UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Dipartimento di Discipline Medico Chirurgiche della Comunicazione e del Comportamento SEZIONE DI CLINICA OTORINOLARINGOIATRICA CATTEDRA DI AUDIOLOGIA Scuola di Specializzazione in Audiologia e Foniatria VALUTAZIONE AUDIOLOGICA NELLE SINDROMI CRANIO-FACCIALI RELATORE: Chiarissimo Prof. Alessandro Martini SPECIALIZZANDA: Micol Busi ANNO ACCADEMICO 2008-09 INDICE Introduzione 1 Capitolo 1 Embriologia dell’orecchio 4 1.1 Introduzione 4 1.2 Gli archi faringei 5 1.3 L’orecchio esterno 8 1.4 L’orecchio medio 10 1.5 L’orecchio interno 11 1.6 Anomalie della morfogenesi dell’orecchio 13 Capitolo 2 Classificazione e inquadramento diagnostico delle ipoacusie sindromiche 2.1 Introduzione 17 2.2 Le sindromi 18 2.3 Classificazioni delle malformazioni associate ad ipoacusia 22 2.4 Valutazione clinica 23 2.5 Inquadramento diagnostico delle ipoacusie sindromiche 38 Capitolo 3 Sindromi cranio-facciali associate ad ipoacusia 3.1 Introduzione 41 3.2 Ipoacusia genetica associata ad anomalie dell’orecchio esterno 41 3.3 Ipoacusia genetica associata a disordini tegumentari 51 3.4 Ipoacusia genetica associata a difetti cardiaci 54 3.5 Ipoacusia genetica associata ad anomalie dell’apparato 3.6 muscolo-scheletrico 55 Altre sindromi cranio-facciali sporadiche 62 Capitolo 4 Materiali e metodi 4.1 Casistica generale 4.2 Analisi delle anomalie morfologiche associate alle principali 66 66 sindromi cranio-facciali 4.3 Metodiche d’indagine 69 75 Capitolo 5 Discussione e conclusioni 5.1 Discussione 76 5.2 Conclusioni 84 Bibliografia 88 INTRODUZIONE L’orecchio è un organo importantissimo nella vita di un essere umano, poiché è in grado di influenzarne socialmente e psicologicamente gli aspetti. Infatti, dall’apparato uditivo provengono gli stimoli per una vita sociale e relazionale e in primis per lo sviluppo del linguaggio stesso. Il linguaggio verbale, prerogativa specifica della specie umana, si sviluppa nei primi tre anni di vita del bambino, a condizione che sia presente l’integrità ed un buon funzionamento del sistema uditivo, un’adeguata stimolazione da parte dell’ambiente esterno, un normale sviluppo del sistema nervoso centrale e una buon’efficienza dell’organo articolatorio. Eventuali carenze di stimoli uditivi possono avere conseguenze non solo sull’acquisizione del linguaggio, ma possono anche provocare alterazioni dello sviluppo psicomotorio e disturbi di comportamento. L’ipoacusia può essere dovuta a lesioni o malformazioni che interessano le diverse parti dell’apparato uditivo: orecchio esterno, orecchio medio od orecchio interno; a seconda dell’eziologia il deficit può presentarsi isolato e sporadico (forma più frequente), o può fare parte di un quadro clinico più complesso, quando associato ad altre patologie che interessano altri organi o apparati (Parving et al, 1998). Talvolta questi altri “segni” non comportano un aggravamento del quadro (come il ciuffo di capelli bianchi nella s. di Waardenburg, le lentiggini nella s. LEOPARD, ecc.), altre volte è di particolare importanza il corretto riconoscimento della sindrome, perché il disordine concomitante, che può rendersi evidente anche in un tempo successivo alla ipoacusia, è di particolare gravità per il paziente (come la retinite pigmentosa nella s. di Usher che può portare alla cecità nella seconda-terza decade di vita, l’ematuria nella s. di Alport che può portare alla insufficienza renale, l’alterazione del Q-T cardiaco nella s. di Jervell e Lange-Nielsen che può portare alla morte improvvisa per fibrillazione ventricolare durante l’adolescenza, ecc.). Questa classificazione è esclusivamente operativa; tra le forme sindromiche vengono incluse vere e proprie sindromi (condizioni cliniche complesse riconducibili ad un comune elemento eziologico o patogenetico, o, detto in altro modo, la presenza nelle stesso individuo di multiple anomalie che hanno una causa comune), ma anche associazioni (dove il nesso patogenetico, se presente, ancora sfugge), sequenze e tutte le condizioni a fenotipo complesso. La maggior parte delle forme sindromiche è dovuta a mutazioni mendeliane, altre sono invece associate a sbilanciamenti cromosomici oppure a mutazioni del genoma mitocondriale. Le ipoacusie sindromiche rappresentano circa il 30% di tutte le ipoacusie causate da una mutazione genetica. Il 10% circa dei geni associati a malattie umane attualmente conosciute, quando mutati, provoca delle anomalie uditive. Nella basilare rassegna di Gorlin e Coll. (1995) (e nella più recente revisione di Torriello, Cohen e Gorlin, 2003), sono riportate oltre 400 sindromi in cui è coinvolto l’udito. 30 patologie coinvolgono anche l’orecchio esterno, 40 l’occhio, 87 il sistema muscolo-scheletrico, 23 il rene, 63 il sistema nervoso centrale, 51 il sistema endocrino e metabolico, 56 la cute e gli annessi, 8 la cavità orale ed i denti, 35 una miscellanea di disturbi e 12 sono cromosomiche. Non sempre l’ipoacusia che si manifesta nei disordini cromosomici è “genetica”; può infatti essere la conseguenza della particolare conformazione cranica conseguente il disordine cromosomico (per es. l’aumentata frequenza delle otite medie nelle trisomie, nella s. di Turner, nelle palatoschisi, ecc.). Le sordità sindromiche presentano criticità sia nella fase diagnostica sia nelle successive fasi della consulenza genetica. Infatti si tratta di forme rare o molto rare, con variabilità di espressione intrafamiliare ed eterogeneità genetica e molecolare. Le sindromi associate a sordità sono molto numerose (>400) e spesso la rarità della condizione non consente di averne una esperienza diretta; in questi casi è particolarmente utile la raccolta metodica di tutti i dati clinici e dismorfologici, finalizzata alla consultazione di specifici data base e testi di riferimento. La ampia variabilità di espressione clinica (specie nelle forme autosomiche dominanti come la BOR e le sindromi con craniosinostosi) può indurre a errata classificazione di una condizione sindromica come non sindromica e talora a considerare esente un consanguineo con minima espressione audiologica ed extraaudiologica. Per questo motivo è essenziale l’approccio familiare, che associato ad una metodica raccolta dei dati clinici e dismorfologici, può consentire diagnosi di ipoacusia sindromica che altrimenti potrebbe sfuggire. D’altro canto, le anomalie associate alla sordità si possono sviluppare o rendere evidenti solo in età successive, indicando rivalutazioni a distanza. La variabilità di espressione rappresenta poi un serio limite alla predittività di una eventuale diagnosi prenatale, rendendola talora assai difficilmente proponibile. E’ quindi particolarmente importante quando ci si trova di fronte ad una ipoacusia, soprattutto in un bambino o in adolescente, valutare correttamente la conformazione dell’orecchio (dimensione, forma, posizione, rotazione e angolazione, presenza di fistole e appendici), della faccia-cranio nel suo complesso e, almeno nei casi dubbi, richiedere una valutazione specialistica di tipo genetico-dismorfologico. La valutazione dismorfologica richiede un esame obiettivo metodico e completo. Un solo dismorfismo difficilmente è significativo, infatti i dismorfismi sono presenti nella popolazione generale e possono avere anch’essi una componente genetica. Pertanto è necessario valorizzare pattern di dismorfismi e anomalie, valutandone anche la eventuale presenza nei genitori o in altri consanguinei. Questa tesi ha lo scopo di analizzare un ampio campione di pazienti affetti da deficit uditivo dovuto a malformazioni congenite, giunti all’attenzione dell’Unità Operativa di Audiologia dell’Università di Ferrara dal 1990 ad oggi. In particolare analizzeremo quella parte del campione che presenta un ipoacusia sindromica e, dal momento che le sindromi maggiormente rappresentate sono quelle cranio-facciali, valuteremo gli aspetti audiologici ad esse associati. Capitolo 1 EMBRIOLOGIA DELL’ORECCHIO 1.1 Introduzione Le malformazioni dell’orecchio sono frequentemente associate con quelle che coinvolgono altri organi e sistemi. Per comprendere le basi di sviluppo di queste associazioni è necessario conoscere le sequenze complessive di crescita che avvengono nell’embrione in concomitanza con quelle dello sviluppo dell’orecchio (Toriello et al., 2004). Il cranio dell’uomo è composto di tre principali elementi scheletrici: condrocranio, derivato dal mesoderma parassiale, volta cranica e scheletro facciale, originati da cellule della cresta neurale. Lo scheletro facciale si sviluppa a carico degli archi faringei, che derivano dagli archi branchiali dei pesci gnatostomi (ovvero forniti di mascelle). Le malformazioni craniofacciali dipendono da anomalie di sviluppo delle cinque paia d’archi faringei generati nell’uomo. L’inibizione della migrazione delle cellule della cresta neurale influenza direttamente lo sviluppo dello scheletro facciale. Anomalie degli archi e delle strutture ad essi correlate possono essere ereditarie o indotte da teratogeni, quali l’acido retinoico e i suoi analoghi biologicamente attivi. L’azione dell’acido retinoico è mediata dal blocco dell’espressione della combinazione di geni HOX, specifica per ciascun arco e che determina il destino dell’arco stesso. La faccia si sviluppa da cinque processi, che comprendono i rigonfiamenti mascellari e mandibolari, pari, derivati dal primo arco faringeo. Il quinto elemento è l’ampia prominenza frontonasale. Normalmente questi processi si fondono insieme durante lo sviluppo della faccia. Anomalie del processo di fusione danno origine a schisi facciali: la palatoschisi e la labioschisi ne sono due esempi. Le più comuni malformazioni craniofacciali, in ogni caso, sono costituite dallo spettro d’anomalie comprese sotto il nome di oloprosencefalia che sono causate principalmente dall’abuso d’alcool da parte della madre durante la gravidanza, ma possono essere anche ereditarie (Larsen et al., 2002) 1.2 Gli archi faringei Primo arco Terzo arco Secondo arco Quarto arco FIGURA 1.2.1 Archi faringei Embrione umano alla 5° settimana di gestazione. Sono evidenti il primo, secondo, terzo e quarto archi faringei, mentre il sesto non è visibile sulla superficie. In questo preparato è stato rimosso il cuore. I cinque archi faringei dell’uomo come molte altre strutture del corpo si formano in successione cranio-caudale durante la quarta e la quinta settimana di gestazione. Gli archi faringei sono costituiti da protuberanze esternamente ed internamente da tasche. Il primo arco faringeo (chiamato mandibolare) compare approssimativamente a 4,5 settimane di gestazione: inizialmente come una singola protuberanza e in corrispondenza della 5° settimana compaiono due aree distinte, la prominenza mascellare e quella mandibolare. Dorsalmente al solco che separa il secondo arco dal terzo, c’è l’otocisti. Nei mammiferi sulla superficie esterna sono ben visibili solo 4 archi e un arco aggiuntivo (il sesto) è appena accennato. L’innervazione delle strutture associate agli archi deriva dalle cellule della cresta neurale e/o dal placode ectodermico. Il primo arco è innervato dal trigemino, il secondo dal glossofaringeo, il terzo e il quarto arco entrambi dal vago. Vista questa sequenza craniocaudale, dato che il placode otico è posizionato tra il secondo e il terzo arco, l’epitelio otico sarà innervato dall’ottavo nervo cranico. I mioblasti dei muscoli associati a questi archi derivano dal mesoderma, mentre il loro tessuto connettivo deriva dalle cellule della cresta neurale. Gli archi nella prima fase fungono da condotti per i vasi sanguigni, le arterie degli archi: nel secondo arco l’arteria stapediale ha un particolare significato per lo sviluppo dell’orecchio, in quanto la staffa si forma attorno ad essa. La presenza di questo vaso giustifica la caratteristica morfologia circolare di questo osso. Le arterie degli archi subiscono una serie di cambiamenti: da quella del primo arco originano l’arteria mascellare e la carotide esterna, quella del secondo arco da’ origine alla porzione prossimale della carotide interna e alla parte distale della carotide esterna; quella del terzo diventa la carotide comune e parte della carotide interna. Le arterie del quarto e sesto arco contribuiscono a formare la succlavia, l’arco aortico e le arterie polmonari (Toriello et al., 2004). Nella tabella 1.2.1 sono riassunti l’origine e il destino dell’elemento scheletrico, dell’arteria, dei muscoli e del nervo cranico degli archi faringei (Larsen et al., 2002). TABELLA 1.2.1 Derivati degli archi faringei e loro tessuti di origine ARTERIA DELL’ARCO ELEMENTI SCHELETRICI MUSCOLI NERVO CRANICO 1° Ramo terminale Dell’arteria mascellare Derivati dalle cartilagini dell’arco (originate dalla cresta neurale): Dalla cartilagine mascellare: alisfenoide, incudine Dalla cartilagine mandibolare (di Meckel): Martello Derivati per ossificazione diretta del mesenchima del derma dell’arco: mascellare, Zigomatico, squama del temporale, mandibola Muscoli masticatori (temporale, massetere e pterigoidei), miloioideo, ventre anteriore del digastrico, tensore del timpano, tensore del velo del palato (originano dal quarto somitomero cranico) Branca mascellare e Branca mandibolare del Nervo trigemino (V) 2° Arteria stapedia (embrione), arteria corticotimpanica (adulto) Staffa ( tranne la parte vestibolare della platina che origina dalla capsula otica) processo stiloideo, legamento stiloioideo, piccole corna e bordo superiore dello ioide (derivati dalla cartilagine del secondo arco (di Reichert), originata dalla cresta neurale) Nervo facciale (VII) 3° Arteria carotide comune, radice della carotide interna 4° Arco dell’aorta, arteria succlavia destra; gettoni originari delle arterie polmonari Dotto arterioso; radici delle arterie polmonari definitive Bordo inferiore e grandi corna dello ioide (derivati della cartilagine del terzo arco, originata dalla cresta neurale) Cartilagini della laringe (derivate dalla cartilagine del quarto arco, originata dal mesoderma laterale) Muscoli mimici (orbicolare dell’occhio, orbicolare della bocca, risono, platisma, auricolare, fronto-occipitale e buccinatore), ventre posteriore del digastrico, stiloioideo, stapedio (originano dal sesto somitomero cranico) Stilofaringeo (origina dal settimo somitomero cranico) 6° Cartilagini della laringe (derivate dalla cartilagine del sesto arco, originata dal mesoderma laterale) Nervo glossofaringeo (IX) Costrittori della faringe, cricotiroideo, elevatore del velo del palato (originano dal secondo, terzo e quarto somite occipitale) Ramo laringeo superiore del nervo vago (X) Muscoli intrinseci della laringe (originano dai primi due somiti occipitali) Ramo laringeo ricorrente del nervo vago (X) 1.3 L’orecchio esterno L’orecchio esterno si divide in due parti: il padiglione auricolare (auricola) e il meato (condotto) uditivo esterno (Toriello et al., 2004). L’auricola si sviluppa durante la quarta settimana di vita fetale sui margini affrontati del primo e del secondo arco (nel primo solco branchiale) da tre paia di tubercoli auricolari: i primi tre derivano dal primo arco branchiale, gli altri dal secondo. La loro fusione da’ origine al padiglione auricolare (Bluestone et al., 1983). Procedendo in senso ventro-dorsale i tubercoli sono: Tubercolo 1 – trago Tubercolo 2 – peduncolo (pilastro) dell’elice Tubercolo 3 – porzione ascendente dell’elice Tubercolo 4 – porzione orizzontale dell’elice, porzione superiore della fossa dell’elice (scapha) e antelice Tubercolo 5 – porzione discendente dell’elice, porzione intermedia della scapha e antelice a) Tubercolo 6 – antitrago e faccia inferiore dell’elice. b) c) FIGURA 1.3.1 Tubercoli auricolari Schema dell’embriologia dell’auricola (a).Immagini di embrioni alla 6° settimana (b) e alla 9° settimana (c) gestazionale. 1-2-3 = tubercoli derivanti dal primo arco. 4-5-6 = tubercoli derivanti dal secondo arco. La parte intermedia del primo solco branchiale da origine al cavo della conca. La parte inferiore si sviluppa nell’incisione intertragale. L’auricola cambia posizione, quando si forma è più ventromediale ma, con la crescita della mandibola e della faccia, durante il secondo mese di vita fetale, si sposta gradualmente dalla sua sede originaria (in basso sul lato del collo) ad una sede più craniale e ancora più laterale (dorsolaterale). Alla ventesima settimana di gestazione l’auricola arriva alla configurazione adulta: la morfologia è identica, mentre la dimensione è solamente due terzi di quell’adulta. La crescita riprende al 4°-5° anno di vita per terminare durante il 9° anno. La cartilagine auricolare del neonato è più immatura, tenera e flessibile rispetto a quella dell’adulto. Istologicamente ci sono relativamente più condrociti e la matrice cartilaginea è immatura. Durante l’infanzia la cartilagine matura rapidamente raggiungendo la consistenza dello stato adulto a 8-9 anni. Al termine del processo di crescita l’auricola è una struttura cartilaginea ricoperta da pelle e tessuto sottocutaneo. La cartilagine auricolare è formata da una serie di creste e depressioni. La più grande e profonda delle depressioni è la conca che da’ accesso al meato acustico esterno, di fronte ad essa c’è una protuberanza che il trago. Un’altra protuberanza è l’antitrago che si trova dietro a quest’ultimo e ne è separato dall’incisione intertragale. Il bordo dell’auricola è l’elice, circondata da un’altra protuberanza ricurva chiamata antielice: esse sono separate da una depressione chiamata scapha. La parte inferiore è il lobulo, esso è privo di cartilagine, formato solo da tessuto fibroso e grasso. Il padiglione auricolare è connesso alla testa dalla cute, da un’estensione cartilaginea del meato acustico esterno, dai legamenti e da tre piccoli muscoli auricolari (anteriore, superiore e posteriore) che sono vestigiali (Bluestone et al.,1983). FIGURA 1.3.2 Padiglione auricolare 1.4 L’orecchio medio L’orecchio medio ha origine dal rivestimento endodermico della parte dorsale della prima tasca faringea (probabilmente parte della seconda e terza tasca dorsale e dell’interposto muro faringeo). La prima tasca, espandendosi, diventa il recesso tubo timpanico che circonda gli ossicini e i loro tendini e legamenti. Successivamente l’espansione a ritroso della cavità timpanica da origine all’antro timpanico e infine alle cellularità mastoidea. FIGURA 1.4.1 Embriogenesi dell’orecchio medio La cavità timpanica raggiunge la dimensione adulta alla 37° settimana di gestazione. Durante gli ultimi mesi di vita fetale la mucosa endodermica della cavità timpanica diventa edematosa e quasi ne oblitera il lume. La cavità si ristabilizza poco dopo la nascita. L’ossificazione delle ossa dell’orecchio medio inizia nel 4° mese di gestazione. Queste ossa raggiungono la loro dimensione adulta all’inizio del 6° mese e sono le prime ossa del corpo a raggiungere la grandezza definitiva. Attorno alla base della staffa la cartilagine della capsula otica va incontro ad involuzione per formare la finestra ovale (Toriello et al., 2004). FIGURA 1.4.2 Embriogenesi dell’orecchio medio 1.5 L’orecchio interno Lo sviluppo dell’orecchio interno è considerato relativamente indipendente da quello dell’orecchio esterno e medio, e questo spiega come le malformazioni delle tre parti dell’orecchio spesso non siano concomitanti (Toriello et al., 2004). Alla fine della 3° settimana compare un ispessimento dell’ectoderma di rivestimento chiamato placode uditivo o disco otico. Questo placode costituisce l’abbozzo del labirinto membranoso dell’orecchio interno, che contiene i recettori dell’udito e dell’equilibrio, e dei gangli vestibolare e cocleare (spirale) del nervo vestibolococleare (8° paio di nervi cranici), che innerva questi recettori. La crescita della testa fa si che il placode uditivo si sposti in direzione caudale fino al livello del 2° arco faringeo. Durante la 4° settimana di vita il placode otico si invagina gradualmente a formare prima la fossetta uditiva, poi la vescicola otica (otocisti). La vescicola uditiva si differenzia in un sacco endolinfatico, dorsale, un utricolo in posizione intermedia, e un sacculo, ventrale. Durante la 5° settimana l’estremità ventrale del sacculo comincia ad allungarsi e ad avvolgersi a spirale, formando un dotto cocleare che rappresenta l’abbozzo della coclea. Durante la 7° settimana cellule del dotto cocleare si differenziano a formare l’organo spirale del Corti (la struttura che contiene le cellule capellute, che fungono da recettori per trasdurre le vibrazioni sonore in impulsi elettrici). L’organo del Corti è innervato dai neuroni sensitivi del ganglio spirale (cocleare), contenuto nella spirale della coclea. Le fibre che si dipartono dal ganglio spirale costituiscono il ramo cocleare del nervo vestibolococleare e formano sinapsi nel corpo genicolato mediale dell’encefalo. Durante la 7° settimana tre diverticoli appiattiti crescono dalla porzione utricolare della vescicola otica e si differenziano uno dopo l’altro a formare i dotti semicircolari anteriore, posteriore e laterale. Una piccola espansione chiamata ampolla si forma ad un’estremità di ciascun dotto semicircolare. Le strutture sensoriali situate nelle ampolle e nell’utricolo e contenenti cellule capellute, che sono responsabili della percezione dell’orientamento e delle accelerazioni della testa, sono innervate dal ganglio vestibolare del nervo vestibolococleare. Le fibre di questo ganglio formano il ramo vestibolare del nervo suddetto. A partire dalla 9° settimana il mesenchima che circonda il labirinto membranoso, si trasforma in un involucro cartilagineo chiamato capsula otica. Nel periodo dal 3° al 5° mese lo strato di cartilagine adiacente al labirinto membranoso si vacuolizza e forma una cavità leggermente più grande del labirinto membranoso stesso, il quale rimane sospeso dentro tale cavità in un liquido chiamato perilinfa. Lo spazio tra il labirinto membranoso e le pareti della capsula otica è detto spazio perilinfatico. L’astuccio osseo che ospita il labirinto membranoso e la perilinfa è il labirinto osseo. La capsula otica ossifica fra la 16° e la 23° settimana formando la rocca petrosa dell’osso temporale. Successivamente l’ossificazione porta alla formazione della parte mastoidea dell’osso temporale (Larsen et al., 2002). Fig.1 Fig.2 FIGURA 1.5.1 Sviluppo del tunnel di Corti nella coclea di topo. 1:giro basale di un topo di 6 gg che mostra lo stadio precoce di formazione del tunnel di Corti. 2. Giro apicale di un topo di 21 gg che mostra lo sviluppo del tunnel del Corti. 1.6 Anomalie della morfogenesi dell’orecchio Per comprendere le malformazioni o disfunzioni multiorgano che coinvolgono l’orecchio andrebbero discusse le origini dei tessuti e la loro composizione cellulare, i requisiti biochimici e le attività fisiologiche che le varie porzioni dell’orecchio hanno in comune con gli altri sistemi d’organo. La maggior parte delle anomalie cranio facciali ha un’eziologia multifattoriale, benché alcune abbiano una base genetica ed altre siano causate da agenti teratogeni, come alcool e analoghi dell’acido retinoico, fumo di sigaretta, radiazioni ionizzanti e ipertermia. Non sorprende che errori nello sviluppo dei numerosi elementi degli archi e delle tasche faringee possano causare varie malformazioni. Dopo la labioschisi e la palatoschisi, il gruppo più comune delle anomalie facciali è costituito da malformazioni causate dai insufficiente sviluppo del primo e del secondo arco faringeo, globalmente note come microsomie craniofacciali (microsomia deriva dal greco micro, piccolo, e soma, corpo). Si ritiene che il meccanismo patogenetico di questo gruppo di malformazioni derivi da una necrosi ischemica secondaria causata da un ematoma che si forma a partire dal sistema dell’arteria stapediale. In questo gruppo di deformità la fessura laterale della faccia di solito è di piccole dimensioni, ma la porzione posteriore della mandibola, l’articolazione temporomandibolare, i muscoli masticatori, l’orecchio esterno e l’orecchio medio possono essere tutti sottosviluppati (Larsen et al., 2002). I progressi tecnologici nel campo della genetica molecolare e nella biologia cellulare applicati ai modelli animali di malformazioni, in particolare del topo, sono stati particolarmente utili per comprendere alcune di queste malformazioni. Per esempio l’identificazione della delezione nel gene Pax-3 nel topo mutante (Sp2H/Sp2H) ha permesso di comprendere come le anomalie dell’orecchio interno della Sindrome di Waardenburg derivino da deficienze della cresta neurale. Modelli murini hanno inoltre permesso di comprendere come malformazioni che corrispondono a quelle dello spettro della microsomia emifacciale ed anche della disostosi mandibolo-facciale (Sindrome di Treacher Collins) possono essere indotte dall’esposizione teratogenica acuta di acido retinoico rispettivamente di giorni 20-22 e 24-26 post-fecondazione nell’uomo. Nel primo periodo (20-22 gg), la cresta neurale comincia a migrare nell’area del primo arco, ma non è ancora entrata nel secondo arco: le deficienze della cresta neurale indotte dall’acido retinoico, inducono la formazione di piccole prominenze mandibolari e in un secondo arco severamente dismorfico o assente. Questo induce malformazioni di vario grado dell’orecchio esterno, medio ed interno e la presenza di appendici lungo tutta la linea orotragale (tipico di molte forme di microsomia emi-facciale). Nel secondo periodo (24-26 gg), l’effetto teratogenetico avviene subito dopo che le cellule della cresta neurale hanno popolato gli archi viscerali superiori; le malformazioni dell’orecchio esterno e della regione mascellare e mandibolare sono correlate alla perdita di cellule indotta dal teratogeno nella parte prossimale del primo e secondo arco branchiale, cosicché le malformazioni dell’orecchio esterno non sono così severe, quelle dell’orecchio interno di grado minore e meno frequenti, le appendici sono presenti solo all’angolo della bocca e non lungo tutta la linea oro-tragale. FIG. 1.6.1 Anomalie degli archi faringei indotte dall’acido retinoico La conoscenza della sensibilità temporale dei vari organi a diversi agenti teratogeni può fornirci alcuni indizi per capire gli elementi che danno origine alle sindromi. Nel topo è stato evidenziato che arti e apparato urinario sono sensibili alla teratogenesi indotta dall’alcool nello stesso periodo in cui l’acido retinoico induce le malformazioni auricolari (4,11,34,61). Alcune delle sindromi branchio-oto-renali potrebbero essere indotte da insulti genetici o ambientali che colpiscono in questo periodo di sviluppo (Toriello et al., 2004). FIG. 1.6.2 Anomalie provocate dall’acido retinoico sugli archi faringei In b,c,e viene illustrato l’orecchio esterno di un embrione di topo esposto all’azione dell’acido retinoico nel periodo in cui le cellule della regione dorsale agli archi faringei (placoidi ectodermici e cellule sottostanti) sono vulnerabili all’azione teratogena. L’eccessiva espressione provoca la morte di tali cellule. Compare una macchia scura sul primo arco (in b )nel punto , indicato dalla freccia , dove avviene la fisiologica perdita cellulare (in a ). Confrontando l’immagine c con quella di un embrione normale della FIG. 1.6.1 (a) , si notano i deficit della regione dorsale degli archi e l’anomala posizione dell’angolo della bocca. In uno stadio più avanzato dello sviluppo tali deficit sono evidenti a carico del ramo mandibolare e dello zigomo, ciò è tipico delle disostosi mandibolofacciali (confrontare il feto normale in d con quello malformato in e). Senza dubbio l’analisi dello spettro delle malformazioni e del pattern dell’espressione genetica nei modelli animali ci farà capire le basi per la convergenza delle specifiche alterazioni dei sistemi d’organo e ci permetterà di apprezzare le sovrapposizioni che esistono tra le varie classi di sindromi. Capitolo 2 CLASSIFICAZIONE E INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE IPOACUSIE SINDROMICHE 2.1 Introduzione Sono definite ipoacusie sindromiche quelle in cui il deficit uditivo non è isolato, ma si presenta associato a patologie che interessano altri organi o apparati. Tra le forme sindromiche sono identificati dei sottogruppi, che sono: 1) Sindromi: condizioni cliniche complesse riconducibili ad un comune elemento eziologico o patogenetico, cioè la presenza di multiple anomalie nello stesso individuo che hanno causa comune. 2) Associazioni: condizioni cliniche in cui si hanno anomalie multiple, con pattern ricorrente, per le quali non è stato ancora possibile identificare una specifica eziologia; fra le più importanti vi è la VATER. 3) Sequenze: condizioni cliniche in cui la maggior parte o tutte le anomalie presenti, sono causate da un’anomalia strutturale o da errori nella morfogenesi. Le sequenze sono suddivise in tre tipi: • sequenze di malformazione: sono anomalie nelle quali si è sviluppato un errore intrinseco nello sviluppo del tessuto, di un organo, della struttura o della funzione. • sequenze di deformazione: sono anomalie nelle quali il problema è estrinseco al tessuto o all’ organo; nella maggior parte dei casi la deformazione coinvolge parti di strutture come ad esempio arti o cranio. • sequenze di disrupzione fra le più importanti troviamo: la sequenza di malformazione e di deformazione di Pierre Robin, la sequenza di DiGeorge, la sequenza di DeMyer, diplasia setto-ottica, etc. 4) Condizioni a fenotipo complesso. 2.2 Le sindromi La maggior parte delle forme sindromiche, sono dovute a mutazioni mendeliane, altre sono associate a sbilanciamenti cromosomici oppure a mutazione del genoma mitocondriale; non sempre comunque la causa è necessariamente genetica, è possibile distinguere anche eziopatogenesi ambientali (es. Sindrome rubeolica); altre volte ancora l’eziologia risulta sconosciuta. In base a ciò è possibile distinguere le sindromi in due grandi gruppi: quelle a causa nota e quelle a genesi sconosciuta. A) Sindromi da causa nota Le sindromi che rientrano in questa categoria possono ulteriormente essere suddivise in quattro tipi, secondo la causa in: cromosomiche, genetiche, teratogenetiche e da induzione meccanica. a) Sindromi cromosomiche Le sindromi sono classificate come cromosomiche quando durante l’analisi cromosomica, o cariotipica, si riscontra un’anormalità nella struttura stessa del cromosoma. Queste deviazioni della struttura, la maggior parte delle volte, provocano malformazioni multiple, poiché molti geni possono essere stati coinvolti nell’anormalità del cromosoma. C’è una gran varietà di tipi di riassetti cromosomici, che possono manifestarsi spontaneamente o possono essere legati a forme ereditarie. Il riarrangiamento della struttura di un cromosoma è noto come aneuploidia (Robert J Shprintzen, 1997), e può manifestarsi come: • delezione di un intero cromosoma (es. Sindrome di Turner); • aggiunta di un intero cromosoma (es. Trisomia 21); • delezione di una parte del cromosoma; • aggiunta di una parte di cromosoma; • sindrome da geni contigui (es. Sindrome velo-cardio-facciale). b) Sindromi genetiche La maggior parte delle sindromi genetiche sono causate da mutazioni di un singolo gene e sono categorizzate, sulla base della modalità di trasmissione ereditaria in: autosomica dominante, autosomica recessiva, X-linked e mitocondriale. Molte anomalie e alcune sindromi, tuttavia, non seguono la classica modalità di trasmissione mendeliana; per questo motivo si suppone che più fattori, genetici (forme poligeniche) o ambientali (forme multifattoriali), possano contribuire a determinare il disturbo. TABELLA 2.2.1 Localizzazione dei geni delle ipoacusie sindromiche c) Sindromi teratogeniche Il termine “teratogenico” e applicato a quelle sostanze che venute a contatto col feto durante la gravidanza, sono state in grado di causarne anomalie nello sviluppo. Ovviamente l’epoca della gravidanza al momento dell’esposizione ha un’importanza fondamentale per quanto concerne organi colpiti e gravità del problema; tanto più precocemente avverrà l’esposizione, tanto maggiori saranno i danni riportati dal feto, poiché l’azione potrebbe cambiare lo sviluppo di un organo o addirittura bloccarlo. Tutte queste cause possono avere effetto differente anche a seconda di alcune condizioni quali: il tipo e la durata dell’esposizione del feto all’agente teratogenico, la salute generale e il metabolismo stesso della madre, la possibile interazione fra più teratogeni, ecc. (Robert J Shprintzen, 1997) Le più frequenti cause teratogene possono essere suddivise nelle seguenti categorie: • Sostanze chimiche: metilmercurio, bifenilpolicloruro (PBC), toluene, diossina; • Farmaci: anticonvulsivanti (idantoina, barbiturici, fentoina, trimetatone), anticoagulanti (derivati cumarinici), chemioterapici (aminopterina, metotrexate), isoretinoidi (acido retinico, vitamina A), psicotropi (talidomite). • Sostanze tossiche e droghe: l’azione teratogena dell’alcool, che si manifesta durante tutta la gravidanza, ha ovviamente i suoi effetti maggiori durante i primi mesi; lo stesso dicasio per le droghe, come eroina e cocaina. • Infezioni: sono di particolare interesse in quanto la maggior parte delle sordità acquisite in epoca prenatale è provocata da un gruppo di agenti infettivi. In ordine di importanza la Rosolia, il cui virus oltre a malformazioni cardiovascolari, anomalie oculari, lesioni scheletriche, ritardo di crescita e ritardo mentale, se infetta la coclea durante il suo sviluppo, può produrre sordità. La Toxoplasmosi, contratta in epoca fetale, può essere responsabile sia di alcune sordità a comparsa in epoca postnalate, che di alcune sordità congenite. La possibilità di compromissione uditiva, può essere dovuta a lesioni tanto a carico dell’organo del Corti (in questo caso consistono nella calcificazione del legamento spirale e della stria vascolare), quanto a carico del nervo cocleare e dei centri superiori per fattori tossici, anossiemici, conseguenze di encefaliti, etc. L’infezione causata dal Citomegalovirus. può avere conseguenze estremamente gravi. I soggetti che riescono a sopravvivere (70-80%), vanno incontro a patologie polimorfe quali: ritardo mentale, epatite e cirrosi, anemia eritoblastica, alterazioni neurologiche, corioretinite e sordità. Nella genesi della sordità gioca un ruolo decisivo l’infezione labirintica; sono state però evidenziate anche malformazioni del labirinto osseo, e ipotizzate lesioni delle vie acustiche, soprattutto per fattori tossici. Comunque la sordità è quasi sempre bilaterale e grave, in particolare nei toni acuti. Oltre a quelle sopra elencate, vi sono altre infezioni molto importanti per la gravità del quadro che possono determinare, come la Varicella e la Sifilide. • Malattie materne: diabete mellito, fenilchetonuria, severa deficienza di iodio, modificazione dell’ambiente fetale (es. ipertermia). d) Sindromi da induzione meccanica In questo gruppo potrebbe rientrare ad esempio la sindrome da rottura amniotica. B) Sindromi a genesi sconosciuta Sebbene, per definizione, le sindromi rappresentano anomalie multiple riconducibili ad una singola patogenesi, la causa può essere difficile da individuare, e può rimanere ignota; comunque la natura sconosciuta di tali anomalie non le esclude dal farle rientrare nella categoria di” Sindrome”. Le sindromi a genesi sconosciute, possono essere suddivise in due categorie: sindromi a genesi ignota con pattern ricorrente e sindromi per il momento uniche (Cohen M, 1982) . a) Sindromi a genesi ignota con pattern ricorrente Rientrano in questa categoria quelle sindromi, le cui associazioni fra malformazioni sono già note ai clinici, ma in cui non si è riusciti mai ad isolare la causa. Non è stato possibile descrivere la storia della teratogenesi, e non sono presenti nella storia della famiglia altri casi con simili anomalie. Un esempio di sindrome che rientra in questo sottogruppo è la forma sindromica da ipoglossia-ipodattilia, un disordine caratterizzato da una lingua piccola o assente associato piccole dimensioni delle mani con l’assenza delle dita. b) Sindromi per il momento uniche Sono quelle sindromi caratterizzate da multiple anomalie mai riscontrate prima in campo clinico, per cui mai riportate in letteratura. Sebbene il pattern sia unico, si preferisce etichettare questo sottogruppo come “momentaneamente” unico, perché l’individuo potrebbe in futuro avere un figlio affetto, o figli di altri membri della famiglia potrebbero essere colpiti; questi fatti, mostrando una modalità di trasmissione genetica, fanno automaticamente slittare questo tipo di sindrome dalla categoria di “momentaneamente uniche”, alla categoria di “sindrome a pattern ricorrente”. 2.3 Classificazione delle malformazioni associate ad ipoacusia L’ipoacusia, può presentarsi come isolata, nel caso in cui la sordità sia l’unico problema presente oppure come sindromica, cioè come parte di una più vasta serie di disordini che interessano anche altri apparati od organi. Nelle ipoacusie sindromiche rientrano numerosi quadri clinici in cui l’ipoacusia è associata ai più svariati tipi di disordini. Studi statistici hanno dimostrato che il 10% circa dei geni associati a malattie umane, attualmente conosciute, quando mutati, provocano qualche tipo di alterazione della funzionalità uditiva. Gorlin et al, (2004) hanno passato in rassegna 402 condizioni sindromiche, suddividendole sulla base degli organi coinvolti (Tabella 2.3.1). Fra le sindromi riportate nella tabella 2.3.1, prenderemo in esame le forme più comuni. TABELLA. 2.3.1 Sindromi con associata ipoacusia Come già detto in precedenza, l’approccio allo studio dell’ipoacusia richiede un intervento multidisciplinare. Nel caso di ipoacusia congenita il genetista clinico avrà in ogni caso un ruolo importante nel trattamento della sordità; in primo luogo dovrà distinguere fra forme sindromiche e non sindromiche, per potere così fornire una consulenza appropriata e in un secondo momento dovrà poi cercare di determinare il tipo di trasmissione per potere così calcolare il rischio preciso in caso di un parto successivo. 2.4 Valutazione clinica La valutazione di un bambino con deficit uditivo è complessa e spesso richiede l’interazione fra varie specialità mediche. L’audiologo/otorinolaringoiatra, che spesso valuta il bambino per primo per una sospetta ipoacusia, può aver bisogno di una consulenza da parte di un genetista clinico, per una valutazione dismorfologica complessiva del piccolo paziente; quest’ultimo a sua volta potrà richiedere in caso di forme sindromiche, a seconda della patologia associata all’ipoacusia, la consulenza di un dermatologo, di un oculista, di un neurologo, di un nefrologo, di un endocrinologo, di un neuroradiologo, ecc. Il fine di questo studio complessivo è l’identificazione della causa più probabile di ipoacusia, nonché la valutazione della gravità e della conseguente perdita funzionale ad essa associata (Buyse, 1990). Per ben valutare le cause e la gravità dell’ipoacusia, l’anamnesi, l’esame obiettivo le indagini di laboratorio e radiologiche, devono cercare di rispondere alle seguenti domande: Si tratta di un’ipoacusia isolata o sindromica? Si tratta di un caso di ipoacusia ereditaria o acquisita? Che tipo di ipoacusia è (gravità, possibilità di evoluzione)’? C’è anche interessamento del sistema vestibolare? Come reagisce il soggetto all’ipoacusia, per quanto riguarda la comunicazione delle informazioni provenienti dall’esterno? L’interesse di una diagnosi delle cause precise di ipoacusia include: La previsione di manifestazioni cliniche associate, facendo in modo che sia possibile prevenire alcune complicanze mediche ed identificare condizioni che potrebbero interferire con la normale vita sociale; Una corretta ed esaustiva informazione durante la consulenza ai genitori del bambino ipoacusico o agli stessi adulti ipoacusia, eventualmente indicando le possibilità, i metodi e le finalità della diagnosi precoce in corso di gravidanza (compito del genetista); l‘esatta descrizione della natura e della gravità della ipoacusia per la scelta della terapia più idonea. Un esame completo della funzione uditiva comprende sia una funzione audiologica sia otologica. Un deficit della funzione uditiva implica una lesione in un qualche punto della via uditiva, dal padiglione alle aree corticali uditive primarie ed associate. Non si può quindi scindere una prospettiva audiologica (studio della funzione) da quella dello studio delle strutture anatomiche (prospettiva otologica). L’iter clinico di un bambino con sospetta ipoacusia prevede: a) Anamnesi b) Esame clinico c) Esame funzionale d) Esami neuro-radiologici e) Esami di laboratorio 2.4.1 L’anamnesi 1. La storia clinica - storia del parto e periodo neonatale - storia della famiglia: albero genealogico, raccolta dati sulle ipoacusie isolate e sindromiche. - storia clinica passata: malattie infettive (parotite, morbillo, meningite...), allergie. - storia clinica passata audio-otologica: otiti, chirurgia otologica, esposizione a rumori, traumi cranici, farmaci ototossici 2. L’ipoacusia - probabile data di comparsa - graduale o improvvisata? - progressiva, stabile o fluttuante? - unilaterale o bilaterale? 3. sintomi associati - vertigine, dolore, secrezione, sensazione di orecchio pieno - acufene - diplacusia, iperacusia, distorsione. 2.4.2 L’esame clinico Anche se un esame “accurato” è competenza del genetista, è opportuno che anche l’audiologo/otorinolaringoiatra sia in grado di fare una prima valutazione. La valutazione dismorfologica, richiede una buona conoscenza della “normalità” e delle sue variazioni, ed esige la conoscenza di specifiche informazioni sullo sviluppo embriologico e sulle sue aberrazioni. Lo studio si basa sull’osservazione di varie parti del corpo, con particolare riferimento ad elementi più rilevanti che indirizzino a sordità sindromiche: 1. la faccia - come appare la faccia: in particolare se è asimmetrica (Sindrome Oculo-AuriculoVertebrale); la forma generale può essere quadrata come nella CHARGE e nella Waardenburg, allungata come nella BOR, o anche tonda come nella Cornelia de Lange...). - palpebre: le fessure palpebrali devono essere attentamente valutate per determinare se sono normalmente orientate, se siano inclinate verso l’alto, come nella Sindrome BOR, o se siano inclinate verso il basso, come nella Sindrome di Treacher-Collins. Inoltre tra i reperti più rilevanti, indicatori spesso di sordità sindromica, ci sono i colobomi della palpebra inferiore (Sindrome di Treacher Collins), o la schisi della palpebra superiore nella Sindrome di Goldenhar; anche la presenza di una piega epicantica. può essere rilevata, come nel caso della Sindrome di BOR, in alcune anomalie cromosomiche e nella Sindrome alcolica fetale). - occhi: l’ipertelorismo, caso in cui le orbite sono più distanti del normale e il telocanto, in cui il canto interno è spostato lateralmente, tipico della Sindrome di Waardenburg, sono indici di possibile patologia sindromica; come anche l’eterocromia dell’iride (Sindrome di Waardenburg), o la colorazione della sclera (blu: osteogenesi imperfecta), o ancora la presenza di cisti dermoidi epibulbari, tipiche della Sindrome di Goldenhar. - naso: la descrizione di questo riguarda la radice (ipoplasia nella Sindrome di Waardenburg); il ponte; la punta; la columella; una malformazione nasale rilevante, per le sordità sincroniche, è l’alterazione della pervietà nasale: con possibile presenza di atresia o stenosi coanale, tipica nella CHARGE, e nella Sindrome di Treacher-Collins. - zigomi: è possibile osservare la presenza di ipoplasia malare, associata ad appiattimento delle ossa zigomatiche. come nel caso della Sindrome di Goldenhar, Sindrome di Treacher-Collins e Sindrome Velo-Cardio-Facciale, etc. - mascella inferiore: si possono riscontrare casi di micrognazia o retrognazia; - labbra: utili informazioni per una diagnosi si possono ottenere anche dall’osservazione delle labbra. Si possono, infatti, presentare casi di labioschisi, (sequenza di Pierre Robin), labbro inferiore protruso, come nella Sindrome di Apert; - bocca: dall’osservazione di questa possono evidenziarsi anomalie come: microstomia, macrostomia, spesso presenti nella Treachcr-Collins e OAV; palatoschisi. denti, lingua (macroglossia in alcune trisomie; - lentiggini, tipiche nella Sindrome di Leopard. 2. il capo - forma e simmetria del cranio: microcefalia (associata alla ipoacusia in alcuni disordini neurologici e mentali); macrocefalia associata alla ipoacusia in patologie dello scheletro o metaboliche). - posizionamento delle suture (craniostenosi) - colore dei capelli (ciuffo bianco nella Waardenburg) 3. il collo - lunghezza (ev. anomalie vertebrali: anomalia di Klippel Feil, o apparentemente accorciato - presenza di pterigi (Turner); - volume della tiroide (gozzo nella Pendred); - presenza residui branchiali (BOR). 4. il corpo - anche se in questa fase non rientra una valutazione complessiva dello sviluppo corporeo, vanno analizzate almeno le mani per la possibile presenza di polidattilia. sindattilia. brachidattilia e il colore delle unghie. 5. l’orecchio esterno - posizione del padiglione và valutata la posizione di questo rispetto al capo, se più in basso, in dietro o troppo spostato in avanti; - forma del padiglione vanno prese in considerazione le malformazioni e il grado di alterazione; è così possibile distinguere macrotie, microtie, anotie. anormalità dell’elice, ecc); vari gradi di microtia sono presenti nelle sindromi che comprendono anomalie di sviluppo degli archi branchiali, come ad es. la Sindrome OAV; queste alterazioni possono essere presenti anche in casi di embriopatie da isotretionia. nella Sindrome Alcolica Fetale e in caso di diabete materno. Comunque la maggior parte delle sindromi che includono microtie/anotie, possono anche comprendere anomalie auricolari più leggere, come nella Sindrome di BOR. - presenza di appendici preauricolari, tipicamente presenti nella OAV; - presenza di fistole preauricolari, riscontrabili nella Sindrome OAV e nella BOR; - collasso del condotto uditivo esterno - restringimento/stenosi del meato uditivo esterno; - presenza di appendici a livello del meato uditivo esterno; - atresia del meato uditivo esterno (anche se è utile precisare che stenosi/atresia del meato uditivo esterno senza microtia/anotia sono rare: delezione 18q, trisomia 18, ecc); - otoematoma (frequente nei bambini atresici); - presenza di cerume ostruente; - otite esterna, foruncolosi; - corpi estranei nel CUE; - osteomi/esostosi. 6. la membrana timpanica e l’orecchio medio E’ di grande importanza la valutazione dell’integrità della membrana timpanica (MT), poiché situazioni come la modifica del colore o della trasparenza della stessa, o come la presenza di versamento nell’orecchio medio, possono aggravare una concomitante ipoacusia neurosensoriale. 2.4.3 Esami funzionali Lo studio della funzionalità uditiva ha una grandissima importanza nell’indagine clinica del bambino con ipoacusia. Si basa sull’utilizzo di più metodiche: 1) Audiometria tonale liminare Le ipoacusie che si possono riscontrare nelle patologie malformative, sia di origine sindromica sia isolate, si presentano con un’ampia variabilità di grado e tipo. Il primo momento di indagine audiologica è il rilevamento della soglia uditiva per via aerea (VA) ossia il rilevamento mediante cuffia del minimo valore di intensità (in dB) per ogni frequenza-test, al quale è sensibile l’orecchio esaminato. Identificata la soglia per VA, si passa alla ricerca di soglia per via ossea (VO). Questa è rappresentata dal minimo valore di intensità udibile da parte di un soggetto applicando la vibrazione sonora direttamente sulla superficie esterna della mastoide nel lato in esame, attraverso l’uso di un apposito vibratore sostenuto da un archetto metallico. A questo punto osservando le due soglie, nel caso di ipoacusia, è possibile avere: a) la soglia per V.A. innalzata, mentre quella per V.O. normale; così sull’audiogramma si nota un “gap” fra le due soglie, che sta ad indicare che la percezione risulta alterata solo se il suono è inviato attraverso la via aerea, dal meato acustico alla coclea, mentre è conservata se la stimolazione viene portata attraverso la vibrazione ossea direttamente sulla coclea. Si parla in questo caso di ipoacusia trasmissiva, che indica che la lesione è localizzata nell’orecchio esterno o nell’orecchio medio. b) entrambe le soglie innalzate rispetto ai limiti di tolleranza dei valori normali; ciò indica che la percezione sonora è compromessa sia inviando il suono attraverso le strutture auricolari (VA), sia inviandolo direttamente alla coclea (VO); si parla in questo caso di ipoacusia neurosensoriale, che significa che il danno uditivo è localizzato nell’orecchio interno (ipoacusia neurosensoriale cocleare) o in un punto della via nervosa centripeta (ipoacusia neurosensoriale retrococleare). c) le due soglie per metà tracciato risultano essere sovrapposte e per il resto si distaccano con un gap più o meno evidente secondo la maggiore o minore compromissione dell’orecchio interno. In questo caso si parla di ipoacusia di tipo misto. 2) ABR o Potenziali Uditivi del Tronco I potenziali evocati uditivi (ABR) sono dei potenziali elettrici che si sviluppano entro 10 ms dall’invio dello stimolo nel tronco encefalico e sono evocati da stimoli sonori detti clicks. Per risposta evocata si intende una variazione elettrica di una parte del SNC in risposta ad una determinata stimolazione, di qualsiasi natura, del sistema afferente sensoriale; la misurazione viene effettuata tramite il posizionamento di 3 elettrodi sulla superficie del capo (vertice, fronte, mastoide). I potenziali registrati vengono inviati ad un calcolatore che, effettuando una media ponderata, riesce a valutare l’eventuale risposta al segnale acustico sulla base del rumore di fondo costituito dai potenziali derivanti da tutta l’attività cerebrale. (Alajimo, 1995). Questa metodica valuta l’integrità strutturale e funzionale del sistema uditivo dall’VIII nervo cranico fino al livello del collicolo inferiore del tronco encefalico. Pur senza applicare un rigido schematismo, ad ogni onda corrisponde uno specifico generatore: Onda I Attivazione fibre del nervo VIII (giunzione cito-neurale). Onda II Porzione prossimale del Nervo VIII (uscita dal meato acustico interno). E Nucleo Cocleo-Pontino Onda III Nuclei cocleari Onda IV Complesso olivare superiore Onda V Nuclei del lemnisco laterale Onda VI Collicolo inferiore e Onda VII Corpo genicolato mediale Questa metodica può essere utilizzata con lo scopo di “diagnosticare precocemente” un eventuale problema nel sistema uditivo in quei bambini troppo piccoli o nell’identificare un eventuale deficit negli adulti non collaboranti all’esame audiometrico. Dallo studio dei parametri ottenuti è possibile avere informazioni relative a: a) livello di soglia uditiva b) maturazione del primo tratto delle vie uditive nel bambino. c) topodiagnosi (in caso di deficit è possibile identificare il tipo di ipoacusia). a) Nonostante non siano un test comportamentale, gli ABR possono dare un’indicazione della sensibilità uditiva; infatti, l’intensità dei clicks può essere cambiata dall’esaminatore. La minore intensità in grado di evocare un ABR rappresenta la soglia di evocazione dalla quale viene dedotta la soglia audiometrica (Orlando, Prieve., 1998; Burdo, 1998 ) Con l’ABR, infatti, è possibile determinare obiettivamente la soglia uditiva in quanto la componente più rilevante, l’onda V, è normalmente identificabile con intensità di stimolazione vicino alla soglia psicoacustica e, come tale, assume valore di indicatore di soglia. La mancanza dell’onda V per una stimolazione di 90 dBHL, confermata da due repliche, diventa un indice obiettivo di assenza di risposta della via uditiva. La presenza dell’onda V per tale stimolazione è, infatti, in grado di escludere una sordità grave, tale cioè da compromettere lo sviluppo del linguaggio nel bambino. Inoltre un altro dato importante fornito da questa onda è l’informazione sul campo dinamico uditivo: stabilendo la banda passante e l’uscita massima, si hanno notizie utili per un eventuale successiva protesizzazione. L’applicazione dell’ABR ai bambini favorisce la diagnosi precoce della sordità; nei primi 3 mesi di vita, l’esecuzione dell’esame risulta semplice dal momento che possono essere sfruttati i frequenti periodi di sonno spontaneo che si alternano durante tutta la giornata. L’identificazione dell’onda V ad intensità di stimolazione di 40-50 dBHL, rilevata ad appropriati valori di latenza e validata da almeno due repliche, può escludere la presenza di ipoacusie tali da compromettere lo sviluppo del linguaggio. Un limite dell’esame è quello dell’impossibilità di definire esattamente il valore di soglia alle frequenze indagate dall’audiometria tonale, in quanto l’ABR esplora il campo di sensibilità uditiva compreso tra le frequenze 2-4 KHz. La sensibilità dello screening con ABR è comunque superiore al 90% e la specificità è superiore al 98% durante le prime 24 ore di vita, con una percentuale di falsi positivi inferiore al 2% (Mehl, Thomson, 1998). Tuttavia l’utilizzo degli ABR per testare un’ampia popolazione di neonati, comporta un notevole dispendio di tempo e risulta molto costoso; inoltre, anche se non è un test invasivo, l’applicazione degli elettrodi sul capo del bambino, lo rende meno accettabile rispetto alle OAE da parte dei genitori. Per queste ragioni l’uso degli ABR, come test iniziale per lo screening audiologico neonatale universale, è diminuito ed è stato confinato allo screening su campioni selezionati quali: i neonati con fattori di rischio e quelli ricoverati in NICU nei quali il numero dei test che deve essere eseguito è 10 volte più basso che nella popolazione generale, mentre l’incidenza delle anomalie retrococleari è più elevato. (Kennedy, 2000; Watkin, 2001). b) Un’ulteriore applicazione dell’ABR è attuata nel campo della neurologia pediatrica, poiché dalla nascita fino al primo anno di vita, i parametri di risposta sono correlati al grado di maturazione del sistema nervoso centrale; infatti i bambini alla nascita presentano un sistema capace di ottenere una percezione sonora, anche se, in molti casi, il loro sistema uditivo è ancora immaturo. Alcuni aspetti dell’udito come la risoluzione frequenziale e temporale, maturano dopo sei mesi di età postnatale; altri aspetti come la sensibilità assoluta, la risoluzione dell’intensità e l’elaborazione dei suoni complessi si continuano a sviluppare durante l’infanzia fino alla fanciullezza. Lo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale e uditivo durante il primo anno di vita vanno dunque di pari passo e non si fermano alla nascita, ma continuano durante il primo periodo postnatale attraverso la maturazione dei relativi processi neurali di basso livello fino alla tappa finale rappresentata dalla maturazione dei processi neurali di alto livello, ad esempio l’attenzione selettiva, che avviene attorno ai 12 mesi di età (Werner, 2002). Gli studi della maturazione delle vie centrali nel bambino, sono compiuti valutando i parametri di latenza ottenuti dalle maggiori componenti del tracciato: onda I, onda III, onda V. Queste nel bambino più grande di 12 mesi e nell’adulto, nel caso non ci siano problemi, devono essere presenti a: onda I: 1,5 ms, onda III: 3,5 ms, onda V: 5,5 ms, con un tempo di conduzione centrale (intervallo I-V) di 4, massimo 4,2 ms;nel bambino, con età inferiore a 1 anno, questo intervallo risulta essere aumentato a causa della immaturità del sistema nervoso centrale uditivo; avremo quindi la presenza delle onde a: onda I: 1,5 onda II: 4,5 onda V: 6,5 tenendo sempre in considerazione, nel caso di neonati prematuri, l’età gestazionale al momento dell’esame (Maurizi et al.,1995). c) Come già detto in precedenza, inoltre, è possibile trarre da questi parametri informazioni riguardo al tipo di ipoacusia nell’adulto (topodiagnosi): A) Nel caso di ipoacusia trasmissiva l’onda I risulta essere presente, ma con una latenza posticipata proporzionalmente alla perdita uditiva, a causa dell’attenuazione di intensità da parte del disordine trasmissivo; risulta però conservato l’intervallo I-V. B) Nel caso di ipoacusia neurosensoriale è possibile distinguere la sordità cocleare da quella retrococleare, poiché mentre nel primo caso l’intervallo di conduzione centrale risulta essere inferiore al valore normale, a causa di un’anticipazione dell’onda V, nel secondo caso quest’onda è presente ma posticipata. In questo modo si ha un allungamento del “tempo di conduzione centrale” e una precoce scomparsa della risposta a causa della desincronizzazione della scarica neurale del nervo VIII. Purtroppo il tipo di stimolo usato nell’esame, il click (durata 100-200 ms), permette una scarica sincrona del maggior numero di fibre nervose nell’unità di tempo, a discapito però della specificità in frequenza, non consentendo la ricostruzione di una soglia audiometrica tonale. Il maggior contributo alla genesi dei potenziali dell’ABR viene fornito dalle partizioni cocleari basali relative al campo di frequenza superiore a 2000 Hz, perciò la soglia audiometrica ricostruibile con questo stimolo acustico si riferisce solo all’ambito delle frequenze acute (Prosser at al., 1995). 2.4.4 Esami neuro-radiologici Lo studio morfologico radiostratigrafìco è una metodica indispensabile per precisare le condizioni anatomo patologiche e per fare un bilancio preoperatorio che condizionerà la decisione chirurgica e la condotta di un eventuale intervento (Saunders, 1997). Per lo studio vengono utilizzati maggiormente i seguenti esami: A) Tomografia computerizzata (TC) E’ un esame che offre informazioni anatomiche di notevole precisione con la possibilità di ricavare dalla stessa esposizione ragguagli sulle parti sia ossee, sia molli. Questa metodica è la più utile ai fini di una precisa valutazione chirurgica, poiché evidenzia i rapporti anatomici su molteplici piani, infatti tale indagine può essere condotta per piani assiali e coronali. B) Risonanza magnetica (RM) E’ una metodica digitale che è in grado di analizzare un oggetto per strati, ma basandosi su fenomeni fisici completamente diversi dall’esame precedente. L’estrema varietà di aspetti patologici riscontrabili nelle malformazioni auricolari comporta difficoltà diagnostico-radiologiciche assai differenti. E’ tuttavia indispensabile riconoscere tutte le patologie malformative ed escludere quelle condizioni deficitarie che coinvolgono l’orecchio interno (es. aplasia o grave ipoplasia della coclea), o che possano condizionare i risultati chirurgici. Per cui una volta esclusi questi tipi di patologie, l’orecchio esterno e l’orecchio medio deve rispondere ai seguenti requisiti (Champion, 1992): - presenza e grado di pervietà del CUE; - rapporti tra CUE e strutture adiacenti sia sul versante esterno (padiglione auricolare ed articolazione temporo-mandibolare) che sul versante interno (cassa timpanica); - forma e trasparenza della cassa timpanica; - forma e grado di sviluppo dell’antro; - stato della catena ossiculare; - presenza o atresia delle finestre labirintiche; - decorso del canale del nervo facciale; - grado di sviluppo della pneumatizzazione dell’osso temporale; - presenza o meno di patologie infiammatorie associate. Lo studio del CUE mostra la maggior parte delle volte un meato acustico assente, sostituito da un muro osseo, che comunque altro non è che la porzione inferiore dell’osso squamoso dislocato nella sede dell’osso timpanico mancante. L’orecchio medio solo eccezionalmente manca: la cassa è spesso deforme, abbastanza piccola, gli ossicini sono alterati (fig. 2.4.1): mancanti, saldati fra loro, ipoplastici, etc. Anche le finestre possono essere malformate e così il canale del facciale nelle sue diverse porzioni. La mastoide può essere piccola con poche cellule o totalmente priva, eburnea oppure ben sviluppata con numerose cellule; tale condizione è importante, poiché influenza la modalità di intervento chirurgico. FIGURA 2.4.1 Immagine TC coronale attraverso l’osso temporale destro Atresia del condotto uditivo esterno. Il collo del martello è fuso con la placca atresica. Nelle malformazioni della pars branchialis, anche le più vistose, l’orecchio interno abitualmente risulta normale dal punto di vista radiologico; possono comunque essere presenti malformazioni isolate dell’QI, in seguito a forme sindromiche(fig. 2.4.2). FIG 2.4.2 Immagine TC coronale-Malformazione cocleo vestibolare Se nel periodo embriologico si arresta lo sviluppo della coclea, può esserci al posto della normale forma a chiocciola della coclea una semplice cavità. L’aplasia completa del labirinto e della coclea è definita malformazione di Michel. La separazione incompleta è chiamata displasia o malformazione di Mondini .Viene raffigurata una scansione TC ad alta risoluzione di una malformazione tipo Mondini. La freccia nera mostra la coclea a forma di sacco. La freccia bianca mostra il vestibolo amorfo senza l’evidenza dei canali semicircolari. 2.4.5 Esami di laboratorio Un importante esame di laboratorio è per esempio il test dell’elettrocardiogramma (ECG) per la valutazione dei complessi QT, al fine di escludere la sindrome di JLN, una condizione autosomica recessiva caratterizzata dalla possibilità di aritmie anche letali. Un altro importante esame è il test al perclorato che è in grado di individuare un difetto di organizzazione dello iodio caratteristico nella sindrome di Pendred. Oltre a questi ci sono altri esami laboratoristici di plasma e urine, mirati all’esclusione di sindromi con associata patologia renale, come ad es. la sindrome di Alport, e altri test ancora, i quali, in caso di risultato alterato, possono indicare la necessità di ulteriori indagini alla ricerca di un’eventuale sordità. 2.5 Inquadramento diagnostico delle ipoacusie sindromiche Sarebbe importante giungere all’identificazione dell’eziologia e alla definizione del rischio genetico dei pazienti affetti da ipoacusie genetiche e dei loro familiari. Il modello ideale prevede la creazione di centri multidisciplinari in cui si realizzi una perfetta integrazione tra specialisti di varie discipline e tra percorsi di approfondimento diagnostico di tipo strumentale e laboratoristico in continua evoluzione tecnologica. Questo dovrebbe portare in prima istanza ad un’accurata diagnosi audiologica corredata di tutta la documentazione relativa seguita dalla consulenza genetica e dai test molecolari. Un modello di integrazione tra audiologi/ORL e genetisti in un percorso clinicodiagnostico comune delle ipoacusie ereditarie sarà sempre più richiesto anche in considerazione del numero crescente di screening neonatali universali di tipo audiologico eseguiti. In termini molto generali il rapporto ipoacusia /quadri sindromici può essere così articolato: 1) Pazienti con ipoacusia neurosensoriale senza evidenti segni sindromici che, alla luce dei risultati di un’adeguata valutazione clinico-strumentale, si dimostrano affetti da un quadro sindromico ben definito in cui la ipoacusia rappresenta un elemento diagnostico fondamentale della condizione (vedi alcuni esempi in tabella 2.5.1). Per una parte di queste condizioni è oggi disponibile un esame genetico molecolare di conferma che può essere suggerito dopo l’inquadramento clinico. Sindrome di Alport Sindrome Branchio-Oto-Renale Sindrome Jervell-Lange-Nielsen Sindrome di Pendred Sindrome di Usher Sindrome di Waardenburg Sindrome di Stickler TABELLA 2.5.1 2) Pazienti con ipoacusia neurosensoriale associata a segni clinici in cui viene posta una diagnosi di sindrome malformativa sulla base di specifici elementi clinici e strumentali ed in cui la presenza di ipoacusia costituisce una potenziale anomalia associata al quadro sindromico stesso. L'ipoacusia in questo caso non costituisce un elemento diagnostico fondamentale (es. Sindrome di Noonan). 3) Pazienti con specifici quadri sindromici in cui la ipoacusia neurosensoriale rappresenta una potenziale complicanza associata che potrebbe essere identificata nell’ambito del percorso di follow-up assistenziale mirato alla singola condizione. In questo caso, quindi, la diagnosi di ipoacusia è successiva all’inquadramento diagnostico sindromico del bambino affetto (es. Sindrome di Cornelia de Lange). Sul piano pratico, quindi si possono configurare, nell'ambito dell'attività, due possibili percorsi per il paziente affetto da perdita uditiva/sordità di tipo sindromico (riportati nella tab. 2.5.2): ● Soggetto con ipoacusia nell’ambito di un evidente quadro polimalformativo: Eseguirà per la prima volta una valutazione dismorfologica in un contesto ambulatoriale, per impostare adeguatamente l’iter più adatto all’inquadramento diagnostico generale, e successivamente, a seconda della diagnosi finale posta, verrà rivalutato per il monitoraggio delle possibili complicanze mediante Day-Hospital e/o ricoveri presso il Centro di Riferimento. Eseguirà i test genetici (citogenetici e/o molecolari) specifici per ciascuna patologia. ● Soggetto con sindrome malformativa e potenziale rischio di ipoacusia come complicanza nota del quadro sindromico. TABELLA 2.5.2 LINEE GUIDA PER L’INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE IPOACUSIE GENETICHE Schema riassuntivo del processo diagnostico molecolare e del management del paziente Verrà impostata una accurata valutazione della funzione uditiva e, qualora essa risultasse anomala, opportunamente indirizzato per il trattamento (GRUPPO DI LAVORO DI GENETICA CLINICA:http://sigu.univr.it/sigu/html). Capitolo 3 SINDROMI CRANIO-FACCIALI ASSOCIATE AD IPOACUSIA 3.1 Introduzione Il dismorfologo è lo specialista che studia le anomalie morfologiche dello sviluppo che non rientrano nel normale intervallo di variabilità umana. L'obiettivo di ogni valutazione dismorfologica è di interpretare correttamente il modello di anomalie strutturali per arrivare ad una diagnosi. Lo specialista che si occupa di orecchio, naso, e della regione orofaringea è chiamato a confrontarsi sempre più spesso con problemi legati ad anomalie congenite. I notevoli progressi nel campo della genetica di base e clinica nel corso degli ultimi 2 decenni hanno portato alla descrizione di diverse migliaia di distinte entità sindromiche e, a causa della loro rarità, lo specialista difficilmente ha incontrato la maggior parte di esse. Inoltre, secondo la stima che il genoma umano contiene circa 80.000 geni, diverse sindromi rare dovranno ancora essere definite. 3.2 Ipoacusia genetica associata ad anomalie dell’orecchio esterno In letteratura vengono descritte circa 30 differenti sindromi ereditarie caratterizzate da ipoacusia ed anomalie dell’orecchio esterno (Splendore A. 2000). Tali anomalie variano dall’anotia al semplice orecchio ad ansa. Di seguito verranno prese in esame le più comuni. 3.2.1 SINDROME DI TREACHER COLLINS Conosciuta anche come di Sindrome di Franceschetti o disostosi mandibulo-facciale. La sindrome di Treacher Collins (TCS) è causata da una mutazione nel gene TCOF1. Nel 1991 Dixon et al. TCOF1 era localizzato nella regione 5q31.3. Caratterizzata da una modalità di trasmissione autosomica dominante, presenta una elevata variabilità intrafamiliare. Sono stati descritti casi con genitori non affetti che suggeriscono la possibilità di una forma autosomica recessiva, o più verosimilmente di una nonpenetranza o di un mosaicismo in uno dei genitori (Toynbee J. 1947). L’incidenza della sindrome di Treacher Collins è di 1/50.000 feti nati vivi. Descritta per la prima volta da Thomson (Treacher Collins E. 1900) e Toynbee (Franceschetti A, 1949) nel 1846-1847 , tuttavia il nome alla sindrome viene dato da Treacher Collins nel 1900 poiché è stato il primo a definirne correttamente ed esaustivamente le caratteristiche fondamentali. Franceschetti Klein nel 1949 infine, analizzando i casi descritti in letteratura coniarono il termine di disostosi mandibulo-facciale. Il quadro clinico rende facilmente identificabile questa sindrome a causa delle particolari malformazioni cranio-facciali che la caratterizzano. Tali malformazioni, dovute ad anomalie nello sviluppo dei primi due archi branchiali, si presentano nella maggior parte dei casi bilateralmente e sono di solito simmetriche (McNeill KA, , 1953). Le caratteristiche cliniche includono: rime palpebrali oblique in basso e lateralmente, coloboma della palpebra inferiore, ipoplasia degli zigomi, micrognatia, bocca larga e sottile, anomalie dentarie. Inoltre possono essere presenti palatoschisi e naso allargato con narici strette e talvolta atresia coanale (Gronvall H, 1953) (Kolar JC. 1985). Lo sviluppo cognitivo è usualmente nella norma, tuttavia in alcuni casi è stato osservato un lieve ritardo mentale (Lloyd G, 1979). Tali alterazioni appaiono in concomitanza con malformazioni a carico di diverse sedi dell’apparato uditivo. Per quanto riguarda l’orecchio esterno, è possibile riscontrare anomalie costanti del padiglione, (anotia, ipoplasia, a coppa), associato alla presenza di fistole o appendici preauricolari e con frequente coinvolgimento del condotto uditivo esterno, con la presenza di atresia o di stenosi (Pinsky L. 1979). Anche l’orecchio medio presenta numerose alterazioni, che possono consistere nell’agenesia o nell’ipoplasia della mastoide; frequenti anomalie della catena ossiculare come agenesia dell’incudine, malformazione o anchilosi o totale assenza della staffa, mancanza della finestra ovale o nel caso peggiore assenza completa delle strutture dell’OM e della cavità epitimpanica sostituita da tessuto connettivale (Rosenal TH. 1965). Inoltre dagli studi radiografici è possibile notare una frequente compromissione dell’apparato vestibolare, con frequenti casi di displasia del canale semicircolare laterale, mentre il labirinto anteriore appare nella maggior parte dei casi normale. Il quadro audiologico, è caratterizzato da un’ipoacusia di tipo e grado variabile a seconda dell’estensione delle malformazioni. Alcuni studi (Gustavson EE, 1985) mostrano una perdita uditiva bilaterale nel 55% dei casi, che risulta principalmente di tipo trasmissivo o misto, mentre solo in una percentuale minima è di tipo neurosensoriale. La diagnosi differenziale si pone nei confronti della displasia oculoauriculovertebrale e della sindrome di Goldenhar. La diagnosi prenatale è possibile con l’ecografia alla 20a settimana di gestazione. La prognosi è buona. 3.2.2 SINDROME DI GOLDENHAR Identificabile anche con i nomi di Displasia Oculo-Auriculo-Vertebrale (OAV), microsomia emifacciale, Sindrome di Goldenhar-Gorlin, Sindrome del I e II arco branchiale o Displasia facciale laterale, Displasia Oculo-Auricolo-Vertebrale (OAVD), Sindrome OculoAuricolo-Vertebrale (OAVS), Sindrome Facio-Auricolo-Vetrebrale (FAVS). In letteratura si preferisce la definizione di Microsomia Emifacciale quando sono presenti malformazioni monolaterali di mascella, bocca e orecchio; mentre si utilizza il termine Sindrome di Goldenhar quando sono presenti anche malformazioni dell’occhio e della colonna vertebrale. La definizione di Sindrome Oculo-Auricolo-Vertebrale (OAVS) viene spesso utilizzata come sinonimo di entrambe le precedenti, ma molti ricercatori suggeriscono che la Microsomia Emifacciale e la Sindrome di Goldenhar rappresentino diversi aspetti o livelli di severità dell’OAVS. La sindrome di Goldenhar compare in modo sporadico. Sono state descritte alcune anomalie cromosomiche associate a questa sindrome, come del(5p), del(6q), mosaicismo con trisomia 7, del(8q), mosaicismo con trisomia 9, trisomia 18, cromosoma 18 ricombinante, cromosoma 21 ad anello, del(22q), 49 XXXXY e 47 XXY. Altri studi riportano esposizione della madre ad alcuni farmaci contenenti acido retinoico, sedativi contenenti la talidomide anticonvulsivanti a base di primidone (18), oppure la presenza di un diabete gestazionale. Un ruolo particolare nel meccanismo patogenetico sembrano giocarlo le alterazioni vascolari . L’incidenza della sindrome di Goldenhar è compresa tra 1/3.500 e 1/26.500 feti nati vivi, molti ricercatori concordano che la stima di 1:5.600 nati vivi sia quella più realistica. Questa discrepanza di valori risulta dal disaccordo tra i ricercatori riguardo ai criteri minimi di diagnosi dell’OAVS e dal fatto che questa sindrome non venga riconosciuta e diagnosticata in pazienti che mostrino solo sintomi minimi. Ciò rende difficile determinare la sua vera incidenza nella popolazione generale. Il rapporto tra maschi e femmine è di 3:2; il lato destro è colpito più frequentemente mentre l’interessamento bilaterale si presenta solo nel 10% dei casi (Rollnick et al, 1988). Descritta per la prima volta da Goldenhar nel 1952, il quale la definì come una sindrome caratterizzata da alterazioni del padiglione auricolare, della regione preauricolare con la presenza di cisti dermoidi epibulbari. Successivamente Gorlin nel 1963, suggerì il termine displasia Oculo-Auriculo-Vertebrale (OAV), includendo in questa sindrome anche pazienti che presentavano lesioni vertebrali, nonché anomalie sistemiche. Il quadro clinico è caratterizzato da malformazioni delle strutture craniofacciali, che si sviluppano dal I e II arco branchiale. Nella maggior parte dei casi le alterazioni colpiscono solo un lato, ma nel 10-30% dei casi sono riscontrabili bilateralmente; nonostante ciò, i disordini non appaiono mai della stessa gravità da entrambi i lati poiché un lato risulta sempre più compromesso rispetto all’altro; il lato più frequentemente coinvolto risulta essere il destro. Facilmente identificabile grazie ai tratti caratteristici che coinvolgono l’area cranio-facciale come: asimmetria facciale con microsomia emifacciale, ipoplasia temporale, ipoplasia della mandibola o del mascellare e macrostomia. Possono essere presenti anche l’ipoplasia o l’agenesia del ramo mandibolare e del condilo, la schisi del palato e del labbro superiore . Il sistema muscolo-scheletrico risulta frequentemente coinvolto soprattutto a livello della colonna vertebrale cervicale dove le vertebre possono mancare oppure essere fuse tra loro con conseguente anomala brevità del collo, limitazione dei movimenti e accorciamento delle vie aeree (Sindrome di Klippel-Feil). Ulteriori malformazioni in questo ambito sono la presenza di emivertebre, di vertebre ipoplasiche, della spina bifida e di scoliosi (Helmi C, 1980). Possono inoltre essere coinvolti altri distretti come: l’apparato oculare con anomalie oculari, dermoidi epibulbari, coloboma della palpebra superiore, difetti della vista di varia severità; il sistema cardiocircolatorio a carico del quale sono state descritte numerose anomalie cardiache tra le quali la più frequente è il difetto del setto interventricolare; il sistema gastro-enterico con atresia esofagea, incompetenza velofaringea, fistole tracheoesofagee, ano imperforato; infine il cranio e il sistema nervoso centrale con microcefalia, dolicocefalia, plagiocefalia, craniosinostosi, encefalocele occipitale o frontale, idrocefalo, ipoplasia o agenesia del corpo calloso, Malformazione di Arnold-Chiari . Nonostante la maggior parte dei neonati colpiti da OAVS mostrino un normale sviluppo cognitivo, circa il 15% presenta un lieve ritardo mentale che si riscontra più comunemente in quelli che hanno microoftalmia o anoftalmia (Abdelhak S. 1997). Le anomalie dell’orecchio esterno (OE) sono comuni nei bambini con OAVS e variano da una lieve o moderata malformazione (microtia) all’assenza completa (anotia) del padiglione auricolare associato ad atresia o stenosi del condotto uditivo esterno (CUE). Possono essere presenti appendici preauricolari. A carico dell’orecchio medio può essere presente un’ipoplasia della catena ossiculare e la tuba di Eustachio può essere malformata. Come conseguenza di queste alterazioni si manifesta un’ipoacusia trasmissiva di grado variabile a seconda dell’estensione delle alterazioni anatomiche (Kumar S. 2000). La diagnosi differenziale deve escludere i quadri clinici con caratteristiche sovrapponibili tipici della Sindrome di Treacher Collins, della Sindrome di Towens-Brocks, della Sindrome di BOR, dellAa Sindrome di CHARGE e dell’Associazione VACTREL. La diagnosi prenatale avviene raramente tramite ecografia; nel feto gli unici indizi di alterato sviluppo che possono farci sospettare questa anomalia sono l’ipoplasia della mandibola e le gravi anomalie dell’orecchio esterno oltre che l’eventuale labio-palato schisi. La prognosi dipende dalla gravità del fenotipo e dalla presenza di un eventuale ritardo mentale. 3.2.3 SINDROME BOR La Sindrome Branchio-Oto-Renale (BOR) è nota anche come Displasia di BOR, Sindrome Branchio-Otica o Sindrome di Melnick-Fraser. La sindrome di BOR (Branchio-Oto-Renal Syndrome), è dovuta alla mutazione del gene EYA1 sul cromosoma 8q13.3 ed è una patologia ad eredità autosomica dominante ed espressività variabile (Heimler A, 1986). Nel 2000 Kumar et al. tuttavia, eseguendo un’indagine genomica su una famiglia caratterizzata da quadro fenotipico di BOR e trasmissione autosomica dominante, hanno identificato un linkage sul cromosoma 1q31. Caratterizzata da penetranza elevata ma non completa (Melnick M., 1975). Secondo alcuni studi ha un’incidenza di 1/40.000 neonati (Cote A, 1982). Il termine Sindrome Branchio-Oto-Renale (BOR) è stato utilizzato per la prima volta da Melnick nel 1975 (Fraser FC. 1978.), per descrivere un quadro clinico caratterizzato da ipoacusia associata ad anomalie branchiali di vario tipo, oltre che da alterazioni del tratto urinario e a malformazioni oculari. Il quadro clinico di questa sindrome si caratterizza in base alle sedi anatomiche colpite da deficit ed anomalie cui si riferisce la sigla BOR. La lettera “B” si riferisce agli archi branchiali, dai quali a seguito dello sviluppo embrionale originano l’orecchio esterno (OE), l’orecchio medio (OM), il collo, e la parte bassa della faccia del neonato. A seconda del tipo e della sede dell’alterazione sarà possibile identificare un’ampia variabilità di casi. La forma del viso è frequentemente allungata e stretta con palato ogivale e prognatismo. Le alterazione delle strutture dell’OE sono presenti nel 30-60% dei casi comprendendo deformità del padiglione auricolare che variano da una grave microtia ad anomalie minori, stenosi o atresia del condotto uditivo esterno, appendici e fistole preauricolari, appendici e fistole laterocervicali. A queste malformazioni possono associarsi anche alterazioni a livello dell’OM come: anomalie della catena ossiculare, fissità della staffa, anomalie dell’osso temporale con mastoidi ipoplasiche. Spesso si può osservare anche un interessamento dell’orecchio interno (OI), come nel caso di ipoplasia cocleare unilaterale o bilaterale oppure di displasia di Mondini (Smith RJH. 1996). Per quel che riguarda l’apparato vestibolare si possono osservare malformazioni tipo la displasia del canale semicircolare orizzontale (Dumas R. 1982). La lettera “O” si riferisce all’orecchio e in particolare alla perdita uditiva, che è tipica di questa sindrome. A causa dell’interessamento delle diverse strutture dell’apparato uditivo, è possibile identificare una ipoacusia nell’85-90% dei casi (Widdershoven J .1983) ; di questa percentuale la maggior parte è di tipo misto (50%), o trasmissivo (30%), mentre un’ipoacusia neurosensoriale si riscontra più difficilmente (20%). L’età d’insorgenza della sordità è variabile: và infatti dalla prima infanzia all’adolescenza (Cremers, 1981); variabile è anche l’evoluzione del deficit, che può rimanere stabile nel tempo oppure più raramente può evolvere andando a peggiorare il quadro uditivo. Infine la lettera “R”, sta ad indicare il deficit renale che può essere unilaterale o bilaterale e di entità variabile, presentandosi come displasia, ipoplasia fino a completa agenesia renale, rene policistico, reflusso vescico-ureterale ed ostruzione della giunzione uretero-pelvica (Martini A, 1987). Dal punto di vista funzionale un piccola percentuale di soggetti presenta alterata capacità di concentrazione dell’urina e proteinuria, oppure riduzione della clearance della creatinina e della filtrazione glomerulare (Hilding DA, 1977). La patogenesi delle anomalie caratteristiche della sindrome di BOR risiede in una ridotta espressione del gene EYA 1 a livello dei tessuti colpiti e conseguentemente in una ridotta quantità della proteina da esso codificata che quindi gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo degli archi branchiali, dell’orecchio e dei reni; livelli variabili di espressione del gene sono alla base della variabilità d’espressione e della penetranza incompleta. Le malformazioni dell’orecchio esterno e medio originano da un anomalo processo di differenziazione e sviluppo del I e II arco branchiale. In particolare, la microtia e le fistole preauricolari sembrano derivare da un fusione incompleta dei bottoni mesodermici che originano dagli archi branchiali, la displasia e la fissità della platina della staffa sono il risultato di una alterata differenziazione della capsula otica oppure di una separazione incompleta della lamina stapediale e l’eventuale concomitante paralisi del nervo faciale può essere spiegata con il fatto che tale nervo cranico appartiene al II arco branchiale. L’ipoacusia neurosensoriale non è in relazione alle alterazioni dello sviluppo degli archi branchiali, ma può essere fatta risalire ad un anomalo sviluppo della cresta neurale con interruzione della migrazione dei melanociti verso la stria vascolare dell’orecchio interno. Le anomalie renali descritte sembrano derivare da un alterata interazione tra calice ureterale e la massa mesenchimale nefrogenica come conseguenza di una alterazione dei processi di migrazione cellulare o di organizzazione spaziale delle cellule, similmente a quanto si verifica a livello della stria vascolare. La diagnosi prenatale è possibile solo in caso di gravi anomalie renali che possono essere evidenziabili con l’ecografia durante la gestazione. La prognosi dipende dalla gravità del coinvolgimento renale. 3.2.4 SINDROME DI NAGER Nota anche con il nome di Disostosi Acro-Faciale. In questa sindrome è stata identificata la delezione 1q12q21.3 e la traslocazione cromosomica (X;9) (p22.1;q32). La maggior parte dei casi è sporadica, evenienza che lascia supporre una possibile trasmissione autosomica recessiva. Alcuni Autori hanno descritto anche una trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta (Kawira EL. 1984). Descritta per la prima volta da Nager e DeReynier nel 1948 (Townes PL, 1972), da allora sono stati riportati circa 70 casi. Le caratteristiche del quadro clinico sono rappresentate da anomalie della faccia con rima palpebrale rivolta verso il basso, ipoplasia malare e ipoplasia zigomatica, anomalie del palato che possono variare dalla palatoschisi all’ugula bifida, movimenti mandibolari ridotti per la presenza di anchilosi dell’articolazione temporo-mandibolare; anomalie dell’orecchio esterno caratterizzate da malformazioni minori del padiglione e appendici preauricolari accompagnate da ipoacusia trasmissiva solitamente modesta; malformazioni dell’arto superiore con aplasia o ipoplasia del pollice e con ipoplasia o aplasia del radio (Vissers L. 2004 ). 3.2.5 SINDROME DI CHARGE Recentemente in alcuni casi di CHARGE sono state descritte delezioni o mutazioni della regione 8q12, che determinano un’aploinsufficienza del gene CHD7 che codifica per una DNA elicasi; questa proteina avrebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo embriologico precoce, influenzando la struttura della cromatina e l’espressione dei geni (Hall BD. 1979). In passato tuttavia, nei pazienti affetti sono state descritte numerose anomalie cromosomiche come: trisomia 22, delezione del braccio lungo del cromosoma 9, 11 e 13, duplicazione parziale del cromosoma 4 e 14. Si manifesta in modo sporadico, ma in alcuni casi è descritta una trasmissione di tipo dominante (Pagon RA. 1981). Conseguentemente attualmente la CHARGE viene considerata condizione geneticamente eterogenea. E’ stato anche ipotizzato che la causa possa essere l’esposizione ad agenti teratogeni come la talidomide, la fenilidantoina, il virus della rosolia o un diabete materno. Descritta per la prima volta da Hall nel 1979, questa associazione prende nome dalle iniziali delle caratteristiche che contraddistinguono il quadro clinico: Coloboma, difetti cardiaci (Heart defects), Atresia delle coane, Ritardo di crescita e dello sviluppo, ipoplasia Genitale, anomalie dell’orecchio e/o ipoacusia (Ear anomalies and/or deafness). Oltre alle caratteristiche descritte possono tuttavia essere presenti altre anomalie. A livello craniofacciale si riscontrano ipoplasia malare con caratteristico viso squadrato e naso globoso con narici pinzate; la caratteristica atresia coanale frequentemente bilaterale e talvolta labiopalatoschisi; coloboma dell’iride o della retina monolaterale o bilaterale, talvolta associata a microftalmia; malformazione del padiglione auricolare, che risulta corto ed allargato con lobo piccolo; ipoacusia neurosensoriale di grado variabile, più frequentemente di grado severo ed accentuata sulle frequenze acute con concomitante componente trasmissiva dovuta a malformazioni della catena ossiculare; alla TC rocche, oltre alle malformazioni dell’orecchio medio, possono essere documentate aplasia o ipoplasia dei canali semicircolari e anomalie del decorso del nervo facciale; possono essere presenti paralisi monolaterale del nervo facciale o asimmetrie del volto indipendenti dalla paralisi del VII nervo cranico (Amiel J. 2001). Nel 2001 Amiel et al., osservarono che le anomalie dei canali semicircolari rappresentavano un carattere distintivo della sindrome CHARGE. Difetti cardiaci come tetralogia di Fallot, difetti del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso sono presenti nel 60-70% dei soggetti affetti. Il ritardo della crescita si manifesta nel 60% degli affetti, spesso nonostante peso e lunghezza alla nascita nella norma; è stato ipotizzato un deficit dell’ormone della crescita che tuttavia viene raramente dosato; l’ipoplasia dei genitali è descritta in circa il 40% dei casi (Goldson E. 1986 ). La maggior parte dei soggetti affetti presenta qualche grado di ritardo mentale che viene ulteriormente accentuato dalla presenza dell’eventuale deficit sensoriale. In alcuni casi inoltre è stata descritta una microencefalia (Harvey, 1990 ). La diagnosi differenziale si pone con la sequenza DiGeorge. La prognosi dipende dal tipo e dall’entità delle malformazioni. Nel 30-35% dei casi il decesso avviene entro i 3 mesi di vita per gravi malformazioni cardiache e atresia coanale bilaterale. 3.3 Ipoacusia genetica associata a disordini tegumentari In questo gruppo rientrano principalmente sindromi molto rare ad esclusione della sindrome di Waardenburg che rappresenta il 2-5% delle ipoacusie neurosensoriali congenite sindromiche. 3.3.1 SINDROME DI WAARDENBURG I geni coinvolti e la loro localizzazione per i diversi tipi di sindrome di Waardenburg descritti sono riportati nella tabella 3.1. Tab. 3.1: Classificazione molecolare TYPE LOCATION WS type I (WS1) 2q35 WS type II (WS2) WS type 3p14.1-p12.3 MOST IMPORTANT OMIM REFERENCE ENTRY PAX3 Tassabehji et al., 1992 193500 MITF(OMIM:156845) Tassabehji et al., 1994 193510 GENE 8q11 SLUG Sanchez-Martin et al., 2002 193510 WS type III 2q35 PAX3 Hoth et al., 1993 148820 WS type IV 13q22 Attie et al., 1995 277850 WS type IV 20q13.2-q13.3 EDN3(OMIM: 131242) Edery et al., 1996 277580 WS type IV 22q13 SOX10(OMIM: 602229) Pingault et al., 1998 277580 II(WS2) EDNRB(OMIM:131244 ) Il tipo I presenta trasmissione autosomica dominante ad espressività variabile. Il tipo II, sembra essere un tratto autosomico dominante quando coinvolge il gene MIFT e autosomico recessivo quando coinvolge il gene SLUG. Il tipo III presenta trasmissione autosomica dominante. Infine il tipo IV, sembra essere un tratto autosomico recessivo quando coinvolge il gene EDNRB o EDN3 e autosomico dominante quando coinvolge il gene SOX10. Nonostante alcune aspetti di questa sindrome fossero già stati descritti da Hammerschlag nel 1905 (Waardenburg PJ, 1951), l’inquadramento preciso della stessa si deve a Waardenburg e risale al 1948 (Hageman MJ,1977). Le caratteristiche cliniche distintive della sindrome di Waardenburg comprendono: ipoacusia neurosensoriale, anomalie pigmentarie di capelli, iridi e pelle (eterocromia delle iridi e ciuffo di capelli bianchi), distopia canthorum, radice nasale allargata e sopraciglia confluenti (fig. 21-22). Esistono tuttavia quadri clinici eterogenei per cui vengono identificati 4 tipi diversi. Il tipo I e il tipo II si distinguono sulla base della presenza della distopia canthorum; essendo quest’ultima presente nel tipo I e assente nel tipo II (Klein D. 1950). La presenza di anomalie a carico dell’arto superiore identifica il tipo III che viene denominato anche sindrome di Klein-Waardenburg (Fraser GR. 1964 ) infine l’associazione di trasmissione autosomica recessiva e malattia di Hirshprung viene definita come tipo IV o sindrome di Waardenburg-Shah (Fay JE. 1971). L’ipoacusia si presenta con frequenza variabile a seconda del tipo della sindrome, solitamente neurosensoriale, può essere monolaterale o bilaterale, il grado varia da lieve a profondo, spesso l’audiogramma presenta morfologia in salita sulle frequenza acute o a “corda-molle”, presenta progressività nel tipo II. 3.3.2 SINDROME DI ALAGILLE La sindrome di Alagille è caratterizzata dalla associazione di cinque sintomi: colestasi cronica da paucità dei dotti biliari interlobulari, stenosi periferica dei rami dell'arteria polmonare, vertebre a farfalla, facies caratteristica e embriotoxon posteriore. Soltanto la paucità dei dotti e la cardiopatia sono sintomatici. La maggior parte dei pazienti presenta colestasi; tuttavia la sindrome può manifestarsi con una tetralogia di Fallot. Le anomalie oculari e vertebrali vanno ricercate per confermare la diagnosi. Il trapianto di fegato viene proposto nel 40% dei casi. Nessun elemento è in grado di stabilire la prognosi. La trasmissione è autosomica dominante, con espressività variabile. La presenza di delezioni ha permesso di localizzare il locus AGS sul cromosoma 20p12. In seguito sono state identificate mutazioni del gene Jagged-1 nel 50-60% dei pazienti e numerosi casi sono sporadici. Queste mutazioni sono disperse lungo tutto il cDNA. Non esiste una correlazione genotipo-fenotipo. L'espressione è variabile all'interno di una stessa famiglia e alcuni soggetti sono asintomatici. 3.3.3 SINDROME DI VAN DER WOUDE La sindrome di Van der Woude (VWS) è un difetto dello sviluppo cranio-facciale, caratterizzato dall'associazione tra fossette o fistole sul labbro inferiore e labioschisi e/o palatoschisi. E' la condizione sindromica più frequente all'interno delle labio-palatoschisi. La prevalenza nella popolazione generale è circa 1/60.000. Inoltre, può essere presente ipodontia. Il quadro clinico è estremamente variabile, anche nella stessa famiglia, e presenta tutte le combinazioni possibili (alcuni pazienti presentano solo fossette sul labbro inferiore, o oligodontia, o labioschisi o palatoschisi isolate di gravità variabile). Il segno più comune sono le fossette labiali, presenti nell'88% dei pazienti. La trasmissione è autosomica dominante e la penetranza è elevata (80-97%). Il gene-malattia codifica per il fattore di regolazione 6 dell'interferone (IRF6, il cui locus mappa sul cromosoma 1q32-q41); sono state descritte oltre 70 mutazioni. La diagnosi differenziale si pone con le altre sindromi che presentano fossette sul labbro inferiore, come la sindrome facio-genito-poplitea (sindrome dello pterigio popliteo) e la disostosi oro-digito-facciale. Il trattamento consiste essenzialmente nella correzione chirurgica della labio-palatoschisi. Di solito, le fossette labiali sono asintomatiche, ma la loro resezione chirurgica può essere suggerita da motivi estetici o dalla necessità di ridurre la suppurazione mucosa o l'eccessiva salivazione. 3.4 Ipoacusia genetica associata a difetti cardiaci 3.4.1 SEQUENZA DI DIGEORGE La Sequenza di DiGeorge è determinata nel 90% dei casi da una delezione nella regione 22q (Driscoll D, 1992).; approssimativamente nel 10% dei casi è stata identificata una delezione in 10p13-14 (Ammann AJ, 1982 ). Raramente è stata descritta una teratogenesi (Van Mierop LHD, 1986). Presenta un quadro clinico eterogeneo conseguente ad uno sviluppo anomalo delle strutture derivanti dalla III – IV tasca parafaringea. Fu descritta per la prima volta da Di George nel 1965 (Radford DJ. 1988) ed il quadro clinico è caratterizzato da ipoparatiroidismo e/o ipocalcemia, ipoplasia del timo e/o deficit immunitario che interessa i linfociti T ed infezioni ricorrenti; sono inoltre spesso presenti malformazioni cardio-circolatorie e anomalie craniofacciali. Ipoparatiroidismo, ipoplasia del timo ed infezioni ricorrenti sono comuni ad entrambe le forme. Le malformazioni cardiocircolatorie più frequente sono di tipo conotruncali, come tetralogia di Fallot, interruzione dell’arco aortico con arteria succlavia destra aberrante e tronco arterioso persistente (Goldberg R, 1993 ). In caso di delezioni 22q a livello craniofacciale si osserva telecanto con rima palpebrale corta e stretta; naso con radice allargata, punta globosa e narici strette; micrognatia e bocca piccola; uvula bifida e palatoschisi (Ford LC. 2000) malformazioni a carico dell’orecchio che includono orecchio ad ansa o a coppa, padiglione auricolare piccolo e ad inserzione bassa o ruotato; può essere presente ipoacusia, solitamente di tipo trasmissivo, monolaterale o bilaterale, legata a disfunzione tubarica associata alla palatoschisi (Bartsch O, 1999 ). Nelle delezioni 10p a livello craniofacciale sono comuni alterazioni del palato, atresia coanale (Ohtani I, 1984)e displasia dei padiglioni auricolari con inserzione bassa; quando presente l’ipoacusia è di tipo neurosensoriale, bilaterale e progressiva ((Bartsch O, 1999). Alla TC rocche e mastoidi, possono essere evidenziate malformazioni a carico della catena ossiculare e displasia della coclea tipo Mondini (Wolff RK, 1992 ). La diagnosi differenziale va posta nei confronti delle sindromi oculo-auricolo-vertebrali e dell’associazione di CHARGE. 3.4.2 SINDROME CARDIOFACIALE Autosomica dominante. Tipici aspetto facciale e difetti cardiaci. Fronte alta, costrizione bitemporale, ipoplasia sopraorbitale, ptosi, ponte nasale basso, padiglioni auricolari angolati ed elice prominente. Ipercheratosi a chiazze, ittioli, capigliatura rada. Anomalia cardiaca più comune è la stenosi della polmonare e difetti del setto interatriale. 3.5 Ipoacusia genetica associata ad anomalie dell’apparato muscolo-scheletrico L’ipoacusia può presentarsi in associazione con varie anomalie dell’apparato muscoloscheletrico, come condrodisplasie, craniosinostosi, malformazioni acro-orofacciali e scheletriche. 3.5.1 SINDROME DI APERT Rappresenta una forma di craniosinostosi. La sindrome di Apert è causata da una mutazione nel gene FGFR2 localizzato nella regione 10q23, con conseguente ridotta produzione di recettori 2 del fattore di crescita per i fibroblasti. Nonostante sia stata descritta una modalità di trasmissione autosomica dominante, la maggior parte dei casi è di tipo sporadico, rappresentando nuove mutazioni (Cohen MM. 1992). La prevalenza alla nascita della sindrome di Apert è stata stimata essere di 15.5/1.000.000 (Apert E., 1996). Descritta per la prima volta da Apert nel 1906 (Cohen MM 1906) è caratterizzata da craniosinostosi, malformazioni facciali, sindattilia simmetrica di mani e piedi. A livello cranio-facciale, alla nascita si osserva linea mediana completamente aperta che si estende dalla radice del naso attraverso la fontanella anteriore fino alla fontanella posteriore che tende lentamente a fondersi durante il secondo-terzo anno di vita; radiologicamente la sutura lambdoidea appare come una vera sutura, la sella turcica è allargata mentre clivus e fossa cranica anteriore sono di dimensioni ridotte; la base del cranio è malformata e asimmetrica; la fronte risulta ampia, inoltre durante l’infanzia può essere presente un rilievo orizzontale al di sopra delle arcate ciliari che solitamente scompare con la crescita; concomita spesso ipertelorismo dei bulbi oculari, strabismo e rime palpebrali inclinate lateralmente verso il basso; ipoplasia del terzo medio della faccia con radice del naso depressa che determina un prognatismo relativo; i padiglioni auricolari hanno spesso sede d’inserzione bassa e asimmetrica, è presente ipoacusia di tipo trasmissivo e di grado lieve o medio; malformazioni del palato o palatoschisi e alterazioni della dentizione sono frequenti (Cohen MM Jr, 2000). A livello muscolo-scheletrico si osserva sempre una sindattilia che coinvolge almeno il II, III, e IV dito delle manie dei piedi; il I e il V dito possono essere liberi oppure fusi con la massa centrale, quando il I dito è libero la falange distale risulta più grande che di norma e di forma trapezoidale; le porzioni prossimali del IV e V metacarpo sono spesso fuse; in tutti i pazienti si verifica una calcificazione e una fusione progressiva delle ossa di mani e piedi e delle vertebre cervicali (Cohen MM Jr, 1990). É frequentemente presente un ritardo mentale (Kreiborg S. 1977) . La diagnosi differenziale va posta nei confronti della sindrome di Crouzon, della sindrome di Pfeiffer e della sindrome di Seatre-Chotzen. 3.5.2 SINDROME DI CROUZON Conosciuta anche come disostosi craniofacciale. Rappresenta una forma di craniosinostosi. É causata da una mutazione nel gene FGFR2 localizzato nella regione 10q23. Nella maggior parte dei casi è stata descritta una modalità di trasmissione autosomica dominante ad espressività variabile tuttavia sono descritti numerosi casi di nuove mutazioni (146). Le nuove mutazioni sono di origine paterna ed è stata osservata una correlazione positiva con l’età avanzata dal padre (Cohen VIM Jr, l992). La prevalenza alla nascita della sindrome di Crouzon è stata stimata essere di 15.5/1.000.000 (Crouzon O. 1912). Descritta per la prima volta da Crouzon nel 1912 è caratterizzata da craniosinostosi, ipoplasia mascellare, cavità orbitarie poco profonde ed esoftalmo con variabilità espressiva. A livello cranio-facciale, il grado della malformazione dipende dalla velocità di progressione della sinostosi della suture; la brachicefalia è più frequente, ma sono descritte anche scafocefalia, trigonocefalia e cranio “a trifoglio”; cavità orbitarie poco profonde ed esoftalmo sono caratteristiche distintive; la riduzione del visus è frequente e talvolta può essere riscontrata atrofia del nervo otico; l’ipoplasia mascellare determina dimensione ridotta antero-posteriormente dell’arcata dentaria superiore con conseguente prognatismo relativo (Kreiborg S., 1981); malformazioni dell’orecchio medio ed in particolare anomalie della catena ossiculare e/o obliterazione della finestra ovale e conseguente ipoacusia di tipo trasmissivo che si osserva nel 50% circa dei soggetti affetti (Cohen MM Jr, 2000). Lo sviluppo cognitivo è solitamente nella norma. La diagnosi differenziale va posta nei confronti della sindrome di Apert, della sindrome di Pfeiffer e della sindrome di Seatre-Chotzen. 3.5.3 SINDROME DI PFEIFFER Rappresenta una forma di craniosinostosi. Conosciuta anche come disostosi craniofacciale. É causata da mutazioni nei geni FGFR1 e FGFR2. Nella maggior parte dei casi è stata descritta una modalità di trasmissione autosomica dominante a penetranza completa ed espressività variabile tuttavia sono descritti casi di nuove mutazioni ad origine paterna (Pfeiffer RA. 1964). Descritta per la prima volta da Pfeiffer nel 1964 (Cohen MM Jr. 1993 ) è caratterizzata da craniosinostosi, pollice ed alluce larghi, sindattilia dei tessuti molli. Sono state descritte tre forme diverse. Il Tipo 1 si caratterizza per craniosinostosi con turribrachicefalia, asimmetrie del cranio e ipoplasia mascellare; il Tipo II presenta come caratteristica distintiva cranio “a trifoglio”, grave esoftalmo, pollice ed alluce larghi, brachidattilia e sindattilie; infine il Tipo III manifesta craniosinostosi, grave esoftalmo, pollice ed alluce larghi, brachidattilia e sindattilie (Cohen MM Jr,. 2000). Ipertelorismo, rime palpabrali inclinate lateralmente verso il basso, esoftalmo e strabismo sono frequenti in tutte le forme (Cremers CWRJ. 1987); malformazioni o fissità della catena ossiculare e conseguente ipoacusia di tipo trasmissivo sono state descritte in alcuni casi (Moore MH. 1994 ). Nel Tipo I il livello cognitivo è solitamente nella norma; nel Tipo II e III è frequente l’insufficienza mentale, inoltre sono stati riportati idrocefalo, malformazione di ArnoldChiari, ed epilessia (Rose CSP, 1997). La diagnosi differenziale va posta nei confronti della sindrome di Apert, della sindrome di Crouzon e della sindrome di Seatre-Chotzen. 3.5.4 SINDROME OTO-PALATO-DIGITALE La sindrome oto-palato-digitale (OPD) è una malattia genetica rara, che associa displasia scheletrica, ipoacusia, palatoschisi e viso caratteristico (con ipertelorismo, radice nasale allargata, bozze frontali prominenti, naso piccolo piatto e rime palpebrali rivolte in basso e verso l'esterno). Sono stati descritti oltre 30 pazienti. Sono state identificate due forme: il tipo 2 è il più grave. Le due forme vengono differenziate in base alla presenza di ossa lunghe curve, agenesia della fibula, aspetto "a ventaglio'' delle dita dei piedi, alterazioni delle dita delle mani, sindattilia, polidattilia e gravità dei difetti acrali ai raggi X. Le sindromi OPD di tipo 1 e 2 appartengono allo spettro fenotipico della osteodisplasia fronto-oto-palato-digitale, che comprende la sindrome di Melnick-Needles, la displasia fronto-metafisale e le sindromi OPD di tipo 1 e 2. Si tratta di malattie legate all'X, occasionalmente espresse in forma sfumata nelle femmine eterozigoti; sono tutte dovute a mutazioni nel gene FLNA, che codifica per la proteina del citoscheletro, la filamina A. La fisiopatologia della sindrome non è nota. La prognosi dipende dalla gravità dei segni clinici. La maggior parte dei pazienti presenta ritardo mentale lieve (QI che varia tra 75 e 90), forse secondario all'ipoacusia trasmissiva. La presa in carico, che è multidisciplinare, deve essere adattata ad ogni paziente (consulenza ortopedica, pediatrica, ENT, genetica). È possibile la diagnosi prenatale. 3.5.5 SINDROME DI FREEMAN-SHELDON La sindrome di Freeman-Sheldon (FSS), nota anche come sindrome della faccia da fischiatore, è un difetto congenito raro, caratterizzato da anomalie ossee e contratture articolari associate a dismorfismi tipici. La FSS fa parte del gruppo nosologico delle artrogriposi distali. Le tre anomalie di base sono microstomia con labbra sporgenti, camptodattilia con deviazione ulnare della mano e piedi equino-vari. Il fenotipo della FSS comprende anche scoliosi, fossetta del mento ad H, pieghe nasolabiali marcate e blefarofimosi. Sono frequenti disfagia, ritardo di crescita e di sviluppo e complicanze respiratorie pericolose per la vita (causate da anomalie strutturali dell'orofaringe e delle vie aeree superiori). Fino al 1990 sono stati riportati in letteratura 65 casi. La malattia colpisce entrambi i sessi. La maggior parte dei casi osservati di FSS sono sporadici, in assenza di storia familiare, anche se esistono osservazioni di un quadro specifico con trasmissione autosomica dominante o recessiva. L'eziologia non è nota. È perentoria la consulenza genetica degli affetti. La valutazione ecografica (che evidenzia le anomalie delle estremità e della regione orale) può essere utile ai fini di una diagnosi prenatale. A causa della variabilità clinica e della rarità della FSS non esiste un protocollo di follow up per questi pazienti. La correzione chirurgica della microstomia è importante ai fini estetici e funzionali. Sono spesso necessari multpli interventi chirurgici ortopedici e di ricostruzione. 3.5.6 SINDROME DI CORNELIA DE LANGE La sindrome di Cornelia de Lange (CdLS) è una malattia multisistemica ad espressività variabile, caratterizzata da dismorfismi facciali caratteristici, ritardo mentale variabile, importante ritardo della crescita ad esordio prenatale (secondo trimestre), anomalie delle mani e dei piedi (oligodattilia, a volte grave amputazione e brachimetacarpia costante del primo metacarpo) e altri difetti (cardiaci, renali, ecc.). La prevalenza è stimata tra 1 : 62.500 e 1 : 45.000 nella popolazione generale. Le caratteristiche peculiari del viso comprendono le sopracciglia bene disegnate, incurvate e fuse sulla linea mediana, l'allungamento delle ciglia, le narici anteverse, la micrognazia e la bocca con angoli rivolti verso il basso, con un labbro superiore molto sottile. Le difficoltà nella alimentazione e nello sviluppo sono spesso aggravate dal reflusso gastro-esofageo. La sindrome evolve con ritardo psicomotorio, difficoltà nella acquisizione del linguaggio e, a volte, problemi comportamentali di tipo autistico. Il rischio di sordità deve essere valutato e monitorato. Quasi tutti i casi sono sporadici. È stata osservata occasionalmente una trasmissione familiare autosomica dominante. Sono state individuate mutazioni causative nei tre geni implicati nella coesione dei cromosomi (complesso della coesina). Il gene NIPBL è mutato per il 50% dei pazienti ed è il gene più rilevante della sindrome. Recentemente sono state descritte mutazioni correlate a forme meno gravi della malattia nel gene SMC1L1 (definito anche SMC1A; Xp11.22p11.21), associato ad una forma di CdLS legata all'X, e nel gene SMC3 (10q25). La diagnosi prenatale è possibile con l'ecografia, che può rivelare un ritardo della crescita intrauterina e anomalie degli arti. Nelle famiglie nelle quali è stata osservata la trasmissione parentale della malattia e nelle quali è stata identificata la mutazione patogenetica, può essere proposta la diagnosi con l'analisi del DNA fetale anche nei genitori che non sembrano essere portatori della mutazione, per escludere il rischio di mosaicismo germinale. Non è disponibile una terapia specifica, ma è necessario un trattamento psico-educazionale. Il reflusso gastroesofageo richiede cure mirate, spesso la gastrotomia e l'intervento di Nissen antireflusso. 3.5.7 SINDROME DI MOEBIUS Caratterizzata da paralisi congenita combinata del VI e VII nc spesso bilaterale, associate o meno ad anomalie degli arti nel 50% dei casi (polidattilia, sindattilia), difetti della parete toracica( ipoplasia/aplasia del muscolo pettorale maggiore, scoliosi) e ritardo mentale nel 15% dei casi con ritardo psicomotorio e dello sviluppo del liguaggio.. Raro il coinvolgimento di altri nc (III, V, IX, XII). Ptosi, nistagmo, strabismo, epicanto, impossibilità di chiusura completa delle palpebre con conseguenti congiuntiviti e ulcere corneali.. I padiglioni auricolari possono essere ipoplastici (microtia), poco frequente l’ipoacusia. Rari difetti congeniti cardiaci, ipogonadismo , anomalie del sistema urinario. 3.5.8 SINDROME DI BECKWITH-WIEDEMANN La sindrome di Beckwith-Wiedemann (SBW; OMIM 130650) è una malattia da iperaccrescimento, caratterizzata da macrosomia, macroglossia, organomegalia e anomalie dello sviluppo (in particolare difetti della parete addominale associati ad onfalocele). I soggetti affetti sono predisposti a sviluppare tumori di tipo embrionale (più frequentemente il tumore di Wilms o nefroblastoma). L'incidenza stimata della SBW è di 1/13.700 nati vivi. La SBW è una patologia poligenica causata da disregolazione dell'espressione dei geni presenti nella regione cromosomica 11p15, che è una regione soggetta a imprinting. Sono stati implicati vari difetti della regione cromosomica 11p15 e difetti epigenetici sono responsabili di circa due terzi dei casi. La gestione del soggetto affetto da SBW comprende il trattamento chirurgico dell'onfalocele e il monitoraggio dell'ipoglicemia nel periodo neonatale. Comprende anche il trattamento della macroglossia e gli esami di screening per il tumore embrionale che può essere agevolato dalla genotipizzazione. Una serie di recenti osservazioni ha suggerito che la tecnologia per la riproduzione assistita (ART) potrebbe incrementare il rischio di malattie da imprinting e, in particolare, di SBW. 3.5.9 SINDROME DI SIMPSON-GOLABI-BEHMEL La sindrome di Simpson-Golabi-Behmel (SGBS) è caratterizzata da iperaccrescimento prenatale e postnatale, dismorfismi facciali, e varie e incostanti malformazioni viscerali e scheletriche. La prevalenza non è nota. Sono stati descritti oltre 100 pazienti. I dismorfismi facciali comprendono la macrocefalia, con un viso caratteristico con lineamenti grossolani (che diviene meno evidente nell'età adulta), una mandibola grande e prominente, la radice del naso allargata e la palatoschisi. Le mani e i piedi sono corti e larghi. Inoltre, possono essere presenti capezzoli soprannumerari, anomalie delle coste, torace infossato, epatosplenomegalia, ernia ombelicale o inguinale e criptorchidismo. Le cardiopatie sono presenti in circa un terzo dei casi. Il ritardo mentale è raro e di solito lieve. Tuttavia, le difficoltà nel linguaggio sono frequenti e sono stati anche osservati problemi psicosociali. Il rischio di tumori embrionali, come il tumore di Wilms, il neuroblastoma e l'epatoblastoma, è aumentato, con una frequenza totale di neoplasia di circa il 10%. La trasmissione è recessiva legata all'X. Il gene principale è stato mappato in Xq26 e codifica per un proteoglicano extracellulare, il glipicano 3 (GPC3), espresso soprattutto nei tessuti di derivazione mesodermica, come i reni, il fegato e i polmoni. Il GPC3 è un proteoglicano eparansolfato, che interagisce con l'IGF2 (insulin-like growth factor 2), interferendo con l'attività di segnale. La mutazione nel gene GPC3 non è presente in tutti i pazienti; questo suggerisce che in alcuni casi possono essere implicati altri loci. Una variante più grave di questa sindrome (si veda la sindrome di Simpson-Golabi-Behmel tipo 2), descritta in un'unica famiglia, con anomalie multiple cranio-facciali, scheletriche e viscerali (ma non cardiopatie), idrope fetale e mortalità precoce, è stata mappata sul cromosoma Xp22. Non è disponibile alcun test biologico. La diagnosi di SGBS si basa sulla storia clinica, l'esame obiettivo e, in alcuni casi, la storia familiare. Lo screening delle mutazioni in GPC3 conferma la diagnosi clinica quando la mutazione viene identificata, ma la diagnosi non può essere esclusa quando non viene trovata alcuna mutazione. La diagnosi differenziale si pone con la sindrome di Beckwith-Wiedemann (BWS), la sindrome di Weaver, la sindrome di Perlman e la sindrome di Sotos. Le figlie di un maschio affetto sono tutte eterozigoti, mentre i figli maschi sono tutti non affetti. Una femmina eterozigote ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene-malattia: il rischio di avere un figlio maschio affetto o una figlia femmina portatrice è, in entrambi i casi, del 25%. L'identificazione degli eterozigoti può basarsi sul riscontro di segni clinici sfumati. L'identificazione di una mutazione in un probando raccomanda l'esecuzione del test molecolare alle femmine della famiglia, a rischio di essere portatrici della mutazione. La diagnosi prenatale precoce è possibile se la mutazione nel probando è stata già identificata. In assenza di una storia familiare, la diagnosi in gravidanza può essere suggerita solo attraverso l'osservazione di anomalie ecografiche. Le malformazioni congenite possono richiedere un trattamento chirurgico. La mortalità nel periodo perinatale e nella prima infanzia è alta e probabilmente correla con le cardiopatie che, pertanto, giustificano un'attenzione particolare. Lo screening dei tumori nella SGBS comprende l'ecografia addominale, l'analisi delle urine e la ricerca dei markers biochimici dei tumori embrionali. I problemi nel linguaggio e il ritardo mentale richiedono un intervento educativo mirato. 3.6 Altre sindromi cranio-facciali sporadiche 3.6.1 SINDROME DI HALLERMANN-STREIFF-FRANÇOIS La sindrome di Hallermann-Streiff-François (HSF) è caratterizzata da dismorfismi tipici, come il naso "a becco'', l'ipoplasia mandibolare, la bassa statura proporzionata (2/3), l'ipotricosi (80%), la microftalmia (80%), la cataratta congenita (80-90%), l'ipodontia (80%), l'ipotricosi (80%), l'atrofia cutanea sul viso (70%) e l'ipoplasia delle clavicole e delle costole. Circa il 15% dei casi è affetto da ritardo mentale. Possono essere presenti denti neonatali. Fino ad oggi sono stati descritti meno di 100 casi, la maggior parte dei quali sono sporadici. Le basi genetiche non sono ancora note. L'ostruzione delle vie aeree superiori può essere secondaria a narici piccole e/o a glossoptosi (caduta della lingua all'indietro), secondaria a micrognazia, che a sua volta può causare cor polmonare. Il russare e/o l'ipersonnolenza diurna sono segni indicativi della necessità di effettuare uno studio del sonno. La tracheomalacia è una possibile complicanza che può esitare in una insufficienza respiratoria cronica, con conseguente insufficienza cardiaca biventricolare e morte precoce. Sono note forme di HSF gravi e letali, con ossa lunghe sottili e difetti di ossificazione del cranio, ma non è chiaro se si tratti della stessa malattia, in quanto queste forme letali (note come osteocraniostenosi) si trasmettono con modalità autosomica recessiva. La diagnosi differenziale si pone con altre sindromi progeroidi (progeria di Hutchinson-Gilford, sindrome di Werner e displasia acro-mandibolare) e con la displasia oculo-dento-digitale. 3.6.2 SINDROME DI KLIPPEL-FEIL La sindrome di Klippel-Feil è caratterizzata dalla segmentazione anomala della regione cervicale, che provoca la fusione congenita delle vertebre cervicali. La prevalenza è stimata in 1:50.000. La sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1912 da Maurice Klippel e André Feil e spesso si associa a tre sintomi clinici caratteristici: bassa attaccatura dei capelli sulla nuca, collo corto e limitazione dei movimenti del collo. Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato che solo il 34-74% dei pazienti presenta questi segni. L'espressione fenotipica della sindrome di Klippel-Feil è variabile, presentandosi con o senza sintomi extrascheletrici o altre anomalie vertebrali. La sindrome è dovuta a un'anomalia della segmentazione cervicale durante i primi stadi della gravidanza. L'eziologia e la modalità di trasmissione non sono note. Utili per la diagnosi sono le radiografie cervicali nella proiezione anteroposteriore, laterale neutra e in flessione-estensione, che documentano la fusione congenita delle vertebre. La diagnosi può essere effettuata con la risonanza magnetica e la TAC, che vengono utilizzate per valutare le anomalie associate. La diagnosi differenziale si pone con la fusione spinale postchirurgica, la spondilite anchilosante, l'artrite reumatoide giovanile, la fibrodisplasia ossificante progressiva (si vedano questi termini) e l'osteomielite attiva o cronica. Il trattamento si basa sulla presa in carico dei sintomi comunemente associati, che comprendono i dolori al collo, la radicolopatia e/o la mieolopatia. Il trattamento più importante per i pazienti che soffrono soprattutto di dolore al collo è di tipo conservativo, senza correzione chirurgica. La radicolopatia secondaria alla compromissione di una radice nervosa viene trattata inizialmente con interventi conservativi e, in alcuni casi, con iniezioni spinali. La mielopatia da compressione del midollo spinale si associa tipicamente ad una stenosi cervicale congenita e può aggravarsi secondariamente alla compressione del midollo spinale secondaria all'associazione tra gli osteofiti vertebrali e/o la compressione del tessuto molle. I pazienti con fusione cervicale congenita o quelli che presentano un segmento ipermobile non fuso presentano un elevato rischio di lesioni al midollo spinale e devono limitare le loro attività quotidiane, per evitare tali lesioni. L'intervento chirurgico è previsto per i casi nei quali l'eccessivo movimento cervicale o cranio-vertebrale viene considerato potenzialmente instabile e si associa a un alto rischio di lesioni del midollo spinale. La prognosi è variabile. 3.6.3 SINDROME DEL 18qLa monosomia 18q- è una patologia cromosomica, dovuta alla delezione di tutto o di parte del braccio corto del cromosoma 18. L'incidenza è stimata in circa 1:50.000 nati vivi. Nella forma più comune, la sindrome dismorfica è attenuata e non specifica. I principali segni clinici sono la bassa statura, il viso tondo con filtro corto, la ptosi palpebrale e le orecchie grandi con padiglioni anteversi. Il deficit cognitivo varia da leggero a moderato. Un sottogruppo pari a circa il 10-15% dei pazienti, presenta malformazioni facciali/cerebrali gravi, che rientrano nello spettro dell'oloprosencefalia. In due terzi dei casi, la sindrome 18q è dovuta ad una delezione che origina de novo. Negli altri casi, può originare da una traslocazione de novo con perdita di 18q, dalla malsegregazione di una traslocazione parentale o di un'inversione, o da un cromosoma 18 ad anello. È stata osservata una sindrome 18q- a trasmissione parentale. La diagnosi può essere definita solo con le analisi citogenetiche. La diagnosi differenziale si pone con un ampio numero di sindromi associate a bassa statura e lieve deficit cognitivo. Nei bambini più piccoli, la sindrome da delezione 18q può essere vagamente evocativa della sindrome di Turner o dellla trisomia 21 (si vedano questi termini). Il rischio di ricorrenza nelle fratrie è basso per le delezioni e le traslocazioni de novo, ma è aumentato se è presente un riarrangiamento parentale. La delezione 18q può essere identificata nel periodo prenatale con l'amniocentesi o sui villi coriali attraverso l'analisi del cariotipo. Non è disponibile un trattamento specifico anche se la logopedia e i programmi educativi precoci possono aiutare a migliorare le capacità dei bambini. Fatta eccezione per i pazienti che presentano malformazioni cerebrali gravi, le aspettative di vita non sembrano essere alterate in maniera significativa. 3.6.4 SINDROME DI DUANE La sindrome di Duane è una forma congenita di strabismo, caratterizzata da limitazione del movimento orizzontale dell'occhio, retrazione del globo oculare con restringimento delle rime palpebrali nel tentativo di adduzione. Questa malattia origina da un'innervazione paradossa del muscolo retto laterale. La sindrome viene classificata in tre sottotipi, a seconda della presenza di un difetto nell'adduzione, nella abduzione o in entrambi. L'incidenza è approssimativamente circa 1% su tutti i casi di strabismo. La sindrome di Duane può essere isolata o si può associare ad anomalie oculari (eterocromia, displasia dell'iride, colobomi, fenomeno di Marcus-Gunn, ecc.) o ad anomalie sistemiche (sindrome di Goldenhar, sindrome di Klippel-Feil, ipoacusia neurosensoriale, ecc.). La maggior parte dei casi è sporadica, anche se è stata descritta ricorrenza familiare, con modalità di trasmissione autosomica dominante. La sindrome di Duane è stata collegata a cinque loci ed è stato identificato un primo gene causale, SALL4. Il meccanismo eziologico attualmente proposto è che la sindrome di Duane derivi da un disturbo di innervazione di origine tronco-cerebrale, nel quale il muscolo laterale retto è parzialmente innervato dai rami del nervo oculomotore. Quando necessari, sono utilizzati interventi chirurgici per migliorare l'allineamento fisso in posizione primaria, la rotazione del viso e la posizione posturale; tuttavia i risultati ottenuti sono limitati. Capitolo 4 MATERIALI E METODI 4.1 Casistica generale In questo studio sono stati valutati 136 pazienti affetti da deficit uditivo dovuto a malformazioni congenite sindromiche cranio-facciali, giunti all’attenzione dell’Unità Operativa di Audiologia dell’Università di Ferrara dal 1990 a Settembre del 2009. Il campione complessivo è composto di una popolazione di età media di 17 anni (minima 7 mesi e massima di 40 anni), e mediana di 13 anni; di questi 72 sono di sesso maschile (53%), mentre 64 sono di sesso femminile (47%). femmine 47% maschi 53% TAB 4.1. Grafico del sesso nelle sindromi cranio-facciali associate ad ipoacusia Nel grafico 2.1 è riportata l’incidenza delle sindromi malformative cranio-facciali associate ad ipoacusia in questa casistica. distribuzione delle sindromi cranio-facciali nella casistica di Ferrara n° casi 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 OAVS BOR Treacher Collins CHARGE Sindr. Waardenburg Moebius APERT s. dI Cornelia de Lange Nager Freeman Sheldon Klippel Feil Sequeza di Pierre Robin Sindrome del 18qSindr. Beckwith-Wiedeman Sindr. Alagille Cardiofaciale o di Cayler -Charge S. di Crouzon Disostosi Otomandibolare S. di Hay Wells S.di Pfeiffer S. Oto-palato-digitale Duane (Okihiro) S. di DiGeorge/ Velo-cardio-faciale S. di Van der Houde Simpson-Golabi-Behemel (SGB) Hallermann- Streiff TAB 4.2. Grafico delle sindromi malformative associate ad ipoacusia Dall’analisi della topografia delle malformazioni risulta che 75 pazienti sono affetti bilateralmente, 37 nel lato destro e il 24 nel lato sinistro. Nel grafico 4.3 sono visibili le percentuali sul totale dei casi. Lato destro 27% Bilaterale 55% TAB 4.3 Grafico delle percentuali della topografia delle malformazioni auricolari Le malformazioni riscontrate a carico dell’apparato uditivo nella sindromi cranio-facciali possono provocare ipoacusia di tipo e grado diverso a seconda della estensione della lesione. Grazie all’audiometria tonale ed alla metodica ABR abbiamo identificato il tipo ed il grado di ipoacusia associata. Il tipo di ipoacusia è risultato quella trasmissiva in 69 casi, mentre solo in 28 pazienti il tipo era mista ed in 39 era di tipo neurosensoriale. Nel grafico 4.5 sono presenti le percentuali relative. Tipo d'ipoacusia 28,68% 50,74% 20,59% IPOACUSIA TRASMISSIVA IPOACUSIA MISTA IPOACUSIA NEUROSENSORIALE TAB 4.4 Grafico dei tipi di ipoacusia Secondo la classificazione dei gradi d’ipoacusia redatta dal GENDEAF group nel campione si evidenziavano 53 casi di grado moderato, 32 casi di grado moderato-severo, 6 casi di grado severo e 13 sordità profonde. Le relative percentuali sono riportate nel grafico 4.6. 13% IPOACUSIA PROFONDA 6% IPOACUSIA SEVERA IPOACUSIA MODERATASEVERA 31% 50% IPOACUSIA MODERATA 0 10 20 30 40 50 60 TAB 4.5 Grafico dei gradi di ipoacusia 4.2 Analisi delle anomalie morfologiche associate alle principali sindromi cranio-facciali Restringendo l’osservazione ai casi di ipoacusia sindromica più rappresentati, abbiamo focalizzato la ricerca delle malformazioni presenti nei 46 pazienti affetti da Sindrome di Goldenhar (OAV), i quali avevano nella maggior parte dei casi oltre alle malformazioni dell’orecchio esterno altre anomalie a carico dell’orecchio medio e interno. Le malformazioni dell’orecchio medio sono state riscontrate in 33 pazienti (%). Il quadro radiologico inoltre descriveva: 13 casi di ipoplasia mastoidea( 45% sul totale di 22 casi), 22 casi di anomalie del canale del nervo facciale e 3 casi di alterazioni del canale carotideo. Le malformazioni dell’orecchio interno sono state riscontrate in 15 pazienti. Il tipo di malformazione è dettagliata con le relative percentuali nella tabella 4.6. MALFORMAZIONI ORECCHIO INTERNO (TOT 15) 33% Canali semicircolari 33% Vestibolo 20% Coclea 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% TAB 4.6 Grafici delle malformazioni dell’orecchio interno valori percentuali La Sindrome di Goldenhar è ulteriormente caratterizzata da malformazioni sistemiche a carico di numerosi organi ed apparati; nella nostra casistica tali anomalie erano distribuite come è rappresentato nel grafico 5.17, in questo grafico, le percentuali sono calcolate sul totale del campione (46 casi). OAVS (46 casi) 46 MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) 33 MALF OM 15 MALF OI 20 Appendici preauricolari 5 Fistole preauricolari 40 Ipoplasia mandibolare-alterazioni buccali 12 Dermoide oculare 30 Vertebre cervicali 6 Renali 7 Cuore e TSA 12 Arti 14 Deficit neurologici 4 Polmonare 2 Gastro-Enterico 22 VII° nervo cranico 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 FIG 4.7 Grafico delle malformazioni associate nell’OAVS Tra le altre sindromi malformative riscontrate nella nostra casistica abbiamo preso in considerazione le anomalie auricolari e le malformazioni sistemiche di quelle numericamente più rappresentate. Di seguito sono riportati valori relativi alla sindrome di Treacher-Collins ( Fig 4.8), alla BOR ( Fig 4.9), alla CHARGE (Fig 4.10) e alla Sindrome di Waardenburg ( Fig 4.11). Treacher-Collins (15 casi) 1 MALF OI 10 MALF OM 15 MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) 3 FISTOLE PREAURICOLARI 9 ANOMALIE ATM 2 PALATOSCHISI 1 DEFICIT NEUROLOGICI 10 MALFORMAZIONE ZIGOMI 3 COLOBOMA 10 MICROGNAZIA 2 APPENDICI PREAURICOLARI 1 ANOMALIE VII° NC 12 IPOPLASIA MANDIBOLARE 0 2 4 6 8 10 12 FIG 4.8 Grafico delle malformazioni associate nella Treacher Collins 14 16 Sindrome BOR (30 casi) 28 MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) 19 MALF OM 2 MALF OI 20 ANOMALIE RENALI 15 FISTOLE PREAURICOLARI 9 FISTOLE LATEROCERVICALI 3 MALF CRANIO-FACCIALI 0 5 10 15 FIG 4.9 Grafico delle malformazioni associate nella BOR 20 25 30 CHARGE (11 casi) 3 MALF OI 1 MALF OM 8 MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) 3 IPOGONADISMO 1 ATRESIA ESOFAGEA 3 ANOMALIE CARDIACHE 4 DEFICIT NEUROLOGICI 1 ANOMALIE ARTI 4 COLOBOMA 3 STRABISMO 1 APLASIA CAROTIDE INTERNA 3 ANOMALIE VII° NC 5 ATRESIA COANE 0 1 2 3 4 5 FIG 4.10 Grafico delle malformazioni associate nella CHARGE 6 7 8 Sindrome di Waardenburg (10 casi) 3 MALF OI 0 MALF OM 1 MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) 1 1 DEFICIT NEUROLOGICHE ANOMALIE SCHELETTRICHE 1 OSTRIZIONE DOTTO LACRIMALE 4 TELECANTO 2 SCLERE BLU 4 CIUFFO CAPELLI BIANCO 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 FIG 4.11 Grafico delle malformazioni associate nella Waarbenburg 4.3 Metodiche d’indagine Tutti i pazienti sono stati valutati presso l’Unità Operativa di Audiologia dell’Università di Ferrara sia dal punto di vista anamnestico che obiettivo al fine di rilevare le caratteristiche dell’ipoacusia sindromica. Per completare la diagnosi clinica sono stati sottoposti a una batteria di esami funzionali (audiometria tonale liminare, potenziali evocati uditivi del tronco) e neuroradiologici ( TC e RMN). Capitolo 5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 5.1 Discussione Nel nostro studio sono stati analizzati 136 pazienti affetti da malformazioni congenite auricolari nell’ambito di sindromi cranio-facciali. In Letteratura la sindrome più comunemente associata alla microtia e all’atresia del CUE è la Sindrome di Goldenhar che compare nel 14% dei casi, mentre in questa casistica sono affetti dalla Sindrome Goldenhar ben il 34% del totale. OAVS BOR Treacher Collins CHARGE Sindr. Waardenburg Moebius APERT s. dI Cornelia de Lange Nager Freeman Sheldon Klippel Feil Sequeza di Pierre Robin Sindrome del 18qSindr. Beckwith-Wiedeman Sindr. Alagille Cardiofaciale o di Cayler -Charge S. di Crouzon Disostosi Otomandibolare S. di Hay Wells S.di Pfeiffer S. Oto-palato-digitale S. Duane (Okihiro) S. di DiGeorge/ Velo-cardio-faciale S. di Van der Woude Simpson-Golabi-Behmel (SGB) Hallermann- Streiff 46 30 15 11 10 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 TAB 5.1 casistica delle sindromi cranio-facciali ( tot =136 casi) La nostra analisi si è focalizzata sui pazienti affetti dalla Sindrome di Goldenhar, i quali presentavano la malformazione bilateralmente nel 21% dei casi; tra quelli colpiti unilateralmente il lato destro risultava affetto nel 58% dei casi: questo dato è in accordo con le conclusioni di Burk et al. del 1983 che descrivevano il coinvolgimento bilaterale nel 1030% dei casi. Il 70% dei nostri pazienti erano di sesso maschile, percentuale quindi superiore rispetto alla media rilevata in letteratura di 3:2 rispetto al sesso femminile. Nella maggior parte dei casi la Sindrome di Goldenhar si presenta in forma sporadica mentre in minima parte si verifica una trasmissione autosomica dominante. Nel nostro studio non è stato possibile rilevare alcun tipo di trasmissione geneticamente determinata, anche se probabilmente una parte dei casi rientrava in un tipo di ereditarietà multifattoriale. Secondo gli studi di Baun del 1973 e di Wells del 1983, l’ipoacusia di tipo trasmissivo è la più frequente in questi pazienti (85% dei casi) mentre quella neurosensoriale è stata riscontrata nel 15% dei casi. Nel nostro lavoro l’analisi audiologica rivelava un’ipoacusia trasmissiva nell’89% dei casi, mista nel 7% e neurosensoriale nel 4%. Tra i casi trasmissivi, secondo la classificazione stilata dal GENDEAF Group, risultava un’ipoacusia moderata nel 40%, moderata-severa nel 24%, severa nel 36% e profonda nell’8%. OAVS (46 CASI) MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) MALF OM MALF OI Appendici preauricolari Fistole preauricolari Ipoplasia mandibolare-alterazioni buccali ( labio-palatochisi) Dermoide oculare Vertebre cervicali Renali Cuore e TSA Arti Deficit neurologici Polmonare Gastro-Enterico VII° nervo cranico 100% 72% 33% 43% 11% 87% 26% 65% 13% 15% 26% 30% 9% 4% 48% TAB 5.2 Anomalie morfologiche associate alla Sindrome di Goldenhar Nella Sindrome di Goldenhar è possibile rilevare utilizzando esami neuroradiologici delle alterazioni a carico dell’orecchio medio e interno. Rollnicck et al. (1988) descrissero la presenza delle appendici preauricolari in oltre il 40% dei casi. In questo studio le appendici preauricolari erano presenti nel 44% dei casi di microtia di I grado e nel 16,7% di quella di III grado. Riguardo alle alterazioni dell’orecchio medio Bassila et al. (1989) descrissero la presenza di ipoplasia o agenesia della catena ossiculare e anomalie della tuba di Eustachio in una percentuale maggiore del 50%. Nella nostra casistica le più rappresentate sono la displasia della catena ossiculare (presente nel 55,5%) e l’ipoplasia della cassa timpanica (presente nel 44,4%). Le alterazioni dell’orecchio interno sono risultate più rare ( 33% dei casi), infatti l’ipoplasia della coclea era presente nel 10% circa di tutti i gradi di microtia, l’alterazione dei canali semicircolari e del vestibolo era presente nel 22%. Erano comuni infine l’ipoplasia della mastoide (presente nel 33% dei casi) e l’alterazione del canale mastoideo del nervo facciale presente nel 48% dei casi. Wells et al. (1983) descrissero alterazioni del nervo facciale e della base cranica nel 50% dei casi esaminati. Eseguita la diagnosi della Sindrome di Goldenhar è indicato un ulteriore approfondimento al fine di indagare la presenza di malformazioni a carico di altri organi ed apparati. In letteratura sono riportate malformazioni craniche, oculari, scheletriche, cardiache, polmonari, renali e gastroenteriche. Smakel et al. nel 1986 descrivono la presenza di una marcata asimmetria facciale nel 20% dei casi ed una più moderata alterazione nel 65% che di norma diventa evidente all’età di quattro anni. Rune et al. (1981) affermano che nel lato più severamente interessato è presente l’ipoplasia delle ossa mascellari e malari. Nel nostro studio si ritrovava costantemente l’ipoplasia mandibolare (presente nel 87% dei casi). Nel lavoro di Mansour et al. del 1984 riguardo alle alterazioni oculari si evidenzia la blefaroptosi nel 10% dei casi, dermoidi epibulbari nel 35% ( unilaterali nel 50% dei casi, bilaterali nel 25%), coloboma della palpebra superiore nel 20%. In questo studio le anomalie oculari si manifestavano nel 26% dei casi. Le anomalie del rachide cervicale sono descritte nel 1988 da Avon et al. come fusione vertebrale nel 20-35%, platibasia e occipitalizzazione dell’atlante nel 30%, emivertebre e vertebre ipoplasiche nel 20% dei casi. In questa casistica le riscontravamo nel 65% dei casi. La compromissione della regione oro-facciale era presente nel nostro studio nel 87% dei casi. Gorlin et al. nel 1965 riportano nel 35% dei casi l’associazione tra agenesia del ramo mandibolare con la macrostomia e la schisi labiale. Le alterazioni dell’apparato cardio-vascolare, respiratorio e del sistema nervoso erano più rare (15% dei casi) ed esclusive della microtia di III grado. Greenwood et al. nel 1974 riportarono l’incidenza di anomalie cardiache (tetralogia di Fallot, destrocardia, stenosi polmonare ed alterazioni dell’arco aortico) in un range compreso tra 5-58% dei casi. Hollwich et al. in uno studio del 1969 descrissero l’associazione tra la Sindrome di Goldenhar ed il ritardo mentale con una frequenza che variava dal 5-15%. Secondo Aleksic et al. (1984) vengono occasionalmente coinvolti tutti i nervi cranici, ma l’alterazione più frequente è la paralisi del nervo facciale che è descritta nel 10-20% dei casi. Un’altra sindrome cranio-facciale molto rappresentata nella nostra casistica è la Treachercollins. Nella tabelle 5.3 sono riportate le percentuali delle malformazioni riscontrate. Treacher Collins (15 CASI) MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) MALF OM MALF OI IPOPLASIA MANDIBOLARE ANOMALIE VII° NC APPENDICI PREAURICOLARI MICROGNAZIA COLOBOMA MALFORMAZIONE ZIGOMI DEFICIT NEUROLOGICI PALATOSCHISI ANOMALIE ATM FISTOLE PREAURICOLARI 100% 67% 7% 80% 7% 13% 67% 20% 67% 7% 13% 60% 20% TAB 5.3 Anomalie morfologiche associate alla Sindrome di Treacher-Collins Questa sindrome associa ipoplasia dei padiglioni auricolari(77%) un’ atresia dei condotti auditivi esterni(36%) anomalie nella catena degli ossicini con conseguente ipoacusia prevalentemente trasmissiva(40%), ipoplasia mandibolare e zigomatica (80%)con una obliquità antimongoloide delle rime palpebrali, coloboma della palpebra inferiore con assenza delle ciglia sul 1\3 inferiore e schisi palatina. Le malformazioni facciali sono generalmente bilaterali e asimmetriche. L'intelligenza è normale nella maggior parte dei casi. In accordo con la letteratura abbiamo riscontrato nel 80% dei casi l’ipoplasia mandibolare simmetrica ebilaterale, anomalie dell’articolazione temporo-mandibolare nel 60% dei casi, la micrognazia nel 67% dei casi e la palatoschisi nel 13% dei casi. Per ciò che riguarda le anomalie oculari il coloboma è presente nel 20% dei casi. In tutti i casi abbiamo riscontrato microtia e/o atresia , nel 67% malformazioni dell’orecchio medio, presenza di appendici preauricolari nel 13% dei casi. Un deficit neurologico è presente solo nel 7% dei casi. Trenta pazienti giunti alla nostra osservazione erano affetti dalla Sindrome BOR, nella tabella 5.4 sono riportate le anomalie morfologiche in essi riscontrate. BOR (30 CASI) MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) MALF OM MALF OI ANOMALIE RENALI FISTOLE PREAURICOLARI FISTOLE LATEROCERVICALI MALF CRANIO-FACCIALI APLASIA / STENOSI DOTTO LACRIMALE 93% 63% 7% 67% 50% 30% 10% 9% TAB 5.3 Anomalie morfologiche associate alla Sindrome BOR Il quadro clinico di questa sindrome si caratterizza in base alle sedi anatomiche colpite da deficit ed anomalie cui si riferisce la sigla BOR. A seconda del tipo e della sede dell’alterazione sarà possibile identificare un’ampia variabilità di casi. La forma del viso è frequentemente allungata e stretta con palato ogivale e prognatismo. Le alterazione delle strutture dell’OE sono presenti nel 30-60% dei casi comprendendo deformità del padiglione auricolare che variano da una grave microtia ad anomalie minori, stenosi o atresia del condotto uditivo esterno, appendici e fistole preauricolari, appendici e fistole laterocervicali . A queste malformazioni possono associarsi anche alterazioni a livello dell’OM come: anomalie della catena ossiculare, fissità della staffa, anomalie dell’osso temporale con mastoidi ipoplasiche. Spesso si può osservare anche un interessamento dell’orecchio interno (OI), come nel caso di ipoplasia cocleare unilaterale o bilaterale oppure di displasia di Mondini. A causa dell’interessamento delle diverse strutture dell’apparato uditivo, è possibile identificare una ipoacusia nell’85-90% dei casi; di questa percentuale la maggior parte è di tipo misto (50%), o trasmissivo (30%), mentre un’ipoacusia neurosensoriale si riscontra più difficilmente (20%). la lettera “R”, sta ad indicare il deficit renale che può essere unilaterale o bilaterale e di entità variabile, presentandosi come displasia, ipoplasia fino a completa agenesia renale, rene policistico, reflusso vescico-ureterale ed ostruzione della giunzione uretero-pelvica. In lieve disaccordo con la letteratura abbiamo riscontrato nel 93% malformazioni dell’orecchio esterno, nel 63% malformazioni dell’orecchio medio e solo nel 7% malformazioni dell’orecchio interno. Le fistole preauricolari sono state riscontrate nel 50% dei casi e quelle laterocervicali nel 30%. Le anomalie renali sono presenti nel 67% dei casi. La sindrome di CHARGE prende nome dalle iniziali delle caratteristiche che ne contraddistinguono il quadro clinico: Coloboma, difetti cardiaci (Heart defects), Atresia delle coane, Ritardo di crescita e dello sviluppo, ipoplasia Genitale, anomalie dell’orecchio e/o ipoacusia (Ear anomalies and/or deafness). Oltre alle caratteristiche descritte possono tuttavia essere presenti altre anomalie. A livello craniofacciale si riscontrano ipoplasia malare con caratteristico viso squadrato e naso globoso con narici pinzate; la caratteristica atresia coanale frequentemente bilaterale e talvolta labiopalatoschisi; coloboma dell’iride o della retina monolaterale o bilaterale, talvolta associata a microftalmia; malformazione del padiglione auricolare, che risulta corto ed allargato con lobo piccolo; ipoacusia neurosensoriale di grado variabile, più frequentemente di grado severo ed accentuata sulle frequenze acute con concomitante componente trasmissiva dovuta a malformazioni della catena ossiculare; alla TC rocche, oltre alle malformazioni dell’orecchio medio, possono essere documentate aplasia o ipoplasia dei canali semicircolari e anomalie del decorso del nervo facciale; possono essere presenti paralisi monolaterale del nervo facciale o asimmetrie del volto indipendenti dalla paralisi del VII nervo cranico. Difetti cardiaci come tetralogia di Fallot, difetti del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso sono presenti nel 60-70% dei soggetti affetti. Il ritardo della crescita si manifesta nel 60% degli affetti, spesso nonostante peso e lunghezza alla nascita nella norma; è stato ipotizzato un deficit dell’ormone della crescita che tuttavia viene raramente dosato; l’ipoplasia dei genitali è descritta in circa il 40% dei casi. La maggior parte dei soggetti affetti presenta qualche grado di ritardo mentale che viene ulteriormente accentuato dalla presenza dell’eventuale deficit sensoriale. In alcuni casi inoltre è stata descritta una microencefalia. Nella nostra casistica abbiamo riscontrato in accordo con la letteratura le anomale morfologiche riportate nella tabella 5.4. CHARGE (11 CASI) MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) MALF OM MALF OI ATRESIA COANE ANOMALIE VII° NC APLASIA CAROTIDE INTERNA STRABISMO COLOBOMA ANOMALIE ARTI DEFICIT NEUROLOGICI ANOMALIE CARDIACHE ATRESIA ESOFAGEA IPOGONADISMO 100% 67% 7% 80% 7% 13% 67% 20% 67% 7% 13% 60% 20% TAB 5.4 Anomalie morfologiche associate alla Sindrome CHARGE l’ultima sindrome che abbiamo analizzato è la sindrome di Waardenburg. Le SUE caratteristiche cliniche distintive comprendono: ipoacusia neurosensoriale, anomalie pigmentarie di capelli, iridi e pelle (eterocromia delle iridi e ciuffo di capelli bianchi), distopia canthorum, radice nasale allargata e sopraciglia confluenti. Esistono tuttavia quadri clinici eterogenei per cui vengono identificati 4 tipi diversi. Il tipo I e il tipo II si distinguono sulla base della presenza della distopia canthorum; essendo quest’ultima presente nel tipo I e assente nel tipo II. La presenza di anomalie a carico dell’arto superiore identifica il tipo III che viene denominato anche sindrome di Klein-Waardenburg, infine l’associazione di trasmissione autosomica recessiva e malattia di Hirshprung viene definita come tipo IV o sindrome di Waardenburg-Shah. L’ipoacusia si presenta con frequenza variabile a seconda del tipo della sindrome, solitamente neurosensoriale, può essere monolaterale o bilaterale, il grado varia da lieve a profondo, spesso l’audiogramma presenta morfologia in salita sulle frequenza acute o a “corda-molle”, presenta progressività nel tipo II. Sindr. Waardenburg (10 casi) MALF OE (ATRESIA E MICROTIA) MALF OM MALF OI CIUFFO CAPELLI BIANCO SCLERE BLU TELECANTO OSTRIZIONE DOTTO LACRIMALE ANOMALIE SCHELETTRICHE DEFICIT NEUROLOGICHE 10% 0% 30% 40% 20% 40% 10% 10% 10% TAB 5.5 Anomalie morfologiche associate alla Sindrome di Waardenburg Come si evince dalla tabella 5.5, in accordo con la letteratura abbiamo riscontrato nel 40% dei casi la presenza di anomalie pigmentarie dei capelli, del 20% dei casi le sclere blu, nel 40% la distopia canthorum. Le anomalie degli arti sono presenti solo nel 10% dei casi, così come i deficit neurologici. Nella maggior parte dei casi l’ipoacusia è neurosensoriale e in alcuni di essi è profonda bilaterale, infatti 5 pazienti sono stati sottoposti all’intervento di impianto cocleare. 5.2 Conclusioni Il rapporto ipoacusia /quadri sindromici cranio-facciali può essere così articolato: - Pazienti con ipoacusia senza evidenti segni sindromici che, alla luce dei risultati di un’adeguata valutazione clinico-strumentale, si dimostrano affetti da un quadro sindromico ben definito in cui la ipoacusia rappresenta un elemento diagnostico fondamentale della condizione. Per una parte di queste condizioni è oggi disponibile un esame genetico molecolare di conferma che può essere suggerito dopo l’inquadramento clinico. - Pazienti con ipoacusia associata a segni clinici in cui viene posta una diagnosi di sindrome malformativa sulla base di specifici elementi clinici e strumentali ed in cui la presenza di ipoacusia costituisce una potenziale anomalia associata al quadro sindromico stesso. L'ipoacusia in questo caso non costituisce un elemento diagnostico fondamentale. - Pazienti con specifici quadri sindromici in cui l’ipoacusia neurosensoriale rappresenta una potenziale complicanza associata che potrebbe essere identificata nell’ambito del percorso di follow-up assistenziale mirato alla singola condizione. In questo caso, quindi, la diagnosi di ipoacusia è successiva all’inquadramento diagnostico sindromico del bambino affetto (es. Sindrome di Cornelia de Lange). Sul piano pratico, quindi si possono configurare, nell'ambito dell'attività, due possibili percorsi per il paziente affetto da perdita uditiva/sordità di tipo sindromico: Soggetto con ipoacusia nell’ambito di un evidente quadro polimalformativo: Eseguirà una valutazione dismorfologica, per impostare adeguatamente l’iter più adatto all’inquadramento diagnostico generale, e successivamente, a seconda della diagnosi finale posta, verrà rivalutato per il monitoraggio delle possibili complicanze. Eseguirà i test genetici (citogenetici e/o molecolari) specifici per ciascuna patologia. Soggetto con sindrome malformativa e potenziale rischio di ipoacusia come complicanza nota del quadro sindromico: Verrà impostata una accurata valutazione della funzione uditiva e, qualora essa risultasse anomala, opportunamente indirizzato per il trattamento (genetica clinica). Lo studio dell’ipoacusia richiede un intervento multidisciplinare. Nel caso di ipoacusia congenita il genetista clinico avrà in ogni caso un ruolo importante nel trattamento della sordità; in primo luogo dovrà distinguere fra forme sindromiche e non sindromiche, per potere così fornire una consulenza appropriata e in un secondo momento dovrà poi cercare di determinare il tipo di trasmissione per potere così calcolare il rischio preciso in caso di un parto successivo. La valutazione di un paziente con deficit uditivo associato a malformazioni craniofacciali è complessa e spesso richiede l’interazione fra varie specialità mediche. L’audiologo/otorinolaringoiatra, che spesso valuta il paziente per primo per una sospetta ipoacusia, può aver bisogno di una consulenza da parte di un genetista clinico, per una valutazione dismorfologica complessiva del paziente; quest’ultimo a sua volta potrà richiedere in caso di forme sindromiche, a seconda della patologia associata all’ipoacusia, la consulenza di un dermatologo, di un oculista, di un neurologo, di un nefrologo, di un endocrinologo, di un neuroradiologo, ecc. Una volta effettuate le indagini audiologiche e otologiche appropriate e aver inquadrato l’ipoacusia, nei casi in cui è possibile si valuta la soluzione protesica più indicata al paziente, al tipo di ipoacusia e alla situazione malformativa. Le protesi acustiche esistenti possono essere così suddivise: le protesi digitali e analogiche per via aerea. l’archetto e il BAHA che sfruttano la conduzione ossea. l’impianto cocleare che stimola elettricamente le fibre del nervo acustico. Le protesi acustiche convenzionali, siano digitali o analogiche presuppongono una forma anatomica dell’orecchio esterno e medio sufficentemente conservata per motivi funzionali e una sordità sia neurosensoriale che trasmissiva fino a medio-grave. Se la malformazione dell’orecchio è tale da precludere l’utilizzo di amplificazione per via aerea, sia per motivi legati alla conformazione, sia perchè tale conformazione favorisce l’instaurarsi di fenomeni infettivi, e la sordità è di tipo trasmissivo (con la via ossea ben conservata) ci si indirizza su ausili che sfruttino appunto la conduzione ossea, come gli archetti o l’impianto di un BAHA. L’ indicazione per l’impiego del BAHA è il rilievo di un’ipoacusia trasmissiva con una soglia per via ossea determinata con toni puri per le frequenze 500, 1000, 2000, 3000 Hz uguale o superiore a 40-45 dB. Nell’audiometria vocale il risultato di discriminazione vocale non deve essere inferiore al 60%. Nelle sindromi malformative cranio-facciali al termine della fase diagnostica l’audiologo deve impostare una terapia protesica in attesa di eventuali correzioni chirurgiche.. L’introduzione delle protesi impiantabili per via ossea (BAHA) ha portato numerosi vantaggi rispetto alle protesi tradizionali ad archetto soprattutto per ciò che riguarda la percezione del suono che risulta notevolmente migliore in quanto, essendo fissata direttamente nell’osso diminuisce l’impedenza dei tessuti molli che rende meno efficaci le tradizionali protesi per via ossea. BIBLIOGRAFIA Abdelhak S et al. 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