∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano ∂ – Rivista di architettura 2007 ¥ 12 Detail digitale Traduzioni in italiano 1 Testo in italiano Traduzione: Architetto Rossella Letizia Mombelli E-Mail: [email protected] Potete trovare unʼanteprima con immagine di tutti progetti cliccando su: http://www.detail.de/Archiv/De/HoleHeft/201/ErgebnisHeft Pagina 1422 Editoriale Christian Schittich Il rapido sviluppo delle tecnologie computerizzate, salvo rare eccezioni, ha invaso capillarmente ogni settore. L’architettura sta vivendo la digitalizzazione dal progetto alla realizzazione di un componente edile. Con il computer si dominano complessità geometriche a livello planimetrico che tramite animazioni a gestione digitale possono diventare esperibili. I programmi integrati consentono la contemporaneità progettuale di tutti i protagonisti del progetto intorno ad un modello digitale comune. Nel processo costruttivo finale i dati generati possono essere utilizzati per gestire macchine di produzione a controllo computerizzato. In questo numero di Detail desideriamo analizzare l’influsso della digitalizzazione sul metodo a gestione computerizzata progettuale ed esecutivo in architettura. Il panorama spazia dagli strumenti elettronici per la progettazione urbanistica, ai processi produttivi gestiti da computer fino ai più recenti strumenti di progettazione strutturale. Abbiamo approfondito diversi dei contenuti della rivista in Internet con testi, immagini, disegni di progetto ma soprattutto con video ed animazioni. Nella maggior parte dei casi la documentazione è raccolta su DETAIL Topics (www.detail.de/topics), la nuova piattaforma ad accesso gratuito disponibile a partire dal 1. dicembre. Discussione Pagina 1424 Spazio e sostenibilità digitale Intervista con Ben van Berkel, UNStudio Detail: Nel libro “Design Models” auspica di eliminare il design dalle attività dell’architetto. Ben van Berkel: In un certo senso ci auguriamo che questo avvenga, ma fondamentalmente si trattava di una provocazione. Se da un lato si parla di eliminare il “design”, dall’altro emerge l’ambiguità del significato del termine. Oggi, il termine “design” possiede un’accezione quasi stigmatizzante in quanto identificativa di un trend modaiolo superficiale. Non vogliamo assimilare completamente il design all’architettura ma siamo al contempo contrari al fatto che il design venga sempre più interpretato come presentazione epidermica di qualcosa che è stato creato. Prima di meditare nuove metodologie di design, è necessario sbarazzarsi del termine sostituendolo con uno più idoneo. Detail: In passato avete usato diagrammi come strumenti progettuali. Che cosa c’è di nuovo nei “Design Models”? Ben van Berkel: Oggi possediamo una serie quasi infinita di possibilità per realizzare un edificio e abbiamo a disposizione programmi informatizzati che consentono la riproduzione di qualsiasi forma. Alla Columbia University di New York o presso l’Architecture Association di Londra vengono riprodotti e sviluppati in piccoli gruppi i concetti da noi sviscerati negli anni ’90. La similarità che emerge tra molti dei progetti che ne derivano è indicativa del fatto che non viene sfruttato interamente il potenziale della complessità. I “Design Models” dovrebbero aiutare a risolvere la complessità architettonica e a sviluppare una metodologia di lavoro discipli- nata. Sia gli stilisti di moda che gli industrial designers sono un passo avanti se si parla di sviluppo di metodi progettuali illimitati. All’innovazione si arriva concentrandosi su un aspetto e tralasciandone altri: ad esempio facendo del colore il tema principale di una collezione. Trovato il tema conduttore, risulta facile selezionare anche il materiale adatto che enfatizzi al meglio la scelta cromatica. Si pensi all’opera di Andy Warhol o alle tecniche di stampa di Roy Lichtenstein considerate punto di partenza dell’opera che si trasformano successivamente in qualcosa di estremamente originale tramite l’intervento pittorico dell’artista. Detail: Quale ruolo ha nella sua opera la rivoluzione digitale in termini di strategia progettuale? Ben van Berkel: La rivoluzione digitale ha un ruolo decisivo nel mio lavoro. Con l’ausilio di un progetto sviluppato con tecniche di elaborazione digitale è possibile indagare radicalmente le tipologie base che si sono evolute nel corso della storia dell’architettura lavorando con nuovi ingredienti. Gli “ingredienti” dell’architettura moderna sono i pilastri, i solai e le facciate aperte da ampie vetrate. Il sistema applicativo più usato è il reticolo ortogonale o il collage. Nella progettazione con computer, il fatto decisamente nuovo è che non dobbiamo decidere per un sistema ma possiamo combinare diversi principi da cui scaturisca un risultato di estrema complessità. Detail: Si approda ancora una volta al solito “Blob” design? Ben van Berkel: No, a patto che si tenga costantemente monitorato quello che si deve fare con gli strumenti digitali. E’ interessante, ad esempio, che nell’intersezione di due componenti è possibile controllare la transizione acquisendone la forma che ne deriva. Se si lasciano i due componenti più o meno come sono, si riproduce l’effetto di un collage, se si implementa il grado di fusione nasce un ibrido. Gli elementi di partenza dell’ibrido sono ancora percepibili, ma viene generato qualcosa di completamente nuovo: 2 Traduzioni in italiano in questo caso nasce un “Manimal” una sintesi tra umano e animale. Detail: Come è cambiato il processo di lavoro con l’uso del computer? Ben van Berkel: In passato, il processo progettuale aveva un tracciato lineare. Si diceva: questo è uno schizzo, questo è un modello, due elementi da cui estrapolare il progetto esecutivo. Abbiamo lavorato in questo modo più o meno fino a dieci anni fa. Da circa cinque anni vengono integrate tecnologie ingegneristiche di particolare complessità al fine di stabilire in una prima fase fino a che punto si possa deformare un materiale. Possiamo introdurre diversi materiali nel nostro modello dati 3D prevedendo l’interazione tra forze agenti sulla struttura portante. Solo quando abbiamo la sicurezza che sia tecnicamente realizzabile in dettaglio, ritorniamo a riflessioni formali. Lo sviluppo è rivoluzionario e possiede un enorme potenziale. Oggi abbiamo a disposizione innumerevoli possibilità tecniche. Ad esempio, se desidero una lamiera di facciata con duplice curvatura, è necessario riflettere per tempo se la devo preformare in laboratorio, se la piegherò direttamente in cantiere o se devo irrigidirla con fibra di vetro. Seguendo un simile procedimento progettuale è possibile realizzare elementi di facciata più sottili. Con il computer indaghiamo i limiti di un materiale sulla base delle sue caratteristiche tecniche ma ci addentriamo anche in innovativi effetti ottici e materici. Detail: In altri termini, nel vostro studio ci sono sia matite che modelli? Ben van Berkel: Non iniziamo mai a lavorare subito al computer. Se si lavora direttamente con il computer si rischia di non carpire appieno o di mal interpretare la propria capacità inventiva e creativa. Passiamo da un media all’altro avvalendoci di tecnici che sperimentano alla stessa stregua degli stilisti o dei compositori di musica contemporanea. Di solito, iniziamo in maniera ludica, immagi- Inserto ampliato in italiano 2007 ¥ 12 ∂ nando quali potrebbero essere le conseguenze se l’edificio fosse una palla. Oppure, in piena progettazione preliminare porto un piccolo diagramma tratto da un contesto diverso; si lavora anche con metafore, con l’ausilio di modelli fisici, spesso con modelli di carta che chiariscono immediatamente l’idea. In ufficio vantiamo un vasto laboratorio di modelli. Solo i modelli più complessi realizzati con tecniche di prototipazione rapida vengono realizzati all’esterno dello studio. Per testare il progetto con diversi materiali, mettiamo diversi vestiti all’edificio. Detail: Qual è il vantaggio di un modello plastico? Ben van Berkel: I vantaggi di un modello plastico si riassumono nella sua chiarezza visiva. I modelli plastici trasmettono, inoltre, la percezione di una scala dimensionale cosa che nei modelli digitali è meno riconoscibile anche se naturalmente lavoriamo anche con modelli digitali. Nella realizzazione dell’Erasmus Bridge abbiamo appreso questo metodo di lavoro dagli ingegneri. Oggi utilizziamo programmi d’ingegneria come Topsolid in combinazione con altri programmi al fine di ottenere la soluzione ottimale. Detail: Lavorate alla visualizzazione anche con la realtà virtuale? Ben van Berkel: Abbiamo già sperimentato la realtà virtuale. A Stoccarda stiamo progettando per l’Istituto Fraunhofer un edificio per uffici dove studiare uno schermo di presen- tazione completamente nuovo per visionare la modellazione tridimensionale 3D dei nostri progetti come realtà virtuale. La cosa è molto affascinante ma non bisogna perdere di vista gli obbiettivi. Spesso i modelli spaziali offrono molte più informazioni. Detail : Sarebbe possibile realizzare un edificio complesso come il Mercedes Museum senza l’ausilio di un computer? Ben van Berkel: Se devo dire la verità, penso di sì. Ma non sarebbe possibile nei tempi in cui l’abbiamo realizzato. La proprietà Mer- cedes ha fornito i presupposti perché si lavorasse con le tecnologie più moderne. Dato che tutti gli impianti sono integrati negli elementi in calcestruzzo a vista, ogni particolare ha dovuto essere visionato e approvato dagli ingegneri e dalle ditte esecutrici. Infine, tutte le modifiche degli elaborati -fino a 200 al giorno- dovevano essere costantemente inviate a tutti i 500 collaboratori che partecipavano al progetto. Detail: Come ci siete riusciti? Ben van Berkel: Abbiamo convinto il committente che nel team progettuale avevamo bisogno di cinque colleghi per la realizzazione e per la revisione dei modelli 3D. I costi avrebbero subito un incremento ma in ultima istanza le posizioni chiave potevano esser monitorate dall’intero processo di progettazione. Per il progetto del Museo Mercedes abbiamo lavorato con Arnold Walz uno specialista esterno che costruisce e gestisce modelli parametrici. In un progetto come questo è stato di fondamentale importanza, ma anche di estrema complessità, interfacciare i dati di progetto con quelli per la produzione. Detail: Come vi comportate quando una azienda che viene incaricata di una realizzazione non possiede il know-how per partecipare a questo processo digitale? Ben van Berkel: Dati i tempi limitati per la progettazione e per la realizzazione del Museo Mercedes abbiamo richiesto sin dall’inizio che tutti coloro che partecipavano al progetto, avessero esperienza con le tecniche digitali. Detail: Quali sono i vantaggi di un modello parametrico? Ben van Berkel: Avere un modello parametrico non significa soltanto avere la posizione di diversi punti nello spazio ma anche conoscere la relazione tra questi punti. Nel Museo è raro trovare due dei pilastri tetrapodi uguali. Per ogni pilastro abbiamo definito i parametri in relazione alla forma piegata, alla snellezza e ai carichi. Ad esempio, se viene modificato il raggio dell’edificio e di conseguenza la capacità portante di un pilastro anche la sua collocazione viene ritoccata e non è necessario ridisegnare e ricalcolare tutti i pilastri, ma i parametri si generano automaticamente. La gestione dei modelli risultanti riduce il rischio di errore, limita l’uso dei materiali allo stretto necessario e monitora il processo costruttivo. Per questo, il modello è detto “sostenibilità digitale”. Detail: In vista di un’implementazione dell’uso del computer, pensa di aver bisogno di un nuovo tipo di architetto in studio? Tobias Wallisser, che ha seguito il progetto del Museo Mercedes è uno specialista informatico. Ben van Berkel: Assolutamente sì. Negli anni ’90 Tobias era un teorico precursore di que- ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano sto settore. Ma lo sviluppo è stato straordinariamente veloce. Scherzando gli dico che ormai appartiene alla generazione dei Maya per il fatto che negli anni ’90 lavoravamo i nostri modelli 3D con il programma Maya. Oggi usiamo Topsolid e i nostri più giovani collaboratori sono per lo più computerfreaks che modificano anche i programmi, studiano alla Staedelschule di Francoforte dove insegno con i migliori programmatori, fanno uno stage da noi e magari poi ritornano in studio a lavorare. Detail: Lavora anche lei con il computer? Ben van Berkel: Otto anni fa ho iniziato ad usare il programma 3DStudio Max. Conosco i principi generali del programma ma non sarei in grado di costruire da solo un modello 3D. Sono il compositore dell’opera, colui che dirige l’orchestra, senza saper suonare tutti gli strumenti. Detail: Da quando lavorate con modelli digitali in 3D? Ben van Berkel: Tutto è iniziato nel 1992 durante la realizzazione del ponte Erasmus. Detail: Come influisce il computer sull’architettura? Secondo lei con il computer sarà possibile costruire forme fino ad ora irrealizzabili ? Ben van Berkel: In effetti, alcune forme che trattiamo sono influenzate dalle possibilità offerte dalla digitalizzazione. Alcune rimangono comunque difficili da costruire. Per realizzare alcune delle nostre idee dovremo aspettare ancora molto tempo. Detail: In quale direzione si muovono queste idee? Ben van Berkel: La prima cosa da fare non è creare una forma interessante. Sono attratto molto di più dalla qualità dello spazio che ne deriva. L’aspetto più rivoluzionario di questa metamorfosi di paradigmi è il modo completamente nuovo di pensare la qualità dello spazio. La maggior parte degli ambienti della contemporaneità sono accessibili frontalmente. I nostri studi tendono invece a realizzare spazi in cui si sussegue un singolo elemento, fino ad avere l’impressione che gli spazi ci inseguano. Penso e spero che questo rappresenti qualcosa di estremamente innovativo. Penso che sia l’essenza dell’architettura. Detail: Quali “Design Models” contribuiscono allo sviluppo di questi modelli? Ben van Berkel: Come “Design Model” possiamo scegliere ad esempio uno strumento musicale. Sulla base dello strumento, si incomincia a riflettere in modo completamente nuovo sui movimenti e sulla mobilità. Spesso parlo di esperienze caleidoscopiche: la forma non è per nulla caleidoscopica, mentre lo spazio lo diventa tramite effetti speciali e attraverso la percezione. La formazione impartita presso la AASchool di Londra che ho frequentato negli anni ’80 è stata finalizzata a formare artisti-architetti. La gente aveva idee Traduzioni in italiano bizzarre. Abbiamo dovuto inseguire per strada sempre gli stessi passanti per tre mesi! E poi progettare per loro. All’epoca questo metodo di progettazione completamente anarchico non mi piaceva ma successivamente vi ho attinto da alcune idee per il mio lavoro. Detail: Come nella Möbius-Haus e nel Mercedes Museum si nota un interesse costante per un concept spaziale in forma di strutture ellittiche. Ben van Berkel: Nella Möbius-Haus è interessante l’idea di interno ed esterno come parti di uno stesso sistema. A volte rifletto su modelli matematici che racchiudono in sé ricche qualità architettoniche. Noi architetti per secoli abbiamo lavorato con altri modelli matematici molto utili come i reticoli geometrici. Ora penso che ci siano sistemi con potenzialità molto maggiori, come la possibilità di realizzare quella che io chiamo la “capacità infinita di uno spazio”. Ci sto lavorando e nel frattempo stanno per essere ultimati progetti che contengono alcune di queste qualità. Detail: Pensa che siano migliori rispetto ai precedenti o che rappresentino semplicemente qualcosa di diverso? Ben van Berkel: Sicuramente si tratta di un modello più efficiente in quanto, dal punto di vista spaziale, essendo gli spazi infiniti non creano vicoli ciechi cosa che invece troviamo spesso in una struttura a maglie ortogonali. Rileggendo le teorie di van Doesburg o di Mies van der Rohes si riscontra spesso la tesi per cui lo spazio contrassegnato dal reticolo geometrico apre innumerevoli possibilità. In realtà, ci sono ovunque vicoli ciechi. Detail: Gli spazi costruiti secondo modelli infiniti sono però di difficile esecuzione e meno economici rispetto agli edifici ortogonali. Ben van Berkel: Non necessariamente. Spesso ci si stupisce quando si viene a sapere che l’edificio, in relazione alla sua funzionalità e al suo aspetto, è stato costruito con un budget limitato. Il fatto che tutti gli impianti fossero integrati nella struttura di calcestruzzo, ha fatto risparmiare molto per i vani impianti. I costi dell’intero edificio incluse le strutture allestitive si aggiravano intorno ai 150 milioni di Euro lordi per 25.000 mq di superficie lorda. In altri termini, una progettazione computerizzata può essere molto efficace non solo sotto l’aspetto qualitativo ma anche economico e per il timing. Detail: L’anticonformismo e la sperimentazione dimostrati dai progetti di UNStudio non spaventano alcuni potenziali committenti? Ben van Berkel: Naturalmente non diremmo mai ad un committente “Il suo edificio sarà un esperimento”. Il carattere sperimentale è da leggere in senso accademico: L’”esperimento” è poi qualcosa che si svol- 3 ge in modo molto controllato. Di solito, i committenti ci lasciano sufficiente libertà per riuscire a governare il processo progettuale in modo tale da utilizzare il massimo potenziale contenuto nel budget. Il nuovo teatro che stiamo realizzando a Lelystad è un esempio calzante di come siamo riusciti a plasmare la complessità di un edificio molto articolato disciplinando il progetto. Nel caso del teatro, la sperimentazione aveva meno obbiettivi formali, si concentrava sul colore. Mi interessa molto sperimentare cambiando colori e ambienti. Detail: Cosa intende esattamente quando parla di “complessità disciplinata”? Ben van Berkel: La strategia ha avuto inizio con il Ponte Erasmus. E’ stato il primo progetto dove ho inserito una certa quantità di sistemi ripetitivi per ridurne la complessità. Abbiamo iniziato ad usare angoli di 5 e 7° per poi generare l’intera struttura. Il medesimo procedimento è stato usato nella Möbiushaus che sebbene sembri molto complessa è stata costruita con angoli di 5,7, 11°. Detail: Come avete risolto l’acustica a Lelystad? Ben van Berkel: Anche in questo caso abbiamo usato simulazioni digitali. Abbiamo inserito i nostri modelli digitali del teatro nella simulazione, e il tempo di risonanza è stato calcolato automaticamente. Virtualmente si possono cambiare i materiali e il computer calcola l’effetto acustico conseguente. Importante quanto l’acustica è l’atmosfera di serena tranquillità della sala. Spesso la gente pensa che per la pace e la meditazione la migliore forma di spazio sia una scatola quadrata. Io non lo penso. Nell’auditorium di Lelystad vige una composizione disciplinata da angoli di 5, 7 11° che genera una tranquillità simile alla musica seriale di Philip Glass che seppure è molto complessa. Detail: Anche nel suo lavoro si orienta all’architettura? Ben van Berkel: Da circa 10 anni andiamo a Venezia due settimane all’anno per studiare architetti non ancora conosciuti come Antonio Scarpagnino o Jacopo Sansovino. Quando negli anni ’90 parlai di Clorindo Testa, uno dei più significativi architetti argentini del XX secolo, nessuno lo conosceva. Detail: Parla molto di qualità dello spazio. Fino a dove si spinge il suo interesse per la facciata, che importanza ha per lei il materiale? Ben van Berkel: Il mio interesse prioritario è lo spazio e la sua organizzazione. C’è naturalmente il desiderio di realizzare facciate di grande contemporaneità, ma non mi interessa l’effetto stupore prodotto dalla facciata; mi interessa piuttosto che il visitatore porti a casa con sé qualcosa di quella facciata, oserei dire un messaggio, come quando si va al cinema. Questa è la chiave di lettura, un’architettura priva di messaggio è insignificante. 4 Traduzioni in italiano Detail: Che cosa desidera per il futuro? Ben van Berkel: Ho iniziato come grafico. Poi sono diventato architetto, perché volevo che le mie opere durassero più a lungo. Ora mi accorgo che l’architettura può seguire una strada molto lunga: un grande progetto come il quartiere ferroviario ad Arnheim potrebbe prolungarsi per oltre 15 anni. Dato che mi piacerebbe sperimentare nuove idee, mi auguro di vedere il più presto possibile terminare le opere ora in fase di costruzione. L’intervista è stata condotta da Frank Kaltenbach e da Christian Schittich ad Amsterdam. Documentazioni Pagina 1454 Casa d’abitazione a Enns, Germania Inserto ampliato in italiano 2007 ¥ 12 ∂ di ombreggiamento con uno speciale programma climatico che ha definito esatti valori empirici. In una seconda fase, è stata fatta una scaletta di tutti gli interventi mirati al raggiungimento di uno standard passivo; dato che però, lo standard passivo avrebbe richiesto un impegno economico rilevante, si è optato per uno standard di casa a basso consumo energetico con impianti passivi. Le simulazioni hanno evidenziato il fabbisogno energetico per riscaldamento, per raffrescamento, il guadagno da fonti interne, il fabbisogno di energia elettrica e la temperatura percepita. Per contenere le dispersioni termiche è stata scelta una vetrata a due intercapedini, una facciata in mattoni e calcestruzzo di 28/30 cm di spessore con isolante integrato e uno spessore minimo di 20 cm di isolante per la copertura. Un impianto ad aria ad elevata efficienza e una pompa di calore aria-acqua forniscono aria primaria preriscaldata e acqua calda sanitaria mentre ulteriore calore è garantito da un impianto di riscaldamento a pavimento lungo le facciate collegato ad un sistema di regolazione BUS. Sezioni Piante scala 1:250 A Tabella del carico termico con vetrata composta di 3 lastre e doppia camera vetrata composta di 2 lastre e camera unica B Tabella delle simulazioni Dopo l’incendio della casa, la proprietaria, curatrice di una galleria d’arte a Berlino, desiderava avere una nuova abitazione aperta verso la natura circostante ma anche in grado di garantire la privacy. Il progetto incarna il desiderio della committente: una parete di calcestruzzo protegge verso la strada la casa di vetro all’interno della quale si collocano due nuclei massivi con camera da letto e spazi accessori. La facciata completamente trasparente su tre lati è trattenuta orizzontalmente sul lato superiore e su quello inferiore: la realizzazione senza profili è stata possibile per la presenza della struttura di irrigidimento dell’ampio aggetto di copertura. L’incarico da parte degli architetti affidato ad un progettista energetico mirava a raggiungere un microclima interno confortevole. In fase di progettazione il microclima della casa è stato ottimizzato con l’ausilio di simulazioni termodinamiche che hanno bilanciato il guadagno solare, la capacità di accumulo e il surriscaldamento estivo. Sono stati monitorati tutti i componenti edilizi ed è stata vagliata la possibilità di una vetrata a due o ad una intercapedine. Si è proceduto anche al calcolo del grado Il valore medio U è di 1,479 W/m2K per la vetrata a 2 camere e di 1,765 W/m2K per la vetrata a 1 camera e le emissioni derivanti CO2/SO2/NO2 nel primo caso ammontano a 10.153/60/31 Kg, nel secondo caso a 11.184/66/34 Kg 1 Ingresso 2 Guardaroba 3 Soggiorno 4 Camera 5 Cucina 6 Pranzo 7 Biblioteca 8 Bagno 9 Camera da letto 10 Ripostiglio 11 Studio 12 Parcheggio Sezione verticale Sezione orizzontale scala 1:20 Superficie coperta: 261 m2 Superficie utile: 725,5 m2 Volume edificio: 699,4 m3 Rapporto superfici finestrate (N/O/S/W:Copertura): 6/15/0/12:1 Resistenze termiche unitarie: Facciata: R=9,0 Copertura:R= 7,0 Pavimento R= 14,5 Fabbisogno di energia finale annuo con vetrata a doppia camera: Riscaldamento: 21,9 kWh/m2a Raffrescamento: 0 kWh/m2a Illuminazione: 7,0 kWh/m2a Altro: 35,00 kWh/m2a 1 2 3 4 5 6 7 8 9 9 Impermeabilizzazione copertura, fissaggio meccanico isolante termico in polistirolo in pendenza 200–300 mm barriera al vapore c.a. sabbiato 260 mm Calcestruzzo a vista 200 mm isolante termico di polistirolo 70 mm parete in muratura di laterizio 380 mm intonaco 15 mm Asfalto a grana fine con dispersione di frammenti lapidei 20 mm asfalto grezzo 60 mm Calcestruzzo stuccato 5 mm massetto 70 mm con riscaldamento a pavimento freno al vapore isolante termico in polistirolo con vano di aerazione integrato 60 mm cappa di irrigidimento in calcestruzzo 40 mm strato di separazione calcestruzzo stuccato 5 mm fondazioni in c.a 250 mm pannello di coibentazione di polistirolo 70 mm Vetrata isolante: stratificato di sicurezza 44 mm + intercapedine 16 mm +vetro di sicurezza 4 mm + intercapedine 16 mm + vetro di sicurezza 6 mm U=0,6 W/m2K posato in telaio di alluminio Angolare di acciaio 100/50 mm Rivestimento in stratificato di sicurezza 4+4 mm smerigliato Impermeabilizzazione copertura, fissaggio meccanico Pannello isolante sottovuoto 25 mm pannello OSB 15 mm barriera al vapore isolante termico 50 mm profilo di acciaio T 50 mm rivestimento in lamiera di alluminio 3 mm Cavidotto Pagina 1458 Stazioni della funivia di Innsbruck La nuova funivia offre il collegamento diretto tra il centro di Innsbruck e Hungerburg da cui diparte la funivia esistente fino alla Nordkette. Il design delle quattro nuove stazioni funicolari si sviluppa da un’idea formale di base che contempla la contrapposizione di due elementi contrastanti: un guscio di copertura in vetro leggero che fa pensare ai paesaggi di neve e di ghiaccio e un basamento scultoreo in calcestruzzo a vista, la scala e la funivia. I volumi plastici si integrano nel contesto urbano e topografico: i contorni della stazione ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano “Centro Congressi” si inseriscono nello spazio urbano sottolineando l’andamento dei percorsi; la stazione “Löwenhaus” si insedia tra la passeggiata lungo le rive e il letto del fiume Inn traducendo la dinamica fluviale in una forma ondulata accentuata dai piloni del nuovo ponte. La stazione “Alpenzoo” si distingue per la torre di vetro e quella di “Hungerburg” per la forma ad S del guscio di copertura. Processo progettuale e produttivo La copertura della stazione è l’esito di una collaborazione stretta fra architetto, progettista delle strutture ed esecutori. La progettazione monitorata sul processo di produzione ha ridotto il numero di piante e disegni previsto. I dati di progetto sono stati dedotti da un modello digitale tridimensionale e trasmessi direttamente alla produzione e al montaggio. Gli studi esecutivi condotti hanno indagato le possibilità realizzative della struttura portante, della pelle d’involucro e degli elementi di connessione. L’obbiettivo preposto era realizzare una superficie che avesse massimi requisiti di omogeneità e continuità senza che ci fosse la necessità di giunti importanti ed elementi di fissaggio a vista. La scelta del vetro come pelle è stata alquanto rapida in quanto era l’unico materiale in grado di soddisfare la richiesta di una superficie completamente liscia pur soddisfacendo i requisiti termici di una pelle esterna senza soluzione di continuità. Le lastre Float utilizzate sono state rivestite all’intradosso con una resina PU che ne ha determinato la colorazione del vetro oltre a garantire una capacità strutturale residua in caso di rottura. La struttura portante è un’ossatura di acciaio composta di lamiere verticali di 8 e 12 mm di spessore e disposta ad un interasse di 1,25 metri che segue esattamente ad una distanza di 60 mm la superficie dell’involucro. Tra le nervature trasversali sono saldate nervature longitudinali che danno origine ad un reticolo portante composto di lamiere alte fino a tre metri. La struttura di copertura giace su quattro pilastri ellittici verticali e due tondi orizzontali ancorati alla struttura in calcestruzzo perimetrale. Il progetto delle quattro stazioni si basa su una struttura capace di adattarsi a forme, appoggi e carichi diversi. La struttura portante Per contenere i costi di montaggio e minimizzare il numero di elaborati costruttivi, sono state riportate sulle piastre di acciaio le informazioni più importanti per l’assemblaggio. Per monitorare il lavoro della CNC è stato creato un prototipo della struttura di acciaio con un software di modellazione standard. Dalla geometria della pelle d’involucro sono Traduzioni in italiano derivati i contorni esterni della lamiera di acciaio. Ogni elemento è stato inviato al costruttore come poligonale unifilare per essere ritagliato da lamiere di grandi dimensioni. L’esatta posizione dei componenti agli elementi adiacenti (lamiere di irrigidimento, canali di raccolta, ecc.) sono marcati nel modello tridimensionale con un cerchio che durante il processo di produzione corrisponde ad un foro nella lamiera di acciaio. I fori hanno la funzione di contrassegno e parzialmente vengono usati per la connessione a viti. In aggiunta è stato necessario elaborare solo i disegni d’insieme di ogni stazione, particolari costruttivi dei punti di appoggio della struttura di acciaio e i particolari delle saldature. Rivestimento Per rispettare la capacità di carico stabilita per il vetro sono state prodotte lastre di massimo 1,25 metri di larghezza mentre per la lunghezza a causa di motivi tecnici e di produzione ci si è limitati a 3,00 metri. Nella maggior parte della superficie di copertura, i vetri sono posati sulle nervature trasversali. In relazione al sollecitamento previsto da parte di vento e neve e in base alla posizione, le lastre stesse sono classificabili in diverse tipologie. Le capacità portanti principali delle lastre e dei fissaggi sono state collaudate sulle lastre piane. Quella di alcuni pannelli di vetro con una curvatura particolarmente accentuata è stata simulata con un programma in modo tale da poter garantire tutte le forme in combinazione con diverse sollecitazioni. Le lastre sottoposte ad elevata sollecitazione sono state irrigidite incollando all’intradosso della lastra stessa nervature integrative di acciaio. I modelli tridimensionali di ogni lastra sono serviti da base per formulare la struttura di acciaio. Profili PE Per una giunzione efficiente tra vetro e acciaio sono state proposte diverse soluzioni. A causa degli angoli variabili tra superficie esterna e nervature di acciaio il punto di connessione era stato risolto con un giunto regolabile dotato di articolazione. La sua flessibilità, aveva tutta via uno svantaggio legato al fatto che tutti i punti dovevano essere registrati direttamente in cantiere. L’ultima soluzione sviluppata è l’inserzione di un profilo di polietilene avvitato alla lamiera di acciaio che comporta un sistema di appoggio lineare per le lastre. Affinché potesse seguire la forma delle nervature e dell’involucro di vetro, ogni profilo è stato realizzato singolarmente con l’ausilio di metodi di progettazione digitale e tecnologie moderne di fabbricazione. La produzione si è svolta con una fresa a cinque assi. La geometria del profilo è stata riprodotta automaticamente da un software sviluppato appositamente per il progetto dalla DesignToProduction. 5 Fissaggio dei vetri Il fissaggio è stato realizzato con elementi di lamiera incollati all’intradosso del vetro e lateralmente in aggetto per consentirne il fissaggio a vite sui profili in PE. Le lamiere lunghe 20 cm a forma di T schiacciata sono state curvate per essere adattate alla geometria delle lastre. Un software appositamente sviluppato per il progetto colloca automaticamente ogni fissaggio del vetro in un modello tridimensionale. Le moderne tecnologie di produzione unite a metodi progettuali digitali consentono la realizzazione di un’architettura come opera unica. Arne Hofmann, Ingegnere A Stazione “Löwenhaus” B–D Stazione “Hungerburg” Sezione Sezione Stazione “Hungerburg” scala 1:400 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 6 Render del guscio di copertura Stazione Hungerburg Elementi di vetro Assonometria nervature di acciaio della struttura portante di copertura Nervature di acciaio con profili di PE per il fissaggio delle lastre di vetro Schema di fresata dei profili PE Ottimizzazione del fissaggio dei vetri: semplificazione a fasi della regolazione dell’articolazione sino al fissaggio con lamiera di acciaio inossidabile Ingresso/Uscite Terrazza panoramica Biglietteria Funicolare Ascensore Spazi accessori/sala macchine 1 Vetro float della copertura, curvato, temperato con lato rivestito da poliuretano bianco 1,25 ≈ 3 metri 2 Pellicola adesiva fissata al vetro 2 mm 3 Polietilene 93,5/60 mm 4 Reticolo in acciaio inox, maglia 10 ≈ 10 5 Pellicola canale nera 3 mm 6 Guaina impermeabilizzante nera 1,5 mm 7 Vite di fissaggio M12 8 Vetrata copertura 10 mm, vd. punto 1 9 Irrigidimento tubolare di acciaio Ø 76,1/2,9 mm con rivestimento intumescente 10 Irrigidimento barra di acciaio 8 mm 11 Nervatura longitudinale in barra di acciaio 12 mm 12 Trave di copertura (nervatura trasversale) barra di acciaio 12 mm 13 Riga di silicone continua 14 Impermeabilizzazione delle fughe in silicone nero Pagina 1464 Ampliamento di una cantina a Fläsch, Svizzera Ai margini di coltivi a vigneto sorgono tre fabbricati che cingono un piccolo cortile: a completamento dei due edifici esistenti di- 6 Traduzioni in italiano sposti su un livello, il nuovo edificio si articola su due piani seguendo un concetto progettuale pragmatico ma contemporaneamente estetico. La struttura si basa su uno scheletro di calcestruzzo coperto da un tetto a falde. Per la realizzazione della facciata, durante la fase di costruzione del rustico, i progettisti hanno coinvolto due colleghi che hanno sviluppato un prototipo di elementi parete nell’ambito di un progetto di ricerca presso la cattedra di produzione architettonica e digitale del Politecnico di Zurigo. Lo scheletro di calcestruzzo richiama un cesto sovradimensionato dove nelle simulazioni a computer si lasciano cadere sfere di differenti diametri simili a chicchi d’uva. La continua rotazione di ogni componente laterizio posato a fuga aperta genera l’immagine della facciata. La parete funge da schermatura solare, riduce l’ingresso di luce e mantiene costante la temperatura mentre sul lato interno, lastre trasparenti di policarbonato proteggono da vento e umidità. Planimetria generale scala 1:2000 Piante Sezioni scala 1:500 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Deposito vuoti/Spedizioni Etichettatura Cella frigorifera (esistente) Deposito bottiglie di vino/imbottigliamento (esistente) Cantina vini bianchi Ammostamento Terrazza Spazio presentazioni Degustazione WC e guardaroba Sezione verticale Sezione orizzontale scala 1:20 1 Pannello di copertura ondulato in fibra di cemento 55 mm tubolare di acciaio ¡ 60/40 mm travetto inclinato in profilo T di acciaio 100–400/200 mm profilo T di acciaio 220/180 mm 2 Corrente laterale 50/80 mm pellicola in microfibra graticcio composto di doppi listelli 60/60 mm isolante termico in lana minerale 60+60 mm freno al vapore, correnti 30/30 mm pannello in fibra di gesso 15 mm 3 Piatto di acciaio di copertura 10/200 mm 4 Vetrata isolante in float 8 mm + Inserto ampliato in italiano 2007 ¥ 12 ∂ 5 6 7 8 9 10 11 intercapedine 9 mm + stratificato di sicurezza 5+5 mm, valore U= 1,1 W/m2K Pilastro in cemento armato 350/350 mm Massetto all’anidride 70 mm pellicola PE pannello isolante in schiuma rigida a base di resina fenolica 50 mm c.a. 160 mm Telaio in elementi prefabbricati di c.a 210/115 mm Parete in muratura di clinker 115/240/61 mm incollaggio con resina impregnante bi componente Policarbonato a tre lastre nervato 65 mm C.a. 420 mm C.a. 120 mm per la distribuzione dei carichi di compressione pellicola PE strato di protezione realizzato in scaglie lapidee 30 mm strato di separazione strato drenante 15 mm isolante termico in polistirolo 100 mm guaina impermeabilizzante a doppio strato c.a. in pendenza 180/250 mm Nell’ambito dell’attività di ricerca svolta presso il Politecnico di Zurigo, Gramazio e Kohler sviluppano un processo di produzione di elementi architettonici. Per il progetto di ricerca, costruiscono un impianto robotizzato CNC con l’ausilio del quale sono in grado di creare prototipi di segmenti di muro. La stratificazione autoportante della facciata del fabbricato si basa sull’evoluzione di questo prototipo. La superficie di facciata di 400 mq è suddivisa in 72 segmenti con in totale 20.000 unità. L’immagine applicata alla superficie muraria dell’”uva nel cesto” risulta da un continuo roteare dei blocchi di laterizio intorno ad un punto tramite un gioco di luci ed ombre. Affinché la parete rimanga stabile, la rotazione dei blocchi massima è di 17°, mentre nella zona perimetrale gli elementi sono disposti in piano. Le pareti sono collocate su un basamento di c.a. Invece di utilizzare per la posa degli elementi, come d’uopo, uno strato di malta si è applicata una colla di resina bicomponente. Dato che gli architetti avevano a disposizione tre mesi per l’esecuzione, si è provveduto a trasferire tutti i dati esecutivi al robot (programma MAYA) affinché il muro potesse essere prodotto in due settimane. Per automatizzare anche la stesura della colla, il robot è stato dotato di una pistola a controllo pneumatico. Al termine del processo, i test di sollecitazione sono stati svolti con esito positivo evitando di integrare nel muro una struttura di irrigidimento armata. A Posizionamento dei blocchi con un robot B Elemento murario finito C Stesura del collante (sull’intera superficie, a punti, a strisce) D Variante delle bande di collante E Fughe aperte tra i blocchi Lunghezza elemento: 3330 mm Larghezza dell’elemento: 11,5 mm Angolo massimo di rotazione: 16,96° Pagina 1469 “Watercube”, centro natatorio nazionale a Pechino Il centro natatorio –luogo delle competizioni olimpiche del 2008- si colloca insieme a diversi altri impianti sportivi lungo l’asse centrale che conduce alla Città Proibita. Water Cube dialoga con lo Stadio Nazionale progettato da Herzog & de Meuron con un volume di 177 metri di lunghezza e un’altezza di 31 metri sopra il livello della strada. L’acqua, come il quadrato –che nella tradizione cinese simboleggia la “casa”- è leitmotiv tematico ma anche strutturale dell’architettura. La costruzione leggera riflette la struttura geometrica dell’acqua in uno stato schiumoso. La pelle a doppio strato in ETFE è usata anche all’interno a dividere la superficie del cubo di 80.000 mq in tre aree funzionali rettangolari. Planimetria generale scala 1:5000 1 2 3 4 Ingresso principale Ingresso atleti Viale degli atleti Tempio (esistente) Sezioni Piante scala 1:2000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Piscina di riscaldamento, Polo in acqua Galleria spettatori Piscina olimpionica (17.000 spettatori) Piscina ricreativa Ingresso in fronte dello Stadio Nazionale Ingresso principale Canale Pista di pattinaggio Ristorante Ricerca formale e geometria L’edificio, quale allegorica trasformazione di un centro acquatico aveva come obbiettivo di trasmettere la metamorfosi di una struttura naturale in una struttura culturale. La bolla di sapone è il dettaglio digitale di progetto che trae riferimenti dalla schiuma e dai coralli oltre che dalle strutture a bolla di Frei Otto. E’ algoritmo genetico che si sviluppa nel computer. Arup sviluppa al computer il si- ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano stema costruttivo del Watercube attraverso rotazione oltre a diverse operazioni di taglio sulla base della struttura Weaire-Phelan, dal nome dei fisici irlandesi che nel 1993 ottimizzarono tramite l’uso di poliedri il principio di una struttura composta di corpi con una superficie minima senza intercapedine. Il modello tridimensionale diventa l’interfaccia per tutti coloro che lavorano al progetto. Struttura di acciaio La struttura portante, la facciata e l’elemento di contenimento spaziale si fondono in un unico elemento tridimensionale. Ne risulta una struttura molto efficiente e antisismica che ha richiesto il 30% in meno di acciaio rispetto ad una struttura composta di pilastri e di travi. La struttura ortotropica si spinge a coprire luci superiori a 100 metri accordata dalla possibilità di un’altezza di 7,20 metri di struttura di copertura. Dato che in un paese come la Cina il costo del lavoro è estremamente basso, si è evitato di sviluppare laboriosi particolari costruttivi di snodi che seguissero esattamente l’andamento delle forze. La soluzione più pragmatica consisteva nell’uso di tubolari standard con sezione idonea saldati a mano. L’esatta posizione di ogni tubolare di acciaio è stata definita prima della saldatura da un GPS in riferimento ad un modello tridimensionale. Nell’intercapedine di facciata sono stati utilizzati tubolari di sezione circolare e snodi sferici, lungo il perimetro, invece, l’impiego di tubolari rettangolari ha permesso un’agevole posa della membrana. Pelle in membrana La pareti e la copertura sono state concepite come doppia facciata sia a protezione della struttura da corrosione sia per creare un’area cuscinetto. L’edificio è stato completamente climatizzato, prevedendo secondo il volere del committente una ventilazione trasversale opzionale in corrispondenza del basamento. Gli elementi pneumatici orizzontali disposti a copertura del tetto e del soffitto sono composti di quattro strati di membrana e tre intercapedini al fine di ridurre al minimo la trasmissione termica. I cuscini pneumatici della facciata esterna ed interna verticale sono concepiti a tre membrane e due intercapedini. All’interno di ogni intercapedine è possibile regolare individualmente la pressione interna. La membrana esterna della facciata verticale è colorata in blu, mentre il resto delle membrane è trasparente. Le pellicole sul lato dell’intercapedine di facciata sono stampate a punti d’argento per sfumare la vista dall’esterno sull’area pubblico all’interno. I 3000 cuscini in ETFE variano in dimensione da 2 a 9 metri, ma anche nella bombatura e nello spessore del materiale (da 80 a 250 µm). Chris Bosse Traduzioni in italiano 1 a Schiuma dall’acqua b Coralli c Schiuma polimerica d Struttura Weaire-Phelan 2 Modello generato da un modello dati tridimensionale stereo litografia con polvere di nylon 3 Struttura di copertura, vista all’intradosso: tubolari rettangolari sul bordo superiore ed inferiore tubolari tondi con snodi sferici nell’intercapedine 4 Struttura di copertura, vista all’estradosso: prima dell’assemblaggio del canale di scolo delle acque meteoriche 5 Modello sperimentale facciata a doppia pelle, scala 1:1 6 Esploso snodo copertura 7 Generazione della struttura dell’edificio costruita sui poliedri di Weaire e Phelan 8 Struttura portante facciata azzurro: tubolari rettangolari lungo il perimetro esterno ed interno blu scuro: tubolari tondi nell’intercapedine 9 Modello scala 1:100 10 Piscina con galleria pubblico Sezione, scala 1:20 Particolare, scala 1:5 1 Profilo angolare di alluminio coibentato 25 mm 2 Pellicola ETFE a quattro fogli trasparente (da 80 a 250 µm) stampata 3 Rete di acciaio antipassero 4 Ventilazione copertura (servizi) 5 Tubolare di acciaio | 300/300 mm 6 Tubolare di acciaio Ø 200–800 mm 7 Area cuscinetto in copertura 7,20 metri 8 Alimentazione dell’aria nei cuscini pneumatici tubo flessibile in PE Ø 25 mm 9 Alimentazione dell’aria Ø 200 mm 10 Pannelli acustici in lamiera traforata di alluminio 11 Listello di copertura in alluminio 12 Pellicola ETFE a tre fogli: esternamente pellicola blu, intermedia pellicola trasparente, internamente pellicola trasparente con puntinatura argento 13 Area cuscinetto a parete 3,60 metri 14 Lamelle per la ventilazione trasversale Pagina 1476 Centro scientifico a Longyearbyen, Svalbard Nelle isole Svalbard, a 74°– 81° a nord del circolo polare artico, le condizioni climatiche esercitano un notevole influsso sulla quotidianità e sull’architettura. La superficie è coperta per il 60% da ghiaccio. Le temperature sono comprese fra -14° e +6°C, ma durante lunghi periodi la temperatura scende a -30°. Il nuovo fabbricato amplia il volume esistente del Science Centre Svalbard. L’UNIS l’istituto universitario norvegese spe- 7 cializzato in ricerca polare, offre con il recente progetto di espansione una capacità di 550 studenti. Nuovi spazi vengo acquisiti anche dallo Svalbard Museum, dall’Istituto Norvegese Polare e anche dagli uffici governativi. L’espressività formale del fabbricato non è arbitraria ma deriva da simulazioni che hanno ottimizzato la forma al fine di evitare l’accumulo di neve in corrispondenza delle finestre e degli ingressi. L’edificio è rivestito in rame, materiale scelto perché plasmabile anche con freddo intenso. La struttura lignea principale è stata per lo più prefabbricata e fornita via mare. Tutti gli interni sono rivestiti di legno. Sezioni, piante Scala 1:1500 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Ingresso Museo Svalbard Auditorium Deposito Workshop Allestimenti tecnici Lobby Aula Biblioteca Mensa (esistente) Struttura esistente Uffici Governatore Uffici Istituto Polare Laboratorio Uffici università Vuoto 1 Copertura aggraffata verticalmente: lamiera di rame 0,8 mm guaina impermeabilizzante pannello OSB traforato 21 mm correnti 36 mm guaina sintetica (pannello di particelle 24 mm) travi/lana minerale 198/50 mm barriera al vapore correnti con isolante 48 mm cartongesso 13 mm 2 Tubolare | 90/90 mm 3 Lamiera grecata acciaio 112 mm 4 Linoleum massetto 25 mm c.a. 200 mm 5 Profilo I di acciaio 150 mm 6 MDF laccato 20 mm 7 Vetrata isolante: vetro di sicurezza 6 + intercapedine 16 + vetro di sicurezza 6 mm U= 1,1 W/mq K in telaio di alluminio 8 Parquet di frassino 24 mm massetto 80 mm isolamento termico in polistirolo 220 mm c.a. 265 mm 9 Profilo T di acciaio 240 mm 10 Lamellare 160/200 mm 11 Trave di lamellare 1000/220 mm 12 Rivestimento in tavole di pino 12 mm 13 Piano in legno compensato 50 mm 14 Pilastro in profilo I di acciaio 200/200 mm Sezione orizzontale 8 Traduzioni in italiano Sezione verticale scala 1:20 Nonostante le precipitazioni nevose siano contenute a 200 mm l’anno, il vento a 38 Km/ora di velocità media sposta enormi quantità di neve. Per impedirne l’accumulo in prossimità di finestre e porte o sul tetto, l’Istituto di ricerca architettonica norvegese in collaborazione con i progettisti ha elaborato una forma e una collocazione ottimizzata del fabbricato. Dato che gli esperimenti nella galleria del vento non davano risultati realistici, durante una bufera di neve si è proceduto a svolgere test su modelli fisici in scala 1:100 all’aperto. Il profilo tridimensionale dei cumuli di neve dedotto è stato trasferito in una simulazione numerica; la ricerca è proseguita con una simulazione CFD o Computational Fluid Dynamics, e sviluppata in una simulazione tridimensionale. Con il metodo adottato era possibile modificare leggermente la forma dell’edificio. La strategia consisteva nel generare un’aerodinamica formale ottimale ad evitare l’accumulo. I primi tentativi hanno avuto come esito il fatto che in corrispondenza dell’ingresso e in alcune zone con finestre, sulla copertura della biblioteca e del deposito si accumulavano enormi masse nevose. Per contrastare il fenomeno le facciate si piegano in diverse direzioni, l’ingresso viene leggermente disassato e la forma della copertura è stata lievemente modificata. Tecnologia Pagina 1490 Ha senso la realtà virtuale in architettura? Frank Kaltenbach Le visualizzazioni digitali architettoniche diventano sempre più perfette. I render assomigliano a riproduzioni foto realistiche. La visione stereoscopica è da tempo utilizzata nel settore dei videogames, della ricerca, della medicina e della tecnica. Se l’osservatore interviene direttamente nello scenario, si parla in generale di realtà virtuale (VR). E’ dunque possibile applicare le conoscenze della VR anche all’architettura? Oggi la presentazione grafica delle VR risulta ancora grossolana per il fatto che l’obbiettivo delle simulazioni virtuali non è la qualità ottica ma la sequenza dei movimenti. Un’eccezione è rappresentata dall’industria automobilistica e aeronautica dove la scelta di complesse soluzioni di design giustifica il Inserto ampliato in italiano 2007 ¥ 12 ∂ grande investimento economico. La richiesta è quella di comprendere in breve tempo una combinazione di qualità delle superfici, relazioni visive ed ergonomia ma anche di creare un elevato livello emozionale. I produttori di automobili utilizzano la realtà virtuale più per fare scelte aziendali che per la presentazione al cliente. Tra una animazione monoscopica trasmessa sullo schermo di un portatile e una presentazione stereoscopica su un powerwall la differenza è considerevole. Nei sistemi di presentazione stereo 3D l’immagine in formato VRML (Virtual Reality Modeling Language) viene frammentata da un PC in due semi immagini. Per la visualizzazione si hanno a disposizione diversi procedimenti: lo stereo attivo che prevede che le due semi immagini siano proiettate da un proiettore in tempi sfasati con frequenza successiva non visibile e visionati con occhiali attivi o shutter; e lo stereo passivo che prevede la presenza di due proiettori, uno per occhio. Nella tecnica di polarizzazione, i proiettori e gli occhiali sono dotati di filtri di polarizzazione mentre come superficie di proiezione si usa uno schermo argentato. I sistemi multiplex ad onde lunghe, sviluppati da Daimler Crysler, sono proiettori e occhiali con filtri e rivestimenti speciali che dividono lo spettro cromatico dell’immagine finale in bande rosso-verde-blu a banda corta. Che cos’è la realtà virtuale? Jens Neumann dell’Istituto Fraunhofer per gli impianti di produzione e le tecniche di costruzione di Berlino definisce la realtà virtuale un intreccio di • immersione • interazione • immaginazione Per immersione si intende il coinvolgimento più totale dell’osservatore nella scena. Dagli Head-Mounted-Display (HMD) o caschi visori si assume una distanza crescente tramite l’inclinazione della sensazione di vertigine. Grandi superfici piane di proiezione, i così detti Powerwalls offrono con una breve distanza dell’osservatore un ampio campo visivo. Dato che con una proiezione frontale l’osservatore proietta anche la propria ombra, i powerwall vengono soprattutto retroproiettati. I così detti Caves sono sistemi di realtà virtuale, cabine di circa 3x3x3 metri dove le tre pareti, il soffitto e il pavimento vengono retroproiettate. Il sistema ha un elevato grado di coinvolgimento. I workbenches sono meno indicati all’immersione nella realtà virtuale ma possono essere usati per i modelli di architettura virtuale. Si tratta di tavoli concepiti solo come superfici orizzontali o dotati di una parete posteriore verticale. Per interazione si intende la possibilità in tempo reale e in contemporaneità di esercitare un influsso sullo svolgimento della scena intervenendo spontaneamente con mouse tridimensionali, guanti virtuali, o Joysticks tridimensionali. Il computer deve in questo caso poter identificare precisamente la posizione dell’osservatore. I tracking sono i più attuali sistemi privi di rete interfacciati tramite computer e composti di tecnologia radio e camera a infrarossi. L’immaginazione del cervello è pur sempre necessaria per interpretare lo stimolo individuale come “realtà”. Implementando l’immersione, la possibilità di interazione e di immaginazione, la realtà virtuale si approssima alla realtà concreta. Se all’impressione visiva si aggiungono i movimenti dell’osservatore, la sensazione di equilibrio, la sensazione olfattiva e tattile, il gusto, la percezione della temperatura e il suono il confine fra virtuale e reale si assottiglia ancora di più. Uso del sistema tridimensionale stereo in architettura La visualizzazione stereo tridimensionale viene applicata anche in architettura: presso l’Istituto per CAAD del Politecnico di Monaco di Baviera è stata istituita una sala convegni con tecnologie a filtri di polarizzazione per introdurre gli studenti alle animazioni renderizzate in formato I-Max. Durante le fiere e le esposizioni, le presentazioni stereo sono sempre più usate per realizzare effetti come ricostruzioni digitali di edifici storici e città. Uso della realtà virtuale in architettura Anche in architettura iniziamo ad utilizzare la realtà virtuale come nel padiglione 3D realizzato durante il semestre estivo dagli studenti di arte presso il Centro di calcolo Leibnitz nel 2006. Gli studenti hanno progettato un padiglione 3D con un impianto VR non professionale. Sull’olobench viene trasferito il modello dati renderizzato e fatto ruotare, rivoltato e rigirato come fosse un modello fisico per verificarne la qualità dello spazio interno. Presso l’immobiliare Hefel a Lauterach è stato predisposto, in una fase successiva, un powerwall come “terminal V” con sistemi ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano professionali. A motivazione dell’esperimento stava il fatto che il cliente potenziale avrebbe potuto fare una visita guidata preliminare nel proprio appartamento. Con degli occhiali tridimensionali sugli occhi e uno Skystick nella mano, il cliente può rendersi conto al pari di un bambino di quanto sia grande in realtà un ambiente di 20 mq, senza impegnarsi a dover leggere i disegni di progetto. Ovunque, dove l’immagine percettiva assume un’importanza prioritaria, i sistemi di realtà virtuale possono esser applicati come Tools di progetto: si pensi ad esempio l’utilizzo della VR in spazi commerciali di prodotti di lusso. Un’applicazione attualmente in uso è quella connessa alla costruzione di impianti e industrie quando si tratta di collaudare un braccio robotico oppure macchine di elevata complessità. In futuro la realtà virtuale potrebbe diventare uno strumento digitale per l’architettura. Un edificio si può considerare complesso quanto un camion. Come in molti altri settori, la realtà virtuale costituisce uno strumento di simulazione che non interessa l’intero progetto architettonico ma solo una parte, un settore estremamente limitato. Per riuscire a raggiungere la qualità visiva degli esempi mostrati in campo automobilistico è necessario un importante impegno tecnico e finanziario. Schema di impianto di realtà Virtuale PC-Cluster: modello dati 3D in formato VRML Sistema di proiezione stereo 3D: stereo attivo o passivo proiettori 3D superficie di proiezione occhiali stereoscopici Sistema tracking: Infrarossi/radio o cavi trasmettitore/ricevente con connessione PC Riflettore ochhiali Unità di entrata Infrarossi/radio o cavi Space-mouse guanto virtuale flystick ecc Pagina 1494 Processo produttivo con tecniche di elaborazione digitale nella costruzione di modelli di architettura Stefan Kaufmann, Roland Göttig E’ sempre più frequente tra gli studenti e negli studi di architettura progettare tramite la configurazione di modelli 3D. Traduzioni in italiano Al progettista vengono offerte svariate possibilità di visualizzazione che possono essere ricondotte ai modelli in 3D che oltre ai rendering fotorealistici e all’animazione includono anche i modelli virtuali. La cosa sorprendente è che nonostante l’alternativa, per comunicare contenuti architettonici con metodi “tridimensionali”, l’interesse per la costruzione di modelli non è diminuito. Anche in questo caso, i procedimenti supportati da mezzi informatici modificano il processo di produzione. Le frese a controllo numerico CNC, impianti laser e per il taglio confezionano materiali ad alta precisione e velocità. Laboratori professionali per la costruzione di modelli e Università come il dipartimento scientifico CAAD del Politecnico di Monaco di Baviera offrono come prestazione di servizi per studi di architettura il Rapid Manufacturing. I costi per un modello in scala 1:500 rimangono entro alcune centinaia di Euro. Frese CNC Tutti i materiali più rigidi come legno, metalli, plastiche sintetiche, cartonati possono essere lavorati in maniera alquanto precisa dalle frese CNC. Tutte le frese oltre a tagliare possono anche incidere (ad esempio per creare una partizione di facciata in plexiglas), creare corpi tridimensionali se l’operazione viene predisposta con specifici software. La fresa tridimensionale esige una progettazione individuale del processo. Forme retro tagliate come i gusci possono essere anche fresati con un sistema triassiale. Taglio al laser Se ci si limita a lavorare bidimensionalmente, l’impianto di taglio al laser può costi uire un’int eressante alternativa. Si può tagliare o incidere anche con scarse conoscenze di base tecniche, in modo rapido a seconda delle capacità prestazionali del laser stesso. Si possono lavorare sia i materiali rigidi ma anche quelli più morbidi come la carta, le pellicole, il cuoio o i tessuti. Se si vuole tagliare il metallo i costi crescono esponenzialmente. Il costo di un impianto di questo tipo parte da 30.000 euro. 9 Processi produttivi generativi nella costruzione di modelli in architettura Dall’inizio degli anni ’80 aziende e ricercatori hanno sviluppato un processo in grado di produrre componenti da dati CAD in modo completamente automatico. Sotto la definizione globale di RM (Rapid Manufacturing) risultano una pluralità di tecnologie diverse che costruiscono tramite procedimento generativo strato dopo strato corpi tridimensionali producendo la geometria desiderata senza usare alcun attrezzo. Oggi, gli impianti RM sono parte integrante dei processi di lavorazione nello sviluppo di prodotti industriali dai settori ad esempio automobilistico, produzione di scarpe, ecc. E allora perché non vengono usati per “generare” modelli di architettura? Non è mai stata sviluppata una macchina che costruisse modelli di architettura. Focalizziamo la nostra attenzione su quelle tecnologie che producono esclusivamente concetti e modelli rappresentativi. In questo caso, è importante considerare l’intero svolgimento del processo di lavoro. Nel generare corpi cavi (ad esempio spazi), forme scavate (ad esempio sfere) e vuoti orizzontali(ad esempio facciate dove i vuoti si alternano ai pieni) alcuni sistemi sono costretti a costruire in parallelo una struttura a pilastri nel medesimo materiale del modello la cui forma viene prodotta automaticamente dal software di gestione. La particolare complessità e esilità delle forme può comportare nelle lavorazioni successive del modello un notevole incremento dei tempi di realizzazione. Laminated Object Manufacturing (LOM) Il sistema LOM è tra i più economici sia per costo di materiale che nell’acquisto. La produzione di modelli avviene in modo completamente automatizzato per successiva sovrapposizione di strati tagliati ad esempio da un laser. Stereolitografia (STL) L’STL è il sistema più conosciuto e il primo 10 Traduzioni in italiano ad essere stato sviluppato. Durante un processo termo-chimico un laser UV irrigidisce resina fluida strato dopo strato. Il modello che ne risulta possiede un elevato grado di precisione (+ 0,1 mm), il materiale tende al giallo ed è traslucido. Il sistema richiede una struttura di supporto che dopo la realizzazione deve essere asportata manualmente, fatto che ne limita l’utilizzo del sistema per la costruzione di modelli di architettura. Gli impianti sono relativamente costosi. Multi Jet Modeling (MJM) In modo del tutto simile al sistema STL, anche durante il processo MJM un fotopolimero viene sottoposto ad irrigidimento. Il materiale sintetico viene steso strato su strato tramite una pressa e successivamente polimerizzato con l’ausilio di una lampada UV. La realizzazione di una struttura di supporto tipo a cera consente di generare forme simili a corpi vuoti. La tecnologia è ai massimi livelli di perfezione sia per la qualità dei materiali, per la fedeltà di riproduzione dei particolari e per la qualità della superficie. Sono realizzabili spessori di pareti fino a 0,6 mm. Fused Deposition Manufacturing (FDM) Inserto ampliato in italiano 2007 ¥ 12 ∂ un prototipo, maggiori sono i vantaggi dell’uso della prototipazione rapida. Solitamente il formato d’importazione è l’STL che descrive la superficie geometrica tramite triangoli. Tuttavia, pochi sono i programmi di CAD architettonico che hanno a disposizione un’interfaccia STL che riesca a descrivere correttamente una geometria complessa. Solitamente i dati architettonici sono ben più complessi e disomogenei rispetto a quelli di costruzione delle macchine. La definizione di “Prototipazione rapida” è ingannevole in quanto è necessario calcolare da 10 a 20 ore di lavoro per un modello di architettura di 10 ≈ 15 ≈ 30 cm. Si tratta comunque di un processo di costruzione svolto da una macchina in notturno. Sebbene le prime macchine siano approdate sul mercato circa 20 anni fa, oggi le tecnologie di prototipazione rapida sono in grado di produrre modelli metallici resistenti in polvere di alluminio, acciaio e titanio. Per la costruzione di modelli di architettura la tecnologia di prototipazione rapida costituisce un enorme potenziale. Pagina 1498 Scansione laser in architettura Birgit Tsuchiya Il materiale di partenza è una rete in termoplastica che viene pressata da un ugello a caldo. Il materiale del supporto è lo stesso utilizzato per il modello. Dopo la produzione del prototipo, il supporto deve essere asportato manualmente o dissolto in un bagno di soluzione salina. Possono essere realizzati spessori di pareti da 1 a 2 mm a seconda del grado di inclinazione delle superfici. ZCORP o 3D Printing L’utilizzo di polveri è alla base anche di questo tipo di prototipazione rapida. Il legante viene stratificato su materiale gessoso con l’ausilio di una testina a spruzzo con la tecnica della stampa ad inchiostro. Il modello che risulta da questa fase è un semiprodotto fragile e poroso che in una seconda fase dovrà essere infiltrato con resine. Le macchine lavorano con strati a spessore limitato (a partire da circa 0,1 mm) ed hanno un costo a partire da 40.000 Euro. In generale, si può dire che più è complesso Dal rilevamento al tracciamento La scansione laser 3D appartiene alla categoria di sistemi di misurazione non reale che non operano più in originale ma su un’immagine di scansione in 3D. Dunque, tutto quello che lo scanner non ha visto, non può essere rielaborato. In maniera analoga alla foto-documentazione di un fabbricato, è richiesto di individuare un elevato numero di punti di rilievo. La rielaborazione della scansione avviene tramite lo sviluppo di un apposito concetto dati convertiti in Tiff in modo tale da combinare sistemi di scansione e di video garantendo un sistema di archiviazione sicuro. La fase successiva consiste nella registrazione di tutte le scansioni in un unico sistema di coordinate del fabbricato dato che ogni scansione viene prodotta in un sistema proprio di coordinate. Le scansioni confluiscono poi in un modello dati da non confondere con il modello Cad. Generazione di supporti 2D da scansioni 3D Sinterizzazione laser (SLS) Il materiale di partenza per la creazione di prototipi tramite SLS è in polvere, successivamente stratificato in sottili superfici e infine fusi tramite laser. Non è necessario produrre una struttura di supporto per la costruzione di modelli in metallo, ceramica o materiali sintetici. Per rilevare esattamente un’immagine panoramica 360x180° con una risoluzione di 10.000 x 5.000 Pixel (50 Megapixel) tramite apparecchi ad elevate prestazioni che registrano 250.000 punti dimensionali in 3d al secondo servono solo 3,5 minuti. Rispetto alla fotografia d’interni, il processo di rilevazione punti non ha bisogno di fonti luminose aggiuntive. A parità di qualità rispetto ai processi tachimetrici adottati nei rilievi classici, i costi diminuiscono 30%. Da tempo presente nel settore dell’architettura, dopo una prima applicazione nella catalogazione di beni culturali, l’uso di scansioni laser viene esteso alla progettazione. A partire da dati bi e tridimensionali vengono generati tutti i tipi di visualizzazioni: le 1800 scansioni laser fatte nelle stanze del Castello di Neuschwanstein sono state utilizzate come modello di monitoraggio del quadro deformativo base per gli interventi di restauro conservativo e per la visualizzazione. Tecnologia scanner a laser Gli scanner tridimensionali che realizzano rilievi dimensionali di fabbricati sono simili a telecamere 3D che per ogni punto rilevato producono anche coordinate X, Y, Z. Il rilievo avviene tramite un raggio laser in movimento che esplora tutti i punti in successione generando un’immagine a punti. Spesso, in caso di edifici esistenti si verificano importanti deformazioni che non in tutti i casi possono essere riprodotte in elaborato bi o tridimensionali. Nel settore del restauro dei monumenti si è implementata la richiesta di piante e sezioni 2D oltre che ortoscansioni 2,5D (immagini in scala con prospettive ortogonali). I disegni o i rendering possono essere elaborati direttamente sui dati di livello 1. Se sono richiesti modelli CAD tridimensionali per i particolari –ad esempio la ricostruzione di soffitti- da tutte le scansioni si ricavano i Voxel che corrispondono ai Pixel in un ambiente 3D e che per questo possono essere convertiti direttamente in un modello reticolare tridimensionale. I modelli di questo genere possono essere letti da diversi sistemi CAD e interconnessi in processi di progettazione, di visualizzazione e di sicurezza qualitativa. Esempio applicativo recente del sistema è il lavoro fatto sul castello Schwarzenberg a Scheinfeld: sulla base di documenti esistenti si è impostato un processo di scansione laser tridimensionale che ha rilevato in soli 8 giorni circa 4000 mq tramite 470 scansioni da cui sono state prodotte piante dell’esistente con livello dati 1, base per la progettazione esecutiva in 2D e numerose immagi- ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano ni ortogonali in scala strumento di lavoro per i restauratori. Al termine del lavoro, è stato valutato che il risparmio in termini di tempo e di costi è stato considerevole in rapporto ad una misurazione tramite strumenti tachimetrici. Futuri campi di applicazione La rapidità e la varietà di probabili utilizzi rende la scansione tridimensionale particolarmente vantaggiosa nel caso di edifici di geometria complessa. Si può, ad esempio, elaborare dai dati raccolti una sezione verticale molto prima che sia stato prodotto un disegno in pianta.mettendo in evidenza problematiche legate alla statica dell’edificio esistente. In altri termini, il sistema consente un intervendo con misure preventive in una fase precedente e la possibilità di considerare gli interventi stessi nella fase di valutazione preliminare dei costi. Oltre, quindi, ad essere di particolare utilità nella definizione delle misure di intervento in progetti di conversione e di ristrutturazione, la scansione vale anche per il controllo formale e qualitativo nella costruzione al rustico. Se la struttura al rustico è stata costruita in tridimensionale, è possibile sovrapporlo in un modello reticolare tridimensionale in un sistema Cad. In tal modo diventa leggibile l’esattezza della realizzazione con una tolleranza consentita di 2 fino a 5 mm. I dati livello 3 prodotti dal sistema costituiscono un dato di particolare efficienza economica in rapporto a quelli prodotti con metodi classici. In futuro l’utilizzo di questi dati servirà per sovrapporre i disegni di progetto con quelli esecutivi. Progressione di livelli: livello 0 Dati sensoriali livello 1 Immagini in formato TIFF (i dati vengono trasformati in maniera automatizzata o manuale in valori 2D o 2,5D) livello 2 Pseudo Voxel in formato Leica-PTS (generazione manuale di modelli tridimensionali parametrici) livello 3 Modello tridimensionale reticolare in formato VRML ((assunzione diretta del modello VRML nel sistema CAD tridimensionale Pagina 1500 Facciate digitali Mariana Yordanova Oggi, lo spazio urbano è dominato da fac- Traduzioni in italiano ciate media, da grandi schermi collocati su edifici nelle piazze centrali di New York e Tokyo e da quinte suggestive per installazioni temporanee. Integrare le superfici opache di monitor in facciata come nel caso del Time Square Building significa però impedire l’illuminazione e l’aerazione interna. Il nuovo sistema ideato dalla G-LEC con ampia rete di pixel consente la trasparenza e il contatto visivo tra interno ed esterno in combinazione con la qualità video. La particolarità tecnica sta nella posizione dei pixel che non sono distribuiti uniformemente ma sono disposti in tubi di vetro acrilico distanziati l’uno dagli altri. Una minore concentrazione di pixel per una maggiore trasparenza ∂ - Inserto in italiano Zeitschrift für Architektur Rivista di Architettura 47° Serie 2007 · 12 Detail digitale L’Impressum completo contenete i recapiti per la distribuzione, gli abbonamenti e le inserzioni pubblicitarie è contenuto nella rivista principale a pag. 1561 Redazione Inserto in italiano: Frank Kaltenbach George Frazzica Rossella Mombelli Monica Rossi e-mail: [email protected] telefono: 0049/(0)89/381620-0 Traduzioni: Rossella Mombelli Partner italiano e commerciale: Reed Businness Information V.le G. Richard 1/a 20143 Milano, Italia [email protected] [email protected] Fonti delle illustrazioni: In che cosa si differenziano le superfici digitali “outdoor” per facciate di nuova generazione dai monitor di grande superficie del passato? I display a diodi luminosi o LED solitamente usati sono disponibili in innumerevoli varianti; purtroppo, l’elevato costo dei componenti e l’entità del consumo energetico dato dal numero di diodi luminosi necessari fanno sì che al momento i display led siano stati intergrati in superfici relativamente piccole che a scala urbana sono privi di contestualizzazione con l’architettura circostante. La nuova tecnologia a diodi distanti offre con un consumo energetico inferiore, una certa trasparenza e una qualità perfetta per spazi all’aperto. Il cluster tridiodico rosso/ verde/blu riproduce tutta la gamma cromatica sull’intera superficie. Il sistema è adatto all’animazione e al video. Esistono versioni stagne all’acqua e all’umidità o stagne alla polvere. Al contrario di una convenzionale installazione a LED tra i cluster non si trovano superfici opache ma aria che rende il sistema trasparente tra i tubi. L’aspetto omogeneo della superficie deriva dalla disposizione affiancata di ogni modulo composto di un telaio con tubi integrati. I vuoti tra gli RGB Cluster per l’effetto delle radiazioni luminose radiali non sono più percepibili e generano un’immagine omogenea. In questo pag. 5: pag. 6: pag. 7: pag. 8: pag. 9: pag. 10: pag. 11: pag. 12: pag. 13: pag. 15: Frank Kaltenbach, Monaco di Baviera Christian Richters, Münster Paul Ott, Graz Roland Halbe, Stoccarda Ralph feiner, Malans Foiltec GmbH, Bremen Nils Petter Dale, Oslo Frank Kaltenbach, Monaco di Baviera Stefan Kaufmann, Monaco di Baviera G-LEC, Ötigheim-Rastatt Piano editoriale anno 2008: ∂ 2007 12 ∂ 2008 1/2 Costruire con il Cemento ∂ 2008 3 Detail Conzept: Asili ∂ 2008 4 Luce e interni ∂ 2008 5 Materiali plastici e membrane ∂ 2008 6 Costruire semplice / microarchitetture ∂ 2008 7/8 Grandi strutture portanti ∂ 2008 9 Detail Conzept: abitare ∂ 2008 10 Facciate ∂ 2008 11 Costruire con il Legno ∂ 2008 12 Tema particolare Detail Digitale 11 • Luce – naturale e artificiale Materia luce • Intonaci – stucchi e pitture Le facciate intonacate e poi -pittura, tinta o rivestimento? • Trasparenze – vetri plastiche e metalli Materiali trasparenti, traslucidi, perforati Lo stato dell’arte dei materiali da costruzione diafani Il materiale traslucido offre al progettista un’ampia libertà creativa, impensabile con il vetro, che consente un rapporto sensoriale con la luce e stimola l’avvin-cente alternanza di interni ed esterni. Attraverso l’impiego di nuovi vetri speciali, lastre di materiale sintetico, membrane e metalli perforati è possibile ottenere una nuova interpretazione delle atmosfere create dagli antichi finestroni colorati delle chiese, dalle sottili lastre di alabastro e dai riquadri di carta intelaiata dei tempi passati. Frank Kaltenbach, 2003 108 pagine con numerose illustrazioni Gli intonaci, le tinteggiature e i rivestimenti determinano l’aspetto delle superfici, creano effetti spaziali, giocano con la luce. Il loro impiego è determinante per la caratterizzazione formale dell’edificio e per la qualità dello strato protettivo. Il nuovo volume di DETAIL Praxis “Intonaci, colori, rivestimenti” presenta convincenti soluzioni, sia tradizionali che innovative. Gli autori descrivono e definiscono i fondamenti della materia, indicano gli aspetti problematici e offrono utili suggerimenti per la pratica dell’edilizia. Utilizzando i particolari di due costruzioni esemplari, gli esperti documentano in scala 1:10 la realizzazione di tutti i giunti più importanti di un edificio. Alexander Reichel, Anette Hochberg, Christine Köpke 2004. 112 pagine con numerose illustrazioni e fotografie. Formato 21×29,7 cm La luce, più di qualsiasi altro materiale, determina gli effetti volumetrici dello spazio, crea l’atmosfera e mette in scena l’architettura. Negli spazi ben illuminati ci sentiamo bene e siamo produttivi; la luce migliora la salute. Inoltre, un’accurata progettazione illuminotecnica in grado di coordinare le fonti naturali diurne con quelle artificiali conduce invariabilmente a grandi risparmi energetici, soprattutto negli ambienti destinati ad ospitare uffici. Il nuovo volume della collana DETAIL Praxis approfondisce i fondamenti della progettazione illuminotecnica sia nel campo della luce diurna che artificiale avvalendosi del contributo dei migliori specialisti in questo campo. Accanto alle semplici regole di buona progettazione che coinvolgono il disegno planimetrico, l’orientamento dell’edificio e l’articolazione della facciata, il manuale offre un’ampia visione d’insieme dei più attuali sistemi d’illuminazione naturale e artificiale, valutandone l’efficacia nel contesto di alcuni progetti esemplari. Ulrike Brandi Licht, 2005 102 pagine con numerose illustrazioni e fotografie. Formato 21×29,7 cm Buono d’ordine Fax +49 (0)89 398670 · [email protected] · www.detail.de/italiano · Tel. +49 (0)89 3816 20-0 ∂ Praxis ___ 3 Libri + CD ROM in un cofanetto (Intonaci, Luce, Trasparenze) € 139,10 + costo di spedizione e imballaggio per un cofanetto: € 9,63 Desidero ricevere le pubblicazioni al seguente indi- Modalità di pagamento: ¥ Carta di credito/Kreditkarte rizzo: ¥ VISA ¥ Eurocard/ Mastercard ¥ Diners ¥ American Express Nome/ Vorname Cognome/Name Professione/Beruf Via, piazza, no/ Straße, Hausnummer CAP, città, prov./ PLZ, Stadt Telefono, Fax / Telefon, Fax Carta no/ Kartennr. Scadenza (mese/anno) Verfallsdatum (Monat/Jahr) Importo ™/ Betrag ™ Telefono cellulare/Handy ¥ In contrassegno/Gegen Rechnung E-Mail L955 ¥ Si, desidero ricevere gratuitamente per e-mail la newsletter mensile di DETAIL Data, Firma del titolare/ Datum, Unterschrift Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG, Sonnenstr. 17, 80331 Monaco di Baviera, Germania, Tel. +49 89 38 16 20-0, Fax +49 89 39 86 70, E-Mail: [email protected] I prezzi sono riferiti al listino di novembre 2007 ∂ Praxis 3 libri + CD ROM in un cofanetto: ∂ 2007 ¥ 12 Inserto ampliato in italiano caso, la distanza dell’osservatore è un aspetto di particolare importanza: più l’osservatore è lontano, minore appare la distanza tra i pixel e maggiore è la qualità dell’immagine. Costruzione del sistema Convenzionalmente, il sistema è composto di più moduli da configurare a piacere con componenti di diverse forme e dimensioni anche tridimensionali. Ogni modulo pesa fino a 10 kg al metro quadro e raggiunge una trasparenza superiore al 70%. l processore dati di sistema si colloca nel modulo stesso, l’elettronica di regolazione è integrata nel telaio del modulo protetto dalle intemperie. Il design dell’involucro media può adattarsi alla funzione di progetto artistico digitale come supporto pubblicitario o come pura superficie d’illuminazione. Una particolare applicazione del sistema sopradescritto è stata adottata nel progetto per BMW Welt a Monaco di Baviera. Facciate Media ed energia Il sistema sostenibile di media-facciata è un ulteriore sviluppo di questa tecnologia: il sistema può assumere l’aspetto di lamelle che riuscendo a ruotare di 180° soddisfano la duplice funzione di lamelle di protezione solare e media-lamelle. L’elemento fotovoltaico può infine coprire in determinati periodi di funzionamento l’intero fabbisogno di energia della media-facciata. Gli elementi LED sviluppano un quantità molto limitata di calore, sono stabili all’urto e alle vibrazioni e hanno una durata di circa 10 anni. Il sistema è stato brevettato con il nome “MediaBIOSe” e sarà disponibile sul mercato nel 2008. Il sistema è stato presentato alla fiera “Light and Building”. “MediaBIOSe” concretizza una simbiosi tra tecnologia media e architettura in cui i nuovi mezzi di comunicazione sono a disposizione per un innovativo allestimento della facciata. Le lamelle variano il loro aspetto durante la giornata. L’involucro dell’edificio si trasforma all’approssimarsi della notte in una superficie mediatico digitale esemplare nell’ambiente urbano. La trasparenza consente di vedere le persone che si trovano all’interno dell’edificio. Mondo digitale e mondo reale si sovrappongono. Traduzioni in italiano 13