Green Green - DETAIL

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∂ Green   2014 ¥ 1
Traduzioni in italiano1
∂ Green
Testo in italiano
Traduzione:
George Frazzica
E-Mail: [email protected]
Solar
Passivhaus
Decathlon
oder 2012
Aktivhaus
in Madrid
– wo liegt die Zukunft?
Qualitätsmanagement
EnEV 2014 – Fortschritt oder
für gesunde
Stillstand?
Innenräume
Vorschau
Wärmepumpen
auf dieim
EnEV
Praxistest
2012
01/13
01/14
Potete trovare un’anteprima con immagine di tutti progetti cliccando su: www.detail.de
Editoriale – pagina 3
Jakob Schoof
“Casa attiva”: già sopraggiunge una nuova
parola d’ordine mentre molti, tra architetti
e ingegneri, sono tutt’ora impegnati nel
­definire le reali caratteristiche di un edificio
­sostenibile o “intelligente”. Negli anni scorsi,
in Germania, è sorta l’associazione
Aktivhaus­Plus e.V. con l’obiettivo di
­promuovere la costruzione di abitazioni
­Energy Plus, mentre l’Active House Alliance
è operativa ormai da molto tempo sul piano
internazionale.
Il messaggio subliminale è abbastanza chia­
ro: sul piano concettuale la casa attiva si po­
ne automaticamente all’opposto della c
­ asa
passiva. Le case attive non devono soltanto
essere gestite secondo canoni di ecologia
e rispetto del clima, ma devono a
­ nche poter
offrire ai propri abitanti il massimo comfort
termico e la migliore qualità dell’aria interna.
In effetti, è interessante n
­ otare come si tratti
degli stessi vantaggi perseguiti dai sosteni­
tori delle case passive.
Siamo dunque in presenza del solito gioco
di parole? Vino vecchio in botti nuove?
Per scoprirlo abbiamo intervistato due prota­
gonisti assoluti dell’architettura energetica­
mente efficiente: Manfred Hegger, cofonda­
tore di Aktivhaus e.V. e presidente di lungo
corso della Società tedesca per l’edilizia
­sostenibile (Deutschen Gesellschaft für
­Nachhaltiges Bauen, DGNB), e Wolfgang
Feist, fondatore del Passivhaus Institut. Le
due interviste pubblicate in questo numero
di DETAIL Green evidenziano molto chiara­
mente sia le differenze sia le affinità fonda­
mentali tra le due posizioni. Per esempio,
entrambi sostengono che l’architettura
­climaticamente sostenibile raggiunga i pro­
pri obiettivi solo quando siano stati soddi­
sfatti tutti gli adempimenti relativi all’aspetto
“passivo” – buon isolamento termico, tenuta
all’aria e assenza di ponti termici – e, con­
temporaneamente, l’edificio sia in grado di
integrare con successo i componenti attivi
preposti all’approvvigionamento energetico.
Inoltre, i due intervistati hanno anche con­
cordato che l’edificio debba favorire il
comfort dei propri abitanti e che i
l futuro riserverà sempre più spazio alle stra­
tegie energetiche di zona o di quartiere.
Al giorno d’oggi siamo tuttavia molto lontani
da una “grande coalizione” sul fronte del
­rispetto del clima. Mentre alcuni attori con­
temporanei più esperti di altri, come Man­
fred Hegger e Wolfgang Feist, premono
l’acceleratore della sperimentazione, altri in
Germania tengono tirato il freno con forza,
per esempio molti protagonisti nel settore
dell’edilizia residenziale. Le prossime pagine
di questo numero saranno dedicate anche
all’approfondimento di questo argomento.
In ogni caso, ha poco senso che il dibattito
si focalizzi sulla questione “attivo vs passivo”
o che rimanga imbrigliato nel mare delle ci­
fre teoriche che riguardano la convenienza
economica di uno standard energetico piut­
tosto che di un altro. Siamo infatti consape­
voli che ogni situazione sia fondamental­
mente differente dall’altra e per questo
motivo, all’interno di questo numero di
­DETAIL Green, abbiamo riservato molto
spazio anche alla documentazione di archi­
tetture particolarmente originali che si carat­
terizzano per la varietà delle funzioni d’uso,
dalla casa di villeggiatura all’ex silo per gra­
naglie, con l’intima speranza che siano in
grado di sopravvivere al dibattito su alcune
questioni fondamentali che attualmente
­covano sotto la cenere.
Rassegna – pagina 4
Edilizia residenziale in Germania:
il percorso accidentato verso la Casa a
energia minima (Niedrigstenergiehaus)
Jakob Schoof
L’ultimo decreto in materia di risparmio
­energetico approvato in Germania (Energie­
einsparverordnung, EnEV) prevede l’abbatti­
mento del 25% del fabbisogno consentito di
energia primaria a partire dal 1° gennaio
2016 per le nuove costruzioni su tutto il terri­
torio nazionale. Imprenditori del settore
­immobiliare e progettisti avranno tempo fino
a quella data per adeguarsi al nuovo stan­
dard. I requisiti energetici per le nuove co­
struzioni sono rimasti invariati per ben sette
Green
Green
anni – dal 2009 a oggi – e, nonostante ciò, le
rappresentanze del settore edile e gli ordini
professionali tedeschi tendono a considera­
re l’ulteriore inasprimento come insostenibile
sul piano economico, mentre le associazioni
ambientaliste e alcuni istituti di ricerca sono
convinti che bisognerebbe fare molto di più.
In realtà si può affermare che entrambe le
parti hanno ragione dal momento che lo
standard Nearly Zero Energy è comunque
destinato a divenire norma europea entro il
2021 e che, per poterne raggiungere il livel­
lo, gli standard energetici attuali dovranno
essere decurtati quasi del 60%, come dimo­
stra uno studio elaborato dall’Istituto per l’a­
bitazione e l’ambiente ­(Institut für Wohnen
und Umwelt, IWU).
Tuttavia il nocciolo della questione è uno so­
lo: l’operazione è finanziariamente sostenibi­
le? L’edilizia residenziale a basso costo sa­
rebbe in grado di sopravvivere? In Germania
il problema è diventato improvvisamente po­
litico poiché, soprattutto nelle grandi metro­
poli, si avverte la mancanza di migliaia di al­
loggi e i prezzi degli immobili sono alle
stelle. Il settore immobiliare sostiene di aver
individuato i responsabili: le prescrizioni co­
stantemente più restrittive in materia di ener­
gia, protezione antincendio e isolamento
acustico rendono le nuove abitazioni sempre
meno accessibili.
Tuttavia esistono anche indizi che dimostra­
no che la storia dell’insostenibilità economi­
ca della sostenibilità climatica dell’edilizia
sia piuttosto inattendibile. Nel corso del
2011 più del 40% di tutte le nuove costruzio­
ni residenziali ha fruito di agevolazioni pub­
bliche e, per accedere ai finanziamenti, il li­
vello di energia primaria doveva essere
migliorato almeno del 30% rispetto a quello
prescritto dall’EnEV. In questo modo molti
imprenditori edili e persino intere municipali­
tà e regioni hanno potuto fregiarsi dello stan­
dard CasaPassiva. Questa apparente con­
traddizione riflette le differenze tra i
principali attori in campo e tra le aspettative
di rendita, oltre all’andamento dei mercati
­immobiliari in ambito regionale. Di conse­
guenza, gli standard minimi di legge per
­l’intera nazione continueranno a mantenersi
2
Traduzioni in italiano
sul piano del minimo comune denominatore
e, alla fine, la Germania correrà il rischio di
mancare le linee guida della Comunità Euro­
pea per il 2021.
Sfondo – pagina 16
Casa passiva o casa attiva? Due strategie
architettoniche in competizione
Intervista con Wolfgang Feist e Manfred
­Hegger
L’obiettivo è chiaro, il metodo per ottenerlo
non ancora: gli esperti si confrontano sulla
questione che riguarda le strategie per met­
tere in atto lo standard Energia Minima
­(Niedrigstenergiestandard) in modo efficien­
te e contemporaneamente economico.
A partire dal 2021 tutte le nuove costruzioni
in Europa dovranno essere case passive o è
arrivato il momento di superare lo standard
CasaPassiva a favore di strategie architetto­
niche “attive”? DETAIL Green ne ha parlato
con Wolfgang Feist, fondatore del
­Passivhaus Institut, e con Manfred Hegger,
cofondatore dell’associazione
­AktivhausPlus e.V.
Wolfgang Feist: affrontare i problemi alla
­radice
Signor Feist, molti architetti e ingegneri sono
attualmente impegnati nella ricerca di strategie
per le cosiddette case attive, in grado di offrire
un bilancio in parità per la CO2 anche senza il
ricorso allo standard CasaPassiva. Che cosa
ne dobbiamo pensare?
In fin dei conti, è degna di approvazione
ogni soluzione praticabile che punti a conte­
nere i cambiamenti climatici. Tuttavia, tutte
queste soluzioni devono essere valutate con
grande accortezza. Per esempio, io ritengo
assolutamente senza senso che si costrui­
scano edifici relativamente inefficienti e che
si provveda a riscaldarli con la legna per
mantenere in pareggio il bilancio di CO2.
La risorsa naturale legno è troppo limitata
per prevederne l’uso come combustibile e,
se proprio la si deve usare, sarebbe meglio
riservarla agli impianti di generazione com­
binata di energia elettrica e termica.
Una parte non secondaria viene giocata
­anche dal tipo di pareggio di bilancio che
si vuole adottare: sarebbe poco favorevole
qualora si decidesse di considerare solo il
fabbisogno di energia per il riscaldamento,
l’acqua calda sanitaria e l’energia ausiliaria
dell’impianto di ventilazione e pompaggio.
Al giorno d’oggi anche il fabbisogno di ener­
gia elettrica degli edifici rappresenta un
­fattore di primaria importanza benché non
venga preso in considerazione dalla mag­
gior parte delle procedure di bilancio pre­
scritte dalla normativa. Per questo motivo
tendo a considerare come incerte o insicure
anche quelle strategie che prevedono la
­copertura di un eccessivo fabbisogno di
­calore per riscaldamento con l’ausilio di una
pompa di calore, cercando di compensarne
2014 ¥ 1   ∂ Green
il fabbisogno di energia elettrica con l’instal­
lazione di un impianto fotovoltaico sulla­
copertura. Personalmente, in primo luogo
tenderei a utilizzare la corrente prodotta dal
fotovoltaico per alimentare l’impianto di illu­
minazione e le apparecchiature della casa.
Si sente ripetere spesso che l’idea di isolare
termicamente ogni singola abitazione fino a ot­
tenerne lo standard CasaPassiva rappresenti
un’esagerazione e che, invece, occorrerebbe
individuare soluzioni su scala urbana a livello
di quartiere o zona. Che cosa risponde?
È assolutamente incontestabile che abbiamo
bisogno di soluzioni sul piano di quartiere,
anche se questo argomento presenta sem­
pre due aspetti: l’approvvigionamento e il
fabbisogno di energia. Per quanto riguarda
l’approvvigionamento, le soluzioni combina­
te ed estese non solo sono più efficienti dal
punto di vista economico ma spesso rappre­
sentano anche l’unico sistema per concretiz­
zare uno standard ­Zero Energy o ­Energy
Plus. Con un sufficiente numero di moduli fo­
tovoltaici un’abitazione monofamiliare isolata
può essere trasformata in una casa Energy
Plus con uno sforzo sostenibile. La stessa
cosa è praticamente impossibile nella situa­
zione di un’abitazione urbana. In questo ca­
so abbiamo assolutamente bisogno di solu­
zioni su scala regionale. D’altra parte non
dobbiamo neanche opporci a questo model­
lo poiché sarebbe completamente sbagliato,
in futuro, c
­ ostruire soltanto case unifamiliari
solo perché queste sono in grado di auto­
alimentarsi di energia elettrica.
Relativamente ai consumi la questione ap­
pare completamente diversa: in questo caso
si può effettivamente mettere mano a ogni
singolo edificio ottenendo molto, tranne che,
forse, nel settore degli edifici tutelati. Natu­
ralmente occorre rispettare alcuni limiti:
­migliorare le prestazioni di una costruzione
anche oltre lo standard CasaPassiva ha
­poco senso, ma fino a quel punto può
­essere una cosa molto sensata sia sul piano
economico sia sul piano ecologico.
Manfred Hegger: standard flessibili per una
maggiore qualità
Signor Hegger, insieme con altre persone che
la pensano come Lei, nei primi mesi del 2013
ha fondato l’associazione AktivhausPlus e.V.
pubblicando quasi contemporaneamente un
libro che parla di case attive.
Perché ha ritenuto che fosse arrivato il
­momento di confrontarsi con questo tema?
Secondo la mia opinione, abbiamo bisogno
di nuovi standard per l’edilizia che non con­
siderino più gli edifici come semplici sistemi
passivi. Il bilancio complessivo di un’abita­
zione che tenga conto del contributo dei
componenti attivi e passivi è molto più
­risolutivo. Da una parte, questo modello
di “casa bilanciata” permette un notevole
­risparmio di energia e offre all’utente un
comfort termico di estrema qualità, dall’altra
è in grado di generare energia sfruttando il
proprio involucro o il suolo. Tutto dipende
dalla differenza fra le misure attive e quelle
passive, non solo dalla prevenzione delle
perdite di calore.
Con l’associazione AktivhausPlus Lei non
­ambisce solo a sviluppare case attive, bensì
anche interi “quartieri attivi”, all’interno dei
quali i singoli edifici siano energeticamente in
rete. Quali sono i vantaggi di queste soluzioni,
per così dire, sovraordinate?
L’obiettivo per il futuro deve essere quello di
permettere agli edifici e ai quartieri di essere
effettivamente in grado di provvedere in ma­
niera ampia al proprio approvvigionamento
energetico, e non solo di ottenere un bilan­
cio annuale in pareggio. Per questo
­dovremo anche preoccuparci di coordinare
molto meglio di quanto si faccia oggi la
­produzione e il consumo di energia, anche
in relazione alla tempistica.
Tra gli obiettivi dello standard CasaAttiva c’è
non solo l’alleggerimento del carico ambien­
tale ma anche il decongestionamento delle
infrastrutture. E infatti sono proprio i quartieri
a funzione mista quelli che offrono le migliori
premesse per questo scopo. Per esempio,
il consumo di corrente elettrica all’interno
di un edificio per uffici ha una ­distribuzione
nell’arco della giornata molto differente ri­
spetto a un edificio residenziale; di conse­
guenza i picchi di carico dei quartieri a fun­
zione mista sono meno marcati e richiedono
minore sovracapacità nella produzione di
energia elettrica, permettendo lo sfruttamen­
to in loco di una maggiore quantità di cor­
rente generata nel quartiere stesso.
A tutto ciò si aggiungono altri effetti
­sinergici: per esempio, il calore dissipato
dalle strutture produttive e commerciali può
essere utilizzato per il riscaldamento delle
abitazioni – basti solo pensare agli innume­
revoli scomparti frigo dei supermercati.
­Inoltre, nelle zone a funzione mista anche la
densità del traffico veicolare tende a diminu­
ire, con minore emissione di CO2 e contem­
poraneo decongestionamento delle infra­
strutture di trasporto. E la lista di vantaggi
può diventare ancora più lunga ...
Architettura sostenibile – pagina 22
Palazzina residenziale ad Amburgo
Casa senza additivi
Il “Woodcube” è stato costruito nel nuovo
centro del quartiere di Wilhelmsburg, ad
Amburgo, nell’ambito dell’IBA 2013. L’edifi­
cio offre un’immagine formalmente discreta
e piuttosto chiusa rispetto alla maggior parte
dei volumi vicini, tuttavia è anche la nuova
costruzione che meglio di tutte le altre tiene
alta la bandiera ecologica della manifesta­
zione. Il legno non compare solo nel nome
e sulle facciate ma costituisce il principale
materiale utilizzato, compreso l’isolamento
termico, perfino nel piano interrato e nel
­nucleo degli ascensori.
Non solo: la costruzione è anche priva di
∂ Green   2014 ¥ 1
ogni genere di colla, smalto e solvente.
Ogni materiale da costruzione è stato verifi­
cato relativamente all’affidabilità bioarchitet­
tonica; inoltre il committente ha commissio­
nato la redazione di un bilancio ecologico
per conoscere con esattezza l’impronta
­ecologica della costruzione, tenendo conto
anche delle fasi di costruzione e di demoli­
zione-smaltimento.
Riscaldamento, acqua calda e corrente elet­
trica sono a bilancio zero di CO2; il fabbiso­
gno di energia primaria della nuova costru­
zione risulta quasi del 70% inferiore rispetto
al limite stabilito dal decreto tedesco EnEV
2009: la costruzione si colloca in questo mo­
do nell’ambito dello standard Niedrigenergie
che è destinato a diventare obbligatorio per
tutte le nuove costruzioni europee a partire
dal 2021.
L’edificio accoglie otto alloggi di taglio com­
preso tra 79 e 185 m2; la gamma spazia dal
miniappartamento monovano all’abitazione
in duplex, passando per un attico che occu­
pa tutta la superficie del piano e offre una
­vista a 360°.
La struttura in legno massello è stata messa
in opera in tre settimane e mezzo; è formata
da elementi per pareti esterne e solai, rispet­
tivamente di 31 cm e 23,5 cm di spessore,
in legno a strati incrociati tassellato e privo
di colla. Le pareti esterne hanno uno strato
termoisolante aggiuntivo di 7 cm di fibra di
legno e un manto esterno in tavole di larice.
L’energia per il riscaldamento e per l’acqua
calda sanitaria proviene dalla nuova rete di
teleriscaldamento realizzata appositamente
per l’IBA nella zona di Wilhelmsburg-Mitte,
ed è ottenuta esclusivamente da fonti rinno­
vabili costituendo una premessa fondamen­
tale per l’ottima performance dell’edificio in
materia di standard di energia primaria.
Architettura sostenibile – pagina 32
Uno spazio per personalità creative
Ristrutturazione di un granaio a
­Middelburg
Il granaio che sorge ai margini di Middel­burg
rappresenta il primo edificio per uffici certifi­
cato con standard CasaPassiva nei Paesi
Bassi. È stato progettato dal locale studio di
architettura Rothuizen che vi ha riunito due
delle sue quattro filiali a oggi operative.
Il deposito di granaglie, eretto nel 1963 lun­
go la riva di un canale, è composto da una
torre per l’ascensore e da una sala macchi­
ne in muratura di mattoni, oltre che dal silo
vero e proprio con scheletro in c.a. e pareti
esterne con spessore di soli 10 cm. Il ma­
gazzino è suddiviso internamente con pareti
di c.a. che davano origine a 24 comparti­
menti autonomi di dimensioni pari a 5 × 5 m
in pianta e 12 m in altezza.
La grande sfida del progetto era rappresen­
tata dalla possibilità di rendere permeabile
alla luce e alle persone una struttura com­
pletamente opaca. Sono stati rimossi tutti i
solai intermedi della torre dell’ascensore e
Traduzioni in italiano3
all’interno del granaio vero e proprio sono
stati abbattuti quasi tre quarti di tutti i setti
interni fino all’altezza di 3 m. Più in alto, gli
elementi nei quali veniva contenuto il grano
sono invece rimasti intatti e contribuiscono
all’irrigidimento della struttura come faceva­
no originariamente. La demolizione selettiva
delle pareti ha dato luogo a una diversificata
combinazione di volumi open space, sale di
riunione semiaperte, cellule per servizi igie­
nici e una cucina componibile. In futuro le
funzioni potranno essere ulteriormente diffe­
renziate, per esempio attraverso l’allestimen­
to di una biblioteca, e così ogni altro tipo di
variazione potrà sempre essere preso in
considerazione nel rispetto della griglia
­modulare ortogonale.
Per migliorare l’illuminazione diurna all’inter­
no, gli architetti hanno aperto nuove finestra­
ture a livello del piano terra, mentre è stata
conservata l’apertura a nastro che corre
­sotto la copertura piana che favorisce l’illu­
minazione dall’alto all’interno dell’ex granaio.
Per raggiungere lo standard CasaPassiva si
è dovuto procedere all’isolamento termico
completo delle facce esterne dell’involucro,
anche dal basso: il pavimento esistente in
calcestruzzo è stato ricoperto con uno strato
di materiale isolante dello spessore di 25 cm
all’interno del quale corrono tutti i condotti di
cablatura e i canali di aerazione, sopra di
esso è stato posato un altro strato cementi­
zio che ospita l’impianto radiante.
Le pareti esterne sono state rivestite con un
sistema composito a cappotto che, grazie
alla propria superficie lavorata in rilievo, con­
tinua a rivelare verso l’esterno la ­geometria
dello scheletro portante.
Il vecchio tetto in legno è stato sostituito con
una copertura piana in calcestruzzo che
rende la superficie praticabile. Gli architetti
prevedono di realizzarvi prossimamente un
giardino pensile e un impianto fotovoltaico.
Tutto il volume ristrutturato del granaio (a
­eccezione della torre dell’ascensore che
­rimane priva di isolamento) è riscaldato da
una pompa di calore geotermica.
Architettura sostenibile – pagina 38
Casa di villeggiatura a Laesø
Risorse del mare
La casa di villeggiatura ricoperta di zostera,
realizzata dallo studio di architettura
Vandkunsten di Copenhagen sull’isola dane­
se di Laesø, si rifà a una pratica costruttiva
tradizionale che, in passato, è stata adottata
quasi esclusivamente su quest’isola sperdu­
ta tra la costa della Danimarca e quella della
Svezia. Il committente è rappresentato dalla
Fondazione Realadania Byg che, nel corso
degli ultimi due anni, ha finanziato la realiz­
zazione di altre cinque costruzioni sperimen­
tali da parte di diversi studi di architettura,
sempre nella stessa area.
Il progetto di Vandkunsten prevede l’utilizzo
della zostera in tre situazioni differenti: nel
manto di copertura, nel rivestimento delle
facciate e per l’isolamento termico della co­
pertura e delle pareti esterne. Per la realiz­
zazione del manto di copertura il materiale è
stato costipato manualmente in una serie di
reti di lana di pecora lavorate a maglia che
sono state successivamente fissate alle tra­
verse di larice sull’esterno della copertura
per mezzo di lunghe corde. La modularità
dimensionale così ottenuta conferisce alla
zostera un aspetto particolarmente originale
che ricorda da lontano le balle di torba.
Con il trascorrere del tempo il materiale
­acquista una colorazione grigio-argento
­trasformandosi nel riparo per numerose
­specie di volatili e insetti.
Le stesse reti di zostera sono state integrate
nella facciata sotto forma di pannelli a telaio
di legno prefabbricati che ne tamponano le
superfici in numero di 86.
La terza modalità d’impiego della zostera ne
vede l’utilizzo, sotto forma di materiale sciol­
to, all’interno di un diverso sistema di pan­
nelli isolanti; mentre sul lato interno della
­copertura gli architetti hanno utilizzato il
­materiale per coibentare il piano dei vani
­impiantistici che è rivestito internamente da
due strati di tessuto: un panno di cotone non
visibile e ignifugo e una tela di tessuto di li­
no, visibile. L’immagine del tetto “imbottito”
crea un interessante contrasto con le super­
fici rivestite di legno del pavimento e delle
pareti, mentre dal punto di vista cromatico si
armonizza perfettamente con le parti lignee.
L’edificio in sé è relativamente stretto; il pia­
no terra che misura 86 m2 poggia su una
piattaforma lignea con fondazione puntuale.
Su entrambi i lati lunghi della costruzione si
aprono verso l’esterno alcune portefinestre
omologate per casa passiva, a un’anta ver­
so nord e a due ante verso sud. Mentre la
più stretta terrazza a nord, con la rampa an­
tistante, è destinata esclusivamente all’ac­
cesso, la terrazza esposta a sud è stata
­allestita come un vero e proprio spazio di
soggiorno esterno con una cucina ­all’aperto
e una doccia schermata da un ­paravento in
legno. Il passaggio tra l’interno e l’esterno è
mediato dalle tettoie in aggetto che scandi­
scono entrambe le facciate.
La casa è dotata complessivamente di otto
posti letto di cui quattro sono ricavati nelle
due camere alle estremità del piano terra
mentre gli altri quattro trovano spazio nei
­relativi soppalchi raggiungibili mediante ripi­
de scale. Lo spazio centrale destinato alla
cucina e al pranzo è illuminato anche da sei
lucernari a tetto distribuiti simmetricamente
su entrambe le falde.
Durante l’elaborazione del progetto gli archi­
tetti hanno commissionato la verifica del bi­
lancio ecologico della costruzione da cui si
evince che la struttura “contiene” 8,5 tonnel­
late di CO2, più o meno la stessa quantità di
ossido di carbonio emessa dal cittadino da­
nese medio nel corso di un anno.
Il fabbisogno di calore per riscaldamento è
stato proficuamente ridotto a 43,5 kWh/m2a
grazie al buon isolamento termico e alla te­
4
Traduzioni in italiano
nuta all’aria dell’involucro, così come al si­
stema di aerazione e smaltimento con recu­
pero di calore. Il calore per il riscaldamento
e per la produzione di acqua calda è fornito
da una pompa di calore aria/acqua colloca­
ta all’interno di un annesso che sorge a nord
della casa. Il calore giunge inizialmente
all’interno di un serbatoio di compensazione
equipaggiato con una batteria di post-riscal­
damento alimentata elettricamente per esse­
re successivamente convogliato nella ser­
pentina del pavimento radiante presente in
tutti gli ambienti della casa, con l’eccezione
dei ballatoi delle stanze da letto.
Architettura sostenibile – pagina 45
Edificio per uffici ad Agoura Hills
Volume snello e impiantistica light
La Fondazione Conrad N. Hilton ha fatto eri­
gere il proprio quartier generale ad Agoura
Hills, una località non lontana da Downtown
Los Angeles in direzione nord-ovest.
L’istituzione voluta dal fondatore dell’omoni­
ma catena alberghiera svolge la propria atti­
vità in vari settori, dalla lotta alla droga agli
aiuti umanitari in caso di catastrofe fino a
­occuparsi dei senzatetto e della prevenzio­
ne contro l’AIDS.
Il masterplan di ZGF Architects prevede la
costruzione di quattro edifici su un’area di
18 ettari. Con la prima palazzina, ultimata
nel 2013, il progettista ha tracciato le linee
guida dell’intero complesso fornendo indica­
zioni di tipo formale e puntualizzando il livel­
lo di sostenibilità ambientale.
La nuova sede della fondazione ospita più
di 50 postazioni di lavoro disposte per la
maggior parte lungo il fronte nord e quello
sud in una serie di stanze singole, solo un
esiguo numero di posti di lavoro è stato or­
ganizzato adottando il tradizionale “cubicle”
americano alle due estremità dell’area cen­
trale di collegamento e passaggio. Al piano
terra trovano posto anche due sale per con­
ferenze mentre una terza sala riunioni è stata
collocata al piano superiore.
Il volume risulta decisamente molto sottile
per lo standard statunitense. Tutti gli uffici
­ricevono abbondante luce diurna attraverso
ampie finestrature di facciata mentre il volu­
me centrale di collegamento viene illuminato
attraverso i lucernari posti immediatamente
sotto il bordo del tetto.
Il ritmo delle facciate è accentuato dalla pre­
senza di 17 camini di ventilazione che fanno
parte di un ingegnoso sistema per l’aerazio­
ne naturale e il raffrescamento passivo
dell’edificio. La parte centrale della coper­
tura piana, leggermente più alta, ospita un
impianto solare di collettori a tubo che
­occupa 100 m2 di superficie e provvede al
riscaldamento dell’acqua; la copertura del
parcheggio adiacente accoglie un impianto
fotovoltaico da 115 kilowatt. Nel complesso,
la fondazione ambisce a ottenere un edificio
Zero Energy che, nel frattempo è stato
­anche certificato LEED Platinum (standard
2014 ¥ 1   ∂ Green
americano). Il raffrescamento dell’edificio
avviene esclusivamente attraverso l’aria pri­
maria che passa all’interno dei camini di
ventilazione dove attraversa una serie di
batterie di raffrescamento alimentate da al­
trettante macchine frigorifere elettriche; una
torre di raffreddamento collocata nel parco
garantisce il funzionamento di queste ultime.
Nel caso in cui le temperature esterne siano
moderate, la torre di raffreddamento alimen­
ta direttamente con acqua fredda le batterie
refrigeranti dei camini (bypassando dunque
le macchine frigorifere) e permette un deci­
so risparmio di energia elettrica.
I collettori solari sulla copertura coprono
quasi il 70% del fabbisogno di calore per il
riscaldamento ambientale e l’acqua calda
sanitaria, mentre la quantità rimanente è
prodotta da un boiler elettrico. Un serbatoio
con una capacità di 11 300 litri provvede allo
stoccaggio dell’acqua calda per i periodi di
cielo coperto.
Ricerca e applicazione – pagina 54
Progettazione e idoneità all’uso di
­vetrazioni elettrocromiche
John Mardaljevic, Ruth Kelly Waskett,
Birgit Painter
Soprattutto negli edifici ampiamente vetrati,
le cosiddette vetrazioni commutabili permet­
tono il controllo della radiazione solare in re­
lazione all’attività svolta all’interno, senza ren­
dere necessaria la presenza di uno schermo
solare esterno. Inoltre, diversamente dai
­tradizionali sistemi a veneziana, consentono
la vista indisturbata verso l’esterno anche in
condizione di schermatura massima.
Tra tutti i tipi di vetrazione commutabile fino
a oggi sperimentati, solo le vetrazioni elettro­
cromiche (ovvero attivabili elettricamente)
hanno dimostrato una idoneità all’utilizzo
praticamente illimitata. In linea di principio il
loro procedimento di produzione è molto si­
mile a quello delle vetrazioni bassoemissive.
Il grado di colorazione può essere modifica­
to manualmente o in modo automatico
­tenendo conto di vari parametri (luminosità
dell’ambiente esterno, posizione del sole,
temperatura dell’aria ecc.). Il valore g carat­
teristico delle vetrazioni elettrocromiche può
variare tra lo 0,41 della massima trasparen­
za e lo 0,09 della massima colorazione.
L’installazione delle vetrate elettrocromiche
avviene allo stesso modo di quelle tradizio­
nali con in aggiunta un collegamento elettri­
co. Recentemente sono state sviluppate an­
che alcune soluzioni autarchiche che, oltre
al vetro e al telaio, prevedono una serie di
celle solari poste all’esterno, una batteria
per l’accumulo della corrente elettrica e un
controller Wi-Fi per la regolazione.
Con condizioni climatiche estive e irraggia­
mento ridotto, occorrono tra tre e cinque mi­
nuti affinché la vetrazione raggiunga il 90%
dell’intensità cromatica. Quando invece le
temperature sono moderate e in assenza di
irraggiamento diretto, il periodo di attivazio­
ne aumenta fino a 5 –10 minuti, diventando
anche più lungo in presenza di temperature
esterne basse. Nella pratica, la regolazione
più efficace è quella che prevede un oscu­
ramento graduale in concomitanza di deter­
minati valori, per esempio trasmissione lumi­
nosa t = 62 %, 20 %, 6 % e 2 %. Per ottenere
il massimo risparmio di energia con l’attiva­
zione dello schermo solare sarebbe bene di­
sporre di una illuminazione artificiale dimme­
rabile da controllare attraverso un sistema di
building management che preveda anche la
regolazione dei sistemi di oscuramento e, se
presente, dell’impianto di condizionamento.
In condizione attiva, le vetrazioni elettrocro­
miche assumono una colorazione bluastra
che può limitarne l’accettazione da parte
dell’utente. Il problema è facilmente aggirabi­
le facendo in modo che una parte delle su­
perfici finestrate dell’ambiente rimanga co­
stantemente chiara. Come illustrato
nell’immagine 7, per far sì che la colorazione
della luce diurna rimanga neutra è sufficiente
che una piccola parte delle vetrazioni
dell’ambiente non sia colorata. Ciò si spiega
con il fatto che la quantità di luce che attra­
versa una lastra di vetro chiara (trasmissione
luminosa t = 60 %) è trenta volte maggiore di
quella che attraversa una lastra completa­
mente cromatizzata (t = 2 %). Per questo mo­
tivo è praticamente irrilevante la posizione
delle superfici completamente trasparenti ri­
spetto alle dimensioni dell’ambiente, dunque
tali superfici possono essere collocate anche
nei pressi degli angoli della stanza dove il
­rischio di abbagliamento diretto della posta­
zione di lavoro è inesistente o molto raro.
Specializzazione – pagina 84
Progettazione sostenibile: strategie e
strumenti nella pratica internazionale
Emanuele Naboni
Oggi, sotto il paradigma della sostenibilità,
mutano non solo i requisiti delle costruzioni
ma anche le strutture di lavoro all’interno
­degli studi di progettazione. All’interno dei
grandi studi che operano a livello internazio­
nale assistiamo alla creazione di gruppi di
specialisti che si occupano approfondita­
mente delle questioni legate all’efficienza
energetica, al ciclo di vita degli edifici o ai
metodi di costruzione sostenibile.
Il vero catalizzatore della svolta va infine in­
dividuato in una nuova generazione di sof­
tware di simulazione che influisce sulle pro­
cedure progettuali e permette nuove forme
di collaborazione con consulenti e istituti di
ricerca esterni.
L’effetto limitato della certificazione edilizia
Negli anni passati i sistemi di certificazione
come LEED, DGNB e BREEAM hanno
­indubbiamente stimolato l’interesse della
committenza nei confronti dell’architettura
sostenibile, tuttavia non hanno influito in
­alcun modo sul metodo di lavoro del gruppo
di progettazione nelle prime fasi dell’elabo­
∂ Green   2014 ¥ 1
razione. Generalmente, tra gli specialisti del­
la sostenibilità prevale l’opinione che i siste­
mi di certificazione siano in grado di
restituire soltanto un quadro incompleto del­
le conseguenze ambientali degli edifici, che
conducano verso soluzioni progettuali ec­
cessivamente convenzionali e tendano a
bloccare l’innovazione e la creatività. Perciò
gli esperti preferiscono sviluppare specifici
obiettivi di sostenibilità e strumenti di lavoro
a misura dei propri progetti. Questo accade
in ogni ambito, dall’orientamento verso i
principi di riferimento ispirati dalla bionica fi­
no ai criteri personalizzati per la valutazione
dell’efficienza energetica delle costruzioni
che, in questo modo, si discostano dai me­
todi di calcolo adottati dai vari sistemi di
­certificazione.
Visualizzazione in tempo reale della per­
formance dell’edificio
Un efficace transfert di conoscenze interne
tra gli specialisti e i progettisti è alla base
del successo di ogni studio di progettazio­
ne. Dipende tutto dalla capacità di compren­
dersi reciprocamente e dalla velocità dello
scambio delle informazioni. Poiché i tempi
medi di lavorazione di un progetto tendono
a diventare sempre più corti, molti studi so­
no incoraggiati a investire nello sviluppo di
cicli di elaborazione sempre più efficienti tra
cui annoveriamo da una parte le nuove tec­
niche per l’introduzione dei dati nei pro­
grammi di simulazione e dall’altra la visualiz­
zazione intuitiva dei risultati.
Team specialistici e progettazione parametrica
Gli studi di architettura utilizzano sempre più
spesso alcuni software per l’ottimizzazione
mirata delle prestazioni della costruzione.
Frequentemente si tratta di software open
source che possono essere adattati alle esi­
genze specifiche del progetto. I programmi
permettono di utilizzare lo stesso modello
virtuale sia per l’elaborazione del progetto
sia per la sua verifica a mezzo di simulazio­
ni, rendendo inutile qualunque procedura
di import ed export tra software differenti.
Spesso, poi, sono gli stessi specialisti dello
studio a programmare nuovi plug-in per il
programma di progettazione parametrica,
come avvenuto con lo stesso Grasshopper,
rendendoli successivamente di pubblico
­dominio.
Interoperabilità tra software: merce ancora
molto rara
Il Building Information Modelling (BIM) si
­basa sull’idea di generare modelli digitali di
edifici arricchiti con ogni tipo di dati, per
consentire lo scambio di informazioni senza
soluzione di continuità tra varie soluzioni di
software, dal progetto preliminare fino al
­momento della gestione della costruzione.
La pratica dimostra che il grande studio di
general planning può disporre di strategie
più sperimentate rispetto allo studio di archi­
tettura classico.
Traduzioni in italiano5
Tuttavia molti esperti di sostenibilità sono
piuttosto scettici sull’impiego di programmi
BIM già nelle prime fasi della progettazione.
Un argomento molto forte in questo senso è
rappresentato dal grande sforzo richiesto
per l’immissione dei dati di cui hanno biso­
gno questi programmi, spesso, inoltre, lo
scambio di informazioni tra il software di
­disegno e quello di simulazione non avviene
senza problemi.
Valutazione dell’edificio realizzato
Le fasi finali della progettazione, la costru­
zione e la gestione dell’edificio si svolgono
spesso sotto la regia di consulenti specializ­
zati d’ingegneria senza che gli specialisti di
sostenibilità interni allo studio di architettura
ricevano, tranne in rari casi, le informazioni
che riguardano il reale consumo di energia
dell’edificio. Per questo motivo alcuni studi
di progettazione optano per condurre pro­
prie misurazioni sull’oggetto costruito allo
scopo di ricavarne insegnamenti utili per la
realizzazione dei successivi progetti.
CarbonBuzz, la piattaforma basata su inter­
net ­(www.carbonbuzz.org), a cura di Aedas,
si ripropone di creare maggiore trasparenza
in quest’ambito. La pagina web viene utiliz­
zata da architetti e committenti per pubbli­
care volontariamente i consumi energetici
previsti e quelli realmente ottenuti dai propri
edifici. Fino a oggi CarbonBuzz ha dimostra­
to che spesso il consumo reale supera di
molte volte quello teorico di progetto.
Le ­motivazioni sono molteplici: dai presup­
posti irrealistici insiti nei metodi di calcolo
(prescritti dalla normativa), agli errori nella
realizzazione e nella gestione dell’edificio.
Un nuovo ambito di operatività:
conseguenze ambientali dei materiali
La maggior parte degli intervistati prevede
che, nell’immediato futuro, il bilancio ecolo­
gico diventi normale parte integrante della
valutazione dell’edificio. In effetti fin d’ora
sono pochi i team di specialisti in grado di
valutare con precisione gli effetti ambientali
dei materiali da costruzione e delle tecniche
costruttive. Gli strumenti reperibili sul merca­
to per la valutazione del bilancio ecologico
sono spesso troppo poco orientati all’archi­
tettura e presentano problemi di interfaccia­
bilità con i software più comuni di progetta­
zione. Per questo motivo molti studi si
applicano all’elaborazione di strumenti pro­
pri. Un esempio è rappresentato dall’Envi­
ronmental Analysis Tool di SOM che permet­
te di valutare le emissioni di CO2 di un
edificio da realizzare già durante la fase di
progetto. Gli algoritmi di calcolo del software
sono basati sulla valutazione delle centinaia
di costruzioni già realizzate dal grande stu­
dio.
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