Il giudaismo secondo HSChamberlain

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ALCUNI APPUNTI E OSSERVAZIONI
Recentemente le ed. Thule-Italia cui si deve la pubblicazione nella nostra
lingua di importanti testi sul Nazionalsocialismo hanno pubblicato la prima versione italiana del Die
Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts di Houston Stewart Chamberlain, un testo che ebbe
indubbia importanza nella preparazione del movimento nazionalsocialista. Ricordiamo che codesto
autore britannico “fattosi” tedesco (Portsmouth, 9 settembre1855 – Bayreuth, 9 gennaio1927) fu
genero di R.Wagner, e amico del troppo calunniato Kaiser Guglielmo II, e che, citando Wikipedia,
“Adolf Hitler incontrò Chamberlain a Bayreuth nel 1923 e fece una buona impressione sullo scrittore
inglese, tanto che questi si iscrisse al partito nazista e cominciò a scrivere sui giornali del partito.
Quando Chamberlain morì, l’11 gennaio 1927, Hitler presenziò al suo funerale.”(1)
Chi scrive aveva in gioventù letto, in edizione francese, l’opera maggiore del Chamberlain (2) e, a
dire il vero, non ne conservava un gran ricordo probabilmente anche a causa del giudizio negativo
che, non del tutto a torto, ne aveva dato Julius Evola nel suo Il Mito del Sangue (si veda l’ed. Sear,
Borzano, 1995, pagg. 65 e segg)
Tuttavia, riprendendo in mano il libro, il sottoscritto lo ha riletto con interesse soprattutto la parte
dedicata all’antico ebraismo e gli pare opportuno elaborare a codesto proposito alcune
considerazioni.
Premetto che a mio modesto parere il Chamberlain nutriva soverchia fiducia all’attendibilità del
cosiddetto Antico Testamento, attendibilità che studi più recenti paiono aver definitivamente
smentita. Scrive un noto storico.
“Nel corso degli ultimi due secoli la critica biblica ha dapprima smantellato la storicità della
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creazione e del diluvio, poi quella dei Patriarchi, poi (sempre seguendo l’ordine cronologico) quella
dell’Esodo e della conquista, di Mosè e di Giosuè, del periodo dei Giudici e della «Lega delle 12
tribù» arrestandosi però al regno unito di Davide e Salomone considerato sostanzialmente storico.
La consapevolezza che gli elementi fondanti della conquista e della Legge fossero in realtà
retroiezioni post-esiliche (intese a giustificare l’unità nazionale e religiosa e il possesso della terra
per i gruppi di reduci dall’esilio babilonese), se richiedeva una certa riscrittura della storia d’Israele,
non incrinava però la convinzione che uno stato d’Israele unitario (ed anche potente) fosse
realmente esistito sotto Davide e Salomone, e che fosse realmente esistito un «Primo Tempio» che
dunque i reduci dall’esilio volessero ricostituire un’entità etnica e politica e religiosa già esistita in
passato.
La più recente critica al concetto stesso di regno unito ha messo in crisi totale il racconto biblico,
perché ha ridotto l’Israele «storico» a uno dei tanti regni palestinesi spazzati via dalla conquista
assira, negando un collegamento tra Israele e Giuda (dunque un Israele unito) in età pre-esilica. La
riscrittura della storia d’Israele diventa a questo punto assolutamente drastica. Quanto la storia
vera, ma normale era stata priva di un interesse che non fosse prettamente locale, tanto la storia
inventata ed eccezionale divenne la base per la fondazione di una nazione (Israele) e di una religione
(il giudaismo) che avrebbero influenzato l’intero corso della storia successiva su scala mondiale.»
Mario Liverani Oltre la Bibbia-Storia antica di Israele Laterza, Bari, 2009, pag.VII-VIII(3)
Sempre riguardo alla Bibbia, già Gustave Le Bon aveva scritto (Le Prime Civiltà, Sonzogno, Milano,
1890 pag. 603) “gli Ebrei non possedettero né arti, né scienze, né industrie, né nulla infine di quanto
costituisce una civiltà. Essi non portarono mai la benché minima contribuzione all’edificio delle
cognizioni umane, né mai oltrepassarono quello stato di semi/barbarie dei popoli che non hanno
storia. Se essi finirono per possedere delle vere e proprie città, ciò devesi ascrivere al fatto che, per
le condizioni dell’esistenza in mezzo a vicini giunti ad un grado d’evoluzione superiore, era per essi
una necessità l’averne; ma le loro città, i loro templi, i loro palazzi, gli Ebrei erano assolutamente
incapaci di edificarli essi stessi, e nel tempo del loro maggiore potere, sotto il regno di Salomone, è
dai paesi stranieri che furono obbligati a far venire gli architetti, gli operai e gli artisti di cui nessun
emulo esisteva allora in seno a Israele” e poco oltre (pag. 611) “Durante i suoi lunghi anni di storia,
Israele non produsse che un libro, l’Antico Testamento, e di quel libro solo alcune poesie liriche
meritano seria considerazione. Il resto si compone di visioni di allucinati, di fredde cronache e di
racconti osceni e sanguinosi.”
Analogamente le concezioni storiche etnologiche del Chamberlain andrebbero riviste alla luce di
ulteriori ricerche, ad esempio non sembra essere a conoscenza della presenza di componenti
indoeuropee tra gli Ittiti e i Filistei.(4)
Anche il Chamberlain vede nella storia l’eterna opposizione tra il mondo classico greco-romano e
quello ebraico “…la magnifica opera positiva dei Greci e dei Romani esigeva un complemento
negativo: ed è Israele che lo ha dato.” (pag. 67) e (pag. 68) su di un piano più ‘generale’ “Se
consideriamo la storia del popolo d’Israele, guardandola nel suo aspetto esteriore, la prima
impressione è sicuramente la meno attraente possibile! A parte alcuni rari tratti gradevoli sembra
che tutta la bassezza di cui gli uomini sono capaci si condensi in quest’unico piccolo popolo: non
perché i giudei siano stati in fondo più abominevoli rispetto al resto dell’umanità, ma nella loro
storia la bruttezza del vizio ci lascia stupefatti perché essa vi si mostra completamente nuda. Qui
nessun grande fine politico giustifica l’iniquità; nessuna arte, nessuna filosofia compensa gli orrori
della lotta per l’esistenza.”
Degna di essere riportata una frase che si legge a pag.145 “Senza Roma, l’Europa non sarebbe stata
altro che il prolungamento del caos asiatico.” E’ stata senz’altro una vittoria temporanea visto che
oggi l’Europa pare destinata inevitabilmente a diventare un prolungamento del caos africano!
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Silvano Lorenzoni Il Selvaggio – saggio sulla degenerazione umana Ghenos, Ferrara, 2005 pag.98
‘Fu… Julius Evola (Sintesi di Dottrina della Razza Ar, Padova, 1994, pag.111 e seg.) ad indicare che
negli ebrei si doveva vedere una genuina razza dello spirito, enucleatasi in ragione dell’azione di
difficilmente descrivibili forze psichiche, da una sostanza umana particolarmente plurima e caotica,
nella quale non mancava un’importante impronta negroide. Secondo Evola “l’elemento semitico, ma
poi soprattutto quello giudaico, rappresenta l’antitesi più precisa del mondo europeo, per essere tale
elemento una specie di condensatore dei detriti razziali e spirituali delle varie forze scontratesi
nell’arcaico mondo mediterraneo.”
E qui possiamo accennare alle origini <bastarde> del <popolo> ebraico pag.330 del libro del
Chamberlain leggiamo: “…il popolo israelita rappresenta il prodotto di molteplici incroci e non
d’incroci tra varie tipologie di parenti (come è il caso degli antichi Greci o degli Inglesi attuali), bensì
tra tipologie del tutto divergenti dal punto di vista fisico e morale…”. Per questo (pag.355) “la razza
giudea è sicuramente permanente, ma che è anche del tutto bastarda, e che conserva questo
carattere bastardo in maniera duratura”. Per il Nostro sarebbe da codeste origini bastarde che
deriverebbe per l’ebraismo un senso di colpa e a tutto ciò si sarebbe tentato di rimediare, a opera
dei profeti, imponendo un divieto assoluto di mescolanza con gli altri popoli, al contempo i sacri testi
venivano manipolati e falsificati dai sacerdoti per sostenere una fittizia purezza razziale conservata
fin dalle origini.
A unificare il complesso materiale etnico confluito nel popolo ebraico sarebbe stata, dunque, la
classe sacerdotale e la legge da essa imposta come rivelata dalla divinità al “popolo”! Pag.394 “…il
giudeo non è il risultato di una normale vita nazionale, ma è, in un certo qual senso, un prodotto
artificiale generato da una casta di sacerdoti che, con l’aiuto di sovrani stranieri, impose al popolo
recalcitrante un legislatore sacerdotale e una fede sacerdotale.”
Si possono confrontare codeste tesi a quella espressa da Julius Evola anche questi, infatti, ebbe più
volte a scrivere sulle composite origini del popolo ebraico e sul ruolo “formatore” svolto dalla
“Legge” anche nell’importante articolo Sulla Genesi dell’ebraismo come forza distruttrice apparso
sul fascicolo del Luglio 1941 de La Vita Italiana (lo si ritrova anche nell’antologia Gli Articoli de “La
Vita Italiana” durante il periodo bellico edita dal Centro Studi Tradizionali di Treviso nel 1988). Qui
egli ribadiva essere gli Ebrei “un popolo meticcio, nell’ebreo figurerebbero essenzialmente la razza
levantina o armenoide e la razza desertica o orientalide; in più vi sarebbero componenti della razza
camitica, di quella negra, poi della stessa razza mediterranea e alpina(ostide) e di razze secondarie
sia orientali, sia europee…” anzi “il popolo ebraico è un miscuglio di razze, per non dire di detriti di
razze, in prevalenza non indoeuropee”. Il carattere unitario sempre dimostrato, durante i secoli, dal
popolo ebraico, per l’Evola “scaturisce da un elemento psichico e spirituale. La base dell’unità
ebraica è la Legge ebraica, la tradizione ebraica. E’ la legge ebraica che traendolo da un caos di
detriti etnici ha dato forma al tipo ebraico, come tipo soprattutto spirituale”.
Una componente negroide nell’ebraismo è riconosciuta dallo stesso Chamberlain: a pag.353 egli
accenna alla “…infusione…di sangue negro tra i giudei della diaspora alessandrina di cui molti
contemporanei di confessione mosaica offrono ai nostri occhi la prova vivente.”
Nell’opera più importante di Julius Evola ‘La Rivolta contro il Mondo Moderno (ne ho ora tra le mani
l’edizione Mediterranee, Roma, 1969). A pag.283 possiamo leggere: “… è ben visibile nell’antico
ebraismo, lo sforzo di una élite sacerdotale di dominare in una unità una sostanza etnica torbida,
plurima e turbolenta, dando come base per la <forma> di essa la <Legge> e di questa facendo il
surrogato di ciò che in altri popoli è l’unità della comune patria e delle comuni origini. Da questa
azione formatrice legata a valori sacrali e rituali, e continuatasi nell’antica Torah fino al talmudismo,
sorse il tipo ebraico come tipo di una razza più dell’anima che non del corpo. Ma il substrato
originario non fu mai completamente soffocato, come la stessa storia ebraica antica lo dimostra nella
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forma del ricorrente allontanarsi dal suo Dio e riconciliarsi con lui in Israele. Tale dualismo, con la
relativa tensione, è ciò che spiega anche le forme negative assunte dall’ebraismo nei tempi
successivi. “Nel suo scritto Evola gli ebrei e la matematica introduzione a I Testi de “La Difesa della
Razza” Piero Di Vona così sintetizza (pag.23) le posizioni evoliane “Il mondo semitico, e soprattutto
quello giudaico, rappresentò l’antitesi più precisa delle civiltà ariane che nell’antico mondo
mediterraneo con la Grecia e Roma avevano attuato un parziale ritorno alla purità originaria sotto la
forma della spiritualità eroica. La cultura giudaica venne a condensare in sé i detriti razziali e
spirituali delle forze che si erano scontrate nell’arcaico mondo mediterraneo: dal punto di vista
razziale nell’ebreo si concentrano e coesistono tutte le forme spirituali della decadenza
mediterranea: il dionisismo che spinge alla redenzione della carne, il materialismo ed il collettivismo
tellurico, la sensualità afroditica ed il dualismo rigido proprio della razza lunare. Nel corpo e nello
spirito Israele è una razza composita. Solamente la Legge cerca di tener uniti elementi eterogenei e
di dare ad essi una forma. Questo riuscì finché Israele conservò una civiltà di tipo sacerdotale. Ma
quando l’Ebraismo si materializzò e poi si modernizzò <il fermento di decomposizione> ritornò allo
stato libero.”
Secondo le religioni abramitiche gli ebrei, unici al mondo, avrebbero avuto fin dagli inizi, una
<rivelazione> dall’unico vero Dio che li avrebbe prescelti come suo popolo, la verità sarebbe
alquanto diversa. Da tempo, infatti, è stata confutata la pretesa ebraica di essere stati monoteisti fin
dall’inizio (ammesso che il monoteismo rappresenti qualcosa di superiore al politeismo!)”. Gli Ebrei
un popolo di razza semitica, come i loro vicini praticavano un culto polidemonistico, con l’aggiunta di
un dio supremo Yahu o Yahoh a cui talvolta attribuivano una consorte. Talvolta, infatti, il nome è El e
nelle tavolette di Ras Shamra, El ha una consorte” (A.C: Bouquet Breve Storia delle Religioni, CEDE,
Milano, 1987, pag.265). Inoltre “Il nome della divinità rivelatasi a Mosè è l’adattamento o
l’interpretazione di un antichissimo nome divino, Ya-u o Yahu, che si ritrova in iscrizioni semite
risalenti addirittura al 2100 a. C.”(ibidem, pag.313) (Particolarmente importante a tale riguardo il
testo di Silvano Lorenzoni Contro il Monoteismo Ghenos, Ferrara, 2006). Ma già il Chamberlain
aveva scritto (pag.378) “L’idea stessa di un DIO, Creatore del cielo e della terra, era del tutto
sconosciuta ai giudei, prima dell’esilio babilonese: quest’idea appare per la prima volta nel Secondo
Isaia…”.Ancora (pag.380) “Nel giudaismo − lo si è stabilito senza possibilità di contestazione −
l’idea di un dio universale è penetrata soltanto lentamente, in un epoca molto tarda, postesilica, e
senza alcun dubbio sotto l’influenza straniera, soprattutto persiana; per essere interamente nel vero,
noi dovremmo dire che essa non vi è mai penetrata, perché ancor oggi − che sono ormai trascorsi
tremila anni − Jahvè non è il dio del Grande Tutto cosmico, ma è il dio dei giudei; egli ha soltanto
spodestato e distrutto gli altri dei, così come sterminerà gli altri popoli, eccezion fatta per quelli che
dovranno servire i giudei come schiavi. E questo sarebbe monoteismo? No! Questo,… è pura
monolatria…”.
Se al popolo ebraico veniva imposta la rigida sottomissione alla <legge>, il premio promesso non
era da poco: il dominio del mondo, il possesso delle ricchezze degli altri popoli votati o allo sterminio
o alla riduzione in schiavitù. A pag.421 possiamo leggere “…ciò che costituisce propriamente la base
della religione giudaica è una speranza che implica un attentato criminale nei confronti di tutti i
popoli della terra.”. E poco oltre (422) “…il modo in cui i giudei concepivano (il) mondo futuro:
ovvero, asservimento di tutti i popoli a Israele, ad eccezione di quei popoli che l’avevano tenuto sotto
il loro dominio, che sarebbero stati invece, a causa di quella specifica ragione sterminati… Un
interessante retaggio di questa concezione lo si trova persino nel <Nuovo Testamento>. Secondo
Matteo, i dodici apostoli, seduti su dodici troni, giudicheranno le dodici tribù d’Israele, cosa che
evidentemente implica l’idea che non ci saranno altri uomini ammessi in cielo, tranne che i giudei
(Matteo, XIX, 28, ma anche Luca, XXII, 30).
Chi scrive non ritiene che valga la pena di occuparsi delle elucubrazioni con cui il Chamberlain cerca
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di dimostrare l’<arianità> di Gesù, partendo dalla supposizione che tra i Galilei vi fosse una
presenza indoeuropea. A quei tempi non era il solo a nutrire certe fisime (che pare sopravvivano
ancora al di là dell’Atlantico). Comunque il nostro riconosceva che gli ebrei guardano al
cristianesimo “come un ramo deviato del loro albero e vedono con orgoglio nel cristianesimo
un’appendice del giudaismo (pag.218). Infatti “Nulla di più evidente,…dello stretto rapporto di
Cristo con il giudaismo; l’influenza del giudaismo sulla formazione della sua personalità e ancor più
sulla genesi e la storia del cristianesimo, è talmente considerevole, talmente determinante, talmente
essenziale, che ogni tentativo di negarla porterebbe a conseguenza assurde..”(ibidem) E a pag.242
sempre riguardo a Gesù : “(pag.242) “…è anche vero che la personalità, la vita e il messaggio “(di
Gesù)”sono legati alle idee fondamentali del giudaismo”.
A pag.18 leggiamo che gli ebrei “guardano “(a Gesù)”…come un ramo deviato del loro albero e
vedono con orgoglio nel cristianesimo un’appendice del giudaismo”. Infatuati “Nulla di più
evidente,[…], dello stretto rapporto di Cristo con il giudaismo; l’influenza del giudaismo sulla
formazione della sua personalità, e ancor più sulla genesi e la storia del cristianesimo, è talmente
considerevole, talmente determinante, talmente essenziale, che ogni tentativo di negarla porterebbe
a conseguenze assurde”. Curioso quanto si legge a pag.224 “La spaventosa sterilità, per noi
pressoché inconcepibile, della vita giudaica − ugualmente priva d’arte, di filosofia, di scienza… era
un elemento assolutamente indispensabile per la vita semplice e santa di Gesù.”
Si sa che San Paolo passa per essere stato il vero fondatore della religione cristiana(lui che non
aveva mai conosciuto Gesù!) a pag.144-145 leggiamo “…quando si constata che l’autorità di
Gerusalemme e del suo tempio persiste fermamente anche nel cristianesimo paolino, e fino alla loro
distruzione di fatto, allora non si può dubitare che la religione del mondo civile sarebbe stata
condannata a languire sotto la supremazia puramente giudaica della città di Gerusalemme, se
Gerusalemme non fosse stata distrutta dai Romani.”
In effetti parrebbe che solo nel 115 d.C. ad Alessandria d’Egitto si sarebbe iniziato a distinguere i
seguaci di Gesù dagli ebrei, per secoli avrebbero continuato ad esistere ebrei che vivevano nelle
proprie comunità, seguivano l’antica religione e credevano, nello stesso tempo, che Gesù fosse
l’atteso messia.
Possiamo qui ricordare quanto ebbe a dire Benito Mussolini nella “Relazione alla Camera dei
Deputati sugli accordi del Laterano”(l’infausto “concordato”): “Questa religione è nata nella
Palestina, ma è diventata cattolica a Roma. Se fosse rimasta nella Palestina, molto probabilmente
sarebbe rimasta una delle tante sette che fiorivano in quell’ambiente arroventato, come ad esempio
quelle degli esseni e dei Terapeuti, e molto probabilmente si sarebbe spenta, senza lasciare traccia
di sé.”(Cfr E. Renan Marco Aurelio o la fine del Mondo Antico L’Astrolabio, Roma,1946, pag.274).
Tutto preso nel denunciare il <caos etnico> in cui sarebbero precipitate le popolazioni dell’Impero
Romano, il Nostro pare non occuparsi del ruolo svolto dalla nuova religione nel favorire il crollo della
civiltà classica. Mi pare, tuttavia, opportuno riportare un passo, a pag.326 “…sotto il colpo di
sentenze prese in prestito da profeti giudei come Amos e Michea caddero i monumenti di un’arte che
il mondo non avrebbe mai più visto…”.
Ciò non può che ricordarci le barbariche distruzioni che attualmente vengono compiute in Medio
Oriente ai danni dei resti delle civiltà pre-islamiche. Pensando anche alle devastazioni compiute dai
cattolicissimi spagnoli ai danni delle civiltà precolombiane, chi scrive ha sempre sospettato che i
seguaci delle religioni monoteistiche di origine giudaica nutrano nei loro animi una sorta di gelosia,
o meglio invidia, nei confronti delle civiltà <pagane>. Probabilmente temono di dover riconoscere
che i popoli capaci di realizzazioni culturali hanno dato sempre il loro meglio quando non erano
oppressi dalla divinità degli ebrei. E leggiamo a proposito di intolleranza a pag.405 “…accadde, che
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il nobile re dei Persiani, Ciro, conquistò i territori babilonesi; con l’ingenuità tipica dell’indoeuropeo,
che per sua natura non è astuto, egli autorizzò il ritorno dei giudei, e accordò loro il suo appoggio
per la ricostruzione del tempio; sotto la protezione della tolleranza ariana si costruì quel nucleo
originario dal quale l’intolleranza semitica si sarebbe diffusa, per millenni, come un veleno sulla
terra, per la sventura di tutto ciò che si sarebbe prodotto di più nobile, e a eterna vergogna del
cristianesimo.” E nella pagina seguente: “…non si deve mai dimenticare che il giudeo, é divenuto il
professore e il paladino di tutto ciò che si chiama intolleranza e fanatismo in materia di fede, e di
tutto ciò che si chiama omicidio per la religione; che egli ha invocato il principio di tolleranza
soltanto quando si sentiva oppresso; che egli stesso non lo applicò mai né poté applicarlo, dato che
la sua Legge glielo proibiva e glielo proibisce ancora oggi − per non parlare del domani.”
Riguardo ai <fratelli minori>. A pag.396 leggiamo: “…vedremo come i primi cristiani rivendicassero
eloquentemente la libertà religiosa assoluta, mentre i loro successori presero dall’Antico Testamento
il comandamento divino dell’intolleranza”. Infatti: “per propagare il verbo della pace di Gesù, i
cristiani hanno fatto più morti di Attila e Gengis Khan messi assieme”. (Indro Montanelli in Il
Giornale 10/7/1990)
Il Chamberlain fa anche altre interessanti osservazioni a proposito dei rapporti tra giudaismo e
cristianesimo, pag.325 “La Chiesa ha frenato i giudei, li ha trattati come degli stranieri,
preservandoli però dalle persecuzioni… Forse non è inutile ricordare… che l’ultimo atto
dell’Assemblea preparatoria del primo Sinedrio convocato ai giorni nostri (il Grande Sinedrio
dell’anno 1807) fu una dichiarazione spontanea di gratitudine rivolta al clero delle varie chiese
cristiane per la protezione accordata ai giudei da queste chiese nel corso dei secolo… Kant osserva
molto giustamente che la conservazione del giudaismo è, in primo luogo, opera del cristianesimo.”
D’altra parte, oggi quando vediamo le chiese cristiane, ed in primis la cattolica, ridottesi ad agire
come quinte colonne dell’invasione dell’Europa da parte delle razze di colore non possiamo non
giungere ad una conclusione <definitiva> il cristianesimo è stato per i popoli bianchi (e
presumibilmente non solo per loro) un veleno mortale.
Concludo riportando le attualissime frasi finali di questo I volume del Chamberlain “Là dove la
battaglia non viene combattuta a colpi di cannone, essa si svolge silenziosamente nel cuore della
società tramite matrimoni, tramite la diminuzione delle distanze che favorisce gli incroci, tramite le
varie forze di resistenza e di persistenza dei vari ceppi umani, tramite lo spostamento dei patrimoni
finanziari, tramite l’entrata in scena di nuove influenza e la scomparsa di quelle antiche,ecc.,ecc. E
proprio questa battaglia silenziosa é più di qualsiasi altra una battaglia per la morte o per la vita.”
Alfonso De Filippi
NOTE
1) Cfr. L’introduzione al volume scritta dal sempre ottimo Luca Leonello Rimbotti, pag.14
2) Ed.francese H.S.Chamberlain La Genese du XIXme Siecle Paris, Payot, 1913, 2 voll. scrive è a
conoscenza di un altro scritto del Chamberlain edito in italiano (oltre al libro sul Wagner (Bocca,
Milano, 1947) recentemente riproposto sempre da Thule Italia). Si tratta del libretto di evidente
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carattere propagandistico Pensieri e Quesiti sulla Germania riguardanti la Guerra Mondiale edito a
Milano, senza indicazione di casa editrice, nel 1915, nel volumetto si annunciava in preparazione la
pubblicazione di un altro testo del Chamberlain Chi è responsabile della guerra. Probabilmente
l’iniziativa fu troncata dall’ingresso in guerra dell’Italia (dalla parte sbagliata,secondo chi scrive)
3) Chi, come l’autore di queste note è ormai anziano, ricorderà forse alcuni libretti che vennero
pubblicati vari decenni or sono con titoli tipo La Bibbia ha detto il vero oppure La Bibbia aveva
ragione. Egli intenderebbe ritornare in futuro sugli studi che hanno definitivamente distrutto ogni
pretesa di “storicità” dei libri sacri agli ebrei. Già su <Il Giornale> del 9-1993 compariva un breve
articolo <Probabilmente sono inventati i primi 10 libri della Bibbia>. Vi si leggeva “personaggi
dell’Antico Testamento… come Mosè, Abramo, Giacobbe, Davide e lo stesso Salomone, non sono
probabilmente mai esistiti, questo è quanto sostiene il professor Thom Thompson, autorità mondiale
in archeologia biblica nel libro The Early Hostory of the Israelite People”
(4) In ogni caso, nelle civiltà semitiche del Medio Oriente, avrebbero agito, ben prima del grande
Impero degli Arii di Persia, influenze indoeuropee; per gli autori del Dizionario delle Religioni del
Medio Oriente (Vallardi, Milano 1994, pag. 125) “La religione dei Fenici acquistò caratteri più
originali verso il 1.000 a .C, grazie all’apporto di concezioni indoeuropee”. Questo popolo avrebbe
acquisito le tante celebrate capacità nautiche assorbendo resti dei “popoli del Mare” in cui erano
presenti elementi indoeuropei (cfr. Ghehard Herm L’Avventura dei Fenici Garzanti, Milano, Milano,
1989).
Degli Assiri scrive il già citato <Dizionario…> pag. 41 “Popolo semitico affini ai Babilonesi, gli Assiri
subirono ripetutamente, specie per il contatto con Hurriti e Ittiti, influssi non semitici, elaborarono
una complessa ma effimera civiltà. L’area di penetrazione assira più che una compagine statale,
rimase una sorta di terreno franco, aperto ai saccheggi e a un indiscriminato sfruttamento
economico… Gli Assiri, diversamente dai babilonesi e per influsso di altri popoli (come gli Hurriti)
erano organizzati militarmente e il loro regno fondato su un’aristocrazia guerriera.” Fu solo dopo
che i conquistatori persiani di Babilonia entrarono in contatto con gli ebrei ivi “deportati” che la
religione di questi ultimi riuscì, almeno parzialmente, ad innalzarsi ad un certo livello, si veda, per
cominciare: Charles Autran Mitra, Zoroastre et la prehistoire aryenne du Christianisme Payot, Paris,
1935. Ricordiamo anche le aristocrazie guerriere di Hurriti e Mitanni, l’Impero Ittita, la dominazione
kassita su Babilonia e via elencando. “Ogni volta che i documenti antichi ci rivelano la fusione di due
gruppi razziali come l’asianico e l’indoeuropeo, anche se il rapporto numerico è sempre stato
nettamente a sfavore di questo ultimo, il risultato sorprende non solo per il vivace sviluppo più o
meno durevole che distingue questi popoli, ma anche per la loro capacità di diffusione politica,
diplomatica, militare, economica e culturale in regioni che non hanno storia antecedente ….Dei paesi
prima divisi in un gran numero di piccoli principati, città stato e templi stato, si trasformano in
potenti confederazioni e perfino in imperi pieni di dinamismo che, come trascinati da una grande
ondata, vengono portati in primo piano fra le potenze del loro tempo. Tale è il caso degli Ittiti, così si
presenta la storia dei Mitanni e simile sarà la storia dei Cassiti.” Roman Ghirsham La Civiltà
Persiana antica Einaudi, Torino, 1972, pag. 37. Cfr anche H.F.K. Gunther La Race Nordique chez les
Indo-Europèens d’Asie L’Homme Libre, Paris, 2006.
5) In ogni caso “…la Galilea, chiamata allora spregiativamente la <Galilea dei Pagani>, ai tempi di
Gesù non era più un paese esclusivamente giudaico, ma contava una popolazione mista, ampiamente
aperta all’influenza ellenistica, composta da latifondisti stranieri e dalle guarnigioni della potenza
occupante, nonché dagli Ebrei della diaspora ivi immigrati…” Karlheinz Deschner Il Gallo cantò
ancora Massari Ed., Bolsena, 1998, pag. 123-124
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Ereticamente
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Garaudy Roger I Miti Fondatori della politica israeliana Graphos, Genova,1996
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Mattogno Gian Pio L’Antigiudaismo nella Antichità Classica AR, Padova, 2002
Parkinson Northcorte East and West Houghton Mifflkin, USA, 1963
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