaggio primitivo dovette
essere la verità rivelata da un'intelli­
genza molto superiore a noi. Quindi tutto
ricade nella rivelazione, nella chiesa:
questa è il tribunale di tutte le cogni­
zioni; le nostre facoltà non devono quasi
essere che passive ; bisogna tutto ricevere
dall'autorità. Bonald ci dà niente in psi­
cologia , né in spiegazione filosofiche ;
SIX. SECOLO IN FRANCIA.
2^1
appena park di libertà. La sua politica
è provveduta di principi analoghi al restante di questa dottrina; egli vuole un
pastore, e dei cani, per menare le pecore.
Eckstein, danese di origine, nelle sue
pubblicazioni mensili, venne pure fra di
noi a costituire del misticismo e della
fede un metodo filosofico, e dell'io una
invenzione ideale; ma si appoggia ai documenti storici. Egli non cerca di conoscersi in sé stesso; prende l'uomo ideale;
Adamo e Cristo sono l'uomo creato buono, quindi decaduto, quindi degenerato,
poi rigenerato da un Dio. Le tradizioni,
i caratteri, tutta la passata umanità, gli
servono a comporre il suo uomo e il suo
cattolicismo. Tuttavia Eckstein non ha
scritto abbastanza per farsi conoscere.
Ballanche, nel poco che è comparso
nella sua palingenesia, dà pure un misticismo religioso, politico e filosofico.
Nella sua sincera religione la sua anima
si spiega per intero. Egli deriva tutti i
suoi principi dalla rivelazione, e Dio stesso
parlò ad Adamo.
V)1
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
§. III. — Scuola ecclelica.
Il nostro eccletismo attuale rassomiglia
molto a quello della scuola eccletica di
Berlino, la quale si avvicina d'assai alla
scuola sperimentale di Scozia.
lìerard, medico e filosofo, compose
con molto talento una spiegazione dell'uomo. Il corpo vive per una for^a che
domina e governa le altre forze, per un
principio immateriale , intelligente, attivo, sviluppante il pensiero e i a volont à , riconosciuto dalla coscienza; l'anima. L'anima e la vita sono sempre insieme, si sorreggono e si animano reciprocamente. Vi ha quindi una vita morale ed una vita fisica ; dal loro concorso
e dalla loro armonia risulta la vita generale, e gli organi non sono che strumento.
Virey venne in seguito a trattare della
potenza vitale Bella natura e nell'uomo.
Questa potenza è l'attività vestita di forme variate, e che si occupa a generare,
conservare e trasformare. Tutto è vivente
nella natura, ma la vita è differente nei
XIX. SE COLO IN FRANCIA.
8^3
diversi esseri. La stessi morte non è che
un cambiamento, un modo di far passare
in nuove forme. La vita necessita i rap­
porti fra gli esseri e stabilisce le loro
diverse influenze reciproche. L'universo
è uu vasto organismo di cui l'uomo è un,
membro. Ma nella vita vi ha dovunque
una reazione ed una resistenza ; le fibre
e i nervi bastano per vivere ; il princi­
pio animatore è essenzialmente intelli­
gente anche negli animali i meno intel­
ligenti, e indipendente dall'encefalo, poi­
ché vi hanno animali che non hanno
cervello.
Kèralry si diede all'ontologismo. Slan­
ciasi fino oltre la creazione. L'essere in­
telligente esisteva già; egli vuol crea­
re; attinge nel nulla ove dall'eternità
erano la materia e lo spirito allo stato
di possibile; li fa esistere sotto mille
forme. Colla morte, questi esseri passano
a nuove combinazioni, e l'anima va ogni
volta ad organi più perfetti. D a questa
metemsicosi in forma indiana, dalla sem­
plicità e dalla moralità dell'anima, dal­
l'esistenza di D io giudice del merito β
ST. D ELIE Se. FILOS.
18
2^4
SECONDO PERIODO. TERZA. EPOCA.
autore della prova, Keratry inferisce per
un'altra vi ta, facendone quasi il quadro.
La sua morale dolce e il piacere , inteso in senso generoso, e proclama ovunque l'onesto e il sentimento morale. Riduce il bello ali1 utile ; ma s'inganna,
poiché l'oggetto può essere utile senza
aver belle forine. Sonovi inoltre le bellezze fisiche, morali, reali, artificiali, di
novità, d'arte, d'interesse, ec.
MasSias non ha veramente un corpo
di dottrina, ina si arresta ove la ragione
non può più nulla; tratta di D i o , dell'uomo, della natura. L'istinto incomincia la nostra esistenza , 1' intelligenza la
sviluppa, la vita la compio. L'istinto veglia, agisce fino a che la ragione non basta,
serbandosi tuttavia sotto l'influenza della
libertà, del pensiero e della moralità.
Per mezzo dell' intelligenza l'uomo vive
moralmente, s'istruisce, e per l'istinto
si conserva e si riproduce. La vita è completa per 1'arraonia.di queste due facoltà^
e sta bene se è nelle vie della Provvidenza. 11 mondo e una scena in cui Dio, la
causa prima, rappresenta la sua potenza.
Sonstetten svizzero, quantunque attor-
XIX. SECOLO IN FRANCIA.
2^5
niato da fautori di Condillac e da Kantisti, non fu né Timo né l ' a l t r o ; egli
pensa da per sé. Non ha positivamente
un sistema, ma una filosofia dolce, una
filosofia di sentimento e di unzione. Egli
cerca di associare le scienze morali e metafisiche alla scienza dell'anima. Nella
sua psicologia, si occupa specialmente
dell'intelligenza. Il pensiero ha due applicazioni: viste della materia, viste dello
spirito ; senso esterno, senso interno ; si
sente, poi si riflette e sì paragona ; quindi
s'immagina , si ricorda.
Il senso morale, risultamento dell'armonia del senso esterno e dell'interno, è
una legge d'ordine e di giustizia. Bonstetten prende in sé medesimo quasi tutte
le sue ragioni : Dio è, perchè egli stesso
è. L'uomo, infatti, prova Dio; vi ha
dell'uomo in Dio e di Dio nell'uomo;
l'infinito li separa senza farli dissimili;
di qui deriva la prova dell'immortalità
dell'anima.
Anciilon cerca soprattutto di conoscere
l'uomo e di applicare questa cognizione
alle quistioni morali, politiche e letterarie. Si sforza di conciliare tutte le opi-
2"j6
SEOOHDQ PERIODO. TERZA
EPOCA.
nioni e cogliere la verità dovunque. L'uomo è nato pel bene e per la felicità, e
lo scopo della società è di conservarlo e
di migliorarlo; quindi le leggi non devono fondarsi che sui bisogni comuni e
privati dei popoli, né proporsi che un
temperamento di unità e di armonia; egli
vuole l'attività e la regola, lo slancio e
la misura. Dichiarato dapprima, nel 1809,
per questa libertà senza limiti, ora pende
verso il potere.
Droz scelse pure il bene in tutti i sistemi, va seguendo il sentimento e la
voce della coscienza; di qui la sua tolleranza e carità. Dapprima fu amico"della
voluttà in tutta l'estensione di questa
vocabolo; ma i sentimenti dell'anima ne
constituirono una gran parte; poscia riunì
il bene e la felicità, e finalmente si fece
eccletico. Moralista pacifico, letterato filosofo, tratta i soggetti che più si prestano all'elocuzione ed allo stile.
Un altro moralista, le cui viste filantropiche non furono abbastanza riconosciute , è Jullicn. Egli non cerca già di
fare un sistema , ma più utile di molti
moralisti che non ti affaticano che per
XIX. SECOLO IH FEANC1A.
277
la gloria di un libro, cerca incessantemente di applicare e di far combinare i
principi della morale con tutta la condotta della vita; coli'nomo morale, cerca
formare realmente l'uomo fisico e intellettuale, l'uomo privato, sociale e politico. Tale è lo scopo costante delle sue
opere, del suo impiego del tempo, del
suo esame del metodo di Pestalozzi per
l'educazione, opera si mal sentita da tutti
coloro che credono doversi immischiare
di educazione.
Jullien ha incominciato da molti anni
un Saggio su la filosofìa delle scienze ;
ma i lavori numerosi della Jìéfue encyclopédique divorano il suo tempo. Egli
ha per iscopo di esporre un metodo di
analisi filosofica facilmente applicabile
alle cognizioni umane e proprio ad imprimere loro una migliore direzione più
sicura e più rapida. A tale intento, si
propone di determinare quali facoltà dello
spirito sia d'uopo combinare; quai mezzi
rendano gli studi più proficui ; quai é
lo scopo vero delle cognizioni e delle
scoperte amane ; quali sono le loro leggi
e le loro cause generatrici, quali le ri-
3?8
ES COSDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
sorse, quali gli ostacoli di questo gran
progetto nel nostro secolo; finalmente
vuole associare, mettere in rapporto i
detti con una specie di lingua analitica
ο collezione di segni convenuti. Questo
è un progettare l'educazione morale e in­
dustriale del genere umano.
De Gerando sembra aver voluta inco­
minciare questo progetto col suo trattato
dei segni e delV arte di pensare, e della
generazione delle cognizioni umane. Egli
mostra che il perfezionamento dell'arte
di parlare contribuisce a perfezionar l'ar­
te di pensare e le cognizioni dell'uomo·
Sia che confuti ο discuta, e sempre un fi­
losofo saggio , paciBco , giudizioso e giu­
sto che cerca il bene e la verità. « Bi­
sogna aver sentito, die'egli, per avere
un'idea; riflettuto, per averla chiara;es­
sersi servito di tale facoltà per averla.
Nel suo perfezionamento morale, con­
sidera la vita come una continua educa­
zione, di cui i due gran mezzi sono l'a­
mor del bene e l'impero sopra sé me­
desimo.
La Storia dei sistemi dì filosofìa, frutto
di veglie e di ricerche lunghe e labo­
six.
SECOLO
IN T U À K C I A .
379
riose, è un glorioso monumento per la
scienza. Un eccletismo saggio e chiaro,
uno spinto giudizioso e logico , una ri­
flessione profonda e giusta vi espongono
e vi giudicano le dottrine e d j sistemi,
determinandone i ravvicinamenti e la fi­
gliazione : è un vasto mappamondo scien­
tifico in cui l'abile filosofo ha messo in
vista tutto l1 itinerario filosofico seguito
dallo spirito umano dai secoli più re­
moti. Per ben giudicare questo gran qua­
dro fanno d'uopo immense cognizioni che
pochi uomini ora riuniscono.
Maine de. Biran, morto nel 1824,110η
lia dato che memorie e dissertazioni in
cui filosofa tutto solo, col senso filoso­
fico colla sua coscienza che è il punto
generale e centrale donde vengono tutte
le nostre cognizioni. E pervenuto al mo­
nadismo , a una sola idea , quella della
vita, forza pura, attività; e spiega tutto,
Dio l'uomo ed il mondo, colle idee di
principi attivi e di azioni. Nel monadismo
tutto è forza; ma l'anima che è pure
una fòrza attiva , libera e pura, domina
le altre, e giudicasi di essa colla co­
sciènza. Maine de Biran, diffonde quest»
28θ
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
forza nell'universo, e distribuendola ine­
gualmente, lo popola, lo varia, e dà un
sistema molto soddisfacente per lo spi­
rito.
Il dotto Laplace, che la morte ha ra­
pito non ha guari alle scienze, rinnovò
ai nostri giorni il principio della ragion
sufficiente dato da Leibnitz, e richiamò
]o spirito della Teodicea. D egno erede
del genio di Newton e di Lagrange, La­
place vi fu senza dubbio trascinato dai
suoi lavori matematici stessi, dalla forma
deduttiva e d'incatenamento che questa
scienza presenta incessantemente. Ma am­
messo il principio fondamentale, la li­
bertà è intaccata. Invano noi crediamo
di essere liberi : u Noi perdiamo di vi­
sta, dic'egli , le ragioni fuggitive della
scelta della volontà, nelle cose indiffe­
renti . e allora ci persuadiamo che è de­
tcrminata da per sé stossa e senza mo­
tivo. » Lo stato presente dell'universo è
come l'effetto del suo stato precedente e
la causa del suo stato avvenire; un'in­
telligenza che, per un dato istante , co­
noscesse e potesse analizzare tutte le forze
che animano la natura e la situazione
XIX. SE COLO IH FBANCIA.
28t
rispettiva dogli esseri, abbraccerebbe nella
medesima forinola i moti dei più gran
corpi dell'universo e quelli dell'atomo
più leggiero, vedrebbe il passato e l'av­
venire. Ma in questo sistema Leibnilziano
lutto è causa ed effetto ad un tempo, ο
piuttosto non vi ha altra causa che quella
che ha incominciato.
g. IV. — Scuola dello spiritualismo
razionale.
Royer­Collard incominciò i suoi corsi
nel 1811, quando la gloria delle con­
quiste e la politica occupavano , trasci­
navano tutti gli spiriti, e la filosofia non
era gran fatto in voga. Condillac tene­
vasi ancora al sommo della scienza. Ro­
yer­Collard solo osò farglisi incontro,
e mostrò che le sensazioni non possono
farci conoscere che il mondo esteriore,
non il mondo metafisico, l'eternità, l'im­
mensità, ec. , poiché non possono rap­
portarsi ad alcuno dei nostri cinque sensi.
L'uomo ridotto alla sensazione, non è
che passivo, non ha quasi più che la
sensibilità, ed anche la morale ne di­
28a
ES CONDO PE RIODO. TE RZA E POCA.
pende. Roycr­Collard allora ammise lo
spiritualismo ragionato. L'anima, la co­
scienza, ecco i giudici delle nostre co­
gnizioni. L'anima agisce; per questo mo­
do soltanto comprende la durata, e quindi
la durata infinita ; essa percepisce un
corpo, e per tal mezzo percepisce lo
spazio, quindi Γ immensità.
Cousin, suo supplente, gli successe con
gloria , e fu l'anima della scuola normale.
Jl suo colpo d'occhio rapido lo fa av­
volgersi nelle più difficili astrazioni, però
viene accusato di oscurità; ma nelle sue
lezioni non fa il dogmatico, e sembra
abbandonarsi al giudizio di tutti.
Egli esplorò, dopo Royer­Collard, la
filosofia scozzese ο sia di Rcid; quindi
divenne kantista, e per ultimo spiritua­
lista. L'osservazione imparziale, senza
sistema, estesa a tutti i fenomeni della
coscienza, deve, secondo lui, fondare la
psicologia e tutta la filosofia. La libertà
è il principio necessario, l'essenza della
personalità: è l'io tutte intero. Ma gli
atti della ragione e le sensazioni non
vengono dall'io. Prima di pensare e di
«entire, bisogna che Γ anima abbia il
<
ΧΠ£. SE COLO IN TRANCIA.
283
pensiero e il sentimento , e che gli abbia
veduti svilupparsi; essa non è l'io che
quando è giunta ad agire liberamente. Il
nostro io si sente dal momento che noi
sappiamo di essere; ma non vi ha ancora
personalità morale, perchè non agiamo
ancora indipendentemente dalle leggi ma­
teriali. Questi dati sono molto antichi.
Un principio giusto e severo esprime la
sua dottrina morale in poche parole :
Γ uomo può perchè deve, deve perchè è
libero. La ragione, nella sua essenza pu­
r a , è il criterium del vero. « Tutte le
idee a cui lo spirito può giugnere da per
sé solo, come quelle di causa, d'effetto,
di spazio, di tempo , di reale, di possi­
bile, e c , sono, in fondo, il compimento
di ciò che è e di ciò che agisce, dell'e­
sistenza e dell'azione, dell'essere e del­
l'azione ; tutto viene in conseguenza di
ciò ; ma l'azione e l'essere non fanno che
un tutto riunito. J> Dio , sovrano, anima
e governa tutto; egli riserva agli uomini
xm avvenire inevitabile , ma ha messo in
essi un asilo inviolabile, in cui possono
rifugiarsi dalle tempeste sociali.
Un allievo di Cousin, T.
Joiiffroy,
2°4
SECONDO PERIODO. TERZA EPOCA.
ancora giovine, ma di grandi speranze,
e ora professore di filosofia, fece pure
delle conferenze filosofiche alla scuola
normale. Egli abbracciò la dottrina «li
Cousin, ed esso pure riguarda la coscienza come mezzo delle noctre cognizioni.
Essa può paragonare, studiare, percepire,
ragionare, ma col lavoro, e liberandosi
dalle influenze dell1 istinto e dell'abitudine, per seguire l'osservazione. Quanto
ai fatti fisiologici ch'egli affronta, essi
sono fondati sopra esperienze positive.
Così non vi ha fisiologista che non vegga
quanto sia debole l'idea di Geoffroy,
quando, per provare che il cervello non
serve al pensiero, né colle sue parti isolate né colla sua totalità, asserisce che
il cervello dovrebbe sempre pensare anche se fosse in parte offeso.
Damiron prende pure l'io come punto
di partenza certo in filosofia, e vi scorge
'attività, non già passiva, ma recettiva,
accessibile all'azione delle cause esten o n , costante, e come immortale. Essa
può riposare, ma non si arresta ; può
andar men presta, ma va sempre. L'io
e dunque una forza che sembra sempre
XIX. SECOLO IN FRANCIA.
a85
semplice; dura, si sente nei passato e
nel presente, e non può avere spazio.
L'anima è fatale prima del passaggio dall'istinto alla libertà, all'impero di sé
stessa. È legata agli organi, e sensibile
alla loro azione ; ma come ? Noi non
possiamo spiegare la sua ubiquità in noi,
ina sappiamo gli effetti dei disordini fisiologici sopra di essa.
La coscienza è pure il criterio morale,
e se si giunge a sapere che cosa sia l'uomo, si saprà il segreto del suo destino;
poiché questo segreto è nella sua natura.
La quistione del bene è fondata su Io
stato di essere morale, sul grado della
forza prima che lo conduce. Damiron
stabilisce tre sorta di doveri : verso la
natura, verso i suoi simili, verso la Provvidenza ; quindi il bene nell'ordine fisico, morale e religioso. La felicità è collegata al bene, e varia come esso, giusta
la religione, la giustizia, l'industria, le
conoscenze, ec. Le contrarietà umane,
gli ostacoli, traggon seco i dispiaceri. II
delinquente senza rimorso ha perduto il
senso morale.
Di più, con un'idea veramente filo-
28f>
SECONDO PERIODO. TERZA
EPOCA.
sofica, Damiron fa entrare nella morale
le cure del corpo, il regime della vita,
il rispetto ai nostri organi, che sono nostri , a questo titolo che noi viviamo in
essi.
Termineremo qui la storia del secolo
19° Noi avremmo potuto indicare ancora
molti filosofi distinti: i Lancelin, i Jacqiiemont, i Milon, i Maugras, i Beniamino Constant, ed il barone iVffassias,
il cui problema dello spirilo umano racchiude le più astratte discussioni; male
loro opinioni si trovano nelle dottrine
che abbiamo annunziate. Nondimeno faremo menzione ancora di Bory di SaintVincent che si è distinto per viste filosofiche profonde, ne1 suoi lavori su le razze
umane, e che seppe trar consolazione
nelle sue disgrazie dallo studio e dal l'a»
more per le scienze. Se la politica avesse
dovuto entrare in quest'opera, avremmo
pure avuto ad esporre la filosofia amministrativa di G. B. Say, e le viste del
celebre H. e?. Simone, le quali, benché
sembrino bizzarre e paradossali, racchiudono una quantità d'idee ingegnose e
XIX. SE COLO IN FRANCIA.
587
curiose, originali e vere; avremmo citalo
le osservazioui tli Augusto Comte suo al­
lievo, su la necessità di una riorganiz­
zazione sociale, e quelle di Dunoyer che
mostrò un talento precoce , un carattere
nobile ed elevato, e >che si è occupato
dei rapporti deWindustria e della morale
colla libertà.
Sezione X.
FILOSOFIA. E MOItALE
NE LLA SOCIE TÀ'.
Più , non ci resta che a volgere uno
sguardo rapidissimo su lo stato delle
scienze filosofiche e morali nella società.
Se ne possono fare più rami, sia all'or­
dine del giorno e delle circostanze, sia
in relazione delle specialità nelle posi­
zioni sociali. Cosi vi ha generalmente un
sistema di mestiere e d'impiego, un si­
stema di salone, ed un quanto a sé ο
sistema privato: evvi inoltre la morale e
la filosofia nazionale; quella dei filosofi
e dei moralisti; si annoverava pur quella
dei diplomatici e degli Stati.
Ma la libertà penetra nella nostra B­
288
SEC0KD0 PEBIODO. TERZA EPOCA.
losofia e nella nostra morale. Quindi l'in­
civilimento che è loro intimamente le­
gato , deve risentirne la felice influenza
e favorirne alla sua volta i progressi..
u Un popolo schiavo non saprebbe avere
una filosofia , e una filosofia libera non
saprebbe lasciar lungamente un popolo
nella schiavitù, » D 'altronde, solo la fi­
losofia e la morale conducono alla verità
ed alla giustizia che solo sono immortali.
La filosofia e la morale si diffondono
nel mondo, tendono incessantemente a
divenire sociali e pratiche, e stabiliscono
dei principi razionali su le ruine del
misticismo. Un numero grande di corpo­
razioni, d1 istituzioni, di società utili e
filantropiche, cercano di spargere dovun­
que, sino nelle ultime classi della popo­
lazione, principj di bene, costumi più
puri, in una parola, dell'educazione ο
dellVstruzione. p c r ogni dove si dimo­
stra che il più sicuro mezzo di rendere
gli uomini buoni, è di illuminarli. L'er­
rore, l'ignoranza, la superstizione e la
barbarie hanno fatto abbastanza volte il
giro del mondo, cerchiamo di allonta­
narne il flagello per secoli ancora. Le
XIX. SE COLO IN FIìAKCU.
289
scienze filosofiche e morali formeranno
il nostro primo e più sicuro baluardo.
DI già Π desiderio di fondare e di assi­
curare il ben essere della nazione si è
impadronito dei nostri principi e di co­
loro che ci governano; il genio della li­
bertà continuerà ad infondere in esse le
sue benefiche inspirazioni. Gli antichi
lodatori del passato, troppo nemici di
questa libertà, diminuiscono poco a po­
co; la nuova generazione segue il tor­
rente dell'incivilimento; i rappresentanti
della nazione vogliono improntare le leggi
col suggello di una saggia libertà ; tutto
procede ad una rigenerazione universale;
la Filosofia e la Morale mirano alla con­
quista della nostra patria, e si può quasi
dire, del mondo intero.
S T . D ELLE Se.
FILOS.
"· "
"" ft
VOCABOLARIO
DEI TERMINI TECNICI
DELLA STORIA D ELLE SCIENZE FILOSOFICHE
********
A
Accademia. Nome dato sul principio alla riunione dei
discepoli di Platone e alla sua dottrina, p. 80.
Arbìtrio (il libero), libertà di determinarsi ad agire ο
a non agire.
Arte combinatoria ο meravigliosa, p . 169.
Ascetismo. Stato ο prinripii di quelli che riferiscono
lutto alla vita divota e spirituale.
Ateismo. Sistema che nega l'esistenza di un D io.
Atomi. Principj elementari delle cose, p. 5g.
Attrazione. Forza naturale che sollecita i corpi 0 le
loro mollecole a riunirsi, ρ. 5Δ.
C
Cabala, p . l5j.
Categorie d'Aristotile, p . gì.
Catena d ' o r o , p . 1^.3.
Causalità. Oggetto principale della metafisica, p. 85.
Cause finali, p . 9 2 .
Cinici. Filosofi che prendevan per guida il gusto na­
t u r a l e , p . 75.
M l TERMINI TECNICI.
2C)l
Cìrcoìo villoso. Falso ragionamento col quale si oh
per prova quello che bisogna provare, p . 128.
Concettualismo. D ottrina che non ammette ne la forza
delle parole, ne il valore delle cose secondo ciò
che essi sembrano esprimere , ma secondo si pos"
sono concepire, p . 162.
Coscienza. Sentimento ο senso interno che giudica in
hoi del bene e del male 3 del vero e del falso.
COSMOGONIA. Sistema della formazione dell'universo»
p. 18.
Criterio. Mezzi onde giudicare, p . 127.
Criticismo, ο critica della ragion pura, p. 226. Siste­
ma di Kant in cui la ragione sola esprime, appro­
fondisce e giudica.
D
Demiurgos, p. i 3 5 .
Demonologia. Arte di convocare i demonii.
Diade cosa sia, p . (fi.
Dialettica. Arte di ragionare specialmente in dialogo 1
p. 56.
D I A L E T T O , Ο circolo vizioso, p . 128.
■ ■' > : '
Dogmatismo. D ottrina che prescrive dì credere ciò
che proclama.
Dottrina. Principii che formano un sistema.
E
; ­
Ecletismo, p . I l 4 ­
Egoisti. Filosofi che non riconoscono di esistente che
loro stessi ; che non cercano che il loro ben essere
anche a detrimento degli a l t r i , p . 238.
Elettiva. Nome dato alla filosofia di Carneade, p. 112.
Entelechia d'Aristotile, p . 9 3 .
29*ï
VOCABOLARIO
Eristica, ρ· 79»
Esoterica particolare, secreta, p . 8 l .
Essenza. Esseri spirituali, secondo Platone ; è l'insieme
dei suoi attribuii, p. 8 5 .
Etica ο sia morale. Scienza del dovere e dei doveri,
P­94­
F
Fatale. Chi agisce senza volontà determinata, p. 278.
FATALISMO. D ottrina che attribuisce gli avvenimenti
ad un destino inesorabile, p . 16, 19.
F I L O S O F I A , p.
3.
— Sua origine, p . i 5 .
Filosofia scolastica, p . i 5 8 .
G
Gnomici 0 filosofi sentenziosi, p . 3 5 .
Gnosi, rrincipi dei Gnostici che erodevano avere dei
lumi soprannaturali, p . i 3 2 ,
GNOSTICI, p.
i32.
I
IDEALISMO. D ottrina che pone in D io, ο in un mondo
immaginario , ο nelle astrazioni, le idee di tutte le
cose, p. 2 1 . 5 2 .
Idee. Esseri intellettuali s sorgenti delle nostre cogni­
zioni, secondo Platone, creale da D io per essere i
principii delle nostre cognizicni.
Identità assoluta. Rassomiglianza assoluta di tutte le
cose.
illuminismo. Principio ο dottrina di qurlli che pen­
sano che ivi D io sparga ijeTle anime una luce di­
vina e straordinaria, p. .16Ô.
INNATS ( idee ) , nate in noi ο con noi, p . 8 2 . 189,
Ipotinopi piironiane, p . 128.
jJfj^iBl
TERMINI TECNICI.
3Qj
Lamismo, p . i 6 5 .
legge di continuità. Legge che fa dipendere tutti gli
avvenimenti e tulle le cose le une dalle a l t r e ,
p . 204.
Liceo. Nome dato alla riunione dei discepoli d' Ari­
stotile, p­ 8 7 .
Logica. Arie di ragionare, p. 5 3 .
M
Manicheismo. D ottrina che ammette un principio del
bene e del male, per render ragione del bene e del
male morale.
Materia plastica, p. 186.
Materialismo. Sistema che nega l'esistenza ο dell'ani­
ma ο degli spiriti, p . 5g.
METAFISICA, p.
2.
Metcmsicosi, p. 2 1 .
— D ottrina che insegna che le anime dopo la motte
passano in altri corpi.
Misticismo. D ottrina che riferisce lutto ai pratici ed
ai doveri religiosi soli, <­he non vede che la reli­
gione come termine, anche delle cose più insignifi­
canti; scuola mistica, p. i 3 o , 2 6 3 .
Monade. Cosa sia, p, /j.6, 2 o 5 .
MONOTEISMO. Credenza in un sol D i o ,
p. jgt
22.
IV
Neoplatonismo, p. l 5 o .
Nominali, p. 1Ç1.
Numeri. Sono i principi delle cose, ρ. ίφ,
Ο
Ontologismo. D ottrina che crea g)i esseri in genera­
le, p. 269.
3(vi
VOCABOLARI?
^~^
Organologismo. Sislema di Gall che sommcttc le fun­
i b n i spirituali agli organi, p . 258.
Orientalismo. Principii cavati dalle credenze mistiche
dell'Oriente.
Ottimismo. Principii di colui che crede che tutto è
bene quaggiù.
Ρ
PANTEISMO. D ottrina che pone D io in persona in tutti
gli oggetti, p. 1 8 , 22.
Paralogismo. Raziocinio falso.
Percezioni. Ciò che lo spirito percepisce e ciò che
vede.
Peripatetici, elio significa passeggiaci, p . 9 6 '
Peripatelicismo, p . l 5 o .
Piacere.
Politeismo. D ottrina che ammette molti Iddìi, p. 18.
PORTICO. Nome dato allo Stoicismo perchè Zenone
insegnava la sua dottrina nel Pecile, portico d'A­
tene, p . 97.
Posteriori ( a ) .
Prohabilita (Sistema d e l l e ) , p . I l a ­
Psicologia. Scienza che tratta dell' anima e delle sue
funzioni.
R
Ragione d'epoca. V. Tropi.
— D i pratica. Sistema che sottopone tutto alle deci,
sioni della ragione applicata a giudicare le cose della
vita.
Ragion sufficiente, p. 2 o 3 , 2o5.
Realisti, p. 161.
Ripulsione. Opposto all'attrazione, p . 54·
DEI TERMINI TECNICI.
3g5
S
Scetticismo. D ottrina che fa del dubbio generale un
sistema, p . i o 5 .
Scuola. Sistema di tal filosofo* ο l'insieme de* disce­
poli d'un filosofo.
Sensazioni. Impressioni prodotte e ricevute.
SENSI. Facoltà di comprendere gli oggetti, cinque
sensi, organi proprii a ricevere le sensazioni,
ρ. l o 5 .
Sensi. Sono gli organi proprii a ricevere le sensa­
zioni.
Senso comune. Facoltà semplice di giudicare data agli
uomini.
Sensualismo. Sistema che riferisce tutto allo spirito,
senza tener conto degli organi materiali colla de­
terminazione delle nostre facoltà^ delle sorgenti
delle nostre cognizioni, ρ. 23Δ.
Setta. Molti individui che professano una medesima
dottrina.
Sincretismo, p . 11^·
Sinderesi, ο coscienza d'abitudine, p. 167.
Simpatia. Tendenza ad identificarsi cogli altri, ο a
dividere la loro maniera di essere, p. 235.
Sistema. V. D ottrina.
SOFISMA. Argomento caploso e falso, p . 6 2 .
Sostanza. Ciò che sussiste da sé, astrazione fatta»
delle qualità che possono cangiai'e.
Sperimentatori. Termine di disprezzo con imi OWxw
chiamava i filosofi che invocano Vesperienta, p. 18^.
Stoici. D a σ τ ο ά portico, p . 9 8 .
" v i
29G
TOC. BEI TERM. TECNICI.
Τ
Teogonia. Sistema religioso sulle origini de' N u m i ,
,..'18.
Teosofi. Che si riferiscono a D ìo, ^he ha D io per
iscopo.
Teurgia. Commercio preteso cogli Dei lienefìci, p . i 4 3 .
Trascendentalismo. Idealismo spinto a considerazioni
astratte ed allontanaiissime.
Trasmigrazione, p, 2 1 .
Tropici ο ragioni di epoca di Pirone. PrincÌpU fon­
damentali di questo scettico, p. 107.
V
Ulema. Prelesi dotti Orientali.
Universali.
Unita, p, 5 7 , i36.
V
Versi d'oro. Versi die contengono i precetti delia sag­
gezza dei pitagorici, p. ^ 5 , ^B.
Voluttà, p. 4 9 . 102, i o 3 .
Vortici. Quantità di materia che i Cartesiani suppon·»
gono aggirarsi attorno un astro, p. 189,