Anthony Braxton
Scritto da Redazione
Sabato 28 Marzo 2009 16:10 - Ultimo aggiornamento Sabato 28 Marzo 2009 16:12
Anthony Braxton, compositore e polistrumentista, è nato il 4 giugno 1945 a Chicago, e qui si è
laureato prima in armonia e composizione al Chicago Musical College, poi in filosofia alla
Roosevelt University. Suona anche il flauto ed il pianoforte, ma ha dimestichezza soprattutto
con li sassofoni ed i clarini. Approda nell'AACM di Chicago, scuola–associazione fondata da
Richard Abrams e Roscoe Mitchell, poco più che ventenne, ma si mette in luce già nel 1968
registrando due importanti dischi come leader, «Three compositions of new jazz», con Muhal
Richard Abrams, piano, Leo Smith, tromba, Leroy Jenkins, violino, e soprattutto «For Alto», un
album doppio per sax solo, avveniristico per l'epoca, che aprirà la strada ai lavori solistici di altri
sassofonisti.
Fra il 1969 ed il 1974 Braxton compie frequenti viaggi a Parigi, dove ha occasione di registrare
numerosi dischi e di incontrare molti esponenti dell'avanguardia jazzistica europea. Fra il 1970
ed il 1971 guida un interessante quartetto, "Circle", con Chick Corea, pianoforte, Dave Holland,
contrabbasso, e Barry Altschul, batteria. Di questo gruppo esce nel 1971 un album live, «Circle:
Paris concert». Corea segue un'altra strada, ma la coppia ritmica del "Circle" diverrà la base,
fino al 1976, di tutti i suoi futuri quartetti, prima con il trombettista Kenny Wheeler, poi con il
trombonista George Lewis. In questo periodo d'intensa attività, ed anche di larga popolarità,
incide duetti con Muhal Richard Abrams al pianoforte e Richard Teitelbaum al synth. Realizza
quindi due ambiziose registrazioni per grande orchestra: «Creative Orchestra Music» nel 1976,
ispirata alle tradizioni bandistiche americane, e «For four orchestras» nel 1978, dove vengono
utilizzati ben 160 esecutori. A cavallo fra gli anni '70 ed '80 cambiano sempre più spesso i
componenti dei suoi quartetti. Ray Anderson prende il posto di George Lewis al trombone,
mentre al contrabbasso si succedono John Lindberg e Mark Helias, alla batteria Thurman
Barker e Ed Blackwell. Dalla fine degli anni '80 guida un quartetto con Marilyn Crispell,
pianoforte, Mark Dresser, contrabbasso, e Gerry Hemingway, batteria. Braxton registra più volte
in duo con Max Roach, e torna a lavorare episodicamente anche al sax solo. Molte e fruttuose
le collaborazioni, che lo vedono a fianco di Roscoe Mitchell e Ornette Coleman, ma anche di
improvvisatori europei come Derek Bailey, Evan Parker e Willem Breuker.
Da quando, nel 1985, ottiene la cattedra di composizione al Mills College – ma qualche anno
dopo si trasferisce alla Wesleyan University di Middletown – la sua attività concertistica
inevitabilmente si dirada, ma ciò non gli impedisce di registrare, anzi. A partire dalla seconda
metà degli anni '80, grazie all'appoggio dell'etichetta indipendente inglese Leo Records, Braxton
pubblica decine e decine di dischi – quasi un centinaio sino ad oggi – che rappresentano
un'accurata e preziosa documentazione della sua musica. Utilizza quasi esclusivamente sue
composizioni, eseguite dai più diversi organici. Influenzato da sassofonisti di scuola jazzistica
come Charlie Parker, Eric Dolphy e Ornette Coleman, ma anche da compositori contemporanei
come John Cage, Karlheinz Sockhausen e Arnold Schoenberg, Braxton va valutato non solo
come sassofonista, per quanto innovatore ed originale, ma soprattutto come compositore. Non
è un caso che Leo Records abbia recentemente pubblicato un cofanetto di 9 dischi interamente
occupato da trascrizioni della sua musica per pianoforte. I suoi brani, che spesso privilegiano le
parti scritte rispetto a quelle improvvisate, hanno quasi sempre per titolo dei simboli grafici e/o
matematici, apparentemente poco comprensibili e distinguibili. Alcuni di questi diagrammi
indicano la posizione dei musicisti durante la performance, ed hanno quindi anticipato la musica
aleatoria di John Zorn, che di Braxton è sempre stato un grande estimatore.
Laureato in filosofia, appassionato giocatore di scacchi e fumatore di pipa, l'ormai sessantenne
sassofonista chicagoano non è l'unico jazzista ad aver coltivato un interesse profondo per la
scienza dei numeri: Albert Ayler, Cecil Taylor, Ornette Coleman, hanno spesso giocato con
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Anthony Braxton
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Sabato 28 Marzo 2009 16:10 - Ultimo aggiornamento Sabato 28 Marzo 2009 16:12
algoritmi e moduli numerici. Ma il caso di Braxton è diverso: spesso, anche se non sempre,
numeri e formule costituiscono le matrici generative fondamentali della sua musica. I "patterns"
melodici, le sequenze ritmiche, persino molte combinazioni timbriche derivano da una serie più
o meno estesa di rigorosi principi matematici.
Negli ultimi tempi Braxton più che rileggere "standards" predilige suonare la sua musica, che
ama definire "ghost trance music", insieme a giovani interpreti, anche di formazione classica. Il
quartetto con cui affronta questo nuovo e breve tour europeo è assolutamente inedito, ed ha
una composizione piuttosto inconsueta nel mondo del jazz, mettendo insieme il fagotto e gli
ottoni, la chitarra elettrica e le ance (od i clarini) del leader. Il tutto condito da una buona dose di
elettronica.
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