Scarica - Stefano Gentili

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In questa sezione viene presentato l'Ebraismo e il Giudaismo. Le sezioni
principali sono le seguenti:
•
introduzione
•
storia dell'Ebraismo e Giudaismo
•
essenza dell’Ebraismo
•
istituzioni religiosi giudaiche
•
morale
•
letteratura ebraica e giudaica
•
giudaismo e cristianesimo oggi
Innanzi tutto una citazione:
Scrutando il mistero della chiesa, questo sacro concilio ricorda il vincolo
con cui il popolo del nuovo testamento è spiritualmente legato con la
stirpe di Abramo. La chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della
sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino
della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. Essa afferma che
tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi
nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza della chiesa è
misteriosamente prefigurata nell’esodo del popolo eletto dalla terra di
schiavitù. Per questo la chiesa non può dimenticare che ha ricevuto la
rivelazione dell’antico testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio,
nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’antica
alleanza, e che essa si nutre della radice dell’ulivo buono su cui sono
stati innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i popoli pagani. La
chiesa crede infatti che Cristo, la nostra pace, ha riconciliato gli ebrei
e i popoli pagani per mezzo della sua croce e dei due ha fatto uno solo in
se stesso. La chiesa ha pure sempre davanti agli occhi le parole
dell’apostolo Paolo agli uomini della sua stirpe, «ai quali appartengono
l’adozione filiale, la gloria, i patti di alleanza, la legge, il culto e le
promesse, essi che sono i discendenti dei patriarchi e dai quali è Cristo
secondo la carne» (Rm 9, 4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda
anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e
colonne della chiesa, e quei moltissimi primi discepoli che hanno
annunciato al mondo il vangelo di Cristo. Come attesta la sacra
scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo quando è stata
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visitata; gli ebrei, in gran parte, non hanno accettato il vangelo, e anzi
non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia, secondo
l’apostolo, gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a
Dio, i cui doni e la cui chiamata sono senza pentimento. Con i profeti e
con lo stesso apostolo la chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in
cui tutti i popoli acclameranno Javè con una sola voce e «lo serviranno
appoggiandosi spalla a spalla» (Sof 3,9). Essendo perciò tanto grande il
patrimonio spirituale comune ai cristiani e agli ebrei, questo sacro
concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza
e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da
un fraterno dialogo. E se le autorità ebraiche con i propri seguaci si
sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia, quanto è stato
commesso durante la sua passione non può essere imputato né
indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro
tempo. E se è vero che la chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei
tuttavia non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né
come maledetti, come se ciò scaturisse dalla sacra scrittura. Pertanto
tutti nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio facciano
attenzione a non insegnare alcunché che non sia conforme alla verità del
vangelo e dello spirito di Cristo. La chiesa inoltre, che esecra tutte le
persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha
in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici, ma da religiosa
carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le
manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo
e da chiunque. Del resto Cristo, come la chiesa ha sempre sostenuto e
sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente
sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli
uomini, affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della
chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo
come il segno dell’amore universale di Dio e come la fonte di ogni grazia.
(Vaticano II, Nostra aetate, 4: EV I, 861-868)
NOME
• Il complesso delle istituzioni culturali e religiose del popolo ebraico
forma l’ebraismo. Il significato primitivo di «ebreo» non è chiaro.
«Nella Genesi designa sempre persone che soggiornano come straniere
in un paese che non è il loro paese di origine... Le cose stanno
diversamente nei testi più recenti. In Giona 1,9..., in 2Mac 7,31... il
termine “Ebrei” designa i Giudei stabiliti nella terra santa»’.
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• Con il termine giudaismo ci si riferisce alla religione ebraica
posteriore alla distruzione del Tempio e propria della diaspora (=
dispersione degli ebrei) che ne conseguì (anche se gli ebrei erano già
sparsi per il mondo). Il termine giudeo (etimologicamente dal nome di
Giuda: «renderò gloria a Javè») fu usato dall’VIII sec. a.C. in poi,
quando tutte le tribù - tranne quelle di Giuda e di Beniamino - furono
condotte in schiavitù. Impropriamente si parla di religione israelitica,
termine che deriva da Israele (con significato etimologico probabile di:
Dio lotta», «Dio è forte», oppure, secondo altre interpretazioni: «Dio
illumina», «Dio guarisce») che è il nome di Giacobbe e poi anche del
regno del Nord.
• Oggi per Israele si intende il moderno stato repubblicano che si trova
nel Vicino Oriente e che si costituì nel 1948 con l’abbandono della
Palestina da parte della Gran Bretagna.
simbologia
Il candelabro a sette bracci e la stella di Davide a sei punte - diventata,
purtroppo, segno distintivo del feroce antisemitismo nazista dal 1938
fino l termine dell’ultima guerra mondiale - sono i simboli della religione
ebraica.
Il candelabro a sette bracci (menorah), la cui più antica menzione si
trova in Zaccaria (sec. VI a.C.), al cap. IV, diviene - dopo la distruzione
del tempio da parte dei romani nel 70 d.C. - il più diffuso simbolo del
giudaismo nell’iconografia tombale e sinagogale.
Tra i significati simbolici assunti dalla menorah, il principale ne fa una
figura del Signore onniveggente, «quei sette là, gli occhi di JHWH che
percorrono tutta la terra» (Zac ,10), autore e dispensatore di luce.
La stella a sei punte, chiamata anche «scudo di Davide» o «sigillo di
Salomone», si ritrova come simbolo del giudaismo fin dai tempi più
antichi. Si coniava sulle monete già sotto Erode il Grande e
probabilmente anche prima, all’epoca dei Maccabei. Era usata come
elemento decorativo nelle sinagoghe.
Oggi campeggia sulla bandiera dello stato di Israele ed è
un simbolo più politico che religioso, indicante
l’intrecciarsi dello spirito con la materia nella
composizione dei due triangoli perfettamente uguali e
opposti che si uniscono fra loro.
diffusione: 17 milioni (‘86)
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L’ebraismo-giudaismo è presente in Asia, Europa, America. Nel
giudaismo on esiste la preoccupazione missionaria. L’incontro con
JHWH, infatti, non è considerato opera degli uomini e delle loro
imprese missionarie, ma fa parte del disegno della storia della salvezza
e del suo sviluppo, con una particolare accentuazione escatologica ed
universalistica come appare in molti passi della Bibbia (Cfr.. Gn
12,3;18,18ss; Is 45,22; 54,1-3).
giudaismo e cristianesimo nella storia
Gesù era ebreo ed ha cominciato la sua predicazione nelle sinagoghe. I
suoi primi discepoli e i suoi apostoli sono ebrei. Quando vengono mandati
a predicare, Gesù raccomanda loro di non andare né fra i pagani, né fra i
samaritani, ma di rivolgersi alle pecore perdute della casa d’Israele (Mt
10, 5-6), come se il suo disegno fosse quello di evangelizzare le nazioni
soltanto a partire dalla conversione di Israele. Ma Gesù viene rifiutato,
condannato, crocifisso. Nonostante questo, i suoi apostoli rimangono in
un primo tempo vicini alla sinagoga e, al di là della predicazione del
giorno di pentecoste, rivolta a tutte le nazioni, la piccola comunità della
chiesa nascente può essere considerata come una setta all’interno del
giudaismo.
La distinzione fra le due comunità si verifica però molto in fretta. Da un
punto di vista dottrinale, il concilio di Gerusalemme (At 15, 1-30)
mette fine a una disputa di capitale importanza, decidendo che i pagani
convertiti non devono essere circoncisi e passare in qualche modo
attraverso il giudaismo per diventare cristiani. La frattura si aggrava in
occasione dell’insurrezione giudaica del 66, a cui la comunità cristiana di
Gerusalemme rifiuta di associarsi. Dopo il fallimento dell’insurrezione e
la distruzione del tempio, la rottura diventa definitiva.
Il sinodo di Iammia (riunito intorno al 90-95 d.C.) la sottolinea,
fissando un canone giudaico delle scritture. I giudei, che rifiutano di
credere in Gesù, cominciano a manifestare la loro ostilità verso i
cristiani. A partire dal II secolo, a quanto sembra, la preghiera
quotidiana dello Shemone ezre comprende una maledizione contro «gli
eretici e i nazareni...». Gli imperatori pagani distinguono i giudei dai
cristiani: soltanto questi ultimi sono considerati fuori legge e
perseguitati.
In seguito la situazione continuerà ad aggravarsi. Ai tempi dell’impero
romano, accanto agli eretici, si perseguitano in nome della fede anche i
giudei. Le cose peggiorano notevolmente soprattutto a partire dalle
crociate, quando la reazione cristiana, da religiosa che era,
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All’interno del mondo cristiano, il giudeo diventa un po’ come il capro
espiatorio. Escluso dai principali impieghi, deve limitarsi alle attività
artigianali, nelle quali del resto è bravissimo, e al commercio, dove
incarna la figura tipica dell’usuraio. Nel 1215, il concilio Lateranense
stabilisce che tutti i giudei devono portare un segno distintivo di colore
giallo; nelle città cominciano a comparire i quartieri riservati agli ebrei:
i primi ghetti. Tutto questo va senza dubbio collocato nella mentalità
del tempo: non dimentichiamo che già nell’850 il califfo di Bagdad aveva
ordinato a tutti i non musulmani, giudei, cristiani o pagani che fossero,
di portare un segno particolare sulla manica e un cappello giallo. Bisogna
dire anche che molto spesso la legge viene applicata con moderazione, e
che i papi protestano contro gli abusi (nel 1247 Innocenzo IV
proscioglie gli ebrei dall’accusa di delitto rituale, mentre Gregorio X,
qualche anno dopo, denuncia l’odioso crimine di coloro che nascondono i
loro bambini e accusano i giudei di averli presi ed uccisi per
sacrificarli...). Tuttavia la tendenza antisemita è generalmente diffusa;
anche la riforma non sfugge a questa mentalità, e Lutero continua a
parlare della «sinagoga di Satana». Oggi facciamo veramente fatica a
comprendere come abbia potuto avvenire tutto questo. Nel XVI secolo,
a Roma, gli ebrei sono obbligati ad assistere ogni sabato ad una
predicazione cristiana, tenuta generalmente da ebrei convertiti. Questa
misura, in linea di principio, rimarrà in vigore fino al 1848! L’iconografia
cristiana si impadronisce della caricatura dell’ebreo col naso adunco, la
barba lunga e la borsa piena di monete d’argento. Gli eretici e gli
increduli vengono rappresentati con le fattezze degli ebrei;
«nell’economia della salvezza il loro posto è quello dei dannati: non
possono aspettarsi altro che l’inferno!». Nei paesi cristiani si scatenano
periodicamente moti popolari contro gli ebrei, accompagnati da
saccheggi e massacri. Sono i pogrom, da una parola russa che ricorda
come l’impero degli zar ne sia stato spesso teatro. I pogrom del 1882, a
Nijni-Novgorod, sono rimasti tristemente famosi. In Francia, alla fine
del XIX secolo, l’affare Dreyfus fa vedere fino a che punto la passione
può accecare il giudizio quando ci si trova di fronte a un ebreo. Ma sarà
la Germania nazista a raggiungere il culmine dell’orrore. Dal 1938 al
1945, sei milioni di ebrei hanno perso la vita nei campi di sterminio, su
un totale di quindici milioni allora presenti nel mondo. Giustamente si è
detto che la storia dei rapporti tra cristiani ed ebrei è stata una storia
di lacrime e di sangue.
Paradossalmente, uno spirito nuovo comincia a spuntare, nel XVIII
secolo, più negli ambienti umanisti e tra i filosofi che predicano la
tolleranza che tra i cristiani. Nell’insieme della chiesa continua a
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dominare un sentimento generale di ostilità, o per lo meno di diffidenza.
Per lungo tempo sono rimaste in vigore leggi discriminatorie; in Francia,
ad esempio, durante la III Repubblica era proibito costruire una
sinagoga su una grande arteria
L’opinione pubblica cristiana, come quella mondiale, viene risvegliata
dall’orrore delle atrocità naziste. In Francia, nel 1947, cristiani ed
ebrei, che nel periodo dell’occupazione tedesca avevano stretto fra loro
legami di solidarietà, danno vita all’amicizia ebraico-cristiana. A Roma —
dove è stato riveduto il testo secolare della liturgia del venerdì santo,
che faceva pregare per i «perfidi» giudei—Giovanni XXIII riceve nel
1970 Jules Isaac, storico dell’antisemitismo, che gli consegna un dossier
sull’argomento (insegnamento cristiano scorretto a proposito degli
ebrei... mito teologico della punizione di Israele... insegnamento troppo
spesso dimenticato del catechismo del concilio di Trento...) Durante la
preparazione del concilio, il papa esprime il desiderio che esso dica una
parola di amore nei confronti degli ebrei. Questa parola verrà detta, ma
dopo molte difficoltà, che rivelano quanto fosse lunga la china da
risalire. Si arriva così all’ampio brano sugli ebrei, che costituisce la
parte più importante della Dichiarazione sulle relazioni della chiesa con
le religioni non cristiane.
L’ EBRAISMO
Le origini 1800 a.C.
Abramo, primo patriarca del popolo «eletto», fu chiamato da Dio. Verso
il 1800 a.C. circa, Abramo partì dalla sua città, Ur, nella Mesopotamia, e
si trasferì nella terra di Canaan, detta molto più tardi Palestina (nome
derivato dai Filistei). Abramo e i suoi figli Isacco e Giacobbe adoravano
Dio sotto vari nomi, il principale dei quali era Elohim. Giacobbe e i suoi
dodici figli - capostipiti delle dodici tribù d’Israele - spinti dalla
carestia si recarono in Egitto dove si stabilirono. Successivamente
furono trattati come schiavi e sfruttati per la costruzione di città e di
magazzini per l’ammasso del grano.
La
liberazione
dalla
schiavitù:
1250
a.C.
Dio, che non aveva dimenticato il suo popolo, suscitò Mosè che liberò gli
ebrei dalla schiavitù e fece di loro un popolo e una nazione. Mosè fu uno
degli uomini più grandi della storia. A lui Dio si manifestò sotto il nome
uovo:
«Io
sono
colui
che
sono».
Il tetragramma JHWH non può essere pronunciato, e quando si
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leggevano le Scritture ad alta voce era sostituito dal termine ebraico
Adonai, che significa «Signore». Gli studiosi della Bibbia della scuola
babilonese e palestinese lo vocalizzarono utilizzando le vocali di Adonai,
la
qual
cosa
dette
origine
alla
malformazione
Geova.
Jhwh
era
probabilmente
pronunciato
«Jahwhè».
Mosè fu scelto quale guida del popolo ebraico nel passaggio del Mar
Rosso e nel cammino attraverso il deserto. Per mezzo di lui Dio stabilì
un patto di alleanza con il suo popolo e gli consegnò i 10 comandamenti
che, scolpiti su due tavole di pietra, furono posti nell’arca portata dagli
ebrei
nelle
loro
peregrinazioni.
I 40 anni trascorsi nel deserto contribuirono a consolidare tra i
discendenti delle 12 tribù l’unità nazionale che fu poi la causa prima
della loro successiva grandezza. Mosè, tuttavia, non vide la Terra
Promessa.
L’occupazione
della
Terra
Promessa
Fu Giosuè a guidare gli ebrei alla conquista della Palestina. Ha inizio
così il periodo dei Giudici (sec. XIII a.C.). In seguito, di fronte ai
continui attacchi delle popolazioni circostanti (Filistei, Madianiti,
Edomiti, Moabiti, ecc.) gli ebrei si organizzarono in regno sotto la guida
di Saul, a cui successe Davide e poi Salomone (circa -925 a.C.). Alla
morte di quest’ultimo divamparono le guerre civili che condussero alla
formazione del regno di Israele a Nord, con capitale Samaria
(distrutto, poi, nel 721 a.C. da un re assiro) e del regno di Giuda a Sud,
con capitale Gerusalemme, distrutta nel 587 o meglio 586 a.C.. ad
opera di Nabucodonosor II.
(inizio
del
giudaismo)
L’esilio
e
il
post-esilio
La deportazione e l’esilio del popolo ebraico si protrassero dal 586 al
538 a.C.. quando Ciro il Grande, con un editto, ordinò la ricostruzione
del tempio con i fondi pubblici e la restituzione degli arredi sottratti da
Nabucodonosor come bottino. Gradualmente si ricostituì la comunità
ebraica. Ne furono artefici, tra gli altri, Zorobabele. Esdra e Neemia.
Di Zorobabele parlano Aggeo e Zaccaria. Egli era governatore di
Gerusalemme e, come tale, curò che l’opera di ricostruzione procedesse
secondo la volontà del suo re. Suscitò molte speranze nella
restaurazione di un futuro e risorto regno davidico, poiché era nipote
del re Ioakin. il 19° re di Giuda. deposto da Nabucodonosor dopo la
conquista di Gerusalemme e deportato in Babilonia. Questo è l’unico
caso in cui dei profeti abbiano collegato l’ attesa di un futuro «Messia»
con una figura storica contemporanea. L’ impulso verso la
riorganizzazione della vita sociale e religiosa venne anche da Esdra e
Neemia, due saggi governatori, di cui però è incerta la cronologia. Per
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due secoli Gerusalemme fu una piccola provincia dell’impero persiano.
Sconfitti i persiani da Alessandro Magno, la Palestina fu sottomessa
prima ai Tolomei, i signori dell’Egitto, poi ai Seleucidi, che regnavano
sulla Siria, subendo un processo di ellenizzazione da parte di Antioco
Epifane. Ciò determinò la rivolta dei Maccabei, i quali liberarono la
Giudea e diedero inizio a un nuovo stato. Ripresero, però, le discordie
interne, questo fatto determinò l’intervento dei romani.
il giudaismo
La dominazione romana: fine del regno e dispersione
La potenza romana era apparsa in Siria-Palestina nel 64 a.C. ed aveva
sconfitto il regno dei Seleucidi. Essa diede un nuovo assetto alla storia
d’Israele. Dopo vari interventi militari, Pompeo nel 63 a.C. riordinò
radicalmente la Siria-Palestina ponendo sotto l’autorità del sommo
sacerdote di Gerusalemme la Giudea, l’ Idumea e la Galilea centrale,
naturalmente con il controllo del governatore romano della Siria. Nel 40
a.C.. l’idumeo Erode il Grande ebbe da Roma il riconoscimento del titolo
di re vassallo, e dal 27 al 4 a.C. regnò su tutta la Palestina con abilità.
magnificenza e crudeltà, nella sottomissione totale ai capi di Roma. Alla
sua morte esplosero lotte per la successione che videro ora l uno ora
l’altro dei pretendenti (Archelao, Erode Antipa, Filippo) richiedere
l’appoggio dei romani.
Durante il regno di Erode Antipa, mentre era procuratore romano
Ponzio Pilato, fu processato e messo a morte Gesù Cristo.
Nel 70 d.C. scoppiò una rivolta violentissima, sempre guidata da
fanatici che sognavano l’autonomia del popolo eletto. La repressione di
Tito fu feroce: Gerusalemme venne distrutta e i vincitori portarono
come trofei gli arredi sacri del tempio di Gerusalemme, di cui rimase
solo quella parte che oggi viene comunemente chiamata «muro del
pianto».
Un’altra rivolta fu domata da Adriano (132-135 d.C.).
Da quel momento, fino al 1948, la storia degli ebrei è quella di un
popolo che è unito dalla stessa fede, dalla stessa legge e dallo stesso
rituale del culto, ma è senza patria. Gli ebrei si trovano di volta in volta
coinvolti in grosse forme di repressione e di persecuzione (sono espulsi
dalla Spagna nel 1492; sono istituiti per loro i ghetti nel 1565;
subiscono massacri nell’Europa orientale nei secoli XVII-XX;
l’antisemitismo nazista di Hitler ne stermina circa 6 milioni) o vivono in
pace nei periodi di tolleranza. Nel 1948, per decisione dell’O.N.U., viene
ristabilito lo stato di Israele che, tuttavia, non riesce a trovare pace
per le tensioni e le contese con i popoli arabi e palestinesi, per sanare le
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quali da molto tempo si trascinano proposte, incontri, mediazioni,
provocazioni militari e attentati terroristici. Nonostante la formazione
di tale stato, non è finita la diaspora degli ebrei nel mondo: nuclei
consistenti rimangono negli Stati Uniti, in URSS, Francia, Gran
Bretagna, Sud Africa, ecc.
Lo
sviluppo
del
giudaismo
Come abbiamo già precisato, con il termine giudaismo intendiamo quel
complesso di verità, leggi, tradizioni, riti, testi religiosi propri del
popolo ebraico dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme dell’anno
70 d.C., che ha determinato la sua dispersione per il mondo, salvo una
minoranza rimasta in Palestina. Abbiamo anche ricordato in forma
estremamente sintetica le vicende storiche (cfr. 3.4.5) degli ebrei. Qui
riportiamo alcune note relative a:
- scuole dottrinali del giudaismo
misticismo
giudaico
- giudaismo moderno.
Le
scuole
dottrinali
del
giudaismo
Nonostante la dispersione e la mancanza di un tempio, di uno stato, di un
governo e di una terra, il popolo giudaico - con il saldo legame della
Torah (i libri biblici che formano il Pentateuco) - fu in grado di foggiarsi
una sua cultura e di mantenere viva la propria religione in migliaia di
sinagoghe sparse per il mondo, attraverso tanti maestri che
continuarono l’opera dei loro predecessori. Anche il sinedrio - supremo
tribunale politico, religioso e giudiziario - si mantenne attivo in Palestina
fino al 425 d.C., e da Gerusalemme si trasferì prima a Javne (o Jamnia)
e Sefforis, poi a Tiberiade, sebbene dopo il 70 d.C. i romani non gli
avessero riconosciuto alcun potere civile (e fu detto perciò «sinedrio
accademico»). L’insegnamento e la trasmissione della Torah avveniva
attraverso due metodi: quello del midrash e quello della mishnah. Il
midrash è il metodo tradizionale di esegesi biblica fatta sul testo
scritto che mira all’analisi e all applicazione delle norme bibliche (=
midrash accademici) o all’amplificazione edificante e narrativa (=
midrash omiletici) e che produce halakhah (= norma legale), o haggadah
(= narrazione). La mishnah è il metodo della raccolta sistematica della
legge orale ebraica. Considerata di origine sinaitica (come la legge
scritta), la legge orale si venne formando attraverso l’esegesi rabbinica
dei testi biblici. Da tale esegesi ha avuto origine nei secoli III - V d.C. il
Talmud.
La
scuola
di
Javne
La scuola di Javne si dedicò con grande fervore a conservare il corpo di
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leggi e insegnamenti tradizionali redigendoli in forma di mishnah, cioè di
codificazione sistematica e apodittica. Grande maestro fu Rabbi Akiba
(50-135 circa) che iniziò il lavoro di sistemazione della legge
tradizionale col metodo della mishnah rendendola più accessibile ai
discepoli. In questa scuola fu portato a termine il processo di
canonizzazione dei testi ebraici che costituiscono ancora oggi la Bibbia
ebraica. Akiba incaricò, inoltre. il convertito Aquila di tradurre i sacri
testi in greco, ma di questa traduzione rimangono solo alcuni frammenti.
La
scuola
di
Rabbi
Giuda
Il sinedrio accademico raggiunse il suo fulgore sotto la guida di Rabbi
Giuda (135-217). figlio di Simone ben Gamaliele, che redasse la Mishnah
in un ebraico puro e scorrevole, fissando la legge ma lasciando ampia
possibilità di ricerca e di studio ulteriore.
La
scuola
di
Babilonia
Con Abba Arika (175-247), discepolo di Rabbi Giuda. sorse la famosa
scuola di Sura, che, assieme ad altre scuole, mantenne e sviluppò le
tradizioni della dottrina giudaica. Il testo di studio era quello di Rabbi
Giuda, ma i maestri (amoraim = coloro che parlano) ne interpretavano il
contenuto, discutendone il significato, cercando di conciliare le
contraddizioni e dl risalire dal suoi insegnamenti alla Scrittura. Ad essi
toccava il compito di formulare nuovi giudizi legali per risolvere i
problemi scaturiti dalle mutate condizioni di vita. Questa notevole
attività intellettuale si cristallizzò nella Gemara (= compimento). La
Gemara e la Mishnah costituiscono il Talmud (da una radice ebraica che
significa studiare). Il Talmud è l’insieme di riflessioni morali, apologhi,
omelie, meditazioni sapienziali, storie e leggende del passato di Israele,
visioni del suo futuro e di salvezza messianica universale. Vi sono poi
numerosi detti che rivelano una conoscenza notevole in campo
astronomico, medico, geometrico, botanico, scientifico.
I Masoreti (= coloro che trasmettono) assolsero il compito di rendere
più agibile il testo biblico, nel quale mancavano vocali e segni di
interpunzione. integrandovi le vocali, i punti, gli accenti, la pronuncia, il
collegamento delle parole, la divisione delle frasi e dei periodi. Notarono
anche tutte le varianti e le particolarità, contarono i versi e le lettere
nei diversi libri calcolarono il più precisamente possibile parole,
espressioni, ortografia. La rivalità culturale, che era rimasta sempre
accesa tra la scuola di Palestina e di Babilonia, si risolse a favore della
Masora palestinese, che impose il suo Codice, riconosciuto modello
fondamentale della Bibbia ebraica. Scuole talmudiche sorsero un po’
dovunque: in Africa, in Egitto, in Europa. in Italia, in Germania. in
Spagna. Qui, sotto la protezione di Ibn Shaprut, ministro del califfo di
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Cordova e mecenate munifico di dotti ebrei, si sviluppò un centro di
dottrina ebraica. Fiorirono la ricerca intellettuale e scientifica, la
poesia e la letteratura, la filosofia e l’esegesi biblica. Gli esponenti più
prestigiosi furono Shelomoh ibn Gebirol (1021-1069 circa) Giuda Haleui,
un poeta dolcissimo (1075-1141 circa) e Mose ibn Ezra di Granada (nato
nel 1060 circa).
La
scuola
filosofica
giudaica
La tendenza razionalistica, della quale c’è già traccia nella Bibbia (lo
spirito del dubbio dell’Ecclesiaste, caratteristico della filosofia).
permise ai maestri di Israele di pervenire a una concezione spirituale di
Dio, nonostante gli antropomorfismi di cui la Bibbia abbonda, ma che
servono all’uomo per imprimere nella mente, attraverso metafore, il
carattere personale di Dio. Il concetto di spiritualizzazione di Dio
divenne così fondamentale che si usò il termine Memra (= parola) per
indicarlo. Il movimento filosofico giudaico iniziò in Alessandria verso il
II sec. a.C. Il più famoso rappresentante fu Filone (25 a.C. - 40 d.C.
circa) che si propose di conciliare teologia scritturale con la filosofia
greca. Egli tentò di risolvere il problema suscitato dalla tendenza
platonica di mettere Dio a una incommensurabile distanza, con
l’insegnamento biblico secondo cui Dio è intimamente interessato al
mondo
che
Egli
ha
creato
per
un
atto
di
volontà.
Giuda Halevi, vissuto a Toledo (1075-1141 circa), oltre che filosofo della
religione si può considerare il poeta più grande dai tempi della Bibbia,
per aver espresso negli stupendi canti di Sion la tenace nostalgia della
sua patria lontana, considerata da lui «il cuore delle nazioni».
Ma Mosè Maimonide fu sicuramente il genio religioso più eccelso del suo
tempo. Nato a Cordova nel 1134, ebbe la massima venerazione per
Aristotele, che egli considerava, dopo i profeti, il più alto
rappresentante
delle
facoltà
umane.
La sua concezione della conoscenza lo portò ad affermare che la
profezia è una facoltà naturale che chiunque può acquisire, con la
necessaria preparazione e la perfezione spirituale e intellettuale. La sua
«Guida dei Perplessi» suscitò non poche polemiche. Fu oggetto di studio
anche da parte dei filosofi cristiani, come Tommaso d’Aquino.
Il misticismo giudaico
Dopo il XIV sec., fu usato il termine Qabbalah (= tradizione) per
indicare un insegnamento religioso in origine tramandato di generazione
in generazione, dapprima come dottrina segreta affidata a pochi
privilegiati e poi come studio al quale si dedicarono apertamente tutti.
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Il perno di questo misticismo fu la concezione secondo cui l’uomo è
stato creato da Dio per collaborare con Lui, che lo ha dotato delle
capacità e dei mezzi necessari per controllare e ridurre le cose ai
propri fini e a quelli della creazione. La caratteristica del misticismo
giudaico è l’orientamento messianico. La creazione, animata e inanimata,
travagliata da una lotta universale per la redenzione dal male che in
qualche modo è entrato nel mondo, troverà la salvezza nell’avveramento
del regno di Dio, con l’avvento messianico.
La Qabbalah speculativa (che si sviluppò in Provenza nel sec. XII,
raggiungendo il massimo splendore nella Spagna nel sec. XIV) si fonda
su una lettura mistico-segreta della Torah e tende a recuperare le
verità che i primi uomini conobbero all’inizio della storia umana e che poi
furono occultate ai loro discendenti. Il maggior qabbalista è Iizchaq
Luria (1534-1572). I temi centrali della letteratura qabbalistica
riguardano la natura di Dio, l’origine dell’universo da lui, il ritorno a lui di
tutte le cose attraverso varie mediazioni.
Il testo fondamentale è lo Zohar (= Splendore) che viene terzo dopo la
Bibbia e il Talmud. Dopo l’espulsione degli ebrei dalla Spagna (1492), lo
Zohar fu per gli esuli fonte di forza e di speranza, nella certezza che oltre le tragedie delle persecuzioni - ci sarà il trionfo finale del bene.
Il
giudaismo
moderno
Sotto l’influsso dell’illuminismo (corrente filosofica che caratterizzò il
sec. XVIII), si svilupparono alcune correnti del giudaismo moderno.
Il giudaismo liberale (che ebbe come esponente Moses Mendelssohn
1729-1786) fondò l’intera religione, con il suo contenuto dogmatico e
morale, sulla ragione. Il Mendelssohn, nella sua opera Jerusalem,
sostenne che l’essenza della religione è costituita dalle verità generali
(che ogni uomo può raggiungere con la ragione) e dalla legge morale (la
Torah) che la ragione può scoprire e giustificare con le sue forze.
Il giudaismo riformista. Sviluppatosi in Germania e diffusosi in
America, tentò di adattare il culto e le credenze ai modelli cristiani e
razionalistici fino a sostituire il sabato con la domenica, l’ebraico con
l’inglese, il tedesco o altre lingue moderne, ad abolire la segregazione
dei
sessi
e
la
preghiera
a
testa
coperta,
ecc.
Il sionismo fu la conseguenza delle continue persecuzioni e delle
massicce emigrazioni degli ebrei verso l’Occidente o verso gli Stati
Uniti. Pratica mente fondato sull’antica speranza in un ritorno nella
terra palestinese. trovò il suo «profeta» in Theodor Herzl (1860-1904)
e, dopo il Congresso di Basilea (1897), divenne un interlocutore
internazionale, tanto da ottenere consensi con la dichiarazione di
Balfour (1917) e, nel 1947, la decisione dell’ONU della spartizione della
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Palestina in due stati: arabo ed ebraico. Lo stato di Israele fu
proclamato il 14 maggio 1948, anche se la pace fra arabi e palestinesi è
ancora ben lontana dal concretarsi in modo definitivo.
Lo scriba Esdra (400 a.C.) ha posto le basi del futuro Giudaismo.
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