Progetto HYDROKARST L’acquifero del Carso quale risorsa idrica strategica transfrontaliera Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Direzione centrale ambiente ed energia Servizio disciplina servizio idrico integrato, gestione risorse idriche, tutela acque da inquinamento Progetto HYDROKARST/L’acquifero del Carso quale risorsa idrica strategica transfrontaliera finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali. Ministero dell’economia e delle Finanze S 1 2 3 4 8 10 12 13 14 15 16 18 20 21 22 24 O M M A R I O Il Progetto HYDROKARST Apro il rubinetto Gli acquiferi: che cosa sono e come si studiano Le acque del Carso Classico La vita nelle acque sotterranee del Carso Classico Caratteristiche delle acque carsiche Le regole della potabilità Analisi e controlli Acqua una risorsa vulnerabile Cosa sono gli acquedotti e come funzionano Dagli acquedotti romani al Randaccio La moderna rete di distribuzione La tutela dell’acqua: ridurre gli sprechi I distretti idrici Acqua in bottiglia: una scelta poco sostenibile Acqua e sicurezza Fotografie archivi storici AcegasApsAmga e D.M.G.-UNITS Testi a cura di Chiara Calligaris, Chiara Crestani, Natasa Mori, Stefano Piselli Stampato da: Tipografia Grafiche Gemma, Via Tomas Edison, 16 Camposampiero, Padova Edizione e tiratura: 208.100 copie Luogo e data di stampa: Camposampiero, Padova, giugno 2014 La presente pubblicazione è reperibile all’indirizzo: www.hydrokarst-project.eu Pubblicazione finanziata nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali. Il contenuto della presente pubblicazione non rispecchia necessariamente le posizioni ufficiali dell’Unione europea. La responsabilità del contenuto della presente pubblicazione appartiene all’autore Il progetto hydrokarst A quasi 200 anni di distanza dai primi studi sul Timavo, nasce il Progetto HYDROKARST che ha come obiettivo la gestione coordinata e la tutela dell’acquifero del Reka-Timavo attraverso il monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque ipogee e del territorio del Carso Classico. Il progetto intende garantire la gestione sostenibile della risorsa acqua rafforzando la coesione territoriale transfrontaliera. A tal scopo si stanno elaborando protocolli congiunti per uniformare le metodologie di raccolta dati, di rappresentazione e di codifica, al fine di definire le aree di salvaguardia delle sorgenti e dei pozzi captati a scopo idropotabile. La fase di condivisione dati ha portato alla: realizzazione di una base cartografica unificata e di una banca dati georeferenziata (G.I.S. su ArcGIS) di tutto il bacino del Carso Classico; definizione di un modello concettuale dell’acquifero del Reka-Timavo tramite l’elaborazione dei dati idrodinamici, idrochimici e biologici; raccolta, analisi critica e omogeneizzazione delle metodologie di elaborazione delle carte di vulnerabilità degli acquiferi carsici; verifica dell’uso del suolo e delle future tendenze per incentivare il decremento delle aree cementate e del degrado ambientale; monitoraggio della rete acquedottistica di distribuzione per eliminare le perdite ed ottimizzare i tratti poco efficienti della rete; analisi degli scenari futuri di urbanizzazione e sviluppo delle attività per pianificare le necessità di approvvigionamento, incentivando nel contempo il risparmio idrico, l’efficienza nella gestione della rete e la conservazione della qualità dell’acqua potabile. Panoramica delle falesie di Duino. Scopo ultimo del progetto è l’elaborazione di azioni condivise per la gestione e la tutela dell’acquifero fino a giungere all’elaborazione di protocolli per promuovere ed attuare sistemi per la riduzione delle emissioni inquinanti con particolare riferimento all’acqua potabile. Si proporranno sistemi di intervento congiunti nelle situazioni di emergenza per prevenire e ridurre i rischi di inquinamento. 1 Apro il rubinetto Quando apriamo il rubinetto di casa facciamo uscire acque che hanno storie e origini diverse. Buona parte di esse proviene dalle fal- de profonde della Pianura Isontina ma è anche importante il contributo delle acque ipogee del Carso Classico. Il Carso Classico quale area di studio del progetto Hydrokarst. 2 gli acquiferi che cosa sono e come si studiano L’acqua che esce dal rubinetto di casa era contenuta nelle porosità fra i granuli ghiaiosi e sabbiosi della Pianura o nelle fratture allargate dal carsismo nei calcari del Carso. Esistono infatti due tipi di acquiferi, cioè di corpi geologici che contengono dell’acqua: gli acquiferi porosi e quelli fratturati. Negli acquiferi porosi costituiti da ghiaie e sabbie quando l’acqua è libera di muoversi in tutte le direzioni forma gli acquiferi liberi o freatici, quando è intrappolata da livelli impermeabili dà origine ad acquiferi confinati o artesiani. Negli acquiferi porosi l’acqua si muove lentamente, da pochi metri ad alcuni centimetri all’ora o anche meno. Negli acquiferi fratturati, l’acqua circola fra i meati (vuoti) della roccia. Se la roccia è carbonatica (cioè ricca in carbonato di calcio), la dissoluzione carsica allarga i meati e genera all’interno dell’acquifero un reticolo di condotti nei quali le acque si muovono anche molto velocemente e vorticosamente. Negli acquiferi molto carsificati come è il Carso Classico, le acque possono muoversi anche alla velocità di quasi 1000 metri all’ora. Solo una buona conoscenza delle caratteristiche geologiche degli acquiferi e dell’idrodinamica delle acque consente di definire l’entità delle risorse, la loro qualità e la loro vulnerabilità. Noti questi tre parametri è più facile stabilire, di comune accordo, l’entità dei prelievi e le iniziative per preservarne la qualità. Le caratteristiche geologiche vengono definite mediante rilievi di campagna, perforazioni, indagini geofisiche e correlazioni litostratigrafiche. Quelle idrodinamiche mediante monitoraggi in continuo dei parametri fisici e geochimici, prelievo di campioni per le analisi microbiologiche e batteriologiche, tracciamenti e prove in pozzo. Il progetto Hydrokarst prevede proprio la ricostruzione geologica tridimensionale dell’idrostruttura del Carso Classico (triestino e sloveno) ed il monitoraggio della qualità tramite il campionamento congiunto delle acque nelle sorgenti e nelle cavità che intercettano la falda carsica profonda. I numeri dell’acquedotto triestino 10 stazioni di sollevamento 55 serbatoi di stoccaggio 1.100 km di lunghezza della rete 233.575 52 abitanti serviti milioni di metri cubi d’acqua addotta 3 Le acque del Carso Classico Il Carso Classico è sede di quello che genericamente viene definito il reticolo del Timavo ipogeo, un insieme di vie di deflusso sotterraneo sviluppate anche ben al di sotto del livello del mare. Le acque fluiscono sia in grandi condotti che nelle minute fratture che caratterizzano la massa rocciosa. L’acqua è il motore che ha creato tutte queste vie di drenaggio ipogee e le forme carsiche di superficie con processi chimici (dissoluzione) e fisici (erosione) attivi da almeno 8 milioni di anni. Basti pensare che in tutto il Carso Classico sono state esplorate più di 5000 grotte. Nel solo settore italiano (circa 200 km2) ce ne Il percorso del Reka/Timavo in sezione: dalle Grotte di San Canziano alle Sorgenti del Timavo presso San Giovanni di Duino. 500 400 300 200 100 0 m.s.l.m. -100 4 Sk oc jia ns e am j ke K a am j na ac sono almeno 3100, delle quali più di 150 hanno uno sviluppo superiore al centinaio di metri e mezza dozzina si sviluppa per chilometri. La superficie è costellata da migliaia di doline delle quali, in territorio italiano, più di un’ottantina ha un diametro superiore ai 100 metri e decine di chilometri quadrati sono coperte da campi solcati. uc jad n Ka a ott Gr a am j ah Cla u di n ila e lin do o i n ian ink trs rebic S T a di ko ott Gr isso a o Jer t t b o r A Gr zza La k oS Il Timavo Il fiume Reka (Timavo Superiore) nasce alle pendici del monte Dletvo, al confine tra Slovenia e Croazia. Il fiume, dopo un percorso superficiale di circa 40 km, nelle vicinanze dell’abitato di Škocjian (San Canziano) si inabissa nel complesso di gallerie sotterranee delle Škocjianske Jame (Grotte di San Canziano) che dal 1986 sono patrimonio Mondiale Naturale dell’UNESCO. L’acqua del fiume entra nell’idrostruttura carsica non solo attraverso le spettacolari grotte, ma anche dalle perdite di subalveo che si manifestano non appena il corso d’acqua incontra i calcari del Carso. Numerosi sono i piccoli inghiottitoi che si aprono all’improvviso catturando tutte o parte delle acque. Nei secoli passati, questi venivano immediatamente “tappati” per non interrompere l’attività dei mulini: attualmente è lo stesso fiume a riempirli con le sue alluvioni. Il bacino di alimentazione ha un’estensione di 407 km2 ed ha valori di piovosità media compresi tra 2000 e 2600 mm/anno. Le portate del Reka, ott Gr te an ig aG o iss Ab o sim s Ma misurate nel periodo dal 1961 al 1990, hanno valori medi pari a 8.23 m3/s, con un minimo di 0.18 m3/s (il 18/08/1988) e un massimo di 305 m3/s (il 16/05/1972). Le acque profonde della Pianura sono alimentate dai fiumi Isonzo e Torre, mentre quelle del Carso Classico dalle piogge, dal fiume Reka o Timavo Superiore e dalle acque dell’Isonzo, soprattutto durante i periodi di magra. Ecco il perché del Progetto Hydrokarst: sia noi italiani che gli sloveni preleviamo le acque dallo stesso acquifero carsico che quindi non ha confini. Le acque transitano liberamente dalla Slovenia all’Italia e solo regole e norme condivise possono portare ad una vera salvaguardia e protezione delle acque per il bene comune. L’inghiottitoio di San Canziano (Skocjianske Jame) Il Timavo-Reka entra nella cavità, lunga complessivamente più di 6 chilometri, alla quota di 317 m s.l.m. Attraversa alcune doline di crollo molto profonde: la Mala dolina ha 120 metri di profondità, la Velika dolina ne ha più di 165. Il fiume, dopo aver percorso circa 3 chilometri di una gigantesca forra con 26 cascate, scompare in un sifone del lago Morto a 212 m s.l.m. La temperatura delle acque varia da 0.1°C a 30.0°C a seconda delle stagioni, la conducibilità è compresa tra i 118 e i 479 μS/cm in funzione del regime delle precipitazioni. Le finestre sul Timavo ipogeo Appena 6 km a valle di San Canziano le acque percorrono le profonde gallerie dell’Abisso dei Serpenti (Kačna Jama) a circa 140 m s.l.m. Ancora più a valle, una quindicina di km in linea d’aria ott Gr er dn in aL ve Ca i ad tt rne o av im lT e ti d en org S e ari m Co Mare Adriatico 5 altre acque del Timavo percorrono, a circa 10-20 m s.l.m. il fondo di quattro cavità sotterranee a sviluppo verticale profonde circa 300-370 metri che si trovano una ventina di km a monte delle sorgenti. Una, l’Abisso di Trebiciano, è nota da sempre, le altre, la Grotta di Kanjaducah, l’Abisso presso la dolina Stršinkna e la Grotta Meravigliosa di Lazzaro Jerko, sono state scoperte solo recentemente. Il fondo di alcune altre cavità è raggiunto occasionalmente dalle acque durante le grandi piene (Grotta Skilan, Grotta Gigante, Abisso di Rupingrande, Abisso Massimo, Grotta Lindner, Abisso Samer). L’Abisso di Trebiciano L’Abisso di Trebiciano è la grotta più nota tra quelle presenti sul Carso triestino. È stata scoperta e resa agibile nel 1841, dopo mesi di duri lavori di scavo, da Antonio Federico Lindner nell’ambito delle ricerche di fonti di acqua potabile per la città di Trieste. È stata per lungo tempo la grotta esplorata più profonda al mondo, ha avuto ed ha un ruolo molto importante nelle indagini sull’idrogeologia carsica essendo divenuta un importante laboratorio scientifico sotterraneo. Speleologi in sopralluogo all’interno dell’Abisso. La caverna Lindner all’interno dell’Abisso di Trebiciano. 6 Si apre nei pressi del confine di stato fra Trebiciano e Fernetti, ha uno sviluppo planimetrico complessivo di 920 m e una profondità di 354 m. Sul fondo della grotta, in un’ampia caverna, scorrono le acque del Timavo (12 m s.l.m.). L’innalzamento del livello dell’acqua durante le piene è repentino e raggiunge il massimo in 1-2 giorni dall’inizio delle precipitazioni con oscillazioni medie di 10-50 m. Il massimo innalzamento registrato si è verificato il 14/12/1915 dopo 13 giorni consecutivi di pioggia, raggiungendo un livello di 115 m s.l.m. Il sistema sorgentizio del Carso Classico È compreso in un areale che si estende in forma di sottile striscia lungo la costa del Golfo di Trieste da Aurisina mare a Duino e si collega ampliandosi alle spalle di Monfalcone a una successione di alture e bassure che comprendono le Sorgenti del Timavo vere e proprie a San Giovanni di Duino, le numerose sorgenti che alimentano i canali Lisert, Locavaz e Moschenizze, i laghi di Doberdò, Pietrarossa e Sablici. Le Sorgenti di Aurisina sono costituite da 9 venute d’acqua a livello mare disposte su un fronte di 350 m. Nel 1859 furono captate per rifornire la ferrovia e alimentare l’acquedotto della città di Trieste. Per incrementare la resa tra il 1900 e il 1910 le sorgenti furono incanalate, fu costruita una diga lato mare per evitare la contaminazione con le acque di mare e realizzata una galleria drenante. Da diversi decenni non sono più utilizzate. Le Sorgenti del Timavo, dette anche risorgive, risorgenze o, erroneamente, Foci, rappresentano il sistema sorgivo principale del Carso Classico, consistente in quattro polle raccolte in tre rami. Esplorazioni speleosubacquee hanno rilevato le intercon- nessioni tra le polle che fanno parte di un articolato complesso di gallerie allagate, intrecciate e ampie che giungono fino a 83 metri sotto il livello del mare. Da qui, fino agli anni ‘70 del secolo scorso, veniva attinta acqua per alimentare l’acquedotto della città di Trieste. Attualmente le Risorgive sono considerate una fonte di approvvigionamento di riserva. In media dalle sorgenti fluiscono 35 m3/s con minime di 10 m3/s e massime di oltre 150 m3/s. Durante le piene le acque impiegano da 1 a 3 giorni per percorrere il tratto ipogeo da San Canziano a San Giovanni di Duino. Le Sorgenti Sardos, anche “Sorgenti Randaccio”, sono ubicate circa 500 m a nord delle Sorgenti del Timavo. Costituivano fino al 1995 la principale fonte di approvvigionamento idropotabile della provincia di Trieste, attualmente contribuiscono fino al 20% alle acque dell’acquedotto. Le sorgenti sono costituite da più scaturigini poste a circa 2.2 m s.l.m. e drenano le acque di un circuito in pressione posto al di sotto del livello del mare e alimentato prevalentemente da acque provenienti dal settore isontino e quindi anche dal fiume Isonzo e, durante le piene più importanti, dal “sistema Timavo”. Campo pozzi Acquedotto Brestoviza In un’area prossima al Confine di Stato, fra Jamiano (ITA) e Brestovica (SLO) sono ubicati i pozzi da cui si alimenta l’acquedotto sloveno del Carso (Kraški Vodovod Sežana). I pozzi si alimentano da fratture allargate dal carsismo tra i 70 ed i 90 metri dal piano campagna e forniscono circa 200 l/s. Le acque provengono in parte dal Carso isontino alimentato dall’Isonzo, in parte dalla falda carsica. L’acqua che scorre presso uno dei condotti che formano la Grotta Martina in Val Rosandra. La Grotta Martina. 7 la vita nelle acque sotterranee del Carso Classico Il secondo ramo delle Sorgenti del Timavo presso San Giovanni di Duino. Le acque sotterranee sono popolate da una fauna ricca e diversificata: da microrganismi (batteri, funghi, protozoi) visibili soltanto grazie al microscopio, da piccoli “vermi” (nematodi, oligocheti), da piccoli crostacei, dalle larve dei vari insetti che vivono nelle acque superficiali e dal proteo (Proteus), un anfibio. I microrganismi e quelli più grandi aiutano a mantenere alta la qualità dell’acqua e ad interpretare la direzione del flusso delle acque sotterranee all’interno dell’idrostruttura carsica. 8 Il ruolo degli animali acquatici nel processo di pulizia delle acque sotterranee Gli animali acquatici e i microrganismi si nutrono di minuscole particelle di materia organica trasportata dalle acque negli abissi e di sostanze penetrate nel sottosuolo. I microrganismi formano un’aggregazione complessa chiamata “biofilm” o biopellicola che fluttua sull’acqua e nell’acqua e si nutre anche delle particelle organiche fini escretate dagli organismi più grandi. La loro azione è pertanto molto importante per la qualità delle acque sotterranee. Essendo saprofagi, impediscono alla materia in decomposizione di accumularsi e, vista la mancanza di ossigeno, di portare alla formazione di sostanze tossiche quali solfuro d’idrogeno, ammoniaca e metano. Se gli animali e i microrganismi non fossero presenti, l’acqua di falda diverrebbe ben presto inutilizzabile come fonte di acqua potabile. Quindi, per una buona qualità dell’acqua, la presenza di alcuni particolari batteri risulta indispensabile. Tali processi prendono il nome di “capacità di autodepurazione” delle acque. Il ruolo della fauna quale tracciante naturale La quantità dell’ossigeno disciolto nell’acqua, la temperatura, la quantità e la composizione dei nutrienti e la natura e le caratteristiche delle cavità sotterranee e delle fratture incidono sulla presenza delle specie faunistiche che diventano così endemiche di specifiche zone. Ad esempio, nelle profondità dell’idrostruttura carsica si trovano animali senza pigmento e senza occhi, che si sono adattati a vivere soltanto in questo particolare ambiente. In tutti i casi in cui le acque dei fiumi che scorrono in superficie vengono inghiottite in profondità, come nel caso del Reka-Timavo presso Skocjan / San Canziano, le acque possono trasportare nel sottosuolo, specie animali che normalmente vivono solo in superficie. Le profondità raggiunte, sono funzione della velocità del flusso e della dimensione delle gallerie sotterranee. Dopo viaggi più o meno lunghi e tortuosi negli abissi del Carso, gli organismi, in corrispondenza delle sorgenti, possono raggiungere nuovamente la superficie. La conoscenza approfondita della fauna, delle caratteristiche peculiari di ciascuna specie, può pertanto essere sfruttata dai ricercatori come traccian- te naturale, cioè come strumento per la valutazione delle connessioni tra punti diversi della superficie, distanti anche chilometri, le grotte e le zone sorgentizie. Un esempio sul Carso, è dato dai campioni prelevati ed analizzati in corrispondenza del pozzo dell’acquedotto di Brestovica-Klariči (presso Iamiano) dove vengono estratte da ampie fratture a profondità di 70-90 m sotto la superficie, le acque dell’acquedotto sloveno. Nei campioni sono state identificate specie caratteristiche di acquiferi alpini, tipiche quindi delle acque dell’Isonzo, e il crostaceo termosbenaceo Limnosbaena finki, tipico invece delle acque del Reka-Timavo. Le acque utilizzate dall’acquedotto, sono pertanto una miscela di acque che provengono dalla falda dell’Isonzo, da quella carsica e dal fiume Timavo. Nelle profondità dell’idrostruttura carsica si trovano animali senza pigmento e senza occhi, che si sono adattati a vivere soltanto in questo particolare ambiente. Il proteo (foto E. Mauri). Due immagini del crostaceo termosbenaceo Limnosbaena finki. 9 caratteristiche delle acque carsiche Nella zona di S. Giovanni al Timavo vengono alla luce le acque sotterranee provenienti da un bacino imbrifero di circa 1000 km2, costituito per due terzi da calcari e per un terzo da flysch. Panoramica del Lago di Doberdò. 10 Il Carso Classico presenta un’alimentazione complessa e variabile a seconda del regime idrico. Di norma prevale l’alimentazione da parte delle acque carsiche di percolazione, in piena è preponderante il contributo dell’Alto Timavo, in magra è rilevante l’apporto delle acque isontine. A partire dall’inizio del 1900 sono stati eseguiti molti lavori per comprendere l’idrologia delle acque carsiche ed in particolare di quelle del Timavo. In oltre un secolo di ricerche è emerso che le caratteristiche chimico-fisiche di tutte queste acque comprese tra il fiume Isonzo ed il Reka-Timavo sono abbastanza simili, con due direttrici principali. Una da nord si dirige verso sud e sud-est, e l’altra da sud-est verso nord-ovest. Alcuni parametri quali la temperatura, la conducibilità, la durezza e i cloruri permettono però di distinguerle in tre gruppi diversi: sorgenti del Timavo sorgenti Sardos e Moschenizze Sud sorgenti di Pietrarossa, Sablici e Moschenizze Nord Oltre ai principali componenti chimici, anche altre evidenze per- mettono di distinguere i tre tipi di acque che confluiscono nella zona di S. Giovanni di Duino. Durante i periodi di piena le acque del Timavo si differenziano dalle altre acque carsiche per la presenza di materiali argillosi veicolati dall’Alto Timavo ed immessi a S. Canziano nella circolazione idrica sotterranea. Le sorgenti del Sardos dopo forti precipitazioni presentano una certa torbidità, che è diversa, poiché originata dalle terre rosse del Carso. Le acque del sistema Sablici–Moschenizze si mantengono invece sempre limpide o, al più, presentano una leggera opalescenza, durante le maggiori piene. Di queste acque AcegasApsAmga attualmente utilizza regolarmente la sorgente Sardos e, mantiene sola come riserva idrica, il fiume Timavo. Vista la presenza di materiale in sospensione e di quantità variabili di carica microbica (Coliformi totali, Escherichia coli ed Enterococchi), le acque della sorgente, a differenza delle acque captate dai pozzi della bassa pianura isontina, prima di essere immesse nella rete idrica di distribuzione devono essere preliminarmente trattate con un semplice processo di filtrazione su filtri a sabbia e disinfezione con ipoclorito di sodio. La soglia presso il Terzo ramo alle Sorgenti del Timavo. Sorgenti del Sardos: particolare delle opere di captazione. Composizioni medie delle acque del Timavo e di Sardos determinate dal Laboratorio di Analisi di AcegasAps nel 2013 TIMAVO Parametri D. Lgs. 31/01 e s.m.i. Torbidità pH Conducibilità el. spec. a 20 °C Durezza totale Ossidabilità Ammonio Nitriti Sodio Potassio Calcio Magnesio Cloruri Solfati Nitrati Fluoruri SARDOS Parametri D. Lgs. 31/01 e s.m.i. Torbidità pH Conducibilità el. spec. a 20 °C Durezza totale Ossidabilità Ammonio Nitriti Sodio Potassio Calcio Magnesio Cloruri Solfati Nitrati Fluoruri Unità MinimaMassima Media di misura N.T.U. 0,8 16,0 2,7 U.pH 7,3 7,7 7,5 µS/cm °F mg/l (O2) mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l 340 18,9 0,4 4,2 0,6 69 4,2 5,9 7,3 5,5 0,04 409 23,3 1,6 <0,05 <0,02 5,5 1,0 84 7,7 8,9 9,2 7,7 0,06 376 21,7 0,7 <0,05 <0,02 4,9 0,7 77 5,9 7,6 8,2 6,7 0,05 Unità Minima MassimaMedia di misura N.T.U. 0,6 6,0 1,5 U.pH 7,3 7,7 7,5 µS/cm °F mg/l (O2) mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l 330 18,9 0,2 4,2 0,6 60 5,1 6,3 7,1 5,8 0,04 406 23,5 0,6 <0,05 <0,02 5,4 0,8 86 9,4 9,0 9,1 7,4 0,06 374 21,4 0,4 <0,05 <0,02 4,7 0,7 73 7,4 7,3 8,1 6,6 0,05 11 le regole per la potabilità AcegasApsAmga, in qualità di gestore del servizio idrico integrato, si è dotata di un laboratorio di analisi che esegue tutta una serie di controlli “interni” concordati con l’Azienda Sanitaria locale. ANALISI CHIMICA E CHIMICO-FISICA ACQUA DI RETE – D. Lgs. N. 31/2001 ANNO 2013 PARAMETRIUnitàMEDIAValori di D. Lgs. 31/01 e s. m. i.Misura parametro Torbidità pH Conducibilità el. spec. a 20 °C Residuo fisso a 180°C Durezza totale Ossidabilità Ammonio Nitriti Cloro residuo lib. N.T.U.0,2 1 U.pH 7,8 6,5 - 9,5 µS/cm 344 2500 mg/l 227 1500 °F 18,5 mg/l (O2) <0,1 5 mg/l<0,05 0,5 mg/l<0,02 0,5 mg/l 0,11 0,2 Cationi Sodio Potassio Magnesio Calcio mg/l 7,5 mg/l0,7 mg/l11,6 mg/l55,2 Ferro Manganese Rame µg/l <10200 µg/l<1 50 mg/l 0,003 1,0 Cloruri Solfati Nitrati Fluoruri mg/l mg/l mg/l mg/l 12 12,6 9,8 7,6 0,05 200 250 250 50 1,50 Per le acque destinate al consumo umano, la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”. Il laboratorio esegue due tipi di controlli: controlli di routine: servono a fornire informazioni ad intervalli regolari sulle qualità organolettiche e microbiologiche nonché informazioni sull’efficacia della disinfezione. controlli di verifica: mirati a fornire le informazioni necessarie per accertare che tutti i valori di parametro siano rispettati. Analisi e controlli L’acqua potabile erogata a Trieste, è costantemente sottoposta a verifiche quotidiane da parte del Laboratorio chimico di AcegasApsAmga, tramite molteplici analisi chimico-fisiche e microbiologiche su campioni prelevati lungo tutto il percorso dalla fonte di approvvigionamento al rubinetto. Oltre ai controlli in continuo effettuati utilizzando strumentazione automatizzata posta direttamente sugli impianti dell’acquedotto del Randaccio di San Giovanni di Duino ed in vari punti della rete idrica, il laboratorio verifica in autonomia tutti i parametri previsti dalla normativa vigente con cadenza mensile, eseguendo poi controlli supplementari più specifici trimestralmente. Inoltre, due volte all’anno, viene controllata la qualità dell’acqua in ingresso ed in uscita dei serbatoi idrici. Periodicamente vengono infine eseguite analisi in contraddittorio con l’ASS n.1 Triestina sull’acqua in distribuzione, in diversi punti della rete idrica cittadina, seguendo un programma stilato direttamente dall’azienda sanitaria locale. La qualità dell’acqua distribuita è quindi garantita da oltre 10 mila controlli all’anno. Ogni volta che si compie il semplice gesto di aprire un rubinetto, pensiamo a quale bagaglio di conoscenze, esperienza e tecnologia è indispensabile per fare in modo che l’acqua esca senza interruzioni. Una risorsa preziosa per la vita dell’uomo e per la società moderna, troppo spesso sottovalutata. 13 acqua: una risorsa vulnerabile Spesso non ci si rende conto che i prodotti delle attività di ogni giorno (andare in automobile, lavare la biancheria, concimare il giardino,…) e tutto ciò che consapevolmente o inconsapevolmente “buttiamo a terra”, prima o poi finiscono nel sottosuolo per poi riemergere, magari a distanza di mesi o anni, dai rubinetti di casa nostra. L’acqua della pioggia e dei fiumi che si infiltra nel terreno porta con sé tutte le sostanze con le quali viene a contatto. Gran parte non sono nocive, ma alcune, quando raggiungono concentrazioni elevate, inquinano le falde e diventano pericolose per la nostra salute. È quindi importante non contaminare i suoli e le acque su- ACQUA RAP Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto! Segui i miei consigli senza far sbadigli. L’acqua è preziosa: serve per ogni cosa, te ne accorgerai quando più non ne avrai. Acqua cristallina, acqua che non si vede, acqua che si sente, acqua che corre velocemente, acqua dissetante che cerco ogni istante. Senza che si fa? Nessuno lo sa, ma si può immaginare che ci toccherà penare. Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto: segui i miei consigli senza far sbadigli. Se lasci in giro rifiuti e spazzatura, comincia ad avere paura!! Perché l’acqua che non si vede, non sarà più tanto pura. 14 perficiali. Ciò vuol dire ad esempio che le reti fognarie necessitano di continua manutenzione, che deve essere prestata particolare attenzione agli scarichi industriali, agli allevamenti e alle colture che producono elevate concentrazioni di sostanze inquinanti, nonché ai rifiuti che devono essere correttamente smaltiti. Dobbiamo sempre tenere presente che le cavità carsiche favoriscono il deflusso profondo di tutti gli inquinanti e che questo deflusso può essere molto veloce nonostante le acque siano poste a notevoli profondità. Mediante prove con traccianti, è stato provato che le acque in piena del fiume RekaTimavo Superiore, giungono alle sorgenti di Duino in soli 2-3 giorni. Quindi sforzati di non inquinare se l’acqua vuoi salvare!!! È un consiglio saggio, sai perché? Perché così salverai anche te. Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto: segui i miei consigli senza far sbadigli. Allora dobbiamo riflettere e darci da fare per non sprecare. Ve lo diciamo in tre parole: “Chiudete un pochino”, che ci vuole? Insomma, chiudete la pompa e aprite la testa, se non lo fate, a noi… cosa resta?? Classe quinta. Anno scolastico 2013-2014. Scuola primaria G. Marinelli di Morsano al Tagliamento. Maestra Tomasini. Programma InFEA 2012 (INFormazione Educazione Ambientale) Cosa sono gli acquedotti, come funzionano Acquedotto. Come si comprende ana- lizzando l’origine della parola stessa, che deriva dall’unione dei due termini latini aqua (acqua) e ducere (condurre), è un servizio costituito dalle fasi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua potabile per soddisfare vari scopi: uso potabile, uso irriguo, uso industriale. Il sistema di approvvigionamento consente il rifornimento dell’acqua, che, dopo essere stata trasportata attraverso le tubature, esce dai nostri rubinetti. Per creare questo sistema occorre: 1 trovare in natura una o più fonti che forniscano acqua della migliore qualità e in quantità adeguate, durante tutto l’anno; 2 costruire una rete di tubi per il trasporto del liquido dalla fonte naturale alla zona di distribuzione; 3 creare, se non esistono in natura, riserve d’acqua che potranno essere utilizzate in caso di necessità (per esempio in periodi di siccità prolungata); effettuare eventualmente i 4 trattamenti necessari a rendere potabile l’acqua che arriva nei rubinetti; 5 prevenire ogni possibilità di inquinamento dell’acqua in natura o lungo la rete di distribuzione. Aspetti naturalistici. Zona umida legata alle risorgive del Timavo, fiume carsico tra i più famosi. 15 Dagli acquedotti romani al Randaccio Già nel II secolo a.c., Trieste riceve- va l’acqua da due acquedotti costruiti dai Romani, di cui ancora oggi in Val Rosandra sono visibili alcuni resti. Tratti dell’acquedotto romano che pescava dalla Fonte Oppia in Val Rosandra sono stati individuati dagli archeologi a Borgo S. Sergio, a S. Giacomo, e nel Bosco Pontini. Scendeva poi lungo via della Cereria per immettersi tangente a via Madonna del Mare, divergendo poi nel suo tratto finale andando a riversare le sue acque nel Fontanone di Cavana, ora non più visibile, ma collocabile all’angolo tra le attuali via del Bastione e v. S. Michele. L’Acquedotto Giovanni Randaccio costituisce il sito principale di tutto il sistema acquedottistico di Trieste. 16 Gli impianti romani furono poi distrutti dai Longobardi nel VI secolo dopo Cristo. Per molti secoli, gli abitanti della città furono costretti ad attingere l’acqua potabile dai pozzi e da piccole sorgenti, fino a quando, nel 1749, l’Imperatrice d’Austria, Maria Teresa, promosse la costruzione di un nuovo acquedotto. L’acquedotto “teresiano”, realizzato in soli 2 anni, portava l’acqua da San Giovanni al centro della città attraverso l’attuale viale XX Settembre (chiamato viale dell’Acquedotto fino al 1920), ripercorrendo, a grandi linee, il tracciato di uno dei due impianti costruiti nell’antichità dai Romani. Verso la metà del XIX secolo, la Fontane popolazione cittadina aumentò in modo rilevante e, con essa, il fabbisogno idrico. La quantità d’acqua giornaliera a disposizione di ogni abitante era inferiore a 10 litri. Per porre una soluzione a questi problemi, fu costruito l’acquedotto di Aurisina che collegava le “polle” dell’omonima località con il centro di Trieste, inaugurato nel 1857 alla presenza dell’imperatore Francesco Giuseppe. Nel 1929 cominciò la realizzazione dell’Acquedotto Randaccio, che utilizzava come fonte d’approvvigionamento le sorgenti del Sardos e Timavo e che in parte si congiunse con l’acquedotto di Aurisina, incrementandone la capacità fino a 75 mila metri cubi giornalieri. Seguirono successivi interventi per l’ampliamento della portata dell’acquedotto: nel 1971 entrò in esercizio la condotta sottomarina del diametro di 1300 millimetri che dal Villaggio del Pescatore, attraversa il Golfo di Trieste per rifornire la città. Una delle particolarità che caratterizzano Trieste è la presenza di numerose fontanelle pubbliche, in gran parte risalenti al XIX secolo. All’epoca Trieste era una città dell’Impero Asburgico ed è nota la grande attenzione che in quel contesto storico culturale era rivolta alla vita pubblica e al benessere dei cittadini, anche quelli che vivevano nelle zone più periferiche della città. La disponibilità di fontanelle pubbliche fu solo un primo passo verso la prospettiva di far arrivare l’acqua corrente in ogni casa, situazione che si sarebbe realizzata negli anni immediatamente successivi. a Trieste ci sono: 31 fontane 292 fontanelle AcegasApsAmga, che gestisce la manutenzione delle fontanelle pubbliche, ha sempre tenuto in considerazione il valore del lascito storico e ha improntato i propri interventi alla logica della conservazione del bene e del restauro delle fontanelle. 17 La moderna rete di distribuzione Alla fine degli anni ’70, a causa dell’aumento del consumo procapite di acqua e del crescente inquinamento del fiume Timavo, furono avviate ricerche di nuove fonti per il rifornimento idrico di Trieste. La fonte ottimale fu individuata nelle acque di falda artesiana della Bassa Pianura isontina, alimentate anche dalle dispersioni profonde del fiume Isonzo. Si tratta di acque caratterizzate da un’elevata purezza e ricche di sali minerali, attinte da 12 pozzi in località San Pier d’Isonzo, grazie a un sistema di pompaggio che 18 preleva dai 5.000 ai 7.500 metri cubi d’acqua l’ora. Dalla piana isontina, l’acqua raggiunge un grande serbatoio situato sulla collina della Rocca di Monfalcone (lungo 120 metri, largo 6 metri, alto 6 metri e mezzo) e defluisce fino a Randaccio mediante una tubatura di 2 metri di diametro. A questo punto si effettua la potabilizzazione: l’acqua è convogliata in imponenti vasche, dotate sul fondo di filtri sabbiosi che trattengono qualsiasi impurità naturale. Da qui, giunge alla sala pompe e dopo la clorazione, è immessa sotto pressione nella rete distributiva articolata in due tronconi distinti. Una tubatura di 1.300 millimetri di diametro prevede la confluenza delle riserve idriche alla torre piezometrica collocata sul Dosso Petrinia e il loro naturale deflusso verso la città per mezzo di una condotta sottomarina che scorre per 18 km sul fondale del Golfo di Trieste, a circa 200 metri dalla riva. Attraverso il secondo tracciato l’acqua raggiunge la torre piezometrica sita sul costone di Sistiana e scorre verso Trieste sfruttando l’inclinazione della tubatura del diametro di 900 millimetri che segue il tracciato della strada costiera. Telecontrollo Che cos’è una torre piezometrica Rappresenta una delle componenti principali dell’intero sistema idrico, nonché una delle parti più appariscenti per l’altezza. La sua funzione fondamentale è di mettere in pressione l’acqua all’interno delle condotte in modo da poterla distribuire su un’area abbastanza ampia. Composta sulla sommità da un serbatoio sollevato da terra da tralicci in metallo o muratura, dalla base parte una rete di tubi che portano l’acqua ai vari edifici. Poiché l’acqua nel serbatoio si trova a una quota molto più alta (decine di metri) rispetto alle condotte alla base, si crea un dislivello piezometrico, ovvero una grande pressione, che spinge l’acqua nelle condotte. La sala di telecontrollo vigila a distanza, 24 ore su 24, SUL corretto funzionamento della rete acquedottistica e degli impianti idrici a essa connessi. La funzione principale del sistema di telecontrollo è di garantire la continuità del servizio e di orientare la gestione della risorsa secondo il principio del risparmio idrico. Dividendo la rete dell’acquedotto in settori e installando in ognuno un contatore letto da remoto, le eventuali anomalie sono immediatamente individuate e le perdite rintracciate rapidamente. Il sistema di pompaggio preleva dai 5.000 ai 7.500 metri cubi d’acqua l’ora. Una condotta sottomarina scorre per 18 chilometri sul fondale del Golfo di Trieste, a circa 200 metri dalla riva. Con un tracciato l’acqua raggiunge la torre piezometrica sul costone di Sistiana. 19 la tutela dell’acqua: ridurre gli sprechi Nella nostra Regione, l’acqua è una risorsa sempre disponibile purché i prelievi non siano superiori alla capacità di ricarica delle falde e che le acque di ricarica continuino ad essere di buona qualità. Perciò è fondamentale attuare un consumo più consapevole e razionale di questa preziosa risorsa, adottando abitudini semplici che consentono significative riduzioni degli sprechi. 20 Fare manutenzione della rete idrica domestica Per verificare la presenza di perdite d’acqua, chiudere tutti i rubinetti e controllare che il contatore non giri. Un rubinetto che gocciola o un water che perde sprecano decine di litri d’acqua al giorno. Una corretta manutenzione consente anche di risparmiare sulla bolletta. Usare razionalmente lo scarico del W.C. Lo scarico del W.C. costituisce il 20-30% dei consumi idrici domestici. Installare le nuove cassette ad incasso a due tasti, o con tasto per il rilascio differenziato consente di diminuire gli sprechi. a Preferire la doccia al bagno Il consumo d’acqua per un bagno può essere fino a quattro volte superiore rispetto a quello per una doccia: una vasca da bagno contiene 100-160 litri d’acqua, mentre una doccia di 5 minuti fa consumare 75-90 litri. Evitare di tenere aperto il rubinetto inutilmente Chiudendo l’acqua quando ci si lava i denti, ci si rade la barba, ci s’insapona, si evita di sprecare inutilmente fino a 2.500 litri di acqua l’anno. In cucina usare acqua corrente solo quando serve Per lavare le verdure è meglio metterle a mollo anziché usare l’acqua corrente. Anche per lavare i piatti non è indispensabile usare l’acqua corrente; conviene raccogliere la giusta quantità nel lavello per risparmiarne alcune migliaia di litri all’anno. Come si consuma l’acqua nel mondo i distretti idrici 70% agricoltura AcegasApsAmga sta realizzando la distrettualizzazione nelle aree di Padova e di Trieste. Obiettivo principale è la riduzione delle perdite nella rete di distribuzione di acqua potabile, attualmente pari al 38%. Il progetto, oltre a rappresentare una soluzione efficace ed economicamente sostenibile nel processo di ricerca e contenimento delle perdite, consente di prevenire i disservizi all’utenza, grazie a un monitoraggio continuo e in tempo reale dei valori di portata e pressione dell’acqua che scorre nella rete. Già realizzati 6 distretti nella pro- 22% industria 08% domestico vincia di Padova e 3 a Trieste con risultati significativi: quasi 2 milioni di mc/anno recuperati, pari al 2,5% del volume medio di acqua erogata in un anno. Entro la fine del 2014 è prevista la realizzazione di 32 distretti, che, già dai prossimi mesi, saranno in grado di gestire autonomamente l’andamento delle portate in base al fabbisogno degli utenti. 21 Acqua in bottiglia: una scelta poco sostenibile L’acqua che sgorga dal rubinetto è buona, è garantita, è molto meno costosa e non ha nulla da invidiare all’acqua in bottiglia. Eppure ben l’88,6% degli italiani preferisce andarla a comprare. Siamo tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia al mondo e a livello europeo deteniamo il primato. Nel 2010 abbiamo consumato in media 196 litri a testa di acqua in bottiglia. Un dato in costante aumento: si stima che dal 1980 a oggi, il consumo di acqua in bottiglia in Italia sia aumentato del 310%. Nonostante la fortuna di poter bere acqua buona e sana comodamente dal rubinetto di casa, e nonostante il notevole impatto ambientale della filiera produttiva delle acque minerali, nei negozi italiani è possibile scegliere fra centinaia di differenti marche di acqua in bottiglia. Che si tratti di una scelta di consumo poco sostenibile è evidente, basti pensare all’esorbitante numero di bottiglie monouso prodotte utilizzando una materia prima esauribile come il petrolio, alle 22 emissioni atmosferiche dei camion per trasportarle e all’ancora enorme numero di imballaggi plastici che non sono correttamente destinati alla raccolta differenziata e quindi a riciclo. È più controllata I controlli sull’acqua di rubinetto sono regolamentati da normative differenti e più rigide rispetto a quelli previsti sull’acqua in bottiglia. I limiti di concentrazione ammessi per alcune sostanze (es. arsenico) sono più severi per le acque potabili rispetto alle minerali. La qualità dell’acqua distribuita da AcegasApsAmga è garantita da più di 10.000 analisi all’anno. Motivi per bere acqua di rubinetto Si producono meno rifiuti Gli imballaggi e le bottiglie contribuiscono sensibilmente ad aumentare la quantità di rifiuti prodotti, soprattutto plastica (PET), che stanno soffocando il Pianeta. 130 litri di acqua imbottigliata producono circa 4 chili di rifiuti. Si riduce l’inquinamento La fase del trasporto delle confezioni d’acqua influisce non poco sulla qualità dell’aria, visto che le bottiglie percorrono molti chilometri su strada prima di arrivare sulle nostre tavole, viaggiando solo per il 18% del totale su ferrovia. Si spende di meno Un litro d’acqua di rubinetto ha un costo infinitamente inferiore rispetto a un litro di minerale in bottiglia: da 300 a 1.000 volte di meno! Acquistando l’acqua imbottigliata si pagano anche i costi dell’imballaggio, del trasporto e della pubblicità. 23 acqua e sicurezza Le prese di corrente devono essere installate lontano da vasche, docce e lavandini. Quando siamo a contatto con l’acqua, come nella vasca da bagno, non usiamo e non teniamo vicino a noi apparecchi collegati alla rete elettrica, quali radio e stufe. Usiamo rasoi elettrici, asciugacapelli e ferri da stiro con le 24 mani e piedi asciutti, evitando il contatto diretto con il pavimento o le pareti: le mani bagnate e i piedi nudi facilitano il passaggio della corrente elettrica attraverso il corpo; controllare che le apparecchiature siano integre e che il cavo non sia deteriorato. Assicuriamoci sempre che l’impianto elettrico sia a norma e dotato di salvavita.