OSTEOPATIA E FARMACOLOGIA Alcune riflessioni ad uso dell

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OSTEOPATIA E FARMACOLOGIA Alcune riflessioni ad uso dell’osteopata sulla pratica dell’automedicazione Di Fabio Perissinotti D.O. Accademia Italiana Ostopatia APS www.aios-­‐scuola-­‐osteopatia.it Come osteopati non abbiamo un ruolo nella diagnosi delle malattie e nella prescrizione di farmaci ma è nostro dovere avere conoscenze nel campo della farmacologia così da poter dialogare con il medico. Egli infatti rappresenta il nostro interlocutore d’elezione nella ricerca del mantenimento o del ristabilimento della salute nei nostri assistiti. Queste conoscenze in ambito farmacologico ci possono servire anche per attività di sostegno al paziente. Il Counseling si integra naturalmente nella professione di osteopata, il cui compito non deve limitarsi al solo atto manipolatorio bensì estendersi all’educazione alla salute del paziente, mediante spiegazioni circa l’ergonomia quotidiana e sul luogo di lavoro, l’attività sportiva, l’alimentazione e, non ultimo, gli effetti dell’assunzione di farmaci e integratori. A tal proposito è meritevole riflettere sull’utilizzo dei farmaci da banco, ovvero dei farmaci di libera vendita senza prescrizione medica, il che si traduce in una riflessione sull’automedicazione. Definiamo automedicazione la volontà e/o la necessità di curarsi in maniera autonoma, senza ricorrere, o ricorrendo solo in parte, al consiglio del medico, diffusa nei paesi occidentali su larga scala nel corso degli ultimi decenni. L’automedicazione si concretizza in due momenti distinti: autodiagnosi e autoterapia. Non si tratta in vero di una novità, in quanto essa ha sempre accompagnato le civiltà nel corso della storia. Un tempo le concezioni terapeutiche erano prive di fondamento scientifico e quelle maggiormente in uso erano normalmente diffuse anche a livello popolare, considerando il fatto che per motivi geografici e socio-­‐economici la disponibilità di medici era piuttosto ridotta e riservata alle sole classi più abbienti. L’automedicazione era quindi pratica assodata ed è giunta così, con momenti di fortuna alterna, fino alla soglia del 1900, quando i rapidi progressi scientifici in medicina hanno iniziato ha incidere significativamente sulla vita delle popolazioni occidentali. Alla fine della seconda Guerra Mondiale si ebbe un cambiamento drastico che modificò le condizioni sanitarie della popolazione relegando l’automedicazione (il così detto rimedio della nonna) in ambiti più ristretti. In quell’epoca iniziò nel nostro paese la diffusione dell’assistenza mutualistica che permise ai cittadini un accesso più facile ai medici e alle medicine. Quasi contemporaneamente furono introdotti alcuni farmaci fondamentali come antibiotici, cortisonici e psicofarmaci che trasformarono radicalmente la medicina, l’operato dei medici e la percezione dell’arte medica da parte della popolazione. Le nuove medicine erano potenti ed efficaci e per avvicinarsi al loro utilizzo si iniziò a ritenere che ci fosse assoluta necessità della mediazione di un medico. Questa situazione durò circa un paio di decenni fino a quando l’automedicazione non iniziò a riaffermarsi seppur progressivamente, fino a superare oggi i livelli del passato. Ci troviamo però innanzi ad un nuovo fenomeno di automedicazione, perché basato su presupposti differenti rispetto al passato. Oggi lo sviluppo dell’automedicazione è legato a diversi fattori di ordine sia sociale che culturale ed economico. Tre sono gli assunti fondamentali: • consapevolezza che in qualunque momento è possibile accedere rapidamente ad una consulenza sanitaria adeguata. In pratica l’automedicazione si sviluppa sotto una sorta di “ombrello protettivo”; • maggior consapevolezza di sé e delle proprie possibilità da parte del cittadino che avverte i principi si autodeterminazione e autogesione come un diritto; • possibilità di disporre di informazioni, fino a poco tempo fa riservati a pochi, in maniera rapida ed economica tramite televisione, internet, riviste. In generale possiamo vedere il ricorso all’automedicazione come un aspetto del progresso culturale, quindi in termini del tutto positivi. Detto ciò occorre valutare non solo i benefici ma anche i possibili rischi di una tale pratica quando mal condotta. Spesso le informazioni ricavate dai media non sono corrette, oppure sono parziali o ancora sono abilmente manipolate a fini economici. Inoltre non sempre la formazione culturale del cittadino e/o il suo stato emotivo sono appropriati all’elaborazione corretta delle informazioni ricevute e, infine, atteggiamenti superficiali o di eccessiva sicurezza, possono favorire scelte inappropriate. Come osteopati, nell’attività di consulenza rivolta ai nostri assistiti possiamo loro proporre il seguente decalogo: • i famaci autoprescritti devono essere solo quelli da banco, che non necessitano ricetta medica. • prima di ricorrere ad un farmaco assicurarsi che le proprie abitudini quotidiane e sul luogo di lavoro siano corrette, e se necessario mettere in atto dei comportamenti per modificarle; • ricordare che i farmaci curano ma nel contempo apportano effetti collaterali che tendono ad aumentare con l’utilizzo prolungato e continuativo. • una sintomatologia importante e grave esclude a priori l’utilizzo dell’automedicazione. • gli esseri umani sono soggetti a cambiamenti importanti a livello metabolico, legati all’età, allo stato di forma, all’alimentazione, ecc., per cui ciò che si è rivelato utile in passato non necessariamente lo sarà al presente; • in gravidanza, durante l’allattamento, nella prima infanzia e nell’età avanzata non è auspicabile ricorrere all’automedicazione senza parere medico; • in presenza di malattie croniche e debilitanti conclamate, o in presenza di precedenti reazioni allergiche, prestare estrema cautela all’utilizzo di farmaci anche apparentemente banali (aspirina); • è buona norma limitare l’automedicazione ad una settimana massimo di tempo, periodo oltre il quale se i sintomi non sono regrediti occorrerà rivolgersi al medico; • è sconsigliato assumere più farmaci contemporaneamente; • se sopraggiungono reazioni inattese, anche assumendo farmaci banali, interrompere immediatamente l’assunzione e rivolgersi al medico. Si tratta di osservazioni in prima battuta apparentemente banali, ma la loro comunicazione è fondamentale nel rapporto con i pazienti, che spesso trascurano le cose più ovvie, professionalizzando l’operato dell’osteopata quale operatore della salute. 
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