Lezione 1 - Introduzione - Storia della Fisica e Storia della Scienza e

Storia della Tecnologia dell’Informazione
A.A. 2008-2009
Lezione 1 - Introduzione
Giulio Peruzzi - [email protected]
Sito web:
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La storia della scienza e della tecnica
La storia della scienza e della tecnica costituisce uno strumento
prezioso per capire il mondo in cui viviamo.
È la storia della scienza che quando tutti gli accessi e, per
così dire, gli ingressi di tutte le menti sono come assediati e
ostruiti dai più oscuri idoli che nelle menti sono radicati
profondamente e come impressi a fuoco […] può permettere
alla luce genuina e originaria delle cose di trovare uno
spazio schietto e pulito nel quale rispecchiarsi. […]
Il presente è un essere bifronte, guarda insieme al passato e
all’avvenire per farsene una precisa idea è quindi importante
avere un quadro di tutti e due i tempi, un quadro che
abbracci non solo il corso e il progresso della scienza ma
anche la previsione del futuro.
da Francesco Bacone nel Temporis partum masculum
Ripercorrere la storia delle idee, delle pratiche
scientifiche e dei manufatti che sono alla base della
nostra vita odierna è un po’ come spostare indietro
l’indice che segna il presente su un ideale asse
temporale e da questa nuova posizione osservare il
passato e il futuro non dal nostro punto di vista ma dal
punto di vista di coloro che a quell’epoca vivevano.
Da questa prospettiva ciò che oggi appare ovvio
ridiventa oggetto di difficile conquista nell’ambito dello
sviluppo della conoscenza scientifica del mondo, e lo
spettro di possibilità, di aspettative e di paure aperte
dalle nuove teorie, dalle nuove scoperte e dai nuovi
strumenti ritrova la sua originaria ricchezza.
C’è però anche un’altra cruciale funzione della storia della
scienza e della tecnica
Qualunque cosa possa essere detta circa l'importanza
di mirare alla profondità piuttosto che alla vastità nei
nostri studi, e per quanto possa essere forte nell'epoca
presente la domanda di persone specializzate, ci sarà
sempre lavoro non solo per coloro che costruiscono
scienze particolari e su di esse scrivono monografie,
ma anche per coloro che dischiudono le comunicazioni
tra gruppi diversi di costruttori in modo da facilitare una
salutare interazione tra questi.
E in un’università siamo particolarmente tenuti a
riconoscere non solo l'unità della scienza stessa, ma
anche la comunione di coloro che lavorano nella
scienza.
Siamo troppo inclini a supporre che siamo qui raccolti
soltanto per avere alla nostra portata certi strumenti
di studio, come musei e laboratori, biblioteche e
seminari, cosicché ognuno di noi possa studiare ciò
che preferisce.
Io suppongo che quando le api si affollano intorno ai
fiori fanno così perché sono interessate al miele,
inconsapevoli del fatto che è il polline che portano da
un fiore all'altro che permette di rendere possibile
una più splendida fioritura e un più affaccendato
affollarsi di api negli anni a venire. Non possiamo
perciò far niente di meglio che rendere ancora
migliore il tempo dello splendore (shining hour)
operando in favore della fertilizzazione incrociata
della scienza.
J. Clerk Maxwell, The Telephone, Cambridge 1878
Alcune considerazioni generali
Qual è il rapporto tra scienza e tecnica?
! A lungo la tecnica è stata indipendente dalla scienza, ma
a partire dalla rivoluzione scientifica il rapporto si è fatto
sempre più stretto e negli ultimi due secoli si è strutturato
in modo tale che è oggi impossibile sviluppare la tecnica
senza solide basi scientifiche.
! Esempi:
•
le macchine a vapore prima della nascita della
termodinamica;
•
l’elettrodinamica prima dei generatori e dei motori
elettrici;
•
l’elettrodinamica prima e durante l’elettronica.
Considerazioni generali
Un’utile distinzione (cf. J. Mokyr, I doni di Atena, il Mulino, 2004)
! … tra conoscenza del “che cosa” o proposizionale
(Omega - episteme) e conoscenza del “come” o
prescrittiva (lambda - techne). Nella Omega ci sta la
scienza, ma anche le conoscenze comuni basate su
regolarità. Nella lambda ci stanno le tecniche articolate in
istruzioni contenute in dispositivi di memorizzazione.
! “[…] la conoscenza è un’entità culturale nel senso che
viene distribuita a, condivisa con e acquisita da altri; se
l’acquisizione diventa troppo difficile, la conoscenza
Omega non è accessibile a coloro che non la possiedono
ma intendono [o potrebbero] applicarla.
Considerazioni generali
! Tra i due casi estremi di un mondo di “conoscenze
episodiche” quale si ritiene esista tra gli animali e un
mondo in cui ogni conoscenza è libera e accessibile a
costo zero [vedi l’utopia di Bohr], c’è una realtà in cui
parte della conoscenza è condivisa ma per accedervi
l’individuo è costretto a spendere risorse reali.
! I costi di accesso dipendono dalla tecnologia di accesso,
dall’affidabilità delle fonti e dalla grandezza totale di
Omega; quanto più Omega è grande, tanto maggiori
diventano la specializzazione e la suddivisione della
conoscenza. L’accesso sarà quindi assicurato da fonti
esperte e specialistiche che erogano informazioni utili.
Considerazioni generali
! Questo è per l’appunto il campo della tecnologia
dell’informazione. “Considerando che i costi di accesso
variano da un sistema economico all’altro, è
semplicistico presumere che l’insieme delle conoscenze
utilizzabili sia comune e liberamente disponibile a tutti i
paesi.”
! Non è un caso che la nascita della tecnologia moderna
coincida con l’invenzione dei “sistemi di
immagazzinamento esterno” come la scrittura, la carta,
la stampa.
Considerazioni generali
Scienza e tecnica sono a tutti gli effetti cultura, quali legami
con la crescita economica?
! entrambe, anche se in modi diversi, intrattengono
rapporti con la struttura sociale ed economica;
! entrambe possono essere descritte ricorrendo a modelli
ripresi dalla moderna teoria dell’evoluzione biologica;
! nel caso del progresso tecnologico il modello mutuato
dall’evoluzione biologica appare quanto meno
significativo, e lo sviluppo delle invenzioni e delle
complementari innovazioni tecnologiche segue un
processo spesso caratterizzato dalla “non intenzionalità”
che si presta a essere descritto mediante il paradigma
evolutivo.
Considerazioni generali
! la storia della tecnica è stata tradizionalmente affidata
agli storici dell’economia, considerando scontato il nesso
progresso tecnologico-crescita economica. Questo ha
ingenerato una serie di forzature:
(1) distinzione tra invenzione e innovazione, considerando
la prima di scarso interesse per la storia economica;
(2) va da sé che anche il rapporto con la crescita di
conoscenza scientifica viene in larga parte trascurato: ciò
che conta sono le applicazioni;
(3) difficoltà di spiegare perché così poche società siano
state tecnologicamente creative.
[cit. Joel Mokyr, La leva della ricchezza, il Mulino, Bologna
1995, pp. 20-23 e 406 e ss.]
Cosa cambia nel rapporto tra teoria ed
esperimento con la rivoluzione scientifica?
Uno dei caratteri peculiari della rivoluzione scientifica del
Seicento è la saldatura tra scienza e tecnica che segnerà in
seguito l’intero sviluppo della conoscenza scientifica, prima
in occidente e poi nel mondo intero.
Sia Platone sia Aristotele avevano disprezzato l’arte
meccanica e il lavoro manuale. L’assimilazione
dell’opposizione tra schiavi e liberi a quella tra tecnica e
scienza - tra conoscenza rivolta alla pratica e all’uso e
conoscenza rivolta alla contemplazione della verità - era
andata consolidandosi nei secoli.
Le sette arti liberali (del trivio: grammatica, retorica e
dialettica; e del quadrivio: aritmetica, geometria, musica e
astronomia) erano appunto proprie degli uomini liberi,
mentre quelle meccaniche e manuali erano proprie dei non
liberi o degli schiavi.
Un primo significativo cambiamento si ha nell’Italia del XV secolo
dall’incontro tra artisti e scienziati.
L’artista riceveva all’epoca una formazione polivalente che
iniziava nella bottega di un maestro dove apprendeva, prima di
specializzarsi, non solo la pittura e la scultura, ma anche
l’architettura e l’oreficeria.
In una sola persona, spesso,
si sovrapponevano all’artista
propriamente detto,
l’architetto, l’urbanista,
l’esperto di fortificazioni e di
balistica.
Tra i nomi di questi versatili
artisti-ingegneri: Brunelleschi,
Verrocchio, Mantegna,
Leonardo da Vinci, Dürer.
Argano centrale del cantiere brunelleschiano per la cupola del Duomo di
Firenze, a tre velocità e inversione di rotazione per lavorare a ciclo continuo
(disegno di Leonardo, Codice Atlantico, 1420ca. - Da St.Sc.Treccani, IV, p.949)
Questo favorì progressivi
contatti tra artisti e studiosi,
tra i quali Paolo dal Pozzo
Toscanelli, Luca Pacioli,
Cardano, Tartaglia,
Regiomontano, che ne
utilizzarono spesso l’opera.
E non dimentichiamo che Leon
Battista Alberti nel De Pictura
dette per iscritto veste teorica
alla pratica prospettica del
Brunelleschi che influì
fortemente sull’opera di
Masaccio, né dimentichiamo
che Piero della Francesca nel
suo De prospectiva pingendi
fornì ampio materiale a Pacioli
per il suo De divina
proporzione.
Fra’ Luca Pacioli che dimostra il primo teorema di Euclide assieme
al suo protettore Guidobaldo da Montefeltro duca di Urbino. Di
fronte a loro un « rombicuboottaedro » mezzo riempito d’acqua.
Dipinto di Jacopo de’ Barbari (1495ca.)
Terracotta invetriata di Andrea Della Robbia - collocati nel 1487 - per la
decorazione del Loggiato dello Spedale degli Innocenti, costruito su progetto
di Brunelleschi
Da questi contatti nasce lentamente una nuova immagine
dello scienziato e dell’artista, e una progressiva
rivalutazione della tecnica e dei manufatti come strumenti
funzionali al progresso della conoscenza.
Queste esperienze seminali del Quattrocento sono in parte
alla base della rivalutazione cinquecentesca delle arti
meccaniche e della difesa sempre più decisa della loro
dignità nell’ambito della cultura. [cit. Rossi, I filosofi e le macchine:
1400-1700, Feltrinelli 1962(2002), pp. 88-91]
Solo alla luce di questa faticosa riaffermazione delle arti
meccaniche, acquista particolare significato l’atteggiamento
di Galilei, che nel 1609 punta verso il cielo il suo
cannocchiale: la fiducia in uno strumento nato negli
ambienti meccanici, disprezzato dalla scienza, funzionale
non a deformare ma a potenziare la vista, fonte di nuova
conoscenza contro l’assolutezza del guardare “naturale”
degli occhi umani.
A differenza delle dottrine che si rifacevano all’aristotelismo,
gli strumenti entravano da quel momento a pieno titolo nella
scienza.
La loro definitiva accettazione richiese un cammino non
facile, come dimostra per esempio il fatto che alla voce
mécanique il Dictionnaire français di Richelet riportava
ancora nel 1680 la definizione:
“il termine meccanico, in riferimento alle arti, significa ciò
che è contrario a liberale e onorevole: ha senso di basso,
villano, poco degno di una persona onesta”.
Ma è certo che oggi vediamo i segni di mondi lontani dalla
nostra scala di grandezza grazie all’uso di strumenti e al
solitario gesto di coraggio intellettuale che sanciva una
decisa rottura con abitudini millenarie.
Nonostante i grandi sviluppi della scienza e della tecnica e
nonostante le “rivoluzioni” avvenute nei quadri interpretativi,
esistono innegabili elementi di continuità ben esemplificati
dal modo in cui “vediamo” gli oggetti a scale diverse di
grandezza.
Sorgente
Bersaglio
Rivelatore
Il metodo della
riduzione, il
secare
naturam, ha
dimostrato fino
ad oggi di
funzionare ben
al di là della
passata
distinzione tra
fenomeni fisici
e biologici.
Se pure c’è chi ha sostenuto una forte continuità tra Medioevo e
Rivoluzione scientifica, ci sono buone ragioni per avvalorare
l’opposta tesi di una forte discontinuità tra la tradizione scientifica
medievale e la scienza moderna:
1. La natura dei moderni è diversa da quella dei medievali: in
essa non si dà distinzione di essenza tra corpi naturali e corpi
artificiali.
“Sulle cose naturali - scrive Gassendi, ma analoghe osservazioni
si trovano in Bacone e Cartesio - indaghiamo allo stesso modo
con cui indaghiamo sulle cose delle quali siamo noi stessi gli
autori. Nelle cose della natura in cui ciò è possibile, facciamo uso
dell’anatomia, della chimica e di aiuti di ogni genere in modo da
capire, risolvendo per quanto possibile i corpi e come
scomponendoli, di quali elementi e secondo quali criteri essi sono
composti”.
Da qui il criterio del conoscere come fare o dell’identità tra
conoscere e costruire.
2. La natura dei moderni viene interrogata in condizioni “artificiali”:
infatti l’esperienza degli aristotelici è tratta dal mondo della
quotidianità, quella dei moderni invece deriva dagli esperimenti
“artificialmente” costruiti.
3. Metafora del sapere dei moderni è l’esplorazione di nuovi
continenti, mentre il sapere dei medievali è l’approfondimento dei
problemi sulla base di regole codificate “in libris”.
E qual cosa è più vergognosa che il sentir nelle pubbliche dispute,
mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un
testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca
all’avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo
di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di
memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si
usurpino l’onorato titolo di filosofi…
Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni,
vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi
nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un
mondo di carta.
Galileo respinge decisamente la separazione dei compiti
nell’ambito della conoscenza, senza però mettere in dubbio
l’esigenza della riflessione filosofica:
“Non vi pigliate già pensiero del cielo né della Terra, né temiate la
lor sovversione, come né anco della filosofia… La filosofia
medesima non può se non ricevere benefizio dalle nostre dispute,
perché se i nostri pensieri saranno veri, nuovi acquisti si saranno
fatti, se falsi, col ributtargli, maggiormente verranno confermate le
prime dottrine. Pigliatevi più tosto pensiero di alcuni filosofi, vedete
di aiutargli e sostenergli, che quanto alla scienza stessa ella non
può se non avanzarsi.” (Dialogo, Einaudi p. 47)
Sono qui enucleati due temi fondamentali:
– la conoscenza filosofica non è vuota, ma può trarre vantaggio
dalle dispute nella scienza, nell’ambito della quale si può
stabilire se un pensiero è verificabile o falsificabile;
– la conoscenza scientifica inevitabilmente progredisce.
Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate
esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono
all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”.
• Il cannocchiale (ca. 1608) [l’astronomia dall’antichità alla
rivoluzione scientifica]
• Il microscopio (ca. 1610)
• Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti
1639<?<1644)
Galileo,
Sidereus
Nuncius,
stampato a
Venezia nel
marzo del 1610
e dedicato a
Cosimo II de’
Medici, esercitò
sulla cultura
scientifica del
Seicento una
profonda
influenza.
Esso conteneva tre
fondamentali insiemi di
scoperte.
• Il primo riguardava la
superficie della Luna.
• Il secondo il fatto che
costellazioni note
(come quella di Orione)
non erano
rappresentate dalle
consuete figure, ma
popolate da miriadi di
stelle.
• Il terzo era la
scoperta delle lune di
Giove.
Il primo riguardava la superficie della Luna:
Essa non si presenta affatto “levigata, uniforme
ed esattamente sferica, come un gran numero di
filosofi credette di essa, ma ineguale, scabra e
con molte cavità e sporgenze, non diversamente
dalla faccia della Terra, variata da catene di
monti e profonde valli.”
I disegni che accompagnavano il Sidereus
Nuncius erano in quegli anni sconvolgenti: la
Luna, come corpo celeste, era infatti vista come
corpo perfetto. Inoltre Galileo faceva notare che
la Terra avrebbe offerto un analogo spettacolo a
chi l’avesse osservata da lontano, “illuminata dal
Sole”.
Annunciava poi che in un prossimo trattato, De
sistemate mundi, avrebbe provato la falsità del
punto di vista secondo cui la Terra avrebbe
dovuto essere esclusa dal “novero degli astri
erranti”.
La scienza e le illustrazioni
Andrea Vesalio, De humani
corporis fabrica, 1543
Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica, 1543 (scuola del Tiziano)
Veduta Orto Botanico, da Jacobi Philippi Tomasini, 1654
Tavola, Aquilegia, Amor Nascosto, 1776
Nel Sidereus Nuncius erano esposti altri fatti sconcertanti:
• Innanzi tutto viene stabilita una netta differenza tra stelle
e pianeti.
I pianeti “presentano i
loro globi esattamente
rotondi e definiti e,
come piccole lune
luminose perfuse
ovunque di luce,
appaiono circolari”.
Le stelle “si mostrano di uguale
figura all’occhio nudo e viste al
connocchiale” . Ma c’è di più: visto
con il nuovo strumento il cielo
appariva di colpo affollato da “un
gran numero” di stelle “invisibili
alla vista naturale”.
Con il nuovo strumento si vedevano costellazioni note (come quella
di Orione) non più rappresentate dalle consuete figure, ma
popolate da miriadi di stelle (nel limite stretto di uno o due gradi
apparivano più di 500 nuove stelle nella costellazione di Orione).
Orione
Le Pleiadi
Le due
nebulose:
quella della
Testa di
Orione e
quella del
Presepe
Ma “il più importante” fatto del
libro era costituito da ciò che
Galileo aveva osservato, giorno
dopo giorno, attorno a Giove.
Queste osservazioni vengono
narrate, in forma di diario, da
Galileo ad iniziare dal 7 gennaio
1610. Inizialmente pensa al
moto apparente di Giove rispetto
a stelle fisse. Ma il calcolo di
questo moto era possibile, e lo
convince che mai Giove avrebbe
potuto di giorno in giorno
compiere quel tipo di moto:
“Stabilii dunque e conclusi fuor di
ogni dubbio che in cielo v’erano
stelle vaganti attorno a Giove,
come Venere e Mercurio attorno
al Sole”.
Accanto alle stelle visibili
quindi esisteva una miriade di
stelle “invisibili”.
A questa seconda novità
astronomica, se ne
aggiungeva una terza: la Via
Lattea e le Nebulose, che a
occhio nudo apparivano come
“un candore latteo come di
nube biancheggiante”, erano
in realtà stupefacenti ammassi
di stelle.
Una conclusione che Galileo
corroborava con le
osservazioni della Testa di
Orione e della Nebulosa del
Presepe.
La sorprendente precisione delle misure di Galileo è ben esemplificata dalla seguente tabella:
Satellite
I
II
III
IV
Galileo (1612)
1 giorno e 18,5 ore
3 giorni e 13,3 ore
7 giorni e 4 ore
16 giorni e circa 18 ore
Encyclopaedia Brit. (1910)
1 giorno e 18,48 ore
3 giorni e 13,5 ore
7 giorni e 4 ore
16 giorni e circa 18 ore
Il sistema di Copernico era stato oggetto di molte
critiche e non poteva ancora disporre di una teoria
fisica su cui fondarsi. Tra le varie perplessità che
esso aveva sollevato vi era quella relativa al
supposto trascinamento della Luna nel moto di
rivoluzione della Terra intorno al Sole.
A Conclusione del Sidereus Galileo affermava:
“Ora non abbiamo un solo pianeta che gira intorno ad
un altro, mentre entrambi percorrono la grande orbita
intorno al Sole, ma il senso ci mostra quattro stelle
erranti intorno a Giove, così come la Luna attorno
alla Terra, mentre tutte insieme con Giove, con
periodo di dodici anni si volgono in ampia orbita
intorno al Sole”.
Alexandre Koyré [Dal mondo chiuso all'Universo
Infinito, Feltrinelli, Milano 1979] ha così elencato le
interpretazioni-reazioni alla rivoluzione copernicana:
(1) alcuni sottolineano una pretesa conversione dello
spirito umano dalla theoria alla praxis, dalla scientia
contemplativa alla scientia activa et operativa, che
trasformò l'uomo da spettatore in padrone e
dominatore della natura;
(2) altri insistono sulla sostituzione dello schema
teleologico ed organicistico di pensiero ed
esplicazione con il modello meccanicista e causale,
che portò a quella “meccanizzazione della visione
del mondo” dominante nel XVII e XVIII secolo e
ancora presente, anche se in forme nuove, nel XIX
secolo;
(3) altri ancora descrivono la disperazione e la confusione
introdotte dalla “nuova filosofia” in un mondo in cui era
sparita ogni coerenza e in cui i cieli non annunciavano più la
gloria di Dio;
(4) infine c’è chi riduce questi mutamenti a due fondamentali
azioni strettamente connesse: (a) la distruzione del cosmo,
inteso come un tutto finito e ben determinato la cui struttura
spaziale incorporava una gerarchia di perfezione e valore,
sostituito da un universo indefinito, od anche infinito, non più
unito da una subordinazione naturale, ma unificato soltanto
dalla identità delle sue leggi e delle sue componenti ultime e
fondamentali; (b) la geometrizzazione dello spazio, che
sostituisce la concezione aristotelica dello spazio (insieme
differenziato di luoghi naturali) con la geometria euclidea,
mera estensione infinita e omogenea, da quel momento
considerata identica allo spazio reale del mondo.
L’osservazione delle fasi
di Venere, compiuta da
Galilei verso la fine del
1610, costituisce una
delle prime prove a
favore del sistema
copernicano rispetto a
quello tolemaico.
Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate
esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono
all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”.
• Il cannocchiale (ca. 1608)
• Il microscopio (ca. 1610)
• Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti
1639<?<1644)
Gli abitanti della Nuova
Atlantide di Bacone
(composta tra il 1614 e il
1617, pubblicata postuma
nel 1626) possiedono “aiuti
per la vista migliori delle
lenti e degli occhiali” per
“vedere distintamente e
perfettamente i corpi più
minuti ... altrimenti
invisibili”.
L’uso del microscopio
(Galileo 1610?) apriva
all’occhio umano un altro
“nuovo mondo”, sfuggito
fino ad allora
all’osservazione dei sensi
e pieno di “meravigliose”
strutture e forme di vita.
In questo strumento l'oculare, costituito da
una lente biconvessa, è incastonato in una
montatura di legno fissata vicino
all’estremità superiore del microscopio.
L'autore di questo microscopio, Eustachio
Divini (1610-1685), fu uno dei più grandi
costruttori di strumenti ottici nell’Europa del
Seicento. Lavorò a Roma a partire dal
1646. Divini nel campo della microscopia fu
indubbiamente tra i primi costruttori a
portare al microscopio sostanziali migliorie:
le sue innovazioni sono ampiamente citate
da famosi autori del Seicento e alcune
continuarono a essere usate fino al XIX
secolo.
I microscopi costruiti da Divini sono oggi
rarisssimi, e sembra addirittura che questo
esemplare sia l’unico microscopio attribuito
con certezza a Divini.
Nel Seicento l’uso del
microscopio come
strumento scientifico si
afferma grazie
principalmente ai lavori di:
1) Marcello Malpighi (16281694) - De pulmonibus
(1661).
2) Robert Hooke (16351703) - Micrographia
(1665).
3) Jan Swammerdam
(1637-1680)
4) Antoni van
Leeuwenhoek (16321673).
Microscopio composto, firmato
“Eustachio Divini in Roma
1672”.
Il problema delle aberrazioni (sferica e cromatica)
• Nel corso del Settecento in tutta Europa gli scienziati continuano a
usare microscopi sia composti sia semplici, ma le aberrazioni
sferiche e cromatiche sembravano porre limiti invalicabili agli
ingrandimenti ottenibili.
• Gli oggetti apparivano sfuocati e circondati da frange colorate [è
una delle ragioni che spinge Newton a costruire i telescopi a
riflessione]. L’aberrazione sferica poteva essere ridotta utilizzando
un diaframma (che però aveva l’effetto di rendere meno luminosa
l’immagine), mentre quella cromatica sembrava irriducibile. Le
aberrazioni erano ovviamente più evidenti nei microscopi composti
che in quelli semplici.
• La soluzione arriva negli anni 1750 dal lavoro di John Dollond, un
costruttore di strumenti ottici, che accoppia vetro crown e flint nella
costruzione di lenti acromatiche. Il lavoro di Dollond sarà ripreso e
sviluppato da Joseph Fraunhofer, artigiano bavarese, nei primi due
decenni dell’Ottocento.
Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate
esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono
all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”.
• Il cannocchiale (ca. 1608)
• Il microscopio (ca. 1610)
• Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti
1639<?<1644)
Le accennai già, che si stava facendo non so che esperienza
filosofica intorno al vacuo, non per far semplicemente il vacuo,
ma per far uno strumento, che mostrasse le mutazioni dell’aria,
ora più grave e grossa, ed or più leggera e sottile.
Molti hanno detto, che il vacuo non si dia, altri che si dia, ma
con repugnanza della Natura, e con fatica; non so già, che
alcuno abbia detto, che si dia senza fatica, e senza resistenza
della Natura.
Io discorreva così: se trovassi una causa manifestissima dalla
quale derivi quella resistenza, che si sente nel voler fare il
vacuo, indarno mi pare si cercherebbe di attribuire al vacuo
quella operazione, che deriva apertamente da altra cagione,
anzi che facendo certi calculi facilissimi, io trovo, che la causa
da me addotta (cioè il peso dell’aria), doverebbe per sé sola far
maggior contrasto, che ella non fa nel tentarsi il vacuo.
Dico ciò perché qualche Filosofo vedendo di non poter
fuggire questa confessione, che la gravità dell’aria cagioni
la repugnanza, che si sente nel fare il vacuo, non dicesse
di concedere l’operazione del peso aereo ma persistesse
nell’asseverare, che anche la Natura concorre a repugnare
al vacuo.
Noi viviamo sommersi nel fondo d’un pelago d’aria
elementare, la quale per esperienze indubitate si sa che
pesa […].
Lettera di Torricelli a Michelagelo Ricci, 1644
La lettera di Torricelli (16081647; 1644) a Michelangelo Ricci
offre un chiaro esempio di come
si istituisce di fatto la saldatura
fra costruzione di macchine e
strumenti e l’emergere di
fondamentali questioni teoriche.
L’esperienza (1644) mostrava
che l’argento vivo (il mercurio)
risaliva il tubo non perché attratto
dal vuoto, ma perché spinto dalla
pressione esterna dell’aria.
L’accettazione dell’idea della
pressione dell’aria sarà
relativamente veloce, non
altrettanto quella dell’esistenza
del vuoto (il dibattito tra vacuisti e
plenisti si protrarrà per vari
decenni).
Tavola di un testo del XVII
secolo che rappresentano
strumenti usati da Robert
Boyle per esperimenti
sull’acqua.
4. I moderni criticano il sapere scolastico in quanto non
in grado di interrogare la natura, ma solo sé stesso
fornendo sempre risposte soddisfacenti: in esso c’è
posto solo per il maestro e il discepolo, ma non per
l’inventore.
5. I moderni operano con disinvoltura e opportunismo
metodologico sconosciuti alla tradizione medievale.
Ciò che conta non è la pretesa all’assoluta esattezza,
ma l’invenzione di strumenti di misurazione sempre
più accurati che spostano l’attenzione dalla
precisione ideale a quella necessaria in relazione agli
scopi e agli strumenti disponibili.
Le invenzioni, grazie al nuovo sapere tecnico e
scientifico, permettono lo sviluppo dell’umanità: la
volontà umana di dominio sulla natura può
trasformare l’ambiente in cui l’uomo vive.
Francesco Bacone, riflettendo sull’importanza cruciale
che le nuove invenzioni giocano ne evidenziava
acutamente alcuni caratteri:
– la casualità,
– il loro fondarsi sulla scoperta di nuove proprietà
delle cose o sulla semplice combinazione di
proprietà delle cose già note.
“Il caso infatti – scriveva Bacone – in concomitanza con
circostanze naturali favorevoli, ha dato origine a molte
scoperte. Nella scoperta del fuoco, per esempio, il
Prometeo della Nuova India differisce dal Prometeo
europeo perché non ha abbondanza di selce.”
Ed elencando le invenzioni che avevano cambiato
l’umanità, distingueva tra quelle che, come “la polvere da
sparo, il filo di seta, la bussola, lo zucchero, il vetro e
simili”, sono fondate su proprietà delle cose, e quelle che,
come “l’arte della stampa”, non implicano “nulla che non
sia chiaro e quasi ovvio e che non derivi dalla
combinazione di cose già note.”
E concludeva dicendo:
“Nel processo dell’invenzione, invero, la mente umana
appare superficiale e inetta: prima dispera di sé e poi si
disprezza; prima ritiene incredibile che una certa
invenzione possa essere realizzata ma, dopo averla
realizzata, ritiene incredibile che non sia stata realizzata
molto tempo prima.
Ma proprio questo fatto fa sperare che resti ancora un
gran numero di invenzioni che possano essere ricavate
non solo da operazioni sconosciute, ma anche dal
trasferimento e dall’applicazione di operazioni già note.”
[Cogitata et Visa, 1607-1609]
Gli strumenti scientifici presenti nel mondo antico e
medievale (bilancia, compasso, astrolabio, primi
orologi meccanici, ecc.) erano il risultato di un lento
processo di perfezionamento.
Con gli inizi del Seicento si assiste a un’improvvisa
fase di invenzione che nel giro di un secolo cambia
profondamente l’immagine della scienza e il suo
rapporto con la società.
• Si afferma l’importanza sociale della scienza e degli
scienziati: i fini della scienza sono informati al
progresso e al rinnovamento delle condizioni di vita
dell’umanità.
• È necessaria una collaborazione tra ricercatori, non
casuale, ma pianificata, organizzata, istituzionalizzata
(esperimenti in concerto).
• Si rifiuta di pensare al mondo come immagine vivente di
Dio: non ci sono corrispondenze segrete tra uomo e
natura, l’universo non è luogo di simboli corrispondenti ad
archetipi divini, l’impresa scientifica non si configura come
un’esperienza mistica non comunicabile.
Non il sapiente-sacerdote, né il genio del singolo sono
paradigmatici della figura dello scienziato: ma la
comunicazione e il lavoro di un gruppo nel quale conta la
divisione del lavoro, il coordinamento e l’interrelazione.
Soffermiamoci sui fondamentali passi che portano dalla
rivoluzione scientifica alla rivoluzione elettronica (cronologia
degli sviluppi paralleli di elettricità e pneumatica):
! 1600, De magnete di Gilbert
! 1644, la scoperta di Torricelli
! 1654, Otto von Guericke inventa la prima pompa
pneumatica, sviluppata in seguito (1659) da Boyle e Hooke, e
da Hauksbee (1703)
! Inizio dello studio dei “bagliori” nel vuoto (1676, Jean
Picard; 1700, Johann Bernoulli, dal 1703, Hauksbee)
! Prime proprietà dell’elettricità (Stephen Gray, 1729) e
scoperta di due tipi di carica elettrica (Charles Dufay, 1733)
!La bottiglia di Leida, 1745 (von Kleist e Peter van
Musschenbroek)
! Prime leggi dell’elettrostatica e della magnetostatica (Cavendish e
Coulomb, dal 1771 al 1889)
Eötvös (1889; 1922)
Coulomb (1777; 1784-85)
Bilancia di torsione per verificare
l’esistenza di dimensioni
aggiuntive alle 3 spaziali ordinarie
[Hoyle et al, Phys. Rev. Lett., 86
(2001) 1418-21]
! La pila di Volta (1800) e le esperienze di Ørsted (1820) e Ampère
(1820): dalle ricerche nell’elettrostatica all’elettrodinamica.
Pila a truogoli di Volta
Pila a colonna di Volta
! L’induzione elettromagnetica, Faraday, 1831
! Generatori a induzione (dal 1832, Antoine Pixii) e bobine a
induzione (dagli anni 1830, perfezionati da Ruhmkorff negli anni
1850)
Rocchetto di Rumkhorff - firmato “Rumkhorff à Paris’’
!Tubi di Geissler, 1857
Tubo Geissler
Tubi di Crookes con ruota a palette
Tubi di Plücker
Tubo a raggi X
Tubo di Goldstein raggi canale
! Le leggi del campo elettromagnetico, Clerk Maxwell, 1864
Interferometro di Michelson
(1881; Michelson-Morley 1887)
LIGO (Laser Interferometer
Gravitational-Wave Observatory) e
VIRGO, LISA …
! La scoperta dei raggi X (1895), della
radioattività (1896) e dell’elettrone (1897)
Sono queste ultime scoperte che danno il via agli
sviluppi della fisica del XX secolo (Relatività e
Meccanica Quantistica) e alla rivoluzione
elettronica.
Dalle osservazioni di Jean Picard sono passati
circa due secoli e mezzo.
Tirando le fila…
Lo stretto nesso tra invenzione di nuovi strumenti e
scoperte scientifiche è connotativo della scienza
moderna.
Viene prima lo strumento o la scoperta scientifica?
1. Esistono strumenti (come la bilancia di torsione o
l’interferometro) che si basano su teorie scientifiche
già esistenti.
2. Esistono strumenti (il cannocchiale, il barometro, i
tubi a raggi catodici, la pila di Volta) che inaugurano
nuove teorie scientifiche.
Esiste uno scarto tra intenzionalità dell’inventore e
applicazioni degli strumenti scientifici, uno scarto che
ha fatto pensare a più di uno studioso (Cavalli
Sforza*, Joel Mokyr**) che si possa applicare al
processo di invenzione, e al complementare processo
di innovazione tecnologica (le cosiddette
“microinvenzioni’’), il paradigma evolutivo Darwiniano.
*L.L. Cavalli-Sforza, M.W. Feldman, Cultural Transmission
and Evolution: a Quantitative Approach, Princeton University
Press, Princeton 1981.
**J. Mokyr, The Lever of Riches. Technological Creativity
and Economic Progress, Oxford University Press, New York
1990.
Gli uomini sperimentali sono simili alla formica; costoro
raccolgono soltanto, ed usano; i ragionatori assomigliano ai
ragni, che fanno delle ragnatele traendole dalla loro sostanza.
L’ape invece prende una via intermedia; raccoglie materiale dai
fiori del giardino e dei campi, ma lo trasforma e lo digerisce
mediante un suo specifico potere.
Non dissimile da questo è il vero lavoro della filosofia, giacché
essa non riposa né solamente né principalmente sui poteri della
mente, e neppure prende la materia che raccoglie dalla storia
naturale e dagli esperimenti meccanici, depositandola
interamente, così come la trova, nella memoria; la deposita
invece nella comprensione, alterata e digerita.
[...] Perciò molto si può sperare da una più stretta e pura lega fra
queste due facoltà, quella sperimentale e quella razionale (come
mai prima di ora è stato fatto).
[Francesco Bacone (1560-1626), Opere Filosofiche, 2 voll., Laterza, Bari 1965;
Cf. UTET, Torino 1975, Novum Organum (vol. I, Aforisma 95) pp. 607-8.]
Discontinuità nei quadri interpretativi:
• Incrinature sempre più evidenti nel corso dell’Ottocento nella
pretesa di universalità della cosiddetta meccanica classica (quella di
Galilei e Newton).
• In particolare si andranno affermando esigenze di un ripensamento
di nozioni fondamentali come quelle di spazio, tempo e oggetto
fisico.
• L’elettromagnetismo di Maxwell porterà naturalmente alla
definizione di una nuova costante universale (la velocità della luce) e
alla necessità di superare il principio di relatività galileiano (e quindi
lo spazio-tempo della meccanica classica), e non è un caso che la
memoria di Einstein del 1905 che contiene la teoria della relatività
ristretta si intitoli “elettrodinamica dei corpi in movimento”.
• L’avvento della meccanica quantistica introdurrà ulteriori novità,
portando a un profondo mutamento del significato di causalità in
fisica e dei caratteri dell’oggetto fisico.
Spaziotempo in relatività generale
Onda?
O particella?
La meccanica quantistica in realtà ci insegna che l’alternativa
classica, onda o particella, non è ben posta: un elettrone può
comportarsi come un’onda o come una particella a seconda del
tipo di dispositivo sperimentale che viene utilizzato. Il “fenomeno”
è un complesso di cui fa parte il sistema fisico da osservare e lo
strumento di misura.
L’ampia diffusione dei prodotti della tecnica e il loro uso quotidiano sembra
renderli oggi ovvii e scontati, tanto da ingenerare in molti la sensazione che
siano esistiti da sempre. Giusto per fare qualche esempio: come
immaginare le strade e le case senza luce elettrica? o gli spostamenti
senza navi a motore, treni, automobili, aerei? o le comunicazioni senza
telefoni, radio, televisione? Eppure ancora nei primi decenni dell’Ottocento
tutto questo era di là da venire.
La velocità con cui i manufatti
tecnologicamente sempre più
sofisticati sono diventati parte
della nostra vita quotidiana è
notevolmente aumentata con
quella che un noto rapporto del
“Club di Roma” chiamava la
“rivoluzione microelettronica”
(aggiungendo nel sottotitolo “per il
meglio e per il peggio”). Basti
pensare che il primo Universal
Automatic Computer (UNIVAC)
veniva terminato solo nel 1951 e
prodotto in “ben sette esemplari”.
La natura sarebbe una funzione della civiltà. Le civiltà sarebbero
l’ultima realtà a noi raggiungibile. Lo scetticismo della nostra ultima
fase sarebbe storico. Ma perché la leva al tempo d’Archimede e i
cunei nel paleolitico funzionavano esattamente come oggi? Perché
perfino una scimmia è in grado di usare una leva o una pietra come se
fosse a conoscenza della statica e della resistenza dei materiali, e una
pantera di dedurre dalle orme la presenza della preda come se fosse
a conoscenza della causalità?
Ove non si voglia supporre che una civiltà comune leghi anche
scimmie, uomini dell’età della pietra, Archimede e pantere, non resta
proprio altro che supporre un regolatore comune situato al di fuori dei
soggetti, un’esperienza obiettiva che sia quindi capace di ampliarsi e
affinarsi, la possibilità di una conoscenza, una qualsivoglia concezione
di verità, di progresso e di ascesa, in breve proprio quel miscuglio di
fattori teoretici soggettivi ed oggettivi, la separazione dei quali
costituisce il gravoso lavoro di cernita della teoria della conoscenza
[…]
[Robert Musil, Spirito ed esperienza, osservazioni per i lettori scampati al tramonto
dell’occidente]
BIBLIOGRAFIA
• Joel Mokyr, La leva della ricchezza. Creatività tecnologica e
progresso economico, il Mulino, Bologna 1995; I doni di Atena. Le
origini storiche dell’economia della conoscenza, il Mulino, Bologna
2004.
• Luigi Luca Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura, Codice
edizioni, Torino 2004.
• Paolo Rossi, I filosofi e le macchine, Feltrinelli, Milano 2002.
• Paolo Rossi, La rivoluzione scientifica da Copernico a Newton,
Loescher, Torino 1999.
• G. Peruzzi, S. Talas, Bagliori nel vuoto. Dall’Uovo elettrico ai raggi
X: un percorso tra elettricità e pneumatica dal Seicento a oggi,
Catalogo del Museo di Storia della Fisica di Padova, Vol. 1,
Canova, Treviso 2004.
• AA.VV. (rapporto del Club di Roma), La rivoluzione
microelettronica. Per il meglio e per il peggio, Mondadori, Milano
1982.