PATOLOGIE CARATTERIZZATE DA RIDUZIONE MARCATA ED

OCULISTICA
24 0ttobre 2002
15.30-17.30
Bonardi Claudia
Galbiati Francesca
PATOLOGIE CARATTERIZZATE DA RIDUZIONE MARCATA
ED IMPROVVISA DELL’ACUITA’ VISIVA
Queste patologie sono vere e proprie urgenze, che richiedono un approccio
diverso e spesso alcune di queste sono responsabili di situazioni cliniche
non trattabili; altre, invece, sono suscettibili di trattamento che sarà tanto
più efficace quanto più sarà precoce.
Si tratta di situazioni cliniche che influiscono sulla trasparenza dei mezzi
diottrici, che improvvisamente diventano opachi o coinvolgono la retina o
le vie ottiche.
Queste situazioni non comprendono le metropie.
Sono pz che riferiscono la sintomatologia solo monolateralmente. La
bilateralità è infatti molto rara.
CAUSE DI IMPROVVISO CALO DELLA FUNZIONE VISIVA:
il corpo vitreo, che occupa lo spazio tra il cristallino e la retina può
opacizzarsi a seguito di due situazioni cliniche:
-infiammazione dell’uvea anteriore o posteriore, che dà luogo ad una
essudazione all’interno del corpo vitreo (questa non crea una repentina
diminuzione dell’acuità visiva).
-infarcimento di sangue: il sangue determina una marcata perdita di
trasparenza. Questa situazione clinica prende il nome di emovitreo. Il pz si
presenta con il segmento anteriore normale, ma manca il riflesso rosso del
fondo anche se noi dilatiamo la pupilla perché il corpo vitreo è pieno di
sangue ed impedisce alla luce di penetrare.
Le cause di emovitreo sono sempre legate a patologie retiniche perché il
corpo vitreo non è vascolarizzato, mentre la retina possiede molti vasi.
Sono infatti legate alla rottura di uno o più vasi che iniziano a sanguinare
in modo irrefrenabile.
Le condizioni cliniche che predispongono allo sviluppo di un emovitreo
sono:
RETINOPATIA DIABETICA in cui si ha sviluppo di neovasi che dalla
retina vanno al corpo vitreo ed essendo più fragili si rompono facilmente
OCCLUSIONE DELLA VENA CENTRALE che può portare anch’essa a
sviluppo di neovasi
ROTTURA DELLA RETINA in prossimità di un vasellino che dà luogo a
sanguinamento, ma tende ad autolimitarsi.
Per un paziente con emovitreo diventa fondamentale un esame ecografico
perché ci permette di visualizzare tutto il bulbo oculare, individuare il
corpo vitreo ripieno di sangue e, allo stesso tempo evidenziare che non vi
siano alterazioni retiniche.
All’angiografia la fluorescina iniettata in vena fuoriesce, proprio perché
questi vasi perdono liquido.
L’emovitreo lasciato a se stesso può impiegare molti mesi per scomparire,
anzi, essendo legato a patologie predisponenti, avrà recidive. Quindi il
trattamento obbligatorio sarà chirurgico (vitrectomia): si sostituisce il
corpo vitreo con una sostanza liquida trasparente.
Ora andiamo a valutare tutte le situazioni retiniche che danno lo stesso
quadro . Si tratta quasi sempre di alterazioni a livello della
vascolarizzazione
.
OCCLUSIONE DELL’ARTERIA CENTRALE RETINICA O ICTUS
RETINICO
Si ha un blocco a livello della circolazione proprio a livello
dell’emergenza dell’arteria in prossimità del nervo ottico e quindi tutto il
tessuto retinico non viene perfuso andando così in ischemia.
L’aspetto clinico tipico è il fondo oculare molto pallido, mentre la regione
foveale appare di colore rosso molto acceso (color ciliegia). Questo perché
la retina è ischemica e dà luogo ad edema che giustifica il pallore mentre la
regione foveale formata da fotorecettori si mantiene ben vascolarizzata dal
letto circolatorio corideale. Dal punto di vista sintomatologico si ha un
calo improvviso e repentino dell’acuità visiva, che sarà totale perché tutta
la retina verrà coinvolta. In certe situazioni il calo è transitorio e quindi si
rientra nella situazione clinica del TIA, perché a causare l’occlusione della
arteria centrale è quasi sempre un embolo di natura grassosa o di
colesterolo o di calcio, che parte dalla biforcazione delle due carotidi. Si
presenta quindi in pz anziani che soffrono di problemi vascolari o
arteriosclerotici oppure sono pz giovani affetti da valvulopatie.
Si può avere occlusione anche in quadri di otticopatia ischemica come un
edema della papilla acuto che determina strozzamento dell’arteria.
Esiste un territorio retinico vascolarizzato da un ramo dell’arteria ciliare
che mantiene la normale vascolarizzazione in caso di occlusione
dell’arteria centrale, quindi il pz manterrà una certa capacità visiva.
La storia naturale di questa patologia è purtroppo infausta. Se il pz
riuscisse ad arrivare in PS in pochi minuti si potrebbe fare una paracentesi
della camera anteriore, cioè una decompressione del bulbo oculare. Anche
il trattamento fibrinolitico potrebbe essere utile solo se immediato.
A lungo termine anche se l’occhio perde la capacità visiva, non si ha
quella complicanza tardiva che è la neovascolarizzazione retinica.
Un’altra patologia più rara è il MACROANEURISMA DELLA ARTERIA
RETINICA che può rompersi e dar luogo ad una vasta emorragia. Il
macroaneurisma può anche non provocare emorragia, ma dar luogo a
perdita di liquidi e questo determina essudati retinici.
OCCLUSIONE DELLA VENA CENTRALE DELLA RETINA
Questo è un quadro grave ma molto più comune del precedente. Consiste
nel blocco della circolazione a livello della vena che esce dal bulbo oculare
e che raccoglie il sangue venoso che proviene dalla retina. Si ha un calo
improvviso della vista che però non è mai una perdita totale. Facendo
l’esame del fondo dell’occhio si osservano marcate emorragie della retina
superficiale che danno il tipico aspetto a scheggia, essudati, duri
(espressione di perdita di proteine e lipidi da parte dei vasi) o molli
(espressione di una sofferenza ischemica della retina superficiale).
Si possono quindi riconoscere due forme: una prettamente ischemica e
un’altra caratterizzata dalla formazione di edema.
L’evoluzione di questa patologia è di andare incontro ad una risoluzione
per lo meno anatomica. L’emorragia e l’edema si riassorbono e il fondo
dell’occhio può riacquisire un aspetto pseudonormale, ma non tutta
l’acuità visiva che ha perso. (Nella forma ischemica il recupero è in realtà
meno probabile; nella forma edematosa, invece, il visus può migliorare nel
corso del tempo).
La forma ischemica determina inoltre la formazione di neovasi che si
sviluppano sia a livello della retina che dell’iride. Questa situazione può
far sì che l’umor acqueo non possa essere eliminato dal trabecolato,
determinando così un ipertono molto marcato che è quella forma di
glaucoma che viene definito ‘neovascolare’. Questo glaucoma è molto
doloroso. Questo spiega perché in queste forme cliniche bisogna tenere il
malato sotto stretto controllo e una volta che con la fluoroangiografia si è
identificata l’area ischemica bisogna procedere ad una ablazione con il
laser di tutta la retina, per evitare la formazione del glaucoma
neovascolare.
Può succedere che se l’occlusione è a carico di un solo ramo della vena, il
pz con visione binoculare possa non accorgersene. I pz più a rischio di
sviluppare un’occlusione della vena sono gli ipertesi perché l’ipertensione
causa un indurimento delle pareti dell’arteria che nel canale sclerale
decorre accanto alla vena e può andare a comprimerla; questo è tanto più
evidente nelle occlusioni di branca.
Anche l’occlusione di branca venosa può dar luogo ad edema maculare
che può essere trattato con il laser.
DEGENERAZIONE MACULARE SENILE
E’ una malattia cronica tipica dell’anziano, caratterizzata da alterazioni a
carico dell’epitelio pigmentato retinico che, per lungo tempo, possono
rimanere asintomatiche.
Si hanno depositi biancastri puntiformi= DRUSE, che non sono altro che
accumuli di sostanze proteiche e calcio che l’epitelio pigmentato non è più
in grado di eliminare; questo è una struttura fondamentale per il buon
funzionamento dellla retina perché garantisce un adeguato nutrimento ai
fotorecettori e ne elimina i prodotti del catabolismo. Con l’invecchiamento
si può andare incontro ad un vero e proprio scompenso dell’epitelio
pigmentato con un accumulo di liquido sotto di esso che ne determina il
sollevamento. Il distacco dell’epitelio diventa importante quando
raggiunge la regione sottofoveale, perché favorisce il passaggio di neovasi
dalla coroide fino alla retina. Questa condizione è molto grave per la
funzione dell’occhio perché i neovasi perdono liquidi che ledono i
fotorecettori e sanguinano. Spesso queste membrane vascolari si
sviluppano sotto la macula fino ad allargarsi alla regione foveale.
La situazione diventa esplosiva quando la membrana neovascolare
determina un vero e proprio sollevamento dell’epitelio pigmentato per
l’accumulo di materiale sieroso e sangue. Il pz riferirà un calo visivo che
tende a peggiorare nel corso dei giorni. Arrivati a questo stadio è molto
difficile tornare indietro, l’evoluzione naturale della malattia è la
formazione di una vera membrana cicatriziale fibrosa che invade tutto il
territorio retinico. Questa cicatrice viene definita ‘DISCIFORME’ perché
simile ad un disco e va ad occupare la regione foveale. Il pz perde così la
visione centrale, ma mantiene quella periferica.
Dal punto di vista terapeutico non ci sono molte possibilità curative, anche
perché non si conosce la causa scatenante; è per lo più una malattia
degenerativa.
L’unica speranza terapeutica consiste nel trattamento con un certo laser
dopo aver iniettato una sostanza che si chiama VERTOPORFINA ed ha la
caratteristica di chiudere i neovasi legandosi alla loro parete,
trombizzandoli. E’ un trattamento non invasivo, ma in alcuni pz non è
utile. Altra possibilità è fare la retinotomia.
La malattia è bilaterale e rappresenta la prima causa di ipovisione nel
mondo occidentale in assoluto.
Situazione simile è la miopia degenerativa che però non coinvolge la retina
e si autolimita.
DISTACCO DI RETINA REGMATOGENO
E’ una patologia diffusa, fortemente associata a presenza di miopia mediolieve.Questa patologia è caratterizzata dalla separazione del neuroepitelio
dall’epitelio pigmentato. Si chiama REGMATOGENO perché la causa
scatenante è una rottura, una soluzione di continuo all’interno della retina
ed è attravero questo foro che il corpo vitreo degenerato tende a passare
scollando la retina dall’epitelio pigmentato.
In presenza di una degenerazione del corpo vitreo e di una rottura
all’interno della retina, il corpo vitreo può passare al di sotto della retina
determinandone il sollevamento. Le condizioni che favoriscono lo
sviluppo di questa soluzione di continuo sono: degenerazioni della retina
per cattiva vascolarizzazione soprattutto in prossimità della regione
temporale. Queste areee sono ben visibili con un esame del fondo
dell’occhio (tipica è la degenerazione ‘a palizzata’).
L’epitelio pigmentato sentendo il fotorecettore che si allontana tende a
migrare e a dirigersi verso di esso, ma ciò peggiora la situazione perché
alcune di queste cellule possono passare al di là delle rotture e proliferare
in camera vitrea sottoforma di fibroblasti creando così i presupposti della
recidiva di distacco di retina dopo l’intervento.
Da un punto di vista clinico, il pz riferisce un oscuramento tipo ‘tenda’ sul
campo visivo, questa tenda poi tenderà ad allargarsi fino a determinare il
distacco totale della retina coinvolgendo anche la regione maculare. In tal
caso, si ha perdita anche della visione centrale che non si aveva
all’esordio.
Ci sono condizioni che predispongono al distacco come il pz che rifersce
la visione di flash luminosi, espressioni del vitreo che tira sulla retina con
il rischio che la retina si stacchi e si rompa; attenzione anche alla presenza
di cellule pigmentate dietro al cristallino del corpo vitreo che possono dar
luogo a tralci fibrosi. Il pz va operato il prima possibile, la tempestività
dell’intervento ne determina l’esito.
In altri casi si può prevenire il distacco attuando un trattamento profilattico
con una criosonda o con il laser si ottiene una coagulazione attorno alle
rottura che determina una marcata adesione tra retina ed epitelio
pigmentato ottenendo così lo ‘sbarramento’ dell’area intorno alla lesione.
Questo trattamento si può fare non solo dove si vede una rottura ma anche
dove si ha un’area degenerata potenzialmente regmatogena. Qualora si
dovesse avere la necessità di operare un pz con distacco di retina,
l’intervento consiste nell’individuare la rottura e isolarla con una
criosonda; una volta eseguito questo si determina una indentazione, cioè si
tende ad avvicinare la sclera verso l’asse ottico oculare ( si appone un
cerchiaggio di silicone che allenta le trazioni vitreali). Una volta chiusa la
rottura il liquido sottoretinico viene riassorbito dall’epitelio pigmentato
oppure viene fatto uscire mediante un tagliettino al di sotto della retina;
questa tende ad appianarsi e viene indentata riducendone le trazioni sul
corpo vitreo.
Se il distacco è localizzato in un solo settore si può fare un’iniezione di
aria all’interno del bulbo oculare: l’aria distende la retina ed una volta
appianata si esegue un intervento con il laser per saldare la retina attorno
alla rottura.
Alternativamente, quando il distacco di retina è molto marcato, si può fare
un intervento dall’interno che consiste nella vitrectomia, necessario per
eliminare le proliferazioni fibrose che poi sono la causa della recidiva del
distacco. Si entra con diverse sonde all’interno del bulbo oculare, si inietta
una sostanza pesante come il silicone che ha lo scopo di distendere la
retina e riottenere il suo allineamento anatomico. Il problema è che il
silicone è tossico, quindi sono necessari interventi successivi per
sostituirlo, ad esempio con soluzione salina.
N.B.: la condizione sine qua non si sviluppi distacco di retina è la presenza
di un foro o di una rottura retinica a tutto spessore e inoltre è necessaria
un’alterazione del corpo vitreo; se questo è sano si può avere un foro senza
che si sviluppi il distacco.
PRINCIPALI PATOLOGIE DELLE VIE OTTICHE:
PAPILLITE
Si tratta dell’infiammazione della papilla ottica che può essere dovuta a
qualsiasi causa: fattori specifici, virus, batteri, patologie autoimmuni.
Si presenta con il classico quadro clinico: generalmente un abbassamento
visivo monoculare che tende a peggiorare nel corso dei primi giorni ed è
spesso associato a dolenzia esacerbata dai movimenti oculari.
Al quadro clinico si ha una papilla con i bordi leggermente sfumati ed
un’iperemia marcata. L’esame del campo visivo evidenzierà sempre uno
scotoma centro-cecale.
Se l’infiammazione non viene trattata immediatamente con abbondani dosi
di cortisonici può determinare una gravissima lesione a carico delle cellule
ganglionari.
OTTICOPATIA ISCHEMICA
Questa è un’altra patologia della papilla su base vascolare. E’ sempre
associata a due fattori:
-arteriosclerosi, su base degenerativa
-Arterite di Horton, su base infiammatoria autoimmune.
Il quadro clinico è caratterizzato da marcata e improvvisa diminuzione
visiva che però può essere incompleta; cioè non è totalmente coinvolta la
regione centrale, ma si ha un deficit cosiddetto ‘altitudinale’. Questo
perché si verifica un’occlusione delle arterie ciliari che sono tre ed è raro
che si ostruiscano tutte.
Si ha un edema della papilla simile a quello che si verifica nell’occlusione
della vena centrale. Si possono avere essudati duri o cotonosi nell’ambito
peripapillare.
Anche questa patologia può dar luogo ad una sub-atrofia ottica.
L’otticopatia ischemica può colpire molto spesso entrambi gli occhi: prima
uno e poi l’altro.