`La città e la famiglia`: l`intervento di Ernes Rigoni

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Debbo fare una piccola premessa e precisazione: la crisi che colpisce il nostro Paese non è
soltanto economica ma riguarda anche i valori e le istituzioni. Ed è chiaro che nella ricerca del bene
comune un ruolo fondamentale lo ha la famiglia che “resta il bene per eccellenza, poiché è il
soggetto che lo moltiplica”, ed è “il crogiolo formativo e centrale di irrorazione di gratuità e
solidarietà”. (Card. Bagnasco)
E’ per questo che, nella ricerca di nuovi modelli di welfare, di lavoro e di economia che
consentano di uscire da questa crisi, non si può non ripartire proprio dalla famiglia.
Il Forum delle Associazioni Familiari tenta proprio di farlo, proponendo strumenti (come il
Fattore-Famiglia) che portano il “modello famiglia” all’interno delle varie dimensioni della società,
rendendole più giuste e più eque.
“La famiglia infatti non può essere sacrificata all’economia, indebolendo anche in questo
modo un istituto che sempre di più si conferma, insieme alla persona, come la prima risorsa di una
società che voglia essere non una moltitudine di individui ma un popolo coeso e solidale. Mi pare
che sia già fin troppo evidente che, nell’ambito dei poteri globali, si vogliono rompere le reti
virtuose, e si vuole ridurre l’uomo in solitudine perché sia meglio manipolabile.” (Card. Bagnasco)
Secondo Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste, [Presidente dell’Osservatorio
Internazionale Card. Van Thuàn sulla Dottrina Sociale della Chiesa], nel suo libro "Il Cattolico in
Politica", nell’ambito (teorico-politico) dei capitoli che trattano “Il problema della laicità della
politica”, “La coscienza del cattolico in politica”, “Il significato dei principi non negoziabili”,
presenta la sezione dei contenuti di tipo universale o globale, tra i quali la “Protezione e
valorizzazione della famiglia”, “La libertà delle famiglie di educare i figli”, la “Riforma dello Stato
in vista del bene comune” ecc.
Si profila cioè un nuovo compito, dei laici cattolici impegnati nel sociale e in politica, un
compito che sia solido sui principi e accorto nelle strategie: il forte richiamo alle responsabilità .
Luigino Bruni (Università di Milano – Bicocca. Vicedirettore del centro interuniversitario di
ricerca sull'etica d'impresa Econometica) afferma : L’Europa è chiamata, ora e presto, a un salto
di scala, a dar vita a un nuovo patto politico europeo, saldamente ancorato al principio di
sussidiarietà, uno dei pilastri dell’Unione Europea. Senza questa rapida evoluzione politica e non
più burocratica, i singoli Paesi non riescono e non riusciranno a essere all’altezza delle nuove sfide
economiche, finanziarie e politiche.
Se i Paesi europei, dalla grande forza economica, politica, commerciale, e dal grande
orgoglio nazionale, non saranno capaci di perdere qualcosa della propria autonomia per
immaginare una nuova stagione europea veramente politica, in linea con i grandi ideali dei
Padri fondatori, il tramonto economico, culturale e politico credo arriverà presto. Ma perché
ciò sia possibile e funzioni è necessario un cambiamento di rotta nella politica e nella cultura
europee.
Le energie per compiere questo passo, verso un nuovo patto europeo, si debbono trovare
prima di tutto nei cittadini, nella gente, nei loro desideri e nella loro voglia di futuro, e nelle loro
virtù civili… Perché, come scriveva a metà Settecento l’economista napoletano Antonio Genovesi,
«lo Stato migliore non è quello dove sono le leggi migliori, ma quello dove sono gli uomini
migliori».
Perché vi dico questo?
Per poter comprendere maggiormente il ruolo della famiglia e argomentare razionalmente il
suo valore sociale, economico, politico, per il futuro delle nostre città.
Il prof. Stefano Zamagni afferma “Non conosciamo a sufficienza cosa e quanto la famiglia
“rende” alla società. Tutti sanno che la famiglia è una risorsa formidabile per lo sviluppo – e non
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solo per la crescita – del paese. Ma perché? In primo luogo, perché la famiglia è uno dei più
importanti generatori di esternalità sociali positive” la cui rilevanza è portatrice di benessere di un
paese, che non può essere ignorata.
Ma quali sono le principali fattispecie di esternalità sociali positive?
Prima la frutta, la riproduzione della società. Infatti, prosegue Zamagni, la decisione di
mettere al mondo figli è bensì un fatto privato che, tuttavia, produce effetti positivi sul piano
collettivo. Tecnicamente, per la teoria economica, i figli sono un bene meritorio (merit good),
perché generano effetti positivi che vanno a vantaggio della società intera.
Si consideri, ad esempio, il nesso tra vitalità imprenditoriale e composizione per età della
popolazione. Una società che invecchia, come è appunto la nostra, è una società che per
comprensibili ragioni non è in grado di sostenere stabilmente nel tempo quel tasso di
imprenditorialità che è necessario a rendere vitale il sistema economico.
Eppure, l’atteggiamento ancora oggi diffuso è che i costi della procreazione debbano essere
sostenuti dalla famiglia proprio come se la decisione di fare figli fosse assimilabile ad una qualsiasi
scelta di consumo.
D’altra parte è un fatto noto da tempo, anche se sistematicamente rimosso, che la cultura della
modernità ha, via via, eroso il fondamento relazionale dei valori. I quali hanno finito con
l'acquisire una dimensione sempre più privata, facoltativa. In tal modo, la mentalità individualista
attuale ha soggettivizzato i valori, retrocedendoli a livello di preferenze individuali, e così ha finito
col negare o con lo sminuire la carica sociale che i valori sempre hanno.
L'idea di libertà come libertà dell'individuo isolato, come libertà che il proprio "particolare"
sia l'universale, ha ridotto la libertà a un permissivismo privato, negandole ogni valenza pubblica.
“Quali le conseguenze più rilevanti? - Si chiede sempre il prof. Zamagni - La più
macroscopica è la crescente diminuzione, nella società globalizzata, di beni relazionali. Il loro
posto viene preso dai beni posizionali, beni che conferiscono utilità per lo status che creano,
per la posizione relativa nella scala sociale che il loro consumo consente di occupare (da cui
l’espressione, appunto, di “beni posizionali”).
Ad esempio: Un’ automobile di lusso è un bene posizionale, ma anche lo zainetto firmato o il
telefonino di nuova generazione lo sono: l’utilità che questi beni conferiscono non è tanto legata
all'utilità che il loro uso consente (spostarsi o telefonare), ma al fatto che il loro consumo
rappresenta un’etichetta con la quale mi posiziono rispetto agli altri. Anche questi beni sono in
qualche modo “relazionali” – sull’isola deserta, Robinson Crusoe non domanderebbe mai beni
posizionali, perché non c’è nessuno che osservi il suo consumo – ma mentre nei beni relazionali la
presenza e il rapporto con l’altro è di tipo cooperativo, di reciprocità (da un rapporto di amicizia
tutti i partner traggono vantaggio) la caratteristica essenziale del bene posizionale è la competizione
“posizionale”; ovvero, per dirla con l’espressione di Shermin Rose, l’effetto super-star: chi vince
prende tutto, chi perde, perde tutto.
Quali gli effetti più vistosi della competizione posizionale?
Per un verso, il consumismo: siccome ciò che conta è il livello relativo del consumo, la
competizione posizionale porta ad una gara a consumare più degli altri; per l'altro verso, la
sistematica distruzione di beni relazionali (pensiamo alla solitudine crescente in cui si vive nelle
nostre città). Dalla congiunzione dei due effetti discende che, oltre certi livelli di consumo,
l’aumento della spesa in beni materiali non produce aumenti, della “felicità”.
Siamo così arrivati al focus del nostro discorso:
in un contesto quale quello attuale in cui sono prevalenti le istituzioni economiche basate sul
principio dello scambio di equivalenti, cosa può rendere manifesta la possibilità di un agire virtuoso
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- nel senso delle virtù civiche - capace di generare risultati positivi tali da far scattare quel
meccanismo di scelta delle disposizioni di cui abbiamo appena detto?
La risposta è: la famiglia intesa come “impresa sociale”.
Questo è il vero e grande ruolo di soggetti che, fondando il proprio agire sul principio di
reciprocità, finiscono con il contagiare gli altri. Si tratta di una sorta di legge di Gresham
all'incontrario: la moneta buona attira a sé la cattiva!
Ad una condizione, però, ciò può attuarsi: che si comprenda bene la fraternità.
La quale non si esaurisce nella prossimità.
(Letteralmente, prossimo è il “filos”, cioè il mio eguale, il mio vicino per cultura o per etnia).
Ha scritto Ricoeur (1994): “Se io fossi solo con l’Altro, gli dovrei tutto. Ma c’è il Terzo… Il Terzo è altro
rispetto al prossimo, ma anche un prossimo dell’Altro e non unicamente il mio simile” (p.21). E’ solo
con il Terzo che nasce la società – come ci ricorda Baumann – e quindi anche l’economia.
Ebbene, il senso dell’impresa sociale oggi è quello di aprire il mercato, dilatandone il raggio di
azione e soprattutto la sostenibilità. Mai si dimentichi, infatti, che ciò che “erode” il legame sociale
non è il mercato di per sé, ma un mercato ridotto a solo scambio di equivalenti; non dunque il
mercato civile ma quello “incivile” perché non edificato – come ben sapevano gli umanisti del XV
secolo – sulla fraternità come virtù civile.
A differenza della disperante conclusione di Kafka – “esiste un punto di arrivo, ma nessuna
via” – esiste la possibilità di scongiurare la crisi di civilizzazione che oggi incombe.
La crisi di civilizzazione che oggi incombe apre alla speranza, la quale non riguarda
solamente il futuro – come si tende a credere – ma anche il presente, perché la nostra esistenza, le
nostre opere, oltre ad una destinazione finale, hanno un significato e un valore anche qui e ora.
Per concludere.
Ha scritto Romano Guardini in un famoso saggio:
“La persona umana non può comprendersi come chiusa in sé stessa, perché essa esiste
nella forma di una relazione. Seppure la persona non nasca dall’incontro è certo che si attua
solo nell’incontro” (1964; p.90).
Se dunque l’essere umano si scopre nel rapporto interpersonale, il suo bisogno fondamentale è
quello di reciprocità.
Possiamo comprendere che tutto ciò oggi si esplica in una operazione culturale
particolarmente urgente.
Sempre il prof. Zamagni afferma: “Il buon funzionamento della società dipende dal grado di
diffusione tra la popolazione delle virtù civiche, definite nei termini della capacità delle persone di
discernere il bene comune e della loro inclinazione ad agire in conformità ad esso. Nella nozione di
virtù civica è perciò presente un duplice aspetto: informativo l’uno, motivazionale l’altro. Se ne trae
che il ruolo importante dell’assetto istituzionale di una società è quello di incoraggiare tra i cittadini
la diffusione massima possibile delle virtù civiche attraverso l’educazione e le opere.”
E quindi qui entra in campo il valore della famiglia, sulla quale si fonda il vivere civile
sociale, politico, economico. Famiglia quindi come risorsa. Famiglia come luogo privilegiato di
relazioni, di rapporti veri, di dialogo tra generazioni e tra generi diversi. Famiglia non come somma
di individui, ma soggetto sociale politico economico di base.
Perché la famiglia è solidarietà. È sussidiarietà. Vita di impegno che si esprime nei vari campi
nella vita umana, verso la vita nascente, verso le persone che si trovano nel bisogno, verso gli
anziani, i disabili, i bambini …
Questo dice di per sé una novità: la relazionalità che si instaura con l’altro, chiunque esso sia.
Relazionalità che fa passare da una sfera privatistica del nostro vivere ad una dimensione di vita
spesa per gli altri, come dono gratuito di accoglienza, di servizio, di benevolenza, di carità
autentica.
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Ecco perché occorre dare cittadinanza alla famiglia.
Perché la famiglia è il “valore aggiunto”. La famiglia è realmente il più grande valore nella
vita personale, relazionale, sociale, anche se è difficile da vivere, ma soprattutto per il fatto che la
famiglia si fa in due, la coppia, e poi con i figli. Non si può fare famiglia da soli, o in un aggregato
di più individui, perché la famiglia è una relazione specifica che dipende dall’agire di tutti coloro
che sono legati da quella relazione, e non da altre. Il valore-famiglia si rivela un valore relazionale,
e in ciò consiste la sua attrattiva, il suo fascino.
La famiglia è il valore aggiunto: ciò che di unico, originario e insostituibile la relazione
familiare crea, per la persona umana e per la società più ampia.
La famiglia è quindi il bene “comune”, la più grande risorsa sociale e culturale.
Questo è il nostro compito primario, il nostro impegno, come cittadini, come famiglie,
come associazioni, come rete di associazioni, come Forum: iniettare nel tessuto sociale la
“cultura della famiglia” che significa la cultura della relazione, nell’amore.
E perché “la famiglia è il luogo dove nascono e si formano le virtù umane, che vengono
elaborate fino a trasformarsi in virtù sociali”
(il senso della gratuità e di accoglienza, per esempio degli sposi quando nasce un figlio, o per
una persona anziana. Il senso di solidarietà, la comunione, la comunicazione, il rendere bello il
luogo dove abiti e vivi. In famiglia si cresce in tutte queste dimensioni, ci si educa a considerare la
persona che passa per strada non un nemico, ma uno come te, con il quale puoi interagire.)
Ecco perché Giovanni Paolo II ha affermato con forza: “Occorre davvero fare ogni sforzo,
perché la famiglia sia riconosciuta come società primordiale e "sovrana”… La famiglia sta al
centro di tutti problemi e compiti: relegarla ad un ruolo subalterno e secondario, escludendola
dalla posizione che le spetta nella società, significa recare un grave danno all’autentica
crescita dell’intero corpo sociale" [Lett. Ap. Gratissimum sane 17,11; EV 14/284 Giovanni Paolo
II].
“Un'azione politica che voglia guardare al futuro con lungimiranza, ha detto Benedetto
XVI, non può infatti "non porre la famiglia al centro della sua attenzione e della sua
programmazione", ricordando l'obiettivo di "confrontare le esperienze" (tra varie forme
associative familiari) e di "sensibilizzare i governanti e l'opinione pubblica sul ruolo centrale e
insostituibile che svolge la famiglia nella nostra società".
Potenziando la famiglia, viene potenziata la società. E quindi viene potenziato il nostro
futuro.
A sottolineare tutto questo, l’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, recentemente ha
affermato: “Bisogna riaffermare alcuni valori propriamente formativi di quel vincolo che la
famiglia deve essere e deve continuare a essere, un vincolo che non deve avere nulla a che fare
con amicizia, ontologicamente parlando».
Il card. Bagnasco molto efficacemente ha ribadito che “Nei momenti di crisi i cristiani sono
chiamati in causa, ad incontrarsi per ragionare insieme sulla società portando nel cuore la realtà
della gente e i criteri della Dottrina sociale della Chiesa”
La politica ha dunque, “la grande e difficile responsabilità di promuovere il bene comune” e
“L’assenteismo sociale – ha proseguito Bagnasco – è un peccato di omissione”
Ermes Rigon
Forum nazionale
delle Associazioni familiari
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Note aggiuntive
Mi piace concludere con le parole di Giovanni Paiolo II: “L’avvenire dell’umanità passa
attraverso la famiglia. E’ dunque indispensabile ed urgente che ogni uomo di buona volontà si
impegni a salvare e a promuovere i valori e le esigenze della famiglia.” Rivolgendosi, come
diceva ai figli della Chiesa, continua: “Essi hanno una ragione in più per prendersi a cuore la
realtà della famiglia in questo nostro tempo di prova e di grazia. Essi devono amare in modo
particolare la famiglia. E’ questa una consegna concreta ed esigente” (Familiaris consortio, n.
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Famiglia, dunque come comunità, capitale sociale e come bene economico, e cioè come
insieme dei beni che costituiscono il bene comune. Famiglia non più come realtà privata, ma come
soggetto sociale attivo. Famiglia in rete con le altre famiglie. Quindi famiglia associata e rete tra
associazioni, così si potrà dare voce alla famiglia.
Quando due mesi circa prima di morire, Giovanni Paolo II incontrò il Forum delle
Associazioni familiari, in udienza privata, tra i presenti c’ero anch’io. Con la sua voce flebile ebbe a
dire:
“La famiglia non è solo al cuore della vita cristiana; essa è anche fondamento della vita
sociale e civile”; “Nessun progresso civile può derivare dalla svalutazione sociale del
matrimonio…”; “Le associazioni cattoliche, assieme a tutti gli uomini di buona volontà che
credono nei valori della famiglia e della vita, non possono cedere alle pressioni di una cultura
che minaccia i fondamenti stessi del rispetto della vita e della promozione della famiglia”; “Il
Forum assolve l’importante compito di essere voce di chi non ha voce, di essere portavoce dei
diritti della famiglia, agendo così in modo del tutto nuovo ed originale nella società italiana…”
Non potrò mai più dimenticare queste parole, questo accorato appello del Papa, attraverso il
quale, sia personalmente sia come presidente del Forum regionale, e membro del Direttivo
nazionale, mi sono sentito coinvolto a tal punto da spendere tutte le mie energie, per esserne una
risposta concreta.
Altre Note:
Siamo tutti profondamente convinti che la famiglia ha urgente bisogno di essere
riconosciuta, prima di tutto, apprezzata e sostenuta dagli enti locali, perché rappresenta la
base costitutiva della comunità sociale di cui è risorsa vitale: una famiglia che sviluppa
pienamente le proprie potenzialità reca benessere al tessuto sociale, all’intera comunità. Cicerone
stesso diceva che la famiglia è "principio della città”.
Riaffermiamo con forza che c’è futuro soltanto se c’è famiglia.
Occorre una nuova cultura della famiglia, la quale non può essere considerata come un
fatto privato oppure un insieme di singoli individui, o un semplice destinatario di provvidenze, ma
come un soggetto attivo, una risorsa, un “capitale sociale e un capitale economico”, in quanto ha le
potenzialità per rendere migliore la qualità della vita.
Una famiglia “che funziona” è garanzia anche del buon funzionamento di tutte le istituzioni
sociali, politiche, economiche, educative.
C’è urgente bisogno di passare da una politica per la famiglia ad una politica della
famiglia. Passare cioè da una politica di tipo assistenzialistico, a una politica che riconosca
realmente alla famiglia la cittadinanza sociale ed economica. Oggi, la nuova frontiera del welfare
locale passa attraverso la strategia di aiutare le famiglie a guardare in avanti con fiducia e di
garantire un futuro decente alle nuove generazioni. È necessario puntare verso la nozione di
amministrazione condivisa, che vuol dire che l’Ente pubblico e le espressioni della società civile, le
organizzazioni e le associazioni familiari, intervengono con parità di potere decisionale e parità di
responsabilità. L’amministrazione condivisa vuol dire che si condividono i poteri, le risorse e le
responsabilità.
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La famiglia è realmente il prisma attraverso cui guardare l’intera società.
La famiglia in rete acquista voce, ottiene ascolto, diviene una nuova cultura. Ciò che ci sta a
cuore è soprattutto un salto di qualità dell’essere associati. Stiamo svolgendo un’azione di sinergia
tra associazioni. So quanto stia a cuore anche a voi questa nostra vita associativa, che interloquisce
con le istituzioni.
C’è ancora molto da fare. Prima di tutto, una conoscenza maggiore tra le associazioni e una
più profonda fiducia reciproca, che ci costringono ad aprire sempre orizzonti nuovi di confronto e di
dialogo sereno, maturo, serio con le varie forze in campo.
Oggi, mi sembra importante pensare e ragionare con una logica che vede le famiglie e le
associazioni familiari collegate tra loro.
Abbiamo bisogno di creare grandi reti tra le famiglie.
Oggi è indispensabile giungere alla capacità di relazionarci in modo forte.
Oggi dobbiamo metterci attorno al tavolo dell’amministrazione condivisa, dobbiamo
dimostrare di essere capaci di assumerci la responsabilità delle scelte.
I segni dei tempi sono questo elemento di ottimismo, cioè saper colloquiare, per dare nuova
crescita alla nostra società.
Siamo chiamati a dimostrare che esiste un associazionismo in rete, organizzato, che sa essere
unito, preparato, maturo, che sa assumersi le proprie responsabilità.
La famiglia in rete acquista voce, ottiene ascolto, diviene una nuova cultura.
Ermes Rigon,
Forum nazionale delle Associazioni familiari
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