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Pubblicato il 22 Settembre 2012
Iniziata in Verona la XXI edizione del Settembre dell'Accademia
Orchestra magiara diretta da un veronese
servizio di Sergio Stancanelli
VERONA - Preannunciata sin dallo scorso aprile ma senza la consueta conferenza stampa che in
passato veniva indetta qualche giorno prima dell'inizio, ha avuto inaugurazione a Verona la sera di
sabato 1 settembre nel teatro Filarmonico di proprietà dell'Accademia filarmonica la rassegna "Il
Settembre dell'Accademia 2012". Giunta alla XXI edizione, l'annuale sfilata di orchestre da tutto il
mondo è stata tenuta a battesimo questa volta da una compagine ungherese, la "Budapest MAV
symphony orchestra", al curriculum della quale il programma di sala della serata, un opuscolo di otto
pagine in formato grande, dedica un'intera colonna, informandoci che venne fondata sessantatrè anni
addietro dalle Ferrovie dello Stato ungherese ma senza precisare se essa sia costituita da ferrovieri
(od ex ferrovieri) e senza rivelarci il significato della sigla che ne costituisce il nome. Per altro
informandoci che «la MAV oltre alle stagioni sinfoniche ospita concerti da camera», al che parrebbe che la MAV oltre che
un'orchestra sia anche un locale.
La "Verklärte Nacht" di Ravel - Erano in programma, con inizio
alle ore 20.30, per una durata che è risultata complessivamente
1h e 18' di musica (più le pause, e 20' circa d'intervallo),
composizioni di Maurice Ravel, Leonard Bernstein e George
Gershwin: allettanti, queste ultime, per molti, stomachevoli per
altri.
Direttore dell'Orchestra magiara il veronese Vittorio
Bresciani, pianista valente che ragazzino ebbe da chi scrive le
prime recensioni sui quotidiani "L'arena" di Verona e "Il secolo
d'Italia" (allora si chiamava così) e sul settimanale "7 giorni
Veneto": oggi vicedirettore del Conservatorio veronese. S'è iniziato
con la "Rapsodia spagnola", che l'autore allora 32enne iniziò a
comporre nel 1907 (senza annotare giorno e mese) e terminò l'1
febbraio dell'anno successivo, come risulta dalla datazione
autografa sotto alla firma in fine della partitura, la quale è dedicata
al violinista e compositore Charles-Auguste de Bériot (autore fra
l'altro di dieci "Concerti" per violino bellissimi e importanti, almeno
per quanto riguarda i nove che posseggo, oltre che di altre
partiture per violino e orchestra: ma sottovalutato nel "dizionario
Utet"). Della partitura orchestrale raveliana ho quindici
interpretazioni, a cominciare da un 78 giri donatomi in Genova
negli anni Quaranta da un compagno di classe, Nino Bobbio (poi
medico odontoiatra) ("Fonit Polydor, Orchestra dell'Association
des concerts Lamoureux di Parigi diretta dal m° M. A. Wolff", dove
manca il IV movimento, e il II è titolato "Malgauena" con la tilde su
la "u"), e la durata integrale è 15 minuti più o meno in tutte.
L'interpretazione ungaro-veronese è durata per l'appunto 15', ma
ben diversa da tutte è risultata la sostanza. Io sento la "Rapsodie
espagnole", quanto meno il 1° tempo "Prélude à la nuit", come
una sorta di "Verklärte Nacht" ante litteram. Tutt'altro che
allucinante, lo ammetto: ma piena di ombre che passano,
fantasmi che appaiono e svaniscono, turbamenti che prendono,
sino a un improvviso momento di vero spavento: che sùbito
passa, santo Iddio, stai calmo, non succede niente, è solo notte,
non l'inferno, sono passanti quelli, non dannati. Bresciani invece, a metà del très modéré, ci schiaffa un'esplosione. Ma
un'esplosione mica da ridere: un'esplosione che sconvolge il quartiere, un'esplosione da morti e feriti e case che crollano e
gente che fugge: altro che ombre, fantasmi, e non succede niente. Un collega che non mi ha autorizzato a menzionarlo ha
parlato di «sommovimenti tellurici». Ovviamente, quella del Bresciani è un'interpretazione. Non è la mia.
Vacanza, non festa – La musica procede senza inciampi che meritino contestazione con "Malagueña", assez vif , e
"Habanera", assez lent, ma per il quarto movimento "Feria" (assez animé ) non si può sottacere un'interpretazione la quale
più che feriale (periodo feriale è quello delle ferie, delle vacanze: non quello dei giorni lavorativi) è parsa rivoluzionaria, più
che festiva, bellica, o quanto meno tempestosa, e con bombardamenti finali senza discrezione. L'equivoco viene da lontano.
La parola feria usata dal Ravel che scrive in lingua francese, in francese non esiste (in merito, esiste solo l'aggettivo férié,
che significa festivo). Non esiste neanche in latino: se non al plurale, feriae, che nella Roma antica erano i giorni dedicati al
culto di una divinità, durante i quali non poteva aver luogo attività alcuna, quanto meno nell'ambito della res publica. Giorni di
riposo, dunque. Festa nel senso di vacanza, non nel senso di festeggiare, fare chiasso e baldoria. Ma nel calendario
liturgico, per un fatale errore d'interpretazione di tutta evidenza, su cui il cronista non ha dubbi e che più che ipotizzare afferma
assumendosene tutta la responsabilità, feriale divenne ogni giorno lavorativo. Ecco dunque all'opposto feria inteso dal
compositore come festa nel senso non solo di vacanza ma anche di festeggiamenti. Festeggiamenti chiassosi, gente
spensierata e gioiosa, folle che impazzano, luna park, albero della cuccagna, petardi e mortaretti: e al giorno d'oggi non
mancherebbero anche rivoltellate. Non però bombe, cannoneggiamenti e attentati.
Un "Concerto" risonante ed una "Fantasia" malsonante – Al tempestoso finale della "Rapsodia" è seguìto, dopo sei minuti
per la messa in loco del pianoforte, sempre del Ravel il "Concerto per la mano sinistra" (18', esattamente – minuti secondi
più o meno – come tutte le registrazioni in mio possesso), alla cui esecuzione ha partecipato anche la mano destra, del
quale lo stesso direttore è stato solista. Se l'interpretazione pianistica è stata tecnicamente corretta e, solamente, la
prossima volta sarebbe necessario più che opportuno far suonare l'amico Bresciani su uno strumento privo di pedale di
risonanza, quella orchestrale non può non venir definita un putiferio infernale. Applausi scarsi e dispersi ma prolungati, e bis
del solista i 6' dell'"Alboráda del gracióso" (Serenata mattutina del cicisb eo ), 4° numero dalla suite "Miroirs".
Dopo venti minuti d'intervallo, durante i quali, con la mia accompagnatrice Maria Luisa Cappelletti titolare della compagnia di
prosa "Il teatrino" e madre del compositore Paolo de Carli, oltre a prenderci un caffè ci siamo intrattenuti col direttore
d'orchestra Giorgio Croci e siamo stati avvicinati da musicofili in cerca di pareri e di conferme al loro, e da sorridenti signore,
che non conosciamo, e durante i quali una cinquantina di spettatori hanno lasciato la platea per non ritornarvi, ha inizio la
seconda parte con le 9 "Danze sinfoniche" (22': da 21 a 25 nelle mie varie registrazioni) dal musical "West side story". Sono
pagine le quali, dopo i primi lontani ascolti, erano tollerabili solamente sotto il gesto, il sorriso e la sapienza del loro autore.
Oltretutto eseguite con trascuratezza, hanno avuto scarsi applausi.
Altro esodo di spettatori, e conclusione del programma con "A musical portrait", 23' di musiche tratte dall'opera "Porgy and
Bess". Non menzionato né in locandina né nella presentazione il facitore della suite sinfonica, che non è quella ricavata
dall'autore con la collaborazione del fratello Ira, né quella nobilissima di Arthur Rodzinsky, bensì fra tutte la più diffusa ("A
symphonic picture") di Robert Russel Bennett (da 23' a 26 nelle altre interpretazioni che posseggo). Esecuzione
indecorosamente approssimata, deturpata da intonazioni imprecise se non anche da note errate, oltre a squilli esagitati e
sguaiati. Particolarmente reprensibile il finale, dove il suggestivo contrappunto s'è perso nel fragore generale. Applausi
ancora scarsi ma prolungati (4') con qualche fischio dalle gallerie, e bis con la ripetizione degli ultimi sette minuti della Suite:
questa volta interpretata assai meglio! (e ciò non ostante, seguita da altri fischi). La circostanza ricorda un direttore veronese
da noi vituperato su "gli Amici" (anche con pubblicazione su pentagramma di un passo beethoveniano come scritto
dall'autore e come eseguito da lui) ma esaltato da altri, il quale approdato alla Scala – addirittura per "Così fan tutte" – ha
ricevuto dal loggione abbondanti razioni di b uuuuuuu... Considerata la presenza sul palcoscenico del Filarmonico di un
pianista, osservo che il direttore avrebbe potuto opportunamente far ascoltare ai veronesi, di "Porgy", anziché la Suite
eseguita che è arcinota sino alla noia, quella con pianoforte e banjo ricavata dallo stesso Gershwin (Barbara Libermann con
la Saint Louis diretta da Leonard Slatkin 24'55", William Tryth con la Cincinnati diretta da Erich Kunzel 25'50"), poco eseguita
nel mondo e mai in Verona.
Un po' di cantonate - Per il rispetto dovuto al pubblico, non può stendersi il silenzio su quanto alcuni spettatori ci hanno
segnalato in merito alle presentazioni sul programma di sala (quattro pagine su le otto del fascicolo in grande formato)
firmate da un esperto in s. p. e. che alcun tempo addietro la segreteria del Conservatorio ci confidava docente ancorché,
nonostante richieste, solleciti e intimazioni, non avesse mai presentato un attestato di diploma. Il testo di presentazione della
"Rhapsodie espagnole" è ricopiato tal quale parola per parola da quello d'un concerto della Società "Amici della musica" nel
teatro Nuovo: fatta salva la correzione degli errori («Rapsodie») ma non dei refusi («sangue un tempo spagnolo e francese »
in luogo di ad un tempo , «Bolero» in francese senza l'accento). Ma forse, in considerazione della ricopiatura, l'estensore ha
rinunciato a un compenso. Sarebbe immorale, infatti, dicono, che per uno stesso lavoro si facesse pagare due volte. Un
"Concerto" per pianoforte (mano sinistra) e orchestra di Richard Strauss non esiste. Per tale organico il compositore tedesco
scrisse la parafrasi "Parergon zur Symphonia domestica" e lo studio sinfonico in forma di passacaglia "Panathenäenzug". Di
"Concerti" ne compose cinque ma nessuno per piano. È, a mio avviso, illecito informare come Ravel intendesse interpretare
personalmente il suo "Concerto in Sol" senza precisare che poi però non se ne sentì tecnicamente all'altezza e cedette il
compito alla pianista Marguerite Long. L'opera "Porgy and Bess" debuttò nell 'Alvin theatre, e «al suo successo contribuì in
buona parte il song "Summertime" », che però è un plagio dallo spiritual "Sometimes I feel like a motherless child". Di
Leonard Bernstein, "The age of anxiety" è il titolo della sua "Sinfonia n.2", composta nel 1947-48 e riveduta nel '65: non un
balletto del '49. Può darsi che su quella musica sia stato coreografato un balletto (al cronista non risulta), ma il fatto che
Serge Lifar abbia coreografato la "Sinfonia n.5" di Beethoven e Béjart la "Nona" non consente di affermare che Beethoven
scrisse balletti con tali titoli . Incredibile poi la quantità di nomi comuni ed aggettivi scritti con l'iniziale maiuscola nella
biografia del maestro Bresciani, ed anche nel curriculum della Budapest orchestra. Infine, le versioni originali della "Dante
Symphonie" e della "Faust Symphonie" sono quelle per orchestra, rispettivamente del 1854 e del 1855-56: le versioni per due
pianoforti vengono dopo, non prima, precisamente attorno al '56-59 per la "Dante", e nel '56 per la "Faust". Sono dunque
trascrizioni dagli originali per orchestra, non viceversa. La loro pubblicazione da parte della casa discografica Naxos (pianisti
Vittorio Bresciani e Francesco Nicolosi) non è poi tanto recente, risalendo a sette anni addietro.
Crediti fotografici: Foto SeSta
Nella miniatura in alto: il direttore e pianista Vittorio Bresciani (foto di repertorio)
Al centro: il palcoscenico con il logo dell'Accademia filarmonica
In basso: panoramica sull'orchestra magiara nel teatro Filarmonico