Armando Brissoni - AM international

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Periodico trimestrale - International AM Edizioni - Anno X XII - N° IV 2015
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Periodico trimestrale - International AM Edizioni - Anno XXI- N° III, 2014
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Mostra documentaria
dell’0pera di
Tommaso Campanella
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Periodico trimestrale - International AM Edizioni - Anno X XI
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Numer
Intervista
di Elio Furina
ad
Armando Brissoni
su
450° anniversario della
nascita di
Galileo Galilei
a cura di Armando Brissoni
Museo - Fondazione per l’arte
via XXIV Maggio 35/37 - Bivongi (RC)
4 ottobre 2014 - 15 gennaio 2015
per informazioni e prenotazioni: [email protected]
Natura morta, 1914
I punti fondanti della pittura di
Alberto Magnelli (1888-1971)
In questo numero:
Armando Brissoni
Un “Quaderno”
tutto
BIANCO
In copertina:
Illustrazione della casa di
montagna, la Hutte famosa
4a di copertina:
(in alto) Frontespizio di
Che significa pensare?, Tubinga 1954;
(sotto) Frontespizio di
Essere e tempo, Friburgo 1931.
artfolio
periodico trimestrale d’attualità d’arte a cura della Pinacoteca AM international - Associazione Culturale
Direttore responsabile: Elio Furina
Direzione, Redazione: via Enrico Fermi 10, 89040 Bivongi (RC)
Tel. +390964734705
E-mail: [email protected]
Int. AM Edizioni - Aut. Tribunale di Locri
n. 623-2/94
ISSN 1123-6132
La rivista viene inviata gratuitamente ai soci,
alle biblioteche nazionali ed estere, istituti, musei, gallerie, artisti, collezionisti e ad un
target di lettori selezionato direttamente dall’editore.
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Un “Q u ade r no’’
tutto
BIANC O
Poiché i quaderni sono un innocente strumento indispensabile per andare a scuola, pare cosa semplice
parlarne soprattutto all’inizio di ogni anno scolastico. Di quaderni, con la coscienza che si rivolta, anche in
questa circostanza siamo umanamente obbligati a parlarne poiché degli innocenti fogli copertinati di “nero’’
ci tramandano giudizi sciagurati ed ignobili sul famigerato e convinto rettorato 1933-1934, sugli ebrei, sui
cristiani secondo una mente “pericolosa’’ come quella del rinomatissimo, a torto, filosofo tedesco Martin
Heidegger (1889-1976) autore di molti testi – ne disponiamo l’ opera finora edita più alcuni testi in originale,
nella nostra biblioteca – , alcuni dei quali “qua e là accettabili’’1. Per anni abbiamo faticato sulla bica di quei
testi; faticato non per un pensiero potente od elevato come quello di Kant ma soprattutto di Hegel o di Einstein, ma per una aberrazione mentale di cui il cattolico Heidegger – presunto fondatore di un esistenzialismo
assai verboso calcato sul modello della Retorica aristotelica – , si esprimeva in un linguaggio che vorrebbe
farsi ermeneuta in certo senso delle radici terminologiche greche traslate sul fondamento “ontico’’. Risultato:
una falsa έπιστήμη 2. Interpretato alla lettera con quel termine si intende “ragionamenti intorno alla scienza
e che attualmente alcuni “articolisti della scienza’’ traducono banalmente “filosofia della scienza’’ che è una
dicitura che non trova riscontri teorici. Massimi esponenti di questo obbrobrio sono gli statunitensi). Già
studiandolo si deve procedere con cautela poiché la ridondante prosa heideggeriana è un incepparsi continuo,
non solo per la sintassi della lingua tedesca e per i neologismi leciti, ma per alcuni vizi di “prefissazione’’ per
es. Appropriare : a) Ge-eeignet = Ad-propriato; b) Ver-eignet = In-propria; Ueber-eignet = Trans-propriato,
volturato; oppure c) Entegegen-kommen = Venire incontro scil . L’ essere (l’ Aperto) viene a noi incontro
nella orizzontatività 3.
Oppure, non in un glossario ma in un testo si legge “L’ esser-ci nell’ aver-da-essere’’ della quotidianità del suo
essere-di-volta-in-volta’’4 e la definizione “attivata’’ dello “Esser-ci con-essere – l’essere degli altri come con-esser-ci (critica della tematica dell’empatia)5. Già: εμπαθής = passione; accudita partecipazione, seguita purtroppo da εμπαιγμα (scil. scherno, inganno, menzogna): attributi che stanno bene al soggetto heidegger (giusta
il suo cognome composto da “Heid’’ ed “egger’’, la dice casualmente lunga: Heid = bestemmiatore; egger =
erpicare. La seconda parte del cognome “egger’’ coincide con l’ erpicare la terra (cioè dissolvere le zolle di un
terreno appena arato) ed il prof. di Heidelberg (per fortuna mai voluto a Berlino) ha erpicato il linguaggio
stravolgendolo nel doppio gioco linguistico della langue/langage (Saussure/Martinet).
Tuttavia, certe basse insinuazioni si colgono già nel testo “L’ autoaffermazione dell’università tedesca. Il rettorato 1933/’34’’: idee in nuce di quello che si svilupperà nei Cahiers noirs – malgrado le menzogne pseudo riparatrici del figlio Hermann del gennaio 1983. Nella prefazione al trattatello c’ è una affermazione che squilla
come una beffarda stonatura che dice: “Fin dall’ inizio [imposizione del regime nazista] prese [Heidegger]
chiaramente (sic!) le distanze dalla direzione del partito[ma non dal partito], per esempio vietando il rogo dei
libri e l’ affissione del decreto sugli Ebrei nell’università, nominando [per facciata] come decani esclusivamente docenti non appartenenti al partito e mantenendo in carica durante il suo rettorato [per fingardaggine] i
professori ebrei von Hevesy e Thannhauser’’6. Sicuramente il figlio ha letto male il discorso paterno.
Ma un punto di riferimento capitale è ravvisabile nell’opera di Nietzsche (tanto da farne una ampia monografia 7, il cui testo cruciale che fece maggior presa su Heidegger, crediamo fosse stato L’ Anticristo. In esso ci
sono dei passaggi che si ritroveranno in diverse opere ma a tutte anteponiamo il famigerato pamphlet
“L’ affermazione dell’università tedesca’’ . Prendiamo una lecita “campionatura’’ dell’ opera nietzschiana
afferente l’ odio contro gli ebrei che avrà consolato il professore friburgense, nella quale Nietzsche chiama in
3
causa Spinoza, per rafforzare il suo Anticristo, fraudolentemente (D. De Cesare, con l’articolo “Il sionista Spinoza’’, la Lettura, del 25 ottobre 2015, pp.8-9, per noi spinoziani, carichi di saggi sull’ ebreo sefardita, non lo
consideriamo dell’ aura politica spinoziana “Tractatus Theologico politicus’’ e “Tractatus Politicus”, incompiuto, ma politica di ambito heideggeriano) siccome “…E lui stesso[Dio], così pallido, così gracile, così decadent
…Persino i più esangui tra gli esangui signoreggiarono su di lui, i signori metafisici, gli albini del concetto
(corsivo ns.). Tesserono le loro trame così a lungo intorno a lui che, ipnotizzato dai loro movimenti, divenne
lui stesso un ragno metafisico. Tornò allora a tessere il mondo traendolo da se stesso – sub specie Spinozae
– oramai si trasfigurava in qualche cosa di sempre più sottile ed esangue, divenne << ideale >>, divenne <<
cosa in sé >>…Decadimento di un Dio: Dio divenne << cosa in sé >>…8.
Procedendo incontriamo uno strale venefico contro l’ebraismo:
“Gli Ebrei sono il popolo più notevole (sic) della storia mondiale
poiché, posti dinanzi al problema dell’essere o non essere, hanno
preferito, con una consapevolezza assolutamente inquietante (sic!),
l’essere a qualsiasi prezzo: questo prezzo fu la radicale falsificazione
di ogni natura, di ogni naturalità, di ogni realtà, dell’intero mondo
interiore come di quello esteriore. Delimitarono se stessi contro
tutti i condizionamenti, secondo i quali, fino ad allora, a un popolo era possibile ed era permesso vivere: crearono, traendolo da se
stessi, un concetto antitetico alle condizioni naturali. In maniera
irrimediabile hanno successivamente rovesciato nella contraddizione coi loro valori naturali la religione, il culto, la morale, la
storia, la psicologia. Incontriamo ancora una volta, e in proporzioni
indicibilmente più grandi, lo stesso fenomeno, sebbene soltanto
come copia: a confronto col << popolo dei santi >> manca infatti
alla Chiesa cattolica ogni pretesa d’ originalità. Precisamente per
questo gli Ebrei sono il popolo più fatale della storia del mondo:
Frontespizio di Scritti politici (1933 - 1966),
nei loro postumi effetti hanno falsificato a tal punto l’umanità che
Piemme
ancor oggi il cristiano può sentire in maniera antisemita (corsivo
ns.), senza comprendere se stesso come l’ultima conseguenza dell’ ebraismo’’ 9.
Altri passaggi diventano i corollari di questo esecrando teorema: “In realtà per gli dèi non esiste alcun’ altra
alternativa: o essi sono la volontà di potenza – e finché resteranno tali saranno dei del popolo – oppure invece l’inettitudine alla potenza – e allora saranno necessariamente buoni…’’10: “Il fatto che le forti razze (corsivo
ns.) dell’Europa settentrionale non abbiano respinto da sé il Dio cristiano non va in verità a onore della loro
attitudine religiosa – per non parlare del gusto ’’11; “Definisco il cristianesimo l’unica grande maledizione,
l’unica grande e più intima depravazione, l’unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun mezzo è
abbastanza velenoso, furtivo sotterraneo, meschino – lo definisco l’unica immortale macchia per l’umanità’’
– F. Nietzsche op. cit. pag. 203 – . L’ iperbole si legge nello eptalogo “Legge contro il cristianesimo” più il
sottotitolo che recita “Guerra mortale contro il vizio: il vizio è il cristianesimo”12: sette proposizioni, si fa per
dire, d’una mente alterata affatto astòrica, di cui Heidegger anche di questo ne tenne in alto conto, indirettamente giustificate o con deboli accuse, a cominciare dagli articoli degli anticipatori, che stridono persino con
l’informazione giornalistica come si legge nell’ articolo titolato “L’ ideale di Heidegger [calcato in rosso]: un
nazismo << ispirato >>’’13.
Ma coi “Quaderni’’ alla mano suoneremo un’altra musica, con qualche appropriato riferimento filologico sul
“…nazismo <<ispirato>>’’ “scil. occultum inspirare…’’? Chiarimento di “aura’’ heideggeriana: ho conosciuto
Georg Gadamer allo Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, 1990, che argomentava su “Ut pictura poiesis? Arti figurative e arti poetiche’’ (io in totale disaccordo col tedesco poiché era affatto digiuno di
estetica. Conosceva l’ estetica di Baumgarten? Credo di no) conversando cordialmente e, in seguito, ci siamo
scambiati una breve corrispondenza intorno alla Naturphilosophie (20 giugno 1990). In quell’anno feci la
prima “lecture” su “Campanella e Leibniz’’ all’Istituto. Il mio corso su Einstein lo tenni nel febbraio 1991, un
mese prima di Popper. Il tedesco parlava un italiano stentato e me lo impose, ma mi rispose in tedesco. Mai
una parola sulla filosofia di Heidegger né sulla questione “tecnica/scienza/filosofia/salmodia’’ heideggeriana.
(cfr., H. G. Gadamer, “I sentieri di Heidegger’’, Marietti Editore, Genova 1987: una ricostruzione discutibile
– come del resto l’ “Elogio della teoria’’). Seguono il poveruomo P. Trawny ed un tizio tal Friedrich-Wilhelm
von Herrmann, (Corriere della Sera, 4 ottobre 2015, pag. 39 “Heidegger non era antisemita’’ che cuce belle
4
toppe riparatrici, sulla pelle del suo meister, anzi Führer (nei due sensi), più quelli che verranno. Heidegger è
stato convintamènte suggestionato dal nichilismo filosofico del Martello demolitore14.
Nella prefazione invece è scritto: “Battere qui una buona volta problemi con il martello e forse udire per
tutta risposta quella famosa cupa risonanza che parla dai visceri enfiati – quale delizia per uno che ha altre
orecchie dietro le orecchie – per me vecchio psicologo e incantatore; per il quale proprio quel che vorrebbe
starsene in silenzio e, deve gridar forte...’’15, e non solo, scritto uniformandolo contro l’ ebraismo. E’ palese che
la “volpe’’ della Hütte, ha rimaneggiato le alterazioni del Nietzsche nella filosofia decadente della esistenza
ed ha mascherato la filosofia con la stanchevole onticità sostanzialmente ricavata dalle letture nietzscheane.
Questi sono i prodromi reali dei “Quaderni neri’’ – aspettiamo i testi successivi per averne conferma.
Intanto giudicheremo il primo volume per intero in due momenti seguendo la disposizione “cronologica’’
della raccolta e siccome i quaderni sono datati per periodi noi abbiamo scelto “Riflessioni e cenni III anno
1932’’, che compendia gli scritti sulla famigerata questione del rettorato 1933-1934, pp.143-263. Il resto, l’ante
ed il post, del quaderno lo criticheremo successivamente come corollario generale. L’ introduzione della
riflessione è rivolta verso il popolo (volklich) con un enunciato che stride per il buio logico “Una volontà del popolo (volklich) che magnificamente si desta sta entrando in una grande oscurità mondiale”16, seguito da “L’incompatibilità dell’ora mondiale il cui spazio di risonanza deve portare ed amplificare la filosofia tedesca’’17.
Sembrano assiomi ma non lo sono. Il destarsi volitivo di un popolo che affronta l’ignoto in un mondo da
reinterpretare è dunque il compito rinnovativo nientemeno che della filosofia. L’ amplificazione, tuttavia, è
riservata alla filosofia tedesca che culmina nell’idealismo dialettico hegeliano e non certamente in quella di
Nietzsche né del danese, nordico sì ma tedesco no, Kierkegaard (1813- 1855) per altro “ansioso’’ teo-filosofo
d’una metafisica talvolta umilmente impertinente cfr. “Il concetto di angoscia’’, “Aut-Aut’’, la lunghissima “Postilla alle briciole di filosofia”, “Il vangelo delle sofferenze’’ e “La malattia mortale’’ ove la chiusa afferma “Così
dialettica, infatti, è la disperazione’’18 benché in Aut-Aut, dica “L’esperienza ha dimostrato che non è affatto
difficile per la filosofia cominciare. Tutt’ altro: essa comincia con il nulla e può quindi cominciare sempre. Ciò
che invece riesce difficile ai filosofi e alla filosofia è di fermarsi’’19.
E sull’ angoscia, che vieta o incita la prudenza, scriveva, “Quanto alla mia povera persona confesso con tutta
sincerità che io come scrittore sono un re senza terra; ma anche con molto timore e molto tremore, uno scrittore senza pretese’’20: ampia lode all’ onestà.
L’idea di un inizio che comincia dal nulla è anfibolo e genera equivoci. Come posso cominciare dal nulla
siccome può cominciare sempre? Il nulla se lo penso non è più nulla; se invece vuol dire “con poco’’, “un
nonnulla’’, come si fa in geometria con la prima definizione euclidea del punto “Il punto è ciò che non ha
dimensioni’’, allora si potrebbe anche ipotizzare l’ inizio. E quest’ultimo in Kierkegaard è molto ambiguo ed
il tedesco che lo ripropone lo ha incluso nei suoi isterismi sintattici integrale. Heidegger si è fermato? E’ stato
“senza pretese’’? Niente affatto ha proseguito, in segreto sui quaderni neri, creando l’ angoscia dell’esistenza
nel filosofare perseguendo, e perseguitando, l’ essenza-ontologia-inizio.
Veniamo a quello che mi interessa di più: la questione del Rettorato. Infatti la boria della “lèctio magistralis’’
del 1933-’34 nel Quaderno è meno veemente benché convinta. Mi soffermerò per di più su quelle affermazioni-sentenze dal sapore assiomatico, quasi razionalistico, come questa “Da ogni battaglia si esce più sicuri
e malleabili. Ciò che fallisce è una dottrina; se c’ è resistenza si fa leva sui remi’’21. Quella battaglia era già
predisposta per il comportamento più che altro politico, della conduzione dell’ università: rivoltarla da cima
a fondo con la forza dei “remi’’. Termine volgarotto da canottiere, o da pescatore, poiché sarebbe stato meglio
citare la “leva di Archimede’’ che ha la stessa funzione “Datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo’’– scil. universo? Terra?). Ma come e con chi-che cosa? La risposta è pronta e varrà per tutta la sua tormentevole filosofia: “La grande esperienza e fortuna che il Führer abbia risvegliato una nuova realtà che mette il
nostro pensiero sulla strada giusta e gli conferisce forza d’urto. Altrimenti con tutta la sua profondità, sarebbe
rimasto perduto in se stesso e solo con difficoltà avrebbe trovato il modo di essere efficace. L’ esistenza letteraria è giunta alla sua fine’’22.
La nuova realtà hitleriana avrebbe risvegliato “…una nuova realtà…’’ è un paradosso insopportabile: il male
trasformato in una realtà rinnovata che politicamente – è sottinteso poiché di cultura il “menschenschinder”
Adolf Hitler ne era del tutto sprovvisto anche se qualche testimonio oculare, un corriere diplomatico italiano, mi disse d’averlo incontrato a Berlino, e che era una persona “molto intelligente’’ – : io rimasi marmificato sentendo tanta bestemmia. E lo smarrirsi del pensiero è una congettura di quella letteratura che per nostra
fortuna è stata stroncata, consentendo di proseguire alla reale “…esistenza letteraria…’’. Le fa eco la strofa
5
11, con l’imperativo categorico, non certo kantiano, “Inesorabilmente con un duro obiettivo, flessibilmente e
alternativamente sulle vie e[d]in armi’’23.
Il ricorrente e volgare “duro’’ (schmerzilch) oppure “harte Zeiten’’ (tempi duri; periodi duri) od ancora mettere in atto la Hefttigkeit, violenza, scil. brutalità?) con la clausola indefettibile dello “alternativamente ’’, del
sottomettere ad una sorta di rivoluzione armata? Questo passo è bellamente posto intermedio alla successiva
categorica descrizione-minaccia: “La nuova università [scil. con il suo rettorato e non l’anzianità cronologica
dacché l’ università di Heidelberg venne fondata nel 1386] giunge solo se noi ci sacrifichiamo per essa; questa
è la nostra sorte, anche solo per prefigurarci un’immagine di essa’’24.
Il sacrificare intende “dedizione’’? Ma lo insegnamento, qualsiasi esso sia, è davvero un sacrificarsi poiché
l’ insegnamento è il primo principio da cui realizzare la nostra scelta; la scelta perciò è già realizzazione.
Successivamente ci imbattiamo in un finto assioma ma che in realtà è una tautologia: “ L’incontro dei solitari
può accadere solo nella solitudine ’’25.
Ci sembra che vi sia un riferimento alla “solitudine’’ della Hütte a Todtnauberg laddove, a mo’ di Machiavelli,
“….Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in su l’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente entro nelle antique
corti degli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, e
che io nacqui per lui….’’ 26, era libero pei suoi pensamenti nella ovattata quiete della montagna. Ancor di più
quando il monte era imbiancato di neve – dove Heidegger praticava lo sci di fondo: ricordo delle esercitazioni salutari della razza superiore naziste della “gioventù hitleriana’’? Avrà conosciuto l’ opera dell’ Ambasciatore/Mediatore Fiorentino? Possiamo dubitarne di molto. In fatto di volontari “ritiri spiritual – filosofici’’
citiamo di passo anche il matematico-filosofo L. Wittgenstein (Vienna 1889-Cambridge 1951) autore del celebrato “Tractatus logico-philosophicus’’ del 1921 ricco di interrogativi ma anche di valori che come dice il suo
allievo e successore G. H. Von Wright “….grazie a quel testo, è da considerare come “ …uno dei più celebri e
autorevoli filosofi dei nostri tempi….’’ – noi discordi 27.
Il Tractatus è opera di difficile lettura poiché è scritto per lo più in enunciati in forma assiomatica molto
rigida, ed altri hanno una breve continuazione esplicativa. Per esempio l’enunciato “Dare l’essenza della
proposizione vuol dire dar l’essenza d’ogni descrizione , dunque, l’essenza del mondo’’ 28 è privo di seguito.
Ma diversamente dal nazista tedesco, Wittgenstein non interloquisce sui termini di “essenza’’ e di “mondo
’’ poiché l’ermeneutica non lo interessava. Infatti per distaccarsi dal mondo, si ritirò in una cella laica
poverissima e se la costruì in forma di Hütte, secondo il suo il progetto, su una rupe poco al di sopra di un
fiordo norvegese, nel 1914, dacché conobbe quel luogo durante il primo viaggio scandinavo del 1913. Ivi
pensò e scrisse solitario e meditabondo tutte le sue proposizioni o enunciati. E’ senz’altro un’opera ancor
oggi necessaria agli studi, ma collazionandola con alcuni suoi testi posteriori quelle prime proposizioni
che culminano con “What we cannot speak about we must pass over in silence’’ (Su ciò, di cui non si può
parlare si deve tacere) 29 sembrano un po’ appannate. E già che si è in tema di antiebraismo, spiacevolmente
connotiamo che anche l’ebreo Wittgenstein, non in modo esasperato, e fanatico di Heidegger, come riporta
il suo maggior biografo Ray Monk (1957) docente di filosofia alla Southhampton University, GB,30 si
possono leggere non senza stupore, cose e giudizi riguardanti l’antiebraismo tratti dall’antisemita viennese
Otto Weininger (1880-1903 autore dello stoltissimo “Sesso e carattere’’ al cui cap. XIII si evidenzia il suo
antisemitismo rozzo e perfino puerile31 in compagnia di Osvald Spengler (1880-1936)32. Per noi sono delle
note dolorose, compiacenze, iniziando dal famoso “sogno’’ interpretato dallo stesso filosofo Wittgenstein33.
Una notizia quasi mai rilevata. In aggiunta diciamo che anche Wittgenstein scrisse i suoi “Quaderni’’,
durante il periodo 1914-1916 ed in codesti enunciati ( op. cit. pp.85-195 ) si trovano delucidazioni a
non finire e sotto la data 12-11-1914, si legge “La negazione è una descrizione nello stesso senso che la
proposizione elementare stessa’’34. Un’altra parte dei diari è intitolata “ Movimenti del pensiero,’’ Diari
1930-1932/1936/1937, dove prende una solenne cantonata su Einstein: “Una scoperta non è né grande né
piccola; dipende da ciò che essa significa per noi’’ e continua “Noi vediamo nella scoperta copernicana
qualche cosa di grande – perché sappiamo che significò a suo tempo qualche cosa di rilevante e forse
anche perché una ultima eco di questo significato giunge fino a noi – e ora deduciamo per analogiam che le
scoperte di Einstein, ecc. sono perlomeno qualche cosa di altrettanto grande. Ma esse – per quanto grande il
loro valore pratico, per quanto vasto il loro interesse ecc. – sono tuttavia grandi solo in quanto significative
(simboliche)’’35.
Purtroppo anche per lui Einstein era troppo ostico a causa delle interpretazioni che dava alla natura della matematica. Ha scritto tanto ma sovente la sua creatività sconfina nel termine generico di “simboliche’’:
6
giudizio che non si confà alla fisica teorica. Una formula è simbolica? Ma quel che simboleggia si prova con
la matematica e non coi simboli matematici. Ai Diari- Movimenti del pensiero, dobbiamo fare una ulteriore
aggiunta poiché nel 1958 pubblicò “The Blue and Brown Books’’, Edizioni Basil Blackwell, New York 1958)36.
Chiudiamo l’ interludio radiale, Quaderni, Hütte, Diari altrui ed il Gran Machiavelli, per ritornare ai Quaderni neri.
Heidegger poi con certo sollievo arringava “Finalmente: essere disposti nella creativa corresponsabilità della
verità dell’esserci nazionalistico (völkisch). Stato d’animo fondamentale’’37. C’è un richiamo ripetitivo alla
massa/popolo che la memoria ci riporta a Gustav Le Bon (1841-1931) un biologo/sociologo francese che
scrisse una infinità di testi pasticciati fra biologia-psicologia e sociologia e tra questi le famigerate “Psychologie des foules’’ (1895) ma soprattutto “Lois psychologiques de l’ évolution des pouples’’ (1894), ed una pessima “Psychologie du Socialism’’ (1898) zeppe di spropositi sociologici alcuni dei quali assai prossimi alla
idea di “Volk’’ del tedesco e che essendo state tradotte in tedesco può darsi che “il Prestigiatore di Meßkirk’’ le
avesse conosciute/consultate.
Ma l’ esistere compendia anche i doveri verso la verità non sdrucita, ma nuova come “Il compito – se proprio
questo fosse il compito; affermare pienamente e anzitutto proporre la nuova essenza della verità?’’38.
Di questo pensamento ci fermiamo all’ incipit poiché alla domanda rispondiamo così. L’ essenza della verità
è la verità stessa che diventa al contempo un atto razionale (la conoscenza) ed un atto etico di essere sempre
pronti a cogliere la verità filosofando. Ma il filosofo di questo non ne ha tenuto conto poiché non solo nel suo
pensiero non brilla la verità (le sue tesi ambigue sul linguaggio; sull’ arte sono tutte sbagliate; non parliamo di
quelle sulla scienza), ma, come nel caso del Rettorato e del saper mentire – come avvenne per gli intrallazzi
galanti con la Arendt – , viene meno alla reclamata proposta della “…creativa corresponsabilità della verità…’’ e lui in fatto di “non verità’’ ne è altamente responsabile. Quando tenne il discorso politico al Rettorato
era convinto e sincero di quel che asseriva per il bene dell’università? Probabilmente non lo era affatto.
“Il nazionalsocialismo è una genuina potenza in divenire solo se a ogni sua azione e discorso ha ancora qualche cosa da tacere – e se agisce con una subdola doppiezza (Hinter-hältigkeit) forte ed efficace sul futuro.
Se invece ciò che è presente fosse ciò che è già ottenuto e voluto, allora resta solo l’ orrore che precede la decadenza’’39.
La definizione del nazionalsocialismo è incongrua: dacché genuina potenza in divenire, per essere diveniente
deve creare l’elemento diveniente ( stravolse palesemente il teorema di Eraclito “ ποταμωι γαρ ούκ
εστιν εμβηναι διςτωι αυτωι ’’ [Nello stesso fiume,
invéro, non è possibile entrare due volte]40. Non
calchiamo la mano se sempre con Eraclito diciamo
che Heidegger è stato la “…Sibilla con bocca delirante annuncia cose cupe…’’ 41, e quando parla con
disprezzo, parimenti a Nietzsche, degli ebrei si riferiva non solo a Hitler ma, perché era vile, si ricordava anche l’ Eraclito che diceva “I cadaveri sono da
buttar via ancor più dello sterco’’42. Ed aggiungiamo
che l’ idea, in lui procace, del nascondimento l’ ha
ricavata ancora dalla stessa fonte che dice “La reale
costituzione di ciascuna cosa ha l’ abitudine di nascondersi’’ [λανθάνω]43.
Ritorna poi sulla noiosa questione, che oramai ci
ha nauseato, de “La fine della filosofia – . Dobbiamo portarla alla fine e dunque preparare ciò che è
totalmente altro – il metapolitico’’44 che crede di
sviluppare la “Metafisica in quanto meta-politica’’,
op. cit.,32, pag. 153, perfezionando l’ enunciato con
La metafisica dell’ esserci deve, nella sua intima disposizione, approfondirsi ed estendersi a una metapolitica “del popolo storico’’, 54, pag. 164. Ma: esiste
davvero un popolo storico? Il popolo, scil, esseri
Frontespizio di Introduzione alla metafisica, Tubinga, 1953
pensanti, non subisce la storia ma fa la sua storia
7
individuo per individuo, e la nuova politica non è una metapolitica poiché astorica.
Si può, tutt’ al più, concedere la partecipazione metafisica della( μέθεξις ) che s’addice al popolo che è, ed ha,
la sua storia. Essendo impantanato nell’ aristotelismo scolastico l’ uomo della Baita cerca di incrociare, o per
lo meno di intuire, che la metafisica sia un espediente proponendola come un assioma. La cosa è irrazionale
poiché l’ assioma di per sé è auto evidente e non ha bisogno di dimostrazioni perciò anche se fosse il titolo di
un paragrafo non ha nulla da dimostrare poiché è palese che non è un assioma. Sulla scuola e sull’ università
cade sovente nel grossolano poiché ha idee ricavate dalla politica nazionalistica che deve promuovere il sovvertimento non solo dell’università ma del mondo accademico, amministrativo compreso. Tutto ciò cade neanche in un programma ma in un resoconto o impostazione di una forma pedagogica scarsissima ed a tratti
volgare. Adopera poi male il verbo creare (schaffen) e la derivata Kreativität erroneamente poiché la creatività
si è identificata, anche con l’ apporto di nostri teoremi, come conoscenza. Non si può creare nulla di singolare se non si pensa ed il pensare non è quello heideggeriano ma semmai quello kantiano-hegeliano coniugati
tramite il giudizio e la dialettica che ridefinisce il giudizio della scienza filosofica – e non della scienza storica
(che è una frottola messa in giro da J. G. Droysen (1808-1884). Dunque ogni atto creativo, artistico compreso,
è un atto conoscitivo distinto dalla generalizzazione o estensione di un teorema o altri modi di filosofare. E
non è nemmeno un privilegio. Infatti le pagine sull’ arte e sulla poesia di Heidegger sono a dir poco incresciose (basti constatare come ha “raffreddata’’ e raggrumata l’ alta poesia di Hölderlin45. Su quest’ ultimo
ricaviamo questo passo: “Nel nostro tentativo di interpretare le poesie di Hölderlin, abbiamo compiuto il
primo passo oltre la soglia. La soglia indica il luogo del passaggio da un ambito all’ altro. L’ ambito che ci è
abituale è il componimento inteso, per così dire, come cosa semplicemente presente, costituita dai vocaboli
[?)]scritti, letti pronunciati. Abbiamo questa cosa davanti a noi; siamo noi che ne disponiamo e che lavoriamo
intorno ad essa. Si parla, di recente, di <<frequentazioni della poesia>> […]. La nostra interpretazione non
mira ad altro. Non è fine a se stessa. Lo scopo dell’interpretazione genuina consiste unicamente nel rendersi
superflua’’46.
Non si capisce se sia la “critica stilistica’’ oppure un giudizio estetico; ma in ambedue i casi è palese che
Heidegger imposta il suo metodo sul binomio filosofia e poesia filosofica. Risultato: niente oppure l’ arte per
essere arte non deve avere un fine? Accade lo stesso per “L’ Inno Der Ister’’, ed un passo preso allo “inizio’’
recita: “Il fare del fiume è il suo scorrere, e in questo scorrere il fiume ha la sua realtà è il fiume reale’’ […]. O
forse il fiume reale stabilito dalla geografia e conoscibile in ogni esperienza quotidiana, non è il fiume veramente essente? Il reale direttamente stabilito e fissato non è esso stesso l’ ente? “Ma che cosa faccia quello,
il fiume, nessuno lo sa’’. Neanche il poeta dunque sa che cosa fa il fiume?’’, 47 e di qualche altro poeta come
Eduard Mörike (1804-1875).
Non è chiaro perché scrivesse poesie e desse giudizi su “poeti ed artisti’’ poiché il filosofo era sordo ad ogni
estetica – e dire che i fondatori dell’ estetica moderna sono stati due tedeschi: Baumgarten ed Hegel. Dacché
rivenne a Roma, nel 1937, per una conferenza su Hölderlin, cosa avrà detto della Cupola di Michelangiolo,
(o l’avrà sdegnata poiché priva dell’ inizio?); o se sarà entrato in S. Pietro in Vincoli che avrà detto di fronte
al Mosè di Michelangiolo? Almeno Freud malgrado sul Mosè scrivesse delle insensatezze, tra le righe si sente
che di fronte a quel gigante, si inchinava.
Sul testo “Pensiero e Poesia’’ e le poesie sparse nella “Corrispondenza’’ con Hanna Arendt, faremo un lavoro
a parte. Anche Hegel si cimentò nella poesia e nell’ agosto 1796 inviò ad Hölderlin il poema ELEUSIS, dove
spiccano i versi “Nel contemplare,/a se stessa la mente fa naufragio:/ciò che mio nominavo, si dilegua; all’immenso mi affido; sono in esso/, io sono tutto, sono esso soltanto’’48 ma il tono è diverso. La sua voluminosa
“Estetica’’, l’ aveva indotto a toccare tutte le arti ed alla poesia aveva riservato il capitolo conclusivo, il III, “La
Poesia in tutte le sue forme e differenze’’, ma nella “Introduzione. Delimitazione e posto dell’Estetica’’, si legge
la famosa, ed equivocata sentenza, “Il pensiero e la riflessione hanno sopravanzato la bella arte’’, quello che i
volgari chiamavano la morte dell’ arte e su quello slogan, se ne lessero, e se ne videro, in campo artistico di
tutti i colori.49
Le pagine heideggeriane successive riguardanti la scuola-università-preparazione e formazione del tedesco
hitleriano, sono una raffazonatùra di idee in punti, sapere, scienza e soprattutto dettami politici dal punto
65, pag. 169, fino al punto 75 che recita: “Motto guida per il rettorato: non puoi evitare le continue delusioni;
esse chiariscono la situazione e consolidano l’ autentico valore’’ col distinto Volontà di guidare: è altro della
brama del riconoscimento….’’50.
Questi sono modi popolani di dire poiché la guida di un rettorato, come si legge nel famigerato discorso, era
quella servile al nazismo. Nei Quaderni il tono è di sapore propedeutico messo insieme parte per parte e
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fors’ ànche limato più volte, ma il “nascondimento’’ mezzo secolare di queste notizie, è una problematica filosofica forse estrema che Heidegger avvertiva nel suo filosofare e che disperatamente reimpostava il suo “metodo’’ per lo estremo riconoscimento dell’essere e della ontologia: perorava l’ altro inizio. Voleva essere sicuro
dello “esserci’’ (del Ci): una ricerca filosofica “parallela’’ ma ben distaccata da quella già tracciata di “Sein und
Zeit’’. Perciò i Quaderni, tutt’altro che secondari agli effetti della ermeneutica heideggeriana, sono una “filosofia’’ parallela a quella già realizzata: una “seconda forma gnoseologica’’ con l’ ansia di riscoprire l’ essenza
ed il senso della esistenza “dentro’’ il pensiero. Questo è un fardello filosofico pesante anche per l’ex chierichetto di Meßkirk.
Le pagine che conducono alla conclusione della questione
del Rettorato sono sovente riprese e puntellate con altri
discorsi, alcuni non privi di disprezzo, in tutto il libro. Ma
il capitolo specifico includente il discorso L’ autoaffermazione dell’ università tedesca ovvero – il piccolo intermezzo
di un grosso errore’’ sembra un malinconico rendiconto
fallimentare,51, ma è il “ritorno” al Discorso del Rettorato,
che suggella i pensieri di questo specifico “Quaderno’’ –
soprattutto i copiosi “ripensamenti’’ sulla scienza crediamo
inconclusi, qualche volta migliorati, in altri volumi noti ma
mai conclusi non dicono con chiarezza cosa intendesse per
“scienza’’ il filosofo. Chiudiamo il primo giudizio sul cahier
noir del rettorato, consono con il sigillo, 219. Lo trascriviamo, e commentiamo, per esteso:
“L’ autoaffermazione dell’ università tedesca – ovvero il
piccolo intermezzo di un grosso errore.
Perché da decenni si è preparato ciò che con il suo obiettivo
ci si ripropone: Le scienze della natura vengono completamente tecnicizzate.
Le scienze dello spirito si trasformano in strumenti politici
improntati a una visione del mondo.
La scienza del diritto si rende superflua.
La medicina diviene una tecnica anche in quanto biologica.
La teologia diventa priva di senso.
Lettera al Rettorato Accademico dell’Università, 1945
E l’università? Non è nemmeno più brutta di una foglia di
fico atta a nascondere la nudità di questo inarrestabile cadere in pezzi; una triste occasione per certi ficcanaso arrivati troppo tardi.
Quello che oggi non merita nemmeno più questa meditazione.52.
Il primato dell’ università tedesca, ora diventa un piccolo intermezzo di un “…grosso errore…’’. Che per ragioni ovvie sia stato un intermezzo sufficiente per creare danni e confusioni alla filosofia è fuori di ogni dubbio, purtroppo l’intermezzo non è mai cessato; il rettorato e le adiacenti conseguenze di non poco conto se
fossero state sottoposte a giudizi corretti, Heidegger non avrebbe potuto più mettere piede in nessuna università mentre nei fatti, dopo alcune sospensioni, venne chissà per qual motivo riabilitato e ricollocato alla sua
cattedra. L’ apologia del nazismo, inoltre, non si fermò lì poiché in tutti i suoi scritti successivi l’ ermetismo
dei suoi trattati si è espanso in tutti i campi filosofici, i quali sopravvivono perché gli argomenti, o l’ argomento principe, sono la ontologia con le ancelle aletheia ed esistenza. Analizziamo l’ eptalogo:
α) “Le scienze della natura vengono completamente tecnicizzate ’’.
Questo concetto è snaturare la scienza quale che sia (Heidegger cita quasi sempre biologia, fisica, medicina
e matematica) poiché la distinzione fra la scienza che è un fatto altamente creativo-conoscitivo, si diversifica
della sua ancella che è la tecnica. Manca la netta distinzione tra la abilità di realizzare una teoria scientifica
tramite il lavoro o applicazione e la scienza che è il punto conoscitivo di più ambiti. Come possiamo ridurre
la fisica teorica, che è solo matematica-geometrica di varie nature, fino alla recente, ma pressoché inavvicinabile, dagli heideggeriani, “geometria non commutativa’’ o “delle matrici’’ ad una funzione puramente pratica
cioè produttiva la cui natura è di ordine puramente pratico? Un teorema ed una figura geometrica non cambieranno mai – a meno che si adoperi la formula inversa ma il risultato sarà o raccorciato od allungato ma
darà sempre gli stessi prodotti numerici. Non c’ è la meccanica, che è tecnica, per costruire un motore, ma c’
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è l’ingegnere progettista che crea il progetto coi calcoli uniti ai materiali da impiegare affinché si ottenga il risultato voluto. Questo modo di dire del filosofo sottintende quello che per il nazismo, ed il fascismo italiano,
era il “lavoro (Arbeit) praticato dallo stesso filosofo nel prato della sua Hütte, segando tronchi d’ albero sul
cavalletto come appare in diversi documenti fotografici. Anzi andava fiero d’ essere un Holzfäller (boscaiolo).
Nella tecnica probabilmente vedeva anche il progresso col quale rendere l’uomo sempre più attaccato alla terra. D’ altra parte è un concetto espresso correttamente per metà: la fisica, per esempio, appartiene alle scienze
naturali o della natura supportata dal calcolo matematico.
β) “Le scienze dello spirito si trasformano in strumenti politici improntati (scil. secondo) a una visione del
mondo’’.
Qui è toccato un tasto debole: le scienze dello spirito. Questa filosofia non è nuova per nessuno e tanto meno
lo era per Heidegger. Promotore di questa scienza è stato Wilhelm Dilthey (1833-1911) nella cui opera capitale, “Introduzione alle scienze dello spirito” nella seconda parte vi sono due capitoli pertinenti le scienze della
natura e le scienze dello spirito’’53.
Purtroppo si ricava ben poco e l’ unica cosa che mette a fuoco nei suoi schemi riassuntivi, dopo aver citato
male Galileo e Descartes – di Kepler e Newton parlerà più avanti spropositando –, dice: “Nella connessione
generale che abbiamo esposto nacque la scienza moderna della natura’’54 e poco più avanti, s’ allinea involontariamente, a Galileo così “Questa scienza moderna ha d i s g r e g a t o g r a d u a l m e n t e la metafisica
delle forme sostanziali’’55.
Per le Scienze dello Spirito tocca il tasto delicato di Spinoza e gli adduce cose galileiane che non gli spettano –
semmai alcune correzioni che il Bento fece sui “Principi della filosofia’’ di Descartes56.
Incapibile a cosa, e a chi, riferisca la trasformazione delle scienze dello spirito in strumenti politici per una
visione del mondo. La scienza non può dar mano alla politica per sua natura; semmai sono gli stati progrediti
che impiegano la loro forza per farsi una visione politica difensiva-offensiva del mondo: crediamo l’ interesse
fosse così per la Germania
γ) “La scienza del diritto si rende superflua’’. Questo “assioma’’ è sbagliato poiché non dimostra nulla. Prima
di tutto l’ uso abusato del termine “scienza’’ nel diritto è arbitraria. Nella Wissenschaft, siccome l’ esercizio
delle leggi nella loro applicabilità e fattività sono senz’ altro logiche, non si può applicare una legge in proporzione al fatto che ha provocato la sua chiamata in causa. I latini coniarono il “Sed lex dura lex’’ nel senso che
la legge per essere così definita deve essere giusta ma intransigente nel farsi, o farla, valere. Perciò il diritto di
salvaguardare in ogni caso la persona, in una società civile se non viene esercitato non è più diritto ma frasario giuridico. Tuttavia se la si vuol ridenominare con altro appellativo potrebbe anche farsi, ma la superfluità
della scienza del diritto inclusa dal nazismo in una nazione civile non è più un sacrosanto “diritto’’ ma bassa
ideologia. Non dobbiamo dimenticare che il diritto del Nazismo tedesco aveva certe connotazioni proprie e
disumane: l’ annientamento degli ebrei e non solo. Di fatto l’ Olocausto ha ritenuto “giuridicamente’’ superflue le vite degli ebrei.
δ ) “La medicina diviene una tecnica anche in quanto biologica.’’
I termini di questa asserzione irritano davvero tanto e ci fanno chiedere: “ma questo era un filosofo’’ (un
φιλόσοφος) cioè φιλότης (amicizia) e σοφια (sapienza) oppure il rinnovatore filosofico che stringe amicizia
con l’empirismo della medicina con la congiunzione coordinante “anche’’ (sogar) poiché biologica? Comunque lo si interpreti suona a slogicatura ( o dubbia traduzione?) E’ dato per sottinteso che la medicina si applica alla natura e che ogni cosa “viatel’’ non può non essere biologica. Che direbbe attualmente della medicina
considerando le tecniche meccaniche avanzatissime che permettono di diagnosticare, ed anche guarire,
malattie un tempo addirittura non diagnosticabili? Comunque anche questo suona a privilegio dell’ auto
affermazione dell’ università tedesca – sia sotto il suo rettorato sia l’ università come istituzione nazionale.
ε ) “La teologia diventa priva di senso’’. Questa è una asserzione di pessimo gusto che con la filosofia ha poco
da condividere. Il ripudio degli anni passati fra sagrestie e collegi cattolici è stridente. Senz’ altro è un involucro culturale poco chiaro poiché il suo lavoro su Abraham de Santa Clara, per quanto il predicatore fosse
antiebraico era pur sempre un religioso malgrado forgiasse un concetto di “umanità’’ e di “persona’’ molto
violenti e quella lezione non se la dimenticò per tutta la vita. Perciò è lecito chiedersi: è ancora degno d’essere
chiamato “il migliore dei filosofi moderni’’ Heidegger ? oppure dobbiamo credere che il maggior filosofo della
modernità fosse un sottile, e qualche volta perfido, sofista che ci ricorda un Gorgia capovolto sull’argomento
capitale “Sul non-essere o Sulla natura’’?57.
Forse di questo Derrida, e la sua coorte assai buffa che vidi ed ascoltai a Napoli all’ Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici a proposito di Gadamer, seppe che farsene preferendo le sue idee decostruttiviste. Decostruire
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per rinnovarsi e ritornare all’ origine. BALLE!!!
ζ ) “E l’ università? Non è nemmeno più una brutta foglia di fico atta a nascondere la nudità di questo inarrestabile cadere in pezzi: una triste occasione per certi ficcanaso arrivati troppo tardi.
Quello che oggi non merita nemmeno più questa meditazione’’. Il commento-risposta è breve: ma quando era
rettore nazista dell’Università tedesca che è la prima “Università Tedesca’’ non l’ aveva elevata all’ immortalità
oraziana “Exegi monumentum aere perennis/regalique situ pyramidum altius,/quod non imber edax/, non
aquilo inpotens possit diruere aut innumerabilis annorum series et fuga temporum’’?58.
Credeva che il Terzo Reich ed il Suo Führer fossero perenni ma che non immaginava che le stragi naziste
dell’ agognato Reich venissero annientate e durevoli nella storia per i massacri di ogni sorta che perpetrarono
sui guastatori di una razza pura, ossia gli ebrei?
Oltre a quanto detto sul particolare del primo “Quaderno’’, nell’ attesa delle uscite prossime altri giudizi
severi se ne possono trarre, e come esempio della barbarie heideggeriana del filosofare riteniamo che “La
πίστις (fede)’’ di Heidegger fosse adulterata poiché per i greci la fede era un atto fondante. Ma per il nativo di
Meßkirch, di essa ne fa una questione “liquida’’ (non duratura) impiccandosi con le sue mani alla malintesa
battuta di Nietzsche “Dio è morto’’, che francamente non si sa cosa voglia dire59 cfr. nota successiva; “….Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso![…]. Le spiegazioni
mistiche passano per profonde: la verità è che non sono nemmeno superficiali’’60; ( a meno che si dia credito
ad Eugenio Scalfari, il quale in chiusa del suo “diario”: scrive “Dio è morto, scrisse Nietzsche. Sbagliava. Mi
sembra più corretto affermare che senza di noi non sarebbe mai nato’’.61
Per la propedeutica anticristiana continuiamo con F. Nietzsche 62.
E la “Volontà di potenza’’ nietzscheana è stata invocata dallo Heidegger come supporto a quel nulla ed a
quell’ antisemitismo derivati da una contumace concezione dell’ uomo e della filosofia – lasciamo stare la
scienza di cui Heidegger era assolutamente ignaro: l’ imbroglio con il modernismo affannato della tecnica è
generato da incompetenza più ferace sulla scienza naturale e fisica: basti leggere gli sgorbi parolai sulla relatività in un insipiente libello storpiando lo spaziotempo a lui inaccessibile fisicamente e vieto assolutamente
alla filosofia. x + y + z + t cosa rappresentano per il filosofo dello “ Sein und Zeit ’’? Niente. Nemmeno nel
“Der Begriff der Zeit’’ (“Il concetto di tempo’’ del 1924) ci sono pensieri convincenti, soprattutto quando chiama in causa Einstein: “L’ interesse di sapere che cosa sia il tempo è stato risvegliato oggigiorno dallo sviluppo
della fisica nella sua riflessione sui principi fondamentali del coglimento e della determinazione che vanno
qui (?) attuati, cioè i princìpi fondamentali della misurazione (sic!) della natura entro un riferimento spaziotemporale. Lo stato attuale di questa ricerca scientifica è fissato nella teoria della relatività di Einstein. Eccone
alcune tesi: lo spazio in sé non è niente; non c’ è uno spazio assoluto. Esso esiste soltanto mediante i corpi e
le energie che contiene. (Una vecchia tesi di Aristotele (sic!).Anche il tempo non è niente [sic, ha letto male
s. Agostino]. Esso sussiste soltanto in conseguenza degli eventi che si svolgono. Non c’ è un tempo assoluto e
nemmeno una sincronicità assoluta’’: “BALLE di Filosofia ’’ direbbe l’ energico Enrico Fermi’’63. Orecchianze
inaudite, cioè conoscere in modo superficiale. Aristotele: che c’ entra? Scambia il tempo relativistico con la
cronologia. La nota del curatore-traduttore dell’ opuscolo melangolano è esilarante.
L’ antico filosofo aveva intuito tante cose nella sua bella Φυσις, ma nella Metafisica ne disse una più grossa
dell’ altra. Galilei lo disse senza mezzi termini nella robusta lettera teorica al friulano fra’ Paolo Sarpi (15521605), poiché gli scriveva “…..talché al presente [1611] non provo altri contrari che i Peripatetici, più parziali
di Aristotele che egli medesimo non sarebbe, e sopra quelli di Padova, sopra i quali io veramente non spero
vittoria. Queste occupazioni non mi hanno però interamente rimosso dalle inquisizioni [scil. zelanti ricerche]
celesti, sì che io non abbia potuto investigare qualche altra cosa di nuovo……)’’64.
Il baitano della Hütte di Todtnauber nella Foresta Nera tira in ballo nientemeno che la Relatività ristretta saltando a piè pari tutta la articolazione che si muove dalla memoria sui quanti del 1905 passando per 4 relatività preparatorie con la struttura tutta matematica della Relatività generale del 1914. Il richiamo poi all’ opera,
che ha spazientito Einstein per le scemenze e gli arbitrii, come quelle del nazista, nati intorno alla relatività
dalla ristretta del 1905 alla generale del marzo 1916, benché sia un testo redatto per lo più in forma letteraria ( salvo alcuni necessari calcoli tra le pagine 54-73 per la Relatività Ristretta e pp.105-133 per la Relatività
Generale, del 1917,65 i concetti fisici sono difficilissimi da capire – altra cosa è la silloge che il bravo Bellone
raccolse anni or sono nel 1988. Perciò il “tempo dell’ essere nazista’’ non ha nulla da spartire con quello della
fisica teorica e tantomeno con quella einsteiniana: il bravo “seminarista’’ di Meßkirch66 non aveva intelligenza
sufficiente per capirla.
Ed intorno alla scienza si legge “Che in generale debba esserci scienza, non è in nessun caso incondiziona11
tamente necessario. Ma se deve esserci e deve esserci per noi e grazie a noi , allora a quale condizione deve
esistere veramente?
Alla condizione di sottoporre noi stessi, di nuovo, alla potenza dell’ inizio del nostro essere storico-spirituale.
Questo inizio è l’ irruzione della filosofia greca. In quel punto della sua storia, per la prima volta, l’ uomo
occidentale sulle salde fondamenta della sua stirpe[cors. nostro] in virtù del suo linguaggio, fronteggia
l’ essente nella sua totalità e lo interroga e lo comprende come l’ essente che esso [egli] è’’ 67. All’ attento studioso non devono sfuggire alcuni giudizi del filosofo Carlo Antoni (1896-1959). Autore di pregiati volumi di
storiografia e di storia della filosofia, la fisionomia psicologica del tedesco è così individuata: “Negli scritti
precedenti ispirati da Hölderlin, Heidegger sembrava rivelare dei magici abissi, dei misteri cosmici, ma a ben
guardare, una volta superato il velame dei termini strani si scopriva che il risultato era tutt’altro che sorprendente….’’68 – . Tanto che l’ Antoni non tralascia un altro particolare affatto intrascurabile: “Finalmente, [dopo
7 anni di silenzio], nel 1937 egli, [il germanico] riappare con una conferenza tenuta qui a Roma su Hölderlin
e l’ essenza della poesia. Fino a quel punto, come si è visto, aveva pressoché ignorato l’ esistenza della poesia
e dell’ arte La conferenza di Roma potè apparire allora una divagazione, provocata dall’ invito. In realtà la
scoperta di Hölderlin segna l’ inizio di un nuovo, decisivo periodo. Hölderlin e per lui il << poeta della poesia
>>, un filosofo poeta affine ai presocratici, un rivelatore, che nei suoi inni ha svelato l’ essenza stessa della
poesia come sacra Parole dell’Essere’’.69
E noi confermiamo il giudizio antoniano col termine oramai adatto a certe circostanze, come questa, il
termine BALLE di filosofia[fisica] del fisico Enrico Fermi; e precedentemente l’ Antoni asseriva: “In questa
situazione non possiamo attendere gran che dall’ esistenzialismo. La sua pallida e melanconica figura, i suoi
tetri accenti, le sue angosce ed il suo senso del nulla, non sono fatti per restituire la nostra civiltà. L’ immagine dell’individuo, che esso ci offre non fa il caso nostro.’’70
E sull’ osticità – che non è rielaborazione ermeneutica del greco antico anche se ne fa sfoggio più che per
filosoficità che per espressione linguistica – l’ Antoni lo definisce: “Profeta filologico, ha bisogno di un testo
poetico per dedicarsi all’ analisi delle parole <<originarie>>71. Non occorre dire che questa specie di filologia
mistica non ha proprio nulla da fare con la scienza del linguaggio.
Ma nel volume sopraccitato dedicato interamente ad Heidegger, il filosofo triestino affilava i giudizi sulla
protervia dell’ esistenzialismo ontico e del nauseoso Esserci con il “Ci’’ buttato nel mondo a perdersi la coscienza di che cosa esso sia, ed in quel perdersi che stimola a riconoscerlo come l’ essere riflesso dell’essere. A
tanta baldanza orfica, il filosofo punta dritto: “Tuttavia, a mio avviso, l’ esistenzialismo va interpretato come
filosofia o teologia della storia in funzione della spiegazione della crisi della civiltà occidentale’’72. Se
l’ opera “Sein un Zeit’’ è ritenuto il maggior testo di Heidegger, noi gli preferiamo “La logica, il problema
della verità’’73, seguito da “Principi metafisici della Logica’’ edizioni il melangolo, Genova 1990 – dove non ci
piace l’ esempio della struttura dell’ asserzione sull’ esserci-giudicare, corredata da una discutibile illustrazione benché l’ autore la definisca “…rozza e insufficiente…’’: No rispondiamo noi: è sbagliata ed illogica poiché
ha ridotto un esempio di percezione visiva (Gestaltpsychologie) ad un’ asserzione logica. L’ Ente non si biforca per ricomporsi: l’ ente resta ente.
Queste cose bisogna lasciarle fare ai matematici ed ai fisici, e non a rettori nazisti (anche il Führer disegnava
e, forse, acquerellava. A Firenze ante 2000 venne allestita una mostra polemica dalla giunta comunista per
sberleffare, a ragione, “l’ arte’’ del Führer. Acquerelli o disegni in china su carta da pacco incorniciati, 30x40
max e venni invitato. L’ ospite e visitatore d’ eccezione era il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Mi
trovai accanto a lui che gironzolava con il Sindaco appresso e ad ogni sosta acuiva i suoi occhi su quelle
brutture ed esclamava sconsolato “E’ molto scolastico; cose da dilettanti’’, ed io malignamente dissi “Cose da
imbianchini’’ senza offendere chi lavora. Mi diede un’ occhiataccia e poi mi disse “Come ti chiami ragazzaccio”: declinai il mio nome e mi salutò. Lo riincontrai ad un’ altra mostra a Pistoia per la retrospettiva dello
scultore Marino Marini e ci reimbattemmo casualmente davanti ad un “Cavaliere’’ e salutando gli astanti mi
risalutò.
Le pagine migliori di questi “Principi metafisici della logica’’ sono a) ne “Il fenomeno del mondo’’, b), pp.
203- 261, intervallate tra le metafisiche del Kant/ Baumgarten ma il § 12 “Trascendenza e temporalità (nihil
originarium)’’, pp.232- 261 74, malgrado la questione dello “ora’’ o “adesso’’ , “τό νυν ’’ cioè il “presente/adesso
nel cono del tempo’’, sia inesistente – e non secondo l’interpretazione spuria di Aristotele “ L’<<ora>> è, come
si è affermato, la continuità del tempo’’ – cfr. Aristotele, La Fisica, IV, 13, Rusconi Libri, 1995 pag. 227 – sottilizzando “Infatti lo “adesso’’ unisce il tempo passato e quello futuro; ibidem). E’ più logica la “Definizione’’
di Hegel “Il tempo è l’unità negativa dell’ esteriorità, è alcunché di semplicemente astratto e ideale. Il tempo
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l’ essere che mentre è non è , e mentre non è; è il divenire intuito il che vuol dire che le differenze semplicemente momentanee, ossia che si negano immediatamente, sono determinate quali differenze estrinseche, cioè
esterne a sé stesse ’’ 75 la dialettica del tempo – cfr. anche nota 76.
Chiudiamo questo articolo-parentesi in attesa dei prossimi Quaderni, che può darsi abbiano contenuti da
disoccultare d’ un certo valore (ricordiamo la doppia seconda forma di gnoseologia già segnalata), però i
giudizi conclusivi li affidiamo a B. Croce – facendo storcere il naso a qualche neostorico prezzolato cronista – che fu davvero il filosofo che potè parlare di storia identificandola con la filosofia: “ Lo Spirito, che è il
Mondo, è lo spirito che si svolge, e perciò uno e diverso insieme, eterna soluzione ed eterno problema, e la sua
autocoscienza è la filosofia che è la sua storia, o la sua storia che è la sua filosofia, sostanzialmente identiche;
e identica è la conoscenza con l’autocoscienza, cioè distinta e una insieme, come la vita e il pensiero. Questa
filosofia, che è in noi ed è nostra, ci abilita a riconoscerla , ossia a riconoscere sé stessa fuori di noi nel pensiero degli altri uomini, che è anche nostro….’’ 77 unendo ad essa i prodromi logici con la sua “Sintesi a priori
logica’’: “Si può dire che chi non accetta la sintesi a priori è fuori della strada della filosofia moderna, anzi della filosofia senz’ altro, e deve sforzarsi di trovarla o di ritrovarla, se non vuole bamboleggiare con l’ empirismo,
sdilinquire col misticismo o annaspare nel vuoto dello scolasticismo ’’ seguita da “ La sintesi a priori è unità di
distinti e non di opposti: quel che è materia di sintesi logica, e fuori di essa non ha alcun carattere logico ( non
è soggetto), è tuttavia in un altro e inferiore grado spirituale, fuori di essa e non materia, e si chiama intuizione ’’ 78.
Due noticine, XIII e XIV, del “laico cristiano’’ 79 filosofo napoletano intorno ad Heidegger giustificheranno i
nostri convincimenti crociani che sono tutt’ altro che “d’ occasione’’:
“Perché ho dimostrato sempre avversione e come impazienza verso il filosofare dello Heidegger? La ragione è
semplice e fondamentale: perché l’ autore nescit ponere in totum: non muove dal rapporto e non si muove nel
rapporto del tutto e delle parti, dell’unità e delle sue distinzioni. Egli si attacca a una parte, al Desein,
all’ esistere del finito nella sua finitezza, vi scopre l’angoscia della morte e il nulla, e se ne sta come incantato
e non riesce a procedere innanzi, perché già, nel suo accingersi a meditare, ha tagliato il ramo dal tronco a
cui appartiene. Ponere totum non è solo legge del poeta e dell’artista, ma del filosofo e dell’ uomo morale, e lo
Heidegger sarà un tormentato tormentatore, ma non già un robusto filosofo. Consegue dal suo disquilibrato
filosofare il suo disinteresse per tutti i problemi della storia e della vita, dai quali presero ispirazione e ai quali
apportarono lume i grandi filosofi di tutti i tempi. A che può servire il suo chiuso discorso << esistenziale
>>, che non è prologo ad altro? Si è veduto nei fatti: a spingere taluni a darsi o a tornare nelle braccia della
religione rivelata, nel qual riguardo l’ esistenzialismo opera come molte altre situazioni psicologiche di disperazione del pensiero, quando è inadeguato a sé stesso’’.
“In un accurato libro sull’ esistenzialismo si legge che questo è << la più chiara e vigorosa manifestazione dei
due caratteri fondamentali che l’attento osservatore può scorgere nelle tendenze filosofiche odierne: l’accentuazione dell’esistenza personalistica e la riviviscenza dell’interesse religioso. Tutti gli esistenzialisti, indistintamente, si propongono di fondare filosoficamente la p e r s o n a e si tendono, esplicitamente o implicitamente,
in un modo o nell’altro, all’ i n v o c a z i o n e r e l i g i o s a >>. La << persona>> ossia la miserabile vitalità
dell’ individuo per sé presa; e <<l’ invocazione religiosa >>, cioè la stolta richiesta di una religione che dovrebbe cadere sull’ anima dal di fuori. E sono questi i due caratteri fondamentali del pensiero filosofico moderno? Se così fosse, vorrei dire che non c’è, oggi, pensiero filosofico, perché quei due presunti caratteri non
sono nient’ altro che il segno della bassura in cui è scivolata la vita mentale e morale, che fu così alto
nell’ ottocento’’80.
E se qualcuno/qualcuna a proposito del Croce, ricordato insulsamente e sabotato in Italia senza averlo letto
poiché ritenuto “nemico della scienza’’, c’ è il severo giudizio di Carlo Antoni da ricordare: “Come è già stato
osservato, da tre secoli, dal tempo di Galileo, nessun italiano ha esercitato nel dominio del pensiero un’influenza universale pari a quella esercitata da Benedetto Croce”81. Attenzione: dai tempi di Galileo, dunque nasce un’ altra domanda: che ne sapeva Heidegger di Galileo: niente. Se l’ avesse studiato avrebbe imparato quali
e quanti neologismi linguistici sensati, e non esosi, egli incluse nella sua gran prosa rettrice del suo poderoso
pensiero. Pertanto “….la storia deve essere storia senza dubbio, ma tale non è se non è i n t e l l i g e n t e’’ (B.
Croce)82.
Fatti i debiti riscontri filosofico-storiografici, Heidegger aveva “una mente’’ ottenebrata dalla mediocrità. Era
affetto di επαινέτησια (scil.esaltazione: analoga a quella nazista del dominio del mondo da parte della Germania?); dunque falso. Cfr. Quaderni neri ; P. Trawany, “Il mito della cospirazione ebraica’’, Bompiani 2015,
pag. 93,141-142, (in tema cfr. B. Russell, Perché non sono cristiano; B. Croce, Perché non possiamo non dirci
13
cristiani, in La Critica, 20 novembre 1942, pp.289-297 83; A. Brissoni “Primato etico da difendere’’ in La Voce
Repubblicana 19 novembre 1992, pag. 7 e La Voce, 26 novembre 1992, ibidem). Il Пόλεμος (combattimentolotta contro) eracliteo il filosofo esistenzialista lo rese sistematico avvalendosi di proposito dello Anticristo
del Nietzsche – del quale ne fa persino la disarticolata parodia – , poiché l’ inizio del mondo implica una causa imprescindibile ( es. materia/energia scura). Heidegger doveva rassegnarsi di fronte ad Eschilo “L’ ingegno
è assai più debole della necessità’’ ma il tedesco pretese troppo poiché abusando della coppia aleteia-ontologia
(αλήθεια/οντολογια……) il tragèda gli rinfaccia: “Guidando i mortali verso la sapienza, ha posto in vigore la
legge che si apprende attraverso la sofferenza’’84. La sofferenza della γνωσις.
NOTE
(1) Cfr. anche il commentario di E. Nolte, “Martin Heidegger tra politica e storia’’, Edizioni Laterza, Bari 1994, soprattutto il cap. IX,
pp.177-196, dove segnala la prima visita italiana del filosofo, 1936, allorché tenne una conferenza all’Istituto di cultura italo-tedesco, e dove sono messe in evidenza le menzogne di Heidegger “….aveva commesso un errore fatale….’’ E che per opportunismo “…
egli stesso ( Heidegger), parla con estrema deferenza di Giovanni Gentile, che fu per tutta la vita ideologo fascista…’’, ivi pag. 178;
sicché io lo soprannominerò “ Il grande e sudicio mentitore’’).
(2) “ έπισήμη è stare di fronte e stare di sopra – e così via’’ . cfr. M. Heidegger, Quaderni neri,1931/1938, riflessioni II-VI, Edizioni
Bompiani, Milano 2015, pag. 135
(3) Eduard Landolt, “ Gelassenheit’’ di M. Heidegger, Marzorati Editore, Milano 1967, pp. 173-175
(4) M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo’’, § 18, b, Edizioni il melangolo, Genova 1991, pag. 187
(5) Op. cit., § 26 a) pag. 293
(6) Hermann Heidegger, in M. Heidegger, op. cit. pag. 14, datata gennaio 1983
(7) M. Heidegger, Nietzsche, Editions Gallimard, Paris 1971 voll. I e II
(8) F. Nietzsche, “L’Anticristo ’’, ed cit. pag. 147
(9) F. Nietzsche, op. cit. pp.152-153
(10) F. Nietzsche, op. cit. pag. 145
(11) F. Nietzsche, op. cit. pag. 147
(12) F. Nietzsche, op. cit. pp.204-205
(13) D. De Cesare, in Corriere della Sera, del 2 novembre 2015, pp. 32-33
(14) F. Nietzsche “ Crepuscolo degli idoli, Come si filosofa col martello ’’, chiusa “Parla il martello, op. cit. pag. 130
(15) F. Nietzsche, op. cit. prefazione pag. 43, Torino, 30 settembre 1888
(16) Quaderni neri, ed. cit., 1, pag. 143
(17) nota, 3, ibidem
(18) S. Kierkegaard, Sansoni Editore Firenze 1972, pag. 622
(19) S. Kierkegaard, op. cit. pag. 19).
(20) S. Kierkegaard , Il concetto dell’angoscia in op. cit., pag. 109: ampia lode all’onestà
(21) M. Heidegger, op. cit., 9, pag. 145
(22) M. Heidegger, op. cit., 10, pag. 146
(23) ivi
(24) M. Heidegger, op. cit. pag. 146
(25) M. Heidegger , op. cit.,14, pag.147
(26) N. Machiavelli, Lettera a F. Vettori, die10 Decembris 1513, in N. Machiavelli, Opere, Ugo Mursia Editore, Milano 1966, pag. 23
(27) G. Von Wright “Schizzo biografico di L. Wittgenstein ’’, in N. Malcolm, “L. Wittgenstein ’’, Bompiani Editore, Milano 1964,
pag.7 & G. Von Wright, Monografia su L. Wittgenstein Edizioni il Mulino, Bologna 1995
(28) L. Wittgenstein, op. cit., prop. 5.47 II. pag. 52
(29) L. Wittgenstein, Tractatus Logico- Philosophicus, Edizioni Routlege & Kegan Paul, Londra, 1974, pag. 74
(30) R. Monk, “ L. Wittgenstein, il dovere del genio ’’, Edizioni Bompiani, Milano 1991
(31) cfr. K. Löwinth, Per una storia delle interpretazioni di Nietzsche (1894-1954), in “ Nietzsche e l’eterno ritorno, Edizioni Laterza
& Figli, Bari 1982, pp.12-232 e Note, nota 1 cap. VII, pag. 255 capitolo VII, § 12 completato con uno scritto su Heidegger, ivi,
pp.230-233)’’ in compagnia di Osvald Spengler (1880-1936)
(32) O. Spengler “ Il tramonto dell’Occidente’’ le cui tesi pessimistiche vennero ampiamente condivise dal Wittgenstein. Ostwald
Spengler benché antinazista incontrò Hitler nel 1933, ma si comportò’’ da antirazzista cfr. Monk
(33) cfr. Monk, op. cit. ed. italiana, pp. 277, 311, 312, 313, 314, 315, 382-395
(34) L. Wittgenstein, Tractatus e Quaderni 1914-1916, ed. Einaudi cit., pag. 118 & una edizione italiana invece traduce “Diari segreti’’ a cura di F. Curtò e traduzione di A. Gargani, Edizione Sagittari Laterza, Bari 1987
(35) L. Wittgenstein, “Movimenti del pensiero’’, ed. Quodlibet, Macerata, 1999, pag. 24
(36)L. Wittgenstein, edizione citata. Traduzione italiana L. Wittgenstein, Libro blu e Libro marrone, Edizioni Giulio Einaudi,
14
Torino 1983 a cura di Amedeo G. Conte) che fungono da “Preliminary Studies for the “ Philosophical Investigations ’’ traduzione
italiana L. Wittgenstein., “Ricerche filosofiche’’, Edizioni Giulio Einaudi, Torino 1967 a cura di M. Trinchero).
(37) M. Heidegger, Quaderni neri, ed. cit, 18, pag. 148
(38) M. Heidegger, op. cit.,19, ibidem
(39) M. Heidegger, op. cit.,25, pag. 150
(40) Eraclito, 14, in G. Colli, La sapienza greca, vol. III, Edizioni Adelphi, Milano 1980, pp. 56/57
(41) Eraclito, I Presocratici a cura di Marcovic-Mondolfo- Taran, Edizioni Bompiani, Milano, 2007, pag.111
(42) Eraclito, in G. Colli, ed. cit., pag. 111
(43) cfr. Eraclito, Edizioni Bompiani, cit., pag. 403.
(44) M. Heidegger, op. cit., 29, pag 151
(45) M. Heidegger, “ L’ inno Andenken di Hölderlin’’, Gruppo Mursia Editore, Milano 1997, pp. 36-37
(46) M. Heidegger, “L’inno Der Ister di Hölderlin ’’, ed. cit. Milano 2003, pag. 22
(47) G. W. F. Hegel, Eleusis, Carteggio con Hölderlin, Edizioni Mimesis, Milano 1996, pag. 63
(48) G. W. F. Hegel, Estetica, Feltrinelli Editore, Milano 1963, pag. 16 & A. Brissoni, Ricerche sull’Estetica di Hegel, Liviana Editrice, Padova 1968
(49) M. Heidegger, Quaderni cit. ,75, pag. 183
(50) M. Heidegger op. cit. ,214, pag. 261
(51) M. Heidegger op. cit. ,219, pag. 263
(52) W. Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, parte II, capp. II e III, Edizioni Bompiani, Milano 2007, pp.713-741 pp.
741-767
(53) W. Dilthey, op. cit. pag. 713
(54) W. Dilthey, op. cit. pag. 715
(55) W. Dilthey, op. cit. pag. 749
(56) H. Diels- W. Kranz, I Presocratici a cura di G. Reale, Bompiani Editore, Milano 2006, pp.1614-1624
(57) Quinto Orazio Flacco, Carminum, libro III, Tutte le opere, Sansoni Editore, Firenze 1968, pag.150
(58) F. Nietzsche, cfr. nota successiva
(59) L’uomo folle, in La Gaia Scienza, Mondadori Editore, §§ 125-126, Milano 1971, pp.125-126
(60) E. Scalfari, “ L’allegria, il pianto, la vita ’’, Edizioni Einaudi, Torino 2015, pag. 136
(61) F. Nietzsche, “ L’anticristo, in Scelta di frammenti postumi 1887-1888 ’’, Mondadori Editore, Milano 1975, § § 115-20 pp. 144149
(62) F. Cervelli -V. Napolano “ Storie ed errori prima e dopo Galileo ’’, Palazzo Blu, Pisa 2014, pp. 8 e 81; finanche errori di Ettore
Majorana, previa autocorrezione, pag. 82
(63) Lettera di Galileo a Fra’ Paolo Sarpi del 12 febbraio del 1611, in Le opere di G. Galilei vol. XI, G. Barbera Editore, Firenze
1968, lettera 476, pp.46-50, ma pag. 47
(64) Edizione italiana Paolo Boringhieri, Torino 1963 & CPAE vol. VI, Princeton University Press 1996
(65) Antonia Grunenberg, Hannah Arendt e Martin Heidegger, Storia di un amore, Longanesi Editore, Milano 2009, pag. 28
(66) M. Heidegger “ L’ autoaffermazione dell’università tedesca. Il rettorato 1933-1934 ’’, Edizioni il melangolo, Genova 1988, pag.
19
(67) C. Antoni, I sentieri dell’ esistenzialismo, in “Il tempo e le idee ’’ cap. V, L’ esistenzialismo, § 3, Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli 1967, pp. 400-401
(68) C. Antoni, L’ esistenzialismo di M. Heidegger, Guida Editore, Napoli 1972, pp.189-190
(69) C. Antoni, Il tempo e le idee, cit., pag. 391
(70) C. Antoni, Il tempo e le idee, ed. cit., cap. V cit., § 4, Heidegger profeta, pag. 405
(71) C. Antoni, op. cit. pag. 12
(72) M. Heidegger, op. cit., U. Mursia editore Milano 1986, II Parte “ La radicalizzazione della domanda: che cos’è la verità? ’’ § §
15-37, ma su tutti i paragrafi 20, 22-23, 25, 27, 28, 32, 35, 36, 37
(73) M. Heidegger, “Il problema del fondamento’’, op. cit. pag. 122.
(74) G. W. G. Hegel, Prima sezione della Filosofia della Natura, LA Meccanica SPAZIO E TEMPO, § Enciclopedia delle Scienze
in compendio, b) Il tempo, § 258, pag. 217, Bari 1963) il cui contraltare logico-filosofico, ricavato dalla filosofia platonica, suona la
melodia “ Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale’’.
(75) G.W.G. Hegel, “Lineamenti di filosofia del diritto ’’, Prefazione, Edizioni Laterza, Bari 1965 pag. 14 & A. Brissoni, L’ Epistemologia di Albert Einstein, Gangemi Editore , Roma 1991, pag. 81. cfr. anche “M. Heidegger: il tempo mondano”, in A. Brissoni cit.
pp.102-109
(76) B. Croce, La nuova storiografia, in B. Croce, “Teoria e Storia della Storiografia’’, G. Laterza & Figli, Editori Bari 1954, pag. 296
(77) B. Croce, La sintesi a priori logica, in B. Croce “ Logica come scienza del concetto puro ’’, G. Laterza & Figli, Editori, Bari 1958
VII edizione, pag. 141 e 144
(78) B. Croce, op. cit. pag. 145
(79) B. Croce, Un’ avversione filosofica, in Nuove pagine sparse, Serie prima, Riccardo Riccardi Editore, vol. I, MCMXLVIII Napoli,
pag. 257
(80) B. Croce, op. cit, pp.257-258
(81) C. Antoni, “ Commento a Croce’’ Neri Pozza Editore, 1955/1964, pag. 11
(82) B. Croce, op. cit. ed. Laterza, 1962, pag. 44
(83) Eschilo, “Tutti i frammenti con la prima traduzione degli scolii antichi’’, a cura di Ilaria Ramelli, Bompiani Editore, Milano
2009, pp. 1769 e Inno a Zeus dell’Agamennone, v. 159-165/176-178).
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Frontespizio di Che significa pensare?, Tubinga 1954
Frontespizio di Essere e tempo, Friburgo 1931
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