MAURO VENTOLA
Anteprima di:
DECISIONI EFFICACI
Come Prendere Decisioni Funzionali ed Efficaci
Comprendendo i Valori e i Principi che Regolano il
Nostro Essere
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Titolo
“DECISIONI EFFICACI”
Autore
Mauro Ventola
Editore
Bruno Editore
Sito internet
http://www.brunoeditore.it
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libro sono frutto di anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento
dei medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena
responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma
di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo e non sostituisce alcun tipo di
trattamento medico o psicologico. Se sospetti o sei a conoscenza di avere dei problemi o
disturbi fisici o psicologici dovrai affidarti a un appropriato trattamento medico.
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Sommario
Prefazione
Introduzione Capitolo 1: Le 3 Leggi Ontologiche delle Decisioni
Capitolo 2: I 4 Principi dell’Integrità Personale
Capitolo 3: PNL, Filosofia, Quarta Via integrate in
una Nuova Filosofia di Vita
Conclusione Postfazione
Bibliografia Essenziale
Ringraziamenti
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«Essere nient’altro che te stesso,
in un mondo che fa di tutto,
giorno e notte, per renderti un altro,
significa combattere la battaglia più ardua
che un essere umano possa combattere.
E non smettere mai di lottare»
E. E. Cummings
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Prefazione
«L’incoscienza di ciò che è essenziale ci fa schiavi di ciò che è accidentale
e, per quel che riguarda la nostra identità, l’incoscienza del nostro
nucleo vuoto ci porta a identificarci con il nostro esoscheletro psichico.
… Quando affermo “sono questo o quello” entro in un vicolo cieco …
perché io non sono né questo né quello, ma la coscienza di questo e di
quello, lo spazio in cui le percezioni, i sentimenti, le motivazioni e i
pensieri hanno luogo».
Claudio Naranjo
Da quando il signor Gurdjieff sbarcò in Europa dopo aver compiuto
un incredibile viaggio in Oriente alla ricerca delle verità assolute della
vita in compagnia di uomini straordinari, si incominciò a covare la
sensazione che la nostra storia avesse preso due direzioni parallele ma
opposte. Da una parte la storia dell’uomo è proseguita con le sue guerre,
le mode assurde e gli stili di vita che hanno da sempre omesso lo sviluppo
dell’essere delle persone e dei loro obiettivi primari.
Dall’altra, le scuole e le correnti di pensiero legati alla Quarta Via, una
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pratica iniziata dal Maestro Gurdjieff con lo scopo di combattere il
sonno e aumentare la consapevolezza di sé tramite “l´attenzione divisa”,
hanno iniziato a trasmettere in tutto il mondo un messaggio di speranza
riguardante la possibilità di risvegliarsi dal torpore di una vita meccanica
e inconsapevole; vita che tutti, purtroppo, siamo obbligati a trasformare,
se vogliamo evolvere ad uno stato superiore di coscienza.
Purtroppo la via intrapresa dagli allievi di Gurdjieff, e successivamente
di Ouspensky, sarà per definizione sempre “impopolare”, in quanto
l´invisibile lavoro su sé stessi richiede un certo livello di disciplina
mentale che la stragrande maggioranza delle persone non è pronta ad
accogliere, o non vuole comprendere. Gurdjieff stesso affermò che
certa gente è così disperatamente legata al sistema (della vita cosiddetta
ordinaria) che morirebbe pur di cercare di difenderlo e preservarlo. Ma
il lavoro di Gurdjieff non passò certo inosservato, e tutta la sua speranza
giace ora nei semi che ha innestato nelle menti e nei cuori di coloro
che hanno saputo guardare la vita da un lato diverso, sicuramente più
profondo e reale.
Questo ebook di Mauro Ventola, autore che ho conosciuto dai suoi
precedenti lavori e che ho avuto il piacere di recensire nel mio blog,
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è un interessante esempio di come l´insegnamento della Quarta Via si
possa integrare perfettamente con qualsiasi aspetto pratico della vita
quotidiana.
Non è sicuramente una lettura per menti “formatorie”, come direbbe
Gurdjieff, ma si presta a coinvolgere positivamente tutti coloro che sono
alla ricerca di risposte a quelle domande esistenziali che assillano la
nostra anima, come: «Chi sono?», «Qual è il mio scopo in questa vita?»,
ma soprattutto «Dove sto andando?»
Decisioni Efficaci non è solo un saggio sulla perfetta filosofia di vita, è
soprattutto un manuale pratico e ben strutturato per aiutare a capire sé
stessi e il mondo che ci circonda e che incita a sperimentare in prima
persona i cambiamenti che vorremmo vedere nel mondo. E’ tutto ciò di
cui un dedito studioso della vita ha bisogno.
Leonardo Scala
Autore del libro La Mente Creativa
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Introduzione
«Non abbiamo il diritto di dire ai nostri figli come costruire il loro
futuro, dato che abbiamo dimostrato di essere incapaci di costruire il
nostro presente. Ciò che possiamo fare, tuttavia, è dire ai nostri figli
esattamente dove e come abbiamo sbagliato».
Wilhem Reich
Stranamente, nella vita umana ordinaria, l’uomo nasce come fenomeno
illimitato, ma muore come fenomeno limitato. Nei primi anni della nostra
vita abbiamo a disposizione – per poter scegliere – infinite possibilità
(Essenza). Già solo qualche anno dopo, quell’infinito potenziale si
riduce a una serie di opzioni predefinite (Personalità). Il centro di quelle
opzioni predefinite è ciò che impareremo a chiamare io, sé, me.
Se entriamo in questo mondo come essenza e moriamo come personalità,
l’intero destino delle nostre vite dipende da quella cosa che chiamiamo noi
stessi. Non soltanto ogni gioia e realizzazione, ma anche e soprattutto ogni
lacrima, così come ogni straordinaria epifania, dipendono interamente
da questo. Noi stessi è il nostro destino: la radice e il fondamento di
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ogni cosa che sperimentiamo. Quando arriviamo a vedere questo – e a
fondere nel nostro Essere questa verità – un nuovo reame di possibilità
ci si disvela dinnanzi.
Per la maggior parte di noi questa scoperta è già avvenuta, almeno in
un istante. Quel giorno, vivemmo un momento di profondo e totale
mistero. Ricordiamo quel giorno con affetto, perché lì ricordammo ciò
che abbiamo sempre dimenticato: ricordammo noi stessi. Fu in quel
momento che vedemmo il bagliore di questa profonda ma radicale verità:
se l’intera nostra vita dipende da quella cosa che chiamiamo noi stessi,
il fondamento di questo noi stessi è ciò che decidiamo.
Quando siamo in quel modo, nella nostra essenza, vediamo le decisioni
per ciò che sono: una via d’accesso al nostro Essere Reale. Le scelte
sono la chiave del nostro fiorire come individui, cioè vivere supportando
la propria Essenza, ciò che siamo sempre stati, ciò che quel giorno
ricordammo di essere. Quando vediamo la profonda relazione tra chi
siamo e le decisioni che prendiamo, siamo nel giusto. Ogni tradizione
sapienziale umana, antica e moderna, mette in luce questa relazione.
Quando avevo circa vent’anni, mi capitò tra le mani un libro del filosofo
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russo P. D. Ouspensky. Il libro aveva come titolo L’Evoluzione interiore
dell’uomo e come sottotitolo Introduzione alla psicologia di Gurdjieff.
In questo testo, Ouspensky si propose di trasmettere al mondo alcune
idee che Gurdjieff, il suo maestro, gli trasmise anni prima in Russia.
Anche se il libro non parlava in senso esplicito di decisioni, fu quello
che trasformò completamente le scelte che presi nella mia vita. Due
anni dopo, rileggendo per l’ennesima volta il libro, mi posi l’obiettivo
di sviluppare le idee iniziali di Ouspensky, formulando le basi ed i
principi per una Psicologia delle Decisioni Sostenibili (in riferimento al
sottotitolo del libro).
Tuttavia nel frattempo mi ero formato in Programmazione NeuroLinguistica (PNL) e avevo dato la maggior parte degli esami alla
facoltà di Filosofia. Al punto in cui mi trovavo, compresi che i principi
sottostanti le decisioni di alto livello che gli esseri umani compiono,
non riguardano il dominio della psicologia, ma quello dell’ontologia:
il dominio dell’Essere. La parola ontologia deriva dal greco e significa
scienza dell’essere; si tratta della disciplina che studia perché ed in che
modo qualcosa è proprio quella cosa e non un’altra.
Mentre l’“ontologia”, nel suo senso generale, si occupa di indagare
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l’essere di qualsiasi cosa, ontologia, per come intendo il termine io,
riguarda l’indagine sul funzionamento dell’essere dell’uomo. Gli studi
in PNL simultaneamente all’incontro con i Professori della mia facoltà,
mi convinsero che gli uomini che prendono decisioni straordinarie lo
fanno a un livello dell’essere diverso, prima ancora che pensando a cose
diverse. Il principio fondamentale che guidò tutta la mia ricerca fu: «Le
decisioni umane sono una funzione del livello d’essere di un individuo,
non della sua psicologia».
Torniamo alla nostra premessa: se l’uomo nasce come un essere infinito
e muore – nella maggior parte dei casi – come un essere finito… se
ciò che chiamiamo ‘Vita’ consiste in questo, la vita è un processo in
perdita. La domanda è allora: «Qual è la differenza che fa la differenza
tra l’essere con cui nasciamo e l’essere con cui moriamo?» Perché se la
nostra vita è il risultato di una serie di decisioni, evidentemente abbiamo
scelto cose che ci hanno privato di noi stessi, di ciò con cui siamo nati,
di ciò che ci rendeva illimitati. La domanda cui cercherò di rispondere
lungo quest’opera è una domanda non facile: «Cosa rende un essere
umano tale?»
Se potessimo rispondere a questa domanda, la comprensione del
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processo decisionale ottimale sarebbe una naturale conseguenza. Da
questa comprensione, seguirebbero una serie di principi cui riferirci,
principi che ci consentirebbero di avere accesso ai nostri possibili modi
di essere. Sappiamo intuitivamente che le decisioni dipendono dal
livello d’essere in cui ci troviamo. In un livello d’essere X le decisioni
avranno una qualità X, in un livello d’essere Y una certa qualità Y,
anche considerando uno stesso evento Z.
Ma il nostro livello d’essere, la nostra posizione ontologica, sembra
qualcosa di elusivo e di sfuggente. La nostra esperienza della vita ci dice
che la fonte delle scelte è come siamo organizzati internamente, il nostro
essere-nel-mondo. Ma come accedere a questo essere? Credo esistano
due modi fondamentali di vedere la questione, e per spiegarli userò una
metafora. Se paragoniamo le decisioni ad una partita di calcio, esistono
due principali prospettive o visuali da cui è possibile vederla:
• Sul campo. Vedere la partita sul campo vuol dire avere esperienza
in modo incarnato della partita, vederla in prima persona. Riguardo
le decisioni, la prospettiva sul campo prevede il saper guidare una
persona nello stato di coscienza adatto per prendere decisioni ottimali.
Questo è possibile farlo attraverso particolari approcci e/o discipline
che si occupano di calibrare e tracciare quello che succede in una
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persona quando accede ad un livello d’essere ben-formato. (Tratto
questa idea in modo approfondito nei libri PNL 3.0 e Scopri il tuo
Talento, pubblicati da Bruno Editore, 2013);
• Dagli spalti. Se vedere le decisioni sul campo vuol dire avere
l’esperienza incarnata di cosa vuol dire essere in un particolare stato
di coscienza, vedere le decisioni dagli spalti riguarda osservare e
comprendere il funzionamento del gioco dall’alto. Prendendo una
prospettiva più esterna è possibile vedere chiaramente le regole del
gioco, e la loro relazione con la partita stessa. Questo approccio
si focalizza sull’individuare i principi strutturali che regolano il
funzionamento del nostro Essere. La comprensione di questi principi
ci permette di creare nuovi reami di possibilità, cioè nuovi reami di
decisioni. La premessa della prospettiva “dagli spalti” è la seguente:
esistono una serie di principi universali - condivisi da tutte le
tradizioni che parlano della coscienza umana - che sono in grado di
generare un accesso cosciente e deliberato al proprio livello d’essere.
L’intento che mi pongo con questo lavoro è:
1.
Creare un nuovo modello decisionale basato sull’essere,
piuttosto che sulla psicologia dell’uomo;
2.
Creare il primo modello decisionale completo basato sulla
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prospettiva “dagli spalti” (cioè indagare le leggi e i principi
generali che permettono di accedere ad un livello d’essere superiore
a quello ordinario e da questo, prendere una serie di decisioni di
altissima qualità).
Durante lo sviluppo di questo lavoro mi sono reso conto che l’intero
panorama formativo attuale è orientato sul tema delle decisioni attraverso
applicazioni (esercizi, tecniche, cose da fare). Ciò che manca nel
panorama formativo attuale, è un modello basato sulla comprensione
del funzionamento dell’essere dell’uomo, una comprensione che
naturalmente conduca una persona a decisioni di elevata qualità
(implicazioni).
Il modello decisionale ontologico, il nuovo modello decisionale che
presento in questo lavoro, è un sistema coerente di leggi e principi che
ha lo scopo di facilitare le persone nel proprio cammino di Evoluzione
Cosciente. Il modello non si basa su tecniche e applicazioni, ma su
un’indagine condotta attorno alla natura di ciò che vuol dire essere umani,
in modo che decidere dal proprio Essere sia una proprietà emergente di
questa comprensione.
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Essendo il territorio dell’Essere qualcosa che è in gran parte sconosciuto,
esiste un potenziale per raccogliere numerosi tesori. Siamo nati come
fenomeni illimitati; non necessariamente dovremo morire come fenomeni
finiti, soprattutto quando i principi e le leggi che regolano l’evoluzione
della nostra coscienza ci sono ancora in gran parte sconosciute.
Sono ora mosso dalla speranza che la vita possa ritrovare il suo carattere
di meravigliosa infinità, di possibilità di cui non ci crediamo ancora
capaci. La mia speranza è che il processo di perdita apparentemente
irreversibile cui sembra condurci la vita, non sia più l’esperienza dei
molti ma un fenomeno sempre più limitato, sempre più raro. Sono
mosso dal sogno che le nostre Essenze possano generare vite ancora più
autentiche.
Mauro Ventola
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CAPITOLO 1:
Le 3 Leggi Ontologiche delle Decisioni
«Non si può risolvere un problema dallo stesso livello di coscienza che
lo ha creato. È necessario che impari a vedere il mondo… nuovamente».
Albert Einstein
Ognuno di noi possiede una propria “Filosofia virtuale-vitale”, una
filosofia di vita attraverso la quale traduce in modo personale gli eventi
della vita. Prima di parlare di come prendere decisioni basate sul nostro
Essere Reale, occorre fare chiarezza riguardo al tema delle decisioni
stesse. La prima domanda che dobbiamo farci, con estrema onestà e
autenticità, è se sia possibile o meno decidere per l’uomo.
Lungo tutta la storia umana filosofi, psicologi e mistici antichi e moderni
hanno indagato a fondo il tema, consegnandoci in eredità le loro personali
comprensioni. Ma il viaggiatore che entra in contatto con le opinioni di
questi grandi uomini può sentirsi scoraggiato. Le risposte che hanno dato
sembrano essere profondamente diverse e possono disorientare anche
il più appassionato esploratore della propria coscienza. Per chiarire la
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questione esplorerò rapidamente alcune delle diverse filosofie di vita
che i maggiori approcci filosofici e psicologici assumono nei confronti
delle decisioni.
Per cominciare dal panorama attuale, ho sentito personalmente Richard
Bandler (co-fondatore della Programmazione Neuro-Linguistica)
sostenere che per l’uomo «non è possibile non scegliere, perché anche non
scegliere è una scelta». In realtà non tutti sanno che questa affermazione
appartiene al filosofo francese Jean Paul Sartre, che fu decisamente più
categorico a riguardo. Sartre sostenne - in modo decisamente più radicale
di Bandler – che, nella sua essenza, l’uomo è «condannato a decidere».
Secondo il filosofo francese, decidere è qualcosa di connaturato alla
nostra natura, è una delle caratteristiche specifiche che distinguono
l’essere dell’uomo. In sostanza, l’uomo sarebbe condannato a decidere
perché anche rifiutarsi di farlo è una decisione.
Da un punto di vista puramente teorico questo ragionamento non pone
nessun problema; razionalmente sembra convincere la nostra mente.
Se però consideriamo la dimensione esperienziale della nostra vita,
l’affermazione ci lascia con un senso di vuoto. Sartre riesce a convincere
la nostra razionalità, ma lascia il dubbio alla nostra dimensione vitale.
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Ci sono infatti, momenti, ogni giorno, in cui non siamo presenti per ciò
che accade, sia in noi stessi sia riguardo ciò che ci circonda. Nella vita
reale, esistono momenti in cui dimentichiamo noi stessi, momenti in cui
siamo totalmente immersi in pensieri automatici di diversa natura. Ed
è proprio in quei momenti che l’affermazione di Sartre fa sentire il suo
lato carente.
Credo che sia proprio secondo questa prospettiva (esperienziale, piuttosto
che teorica) che lo psicologo americano Abraham Maslow - che indagò
la coscienza umana almeno quanto Sartre - criticò aspramente il filosofo
francese, quando scrisse: «Alcuni filosofi esistenzialisti sottolineano
troppo esclusivamente l’autoaffermazione del sé. Sartre e altri, parlano
del sé come progetto, totalmente creato dalle scelte ininterrotte (e
arbitrarie) dell’individuo stesso, quasi egli potesse trasformarsi in
qualsiasi cosa decidesse di essere. Ovviamente, in tale forma estrema,
questa è un’esagerazione […]. In realtà, è poco meno d’una sciocchezza».
Maslow fu meno radicale di Sartre: nella sua visione, l’uomo possedeva
sia la possibilità di decidere, sia la possibilità di essere reattivo.
La terza prospettiva che voglio esaminare e che ha influenzato il
modello decisionale che propongo, proviene dal mistico armeno George
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Ivanovich Gurdjieff, che nei primi anni del ’900 portò in Occidente
un sistema d’interpretazione sull’uomo chiamato Quarta Via. Cosa
sosteneva di preciso Gurdjieff, riguardo le decisioni umane? A un livello
di superficie, la prospettiva di Gurdjieff si colloca all’estremo opposto
di quella espressa da Sartre. Una delle affermazioni fondamentali di
Gurdjieff, che esprime nettamente la sua visione dell’uomo ordinario,
è la seguente: «L’illusione suprema dell’uomo è la sua convinzione
di poter fare. Tutti pensano di poter fare, ma nessuno fa niente. Tutto
succede».
L’idea fondamentale del filosofo armeno è che - per l’uomo ordinario
- il cosiddetto “libero arbitrio” non è niente altro che un’idea teorica e
in definitiva falsa. L’essere umano, al contrario di ciò che pensa di se
stesso, vive la propria vita in uno stato di sonno costante. Similmente
a quanto sostenne Ivan Pavlov, per Gurdjieff non esiste nessuno spazio
tra lo Stimolo e la Risposta. L’essere umano, nella sua dimensione
ordinaria, è un essere umano S-R (Ivan Pavlov chiamava “comportamento
stimolo-risposta” qualsiasi comportamento basato su una reazione ad
un condizionamento esterno).
L’ultima prospettiva cui voglio accennare – riguardo il tema delle decisioni
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- è quella della Psicologia Umanistica e della PNL. Negli anni ’60 e ’70
del Novecento alcuni grandi esponenti dell’ambiente della psicologia
cominciarono a studiare i processi e le strutture che caratterizzano le
persone “autorealizzate”.Al contrario degli orientamenti presenti ad inizio
Novecento (in particolare Psicanalisi e Comportamentismo), l’accento
venne posto sullo studio dell’essere umano pienamente funzionante.
Grazie a questo nuovo impulso della psicologia – sempre negli stessi anni nacquero diverse altre metodologie e approcci, il cui scopo fondamentale
consisteva nell’elevare il livello di coscienza dell’essere umano, al fine
di renderlo meno reattivo e maggiormente proattivo. Una delle discipline
nate in questa fase storica, e che si pose uno scopo simile a quello della
psicologia umanistica fu la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL),
creata da Richard Bandler e John Grinder. Definita dai due co-fondatori
(1980) come «lo studio della struttura dell’esperienza soggettiva», la
PNL si pose lo scopo di modellare e codificare la struttura dei processi
mentali, emotivi e somatici delle persone eccellenti.
Dagli anni ’70 ad oggi la PNL ha avuto un enorme sviluppo e attualmente
è utilizzata in tutto il mondo, in ambiti che spaziano dalla psicoterapia
al business, dalla medicina all’ambito sportivo. Negli anni, inoltre, ci
sono state diverse re-interpretazioni del significato di questa disciplina,
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che è arrivata ad essere definita spesso in modi ambigui e superficiali
(come lo studio di ciò che funziona). Per questo motivo, parte del lavoro
più recente dei due co-fondatori porta l’attenzione sul chiarire “cos’è”
realmente la PNL e “a cosa serve”.
Anche se solitamente non si considera la PNL come una disciplina che
ha a che fare prevalentemente con le decisioni, in questo lavoro espongo
e cerco di dimostrare questa tesi. Credo che la chiave per comprendere
e utilizzare questa metodologia risieda nel capire questo punto: a livello
di “metodologia” la PNL può avere a che fare con diversi domini
dell’esperienza umana, ma come scopo, lo scopo fondamentale della
PNL ha a che fare con la natura delle decisioni umane.
A supporto di questa tesi, a mio parere non espressa abbastanza
chiaramente nella gran parte dei testi principali di questa disciplina, citerò
una serie di fatti, il primo dei quali riguarda un’esperienza personale. Il 30
maggio 2010, alla fine di un intensissimo seminario, ebbi l’opportunità
di chiedere a Richard Bandler quale fosse lo scopo principale dietro
tutto il suo lavoro.
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In quell’occasione Bandler mi disse qualcosa che mi fece riflettere a
lungo: «… per come la intendo io, il vero fine dietro l’intera PNL è sempre
stato la libertà personale e te ne accorgi dalle decisioni che prendi, se ti
consentono o meno, di diventare te stesso». Una risposta simile a quella
che mi diede Bandler, appare in una recente intervista, in cui sostiene: «Il
mio lavoro è cambiato moltissimo durante quest’anno. Ho scoperto che
non ero ancora abbastanza bravo a insegnare alla gente come fare buone
cose. Dovevo insegnare loro prima di tutto a fare buone scelte, perché
solo questo poi permette di fare buone cose, così che le decisioni che
prendi siano migliori in futuro». (Da: Intervista a R. Bandler, Strategie
per una vita migliore, NLP Italy).
L’interpretazione particolare che in questo lavoro assumo nei confronti
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della PNL, nel vederla cioè come una disciplina connessa profondamente
alle decisioni umane, non deriva soltanto dalle affermazioni di Bandler,
ma anche da quelle più recenti dell’altro co-fondatore, il Dr. John Grinder,
che è ancora più specifico al riguardo:
«L’unico scopo della disciplina nota con il nome di Programmazione
Neuro-Linguistica
è la creazione di scelte, punto»
(John Grinder, citato da Andrea Frausin)
Dal mio punto di vista, la relazione tra libertà personale e decisioni è
celata nel nome stesso della disciplina (PNL), in particolare nell’idea di
Programmazione. La libertà e le scelte di cui Bandler e Grinder parlano
hanno a che fare con l’imparare come svincolarsi dai programmi neurolinguistici automatici che così spesso determinano le decisioni che
prendiamo.
Ricapitoliamo le diverse filosofie esaminate che si occupano di decisioni:
• Esistenzialismo di Sartre. Secondo il filosofo Jean Paul Sartre la
quintessenza di ciò che significa ‘essere umani’ ha a che fare con la
scelta. L’uomo è “condannato” a decidere, non esiste un momento
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in cui può tirarsi fuori da questo;
• Quarta Via di Gurdjieff. Contrariamente alla prospettiva assunta
da Sartre, secondo il mistico e filosofo George Ivanovich Gurdjieff
una delle caratteristiche dell’essere umano, nel suo stato attuale,
è che possiede “l’illusione della scelta”. Nei fatti, tutto in lui
accade meccanicamente, dato che non è padrone delle sue risposte
comportamentali, innescate sempre da stimoli esterni;
• Psicologia Umanistica di Maslow. Lo psicologo umanista Abraham
Maslow, dal mio punto di vista, si pone al centro delle visioni di
Sartre e Gurdjieff. Per Maslow che l’uomo sia “condannato” alla
scelta è “poco meno d’una sciocchezza”, così come è una sciocchezza
affermare che l’uomo non sia capace di “fare” (Gurdjieff). I suoi
studi sulle peak experience gli mostrarono invece che ogni uomo
vive quotidianamente momenti in cui decide realmente. Maslow
cominciò una serie di studi sugli esseri umani che funzionano “al
massimo regime”; la sua conclusione fu che l’uomo può decidere,
ma quando certe variabili e condizioni sono vere per lui. Maslow
studiò le caratteristiche generali che possiede un uomo che vive in
accordo col suo Essere Reale, aprendo il campo della psicologia ad
una serie di innovazioni successive;
• Programmazione Neuro-Linguistica (PNL). Nata nel periodo
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immediatamente successivo allo sviluppo della psicologia umanistica,
i diversi ricercatori della PNL cominciarono a ‘modellare’ i processi
soggettivi che portavano gli individui a decidere in modo ottimale,
in modo ben-formato. Mentre il lavoro di Maslow si focalizzava
sull’individuazione generale delle caratteristiche che possiede un
essere umano pienamente funzionante, i co-fondatori della PNL
posero l’attenzione su cosa specificamente deve avvenire nella
struttura della sua esperienza soggettiva, affinché la scelta ottimale
possa avvenire. Come ho cercato di mostrare, sia Richard Bandler
che John Grinder hanno in seguito affermato che lo scopo della
disciplina da loro fondata ha decisamente a che fare con il tema
delle decisioni.
La domanda che spontaneamente emerge, a questo punto, è «Quale delle
teorie mostrate è quella giusta?» Quando qualche anno fa mi feci questa
domanda, mi trovavo nella più totale confusione. Potevo percepire un
frammento di verità in ognuna di queste teorie; da un certo punto di
vista, ogni teoria sembrava essere quella giusta, eppure la confusione
era generata dal fatto che ognuna sembrava anche essere radicalmente
opposta alle altre. Cominciai a pensare che se tutte queste teorie avevano
colto un frammento di verità, ma al tempo stesso si escludevano a vicenda,
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ciò era indicativo del fatto che non stavo considerando una variabile.
In altre parole, le diverse teorie non potevano essere vere in assoluto,
ma in relazione a qualcosa. Dal mio punto di vista ci doveva essere
una variabile critica che, se presa in considerazione, avrebbe chiarito
l’apparente confusione tra ciò che sostenevano le diverse teorie. Come
scoprire questa variabile? Compresi che mi sarai reso conto di aver
individuato la variabile giusta dal fatto che, alla luce di questa variabile,
ognuna delle teorie esaminate avrebbe mostrato il suo frammento di
verità.
SEGRETO n. 1: PNL, Filosofia, Quarta Via e Psicologia umanistica
hanno proposto diverse filosofie sul tema delle decisioni. Ma esiste
una variabile che, se scoperta, mostra il frammento di verità insito
in tutti gli approcci, permettendoci di fare chiarezza e di integrarli
in un quadro globale.
L’Essere dell’uomo, il più grande Ovvio Elusivo
«Per me, personalmente, l’idea più interessante era quella del ricordare
se stessi. Proprio non potevo capire come alla gente potesse sfuggire
una cosa del genere. A tutta la filosofia e psicologia europea era sfuggito
questo punto».
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P. D. Ouspensky
Anni fa - precisamente nel 1981 - il Dr. Moshe Feldenkrais, il grande
ricercatore nel campo della somatica e il creatore del metodo che porta
il suo nome, pubblicò un libro dal titolo The Elusive Obvious (L’Ovvio
Elusivo). L’idea fondamentale, espressa nell’affermazione “l’ovvio è
elusivo”, è molto semplice: ciò che ci è troppo vicino, ciò che è da sempre
sotto i nostri occhi, diventa ovvio per noi; l’ovvio, a sua volta, tende ad
essere invisibile… diventa elusivo. La storia umana è piena scoperte
scientifiche avvenute mettendo in discussione le credenze condivise più
ovvie. Lo stesso discorso vale nella vita quotidiana.
Nel parlare di ovvio elusivo, Feldenkrais faceva riferimento alle abitudini
somatiche e posturali di cui siamo inconsapevoli, e che spesso limitano
le nostre possibilità di movimento. Per l’accezione che Feldenkrais ne
dava, l’ovvio elusivo riguarda la ri-scoperta dei propri schemi somatici.
Ho però introdotto il concetto di ovvio elusivo per servirmene, all’interno
di questo lavoro, in un senso più ampio. Se esistono diverse filosofie
sulle decisioni, e se ogni filosofia contiene un frammento di verità, ciò
vuol dire due cose. La prima è che manca una variabile, una variabile
che non stiamo considerando. La seconda è che questa variabile ha la
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tendenza ad essere elusiva. Se esiste qualcosa come l’“ovvio elusivo”,
certamente non esiste soltanto nel dominio della somatica. Esiste invece
per ogni aspetto della vita umana. Ciò vuol dire che esistono ovvi elusivi
anche riguardanti gli aspetti psicologici, emotivi, sociologici, così via.
Esistono ovvi elusivi per ogni reame dell’esistenza umana. Se questo è
vero, ciò implica che deve esistere un ovvio elusivo che riguarda anche
la sfera dell’Essere, il dominio ontologico. E se esistesse un grande
ovvio elusivo all’interno del dominio della condizione umana? Se ci
fosse qualcosa che ci è da sempre sfuggito, sul nostro Essere Attuale
e Potenziale, tale da rimescolare tutte le carte, che cosa succederebbe?
Sicuramente, una volta compreso, ci consentirebbe di accedere alla chiave
di volta per comprendere le nostre effettive possibilità decisionali; e
considerare quello che realmente possiamo fare, dal punto in cui siamo.
Ma come funziona l’ovvio elusivo? Primo, si tratta di qualcosa che si
nasconde tra gli aspetti apparentemente più conosciuti di un elemento;
secondo, veniamo a conoscenza dell’ovvio elusivo attraverso il contrasto,
come quando non ci rendiamo conto di un raggio di luce se non quando
passa attraverso le nuvole, perché senza la nuvola la sua percezione
sarebbe impossibile. Se esiste un ovvio elusivo del genere, forse è stato
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cantato da tutti i poeti, filosofi e mistici dell’umanità, attraverso metafore,
storie, frammenti e brani. Forse… lo ha sussurrato Shakespeare:
«Noi siamo fatti
della stessa sostanza dei sogni
e le nostre brevi vite
sono circondate da un sonno»
In tutte le tradizioni sulla coscienza, si parla dell’uomo come di un
“essere che dorme”. Eraclito, uno dei più grandi filosofi dell’umanità,
scrisse: «Non bisogna parlare e agire come se si stesse dormendo». In
diversi passi dei Vangeli è riportato l’ammonimento «Vegliate!», cioè
«Siate svegli!» Buddha è chiamato “il risvegliato”, e un risvegliato può
essere tale solo rispetto a coloro che dormono.
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MAURO VENTOLA
Anteprima di:
DECISIONI EFFICACI
Come Prendere Decisioni Funzionali ed Efficaci
Comprendendo i Valori e i Principi che Regolano il Nostro Essere
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