Storia della Tecnologia dell’Informazione A.A. 2008-2009 Lezione 1 - Introduzione Giulio Peruzzi - [email protected] Sito web: http://www.scienze.unipd.it/storiascienza/CorsoIngegneria0809/CorsoIng0809.html Copyright, 2008-2009 © Giulio Peruzzi La storia della scienza e della tecnica La storia della scienza e della tecnica costituisce uno strumento prezioso per capire il mondo in cui viviamo. È la storia della scienza che quando tutti gli accessi e, per così dire, gli ingressi di tutte le menti sono come assediati e ostruiti dai più oscuri idoli che nelle menti sono radicati profondamente e come impressi a fuoco […] può permettere alla luce genuina e originaria delle cose di trovare uno spazio schietto e pulito nel quale rispecchiarsi. […] Il presente è un essere bifronte, guarda insieme al passato e all’avvenire per farsene una precisa idea è quindi importante avere un quadro di tutti e due i tempi, un quadro che abbracci non solo il corso e il progresso della scienza ma anche la previsione del futuro. da Francesco Bacone nel Temporis partum masculum Ripercorrere la storia delle idee, delle pratiche scientifiche e dei manufatti che sono alla base della nostra vita odierna è un po’ come spostare indietro l’indice che segna il presente su un ideale asse temporale e da questa nuova posizione osservare il passato e il futuro non dal nostro punto di vista ma dal punto di vista di coloro che a quell’epoca vivevano. Da questa prospettiva ciò che oggi appare ovvio ridiventa oggetto di difficile conquista nell’ambito dello sviluppo della conoscenza scientifica del mondo, e lo spettro di possibilità, di aspettative e di paure aperte dalle nuove teorie, dalle nuove scoperte e dai nuovi strumenti ritrova la sua originaria ricchezza. C’è però anche un’altra cruciale funzione della storia della scienza e della tecnica Qualunque cosa possa essere detta circa l'importanza di mirare alla profondità piuttosto che alla vastità nei nostri studi, e per quanto possa essere forte nell'epoca presente la domanda di persone specializzate, ci sarà sempre lavoro non solo per coloro che costruiscono scienze particolari e su di esse scrivono monografie, ma anche per coloro che dischiudono le comunicazioni tra gruppi diversi di costruttori in modo da facilitare una salutare interazione tra questi. E in un’università siamo particolarmente tenuti a riconoscere non solo l'unità della scienza stessa, ma anche la comunione di coloro che lavorano nella scienza. Siamo troppo inclini a supporre che siamo qui raccolti soltanto per avere alla nostra portata certi strumenti di studio, come musei e laboratori, biblioteche e seminari, cosicché ognuno di noi possa studiare ciò che preferisce. Io suppongo che quando le api si affollano intorno ai fiori fanno così perché sono interessate al miele, inconsapevoli del fatto che è il polline che portano da un fiore all'altro che permette di rendere possibile una più splendida fioritura e un più affaccendato affollarsi di api negli anni a venire. Non possiamo perciò far niente di meglio che rendere ancora migliore il tempo dello splendore (shining hour) operando in favore della fertilizzazione incrociata della scienza. J. Clerk Maxwell, The Telephone, Cambridge 1878 Alcune considerazioni generali Qual è il rapporto tra scienza e tecnica? ! A lungo la tecnica è stata indipendente dalla scienza, ma a partire dalla rivoluzione scientifica il rapporto si è fatto sempre più stretto e negli ultimi due secoli si è strutturato in modo tale che è oggi impossibile sviluppare la tecnica senza solide basi scientifiche. ! Esempi: • le macchine a vapore prima della nascita della termodinamica; • l’elettrodinamica prima dei generatori e dei motori elettrici; • l’elettrodinamica prima e durante l’elettronica. Considerazioni generali Un’utile distinzione (cf. J. Mokyr, I doni di Atena, il Mulino, 2004) ! … tra conoscenza del “che cosa” o proposizionale (Omega - episteme) e conoscenza del “come” o prescrittiva (lambda - techne). Nella Omega ci sta la scienza, ma anche le conoscenze comuni basate su regolarità. Nella lambda ci stanno le tecniche articolate in istruzioni contenute in dispositivi di memorizzazione. ! “[…] la conoscenza è un’entità culturale nel senso che viene distribuita a, condivisa con e acquisita da altri; se l’acquisizione diventa troppo difficile, la conoscenza Omega non è accessibile a coloro che non la possiedono ma intendono [o potrebbero] applicarla. Considerazioni generali ! Tra i due casi estremi di un mondo di “conoscenze episodiche” quale si ritiene esista tra gli animali e un mondo in cui ogni conoscenza è libera e accessibile a costo zero [vedi l’utopia di Bohr], c’è una realtà in cui parte della conoscenza è condivisa ma per accedervi l’individuo è costretto a spendere risorse reali. ! I costi di accesso dipendono dalla tecnologia di accesso, dall’affidabilità delle fonti e dalla grandezza totale di Omega; quanto più Omega è grande, tanto maggiori diventano la specializzazione e la suddivisione della conoscenza. L’accesso sarà quindi assicurato da fonti esperte e specialistiche che erogano informazioni utili. Considerazioni generali ! Questo è per l’appunto il campo della tecnologia dell’informazione. “Considerando che i costi di accesso variano da un sistema economico all’altro, è semplicistico presumere che l’insieme delle conoscenze utilizzabili sia comune e liberamente disponibile a tutti i paesi.” ! Non è un caso che la nascita della tecnologia moderna coincida con l’invenzione dei “sistemi di immagazzinamento esterno” come la scrittura, la carta, la stampa. Considerazioni generali Scienza e tecnica sono a tutti gli effetti cultura, quali legami con la crescita economica? ! entrambe, anche se in modi diversi, intrattengono rapporti con la struttura sociale ed economica; ! entrambe possono essere descritte ricorrendo a modelli ripresi dalla moderna teoria dell’evoluzione biologica; ! nel caso del progresso tecnologico il modello mutuato dall’evoluzione biologica appare quanto meno significativo, e lo sviluppo delle invenzioni e delle complementari innovazioni tecnologiche segue un processo spesso caratterizzato dalla “non intenzionalità” che si presta a essere descritto mediante il paradigma evolutivo. Considerazioni generali ! la storia della tecnica è stata tradizionalmente affidata agli storici dell’economia, considerando scontato il nesso progresso tecnologico-crescita economica. Questo ha ingenerato una serie di forzature: (1) distinzione tra invenzione e innovazione, considerando la prima di scarso interesse per la storia economica; (2) va da sé che anche il rapporto con la crescita di conoscenza scientifica viene in larga parte trascurato: ciò che conta sono le applicazioni; (3) difficoltà di spiegare perché così poche società siano state tecnologicamente creative. [cit. Joel Mokyr, La leva della ricchezza, il Mulino, Bologna 1995, pp. 20-23 e 406 e ss.] Cosa cambia nel rapporto tra teoria ed esperimento con la rivoluzione scientifica? Uno dei caratteri peculiari della rivoluzione scientifica del Seicento è la saldatura tra scienza e tecnica che segnerà in seguito l’intero sviluppo della conoscenza scientifica, prima in occidente e poi nel mondo intero. Sia Platone sia Aristotele avevano disprezzato l’arte meccanica e il lavoro manuale. L’assimilazione dell’opposizione tra schiavi e liberi a quella tra tecnica e scienza - tra conoscenza rivolta alla pratica e all’uso e conoscenza rivolta alla contemplazione della verità - era andata consolidandosi nei secoli. Le sette arti liberali (del trivio: grammatica, retorica e dialettica; e del quadrivio: aritmetica, geometria, musica e astronomia) erano appunto proprie degli uomini liberi, mentre quelle meccaniche e manuali erano proprie dei non liberi o degli schiavi. Un primo significativo cambiamento si ha nell’Italia del XV secolo dall’incontro tra artisti e scienziati. L’artista riceveva all’epoca una formazione polivalente che iniziava nella bottega di un maestro dove apprendeva, prima di specializzarsi, non solo la pittura e la scultura, ma anche l’architettura e l’oreficeria. In una sola persona, spesso, si sovrapponevano all’artista propriamente detto, l’architetto, l’urbanista, l’esperto di fortificazioni e di balistica. Tra i nomi di questi versatili artisti-ingegneri: Brunelleschi, Verrocchio, Mantegna, Leonardo da Vinci, Dürer. Argano centrale del cantiere brunelleschiano per la cupola del Duomo di Firenze, a tre velocità e inversione di rotazione per lavorare a ciclo continuo (disegno di Leonardo, Codice Atlantico, 1420ca. - Da St.Sc.Treccani, IV, p.949) Questo favorì progressivi contatti tra artisti e studiosi, tra i quali Paolo dal Pozzo Toscanelli, Luca Pacioli, Cardano, Tartaglia, Regiomontano, che ne utilizzarono spesso l’opera. E non dimentichiamo che Leon Battista Alberti nel De Pictura dette per iscritto veste teorica alla pratica prospettica del Brunelleschi che influì fortemente sull’opera di Masaccio, né dimentichiamo che Piero della Francesca nel suo De prospectiva pingendi fornì ampio materiale a Pacioli per il suo De divina proporzione. Fra’ Luca Pacioli che dimostra il primo teorema di Euclide assieme al suo protettore Guidobaldo da Montefeltro duca di Urbino. Di fronte a loro un « rombicuboottaedro » mezzo riempito d’acqua. Dipinto di Jacopo de’ Barbari (1495ca.) Terracotta invetriata di Andrea Della Robbia - collocati nel 1487 - per la decorazione del Loggiato dello Spedale degli Innocenti, costruito su progetto di Brunelleschi Da questi contatti nasce lentamente una nuova immagine dello scienziato e dell’artista, e una progressiva rivalutazione della tecnica e dei manufatti come strumenti funzionali al progresso della conoscenza. Queste esperienze seminali del Quattrocento sono in parte alla base della rivalutazione cinquecentesca delle arti meccaniche e della difesa sempre più decisa della loro dignità nell’ambito della cultura. [cit. Rossi, I filosofi e le macchine: 1400-1700, Feltrinelli 1962(2002), pp. 88-91] Solo alla luce di questa faticosa riaffermazione delle arti meccaniche, acquista particolare significato l’atteggiamento di Galilei, che nel 1609 punta verso il cielo il suo cannocchiale: la fiducia in uno strumento nato negli ambienti meccanici, disprezzato dalla scienza, funzionale non a deformare ma a potenziare la vista, fonte di nuova conoscenza contro l’assolutezza del guardare “naturale” degli occhi umani. A differenza delle dottrine che si rifacevano all’aristotelismo, gli strumenti entravano da quel momento a pieno titolo nella scienza. La loro definitiva accettazione richiese un cammino non facile, come dimostra per esempio il fatto che alla voce mécanique il Dictionnaire français di Richelet riportava ancora nel 1680 la definizione: “il termine meccanico, in riferimento alle arti, significa ciò che è contrario a liberale e onorevole: ha senso di basso, villano, poco degno di una persona onesta”. Ma è certo che oggi vediamo i segni di mondi lontani dalla nostra scala di grandezza grazie all’uso di strumenti e al solitario gesto di coraggio intellettuale che sanciva una decisa rottura con abitudini millenarie. Nonostante i grandi sviluppi della scienza e della tecnica e nonostante le “rivoluzioni” avvenute nei quadri interpretativi, esistono innegabili elementi di continuità ben esemplificati dal modo in cui “vediamo” gli oggetti a scale diverse di grandezza. Sorgente Bersaglio Rivelatore Il metodo della riduzione, il secare naturam, ha dimostrato fino ad oggi di funzionare ben al di là della passata distinzione tra fenomeni fisici e biologici. Se pure c’è chi ha sostenuto una forte continuità tra Medioevo e Rivoluzione scientifica, ci sono buone ragioni per avvalorare l’opposta tesi di una forte discontinuità tra la tradizione scientifica medievale e la scienza moderna: 1. La natura dei moderni è diversa da quella dei medievali: in essa non si dà distinzione di essenza tra corpi naturali e corpi artificiali. “Sulle cose naturali - scrive Gassendi, ma analoghe osservazioni si trovano in Bacone e Cartesio - indaghiamo allo stesso modo con cui indaghiamo sulle cose delle quali siamo noi stessi gli autori. Nelle cose della natura in cui ciò è possibile, facciamo uso dell’anatomia, della chimica e di aiuti di ogni genere in modo da capire, risolvendo per quanto possibile i corpi e come scomponendoli, di quali elementi e secondo quali criteri essi sono composti”. Da qui il criterio del conoscere come fare o dell’identità tra conoscere e costruire. 2. La natura dei moderni viene interrogata in condizioni “artificiali”: infatti l’esperienza degli aristotelici è tratta dal mondo della quotidianità, quella dei moderni invece deriva dagli esperimenti “artificialmente” costruiti. 3. Metafora del sapere dei moderni è l’esplorazione di nuovi continenti, mentre il sapere dei medievali è l’approfondimento dei problemi sulla base di regole codificate “in libris”. E qual cosa è più vergognosa che il sentir nelle pubbliche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all’avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l’onorato titolo di filosofi… Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta. Galileo respinge decisamente la separazione dei compiti nell’ambito della conoscenza, senza però mettere in dubbio l’esigenza della riflessione filosofica: “Non vi pigliate già pensiero del cielo né della Terra, né temiate la lor sovversione, come né anco della filosofia… La filosofia medesima non può se non ricevere benefizio dalle nostre dispute, perché se i nostri pensieri saranno veri, nuovi acquisti si saranno fatti, se falsi, col ributtargli, maggiormente verranno confermate le prime dottrine. Pigliatevi più tosto pensiero di alcuni filosofi, vedete di aiutargli e sostenergli, che quanto alla scienza stessa ella non può se non avanzarsi.” (Dialogo, Einaudi p. 47) Sono qui enucleati due temi fondamentali: – la conoscenza filosofica non è vuota, ma può trarre vantaggio dalle dispute nella scienza, nell’ambito della quale si può stabilire se un pensiero è verificabile o falsificabile; – la conoscenza scientifica inevitabilmente progredisce. Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”. • Il cannocchiale (ca. 1608) [l’astronomia dall’antichità alla rivoluzione scientifica] • Il microscopio (ca. 1610) • Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti 1639<?<1644) Galileo, Sidereus Nuncius, stampato a Venezia nel marzo del 1610 e dedicato a Cosimo II de’ Medici, esercitò sulla cultura scientifica del Seicento una profonda influenza. Esso conteneva tre fondamentali insiemi di scoperte. • Il primo riguardava la superficie della Luna. • Il secondo il fatto che costellazioni note (come quella di Orione) non erano rappresentate dalle consuete figure, ma popolate da miriadi di stelle. • Il terzo era la scoperta delle lune di Giove. Il primo riguardava la superficie della Luna: Essa non si presenta affatto “levigata, uniforme ed esattamente sferica, come un gran numero di filosofi credette di essa, ma ineguale, scabra e con molte cavità e sporgenze, non diversamente dalla faccia della Terra, variata da catene di monti e profonde valli.” I disegni che accompagnavano il Sidereus Nuncius erano in quegli anni sconvolgenti: la Luna, come corpo celeste, era infatti vista come corpo perfetto. Inoltre Galileo faceva notare che la Terra avrebbe offerto un analogo spettacolo a chi l’avesse osservata da lontano, “illuminata dal Sole”. Annunciava poi che in un prossimo trattato, De sistemate mundi, avrebbe provato la falsità del punto di vista secondo cui la Terra avrebbe dovuto essere esclusa dal “novero degli astri erranti”. La scienza e le illustrazioni Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica, 1543 Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica, 1543 (scuola del Tiziano) Veduta Orto Botanico, da Jacobi Philippi Tomasini, 1654 Tavola, Aquilegia, Amor Nascosto, 1776 Nel Sidereus Nuncius erano esposti altri fatti sconcertanti: • Innanzi tutto viene stabilita una netta differenza tra stelle e pianeti. I pianeti “presentano i loro globi esattamente rotondi e definiti e, come piccole lune luminose perfuse ovunque di luce, appaiono circolari”. Le stelle “si mostrano di uguale figura all’occhio nudo e viste al connocchiale” . Ma c’è di più: visto con il nuovo strumento il cielo appariva di colpo affollato da “un gran numero” di stelle “invisibili alla vista naturale”. Con il nuovo strumento si vedevano costellazioni note (come quella di Orione) non più rappresentate dalle consuete figure, ma popolate da miriadi di stelle (nel limite stretto di uno o due gradi apparivano più di 500 nuove stelle nella costellazione di Orione). Orione Le Pleiadi Le due nebulose: quella della Testa di Orione e quella del Presepe Ma “il più importante” fatto del libro era costituito da ciò che Galileo aveva osservato, giorno dopo giorno, attorno a Giove. Queste osservazioni vengono narrate, in forma di diario, da Galileo ad iniziare dal 7 gennaio 1610. Inizialmente pensa al moto apparente di Giove rispetto a stelle fisse. Ma il calcolo di questo moto era possibile, e lo convince che mai Giove avrebbe potuto di giorno in giorno compiere quel tipo di moto: “Stabilii dunque e conclusi fuor di ogni dubbio che in cielo v’erano stelle vaganti attorno a Giove, come Venere e Mercurio attorno al Sole”. Accanto alle stelle visibili quindi esisteva una miriade di stelle “invisibili”. A questa seconda novità astronomica, se ne aggiungeva una terza: la Via Lattea e le Nebulose, che a occhio nudo apparivano come “un candore latteo come di nube biancheggiante”, erano in realtà stupefacenti ammassi di stelle. Una conclusione che Galileo corroborava con le osservazioni della Testa di Orione e della Nebulosa del Presepe. La sorprendente precisione delle misure di Galileo è ben esemplificata dalla seguente tabella: Satellite I II III IV Galileo (1612) 1 giorno e 18,5 ore 3 giorni e 13,3 ore 7 giorni e 4 ore 16 giorni e circa 18 ore Encyclopaedia Brit. (1910) 1 giorno e 18,48 ore 3 giorni e 13,5 ore 7 giorni e 4 ore 16 giorni e circa 18 ore Il sistema di Copernico era stato oggetto di molte critiche e non poteva ancora disporre di una teoria fisica su cui fondarsi. Tra le varie perplessità che esso aveva sollevato vi era quella relativa al supposto trascinamento della Luna nel moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole. A Conclusione del Sidereus Galileo affermava: “Ora non abbiamo un solo pianeta che gira intorno ad un altro, mentre entrambi percorrono la grande orbita intorno al Sole, ma il senso ci mostra quattro stelle erranti intorno a Giove, così come la Luna attorno alla Terra, mentre tutte insieme con Giove, con periodo di dodici anni si volgono in ampia orbita intorno al Sole”. Alexandre Koyré [Dal mondo chiuso all'Universo Infinito, Feltrinelli, Milano 1979] ha così elencato le interpretazioni-reazioni alla rivoluzione copernicana: (1) alcuni sottolineano una pretesa conversione dello spirito umano dalla theoria alla praxis, dalla scientia contemplativa alla scientia activa et operativa, che trasformò l'uomo da spettatore in padrone e dominatore della natura; (2) altri insistono sulla sostituzione dello schema teleologico ed organicistico di pensiero ed esplicazione con il modello meccanicista e causale, che portò a quella “meccanizzazione della visione del mondo” dominante nel XVII e XVIII secolo e ancora presente, anche se in forme nuove, nel XIX secolo; (3) altri ancora descrivono la disperazione e la confusione introdotte dalla “nuova filosofia” in un mondo in cui era sparita ogni coerenza e in cui i cieli non annunciavano più la gloria di Dio; (4) infine c’è chi riduce questi mutamenti a due fondamentali azioni strettamente connesse: (a) la distruzione del cosmo, inteso come un tutto finito e ben determinato la cui struttura spaziale incorporava una gerarchia di perfezione e valore, sostituito da un universo indefinito, od anche infinito, non più unito da una subordinazione naturale, ma unificato soltanto dalla identità delle sue leggi e delle sue componenti ultime e fondamentali; (b) la geometrizzazione dello spazio, che sostituisce la concezione aristotelica dello spazio (insieme differenziato di luoghi naturali) con la geometria euclidea, mera estensione infinita e omogenea, da quel momento considerata identica allo spazio reale del mondo. L’osservazione delle fasi di Venere, compiuta da Galilei verso la fine del 1610, costituisce una delle prime prove a favore del sistema copernicano rispetto a quello tolemaico. Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”. • Il cannocchiale (ca. 1608) • Il microscopio (ca. 1610) • Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti 1639<?<1644) Gli abitanti della Nuova Atlantide di Bacone (composta tra il 1614 e il 1617, pubblicata postuma nel 1626) possiedono “aiuti per la vista migliori delle lenti e degli occhiali” per “vedere distintamente e perfettamente i corpi più minuti ... altrimenti invisibili”. L’uso del microscopio (Galileo 1610?) apriva all’occhio umano un altro “nuovo mondo”, sfuggito fino ad allora all’osservazione dei sensi e pieno di “meravigliose” strutture e forme di vita. In questo strumento l'oculare, costituito da una lente biconvessa, è incastonato in una montatura di legno fissata vicino all’estremità superiore del microscopio. L'autore di questo microscopio, Eustachio Divini (1610-1685), fu uno dei più grandi costruttori di strumenti ottici nell’Europa del Seicento. Lavorò a Roma a partire dal 1646. Divini nel campo della microscopia fu indubbiamente tra i primi costruttori a portare al microscopio sostanziali migliorie: le sue innovazioni sono ampiamente citate da famosi autori del Seicento e alcune continuarono a essere usate fino al XIX secolo. I microscopi costruiti da Divini sono oggi rarisssimi, e sembra addirittura che questo esemplare sia l’unico microscopio attribuito con certezza a Divini. Nel Seicento l’uso del microscopio come strumento scientifico si afferma grazie principalmente ai lavori di: 1) Marcello Malpighi (16281694) - De pulmonibus (1661). 2) Robert Hooke (16351703) - Micrographia (1665). 3) Jan Swammerdam (1637-1680) 4) Antoni van Leeuwenhoek (16321673). Microscopio composto, firmato “Eustachio Divini in Roma 1672”. Il problema delle aberrazioni (sferica e cromatica) • Nel corso del Settecento in tutta Europa gli scienziati continuano a usare microscopi sia composti sia semplici, ma le aberrazioni sferiche e cromatiche sembravano porre limiti invalicabili agli ingrandimenti ottenibili. • Gli oggetti apparivano sfuocati e circondati da frange colorate [è una delle ragioni che spinge Newton a costruire i telescopi a riflessione]. L’aberrazione sferica poteva essere ridotta utilizzando un diaframma (che però aveva l’effetto di rendere meno luminosa l’immagine), mentre quella cromatica sembrava irriducibile. Le aberrazioni erano ovviamente più evidenti nei microscopi composti che in quelli semplici. • La soluzione arriva negli anni 1750 dal lavoro di John Dollond, un costruttore di strumenti ottici, che accoppia vetro crown e flint nella costruzione di lenti acromatiche. Il lavoro di Dollond sarà ripreso e sviluppato da Joseph Fraunhofer, artigiano bavarese, nei primi due decenni dell’Ottocento. Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”. • Il cannocchiale (ca. 1608) • Il microscopio (ca. 1610) • Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti 1639<?<1644) Le accennai già, che si stava facendo non so che esperienza filosofica intorno al vacuo, non per far semplicemente il vacuo, ma per far uno strumento, che mostrasse le mutazioni dell’aria, ora più grave e grossa, ed or più leggera e sottile. Molti hanno detto, che il vacuo non si dia, altri che si dia, ma con repugnanza della Natura, e con fatica; non so già, che alcuno abbia detto, che si dia senza fatica, e senza resistenza della Natura. Io discorreva così: se trovassi una causa manifestissima dalla quale derivi quella resistenza, che si sente nel voler fare il vacuo, indarno mi pare si cercherebbe di attribuire al vacuo quella operazione, che deriva apertamente da altra cagione, anzi che facendo certi calculi facilissimi, io trovo, che la causa da me addotta (cioè il peso dell’aria), doverebbe per sé sola far maggior contrasto, che ella non fa nel tentarsi il vacuo. Dico ciò perché qualche Filosofo vedendo di non poter fuggire questa confessione, che la gravità dell’aria cagioni la repugnanza, che si sente nel fare il vacuo, non dicesse di concedere l’operazione del peso aereo ma persistesse nell’asseverare, che anche la Natura concorre a repugnare al vacuo. Noi viviamo sommersi nel fondo d’un pelago d’aria elementare, la quale per esperienze indubitate si sa che pesa […]. Lettera di Torricelli a Michelagelo Ricci, 1644 La lettera di Torricelli (16081647; 1644) a Michelangelo Ricci offre un chiaro esempio di come si istituisce di fatto la saldatura fra costruzione di macchine e strumenti e l’emergere di fondamentali questioni teoriche. L’esperienza (1644) mostrava che l’argento vivo (il mercurio) risaliva il tubo non perché attratto dal vuoto, ma perché spinto dalla pressione esterna dell’aria. L’accettazione dell’idea della pressione dell’aria sarà relativamente veloce, non altrettanto quella dell’esistenza del vuoto (il dibattito tra vacuisti e plenisti si protrarrà per vari decenni). Tavola di un testo del XVII secolo che rappresentano strumenti usati da Robert Boyle per esperimenti sull’acqua. 4. I moderni criticano il sapere scolastico in quanto non in grado di interrogare la natura, ma solo sé stesso fornendo sempre risposte soddisfacenti: in esso c’è posto solo per il maestro e il discepolo, ma non per l’inventore. 5. I moderni operano con disinvoltura e opportunismo metodologico sconosciuti alla tradizione medievale. Ciò che conta non è la pretesa all’assoluta esattezza, ma l’invenzione di strumenti di misurazione sempre più accurati che spostano l’attenzione dalla precisione ideale a quella necessaria in relazione agli scopi e agli strumenti disponibili. Le invenzioni, grazie al nuovo sapere tecnico e scientifico, permettono lo sviluppo dell’umanità: la volontà umana di dominio sulla natura può trasformare l’ambiente in cui l’uomo vive. Francesco Bacone, riflettendo sull’importanza cruciale che le nuove invenzioni giocano ne evidenziava acutamente alcuni caratteri: – la casualità, – il loro fondarsi sulla scoperta di nuove proprietà delle cose o sulla semplice combinazione di proprietà delle cose già note. “Il caso infatti – scriveva Bacone – in concomitanza con circostanze naturali favorevoli, ha dato origine a molte scoperte. Nella scoperta del fuoco, per esempio, il Prometeo della Nuova India differisce dal Prometeo europeo perché non ha abbondanza di selce.” Ed elencando le invenzioni che avevano cambiato l’umanità, distingueva tra quelle che, come “la polvere da sparo, il filo di seta, la bussola, lo zucchero, il vetro e simili”, sono fondate su proprietà delle cose, e quelle che, come “l’arte della stampa”, non implicano “nulla che non sia chiaro e quasi ovvio e che non derivi dalla combinazione di cose già note.” E concludeva dicendo: “Nel processo dell’invenzione, invero, la mente umana appare superficiale e inetta: prima dispera di sé e poi si disprezza; prima ritiene incredibile che una certa invenzione possa essere realizzata ma, dopo averla realizzata, ritiene incredibile che non sia stata realizzata molto tempo prima. Ma proprio questo fatto fa sperare che resti ancora un gran numero di invenzioni che possano essere ricavate non solo da operazioni sconosciute, ma anche dal trasferimento e dall’applicazione di operazioni già note.” [Cogitata et Visa, 1607-1609] Gli strumenti scientifici presenti nel mondo antico e medievale (bilancia, compasso, astrolabio, primi orologi meccanici, ecc.) erano il risultato di un lento processo di perfezionamento. Con gli inizi del Seicento si assiste a un’improvvisa fase di invenzione che nel giro di un secolo cambia profondamente l’immagine della scienza e il suo rapporto con la società. • Si afferma l’importanza sociale della scienza e degli scienziati: i fini della scienza sono informati al progresso e al rinnovamento delle condizioni di vita dell’umanità. • È necessaria una collaborazione tra ricercatori, non casuale, ma pianificata, organizzata, istituzionalizzata (esperimenti in concerto). • Si rifiuta di pensare al mondo come immagine vivente di Dio: non ci sono corrispondenze segrete tra uomo e natura, l’universo non è luogo di simboli corrispondenti ad archetipi divini, l’impresa scientifica non si configura come un’esperienza mistica non comunicabile. Non il sapiente-sacerdote, né il genio del singolo sono paradigmatici della figura dello scienziato: ma la comunicazione e il lavoro di un gruppo nel quale conta la divisione del lavoro, il coordinamento e l’interrelazione. Soffermiamoci sui fondamentali passi che portano dalla rivoluzione scientifica alla rivoluzione elettronica (cronologia degli sviluppi paralleli di elettricità e pneumatica): ! 1600, De magnete di Gilbert ! 1644, la scoperta di Torricelli ! 1654, Otto von Guericke inventa la prima pompa pneumatica, sviluppata in seguito (1659) da Boyle e Hooke, e da Hauksbee (1703) ! Inizio dello studio dei “bagliori” nel vuoto (1676, Jean Picard; 1700, Johann Bernoulli, dal 1703, Hauksbee) ! Prime proprietà dell’elettricità (Stephen Gray, 1729) e scoperta di due tipi di carica elettrica (Charles Dufay, 1733) !La bottiglia di Leida, 1745 (von Kleist e Peter van Musschenbroek) ! Prime leggi dell’elettrostatica e della magnetostatica (Cavendish e Coulomb, dal 1771 al 1889) Eötvös (1889; 1922) Coulomb (1777; 1784-85) Bilancia di torsione per verificare l’esistenza di dimensioni aggiuntive alle 3 spaziali ordinarie [Hoyle et al, Phys. Rev. Lett., 86 (2001) 1418-21] ! La pila di Volta (1800) e le esperienze di Ørsted (1820) e Ampère (1820): dalle ricerche nell’elettrostatica all’elettrodinamica. Pila a truogoli di Volta Pila a colonna di Volta ! L’induzione elettromagnetica, Faraday, 1831 ! Generatori a induzione (dal 1832, Antoine Pixii) e bobine a induzione (dagli anni 1830, perfezionati da Ruhmkorff negli anni 1850) Rocchetto di Rumkhorff - firmato “Rumkhorff à Paris’’ !Tubi di Geissler, 1857 Tubo Geissler Tubi di Crookes con ruota a palette Tubi di Plücker Tubo a raggi X Tubo di Goldstein raggi canale ! Le leggi del campo elettromagnetico, Clerk Maxwell, 1864 Interferometro di Michelson (1881; Michelson-Morley 1887) LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) e VIRGO, LISA … ! La scoperta dei raggi X (1895), della radioattività (1896) e dell’elettrone (1897) Sono queste ultime scoperte che danno il via agli sviluppi della fisica del XX secolo (Relatività e Meccanica Quantistica) e alla rivoluzione elettronica. Dalle osservazioni di Jean Picard sono passati circa due secoli e mezzo. Tirando le fila… Lo stretto nesso tra invenzione di nuovi strumenti e scoperte scientifiche è connotativo della scienza moderna. Viene prima lo strumento o la scoperta scientifica? 1. Esistono strumenti (come la bilancia di torsione o l’interferometro) che si basano su teorie scientifiche già esistenti. 2. Esistono strumenti (il cannocchiale, il barometro, i tubi a raggi catodici, la pila di Volta) che inaugurano nuove teorie scientifiche. Esiste uno scarto tra intenzionalità dell’inventore e applicazioni degli strumenti scientifici, uno scarto che ha fatto pensare a più di uno studioso (Cavalli Sforza*, Joel Mokyr**) che si possa applicare al processo di invenzione, e al complementare processo di innovazione tecnologica (le cosiddette “microinvenzioni’’), il paradigma evolutivo Darwiniano. *L.L. Cavalli-Sforza, M.W. Feldman, Cultural Transmission and Evolution: a Quantitative Approach, Princeton University Press, Princeton 1981. **J. Mokyr, The Lever of Riches. Technological Creativity and Economic Progress, Oxford University Press, New York 1990. Gli uomini sperimentali sono simili alla formica; costoro raccolgono soltanto, ed usano; i ragionatori assomigliano ai ragni, che fanno delle ragnatele traendole dalla loro sostanza. L’ape invece prende una via intermedia; raccoglie materiale dai fiori del giardino e dei campi, ma lo trasforma e lo digerisce mediante un suo specifico potere. Non dissimile da questo è il vero lavoro della filosofia, giacché essa non riposa né solamente né principalmente sui poteri della mente, e neppure prende la materia che raccoglie dalla storia naturale e dagli esperimenti meccanici, depositandola interamente, così come la trova, nella memoria; la deposita invece nella comprensione, alterata e digerita. [...] Perciò molto si può sperare da una più stretta e pura lega fra queste due facoltà, quella sperimentale e quella razionale (come mai prima di ora è stato fatto). [Francesco Bacone (1560-1626), Opere Filosofiche, 2 voll., Laterza, Bari 1965; Cf. UTET, Torino 1975, Novum Organum (vol. I, Aforisma 95) pp. 607-8.] Discontinuità nei quadri interpretativi: • Incrinature sempre più evidenti nel corso dell’Ottocento nella pretesa di universalità della cosiddetta meccanica classica (quella di Galilei e Newton). • In particolare si andranno affermando esigenze di un ripensamento di nozioni fondamentali come quelle di spazio, tempo e oggetto fisico. • L’elettromagnetismo di Maxwell porterà naturalmente alla definizione di una nuova costante universale (la velocità della luce) e alla necessità di superare il principio di relatività galileiano (e quindi lo spazio-tempo della meccanica classica), e non è un caso che la memoria di Einstein del 1905 che contiene la teoria della relatività ristretta si intitoli “elettrodinamica dei corpi in movimento”. • L’avvento della meccanica quantistica introdurrà ulteriori novità, portando a un profondo mutamento del significato di causalità in fisica e dei caratteri dell’oggetto fisico. Spaziotempo in relatività generale Onda? O particella? La meccanica quantistica in realtà ci insegna che l’alternativa classica, onda o particella, non è ben posta: un elettrone può comportarsi come un’onda o come una particella a seconda del tipo di dispositivo sperimentale che viene utilizzato. Il “fenomeno” è un complesso di cui fa parte il sistema fisico da osservare e lo strumento di misura. L’ampia diffusione dei prodotti della tecnica e il loro uso quotidiano sembra renderli oggi ovvii e scontati, tanto da ingenerare in molti la sensazione che siano esistiti da sempre. Giusto per fare qualche esempio: come immaginare le strade e le case senza luce elettrica? o gli spostamenti senza navi a motore, treni, automobili, aerei? o le comunicazioni senza telefoni, radio, televisione? Eppure ancora nei primi decenni dell’Ottocento tutto questo era di là da venire. La velocità con cui i manufatti tecnologicamente sempre più sofisticati sono diventati parte della nostra vita quotidiana è notevolmente aumentata con quella che un noto rapporto del “Club di Roma” chiamava la “rivoluzione microelettronica” (aggiungendo nel sottotitolo “per il meglio e per il peggio”). Basti pensare che il primo Universal Automatic Computer (UNIVAC) veniva terminato solo nel 1951 e prodotto in “ben sette esemplari”. La natura sarebbe una funzione della civiltà. Le civiltà sarebbero l’ultima realtà a noi raggiungibile. Lo scetticismo della nostra ultima fase sarebbe storico. Ma perché la leva al tempo d’Archimede e i cunei nel paleolitico funzionavano esattamente come oggi? Perché perfino una scimmia è in grado di usare una leva o una pietra come se fosse a conoscenza della statica e della resistenza dei materiali, e una pantera di dedurre dalle orme la presenza della preda come se fosse a conoscenza della causalità? Ove non si voglia supporre che una civiltà comune leghi anche scimmie, uomini dell’età della pietra, Archimede e pantere, non resta proprio altro che supporre un regolatore comune situato al di fuori dei soggetti, un’esperienza obiettiva che sia quindi capace di ampliarsi e affinarsi, la possibilità di una conoscenza, una qualsivoglia concezione di verità, di progresso e di ascesa, in breve proprio quel miscuglio di fattori teoretici soggettivi ed oggettivi, la separazione dei quali costituisce il gravoso lavoro di cernita della teoria della conoscenza […] [Robert Musil, Spirito ed esperienza, osservazioni per i lettori scampati al tramonto dell’occidente] BIBLIOGRAFIA • Joel Mokyr, La leva della ricchezza. Creatività tecnologica e progresso economico, il Mulino, Bologna 1995; I doni di Atena. Le origini storiche dell’economia della conoscenza, il Mulino, Bologna 2004. • Luigi Luca Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura, Codice edizioni, Torino 2004. • Paolo Rossi, I filosofi e le macchine, Feltrinelli, Milano 2002. • Paolo Rossi, La rivoluzione scientifica da Copernico a Newton, Loescher, Torino 1999. • G. Peruzzi, S. Talas, Bagliori nel vuoto. Dall’Uovo elettrico ai raggi X: un percorso tra elettricità e pneumatica dal Seicento a oggi, Catalogo del Museo di Storia della Fisica di Padova, Vol. 1, Canova, Treviso 2004. • AA.VV. (rapporto del Club di Roma), La rivoluzione microelettronica. Per il meglio e per il peggio, Mondadori, Milano 1982.