Presentazione del libro di Salvatore Farina, docente di storia e filosofia nel Liceo Ginnasio “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, dal titolo "Dolcezze di Sicilia, storia e tradizioni della pasticceria siciliana. Recensione a cura del dott. Carmelo Salvatore Benfante Picogna (pubblicata sul quotidiano “La Sicilia” il 28.02.2010) Il libro del prof. Salvatore Farina, “Dolcezze di Sicilia storia e tradizioni della pasticceria siciliana”, (Edizioni Lussografica) è un’opera che va ben al di là di una semplice raccolta di ricette, senza voler nulla togliere alla dignità letteraria di un ricettario. Si tratta, piuttosto, di un appassionato lavoro di ricerca che mette in relazione tradizioni, cultura, sapori e odori della nostra terra e delle sue genti. L’opera, pertanto, per essere compresa davvero nella sua specificità, dev’essere approcciata con tutti e cinque gli organi di senso: col tatto, per la pregevole edizione; con gli occhi per il godimento che proviene dalla vista di magnifiche foto ritraenti capolavori della pasticceria siciliana ma anche di luoghi, situazioni e persone che esprimono tutta la loro sicilianità; con il gusto, l’udito e l’olfatto per la capacità evocativa di suoni e sapori, talvolta lontani e, in qualche caso, definitivamente persi, che il libro ha. Ma i punti prospettici da cui accostarsi al libro sono davvero tanti: antropologico, la pasticceria espressione della storia imprescissa di spazio e tempo entro cui vive l’uomo; religioso-devozionale, la pasticceria come elemento non secondario di accompagnamento alle feste secondo il calendario liturgico e agiografico; geografico, è possibile ritrovare, da un luogo all’altro, similitudini e differenze sostanziali non solo nella ricetta e nel periodo in cui il dolce viene preparato, ma anche nel significante; economicosociale, potendo, addirittura, parlare di una produzione dolciaria ricca e una povera, a seconda del tipo, della qualità e quantità di materie prime impiegate e, naturalmente, l’aspetto creativo. E’ grazie a questa multiforme possibilità di lettura che si può cogliere l’intrinseca natura dell’opera, che, senza voler sminuire l’importanza di questo aspetto, solo in piccola parte è descrittiva riservandoci, invece, ampi spazi di profonde argomentazioni storico-sociali, filosoficoreligiose e, in definitiva, sul millenario rapporto dell’uomo con il dolce. Un rapporto che va ben oltre il semplice atto della produzione e della consumazione hic et nunc. L’opera, infatti, ed ecco un altro dei suoi pregi, racconta, con l’emblematica storia di Biagio Settepani, il sofferto lavorìo, nei secoli, dei nostri conterranei emigrati nella difficile duplice sfida di riuscire a portare al di fuori dei confini locali i sapori tipici della propria gente, del proprio piccolo mondo e farne motivo di vanto oltre che di lavoro, da un lato, e, dall’altro, contro il tempo che cancella il ricordo della propria infanzia e giovinezza intrise di colori e sapori, di amalgami intensamente intarsiati tra le loro vite. Ecco allora gli ingredienti principi della millenaria generosità della terra siciliana: la decisione e la versatilità del mandorlo, la dolcezza del pistacchio, l’avvolgente sensualità del miele, la morbidezza della ricotta il cui sapiente e creativo accostamento con gli altri ingredienti di base seduce e incanta il visitatore.