Progetto
HYDROKARST
L’acquifero del Carso quale risorsa
idrica strategica transfrontaliera
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Direzione centrale ambiente ed energia
Servizio disciplina servizio idrico
integrato, gestione risorse idriche, tutela
acque da inquinamento
Progetto HYDROKARST/L’acquifero del Carso quale risorsa idrica strategica
transfrontaliera finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera
Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Ministero dell’economia
e delle Finanze
S
1
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M
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I
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Il Progetto HYDROKARST
Apro il rubinetto
Gli acquiferi: che cosa sono e come si studiano
Le acque del Carso Classico
La vita nelle acque sotterranee del Carso Classico
Caratteristiche delle acque carsiche
Le regole della potabilità
Analisi e controlli
Acqua una risorsa vulnerabile
Cosa sono gli acquedotti e come funzionano
Dagli acquedotti romani al Randaccio
La moderna rete di distribuzione
La tutela dell’acqua: ridurre gli sprechi
I distretti idrici
Acqua in bottiglia: una scelta poco sostenibile
Acqua e sicurezza
Fotografie archivi storici AcegasApsAmga e D.M.G.-UNITS
Testi a cura di Chiara Calligaris, Chiara Crestani, Natasa Mori, Stefano Piselli
Stampato da: Tipografia Grafiche Gemma, Via Tomas Edison, 16
Camposampiero, Padova
Edizione e tiratura: 208.100 copie
Luogo e data di stampa: Camposampiero, Padova, giugno 2014
La presente pubblicazione è reperibile all’indirizzo:
www.hydrokarst-project.eu
Pubblicazione finanziata nell’ambito del Programma per la Cooperazione
Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo
regionale e dai fondi nazionali.
Il contenuto della presente pubblicazione non rispecchia necessariamente
le posizioni ufficiali dell’Unione europea.
La responsabilità del contenuto della presente pubblicazione appartiene
all’autore
Il progetto
hydrokarst
A quasi 200 anni di distanza dai primi studi sul Timavo,
nasce il Progetto HYDROKARST
che ha come obiettivo la gestione
coordinata e la tutela dell’acquifero del Reka-Timavo attraverso il
monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque ipogee e del
territorio del Carso Classico.
Il progetto intende garantire la
gestione sostenibile della risorsa
acqua rafforzando la coesione
territoriale transfrontaliera. A tal
scopo si stanno elaborando protocolli congiunti per uniformare le
metodologie di raccolta dati, di
rappresentazione e di codifica,
al fine di definire le aree di salvaguardia delle sorgenti e dei pozzi
captati a scopo idropotabile.
La fase di condivisione dati ha
portato alla:
realizzazione di una base cartografica unificata e di una
banca dati georeferenziata
(G.I.S. su ArcGIS) di tutto il
bacino del Carso Classico;
definizione di un modello
concettuale dell’acquifero del
Reka-Timavo tramite l’elaborazione dei dati idrodinamici,
idrochimici e biologici;
raccolta, analisi critica e omogeneizzazione delle metodologie di elaborazione delle carte
di vulnerabilità degli acquiferi
carsici;
verifica dell’uso del suolo e
delle future tendenze per incentivare il decremento delle
aree cementate e del degrado
ambientale;
monitoraggio della rete acquedottistica di distribuzione
per eliminare le perdite ed ottimizzare i tratti poco efficienti
della rete;
analisi degli scenari futuri di
urbanizzazione e sviluppo delle attività per pianificare le necessità di approvvigionamento, incentivando nel contempo
il risparmio idrico, l’efficienza
nella gestione della rete e la
conservazione della qualità
dell’acqua potabile.
Panoramica delle
falesie di Duino.
Scopo ultimo del progetto è l’elaborazione
di azioni condivise per la gestione e la tutela dell’acquifero fino a giungere all’elaborazione di protocolli per promuovere ed attuare sistemi per la riduzione delle emissioni
inquinanti con particolare riferimento all’acqua
potabile. Si proporranno sistemi di intervento congiunti nelle situazioni di emergenza per
prevenire e ridurre i rischi di inquinamento.
1
Apro il rubinetto
Quando apriamo il rubinetto di casa facciamo uscire acque che hanno storie e origini
diverse. Buona parte di esse proviene dalle fal-
de profonde della Pianura Isontina ma è anche
importante il contributo delle acque ipogee del
Carso Classico.
Il Carso Classico
quale area di studio
del progetto
Hydrokarst.
2
gli acquiferi
che cosa sono e come si studiano
L’acqua che esce dal rubinetto di casa era
contenuta nelle porosità fra i granuli ghiaiosi
e sabbiosi della Pianura o nelle fratture allargate dal carsismo nei calcari del Carso.
Esistono infatti due tipi di acquiferi, cioè di corpi geologici che
contengono dell’acqua: gli acquiferi porosi e quelli fratturati.
Negli acquiferi porosi costituiti
da ghiaie e sabbie quando l’acqua è libera di muoversi in tutte le
direzioni forma gli acquiferi liberi
o freatici, quando è intrappolata
da livelli impermeabili dà origine
ad acquiferi confinati o artesiani. Negli acquiferi porosi l’acqua
si muove lentamente, da pochi
metri ad alcuni centimetri all’ora
o anche meno.
Negli acquiferi fratturati, l’acqua
circola fra i meati (vuoti) della roccia. Se la roccia è carbonatica
(cioè ricca in carbonato di calcio),
la dissoluzione carsica allarga i
meati e genera all’interno dell’acquifero un reticolo di condotti nei
quali le acque si muovono anche
molto velocemente e vorticosamente. Negli acquiferi molto
carsificati come è il Carso Classico, le acque possono muoversi
anche alla velocità di quasi 1000
metri all’ora.
Solo una buona conoscenza delle caratteristiche geologiche degli
acquiferi e dell’idrodinamica delle
acque consente di definire l’entità
delle risorse, la loro qualità e la loro
vulnerabilità. Noti questi tre parametri è più facile stabilire, di comune accordo, l’entità dei prelievi e le
iniziative per preservarne la qualità. Le caratteristiche geologiche
vengono definite mediante rilievi di
campagna, perforazioni, indagini
geofisiche e correlazioni litostratigrafiche. Quelle idrodinamiche
mediante monitoraggi in continuo
dei parametri fisici e geochimici,
prelievo di campioni per le analisi
microbiologiche e batteriologiche,
tracciamenti e prove in pozzo.
Il progetto Hydrokarst prevede
proprio la ricostruzione geologica
tridimensionale dell’idrostruttura
del Carso Classico (triestino e
sloveno) ed il monitoraggio della
qualità tramite il campionamento
congiunto delle acque nelle sorgenti e nelle cavità che intercettano la falda carsica profonda.
I numeri
dell’acquedotto
triestino
10
stazioni
di sollevamento
55
serbatoi
di stoccaggio
1.100
km
di lunghezza
della rete
233.575
52
abitanti serviti
milioni
di metri cubi
d’acqua addotta
3
Le acque
del Carso Classico
Il Carso Classico è sede di quello che genericamente viene
definito il reticolo del Timavo ipogeo, un insieme di vie di
deflusso sotterraneo sviluppate anche ben al
di sotto del livello del mare. Le acque fluiscono
sia in grandi condotti che nelle minute fratture
che caratterizzano la massa rocciosa.
L’acqua è il motore che ha creato tutte queste vie di drenaggio
ipogee e le forme carsiche di superficie con processi chimici (dissoluzione) e fisici (erosione) attivi
da almeno 8 milioni di anni.
Basti pensare che in tutto il Carso Classico sono state esplorate
più di 5000 grotte. Nel solo settore italiano (circa 200 km2) ce ne
Il percorso del
Reka/Timavo in
sezione: dalle
Grotte di San
Canziano alle
Sorgenti del
Timavo presso
San Giovanni
di Duino.
500
400
300
200
100
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m.s.l.m.
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sono almeno 3100, delle quali più
di 150 hanno uno sviluppo superiore al centinaio di metri e mezza
dozzina si sviluppa per chilometri.
La superficie è costellata da migliaia di doline delle quali, in territorio italiano, più di un’ottantina ha
un diametro superiore ai 100 metri e decine di chilometri quadrati
sono coperte da campi solcati.
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Il Timavo
Il fiume Reka (Timavo Superiore)
nasce alle pendici del monte Dletvo, al confine tra Slovenia e Croazia. Il fiume, dopo un percorso
superficiale di circa 40 km, nelle
vicinanze dell’abitato di Škocjian
(San Canziano) si inabissa nel
complesso di gallerie sotterranee
delle Škocjianske Jame (Grotte
di San Canziano) che dal 1986
sono patrimonio Mondiale Naturale dell’UNESCO.
L’acqua del fiume entra nell’idrostruttura carsica non solo attraverso le spettacolari grotte, ma
anche dalle perdite di subalveo
che si manifestano non appena
il corso d’acqua incontra i calcari
del Carso. Numerosi sono i piccoli
inghiottitoi che si aprono all’improvviso catturando tutte o parte
delle acque. Nei secoli passati,
questi venivano immediatamente “tappati” per non interrompere
l’attività dei mulini: attualmente
è lo stesso fiume a riempirli con
le sue alluvioni. Il bacino di alimentazione ha un’estensione di
407 km2 ed ha valori di piovosità
media compresi tra 2000 e 2600
mm/anno. Le portate del Reka,
ott
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Ma
misurate nel periodo dal 1961 al
1990, hanno valori medi pari a
8.23 m3/s, con un minimo di 0.18
m3/s (il 18/08/1988) e un massimo di 305 m3/s (il 16/05/1972).
Le acque profonde
della Pianura
sono alimentate
dai fiumi Isonzo
e Torre, mentre
quelle del Carso
Classico dalle
piogge, dal fiume
Reka o Timavo
Superiore e dalle
acque dell’Isonzo,
soprattutto
durante i periodi
di magra.
Ecco il perché
del Progetto
Hydrokarst:
sia noi italiani
che gli sloveni
preleviamo le
acque dallo stesso
acquifero carsico
che quindi non
ha confini. Le
acque transitano
liberamente dalla
Slovenia all’Italia
e solo regole e
norme condivise
possono portare
ad una vera
salvaguardia e
protezione delle
acque per il bene
comune.
L’inghiottitoio
di San Canziano
(Skocjianske Jame)
Il Timavo-Reka entra nella cavità, lunga complessivamente più di
6 chilometri, alla quota di 317 m
s.l.m. Attraversa alcune doline di
crollo molto profonde: la Mala dolina ha 120 metri di profondità, la Velika dolina ne ha più di 165. Il fiume,
dopo aver percorso circa 3 chilometri di una gigantesca forra con
26 cascate, scompare in un sifone del lago Morto a 212 m s.l.m.
La temperatura delle acque varia
da 0.1°C a 30.0°C a seconda delle
stagioni, la conducibilità è compresa tra i 118 e i 479 μS/cm in funzione del regime delle precipitazioni.
Le finestre
sul Timavo ipogeo
Appena 6 km a valle di San Canziano le acque percorrono le
profonde gallerie dell’Abisso dei
Serpenti (Kačna Jama) a circa
140 m s.l.m. Ancora più a valle,
una quindicina di km in linea d’aria
ott
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Mare Adriatico
5
altre acque del Timavo percorrono, a circa 10-20 m s.l.m. il fondo di quattro cavità sotterranee a
sviluppo verticale profonde circa
300-370 metri che si trovano una
ventina di km a monte delle sorgenti. Una, l’Abisso di Trebiciano,
è nota da sempre, le altre, la Grotta di Kanjaducah, l’Abisso presso
la dolina Stršinkna e la Grotta Meravigliosa di Lazzaro Jerko, sono
state scoperte solo recentemente.
Il fondo di alcune altre cavità è raggiunto occasionalmente dalle acque durante le grandi piene (Grotta Skilan, Grotta Gigante, Abisso
di Rupingrande, Abisso Massimo,
Grotta Lindner, Abisso Samer).
L’Abisso di Trebiciano
L’Abisso di Trebiciano è la grotta più nota tra quelle presenti sul
Carso triestino. È stata scoperta e
resa agibile nel 1841, dopo mesi
di duri lavori di scavo, da Antonio
Federico Lindner nell’ambito delle ricerche di fonti di acqua potabile per la città di Trieste.
È stata per lungo tempo la grotta esplorata più
profonda al mondo, ha avuto ed ha un ruolo molto importante nelle indagini sull’idrogeologia
carsica essendo divenuta un importante laboratorio scientifico sotterraneo.
Speleologi in
sopralluogo
all’interno
dell’Abisso.
La caverna
Lindner all’interno
dell’Abisso di
Trebiciano.
6
Si apre nei pressi del confine di
stato fra Trebiciano e Fernetti, ha
uno sviluppo planimetrico complessivo di 920 m e una profondità
di 354 m. Sul fondo della grotta, in
un’ampia caverna, scorrono le acque del Timavo (12 m s.l.m.).
L’innalzamento del livello dell’acqua durante le piene è repentino e
raggiunge il massimo in 1-2 giorni
dall’inizio delle precipitazioni con
oscillazioni medie di 10-50 m.
Il massimo innalzamento registrato si è verificato il 14/12/1915
dopo 13 giorni consecutivi di
pioggia, raggiungendo un livello
di 115 m s.l.m.
Il sistema sorgentizio
del Carso Classico
È compreso in un areale che si
estende in forma di sottile striscia
lungo la costa del Golfo di Trieste da Aurisina mare a Duino e si
collega ampliandosi alle spalle di
Monfalcone a una successione di
alture e bassure che comprendono le Sorgenti del Timavo vere e
proprie a San Giovanni di Duino,
le numerose sorgenti che alimentano i canali Lisert, Locavaz e
Moschenizze, i laghi di Doberdò,
Pietrarossa e Sablici.
Le Sorgenti di Aurisina sono
costituite da 9 venute d’acqua a
livello mare disposte su un fronte
di 350 m. Nel 1859 furono captate
per rifornire la ferrovia e alimentare
l’acquedotto della città di Trieste.
Per incrementare la resa tra il 1900
e il 1910 le sorgenti furono incanalate, fu costruita una diga lato
mare per evitare la contaminazione con le acque di mare e realizzata una galleria drenante. Da diversi
decenni non sono più utilizzate.
Le Sorgenti del Timavo, dette anche risorgive, risorgenze o,
erroneamente, Foci, rappresentano il sistema sorgivo principale del Carso Classico, consistente in quattro polle raccolte in tre
rami. Esplorazioni speleosubacquee hanno rilevato le intercon-
nessioni tra le polle che fanno
parte di un articolato complesso di gallerie allagate, intrecciate e ampie che giungono fino a
83 metri sotto il livello del mare.
Da qui, fino agli anni ‘70 del secolo scorso, veniva attinta acqua per alimentare l’acquedotto
della città di Trieste. Attualmente le Risorgive sono considerate
una fonte di approvvigionamento di riserva.
In media dalle sorgenti fluiscono
35 m3/s con minime di 10 m3/s
e massime di oltre 150 m3/s. Durante le piene le acque impiegano
da 1 a 3 giorni per percorrere il
tratto ipogeo da San Canziano a
San Giovanni di Duino.
Le Sorgenti Sardos, anche
“Sorgenti Randaccio”, sono ubicate circa 500 m a nord delle
Sorgenti del Timavo. Costituivano fino al 1995 la principale fonte
di approvvigionamento idropotabile della provincia di Trieste,
attualmente contribuiscono fino
al 20% alle acque dell’acquedotto. Le sorgenti sono costituite da
più scaturigini poste a circa 2.2
m s.l.m. e drenano le acque di un
circuito in pressione posto al di
sotto del livello del mare e alimentato prevalentemente da acque
provenienti dal settore isontino e
quindi anche dal fiume Isonzo e,
durante le piene più importanti,
dal “sistema Timavo”.
Campo pozzi
Acquedotto Brestoviza
In un’area prossima al Confine di
Stato, fra Jamiano (ITA) e Brestovica (SLO) sono ubicati i pozzi da
cui si alimenta l’acquedotto sloveno del Carso (Kraški Vodovod
Sežana). I pozzi si alimentano da
fratture allargate dal carsismo tra
i 70 ed i 90 metri dal piano campagna e forniscono circa 200 l/s.
Le acque provengono in parte dal
Carso isontino alimentato dall’Isonzo, in parte dalla falda carsica.
L’acqua che
scorre presso uno
dei condotti che
formano la Grotta
Martina in Val
Rosandra.
La Grotta Martina.
7
la vita nelle acque
sotterranee
del Carso Classico
Il secondo ramo
delle Sorgenti
del Timavo presso
San Giovanni
di Duino.
Le acque sotterranee sono popolate da una fauna ricca e diversificata: da microrganismi (batteri, funghi, protozoi) visibili soltanto
grazie al microscopio, da piccoli
“vermi” (nematodi, oligocheti), da
piccoli crostacei, dalle larve dei
vari insetti che vivono nelle acque
superficiali e dal proteo (Proteus),
un anfibio.
I microrganismi e quelli più grandi
aiutano a mantenere alta la qualità
dell’acqua e ad interpretare la direzione del flusso delle acque sotterranee
all’interno dell’idrostruttura carsica.
8
Il ruolo degli animali
acquatici nel processo
di pulizia delle acque
sotterranee
Gli animali acquatici e i microrganismi si nutrono di minuscole
particelle di materia organica trasportata dalle acque negli abissi
e di sostanze penetrate nel sottosuolo.
I microrganismi formano un’aggregazione complessa chiamata
“biofilm” o biopellicola che fluttua
sull’acqua e nell’acqua e si nutre
anche delle particelle organiche
fini escretate dagli organismi più
grandi. La loro azione è pertanto
molto importante per la qualità
delle acque sotterranee. Essendo saprofagi, impediscono alla
materia in decomposizione di
accumularsi e, vista la mancanza
di ossigeno, di portare alla formazione di sostanze tossiche quali
solfuro d’idrogeno, ammoniaca e
metano.
Se gli animali e i microrganismi
non fossero presenti, l’acqua di
falda diverrebbe ben presto inutilizzabile come fonte di acqua
potabile. Quindi, per una buona
qualità dell’acqua, la presenza di
alcuni particolari batteri risulta indispensabile.
Tali processi prendono il nome
di “capacità di autodepurazione”
delle acque.
Il ruolo della fauna
quale tracciante naturale
La quantità dell’ossigeno disciolto nell’acqua, la temperatura, la
quantità e la composizione dei
nutrienti e la natura e le caratteristiche delle cavità sotterranee e
delle fratture incidono sulla presenza delle specie faunistiche
che diventano così endemiche
di specifiche zone. Ad esempio,
nelle profondità dell’idrostruttura
carsica si trovano animali senza
pigmento e senza occhi, che si
sono adattati a vivere soltanto in
questo particolare ambiente.
In tutti i casi in cui le acque dei
fiumi che scorrono in superficie
vengono inghiottite in profondità, come nel caso del Reka-Timavo presso Skocjan / San Canziano, le acque possono trasportare
nel sottosuolo, specie animali che
normalmente vivono solo in superficie. Le profondità raggiunte,
sono funzione della velocità del
flusso e della dimensione delle
gallerie sotterranee. Dopo viaggi
più o meno lunghi e tortuosi negli abissi del Carso, gli organismi,
in corrispondenza delle sorgenti,
possono raggiungere nuovamente la superficie. La conoscenza
approfondita della fauna, delle caratteristiche peculiari di ciascuna
specie, può pertanto essere sfruttata dai ricercatori come traccian-
te naturale, cioè come strumento
per la valutazione delle connessioni tra punti diversi della superficie,
distanti anche chilometri, le grotte e le zone sorgentizie. Un esempio sul Carso, è dato dai campioni
prelevati ed analizzati in corrispondenza del pozzo dell’acquedotto di Brestovica-Klariči (presso
Iamiano) dove vengono estratte da ampie fratture a profondità
di 70-90 m sotto la superficie, le
acque dell’acquedotto sloveno.
Nei campioni sono state identificate specie caratteristiche di acquiferi alpini, tipiche quindi delle
acque dell’Isonzo, e il crostaceo
termosbenaceo Limnosbaena finki, tipico invece delle acque del
Reka-Timavo. Le acque utilizzate dall’acquedotto, sono pertanto
una miscela di acque che provengono dalla falda dell’Isonzo, da
quella carsica e dal fiume Timavo.
Nelle
profondità
dell’idrostruttura carsica si
trovano
animali senza
pigmento e
senza occhi,
che si sono
adattati a
vivere soltanto
in questo
particolare
ambiente.
Il proteo
(foto E. Mauri).
Due immagini
del crostaceo
termosbenaceo
Limnosbaena finki.
9
caratteristiche
delle acque carsiche
Nella zona di S. Giovanni al Timavo
vengono alla luce le acque sotterranee provenienti da un bacino imbrifero di circa 1000 km2, costituito per due
terzi da calcari e per un terzo da flysch.
Panoramica del
Lago di Doberdò.
10
Il Carso Classico presenta un’alimentazione complessa e variabile
a seconda del regime idrico. Di
norma prevale l’alimentazione da
parte delle acque carsiche di percolazione, in piena è preponderante il contributo dell’Alto Timavo, in magra è rilevante l’apporto
delle acque isontine.
A partire dall’inizio del 1900 sono
stati eseguiti molti lavori per comprendere l’idrologia delle acque
carsiche ed in particolare di quelle
del Timavo. In oltre un secolo di
ricerche è emerso che le caratteristiche chimico-fisiche di tutte queste acque comprese tra il
fiume Isonzo ed il Reka-Timavo
sono abbastanza simili, con due
direttrici principali. Una da nord si
dirige verso sud e sud-est, e l’altra da sud-est verso nord-ovest.
Alcuni parametri quali la temperatura, la conducibilità, la durezza e
i cloruri permettono però di distinguerle in tre gruppi diversi:
sorgenti del Timavo
sorgenti Sardos e Moschenizze Sud
sorgenti di Pietrarossa, Sablici
e Moschenizze Nord
Oltre ai principali componenti chimici, anche altre evidenze per-
mettono di distinguere i tre tipi
di acque che confluiscono nella
zona di S. Giovanni di Duino.
Durante i periodi di piena le acque del Timavo si differenziano
dalle altre acque carsiche per la
presenza di materiali argillosi veicolati dall’Alto Timavo ed immessi a S. Canziano nella circolazione idrica sotterranea. Le sorgenti
del Sardos dopo forti precipitazioni presentano una certa torbidità,
che è diversa, poiché originata
dalle terre rosse del Carso. Le acque del sistema Sablici–Moschenizze si mantengono invece sempre limpide o, al più, presentano
una leggera opalescenza, durante le maggiori piene. Di queste acque AcegasApsAmga attualmente utilizza regolarmente
la sorgente Sardos e, mantiene
sola come riserva idrica, il fiume
Timavo. Vista la presenza di materiale in sospensione e di quantità variabili di carica microbica
(Coliformi totali, Escherichia coli
ed Enterococchi), le acque della sorgente, a differenza delle acque captate dai pozzi della bassa
pianura isontina, prima di essere
immesse nella rete idrica di distribuzione devono essere preliminarmente trattate con un semplice processo di filtrazione su filtri
a sabbia e disinfezione con ipoclorito di sodio.
La soglia presso il Terzo ramo
alle Sorgenti del Timavo.
Sorgenti del Sardos: particolare delle opere di captazione.
Composizioni medie delle acque del Timavo
e di Sardos determinate dal Laboratorio di
Analisi di AcegasAps nel 2013
TIMAVO
Parametri
D. Lgs. 31/01 e s.m.i.
Torbidità
pH
Conducibilità
el. spec. a 20 °C
Durezza totale
Ossidabilità
Ammonio
Nitriti
Sodio
Potassio
Calcio
Magnesio
Cloruri
Solfati
Nitrati
Fluoruri
SARDOS
Parametri
D. Lgs. 31/01 e s.m.i.
Torbidità
pH
Conducibilità
el. spec. a 20 °C
Durezza totale
Ossidabilità
Ammonio
Nitriti
Sodio
Potassio
Calcio
Magnesio
Cloruri
Solfati
Nitrati
Fluoruri
Unità
MinimaMassima Media
di misura
N.T.U.
0,8 16,0 2,7
U.pH
7,3 7,7 7,5
µS/cm
°F
mg/l (O2)
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
340 18,9 0,4 4,2 0,6 69 4,2 5,9 7,3 5,5 0,04 409
23,3 1,6 <0,05
<0,02
5,5 1,0 84
7,7 8,9 9,2 7,7 0,06 376
21,7
0,7
<0,05
<0,02
4,9
0,7
77
5,9
7,6
8,2
6,7
0,05
Unità Minima MassimaMedia
di misura
N.T.U.
0,6 6,0 1,5
U.pH
7,3 7,7 7,5
µS/cm
°F
mg/l (O2)
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
330 18,9 0,2 4,2 0,6 60 5,1 6,3 7,1 5,8 0,04 406
23,5 0,6 <0,05
<0,02
5,4 0,8 86
9,4 9,0 9,1 7,4 0,06 374
21,4
0,4
<0,05
<0,02
4,7
0,7
73
7,4
7,3
8,1
6,6
0,05
11
le regole per la potabilità
AcegasApsAmga, in qualità di
gestore del servizio idrico integrato,
si è dotata di un laboratorio di analisi
che esegue tutta una serie di controlli
“interni” concordati con l’Azienda Sanitaria locale.
ANALISI CHIMICA E CHIMICO-FISICA
ACQUA DI RETE – D. Lgs. N. 31/2001
ANNO 2013
PARAMETRIUnitàMEDIAValori di
D. Lgs. 31/01 e s. m. i.Misura
parametro
Torbidità
pH
Conducibilità el. spec. a 20 °C
Residuo fisso a 180°C
Durezza totale
Ossidabilità
Ammonio
Nitriti
Cloro residuo lib.
N.T.U.0,2 1
U.pH
7,8
6,5 - 9,5
µS/cm
344
2500
mg/l
227
1500
°F
18,5
mg/l (O2) <0,1
5
mg/l<0,05 0,5
mg/l<0,02 0,5
mg/l
0,11
0,2
Cationi
Sodio
Potassio
Magnesio
Calcio
mg/l
7,5 mg/l0,7
mg/l11,6
mg/l55,2
Ferro
Manganese
Rame
µg/l <10200
µg/l<1 50
mg/l
0,003 1,0
Cloruri
Solfati
Nitrati
Fluoruri
mg/l
mg/l
mg/l
mg/l
12
12,6 9,8 7,6 0,05 200
250
250
50
1,50
Per le acque destinate al consumo umano, la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n.
31 del 2 febbraio 2001, “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”.
Il laboratorio esegue due tipi di
controlli:
controlli di routine:
servono a fornire informazioni ad
intervalli regolari sulle qualità organolettiche e microbiologiche
nonché informazioni sull’efficacia
della disinfezione.
controlli di verifica:
mirati a fornire le informazioni necessarie per accertare che tutti i
valori di parametro siano rispettati.
Analisi e controlli
L’acqua potabile erogata a Trieste,
è costantemente sottoposta a verifiche
quotidiane da parte del Laboratorio
chimico di AcegasApsAmga, tramite
molteplici analisi chimico-fisiche e
microbiologiche su campioni prelevati lungo tutto il percorso dalla fonte di
approvvigionamento al rubinetto.
Oltre ai controlli in continuo effettuati utilizzando strumentazione
automatizzata posta direttamente sugli impianti dell’acquedotto
del Randaccio di San Giovanni di
Duino ed in vari punti della rete
idrica, il laboratorio verifica in
autonomia tutti i parametri previsti dalla normativa
vigente con cadenza mensile, eseguendo poi controlli supplementari più
specifici trimestralmente.
Inoltre, due volte all’anno,
viene controllata la qualità
dell’acqua in ingresso ed in uscita
dei serbatoi idrici. Periodicamente vengono infine eseguite analisi
in contraddittorio con l’ASS n.1
Triestina sull’acqua in distribuzione, in diversi punti della rete
idrica cittadina, seguendo un
programma stilato direttamente
dall’azienda sanitaria locale.
La qualità dell’acqua distribuita è quindi garantita da oltre
10 mila controlli all’anno.
Ogni volta
che si compie
il semplice
gesto di aprire
un rubinetto,
pensiamo a
quale bagaglio
di conoscenze,
esperienza e
tecnologia è
indispensabile
per fare in modo
che l’acqua
esca senza
interruzioni.
Una risorsa
preziosa per la
vita dell’uomo
e per la società
moderna,
troppo spesso
sottovalutata.
13
acqua:
una risorsa vulnerabile
Spesso non ci si rende conto che i
prodotti delle attività di ogni giorno
(andare in automobile, lavare la
biancheria, concimare il giardino,…) e tutto ciò che consapevolmente o inconsapevolmente
“buttiamo a terra”, prima o poi
finiscono nel sottosuolo per poi
riemergere, magari a distanza di
mesi o anni, dai rubinetti di casa
nostra. L’acqua della pioggia e dei
fiumi che si infiltra nel terreno porta con sé tutte le sostanze con le
quali viene a contatto. Gran parte non sono nocive, ma alcune,
quando raggiungono concentrazioni elevate, inquinano le falde e
diventano pericolose per la nostra
salute. È quindi importante non
contaminare i suoli e le acque su-
ACQUA RAP
Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto!
Segui i miei consigli senza far sbadigli.
L’acqua è preziosa: serve per ogni cosa,
te ne accorgerai quando più non ne avrai.
Acqua cristallina, acqua che non si vede,
acqua che si sente, acqua che corre velocemente,
acqua dissetante che cerco ogni istante.
Senza che si fa? Nessuno lo sa,
ma si può immaginare che ci toccherà penare.
Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto:
segui i miei consigli senza far sbadigli.
Se lasci in giro rifiuti e spazzatura, comincia ad
avere paura!!
Perché l’acqua che non si vede,
non sarà più tanto pura.
14
perficiali. Ciò vuol dire ad esempio
che le reti fognarie necessitano
di continua manutenzione, che
deve essere prestata particolare
attenzione agli scarichi industriali,
agli allevamenti e alle colture che
producono elevate concentrazioni
di sostanze inquinanti, nonché ai
rifiuti che devono essere correttamente smaltiti.
Dobbiamo sempre tenere presente che le cavità carsiche favoriscono il deflusso profondo di tutti
gli inquinanti e che questo deflusso può essere molto veloce nonostante le acque siano poste a notevoli profondità. Mediante prove
con traccianti, è stato provato che
le acque in piena del fiume RekaTimavo Superiore, giungono alle
sorgenti di Duino in soli 2-3 giorni.
Quindi sforzati di non inquinare
se l’acqua vuoi salvare!!!
È un consiglio saggio, sai perché?
Perché così salverai anche te.
Ehi tu!! Chiudi il rubinetto se vuoi essere corretto:
segui i miei consigli senza far sbadigli.
Allora dobbiamo riflettere
e darci da fare per non sprecare.
Ve lo diciamo in tre parole:
“Chiudete un pochino”, che ci vuole?
Insomma, chiudete la pompa e aprite la testa,
se non lo fate, a noi… cosa resta??
Classe quinta. Anno scolastico 2013-2014.
Scuola primaria G. Marinelli di Morsano al Tagliamento.
Maestra Tomasini. Programma InFEA 2012
(INFormazione Educazione Ambientale)
Cosa sono gli acquedotti,
come funzionano
Acquedotto. Come si comprende ana-
lizzando l’origine della parola stessa,
che deriva dall’unione dei due termini
latini aqua (acqua) e ducere (condurre),
è un servizio costituito dalle fasi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua potabile per soddisfare vari scopi:
uso potabile, uso irriguo, uso industriale.
Il sistema di approvvigionamento
consente il rifornimento dell’acqua, che, dopo essere stata trasportata attraverso le tubature,
esce dai nostri rubinetti. Per creare questo sistema occorre:
1 trovare in natura una o più
fonti che forniscano acqua
della migliore qualità e in
quantità adeguate, durante
tutto l’anno;
2 costruire una rete di tubi per
il trasporto del liquido dalla
fonte naturale alla zona di distribuzione;
3 creare, se non esistono in
natura, riserve d’acqua che
potranno essere utilizzate in
caso di necessità (per esempio in periodi di siccità prolungata);
effettuare eventualmente i
4 trattamenti necessari a rendere potabile l’acqua che arriva nei rubinetti;
5 prevenire ogni possibilità di
inquinamento dell’acqua in
natura o lungo la rete di distribuzione.
Aspetti naturalistici. Zona
umida legata
alle risorgive
del Timavo,
fiume carsico tra
i più famosi.
15
Dagli acquedotti romani
al Randaccio
Già nel II secolo a.c., Trieste riceve-
va l’acqua da due acquedotti costruiti
dai Romani, di cui ancora oggi in Val
Rosandra sono visibili alcuni resti.
Tratti dell’acquedotto romano
che pescava dalla Fonte Oppia
in Val Rosandra sono stati individuati dagli archeologi a Borgo
S. Sergio, a S. Giacomo, e nel
Bosco Pontini. Scendeva poi
lungo via della Cereria per immettersi tangente a via Madonna
del Mare, divergendo poi nel suo
tratto finale andando a riversare
le sue acque nel Fontanone di
Cavana, ora non più visibile, ma
collocabile all’angolo tra le attuali
via del Bastione e v. S. Michele.
L’Acquedotto
Giovanni
Randaccio
costituisce il sito
principale di
tutto il sistema
acquedottistico
di Trieste.
16
Gli impianti romani furono poi
distrutti dai Longobardi nel VI
secolo dopo Cristo. Per molti secoli, gli abitanti della città furono
costretti ad attingere l’acqua potabile dai pozzi e da piccole sorgenti, fino a quando, nel 1749,
l’Imperatrice d’Austria, Maria Teresa, promosse la costruzione di
un nuovo acquedotto.
L’acquedotto “teresiano”, realizzato in soli 2 anni, portava l’acqua da San Giovanni al centro
della città attraverso l’attuale viale XX Settembre (chiamato viale
dell’Acquedotto fino al 1920),
ripercorrendo, a grandi linee, il
tracciato di uno dei due impianti
costruiti nell’antichità dai Romani.
Verso la metà del XIX secolo, la
Fontane
popolazione cittadina aumentò
in modo rilevante e, con essa,
il fabbisogno idrico. La quantità
d’acqua giornaliera a disposizione di ogni abitante era inferiore a
10 litri. Per porre una soluzione a
questi problemi, fu costruito l’acquedotto di Aurisina che collegava le “polle” dell’omonima località
con il centro di Trieste, inaugurato nel 1857 alla presenza dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Nel 1929 cominciò la realizzazione dell’Acquedotto Randaccio,
che utilizzava come fonte d’approvvigionamento le sorgenti del
Sardos e Timavo e che in parte
si congiunse con l’acquedotto
di Aurisina, incrementandone la
capacità fino a 75 mila metri cubi
giornalieri.
Seguirono successivi interventi
per l’ampliamento della portata
dell’acquedotto: nel 1971 entrò
in esercizio la condotta sottomarina del diametro di 1300 millimetri che dal Villaggio del Pescatore, attraversa il Golfo di Trieste
per rifornire la città.
Una delle particolarità che caratterizzano Trieste
è la presenza di numerose
fontanelle pubbliche, in gran
parte risalenti al XIX secolo.
All’epoca Trieste era una città dell’Impero Asburgico ed
è nota la grande attenzione
che in quel contesto storico
culturale era rivolta alla vita
pubblica e al benessere dei
cittadini, anche quelli che vivevano nelle zone più periferiche della città.
La disponibilità di fontanelle
pubbliche fu solo un primo
passo verso la prospettiva di
far arrivare l’acqua corrente
in ogni casa, situazione che si
sarebbe realizzata negli anni
immediatamente successivi.
a Trieste
ci sono:
31
fontane
292
fontanelle
AcegasApsAmga,
che gestisce la
manutenzione
delle fontanelle
pubbliche, ha
sempre tenuto in
considerazione
il valore del
lascito storico e
ha improntato i
propri interventi
alla logica della
conservazione
del bene e del
restauro delle
fontanelle.
17
La moderna
rete di distribuzione
Alla fine degli anni ’70, a causa
dell’aumento del consumo procapite di acqua e del crescente inquinamento del fiume Timavo, furono
avviate ricerche di nuove fonti per il
rifornimento idrico di Trieste.
La fonte ottimale fu individuata nelle acque di falda artesiana
della Bassa Pianura isontina, alimentate anche dalle dispersioni profonde del fiume Isonzo. Si
tratta di acque caratterizzate da
un’elevata purezza e ricche di sali
minerali, attinte da 12 pozzi in località San Pier d’Isonzo, grazie
a un sistema di pompaggio che
18
preleva dai 5.000 ai 7.500 metri
cubi d’acqua l’ora.
Dalla piana isontina, l’acqua
raggiunge un grande serbatoio
situato sulla collina della Rocca
di Monfalcone (lungo 120 metri,
largo 6 metri, alto 6 metri e mezzo) e defluisce fino a Randaccio
mediante una tubatura di 2 metri
di diametro.
A questo punto si effettua la
potabilizzazione: l’acqua è convogliata in imponenti vasche,
dotate sul fondo di filtri sabbiosi
che trattengono qualsiasi impurità naturale. Da qui, giunge alla
sala pompe e dopo la clorazione,
è immessa sotto pressione nella
rete distributiva articolata in due
tronconi distinti.
Una tubatura di 1.300 millimetri
di diametro prevede la confluenza delle riserve idriche alla torre
piezometrica collocata sul Dosso
Petrinia e il loro naturale deflusso
verso la città per mezzo di una
condotta sottomarina che scorre
per 18 km sul fondale del Golfo di
Trieste, a circa 200 metri dalla riva.
Attraverso il secondo tracciato
l’acqua raggiunge la torre piezometrica sita sul costone di
Sistiana e scorre verso Trieste
sfruttando l’inclinazione della tubatura del diametro di 900 millimetri che segue il tracciato della
strada costiera.
Telecontrollo
Che cos’è
una torre
piezometrica
Rappresenta una delle
componenti principali dell’intero sistema idrico, nonché una
delle parti più appariscenti per
l’altezza. La sua funzione fondamentale è di mettere in pressione l’acqua all’interno delle
condotte in modo da poterla distribuire su un’area abbastanza ampia. Composta sulla sommità da un serbatoio sollevato
da terra da tralicci in metallo o
muratura, dalla base parte una
rete di tubi che portano l’acqua ai vari edifici. Poiché l’acqua nel serbatoio si trova a una
quota molto più alta (decine di
metri) rispetto alle condotte alla base, si crea un dislivello piezometrico, ovvero una grande
pressione, che spinge l’acqua
nelle condotte.
La sala di telecontrollo vigila a distanza, 24
ore su 24, SUL corretto funzionamento della rete acquedottistica
e degli impianti idrici a
essa connessi. La funzione
principale del sistema di telecontrollo è di garantire la continuità del servizio e di orientare
la gestione della risorsa secondo il principio del risparmio
idrico. Dividendo la rete dell’acquedotto in settori e installando in ognuno un contatore letto
da remoto, le eventuali anomalie sono immediatamente individuate e le perdite rintracciate
rapidamente.
Il sistema di
pompaggio
preleva dai 5.000
ai 7.500 metri
cubi d’acqua
l’ora.
Una condotta
sottomarina
scorre per 18
chilometri sul
fondale del
Golfo di Trieste,
a circa 200 metri
dalla riva.
Con un
tracciato l’acqua
raggiunge
la torre
piezometrica
sul costone di
Sistiana.
19
la tutela dell’acqua:
ridurre gli sprechi
Nella nostra Regione, l’acqua
è una risorsa sempre disponibile
purché i prelievi non siano superiori
alla capacità di ricarica delle falde e
che le acque di ricarica continuino ad
essere di buona qualità.
Perciò è fondamentale attuare un
consumo più consapevole e razionale di questa preziosa risorsa,
adottando abitudini semplici che
consentono significative riduzioni
degli sprechi.
20
Fare manutenzione della
rete idrica domestica Per
verificare la presenza di perdite
d’acqua, chiudere tutti i rubinetti
e controllare che il contatore non
giri. Un rubinetto che gocciola o
un water che perde sprecano decine di litri d’acqua al giorno. Una
corretta manutenzione consente
anche di risparmiare sulla bolletta.
Usare razionalmente lo
scarico del W.C. Lo scarico
del W.C. costituisce il 20-30% dei
consumi idrici domestici. Installare le nuove cassette ad incasso a
due tasti, o con tasto per il rilascio
differenziato consente di diminuire gli sprechi.
a
Preferire la doccia al
bagno Il consumo d’acqua per
un bagno può essere fino a quattro volte superiore rispetto a quello per una doccia: una vasca da
bagno contiene 100-160 litri d’acqua, mentre una doccia di 5 minuti fa consumare 75-90 litri.
Evitare di tenere aperto
il rubinetto inutilmente
Chiudendo l’acqua quando ci si
lava i denti, ci si rade la barba, ci
s’insapona, si evita di sprecare
inutilmente fino a 2.500 litri di acqua l’anno.
In cucina usare acqua
corrente solo quando serve Per lavare le verdure è meglio metterle a mollo anziché usare l’acqua corrente.
Anche per lavare i piatti non è indispensabile usare l’acqua corrente; conviene raccogliere la
giusta quantità nel lavello per risparmiarne alcune migliaia di litri all’anno.
Come si consuma
l’acqua
nel mondo
i distretti
idrici
70%
agricoltura
AcegasApsAmga sta realizzando la distrettualizzazione nelle aree di Padova e di
Trieste. Obiettivo principale è la riduzione delle
perdite nella rete di distribuzione di acqua potabile, attualmente pari al 38%.
Il progetto, oltre a rappresentare
una soluzione efficace ed economicamente sostenibile nel processo di ricerca e contenimento
delle perdite, consente di prevenire i disservizi all’utenza, grazie
a un monitoraggio continuo e in
tempo reale dei valori di portata
e pressione dell’acqua che scorre nella rete.
Già realizzati 6 distretti nella pro-
22%
industria
08%
domestico
vincia di Padova e 3 a Trieste con
risultati significativi: quasi 2 milioni di mc/anno recuperati, pari al
2,5% del volume medio di acqua
erogata in un anno.
Entro la fine del 2014 è prevista la
realizzazione di 32 distretti, che,
già dai prossimi mesi, saranno in
grado di gestire autonomamente l’andamento delle portate in
base al fabbisogno degli utenti.
21
Acqua in bottiglia:
una scelta
poco sostenibile
L’acqua che sgorga dal rubinetto
è buona, è garantita, è molto meno
costosa e non ha nulla da invidiare
all’acqua in bottiglia.
Eppure ben l’88,6% degli italiani preferisce andarla a
comprare. Siamo tra i più grandi
consumatori di acqua in bottiglia
al mondo e a livello europeo deteniamo il primato. Nel 2010 abbiamo consumato in media 196 litri a
testa di acqua in bottiglia.
Un dato in costante aumento: si
stima che dal 1980 a oggi, il consumo di acqua in bottiglia in Italia
sia aumentato del 310%.
Nonostante la fortuna di poter bere acqua buona e sana comodamente dal rubinetto di casa,
e nonostante il notevole impatto ambientale
della filiera produttiva delle acque minerali, nei
negozi italiani è possibile scegliere fra centinaia di differenti marche di acqua in bottiglia.
Che si tratti di una scelta di consumo poco sostenibile è evidente, basti pensare all’esorbitante
numero di bottiglie monouso prodotte utilizzando una materia prima esauribile come il petrolio, alle
22
emissioni atmosferiche dei camion per trasportarle e all’ancora
enorme numero di imballaggi plastici che non sono correttamente
destinati alla raccolta differenziata
e quindi a riciclo.
È più controllata I controlli sull’acqua di rubinetto sono regolamentati da normative differenti e più rigide rispetto a quelli previsti sull’acqua in bottiglia. I limiti di concentrazione ammessi per alcune sostanze (es. arsenico) sono più severi per le acque potabili rispetto alle minerali. La
qualità dell’acqua distribuita da AcegasApsAmga è garantita da più di 10.000 analisi all’anno.
Motivi per bere acqua di rubinetto
Si producono
meno rifiuti
Gli imballaggi e le bottiglie
contribuiscono sensibilmente ad aumentare la quantità
di rifiuti prodotti, soprattutto
plastica (PET), che stanno
soffocando il Pianeta. 130 litri
di acqua imbottigliata producono circa 4 chili di rifiuti.
Si riduce
l’inquinamento
La fase del trasporto delle
confezioni d’acqua influisce
non poco sulla qualità dell’aria,
visto che le bottiglie percorrono molti chilometri su strada
prima di arrivare sulle nostre
tavole, viaggiando solo per il
18% del totale su ferrovia.
Si spende
di meno
Un litro d’acqua di rubinetto ha
un costo infinitamente inferiore
rispetto a un litro di minerale in
bottiglia: da 300 a 1.000 volte
di meno! Acquistando l’acqua
imbottigliata si pagano anche i
costi dell’imballaggio, del trasporto e della pubblicità.
23
acqua
e sicurezza
Le prese di corrente devono
essere installate lontano da vasche, docce e lavandini.
Quando siamo a contatto con
l’acqua, come nella vasca da bagno, non usiamo e non teniamo
vicino a noi apparecchi collegati
alla rete elettrica, quali radio e
stufe.
Usiamo rasoi elettrici, asciugacapelli e ferri da stiro con le
24
mani e piedi asciutti, evitando il
contatto diretto con il pavimento
o le pareti: le mani bagnate e i
piedi nudi facilitano il passaggio
della corrente elettrica attraverso
il corpo; controllare che le apparecchiature siano integre e che il
cavo non sia deteriorato.
Assicuriamoci sempre che
l’impianto elettrico sia a norma e
dotato di salvavita.