LA SOCIETÀ DELLE DIFFERENZE.
Carmen Leccardi
14 maggio 2007
Porre la questione delle differenze come ripensamento del rapporto con la politica significa, in senso
sociologico, porre una questione di genere, comprendendola nel quadro di una realtà plurale sul piano
delle culture, dei linguaggi, delle valenze simboliche, della vita in generale. Significa avere
consapevolezza di tale pluralismo complesso e riflettere sui modi in cui esso si manifesta.
Se ci si pone in una simile prospettiva, si scopre che non esiste alcun punto di vista al di fuori di quello
occidentale. Non esistono nuovi strumenti. Quella in cui ci troviamo si potrebbe definire un epoca postmetafisica, in cui la crisi dell’universalismo si mostra in tutta evidenza. In questo senso, la domanda da
porsi è: quali linguaggi, quali forme di comunicazione, come scambiarsi messaggi rendendoli
comprensibili per l’altro? Come assicurare il legame sociale? In realtà, è la società che viene
interrogata: questa società come ultima eredità della metafisica occidentale, che ha prodotto le
cosiddette “grandi narrazioni”.
Le differenze sono sempre esistite, ma qualcosa è avvenuto, che rappresenta una specie di
spartiacque simbolico. Questo qualcosa è la caduta del muro di Berlino, tanto che oggi si può parlare di
un “prima” e di un “poi” rispetto a tale evento. Caduto il muro, non c’è più il diverso che dietro esso si
nascondeva. Anzi, si può dire che l’altro si è trasformato, e che anche l’altrove non c’è più. Però, questo
spartiacque può anche essere posto prima, negli anni Sessanta, quando il nesso stato-società-nazione
comincia a sfilacciarsi. Oggi si può appunto parlare di perdita di quel soggetto capace di comporre le
differenze, vale a dire lo Stato moderno.
Bisogna trasformare la definizione del concetto di differenza, introducendo analisi nuove, in grado di
mettere a punto concetti nuovi, per esempio, il concetto di “riconoscimento” di una gerarchia delle
differenze e delle diseguaglianze. E’ necessaria cioè, una ridefinizione dei temi delle diseguaglianze. Le
diseguaglianze oggi non sono solo economiche, o di classe, ma più complesse e drammatiche,
determinate dalla possibilità o meno di accedere all’informazione, terreno sul quale ne va
dell’autonomia delle persone. La non-autonomia nella dimensione “interna” della vita individuale
indebolisce le scelte e aumenta le diseguaglianze. D’altra parte, l’esercizio del potere si fonda anche su
una questione di linguaggio, ossia sulla capacità di nominare il mondo (inteso come dimensione
naturale, sociale, relazionale, eccetera) e di esprimere le proprie differenze. In questo senso, bisogna
fare i conti con l’eredità dell’illuminismo, inteso come lotta alle differenze. Oggi le differenze sono
slegate dalle diseguaglianze: come ha scritto recentemente Alain Touraine, è necessario ripensare il
loro rapporto reciproco. Il pericolo cui sottrarsi è il rifiuto dell’universalismo, che finirebbe per coincidere
con un altro drammatico pericolo: quello del domino del più forte.
Passando alle differenze di genere, cioè alle differenze sessuali, si deve considerare come esse siano
sempre state strutturate come dominio del maschile. E’ solo dagli anni Ottanta che sorge la
consapevolezza della specificità del femminile, e al tempo stesso si fa strada la necessità di una
protezione di tale specificità, al centro della quale alcune forme del vivere sociale – la cura, la relazione,
il sentimento della vita – vengono rivendicate in opposizione al maschile. Questo discorso delle
differenze viene poi stravolto e rivoluzionato in alleanza con il pensiero postmoderno, specie in certo
pensiero conservatore americano, dove conservazione e femminismo di fatto convergono.
In seguito, con l’avvento del post-socialismo, vengono in primo piano i dilemmi legati alla giustizia, e
particolarmente alla giustizia distributiva. Si pone, quindi, la necessità di coniugare la lotta per il
riconoscimento delle differenze di genere con quella per il superamento delle diseguaglianze. Anzi, si
può dire che proprio la differenza di genere richiama la questione delle diseguaglianze: il divario tra il
maschile e il femminile tuttora sussistente si produce mediante pratiche sociali che sono poi le stesse
che riproducono le profonde discriminazioni attuali di intere fasce di popolazione (omosessuali,
migranti, minoranze etniche, religiose, eccetera).
Si deve affermare, peraltro, che la riflessione politica condotta dal pensiero femminista anticipa tutta
una serie di parole d’ordine relative alla soggettività e alla dimensione simbolica. Sulla base tali parole
d’ordine, non solo si impone come del tutto necessario un atteggiamento diverso nel declianre il
discorso dell’eguaglianza e nel rivendicare un riconoscimento e una tutela delle differenze, ma ne
deriva, altresì, un diverso atteggiamento etico, in cui la disposizione a cambiare, a mettersi in gioco
diviene un elemento cruciale.