INFIAMMAZIONE CRONICA Dott.ssa Erminia La Camera INFIAMMAZIONE CRONICA CARATTERISTICHE GENERALI 1) Persistenza dello stimolo irritante 2) Presenza contemporanea di processi di infiammazione, di demolizione del tessuto e tentativi di guarigione 3) Importanza predominante della componente cellulare rispetto a quella vascolare istoflogosi (infiammazione di cellule) 4) Non specificita’ agenti molto diversi possono provocare tipi di infiammazione molto simili INFIAMMAZIONE ACUTA E CRONICA Infiammazione acuta Infiammazione cronica LESIONE ACUTA STIMOLO LESIVO PERSISTENTE INFIAMMAZIONE INFIAMMAZIONE + DEMOLIZIONE DEMOLIZIONE + RISOLUZIONE RIGENERAZIONE RIPARAZIONE RIGENERAZIONE E RIPARAZIONE CAUSE DELL’ INFIAMMAZIONE Infezioni persistenti Alcuni microrganismi poco tossici (es. Bacilli tubercolari, Treponema pallidum, funghi e parassiti) evocano una risposta immunitaria detta ipersensibilità ritardata. Esposizione ad agenti potenzialmente tossici Esogeni: particelle di silicio che, se inalato per lungo tempo, provocano silicosi Endogeni: componenti lipidiche plasmatiche tossiche che inducono aterosclerosi Autoimmunità In particolari condizioni si sviluppano reazioni autoimmunitarie contro i tessuti dell’individuo stesso (ad es. artrite reumatoide e lupus eritematoso) CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE Infiltrazione plasmacellule) di cellule mononucleate (macrofagi, linfociti e Danno tissutale indotto dalla persistenza dell’agente lesivo o delle cellule infiammatorie Guarigione tramite la sostituzione del tessuto danneggiato da parte di tessuto connettivo che si realizzano con la proliferazione di piccoli vasi sanguigni (angiogenesi) e soprattutto fibrosi MACROFAGI I macrofagi sono cellule mononucleate tissutali che appartengono al sistema dei fagociti (insieme ai granulociti neutrofili e ai monociti). Essi svolgono una funzione molto importante nelle risposte immunitarie naturali e specifiche, che è la fagocitosi, cioè inglobano nel loro citoplasma particelle estranee, compresi i microrganismi, e le distruggono. Inoltre secernono citochine ad attività proinfiammatoria e presentano l’antigene ai linfociti T-CD4. La cellula progenitrice dei macrofagi è la cellula staminale multipotente. Nel midollo osseo questa cellula si differenzia in vari stipiti cellulari tra cui quello che dà origine al monoblasto; maturando questa cellula lascia il midollo e si riversa nel sangue sotto forma di monocita. Dal sangue poi i monociti migrano nei tessuti, maturano e si trasformano in macrofagi. I macrofagi possono andare incontro ad un processo di attivazione e formare: • I macrofagi attivati • Le cellule epitelioidi, chiamate così per la somiglianza con le cellule epiteliali cutanee, in cui sviluppa un abbondante citoplasma • Le cellule giganti multinucleate quando si fondono tra loro Oppure possono andare incontro a differenziamento assumendo caratteristiche citomorfologiche diverse a seconda del tessuto nel quale si sono localizzati: • Nel fegato rivestono i sinusoidi vascolari e prendono il nome di cellule di Kupper • Nel sistema nervoso centrale sono stati denominati cellule gliali • Nel polmone prendono il nome di macrofagi alveolari • Nell’osso invece osteoclasti I macrofagi possono essere attivati da vari stimoli, quali citochine, endotossine batteriche e mediatori chimici. Una volta attivati inducono: Aumento delle dimensioni cellulari Incremento della concentrazione degli enzimi lisosomiali Metabolismo più attivo Maggiore capacità di fagocitosi e uccisione Nell’infiammazione cronica i macrofagi si accumulano a causa di: Reclutamento dei monociti dal circolo dipende dall’espressione di molecole di adesione e fattori chemiotattici (chemochine, linfociti, fattori di crescita e frammenti della degradazione del collagene e della fibronectina). Proliferazione locale di macrofagi dopo la loro migrazione dal torrente sanguigno. Immobilizzazione dei macrofagi nella sede dell’infiammazione dovuta alla produzione di citochine e lipidi ossidati. FORMAZIONE DI GRANULOMI LINFOCITI Nell’infiammazione cronica i linfociti e i macrofagi interagiscono tra loro, influenzandosi a vicenda e rilasciando mediatori infiammatori che influiscono su altre cellule. Infatti i macrofagi presentano gli antigeni ai linfociti ed esprimono molecole di membrana e citochine (IL-12) che stimolano la risposta dei linfociti T. I linfociti T attivati iniziano a produrre citochine, in particolare IFN-γ, che è il principale attivatore dei macrofagi. PLASMACELLULE Le plasmacellule originano dai linfociti B attivati e producono anticorpi diretti contro gli antigeni presenti nella sede dell’infezione o contro le componenti tissutali alterate. Dopo 4-5 giorni, durante i quali contribuiscono all'eliminazione dei virus, le plasmacellule sono soggette a un meccanismo di autodistruzione, poichè se continuassero a vivere potrebbero far insorgere malattie autoimmuni o addirittura tumori. L’autodistruzione avviene seguendo un processo di apoptosi, in cui le plasmacellule si "avvelenano" con le scorie che si formano durante la produzione degli anticorpi e che non sono state eliminate dai proteosomi. EOSINOFILI Sono abbondanti nelle reazioni immunitarie mediate dalle IgE e nelle infezioni parassitarie. Il reclutamento comporta la fuoriuscita dal sangue ed è mediato dalla chemochina eotossina. Possiedono dei granuli che contengono la proteina basica maggiore, una proteina cationica, tossica per i parassiti ma che causa la lisi delle cellule epiteliali di mammifero e quindi partecipano ad un eventuale danno tissutale. MASTOCITI Sono grosse cellule disposte in genere in posizione perivascolare che derivano da precursori presenti nel midollo osseo. Esprimono sulla loro superficie il recettore che lega la porzione Fc delle IgE. Nelle reazioni acute, le IgE si legano ai questi recettori, le cellule si degranulano e rilasciano mediatori come l’istamina. Questo tipo di risposta si verifica nelle reazioni di ipersensibiltà verso alimenti, veleno di insetti o farmaci. INFIAMMAZIONE GRANULOMATOSA Si manifesta in malattie infettive di tipo immunitario (tubercolosi, lebbra, sifilide, malattia da graffio del gatto). È un tipo particolare di reazione infiammatoria cronica caratterizzata da accumulo di macrofagi attivati (cellule epitelioidi) e innescata da una varietà di agenti infettivi e non infettivi. Un GRANULOMA è un focolaio di infiammazione cronica costituito da un aggregato microscopico di macrofagi, morfologicamente trasformati in cellule epitelioidi, circondato da leucociti mononucleati e qualche volta anche da plasmacellule. Frequentemente le cellule epitelioidi si fondono tra di loro e formano le cellule giganti tipo Langhans, contenenti 20 o più nuclei. Esistono due tipi di granuloma differenti per la loro patogenesi. Granulomi da corpo estraneo: causati da materiale inerte come filo da sutura o altre fibre troppo grandi per essere fagocitate. Il corpo estraneo viene quindi circondato e avvolto da cellule epitelioidi e cellule giganti. Granulomi di tipo immunitario: causati da particelle vive, di solito microbi, in grado di indurre una risposta cellulo-mediata. In questa risposta non si produce il granuloma, ma i macrofagi inglobano il materiale estraneo e lo processano, presentandone frammenti ai linfociti T e causandone l’attivazione. I linfociti T rispondono producendo citochine che attivano altre cellule T e macrofagi che si trasformano in cellule epitelioidi. Esempio tipico è il granuloma causato dal bacillo della tubercolosi, definito tubercolo. INFIAMMAZIONE PURULENTA Caratterizzata principalmente da un essudato cellulare granulocitario. I granulociti non vengono lisati durante la reazione infiammatoria e attaccano i tessuti, causando un'infiammazione per disfacimento o suppurazione cellulare. Si forma il pus, un materiale viscoso giallastro di aspetto denso e cremoso, formato da leucociti morti o morenti, altri componenti dell'essudato infiammatorio (liquido d’edema e fibrina), microrganismi e prodotti del disfacimento dei tessuti. La viscosità è dovuta all'alto contenuto di DNA che deriva dal disfacimento dei granulociti. Nell'infiammazione purulenta si osserva la continua produzione di essudato e il riassorbimento di sostanze tossiche, a cui spesso è associata una amiloidosi secondaria a carico del rene, della milza e del fegato. Ci sono diversi tipi di infiammazione purulenta: Ascesso o Apostema: raccolta circoscritta di pus in una cavità neoformata Empiema: raccolta di pus in una cavità naturale preesistente, non comunicante con l'esterno (es. cavità pleurica) Flemmone: raccolta purulenta con tendenza ad estendersi e ad invadere diffusamente il tessuto connettivo lasso sottocutaneo, sottomucoso, subfasciale e intermuscolare. OMEOSTASI NORMALE ADATTAMENTO Incapacità all’adattamento MORTE CELLULARE RIPARAZIONE RIGENERAZIONE Sostituzione di una parte perduta con un tessuto diverso Sostituzione di una parte perduta con un tessuto uguale RIGENERAZIONE In seguito a necrosi un tessuto può essere RIGENERATO. Per rigenerazione si intende la sostituzione delle cellule andate perdute con cellule che hanno le stesse caratteristiche anatomiche e funzionali. La capacità rigenerativa di un tessuto dipende dal suo essere costituito da cellule perenni, stabili o labili. Cellule Labili: cellule che si rinnovano sistematicamente Midollo osseo Tessuto emopoietico La maggior parte delle cellule epiteliali Cellule stabili: cellule che si rinnovano solo in particolari condizioni Epatociti Fibroblasti Endotelio vascolare Muscolo liscio Cellule perenni: non si rinnovano in nessun caso Muscolo scheletrico e cardiaco Neuroni CELLULE STAMINALI Cellule caratterizzate dalla loro prolungata capacità autorigenerativa e dalla loro replicazione asimmetrica. Infatti ad ogni divisione cellulare producono due cellule figlie, una delle quali mantiene la sua capacità di rinnovamento, mentre l’altra diventa capostipite di una popolazione di cellule che, a loro volta, dà luogo a cellule mature e differenziate, ovvero a tessuti distinti. Le cellule staminali assicurano la formazione e il rinnovamento dei tessuti, ovvero la sostituzione delle cellule che hanno terminato il proprio ciclo vitale e di quelle lesionate. CELLULE STAMINALI A CLASSIFICAZIONE in base alla provenienza Staminali embrionali ES: nell’embrione allo stadio di blastocisti, prima dell’ annidamento nella parete uterina, si trovano cellule staminali totipotenti e altamente proliferative, cioè capaci di produrre un numero elevato di progenitori che possono dar vita a tutti i tessuti del corpo umano; Staminali fetali: sono cellule staminali finalizzate all’accrescimento di alcuni tessuti nel neonato, con caratteri intermedi tra quelle embrionali e quelle adulte; Staminali del cordone ombelicale: al momento della nascita, dal sangue fetale del cordone ombelicale è possibile isolare cellule staminali dotate di grande capacità proliferativa e, allo stato attuale, considerate precursori degli elementi sanguigni; Staminali adulte: sono cellule non specializzate che si riproducono giornalmente per fornire alcune specifiche cellule. Ad esempio 200 miliardi di globuli rossi sono generati ogni giorno nel corpo da cellule staminali emopoietiche oppure cellule staminali nello stroma del midollo osseo possono trasformarsi in cellule epatiche, neurali, muscolari, e renali. CLASSIFICAZIONE Totipotenti: una singola cellula staminale può svilupparsi in un intero organismo e persino in tessuti extra-embrionali (ad es. i blastomeri) Pluripotenti: le cellule possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule che troviamo in un individuo adulto ma non in cellule che compongono i tessuti extra-embrionali Multipotenti: le cellule sono in grado di specializzarsi unicamente in alcuni tipi di cellule Unipotenti: le cellule staminali possono generare solamente un tipo di cellula specializzata RIPARAZIONE I tessuti che non possono essere rigenerati vengono semplicemente riparati, ciò avviene attraverso un certo numero di processi: Induzione di un processo infiammatorio in risposta ad una lesione iniziale, con rimozione del tessuto danneggiato o morto Proliferazione e migrazione delle cellule parenchimali e connettivali Formazione di nuovi vasi sanguigni e tessuto di granulazione Sintesi delle proteine della ECM e deposito di collagene Rimodellamento tissutale e contrazione della lesione Acquisizione della resistenza della ferita RIPARAZIONE Il processo di riparazione è influenzato da molteplici fattori: L’ambiente tissutale e l’estensione del danno L’intensità e la durata dello stimolo Le condizioni che inibiscono l’intervento, come la presenza di corpi estranei oppure l’inadeguato apporto di sangue Varie malattie che inibiscono la riparazione e il trattamento con steroidi RIPARAZIONE L’obiettivo della riparazione è quello di ripristinare il tessuto riportandolo alla condizione iniziale, di solito tale processo inizia precocemente durante l’infiammazione Alcuni tessuti possono essere completamente ricostruiti dopo il trauma (ad es. osso dopo frattura, superficie epiteliale dopo lesione cutanea), in questo caso si parla di GUARIGIONE Se il danno persiste l’infiammazione diventa cronica e avvengono contemporaneamente lesioni tissutali e riparazioni, in questo caso la deposizione di connettivo è detta FIBROSI Se i tessuti non possono essere rigenerati, la riparazione è accompagnata da deposito di tessuto connettivo con formazione di CICATRICE ANGIOGENESI I vasi ematici si formano durante lo sviluppo embrionale per vasculogenesi, durante la quale viene costituita una rete vascolare primitiva a partire dai precursori delle cellule endoteliali detti angioblasti. Questo processo è regolato da diverse biomolecole della matrice extracellulare. Il processo di formazione di vasi sanguigni nell’adulto è noto come angiogenesi. Quindi l’angiogenesi è la migrazione e la proliferazione coordinata di cellule endoteliali dal letto vascolare esistente, seguita da una maturazione e stabilizzazione che coinvolge le cellule murali (cellule muscolari lisce nei vasi di grande calibro e periciti nei vasi di medio calibro). Angiogenesi per mobilizzazione delle EPC (precursori delle cellule endoteliali) EMANGIOBLASTO Cellule Staminali Emopoietiche Angioblasti Cellule endoteliali Arterie – Vene - Vasi linfatici Periciti e cellule muscolari lisce Angiogenesi per mobilizzazione delle EPC (precursori delle cellule endoteliali) EPC Sostituzione cellule endoteliali perse Neovascolarizzazione di organi ischemici, ferite cutanee e tumori Angiogenesi da vasi preesistenti 1. ↑NO che determina vasodilatazione ↑VEGF che aumenta la permeabilità dei vasi presistenti 2. Degradazione proteolitica della membrana basale del vaso ad opera di una metalloproteinasi 3. Distruzione dei contatti tra le cellule endoteliali da parte dell’attivatore del plasminogeno 4. Migrazione cellule endoteliali verso lo stimolo angiogenetico 5. Proliferazione e maturazione delle cellule endoteliali 6. Reclutamento di cellule periendoteliali per fornire sostegno alle strutture endoteliali e formare i vasi maturi Fattori di crescita e recettori VEGF Dai precursori delle cellule endoteliali VEGFR2 Stimola la mobilizzazione dei precursori delle cellule endoteliali del midollo osseo (recettore tirosina-chinasico) Proliferazione cellulare Differenziamento cellulare Proliferazione cellule endoteliali VEGF Da vasi preesistenti VEGFR2 Mobilità cellule endoteliali Fattori di crescita e recettori Ang1 Ang2 Tie2 Tie2 Le cellule endoteliali sono più sensibili alla stimolazione da parte dei fattori di crescita PDGF recluta le cellule muscolari lisce TGF-γ incrementa la produzione delle ECM per stabilizzare i vasi neoformati Recluta le cellule periendoteliali Mantiene quiescienti le cellule endoteliali Proteine della ECM Integrine: formazione e mantenimento dei vasi sanguigni Proteine matricellulari (SPARC, tenascina C e trombospondina): destabilizzazione delle interazioni tra cellule e matrice Proteasi (attivatori del plasminogeno e metalloproteasi della matrice): rimodellamento dei tessuti durante l’invasione endoteliale CICATRIZZAZIONE Meccanismo di riparazione tissutale accompagnato dalla deposizione di tessuto connettivo e formazione di una cicatrice I processi che partecipano alla formazione della cicatrice sono: Migrazione e proliferazione fibroblastica nella sede della lesione Deposito della ECM (matrice extracellulare) Rimodellamento tissutale Proliferazione e Migrazione Fibroblastica VEGF (fattore di crescita dell’endotelio vascolare) Angiogenesi ↑permeabilità vascolare Produzione di essudato e deposizione di proteine plasmatiche (fibrinogeno e fibronectina plasmatica) a livello della ECM Proliferazione dei fibroblasti e degli endoteli Fattori della Proliferazione e Migrazione TGF-β prodotto dalle cellule del tessuto di granulazione: • Proliferazione e migrazione fibroblastica • Incremento sintesi di collagene e di fibronectina • Riduzione della degradazione della ECM ad opera delle metalloproteasi Deposizione di ECM e formazione di cicatrici Man mano che il processo riparativo procede ↓ numero di cellule proliferanti e di fibroblasti I fibroblasti depositano ↑quantità di ECM PDGF, FGF, TGF-β, IL-1 sti mo lat a ↑sintesi di collagene ↓ degradazione di collagene Dopo l’accumulo netto della quantità di collagene, la struttura del tessuto di granulazione viene convertita in una cicatrice formata da fibroblasti affusolati, collageno denso, frammenti di tessuto elastico e altre componenti della ECM. Inoltre con la maturazione della cicatrice continua la regressione vascolare che trasforma il tessuto di granulazione riccamente vascolarizzato in una pallida cicatrice non vascolarizzata. Le cicatrici si differenziano istologicamente dalla pelle... La cicatrice manca di annessi cutanei così come di desmosomi alla giunzione dermo-epidermica Il normale pattern, a cestino intrecciato, delle fibre collagene del derma è sostituito da fibre collagene sistemate in filiere parallele alla superficie cutanea Caratteristiche cliniche Caratteristiche istologiche C. Eritematose Colore: Rosa/Rosso Texture: Lucente, poca “cute” Morfologia: piatta Vasi sanguigni dilatati ed aumentati di numero; fibrosi variabile C. Pigmentate Melanina aumentata alla giunzione D/E; fibrosi variabile Colore: Bluastro/Marrone Texture: Lucente, poca “cute” Morfologia: piatta C. ipertrofiche Colore: Bianco/Rosa o Rosso Texture: Lucente, rara “cute” Morfologia: rilevate, adese ai bordi della ferita Colore: Rosso carico/Porpora C. keloidee Texture: Lucente, niente “cute” Morfologia: rilevate, adese oltre bordi della ferita C. atrofiche Fibre di collagene spesse; scarsa matrice mucoide Collagene ialinizzato e spesso; matrice mucoide aspetto nodulare; struttura disorganizzata Colore: Bianco/Rosa Epidermide più sottile; Texture: Lucente, rugoso,scarsa cute fibrosi del derma variabile Morfologia: infossate o depresse Rimodellamento tissutale La formazione di una cicatrice implica una serie di variazioni della ECM. Infatti alcuni dei fattori di crescita che stimolano la sintesi del collagene e di altre molecole del tessuto connettivo modulano anche la sintesi e l’attivazione delle metalloproteasi. Sintesi della ECM ad opera dei fattori di crescita equilibrio Degradazione della ECM ad opera delle metalloproteasi RIMODELLAMENTO TISSUTALE Metalloproteasi della matrice (MMP) Famiglia di enzimi (circa 20) con un dominio zinco-proteasico di 180 aa. Sono sintetizzate come propeptidi e richiedono il clivaggio proteolitico per attivarsi. Vengono prodotte da vari tipi di cellule (fibroblasti, macrofagi e neutrofili). La loro secrezione è indotta da PDGF, IL-1, TNF, fagocitosi e sforzo fisico, mentre è inibita dal TGF-β e dagli steroidi. Collagenasi interstiziali (MMP-1, 2, 3): tagliano il collagene fibrillare di tipo I e II Gelatinasi (MMP-2 e 9): degradano il collagene amorfo e la fibronectina Stromalisine (MMP-3, 10, 11): agiscono sui proteoglicani e sulla fibronectina GUARIGIONE La Guarigione di una ferita cutanea è suddivisa in tre fasi: 1) Infiammazione (precoce e tardiva) 2) Formazione di tessuto di granulazione e cicatrizzazione 3) Contrazione della lesione, deposizione di ECM e rimodellamento Queste fasi si sovrappongono e la loro separazione è arbitraria. Fattori di crescita e citochine coinvolte nella guarigione delle ferite Chemiotassi dei monociti PDGF, FGF, TGF-β Migrazione dei fibroblasti PDGF, EGF, FGF, TGF-β, TNF, IL-1 Proliferazione fibroblastica PDGF, EGF, FGF, TNF Angiogenesi VEGF, Ang, FGF Sintesi di collagene TGF-β, PDGF Secrezione della collagenasi PDGF, EGF, FGF, TNF, TGF-β ↓ Fattori di crescita PDGF: fattore di crescita derivato dalle piastrine FGF: fattore di crescita dei fibroblasti EGF: fattore di crescita dell’epidermide TGF-β: fattore di crescita trasformante β VEGF: fattore di crescita dell’endotelio vascolare TNF: fattore di necrosi tumorale Guarigione ferite cutanee per prima intenzione Ferita da incisione chirurgica pulita e non infetta i cui lembi sono mantenuti giustapposti da una sutura chirurgica L’incisione provoca: • Morte di poche cellule connettivali e epiteliali • Interruzione della continuità della membrana basale epiteliale • Riempimento degli spazi vuoti con coaguli di sangue contenenti fibrina e cellule ematiche • Disidratazione del coagulo con formazione della crosta GUARIGIONE Entro 24 ore compaiono i neutrofili che si muovono verso il coagulo della fibrina Entro 24-48 ore le cellule epiteliali si spostano dai bordi della ferita lungo i margini tagliati del derma e depositano i componenti della membrana basale che si fondono, sotto la superficie della crosta, e formano uno strato epiteliale continuo e sottile. Entro il terzo giorno i neutrofili vengono sostituiti dai macrofagi, compare il tessuto di granulazione e appaiono, ai margini della ferita, le fibre di collagene che non congiungono ancora i bordi della ferita II settimana si accumulano collagene e fibroblasti, inizia il processo di schiarimento dovuto all’aumento di collagene e alla regressione dei canali vascolari Fine primo mese la cicatrice è costituita da tessuto connettivo privo di infiltrato infiammatorio ma ricoperto da epidermide intatta Guarigione ferite cutanee per seconda intenzione Ferite superficiali con grossa perdita di tessuto e con lembi separati La rigenerazione delle cellule parenchimali non può ripristinare completamente l’architettura originale e quindi l’abbondante tessuto di granulazione cresce dai margini della ferita per completare la riparazione Differenze tra guarigione di prima e seconda intenzione: 1) Nella guarigione di seconda intenzione il coagulo di fibrina è più grande, quindi devono essere rimossi una maggior quantità di residui necrotici e di essudato. Di conseguenza la reazione infiammatoria risulta più intensa. 2) Si formano maggiori quantità di tessuto di granulazione. 3) Si determina contrazione della ferita dovuta alla formazione presso i margini di un reticolo di fibroblasti contenenti filamenti di actina. La contrazione, facilitata dai miofibroblasti, riduce lo spazio tra i margini cutanei. 4) Si forma un evidente cicatrice e un assottigliamento dell’epidermide. Resistenza alla ferita Inizialmente dipende da un incremento della sintesi di collagene che prevale sugli effetti della sua degradazione (primi due mesi), in seguito dipende dalle modificazioni strutturali delle fibre di collagene (legami crociati, aumento della dimensione delle fibre) dopo che la sua sintesi è terminata. Fattori sistemici e locali possono influenzare il normale decorso di guarigione. FATTORI SISTEMICI Nutrizione: una carenza proteica e di vitamina C rallentano la rimarginazione della ferita e inibiscono la sintesi di collagene Stato metabolico: il diabete mellito è spesso caratterizzato da microangiopatia che ritarda la guarigione Circolazione: un inadeguato apporto di sangue ritardano il drenaggio venoso Ormoni: i glucocorticoidi possono inibire la sintesi di collagene e influenzare diverse componenti dell’infiammazione FATTORI LOCALI Infezione Fattori meccanici: movimento delle ferite che può separare i lembi della ferita Corpi estranei: suture, osso, frammenti di acciaio o vetro Dimensione, localizzazione e tipo di lesione: ferite in aree riccamente vascolarizzate (volto) e ferite più piccole guariscono prima COMPLICANZE Insufficiente formazione della cicatrice Deiscenza: rottura di una ferita in seguito a stress meccanico (vomito, tosse, blocco intestinale) Ulcerazione a causa di una ridotta vascolarizazzione Eccessive quantità di collagene Cicatrice ipertrofica in cui il tessuto cicatriziale cresce in maniera sproporzionata; se il tessuto cresce oltre i limiti della ferita iniziale e non regredisce, essa viene chiamata cheloide COMPLICANZE Eccessiva quantità di tessuto di granulazione Tale tessuto, detto di granulazione esuberante, protrude al di sopra del livello della pelle circostante e blocca la riepitelizzazione. Deve essere rimosso tramite escissione chirurgica per ripristinare la continuità epiteliale Accumulo di fibroblasti e altre cellule del tessuto connettivo Eccessiva diminuzione della dimensione della ferita Desmoidi o aggressive: incisione traumatici neoplasie fibromatosi cicatrici da o danni seguiti da Contrattura: comporta la deformazione della ferita e dei tessuti circostanti FIBROSI È associata ad alcune patologie infiammatorie croniche Nella cirrosi epatica le cellule stellate del fegato vengono attivate per produrre collagene. La deposizione del collagene a livello del parenchima epatico e le modificazioni nella struttura dei sinusoidi provocate dalla deposizione delle ECM alterano le componenti strutturali e funzionali del fegato portando a cirrosi. Nella pancreatite cronica, eventi di infezione pancreatica portano alla continua perdita di cellule acinose del pancreas e alla sostituzione con tessuto fibroso.