10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 2 Daino (Ph U.S.) Cervo (Ph D.G.) Cinghiale (fonte: Davide Scarpa) Potrei voltare pagina e vivere con gli animali che sono così pacifici e autosufficienti – mi fermo e guardo verso di loro a lungo – non soffrono e nemmeno si lamentano della loro condizione, non restano svegli nel buio e piangono per i loro peccati, non fanno noiose dissertazioni sui loro doveri verso Dio, nessuno è insoddisfatto, nemmeno pazzo per la smania del possesso. Nessuno è in ginocchio davanti alla sua razza millenaria, nessuno è degno d’onore o infelice sulla terra intera. Walt Whitman Capriolo (Ph R.Z.) Quercino (fonte: internet) Driomio (fonte: internet) 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 3 Ph Michele Zanetti OTTOBRE 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 4 Ph Roberto Zanette Maestoso sultano degli harem di settembre, quando il suo bramito riecheggia nei silenzi antichi della foresta come un messaggio d’eternità. (M.Z.) 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 Ho visto sul tronco di un abete i segni del suo passaggio. Ho scorto i graffiti incisi dalle sue corna e ho capito di essere entrato nel regno, nel suo territorio, in silenzio mi sono allontanato, ma so che dal folto dei cespugli il suo sguardo dolce e profondo mi ha seguito a lungo. Fernando Rini 9:32 Pagina 5 S ì, sì, proprio “lui”… il grande signore delle selve, il re dei boschi, lo spirito “vivente” di tutte le foreste: il cervo! Come non rimanere estasiati, ammirati, ogni qualvolta (rara… ma non troppo) capita di trovarcisi al cospetto;... come non provare quel senso di profondo rispetto per un essere che incarna l’essenza stessa della vita silvestre con il suo incedere tanto elegante, la sua fierezza e la sua forza, espresse dalla sua presenza e dallo stupendo trofeo ramificato sul capo del maschio, che ad ogni stagione cade e si rinnova, antiche immagini di eterna giovinezza e virilità. Cosa dire della disarmante dolcezza dello sguardo di una cerbiatta, elevato a simbolo d’amore e di attrazione di ogni uomo per la sua donna, quella più intensamente amata. L’estremo simbolo della tenerezza sta però in quella immagine di cerbiatto che con tanta apprensione se ne sta quatto quatto, in mezzo alle alte erbe ed ai cespugli della boscaglia immobile ed inodore, per non farsi trovare dai predatori in attesa che la madre (prima cerbiatta ora madre dolcissima) torni per la “poppata”. Quante volte lo abbiamo visto, nei contesti più svariati, rappresentare l’essere indifeso per eccellenza, con quel bellissimo e tenero musetto e le macchioline bianche sul dorso, rappresentate nei disegni di tanti bambini o nelle vesti di Bambi, del celeberrimo film di Walt Disney… Lo stesso cerbiatto, con il passare delle settimane, si trasforma in ardito e giocoso “giovincello” saltellante con spensierata vitalità fra radure ed arbusti poi cervo adulto. Simbolo a un tempo di forza, nobiltà, vigore, ma anche spiritualità, dolcezza ed amore infinito celebrato sin dalla notte dei tempi e nelle culture più disparate per i miti eterni della nostra storia dell’uomo. Un essere straordinario e bellissimo, l’incarnazione della forza vitale della natura: il vero spirito della foresta. Ecco la sua storia. Origini Le prime forme di cervidi dotate di appendici frontali (palchi) comparvero in Eurasia nel Miocene Superiore e nel Pliocene (Procervulus, Dicrocerus): i primi resti fossili attribuibili al genere Cervus risalgono al Pliocene Superiore in Europa ed al Pleistocene in America. In Italia i resti più antichi di C. elaphus sono stati rinvenuti nel bacino lignifero di Leffe (Bergamo) e risalgono all’inizio del Pleistocene. Una comunità di cervi del tutto particolare è quella del “Bosco della Mesola”, nella Riserva Naturale inserita nel Parco Regionale del Delta del Po in Emilia Romagna, che con- IL CERVO SPIRITO DELLA FORESTA disegno di Luca Corradi 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 6 serva i tratti essenziali dell’habitat dei grandi fiumi e una notevole varietà floro- faunistica. Il consistente nucleo di cervi, conservato nei secoli e tuttora presente in questa zona, a seguito di indagini genetiche risulta essere l’unico autoctono dell’Italia peninsulare e merita un cenno particolare. Si tratta di animali di dimensioni inferiori alla media, con maschi dotati di trofei mediamente più piccoli e con minore ramificazione (palchi lunghi 50-70 cm, con 2-3 punte per stanga). Risulta però ancora da dimostrare se tale peculiarità sia dovuta alle ridotte dimensioni della popolazione a cui corrisponde un alto tasso di consanguineità o ad un reale endemismo. La ridotta popolazione, la scarsa natalità e l’eccessiva presenza di daini, fanno del cervo della Mesola un nucleo particolarmente fragile, che necessita della massima protezione. Storia e simbologia antica Il cervo, con la sua bellezza e imponenza nella tradizione indoeuropea, è da sempre considerato, un animale carico di valori simbolici importanti e mitico come pochi altri. Nell’iconografia cristiana, rappresenta la figura più importante: il Cristo. La sua ammirevole grazia, le straordinarie proprietà rigenerative delle corna e forse anche le carni pregiate (la caccia al cervo si svolge in tutto il mondo), ne fanno uno degli animali su cui la mitologia ha più tessuto le sue immagini: dal Messico al Giappone, dalla Grecia classica ai popoli nordici, senza contare la grande influenza sul pensiero ebraico e cristiano. Simbolo del sole e della sua potenza radiosa, “albero della vita” per queste corna maestose che si innalzano verso l’alto in un’unione di cielo e terra, o assimilabile all’archetipo del vecchio saggio, coesistono significati nel rinnovarsi dei palchi che si collegano alla longevità, alla rigenerazione ed alla rinascita, (quest’ultima nella simbologia Celtica) che avvengono in ogni ciclo vitale, al solstizio d’inverno e alla natura che si rinnova, l’eterno ringiovanimento legato al rinnovarsi periodico dei suoi grandi palchi, paragonati anche ai rami degli alberi per il loro valore allegorico di sviluppo e di unione tra gli opposti delle forze superiori e quelle inferiori, fondamento e presupposto di ogni esperienza umana. Gli spunti, nella storia di questo animale, sono numerosissimi ed affascinanti: che vale senz’altro la pena di approfondire. Nella mitologia classica dell’antica Grecia, la cerva era attributo costante di Artemide-Diana, lunare e cacciatrice; la caccia simbolica come della saggezza,attraverso l’esperienza infatti Artemide è una dea vergine e adolescente, quindi senza esperienza ma è legata ai ritmi della natura, porta nella propria simbologia una grazia esplicitamente femminile, “occhi da cerbiatta”, “una grazia da cerbiatta”, ecc… Il cervo viene invece spesso associato a Mercurio, dio dei confini, messaggero alato degli dei, ma anche mediatore tra regno, umano e divino, dove gli uomini potevano perdersi. 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 7 Nella leggenda greca di Ciparisso, la morte del cervo è all’origine del cipresso, simbolo dell’immortalità e dell’eternità. Da tempi antichissimi nell’area circumpolare il cervo è associato al simbolismo del sole e della luce, incarnandone gli aspetti di creazione e civilizzazione. Nella mitologia germanica, tra le fronde di Yggdrasill, albero cosmico che con i suoi rami regge l’Universo e la volta celeste (identificato con un frassino o con un tasso, entrambi sacri presso i popoli del Nord Europa) quattro cervi brucano incessantemente i suoi nuovi germogli, per indebolirlo e impedirgli di crescere rigoglioso. Questa è una delle rare connotazioni negative del cervo nel mondo mitologico… Dopo i miti… i sogni. Nel mondo onirico, il cervo risente di un simbolismo antico e legato ai riti della natura ed esprime aspetti istintivi legati alla forza del corpo e dello spirito, alla calma e al lento ma inesorabile fluire degli eventi, alla ricchezza e alla fecondità. L’ambiente in cui vive, le abitudini e i comportamenti lo qualificano, nonostante la reticenza e la timidezza, come animale selvaggio in cui si concentrano le forze primitive e istintuali che si agitano nel profondo dell’inconscio: esso avanza nella foresta silenzioso, solitario e tranquillo, pronto però a lottare con passione per la conquista della femmina, pronto a fuggire con destrezza e velocità e a mimetizzare il palco maestoso delle corna fra rami e cespugli. Nelle fiabe, spesso all’improvviso compare un cervo, proprio dove sta cacciando il protagonista o il principe: in quel momento l’animale scappa e questo induce l’eroe a seguirlo, ma egli viene condotto in luoghi particolari e misteriosi, in cui deve conoscere e sperimentare qualcosa di veramente importante. Ha quindi la funzione di una “guida”, una sorta di iniziatore, che ha il compito di condurre l’eroe a fare la propria principale esperienza proprio lì dove in seguito incontrerà il proprio destino di crescita. Nella fiaba di Fedro “Un cervo alla fonte” la connotazione è negativa e il cervo con il suo bel palco è simbolo della vanità umana. Nella versione femminile, simboleggia sempre una maturità non compiuta, tipica della dea Artemide, che rappresentava una dea vergine adolescente, in cui le potenzialità non sono ancora pienamente realizzate. Spesso vengono tramutate in cerve, fanciulle che devono essere salvate. Anche nel Cristianesimo a partire dal Medioevo, spicca il motivo del “cervo guida”: ai Santi, o per salvarli da selve oscure (il peccato) e relativi pericoli, o per indicare loro il luogo esatto dove costruire chiese e cattedrali; Sant’Uberto, che durante una battuta di caccia vede un cervo con un crocifisso tra le corna, che lo induce ad abbandonare una vita dissoluta e a convertirsi; a Sant’Eustachio, che in una situazione simile incontra 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 8 Ph Ugo Scortegagna disegno di Michele Zanetti una analoga figura, da cui apprende di trovarsi addirittura al cospetto del Cristo; Sant’Egidio Abate, vissuto per anni eremita in una foresta, con la sola compagnia di una cerva che lo nutriva con il proprio latte. Queste icone di cervi portano spesso delle candele o fonti luminose sui palchi, talora vengono collegati alle figure degli angeli. La cerva che anela alle fonti di acqua pura, rappresenta il simbolo dell’anima che anela al Signore (“Come la cerva anela ai rivi, d’acqua, così l’anima mia a Te anela, o mio Dio - Salmo 42). In moltissime altre culture, dagli Ittiti agli Aztechi, è presente la simbologia del cervo bianco: considerato un simbolo ultraterreno di purezza, analogo all’unicorno ma un cervo bianco appare anche nelle foreste attorno alla corte di Re Artù, per incitare i cavalieri all’avventura. In araldica, (la scienza del blasone, che studia gli stemmi) il cervo è simbolo di nobiltà antica e longevità della specie, poiché si riteneva che potesse arrivare a 300 anni. È considerato anche simbolo di amore per la musica, prudenza, pentimento, preghiera, ecc. Il cervo è presente anche nell’alchimia dove rappresenta lo zolfo ed incarna l’anima. Questo fatto ha portato a considerare 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 9 questo animale, nell’ambito della teoria alchemica, esattamente come per la mitologia: cioè il simbolo del rinnovamento vitale. È questo uno dei motivi per cui le corna del cervo sono utilizzate come medicamento. Ci sono, nella storia del cervo, anche aspetti un po’ meno ”mistici”. Dal nome del cervo deriva la parola castigliana cerveza (in francese antico cervoise, in italiano antico cervogia), che significa…“birra”! Questo termine è entrato in latino come cervesia (e cerevisia) attraverso le Gallie. La birra era così designata a causa del colore biondo, che ai Galli doveva evidentemente evocare il colore del cervo. Un aspetto, decisamente insolito per il nostro maestoso “signore delle selve”! Abbiamo riassunto per sommi capi i tantissimi aspetti mitici e fantastici della lunga, eterna storia del nostro cervo. Da millenni, come si è visto, gli uomini lo hanno celebrato in tutti i modi possibili e gli hanno tributato i più alti onori, sino a identificarlo con il Cristo. DOLORES DE FELICE (ON, ANAG - CAI SEM MILANO) CHIARA SIFFI (ON - CAI CAMPOSAMPIERO) Giovane cervo (Ph Alessio Di Leo). 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 10 Nome scientifico 117. CERVO (Cervus elaphus (Linnaeus, 1758) Classe Mammiferi Ordine Artiodattili Famiglia Cervidi CARATTERISTICHE: Dimensioni Lunghezza totale: maschio 185-210 cm; femmina 150-185 cm. Coda 12-20 cm. Altezza al garrese Maschio 105-140 cm; femmina 95-110 cm. Peso Maschio: 100-300 kg; femmina: 70-130 kg. Palco Il palco è prerogativa dei soli maschi. Esso è formato da una struttura ossea ramificata che viene persa e riformata periodicamente. Il massimo sviluppo strutturale ed estetico viene raggiunto durante il periodo degli amori, successivamente viene perso per riformarsi lentamente e ritornare ottimale per la successiva stagione amorosa. Durante la crescita il palco è ricoperto e nutrito da uno strato di pelle riccamente vascolarizzata, detta “velluto”; una volta terminato lo sviluppo del trofeo esso si secca e viene perso (pulitura). I cicli di crescita e di perdita del palco sono regolati da ormoni come il testosterone, che inibisce la crescita, e il somatotropo che invece la favorisce. Solitamente i soggetti più vecchi tendono a perdere il palco prima dei giovani: febbraio anzichè marzo, anche il completo sviluppo e la pulitura delle corna dal velluto segue lo stesso principio, prima gli adulti poi i più giovani (fine luglio rispetto a fine agosto). Il trofeo tipo di un maschio adulto di cervo è costituito da diverse parti. Partendo dal basso, abbiamo la rosa (da dove prendono origine i palchi), la stanga (la struttura portante del palco), il pugnale od occhiale (prima ramificazione dal basso), l’ago o invernino (seconda ramificazione), mediano o pila (terza ramificazione), punte della forca (le due ramificazioni all’apice del palco), detta corona (se le ramificazioni all’apice del palco sono più di due). Ovviamente tutto va moltiplicato per due visto che un trofeo è formato da due stanghe. Nelle dimensioni e nel peso dei palchi esiste una considerevole variabilità individuale dovuta all’età il massimo sviluppo ed imponenza si ha tra i 1012 anni, poi il palco regredisce lentamente di base, alle caratteristiche genetiche, al tipo di alimentazione, ai disturbi antropici e alle malattie. In generale, la lunghezza va da un minimo di 70 cm a un massimo, peraltro eccezionale, di 130 cm. Il peso delle corna, negli individui adulti è in media di 4-6 kg, con punte eccezionali al di sopra dei 10 kg. Verso Il potente bramito, viene emesso dal cervo maschio nel periodo degli amori ed è la vocalizzazione più caratteristica di questo animale. Ha un suono caratteristico (una via di mezzo fra un muggito bovino ed un ruggito) con il quale il maschio sfida i rivali mettendo in luce le sue potenzialità rispetto agli altri maschi che a loro volta rispondono con la stessa “moneta”. 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 11 Nella stagione degli amori il cervo ingaggia dei duelli vocali, e non solo, per la supremazia sugli harem di femmine. Queste emissioni sonore si ripetono in continuazione poiché ogni maschio viene stimolato dagli altri a comunicare la sua posizione e il suo rango. Il risultato è un concerto di suoni che si propagano, anche a forte distanza, nei boschi e nelle radure. Il fascino di questo richiamo raggiunge il suo massimo nelle ore notturne durante le quali i prati e i boschi diventano le arene di questi duelli. Mantello Il mantello del cervo subisce due mute stagionali, tanto da poter modificare consistenza e colore a seconda delle diverse esigenze climatiche. La muta primaverile fa perdere il folto mantello invernale a favore di quello estivo ,che è di colore bruno-rossastro con zone ventrali, interno coscia e zona perianale, giallo-biancastra. La muta autunnale, viceversa, trasforma il vestito estivo in quello folto invernale; questo diverrà di colore bruno-scuro con zone ventrali più scure rispetto al resto del corpo. La colorazione del mantello subisce variazioni non solo per il cambio delle stagioni come descritto ma anche per differenza di sesso, (nelle femmine, i medesimi colori vanno schiarendosi, come se sbiadissero) e per l’età degli individui. I giovani presentano infatti un abito rossastro con macchie bianche, che tendono a scomparire con la crescita. Zoccoli I cervi sono “Ungulati”, hanno cioè le ultime falangi delle dita mediane rivestite da unghie a formare uno zoccolo. Gli zoccoli dei cervi sono i più grandi tra tutti gli ungulati selvatici che vivono in Italia, arrivando a misurare 6-9 cm di lunghezza e 3,5-7 cm di larghezza. HABITAT L’habitat naturale del cervo è costituito da ampie aree boschive che vanno dal livello del mare all’orizzonte alpino. Importanti sono la presenza di aperture e zone umide. Il cervo predilige boschi misti con notevole presenza di latifoglie e scarso sottobosco di arbusti, ma è talmente duttile da adattarsi bene in moltissime situazioni forestali. Il cervo compie frequenti spostamenti altitudinali e di versante, a seconda delle sue esigenze e alle diverse stagioni. Oggi la popolazione italiana vive solo nelle zone collinari e montuose mentre è stato perso totalmente, a causa dell’uomo, l’habitat delle pianure (resiste solo l’esigua popolazione del bosco della Mesola (Fe) che vive entro confini recintati e in Sardegna nell’area demaniale di Piscinas). Estate Inverno 4000 3000 2000 1000 300 ALIMENTAZIONE ORGANIZZAZIONE SOCIALE Animale ruminante, ha un’alimentazione principalmente erbivora. La sua mole lo porta a consumare una quantità giornaliera di vegetali pari a circa il 10% del suo peso corporeo. La dieta del cervo varia a seconda delle stagioni e delle disponibilità alimentari: principalmente assume graminacee, leguminose, parti verdi di alberi e cespugli oltre che frutti selvatici. Nel periodo invernale il cervo è costretto ad ingerire parti secche di vegetali erbacei che integra con parti legnose e cortecce di arbusti ed alberi. Il reperimento del cibo avviene principalmente nelle ore crepuscolari e notturne. Non disdegna incursioni in orti di montagna, per poter reperire nutrimento anche dalle piante coltivate dall’uomo. I maschi solitamente vivono separati dalle femmine, tranne che nel periodo degli amori, e spesso si riuniscono in piccoli branchi. I maschi più maturi in genere preferiscono condurre vita solitaria. Le femmine viceversa vivono solitamente in unità familiari (costituite da madre, piccolo, figlia dell’anno precedente, raramente dal figlio maschio). Queste unità base si raggruppano spesso assieme, formando branchi di dimensioni maggiori. I branchi sono più o meno grandi in relazione alla densità della popolazione, al tipo di ambiente e alla stagione. Sovente infatti, all’inizio dell’inverno e prima delle grosse nevicate, si possono osservare gruppi numericamente più grandi. 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 12 RIPRODUZIONE Si riproduce una volta all’anno all’inizio dell’autunno e precisamente da metà settembre a metà ottobre. In questo periodo i maschi, che solitamente vivono in piccoli gruppi monosessuali, si separano e iniziano a sfidarsi tramite bramiti per rivendicare il possesso di una zona di territorio nella quale attirare le femmine e poi accoppiarsi. I ricchi pascoli primaverili hanno rafforzato il loro organismo, rendendoli vigorosi e pronti a questo momento importante, che li vedrà impegnati per circa un mese in attività frenetiche quasi senza sosta e senza alimentazione che li costringerà a perdere molto del loro peso corporeo. Durante questo periodo essi abbandonano le loro consuete abitudini e i luoghi prima frequentati divenendo inquieti e irascibili. Il cervo cerca di radunare intorno a sé da 5 a 15 femmine, che custodisce gelosamente a prezzo perchè di lotte furiose contro tutti i rivali. Le lotte tra i maschi però sono rare e infatti, prima di passare allo scontro fisico, i contendenti si sfidano a “voce”. Quando le capacità vocali si equivalgono, i maschi si affrontano in campo aperto. Anche a questo punto, prima di combattere mettono in atto una serie di comportamenti rituali, come a marciare avanti e indietro lungo linee parallele, per osservare le dimensioni delle corna e la robustezza dell’avversario. La femmina fecondata partorisce solitamente dopo 32-34 settimane di gestazione. Di norma, a ogni parto nasce un solo cerbiatto, raramente due. Il cucciolo ha il dorso pomellato per meglio mimetizzarsi fra i cespugli, dove rimane perfettamente immobile e non essere avvistato da eventuali predatori, non emana nessun odore. La pomellatura nei piccoli viene persa alla fine dell’estate. La madre nel primo periodo di vita lo raggiunge 3-4 volte al giorno per la poppata poi, dopo due settimane, il cerbiatto è in grado di seguire la femmina ovunque. A due mesi i cerbiatti vengono svezzati, ma rimangono con la madre ancora per molto tempo. Sebbene la maturità sessuale venga raggiunta dai cervi verso il secondo anno di età, spesso, soprattutto per i maschi, è necessario raggiungere anche una maturità sociale per potersi imporre sugli altri e quindi accedere alle femmine. PREDATORI I predatori del cervo possono essere il lupo, la lince e l’orso ove presenti. Anche l’aquila reale può essere pericolosa per i cerbiatti se frequentano zone aperte. Anche la stessa volpe può rappresentare un pericolo, soprattutto per esemplari giovani con problemi di salute. Va segnalato come predatore dell’ungulato anche il cane, che quando è rinselvatichito, può diventare pericoloso soprattutto se unito in gruppi. RAPPORTI INTERSPECIFICI LONGEVITÀ E MALATTIE In condizioni naturali, diverse abitudini alimentari distinguono cervo e capriolo e rendono poco probabile la competizione trofica tra le specie, spesso spazialmente segregate a causa di una generale intolleranza del capriolo nei confronti del cervo. La prospettiva di vita dei cervi in natura si aggira fra i 10 ed i 15 anni, ma in cattività essi vivono tranquillamente oltre i 20 anni. Per quanto riguarda le malattie, il cervo nobile può essere affetto da : Brucellosi (malattia infettiva provocata dalle “brucelle”, una famiglia di batteri). Paratubercolosi (malattia infettiva del bovino, dell’ovino e di alcuni ruminanti selvatici: ad andamento cronico e progressivo, colpisce l’intestino con conseguente diarrea e grave scadimento delle condizioni generali). Toxoplasmosi (malattia infettiva causata dal protozoo “Toxoplasma gondii”, parassita intracellulare obbligato, diffuso tra gli uccelli e i mammiferi compreso l’uomo). Malattia del deperimento cronico del cervo (colpisce i cervidi adulti di età compresa fra i 3 e i 5 anni. Fa parte delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, analogamente all’encefalopatia spongiforme bovina che è conosciuta comunemente come malattia della “mucca pazza”. È una 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 13 malattia letale, che porta alla morte dell’animale entro 8 mesi: i sintomi sono eccessiva salivazione, perdita di peso, cambiamenti comportamentali). CONSERVAZIONE Attualmente in Europa i cervi non hanno, oltre all’uomo, dei veri nemici, in quanto sono praticamente assenti in gran parte del territorio dei predatori naturali. Essi, quando presenti, selezionavano la popolazione e la tenevano in salute e numericamente adeguata alle possibilità del territorio. Oggi il cervo è in grande espansione ed in molte zone la sovrappopolazione provoca danni importanti al patrimonio vegetale, mettendo a rischio l’equilibrio ecologico e la sopravvivenza di specie rare. È necessario quindi, un controllo ed una gestione attenta da parte dell’uomo che deve garantire il massimo della possibilità alla specie, puntando però sulla qualità degli animali, sulla loro salute e su un numero di esemplari sostenibile dal territorio. Il prelievo venatorio, se attento e gestito a questo proposito, in alcune situazioni è l’unica soluzione efficace e possibile. DISTRIBUZIONE IN ITALIA La popolazione del cervo, diffusa originariamente su tutto il territorio, a partire dal XVII secolo cominciò a declinare a causa della pressione venatoria e dell’espansione degli insediamenti umani a danno degli ecosistemi boPh Giulio Compostella schivi, fino a quando non ne rimase che una misera popolazione relitta, oltre a segnalazioni sporadiche di gruppetti provenienti da oltre confine: in seguito tali migrazioni, iniziate negli anni 20 del 1900, divennero sempre più numerose e consistenti al punto che negli ultimi 20 anni la specie si è ristabilita con successo in tutto l’arco alpino, prima centro-orientale e poi occidentale. Parallelamente alle migrazioni spontanee si eseguirono ripopolamenti e reintroduzioni, che hanno portato il cervo ad essere presente anche in molte località dell’Appennino settentrionale e centrale. Dal recente censimento del 2002 risulta che la consistenza in Italia è di circa 44.000 capi, di cui 11.600 nelle Alpi centro-occidentali, 22.400 nelle Alpi centro-orientali, 5.400 nell’Appennino settentrionale, 1.500 nell’Appennino centrale e 2.700 in Sardegna (sottospecie corsicanus). DOLORES DE FELICE (ON, ANAG - CAI SEM MILANO) CHIARA SIFFI (ON - CAI CAMPOSAMPIERO) 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:32 Pagina 14 DICONO DI ME U Da sempre, gli uomini sono affascinati dal fatto che il cervo, ogni primavera, perde o, come si dice, “getta” i palchi che ornano il suo capo e che questi ricrescano poi da zero, ad incoronare nuovamente il re del bosco. … … Dopo la caduta dei palchi, il cervo deve pazientare circa 130 giorni, prima di essere nuovamente pronto ad affrontare prove severe. La diversa durata del giorno e della notte è responsabile del livello di testosterone che, insieme agli altri ormoni, regola il ciclo di queste “appendici cefaliche”. Immediatamente dopo la rottura della parte basale della stanga (il “sigillo”) sullo stelo che la sostiene, un nuovo tessuto s’inarca verso l’alto, sotto il velluto e, dopo un lento inizio, le stanghe crescono in altezza di 2 cm al giorno, ramificandosi ripetutamente, come prevede lo schema individuale del palco. … … (Il palco) Si tratta di un vero e proprio osso, costituito per il 44% da componenti organici e per il 56% da inorganici, principalmente calcio e fosforo. … Senza dubbio, i palchi sono un’arma utilizzata nelle battaglie ritualizzate tra rivali. Ma non basta: aiutano a respingere i nemici e sono strumento adatto a scuotere le mele da un ramo, aprire balle di fieno, rimuovere la neve o prendersi cura del pelo... Fino all’età di 9-10 anni, il peso dei palchi e la lunghezza delle stanghe aumentano annualmente, mentre il numero delle cime raggiunge il massimo, per lo più, quando l’animale è a metà del suo percorso esistenziale. Da “Animali Selvatici” AA.VV. I no sguardo alla struttura fisica del cervo è sufficiente per capire che ha fatto dei boschi fitti il suo habitat, più per necessità che per predilezione. Il capo, portato alto, è ornato da palchi imponenti: schiena diritta, zampe lunghe e muscolose, soprattutto quelle posteriori, nonché l’ampio torace, sono prova delle sue doti di corridore, che lo mettono in salvo in caso di pericolo. Da “Animali Selvatici” AA.VV. I … l cervo maschio è molto più grosso della femmina e, come tutti gli appartenenti alla famiglia dei cervidi, esibisce un possente trofeo che in certo senso aumenta ancora di più lo spazio fisico occupato. Ebbene, un cervo adulto, con le caratteristiche giuste, possiede, difende e si accoppia con un intero branco di femmine. Il capriolo lo fa in modo più discreto: con una femmina alla volta, ma con tutte quelle residenti sul suo territorio. … Giancarlo Ferron “ I segreti del Bosco” l dramma del cervo: i curiosoni Il bramito, quest’enorme rutto virile al limite dello scabroso, fa ovulare le cerve e muovere intere folle. Oramai non passa autunno senza che compaino articoli e reportage televisivi sull’argomento. Ignoto al pubblico fino a qualche anno fa, il bramito del cervo è diventato un’attrazione turistica. È comprensibile: quest’immenso grido d’amore restituisce alla foresta, nello spazio di un istante, tutta la sua dimensione selvaggia. I luoghi del bramito emanano un odore intenso di muschio e di selvatico: l’animale si è strofinato contro gli alberi e altri sostegni, ha asperso il suolo d’urina e di sperma, ha messo in campo tutto il suo arsenale per imprimere la propria firma. … I maschi valutano la propria forza in base alla potenza della voce dei rivali, e ciò serve a evitare scontri dolorosi. … Oggi persone curiose disturbano i cervidi proprio in questo periodo così delicato della loro riproduzione. Alcuni incoscienti proiettano potenti fasci di luce sugli animali, e c’è chi arriva persino a lanciare razzi luminosi. Peraltro corrono anch’essi dei rischi: è meglio non stuzzicare un cervo in calore, che è forte come un cavallo e armato di solidi palchi di corna. Qualora caricasse, i rapporti di forza non sarebbero a vantaggio dell’uomo. Marc Giraud “ Il kamasutra delle libellule” 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:33 OTTOBRE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 VENERDI SABATO DOMENICA LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI VENERDI SABATO DOMENICA LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI VENERDI SABATO DOMENICA LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI VENERDI SABATO DOMENICA LUNEDI MARTEDI MERCOLEDI GIOVEDI VENERDI SABATO DOMENICA 쐡 쐞 쐟 쐠 쐡 Pagina 15 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 118. CAPRIOLO 9:33 Pagina 16 Nome scientifico Capreolus capreolus (Linnaeus, 1758) Classe Mammiferi Ordine Artiodattili Famiglia Cervidi Caratteristiche. È un ungulato che vive in Europa ed Asia. In Italia sono presenti due sottospecie: Capreolus capreolus del Centro Nord e Capreolus capreolus italicus più meridionale, che hanno caratteristiche genetiche differenti dovute a segregazione ambientale e introduzione di individui alloctoni. L’animale ha una forma elegante ed aggraziata, con palchi corti, in genere a 3 punte per lato negli adulti, che cadono ogni anno verso novembre e ricrescono subito dopo; la dimensione dei palchi non è in relazione all’età come nel cervo e nel daino. Il pelo ha un colore bruno-rosso in estate e grigio-bruno in inverno mentre il muso è grigio. È un cervide di piccole dimensioni, lungo circa 90-130 cm e alto alla spalla 55-77 cm, pesa 10-27 kg. La femmina ha dimensioni simili al maschio. La zona perianale è bianca (detta “specchio”) ed è a forma di rene nel maschio e a forma di cuore nella femmina. Non presenta coda anche se nella femmina c’è un ciuffo di peli (falsa coda) che ricopre la vulva. Anche il ventre e la gola sono bianchi. La testa è sottile; con dis. Michele Zanetti profilo fra fronte e naso dritto; le orecchie sono molto grandi e molto mobili; gli occhi sono grandi con lunghe ciglia. Gli Ph Stefano D’Alterio arti sono slanciati, gli zoccoli sono lunghi ed appuntiti (appartiene all’ordine degli artiodattili, con numero pari di dita). Si sposta furtivamente con salti frequenti 7-8 m di lunghezza e 2 di altezza. Habitat e diffusione. Il suo ambiente preferito è quello dei boschi aperti con fitto sottobosco e zone cespugliose, ma è diffuso anche in pianura (anche coltivata) dove ci sono boscaglie in cui nascondersi, in collina, montagna e presso le zone umide. Riproduzione. I maschi sono in gran parte solitari e cominciano alla fine dell’inverno le dispute territoriali. Le femmine vivono spesso riunite in branchi composti da 3-7 individui, diretti da una femmina dominante, in cui i rapporti sociali e gerarchie, sono ben definiti (le femmine giovani sono dette “sottili”). A febbraio-maggio vi è una” fase gerarchica” in cui i maschi si sfidano e si contendono il territorio, poi vi è una “fase territoriale” in cui i maschi lasciano i “fregoni”, strofinamenti dei palchi su rami e arbusti (per togliere il “velluto” e lasciare tracce odorose) e “raspate” di terra con urina. La “fase degli amori“, invece, va da metà luglio a fine agosto ed il corteggiamento consta in una serie di inseguimenti rituali e “giostre “ del maschio nei confronti delle femmine. Da settembre a gennaio vi e la “fase indifferente”, con gruppi separati e recupero delle energie. La gestazione dura 9 mesi e mezzo: l’embrione, subito dopo la fecondazione in agosto, interrompe la crescita fino a dicembre-gennaio, quando comincia a svilupparsi (gestazione differita). Verso maggio-giugno le femmine partoriscono 1-2 cerbiatti, dal caratteristico mantello bruno maculato di bianco, che entro la prima ora compiono i primi passi e rimangono nascosti nella vegetazione nelle prime settimane di vita, rendendosi così vulnerabili ai predatori (mortalità del 50%). Lo svezzamento dura 3-4 mesi. In autunno anche i maschi si uniscono ai branchi delle femmine, occupando un posto in fondo alla gerarchia. maturità sessualeè raggiunta a 14 mesi di età. La longevità è di circa 12-18 anni. Verso. Il verso è simile ad un rauco abbaiare, quello di allarme è uno stridio acuto. I versi di corteggiamento sono invece suoni tenui. Abitudini e alimentazione. Il capriolo è molto schivo, elusivo e diffidente. Ha un olfatto molto sviluppato e percepisce una persona a 200 m di distanza. È attivo sia di giorno che di notte. Si nutre generalmente al primo mattino: è un ruminante selettivo di alimenti facilmente digeribili ad alto contenuto energetico, quali: germogli, gemme, fiori, bacche, frutta, tenere cortecce ed erbe. Per la sua ricerca di piante agricole, germogli d’albero e gemme di conifere, viene sottoposto a caccia selettiva. Curiosità. Nuota molto bene! MILENA MERLO PICH (ON, AE - CAI BOLOGNA) 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 119. CINGHIALE 9:33 Pagina 17 Nome scientifico Sus scrofa (Linnaeus, 1758) Classe Mammiferi Ordine Artiodattili Famiglia Suidi Caratteristiche. In Italia sono presenti tre sottospecie di cinghiale maremmano (Sus scrofa major), quello sardo (Sus scrofa meridionalis) e quello Centroeuropeo (Sus scrofa scrofa) il più diffuso. Il cinghiale sardo sembra, da analisi genetiche recenti, sembra derivi da suini semidomestici importati in tempi antichi nell’isola. Il cinghiale maremmano deriva invece dalla specie continentale che si è adattata all’ambiente mediterraneo. Successivamente sono stati incrociati (“meticciamento”) con esemplari ungheresi a scopo venatorio, talvolta con maiali domestici. Gli individui autoctoni hanno taglia medio-grande, la lunghezza totale arriva fino a 180 cm, l’altezza al garrese e di 100 cm, il peso corporeo medio si aggira tra gli 80-90 Kg. La coda è pendula, lunga fino a 40 cm. L’animale ha una forma tozza, con arti possenti e corti e zampe dotate di unghioni con numero pari di dita (ordine degli Artiodattili); due anteriori grossi e due posteriori più corti, che affondano nel terreno solo se morbido. Il pelo è di colore nero-bruciato ed ha due mantelli; invernale (più chiaro) ed estivo, con setole più o meno fitte. Ha sulla fronte e sulle spalle una sorta di criniera, che si erge quando l’animale è impaurito aumentandogli il volume corporeo. I cuccioli presentano il caratteristico mantello striato nero e marrone-chiaro, detto in gergo “pigiama”, che perdono all’età di sei mesi. Il muso è caratteristico per la presenza di un grugno (grifo) robusto (cartilagineo) per rivoltare il terreno in cerca di radici. L’olfatto è molto sviluppato. I denti canini inferiori o Ph Mirko Destro “zanne” sporgono, nel maschio, vistosamente ricurvi verso l’alto e sono a crescita continua (fino a 30 cm); i canini superiori, i “coti”, sono più ridotti. Gli occhi sono piccoli e laterali, le orecchie piccole ed erette. L’età media è circa 10 anni. Il meticciamento è molto diffuso ed ha provocato una maggiore prolificità: 2 parti annuali contro 1 delle specie autoctone, 12-14 cuccioli a parto contro i 4-6; maggiori dimensioni e peso degli ibridi (anche più di 150 kg); quarti posteriori più imponenti, mentre nei cinghiali italiani sono più imponenti gli anteriori; coda attorcigliata come i maiali nell’ibrido, mentre è dritta nel puro; orecchie grandi e ripiegate come i maiali nell’ibrido, mentre nel puro sono piccole e ritte; le zanne possono essere più lunghe e sottili che nel puro; nei cuccioli meticci può essere assente la striatura caratteristica. Habitat e diffusione. Preferisce i querceti e i faggeti maturi, ma è molto adattabile e colonizza ogni ambiente a disposizione, tranne aree con scarsa acqua. Tollera bene il freddo, meno il caldo. Riproduzione. Estro 1-3 volte all’anno. I maschi cercano le femmine e sviluppano una sorta di corazza per i combattimenti di supremazia, accompagnati da rituali di minacce, spandimenti di urina e raspature di terreno. Il maschio vincitore corteggia la femmina con suoni simili a motori a scoppio e massaggi ripetuti ai fianchi. La gestazione è di 112-115 giorni dopodichè nascono 2-13 piccoli. Lo svezzamento dura 3-4 mesi e la maturità sessuale viene raggiunta a circa 10-12 mesi. Verso. Hanno una vasta gamma di suoni: grugniti a varie frequenze; grida e ruggiti, per comunicare l’appartenenza ad un gruppo, disponibilità all’accoppiamento ed al combattimento. Abitudini e alimentazione. Animale solitamente crepuscolare e notturno, talvolta è visibile di giorno. Durante il giorno trova riparo in punti di riposo e in larghe buche nel terreno, anche imbottite di foglie e riparate, simili a vere tane (i suidi sarebbero gli unici ungulati a farlo). Animale sociale e vive in gruppi di circa 20 femmine adulte con i piccoli, guidate dalla scrofa più anziana. I maschi anziani sono solitari, mentre i giovani si riuniscono in gruppetti. Hanno territori sempre dotati di una pozza d’acqua. Sono noti per la loro aggressività se importunati: il maschio carica a testa bassa, utilizzando le grosse zanne verso l’alto, la femmina attacca a bocca aperta, azzannando frontalmente. Abitudine tipica, comune al cervo, è quella dell’”insoglio”, cioè dedicarsi a un bagno di fango necessario per liberarsi dai parassiti e dallo sporco e per rinfrescarsi nei periodi più caldi. Per togliersi il fango di dosso si sfregano contro massi e tronchi (querce e abeti rossi). Altra tipica abitudine, segno di riconoscimento evidente è il grufolare, o “arare” il terreno in cerca di cibo. Il cinghiale è tipicamente onnivoro, mangia di tutto: radici, tuberi, frutti, invertebrati, piccoli mammiferi, carcasse di animali e mammiferi di grandi dimensioni ma feriti, facilmente predabili in gruppo. Curiosità. Spesso gli esemplari di uno stesso gruppo praticano il “grooming” (pulizia reciproca tipica dei primati, tra cui gli scimpanzè) lisciandosi a vicenda il pelo dorsale con la lingua o il grugno. MILENA MERLO PICH (ON, AE - CAI BOLOGNA) OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:33 Pagina 18 120. DAINO Nome scientifico Caratteristiche. Di corporatura intermedia fra il cervo ed il capriolo, può pesare dai 50 ai 90 Kg, per una altezza al garrese che va da 80 a 110 cm ed una lunghezza dai 135 ad oltre 160 cm. La femmina è di dimensioni più ridotte e pesa da 30 a 50 Kg. I maschi, oltre a possedere le “corna” (palchi), hanno un pomo d’Adamo ben sviluppato. I palchi spuntano a partire dal secondo anno di vita, hanno forma a pala (nei primi anni hanno forma a fuso) e sono rivolti all’indietro, con punte divergenti. Negli individui più anziani può crescere una seconda pala, rivolta in avanti. I palchi cadono fra la fine di maggio e l’inizio di giugno, per essere velocemente sostituiti da un nuovo paio, più grosso e forte: inizialmente i nuovi palchi sono ricoperti dal cosiddetto “velluto” e riccamente vascolarizzati ma col tempo il velluto si secca ed a partire dal mese di agosto l’animale comincia a strofinarli contro tronchi e rocce, per liberarli da tale rivestimento ed essere pronto per i combattimenti nella stagione degli amori. Il daino assume nel corso dell’anno due mantelli (fa due “mute”): uno autunno-invernale, di colore tipicamente grigio-brunastro e uno primaverile, brunorossiccio caratterizzato da una striscia nera mediana dorsale che va dal collo alla coda, ed è un nero più marcato contornato da bianco cangiante; sono presenti anche macchie bianche su schiena e fianchi netico), per il quale alcuni animali alla nascita presentano un mantello molto più scuro quasi bruno-nerastro: sempre comunque pomellato, così da essere definito “nero”. Sono inoltre note varianti “isabelline”, con pomellatura più evidente su sfondo più chiaro, fino al bianco con iride pigmentato (quindi non albino). Habitat e diffusione. Il daino non ha un habitat propriamente definito: si adatta bene ad ambienti anche molto diversi tra loro. Preferisce aree boschive a latifoglie con radure, o comunque spiazzi aperti e solitamente evita le zone montane con copertura nevosa persistente e/o abbondante. La comparsa del daino in Europa risale agli inizi del Medio Pleistocene, circa 700.000 anni fa: la sua presenza nel continente è testimoniata nei periodi glaciali ed interglaciali. Al termine dell’ultima glaciazione, la specie si spostò a vivere in Asia Minore ed è stata introdotta in Italia prima dai Fenici e poi dai Romani (i primi come animali sacrificali e i secondi per abbellire le ville gentilizie). Già alla fine dell’epoca preistorica cominciò il rapporto con l’uomo, iniziando la sua diffusione artificiale prima sulle coste del mediterraneo, poi negli interni. Segue un periodo d’estinzione nell’Italia peninsulare (forse perché è un animale troppo facile da cacciare) mentre si è conservato in Sardegna allo stato selvatico. Sopravvisse nei boschi di tipo “mediterraneo” dell’Africa settentrionale (la sottospecie Dama dama dama) e nel vicino oriente (Dama dama mesopotamica). Oggi In Italia si è diffuso in tutti i boschi e le macchie costiere, spingendosi fino a quote di 400-500 m. Riproduzione. Il periodo degli amori dura tra la metà di ottobre e l’inizio di novembre, quando i maschi, generalmente solitari, si uniscono ai gruppi di femmine e cuccioli, definendo un proprio territorio. I maschi difendono il proprio diritto ad accoppiarsi con le femmine da altri pretendenti con veri e propri duelli a cornate: spesso smettono addirittura di alimentarsi, per meglio tenere d’occhio il proprio harem e per rivendicarne il possesso fanno risuonare frequentemente il proprio bramito. Raramente due maschi si feriscono durante i combattimenti, i quali seguono un preciso rituale e la forma appiattita dei Ph Ugo Scortegagna (pomellato). È caratteristico il mantello giovanile: marrone scuro pomellato lungo i fianchi, che si mantiene anche nell’adulto. Esiste anche un mantello di cosiddetta “varietà melanica” (dovuto ad un fattore ge- Dama dama (Linnaeus, 1758) Classe Mammiferi Ordine Artiodattili Famiglia Cervidi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 V S D L M M G V S D L M M G V 8-09-2009 Ph Michele Zanetti palchi scongiura danni di grossa entità. Verso. Segnale sonoro detto “bramito”, emesso dai maschi, meno forte e più breve di quello del cervo. Abitudini e alimentazione. Il daino non è tipicamente diffidente ed in particolare le femmine, che vivono in gruppi anche piuttosto consistenti assieme ai cuccioli, si possono facilmente osservare anche durante il giorno, risultando scarsamente timorose dell’uomo. I vecchi maschi, che conducono vita solitaria ed abitano zone più impervie, sono invece assai prudenti e difficilmente avvicinabili. Prevalentemente si nutre di erba, foglie, germogli, funghi, non disdegnando le coltivazioni di cereali e leguminose. In autunno mangia anchefrutta selvatica, ghiande e faggiole. È un ruminante e l’alimentazione avviene durante tutta 9:33 11 Pagina 19 VENERDÌ S. Teresa del B.G. 6,31 17,58 39 - 274 - 91 la giornata, anche se predilige le prime ore del mattino e l’ora del tramonto. Curiosità. Come molti selvatici, risente della caccia, dell’inquinamento e del disboscamento. Il daino viene allevato in cattività e riprodotto sia per uso culinario, sia per essere introdotto in natura, sia per essere tenuto come animale ornamentale da giardino. Dal punto di vista venatorio il daino veniva cacciato con il metodo dell’agguato o in grandi battute con l’ausilio dei cani. In epoca più antica venivano impiegate anche le reti. Attualmente, la caccia viene esercitata come selezione, nei tempi e con le modalità consentite. L’immagine del daino rientra nella simbologia della Massoneria. SABATO 12 SS. Angeli Custodi 6,32 17,55 39 . 275 - 90 13 S. Gerardo 39 . 276 - 89 DOMENICA 6,34 17,53 ERIKA CARLOTTI (ONN - CAI MASSA) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 S D L M M G V S D L M M G V S D OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 14 8-09-2009 LUNEDÌ S. Francesco 40. 277 - 88 6,35 17,52 121. MOSCARDINO 9:33 Pagina 20 5 S. Placido 40 . 278 - 87 MARTEDÌ 6,35 17,52 Nome scientifico Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758) Caratteristiche. Il moscardino è rossiccio, grande come un topolino delle case ma ha un aspetto più paffuto; gli occhi sono grandi e la coda è interamente coperta di corti peli. Le sue dimensioni sono: lunghezza del corpo 6-9 cm, lunghezza della coda 5,5-7,5 cm, peso da 15 a 40 g. Ha dita munite di cuscinetti planari e coda parzialmente prensile, adattamenti che gli consentono di aderire su ogni tipo di substrato. Viene anche chiamato nocciolino. Habitat e diffusione. La specie è diffusa iu tutta la Penisola, più rara nella Pianura Padana e in zone fortemente antropizzate. È legato a formazioni vegetali composte da numerose specie legnose prediligendo i boschi cedui di querce non troppo maturi all’interno dei quali trova le condizioni ideali dal punto di vista alimentare e abitative. I moscardini possono essere individuati per la presenza di cerfogli o vegetazione scortecciata, in inverno va in letargo all’interno di tronchi cavi o in nidi tra le radici. Riproduzione. I piccoli, da 2 a 7 per cucciolata, sono partoriti una o due volte l’anno, dopo circa 23 giorni di gestazione. Per circa 10 settimane le femmine si occupano dell’allevamento. Verso. È generalmente silenzioso, ma emette rari squittiti, pigolii, sibili, sbuffi, ecc. 16 MERCOLEDÌ S. Bruno 40 . 279 - 86 6,37 17,49 Classe Mammiferi Ordine Roditori Famiglia Gliridi Abitudini e alimentazione. Attivo soprattutto di notte, è molto abile nell’arrampicarsi. Costruisce dei nidi sferici sui cespugli o sugli alberi; nei parchi può utilizzare anche le cassette nido degli uccellini. La densità della specie, salvo rare eccezioni, non supera i 5-8 esemplari adulti per ettaro e dove gli habitat sono frammentati le popolazioni possono essere anche molto piccole. Consuma volentieri frutti, semi e piccole prede animali, come gli artropodi. Curiosità. I resti delle nocciole aperte dal moscardino sono molto caratteristici, poiché presentano un piccolo foro che porta i segni dei denti sul margine. Il nome moscardino deriva dal lieve odore di muschio che emana. Il moscardino costruisce due tipi di nido: quello estivo, fatto di foglie, fili d’erba e muschio si trova sui cespugli e sui rovi; non è sempre facile distinguerlo da quello del topolino delle risaie, che lo costruisce negli stessi habitat. Il nido invernale, fatto di muschio, è costruito invece a terra, tra le radici degli alberi. Come già scritto, utilizza anche nidi artificiali. Nell’antica Roma i moscardini erano ritenuti una ghiottoneria: si gustavano con una salsa al miele. DARIO VERNASSA (ON - CAI TORINO) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 V S D L M M G V S D L M M G V 17 Ph Davide Berton 8-09-2009 GIOVEDÌ B.V. del Rosario 40 . 280 - 85 6,40 17,46 9:33 18 Pagina 21 VENERDÌ S. Pelagia 40 . 281 - 84 6,42 17,44 SABATO 19 S. Dionigi 40 . 282 - 83 110 S. Daniele 40 . 283 - 82 6,43 17,42 DOMENICA 6,45 17,40 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 S D L M M G V S D L M M G V S D OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 111 8-09-2009 LUNEDÌ S. Firmino 41 . 284 - 81 6,47 17,38 9:33 12 Pagina 22 MARTEDÌ S. Serafino 41 . 285 - 80 6,48 17,36 113 MERCOLEDÌ S. Romolo 41 . 286 - 79 6,50 17,34 Classe Mammiferi Ordine Insettivori Famiglia Talpidi 122. TALPA EUROPEA Nome scientifico Caratteristiche. Piccolo mammifero lungo circa 15 cm dal corpo compatto con coda e arti brevi. Il corpo della talpa è una sorta di “macchina” per lo scavo ed è infatti provvisto di grandi mani con cinque unghie robuste e arrotondate. Il muso è appuntito ed è dotato di vibrisse, gli occhi sono molto piccoli e i padiglioni auricolari pressoché inesistenti. La pelliccia è soffice e di colore nero, con riflessi blu e grigi. Habitat e diffusione. La talpa vive dalla pianura sino ai 2000 m di altitudine, preferibilmente in terreni non troppo ricchi di detriti o radici, o troppo torbosi. In Italia è diffusa nelle regioni settentrionali e centrali, fino al Lazio. Riproduzione. L’accoppiamento avviene in primavera e, dopo una gestazione di circa un mese, vengono partoriti da tre a cinque piccoli nudi e ciechi, che pesano meno di 4 g. I piccoli vengono allattati fino a cinque settimane, dopodiché si allontanano progressivamente dal nido per poi abbandonarlo qualche settimana più tardi. Una talpa vive mediamente tre anni. Abitudini e alimentazione. La talpa è un animale so- litario ed estremamente territoriale; essa è particolarmente attiva all’alba, nel primo pomeriggio e al tramonto, alternando periodi di attività e di riposo della durata di circa quattro ore. Si nutre prevalentemente di lombrichi, insetti e larve che caccia scavando le sue gallerie: il consumo giornaliero di cibo di una talpa è pari alla metà del suo peso corporeo. Curiosità. La talpa, come è noto, è un’abilissima scavatrice: le gallerie sono inizialmente poco profonde e si trovano poco al di sotto della superficie. Via via che si approfondisce lo scavo (fino a 1 m), l’animale porta in superficie il materiale rimosso e lo deposita sottoforma di caratteristici mucchietti di terra. La rete di gallerie può estendersi per decine o anche centinaia di metri. All’interno di una camera che si apre sulla galleria principale, la femmina predispone il nido in cui partorirà i suoi piccoli: esso è costituito da erba e foglie, ma tuttavia spesso vi compaiono anche rifiuti umani come pezzi di plastica, carta e tessuto. SARA BALLABIO (ON - CAI COMO) Talpa europaea (Linnaeus, 1758) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 V S D L M M G V S D L M M G V 114 8-09-2009 GIOVEDÌ S. Callisto I 41 . 287 - 78 6,51 17,32 9:33 115 Pagina 23 VENERDÌ S. Teresa d’Avila 41 . 288 - 77 6,53 17,31 Ph Dario Gasparo SABATO 116 S. Edvige 41 . 289 - 76 117 S. Ignazio 41 . 290 - 75 6,54 17,29 DOMENICA 6,56 17,27 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 S D L M M G V S D L M M G V S D OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 118 8-09-2009 LUNEDÌ S. Luca Ev. 42 . 291 - 74 6,58 17,26 9:33 19 Pagina 24 MARTEDÌ S. Isacco Jogues 42 . 292 - 73 6,59 17,24 120 MERCOLEDÌ S. Maria Bertilla 42 . 293 - 72 7,01 17,22 123. DRIOMIO Nome scientifico Caratteristiche. Roditore di medie dimensioni con lunghezza testa-corpo di 80-130 mm, coda lunga 80130 mm e peso corporeo di 80-95 grammi. Simile al quercino dal quale si distingue per le orecchie più corte, la maschera facciale nera che si estende dai mustacchi alla base delle orecchie, e la coda di colore uniforme. La colorazione della pelliccia va dal grigiastro-bruno-chiaro al bruno-giallastro con sfumatura rossiccia, capo più chiaro e grigiastro sul dorso. Ha parti inferiori del corpo, della coda e piedi biancastri o fulvo-pallidi. Habitat e diffusione. Vive nei boschi di latifoglie e misti del piano montano. Specie schiva ed elusiva, è estremamente difficile da osservare in natura, caratteristica questa che rende assai incerto lo stabilirne la presenza. L’areale italiano di questo piccolo roditore è circoscritto alle Alpi orientali e ad alcune zone dell’Appennino calabrese quali Aspromonte e Pollino, ove la sua presenza è stata segnalata in tempi piuttosto recenti. Si spinge fino a oltre 2000 m slm. Riproduzione. Si riproduce in aprile-maggio ed i parti si verificano da maggio a giugno nel nido estivo. I piccoli sono 3-4 per ogni parto, sono ciechi fino al 21° giorno e vengono allattati per 4 settimane, diventando indipendenti a 2 mesi. La maturità sessuale viene raggiunta dopo il primo inverno. Verso. I versi che effettua sono brontolii, sibili, soffi, sbuffi, squittii, ecc. Abitudini e alimentazione. Specie di abitudini notturne e crepuscolari ed in inverno (tra ottobre ed aprile) trascorre il letargo in nidi costruiti con materiale vegetale. La dieta risulta strettamente vegetariana e granivora dopo il letargo, insettivora in estate e basata su frutti e semi in autunno. Curiosità. La specie è minacciata dalla distruzione, alterazione e frammentazione degli ambienti forestali. Specie inserita all’interno del Libro rosso degli Animali d’Italia (lista rossa), curata dal WWF, come specie da proteggere. Il driomio è dotato di un udito molto sviluppato. Dryomys nitedula (Pallas, 1779) Classe Mammiferi Ordine Roditori Famiglia Gliridi UGO SCORTEGAGNA (ON, AE - CAI MIRANO) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 V S D L M M G V S D L M M G V 121 8-09-2009 GIOVEDÌ S. Orsola 42 . 294 - 71 7,02 17,20 9:33 122 Pagina 25 VENERDÌ S. Donato 42 . 295 - 70 7,04 17,19 Ph Miloš Andera SABATO 123 S. Giov. da Capest. 7,05 17,17 42 . 296 - 69 124 S. Antonio M. C. 42 . 297 - 68 DOMENICA 7,06 17,16 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 S D L M M G V S D L M M G V S D OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 125 8-09-2009 LUNEDÌ S. Crispino 43 . 298 - 67 7,08 17,14 9:33 26 Pagina 26 MARTEDÌ S. Evaristo 43 . 299 - 66 7,09 17,13 127 MERCOLEDÌ S. Frumenzio 43 . 300 - 65 7,11 17,11 Classe Mammiferi Ordine Roditori Famiglia Gliridi 124. QUERCINO Nome scientifico Caratteristiche. È il gliride italiano con abitudini meno arboricole. Il suo habitat d’elezione sono i folti cespugli, i piccoli alberi o zone rocciose. Il nido viene costruito tra i cespugli o in cavità del suolo. Nel territorio italiano sono presenti quattro diverse sottospecie. Ha il corpo lungo 10-17 cm, la coda lunga 9 -12,5 cm cilindrica con un pennello apicale bianco e nero; caratteristica è la maschera nera che attraversa gli occhi. Il resto della pelliccia è rossiccia superiormente e bianca nella parte inferiore. Habitat e diffusione. Rispetto agli altri gliridi è più diffuso nella fascia prealpina in zone rupestri di boschi. Nel territorio nazionale sono presenti quattro diverse sottospecie di quercino, due delle quali (la sottospecie di Lipari e quella sarda) molto importanti dal punto di vista della conservazione. Popola i boschi fino ad un’altitudine di 2000 m. Riproduzione. Avviene una o due volte all’anno; la femmina dà alla luce da 2 a 6 piccoli che nascono nudi e ciechi sino all’età di un mese quando vengono svezzati. Verso. Squittii, brontolii, soffi, sibili, strilli, ecc. Abitudini e alimentazione. Il quercino si nutre di vegetali quali gemme, frutti, noci, bacche e semi, non disdegnando cibo animale come piccoli rettili, uova di uccelli, artropodi in genere. In inverno va in letargo in grotte, alberi cavi o sottoterra. È piuttosto rumoroso emettendo fischi, suoni o grugniti simili al russare. Curiosità. La specie è inserita dall’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) nella categoria VU (vulnerabile), è singolare il fatto che ancora di recente il quercino venisse considerato dannoso e quindi da contenere come specie. Durante il letargo molti individui dormono insieme, ammucchiati in modo da formare un gomitolo di pelo. Il loro sonno è più leggero degli altri animali soggetti a letargo invernale e infatti, appena la temperatura si fa un po’ più tiepida, si svegliano, mangiano una piccola quantità di cibo accumulato per l’inverno, e ricadono in letargo appena il freddo torna a farsi sentire. La pelle della coda, se afferrata da un uomo o da un predatore, si stacca e si sfila come una lunga calza, permettendo al quercino di scappare. Eliomys quercinus (Linnaeus, 1766) DARIO VERNASSA (ON - CAI TORINO) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 V S D L M M G V S D L M M G V 128 8-09-2009 GIOVEDÌ SS. Simone e Giu. 7,12 17,10 43 . 301 - 64 9:33 129 Pagina 27 VENERDÌ S. Ermelinda 43 . 302 - 63 7,13 17,08 SABATO 130 S. Germano 43 . 303 - 62 131 S. Quintino 43 . 304 - 61 7,15 17,07 DOMENICA 7,16 17,05 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 S D L M M G V S D L M M G V S D OTTOBRE 2010 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 9:34 Pagina 28 125. TOPORAGNO ALPINO Nome scientifico Caratteristiche. Mammifero di piccola taglia, lungo generalmente da 6 a 9 cm. Come tutti i toporagni, ha le cuspidi dentarie di colore rossastro. Le parti superiori del mantello sono di colore grigio-ardesiascuro e sfumano centralmente in un grigio più chiaro; il contrasto tra parte superiore e inferiore è invece più evidente sulla coda, che è lunga quasi quanto il corpo: 6,57,5 cm. Le orecchie sporgono meno dal pelo e sono quindi meno evidenti rispetto a quelle delle crocidure. Habitat e diffusione. I suoi habitat naturale sono i pascoli, le brughiere montane a rododendri e i margini delle foreste, soprattutto quelle di conifere. Frequenta anche piccoli torrenti e ruscelli o, comunque, microclimi freschi. È presente sulle Alpi in una fascia altimetrica che va da 250 sino a 2500 m di quota, con frequenza maggiore tra i 1000 e i 1500 m. La specie è assente nella dorsale appenninica. Riproduzione. La stagione riproduttiva va da aprile a settembre; la femmina, in questo periodo, può dare alla luce da due a tre nidiate. La gravidanza dura da 13 a 20 giorni al termine dei quali la femmina mette al mondo 6-8 piccoli che aprono gli occhi a partire dalla seconda settimana di vita e vengono svezzati attorno alle 3 settimane d’età. Dopo 3-4 mesi viene raggiunta la maturità sessuale. Verso. Squittii, sibili, ecc.; è meno ciarliero di altri toporagni. Abitudini e alimentazione. Ha abitudini principalmente solitarie e catadrome, ossia è attivo sia di giorno che di notte: ha un fare assai svelto e nervoso, si muove in continuazione fiutando l’aria, arrampicandosi e nuotando. Piccolo insettivoro, preferisce gli insetti che vivono in ambienti non eccessivamente secchi. Si ciba di chiocciole, lombrichi, ragni, larve e adulti di insetti. Curiosità. Il toporagno alpino è il più grande rappresentante del genere Sorex ed è quello dotato di coda più lunga, carattere utile per il riconoscimento. È una specie molto agile e la sua coda molto lunga è utilizzata come bilanciere nel corso degli spostamenti. 126. TOPORAGNO COMUNE Nome scientifico Caratteristiche. Ha la taglia di un piccolo topo, con muso allungato e appuntito. Ha orecchie molto piccole, nascoste dalla pelliccia. Il dorso si presenta marrone-nerastro, mentre il ventre è grigio e sfumato di chiaro, con una banda sfumata di colore intermedio sui fianchi. Le punte dei denti sono rossobrune e la coda è coperta di peli corti, in tarda estate e in autunno, specialmente negli animali giovani . La lunghezza varia tra i 5,8 e gli 8,7 centimetri, la coda può raggiungere i 5,6 centimetri ed il suo peso si aggira tra i 5 e i 16 grammi. Vive circa un anno e mezzo. Habitat e diffusione. Vive in luoghi umidi, prati, boschi e siepi. Si trova anche in giardini, paludi e acquitrini. Si trova nell’Italia Nord-orientale e centrale. Riproduzione. La stagione della riproduzione va da aprile a settembre; la femmina partorisce, 2 o 3 volte l’anno, 6-8 piccoli per volta, che vengono allattati per tre settimane e aprono gli occhi dopo 13-18 giorni. Classe Mammiferi Ordine Insettivori Famiglia Soricidi Sorex alpinus (Schinz, 1837) UGO SCORTEGAGNA (ON, AE - CAI MIRANO) Sorex araneus (Linnaeus, 1758) Classe Mammiferi Ordine Insettivori Famiglia Soricidi Verso. Emette uno squittìo stridente. Abitudini e alimentazione. È attivo sia di giorno che di notte; è molto svelto e agile, può arrampicarsi e sa nuotare bene; scava gallerie, ma utilizza anche quelle scavate da altri animali. Si allontana raramente dalle zone protette da vegetazione fitta; spesso costruisce il nido sul terreno tra le radici degli alberi. Si nutre di insetti e delle loro larve, di lumache, piccoli invertebrati, a volte anche di sementi. Curiosità. I piccoli spesso formano una carovana dietro alla madre, reggendo con la bocca la coda del fratello che hanno davanti. ALESSANDRA GREGORIS (ON - CAI VITTORIO VENETO) 10 Ottobre 2010 ok:Layout 1 8-09-2009 127. CERVO SARDO 9:34 Pagina 29 Nome scientifico Cervus elaphus corsicanus (Erxleben, 1777) Caratteristiche. Le caratteristiche che lo distinguono dalla specie nominale europea sono dovute essenzialmente all’adattamento all’insularità. Il maschio raggiunge raramente il peso di 130 kg, con una altezza di un metro, mentre la femmina non supera i 70-80 kg, con una altezza di 80 cm circa. Il corpo è elegante, con collo lungo e sottile nelle femmine e più robusto nei maschi; la testa è di forma triangolare e le orecchie sono molto grandi e dritte. Gli occhi hanno una espressività quasi umana. Gli arti sono lunghi ed esili e provvisti di robusti zoccoli. Il manto, con peli abbastanza lunghi, è bruno-rossiccio in estate, quando si evidenzia anche una stria nerastra dalla testa alla coda, e più scuro in inverno. Le parti inferiori sono più chiare ed è caratteristico il “disco codale”, una zona bianca nella parte posteriore delle cosce. I palchi (impropriamente chiamati “corna”) sono presenti solo negli esemplari maschili, raggiungono una lunghezza massima di 70 cm e pesano fino ad un chilo per asta, con circa 4-6 punte di ramificazione (a differenza di quello europeo che arriva a palchi di 7 chili, con 16-24 punte). Sono caduchi e nei primi anni di vita quando vengono rinnovati, rispuntano con un ramo in più. Habitat e diffusione. Inserita negli anni sessanta nella lista rossa degli animali in via d’estinzione, la sottospecie del cervo sardo o corsicano è endemica della Corsica e della Sardegna. L’origine è da ricercarsi probabilmente nella sua introduzione da parte dell’uomo nella tarda età del bronzo, epoca a cui risalgono alcuni reperti archeologici tra cui protomi di cervo che ornano navicelle e spade votive nuragiche. A partire dagli inizi del Novecento, il cervo sardo andò via via estinguendosi, nonostante dal 1939 una legge ne vietasse la caccia. Il censimento del 2005 ne rileva circa 6 mila esemplari dislocati tra i tre principali areali naturali del Sulcis, Sarrabus e Areale di Montevecchio Costa Verde e Monti dell’Iglesiente. Esistono inoltre alcuni recinti faunistici in altre zone. Il cervo sardo predilige le fitte foreste di macchia mediterranea alta e la boscaglia, ma non disdegna gli ambienti sabbiosi, come le dune di Piscinas, patrimonio UNESCO. Evita invece le asperità rocciose. Classe Mammiferi Ordine Artiodatili Famiglia Cervidi Riproduzione. Vive in piccoli branchi costituiti da una femmina più anziana e le femmine adulte con il piccolo dell’anno e quello dell’anno precedente. I maschi dopo i due anni si allontanano dal branco delle femmine per unirsi a quello dei maschi dove vige la gerarchia del più forte, posizione conquistata a seguito di combattimenti o per la possanza valutata dagli avversari. Il periodo dell’accoppiamento inizia ad agosto e si protrae fino a tutto settembre, quando i maschi adulti si isolano dal branco portandosi nelle aree di riproduzione marcate, dove si accoppiano con più femmine costituendo dei veri e propri harem. Caratteristici sono i bramiti amorosi lanciati e il forte rumore dei palchi che cozzano nei combattimenti tra maschi. I cerbiatti nascono solitamente nel mese di maggio. Il piccolo viene allattato per tre-quattro mesi. Verso. Bramito lungo e cupo nel maschio, breve, simile quasi ad un abbaio nelle femmine. Il grido di allarme è una sorta di starnuto. Abitudini e alimentazione. Il cervo sardo riposa durante il giorno e va in cerca di cibo durante la notte. La sua alimentazione è composta prevalentemente da piante erbacee, graminacee e leguminose, cardi e rovi. Si nutre inoltre degli arbusti della macchia mediterranea. Curiosità. Il cervo sardo possiede un olfatto molto sviluppato mentre gli occhi hanno un forte astigmatismo che gli impedisce una visione chiara e distinta e lo rende così più esposto ai predatori. Nella Foresta Demaniale dei Sette Fratelli, a una trentina di chilometri da Cagliari, è stato allestito il Museo del Cervo Sardo, che comprende un centro visita, una sala espositiva e un’aula didattica in cui si ripercorre la storia evolutiva di questo animale. Oltre all’Ente Foreste della Sardegna, alle Università e al WWF, associazioni e gruppi di volontari sono attivi per la salvaguardia e la tutela di questo splendido e mansueto animale. Una nota di merito va alla Associazione Elafos che dal 1989 si occupa appunto dello studio e della salvaguardia del cervo sardo nell’areale suggestivo di Montevecchio-Costa Verde, con un censimento annuale degli esemplari. MICHELA GRIMAL (ON - CAI MIRANO)