Professor Alessandra Lemma - Società Italiana di Psicoterapia

Note introduttive di Fulvio Voria
Professor Alessandra Lemma
is Director of the Psychological Therapies Development Unit at the Tavistock and Portman NHS
Foundation Trust.
She is a Consultant Adult Psychotherapist at the Portman Clinic where she specializes in working
with transsexuals.
She is a Fellow of the British Psychoanalytical Society and Visiting Professor, Psychoanalysis Unit,
University College London and Honorary Professor Therapies in the School of Health and Human
Sciences at Essex University. She is the Clinical Director of Psychological Interventions Research
Centre at UCL. She is Visiting Professor, Istituto Winnicott, Sapienza University of Rome and
“Centro Winnicott”, Rome.
She is the Editor of the New Library of Psychoanalysis book series (Routledge) and one of the
regional Editors for the International Journal of Psychoanalysis.
She has published extensively on psychoanalysis, the body and trauma.
In una prospettiva storica si può dire che tutte le analisi condotte da Freud possono essere
considerate delle psicoterapie brevi, in quanto non superavano la durata di un anno.
Infatti, sia la teoria che la tecnica non erano state ancora sistematizzate (Fossi,1988).
Si ricordino a tale proposito i primi casi clinici: Dora (1905) seguita per undici settimane; l’uomo
dei lupi (1907) trattato per undici mesi; il caso di B. Walter (1906) direttore d’orchestra, fu risolto
in sei sedute o quello di G. Mahler (1908) che fu trattato rapidamente e definitivamente per
impotenza, dopo una passeggiata di quattro ore per le strade di Leiden.
Nell’ambito delle psicoterapie psicodinamiche, l’aggettivo “breve” è sinonimo di tecniche attive
radicalmente lontane dal trattamento psicoanalitico.
E’ utile specificare che il termine” breve” non va confuso con superficiale e “attivo” non significa
che il terapeuta sia “direttivo”.
La durata della terapia va da uno a due anni, mai meno di sei mesi; la data di conclusione della
terapia va predeterminata e fissata dopo i tre colloqui esplorativi; si lavora, quindi, sin da subito
sulla separazione. Il concetto di fine terapia è un concetto immanente, già presente nella terapia
classica.
Inoltre, si individua un’area di lavoro detta focus, apparentemente contraria al lavoro analitico, che
può essere rappresentato da un sintomo, da un’area di disagio o conflittuale che alcuni collocano a
livello edipico, altri a livello preedipico.
La terapia breve è un approccio in grado di riprodurre, mediante un setting specifico a durata breve
e predeterminata, i modi e gli effetti del trattamento tradizionale, pertanto, la dizione Psicoterapia
Psicoanalitica Breve non è un azzardo.
Essa è una tecnica, non idonea a tutti i pazienti, che vanno adeguatamente selezionati; ma
sicuramente è in grado di condurre la coppia analitica ad un’esperienza trasformativa parziale,
eppure ugualmente profonda.
I terapeuti che affrontano una tale esperienza devono avere una lunga e buona formazione analitica
classica ed una notevole esperienza clinica.
Lo psicoanalista che apprenda la modificazione cosiddetta breve dovrà, pertanto, individuare con
attenzione la tipologia di paziente, valutarne la forte motivazione al cambiamento, la capacità di
creare un buona alleanza terapeutica e una buona capacità introspettiva in modo da sottoporsi con
profitto a questo genere di setting.
La T. analitica breve può essere uno strumento alternativo, mirato ed originale, indispensabile in
quei casi in cui il trattamento classico incontrerebbe difficoltà o non offrirebbe maggiori vantaggi;
è un trattamento utile nella pratica privata, nei Servizi Pubblici e con gli adolescenti.
E’ opportuno a questo punto aggiungere qualche parola relativa alla Terapia Dinamica
Interpersonale Breve (BDIT).
Gli autori sin da subito dichiarano che l’intento non è quello di sviluppare un nuovo modello di
psicoterapia psicodinamica, ma di presentare la TDI come un protocollo che possa aiutare i
terapeuti di formazione dinamica ad attenersi ad un focus specifico (focus affettivo-interpersonale),
poi si vedrà che i focus saranno più di uno, in riferimento alle difficoltà che incontrano i pazienti
affetti da depressione/ansia cui questa terapia è indicata.
I soggetti con disturbo di personalità non traggono beneficio da questo tipo di trattamento breve,
proprio per il modo in cui è stato concepito.
La terapia è dinamica in quanto aiuta il paziente a comprendere l’interscambio tra realtà interna e
realtà esterna rispetto ad un pattern relazionale disturbato; è interpersonale in quanto si focalizza
sulle relazioni del paziente nella misura in cui si connettono con le sue problematiche attuali, dando
origine a sintomi depressivi o d’ansia.
E’ breve in quanto si propone di raggiungere l’obiettivo in un tempo definito (16 incontri), venendo
incontro così alle esigenze dei Servizi pubblici nonché dell’attività privata, vista la richiesta sempre
maggiore di aiuto.
L’applicazione della teoria e della tecnica psicoanalitica alla T. B. non è una diluizione della
psicoanalisi. Nuove forme di teorizzazione possono sembrare un’intrusione e fanno venire il dubbio
di danneggiare la psicoanalisi.
L’integrazione e l’adattamento possono essere presentati come un’evoluzione ma esperiti come
destabilizzanti (Lemma, Johnston, 2010).
Qualsiasi sviluppo porta con sé il cambiamento e, quindi, una perdita
Si ricordi che lo stesso Freud sosteneva che la terapia analitica andava adattata ai tempi che si
attraversavano.
Gli autori non disdegnano la ricerca clinica né tantomeno lo studio delle neuroscienze.
La terapia si sviluppa in tre fasi principali: Fase di ingaggio e di assessment, fase intermedia e fase
finale.
Inoltre, attraverso le supervisioni vengono forniti suggerimenti sul tipo di interventi che possono
essere utili nelle varie fasi del trattamento; infine, si fa molta attenzione alla flessibilità del
terapeuta: essa è fondamentale, in quanto la sola conoscenza delle strategie e delle tecniche
terapeutiche non garantisce, infatti, che il terapeuta sia competente.
Per quanto riguarda la cornice teorica, gli autori attingono alla teoria delle relazioni oggettuali, alla
teoria dell’attaccamento e alla psicoanalisi interpersonale di Sullivan.
Si farà per quanto possibile una valutazione dell’idoneità alla Terapia Dinamica Interpersonale
(TDI).
E’ la pratica clinica a fornire alcuni indicatori, delle linee guida, per valutare l’idoneità
all’approccio psicodinamico, quali ad es. la risposta del paziente ad un approccio esplorativo
(interpretazioni di prova), l’interesse del paziente a lavorare su tematiche affettive interpersonali, la
capacità di riflettere sulla relazione terapeutica etc. .
E’ importante tenere a mente che non si valuta se il paziente sia adatto rispetto al modello, ma
piuttosto il grado in cui il modello ed il contesto in cui viene offerto possano essere adattati per
venire incontro ai bisogni del paziente.
Vale la pena far notare che per i pazienti non ancora pronti per questo tipo di intervento esso può far
da ponte verso una terapia psicodinamica a lungo termine.
Si lavora sempre e molto su, nel transfert e sul controtransfert per comprendere il paziente, e per
gestire le difficoltà del processo.
L’ascolto è sempre di tipo analitico; si fa uso di varie tecniche espressive/esplorative quali: la
confrontazione, la chiarificazione, l’interpretazione, interventi di mentalizzazione, apparentemente
semplici ma spesso sottovalutati.
Si lavora sull’interpretazione dei sogni, sulle fantasie inconsce, sulle resistenze e sulla separazione
sulla quale, come si è detto, si lavora sin dall’inizio, facendo cenno ogni tanto, durante il
trattamento, al numero di sedute mancanti.
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