viaggio italia-svezia - Fondazione IPS Cardinal Giorgio Gusmini

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VIAGGIO ITALIA-SVEZIA
La Fondazione Cardinal Gusmini di Vertova
> di IVO CILESI * - MELANIA CAPPUCCIO ** - CINZIA ZANINONI ***
L’ESPERIENZA E LA REALTÀ ASSISTENZIALE SANITARIA SVEDESE CI PORTA FARE
ALCUNE RIFLESSIONI SUL CONCETTO DI HABITAT. I CENTRI PER LE DEMENZE
VISITATI A GOTEBORG E CON I QUALI È INIZIATA UNA COLLABORAZIONE, PRENDONO
IN CONSIDERAZIONE TUTTI I PASSAGGI DELLA VITA DELLA PERSONA, GARANTENDO
PER QUANTO POSSIBILE UNA MEMORIA DELLA QUOTIDIANITÀ. E QUINDI IL PASSAGGIO INIZIALE AD UNO SPAZIO VILLAGGIO DOVE LA PERSONA CON UN INIZIALE
DETERIORAMENTO COGNITIVO È ACCUDITA IN CASE CHE RICORDANO STRUTTURALMENTE LE ABITAZIONI SVEDESI.
LE CASE sono all’interno di spazi verdi
con la possibilità di fare passeggiate. Le
persone sono seguite per le faccende domestiche e i piccoli servizi, ad esempio
fare la spesa, da personale preparato. Si
tratta di una sorta di assistenza sociale
che in questa fase di parziale autonomia
è fondamentale. Quindi possiamo verificare che il primo passaggio (dalla propria
abitazione alla nuova sistemazione)
prende in considerazione le abitudini di
vita delle persone e i loro spazi abitativi.
Infatti, come già sottolineato, le nuove
case ricordano quelle lasciate e vengono
mantenute per quanto possibile le abitudini di vita. Il passaggio a situazioni
più problematiche, con l’aggravarsi della
malattia e quindi con la perdita di competenze e funzioni, diventa un dolce accompagnamento. Con l’avanzare della malat-
tia, quando la persona non è più in grado
di gestirsi con autonomia, il passaggio è
in una struttura maggiormente protetta
con i servizi sanitari e assistenziali giornalieri. In questa nuova situazione abitativa, una sorta di RSA, vengono mantenuti gli spazi personali e le stanze sono
personalizzate, gli spazi comuni tengono
in considerazione della memoria e delle
abitudini di vita. Ma sono presenti terapie
non farmacologiche (doll therapy) e spazi
sensoriali che garantiscono una cura
globale della persona. Questo bilanciamento fra rispetto della memoria e del
passato e stimoli e terapie non farmacologiche che vanno ad incidere sulla diminuzione del carico farmacologico garantisce ai pazienti una adeguata qualità di
vita. All’interno dei Nuclei Alzheimer della
Fondazione Gusmini noi tentiamo di equi-
> Fondazione Cardinal Gusmini di Vertova
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> Community svedesi
librare spazi terapeutici e terapie non
farmacologiche, spazi che diventano isole sensoriali dove viene facilitato tramite
stimolazione cromatiche, sonore, tattili, il
rilassamento o l’attivazione, a seconda
del setting ambientale somministrato.
Le parole chiave sono trasformazione
ed equilibrio. Ossia trasformare con equilibrio. Il lavoro dovrà essere svolto sempre
in funzione dell’habitat.
Se si pensa ad uno spazio che cura, forse bisogna pensare ad uno spazio in
funzione delle persone che lo abitano. Ma
a questo punto ci si chiede se è possibile
rendere un luogo testimone di tante soggettività. Bisogna analizzare quello che
può accomunare, avvicinare le persone
che abitano uno stesso luogo. Sicuramente la cultura del proprio territorio,
che rende sociali le diverse soggettività,
che le unisce per favorire le ritualità sociali, la condivisione collettiva delle memorie del territorio, il passare del tempo,
le ciclicità del giorno e della notte, la stagionalità, con le differenti peculiarità proprie di ogni stagione, e le ritualità condivise. Ma quello che sicuramente unisce
le persone è la dimensione sensoriale,
sono i sensi, e allora il luogo per avvicinare deve divenire un luogo dove i sensi
abitano. Ricreare un luogo dove le persone ritrovano frammenti della vita, dove si
possono fermare a pensare, ad emozionarsi, a guardare, ad ascoltare, ad
annusare, a toccare i significati che abitano dentro di loro, i sensi e le emozioni. Le
stimolazioni ambientali riguardano diverse aree sensoriali e tutti gli spazi comuni
utilizzabili dai pazienti. E’ fondamentale
partire dal concetto di temporalità collegato al concetto di spazialità in una dimensione abitativa che favorisce i riti
della quotidianità.
Abitare spazi riabilitativi: è importante
creare dei momenti di stimolazione e
momenti di rilassamento, pause e movimento nella quotidianità. Creare uno
spazio dove mobili e oggetti favoriscono
le memorie, le tracce del passato, uno
spazio che diventa habitat, attivante e
rilassante
Il giusto equilibrio fra gli spazi della memoria, dei ricordi e spazi terapeutici, ambienti
sensoriali ci permette di accudire, di
ascoltare, di accompagnare, di esserci,
senza essere invasivi con il giusto rispetto
per la vita presente e trascorsa dei nostri
ospiti. E allora cosa si può fare in un Nucleo Alzheimer per garantire il giusto
ascolto, per prendersi cura dei nostri ospiti rispettando il loro tempo? Noi cer-
chiamo, anche prendendo riferimenti e
spunti da esperienze di centri svedesi di
Goteborg con i quali la Fondazione Cardinal Gusmini collabora, di accompagnare le persone in un viaggio. Un viaggio
è il rinnovarsi con stabilità, il muoversi con
le pause, le attese. La stabilità delle quotidianità con l’idea creativa, la stimolazione, appunto il rinnovarsi. In questi anni di lavoro di continuo contatto con la sofferenza dei malati dei loro familiari e
spesso con il senso di impotenza degli
operatori ci hanno insegnato una cosa
fondamentale che curare il malato significa prendersi cura dei familiari e prendersi cura degli operatori, rispettando la
loro professionalità ma anche capendo e
prendendo in considerazione le loro difficoltà quotidiane tecniche, relazionali e
psicologiche. E qui rientra in gioco l’accompagnare e il viaggio. Che cosa si fa
quando si accompagna, quando si viaggia? Sicuramente ci si muove fisicamente, ma ci si muove anche mentalmente,
e si muovono le nostre emozioni, e si
muovono i ricordi, le memorie. E poi ci sono i momenti di pausa, di attesa, di silenzio. E noi abbiamo rispettato i tempi naturali delle persone, con il giusto equilibrio
fra stimolazione e rilassamento con degli
spazi che favoriscono le pause. L’ambiente che cura riprende l’idea di una
cura personalizzata in uno spazio sociale
abitato dalle persone, la cura nella quotidianità. Riprendendo l’esperienza svedese con le nostre idee stiamo favorendo
la giusta alternanza fra stimolazioni e
pause. Alcune terapie non farmacologiche (musicoterapia ambientale, terapia
della bambola e terapia sensoriale che
abbiamo attivato nei Nuclei) ci aiutano a
migliorare la qualità di vita dei pazienti in
sinergia con gli spazi terapeutici. A volte
la domanda che ci pone l’operatore d’assistenza è sempre quella: cosa posso
fare? Cosa posso fare quando un paziente è agitato, quando diversi disturbi comportamentali ne rendono problematica
la cura, l’accudimento? Una corretta equilibrata sinergia fra le terapie non farmacologiche strutturate e somministrate settimanalmente e le terapie ambientali favorisce il miglioramento della qualità globale di vita dei pazienti. E abbiamo voluto
dare degli strumenti concreti agli operatori
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> RSA
per gestire situazioni problematiche derivate dall’insorgenza di disturbi comportamentali nella routine quotidiana. E’ importante i livello preventivo di cura e l’intervento terapeutico al bisogno per affrontare la fase acuta del disturbo, con le
terapie non farmacologiche, con gli spazi
terapeutici, con le aree sensoriali noi
possiamo dare una risposta positiva per
la gestione dei disturbi del comportamento in soggetti affetti da demenza.
L’ambiente può compensare o al contrario accentuare i deficit cognitivi e condizionare perciò lo stato funzionale ed il
comportamento. Il fragile equilibrio della
persona con deficit cognitivi si spezza
facilmente. La deprivazione sensoriale o
l’eccesso di stimoli, la difficoltà ad orientarsi in un ambiente che non si riconosce
o che si percepisce come ostile, il mancato riconoscimento dei propri bisogni
sono elementi che condizionano il grado
di attenzione o confusione del malato.
L’ambiente che ospita il paziente demente e la sua organizzazione devono
aiutarlo a sapere: chi è; dove è; che
tempo è.
Per questo sono state adottati degli accorgimenti ambientali riproducendo due
nicchie sensoriali. La sinergia tra le stimolazioni visive e uditive hanno lo scopo di
orientare nello spazio e nel tempo l’ospite
creando anche un ambiente piacevole.
La curiosità e l’attenzione degli ospiti
che si fermano ad osservare il movimento e la cromaticità dei pesci dell’acquario
permettono di avere benefici sul vagabondaggio in quanto sono favorite le
pause di riposo mentre la riproduzione
sonora dell’acqua ha un effetto rilassante.
La riproduzione di un grande albero che
viene diversamente vestito a seconda
delle stagioni orienta l’ospite nel tempo
utilizzando quegli stimoli che per la maggior parte di essi faceva già parte del
proprio bagaglio culturale. Anche qui la
riproduzione sonora dei rumori della natura rende il contesto molto realistico, che
viene comunque rinforzato alla presenza
nelle vicinanze dell’accesso al giardino
che permette di sottolineare e confermare
l’aspetto climatico. Questa nicchia sensoriale è legata al progetto stagionalità.
Il Liceo Artistico ha realizzato dei quadri
a tema ad ogni stagione che rappre36
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> Refettorio
sentano caratteristiche tipiche della stagione in corso e vengono appesi alle pareti con lo scopo di evidenziare il trascorre
del tempo e quindi facilitare l’orientamento temporale.
Spesso lo stesso gruppo assistenziale
individua interventi poco costosi ma molto
efficaci come per esempio la personalizzazione del letto, l’uso di fotografie per
indicare un luogo, la dislocazione degli
utenti nelle stanze o per quanto riguarda
il posto a tavola.
Le modificazioni ambientali non incidono
comunque sulla storia naturale della malattia e sul declino delle funzioni cognitive,
ma riducono i problemi comportamentali
quali l’agitazione, affaccendamento,
wandering, insonnia, i sintomi psicotici e
rallentano il declino delle capacità funzionali dei soggetti con demenza.
MODALITÀ OPERATIVE
Relazione terapeutica, caratterizzata:
• dall’osservazione profonda dei messaggi verbali e non verbali del malato,
• dalla sintonizzazione emotiva,
• dalla giusta distanza che permette la
critica,
• dal sapere gestire le pause, i silenzi e
il tempo della relazione.
Ambiente terapeutico caratterizzato da:
• flessibilità (adattabilità alle diverse
situazioni),
• personalizzazione degli spazi e del
tempo (adattabilità ai diversi bisogni dei
malati e alle variazioni nel tempo dei
bisogni dello stesso malato),
• tolleranza,
• proposta di attività commisurate alle
capacità del soggetto (osservazione delle
capacità residue),
• presenza attiva dei familiari.
Il lavoro d’équipe, opportunità di condividere con altri operatori la gestione di
problemi più o meno complessi che
richiedono l’intervento di più specialisti
con lo scopo di pianificare strategie di
intervento e un coerente approccio multidimensionale, nonché la possibilità di
vivere il gruppo come strumento di aiuto
e di sostegno. E’ sicuramente più facile
parlare del lavoro d’équipe che realizzarlo: le varie figure professionali possono
incontrarsi pensando di fare équipe senza
effettivamente lavorare in équipe. Numerosi sono gli ostacoli che si presentano
dovuti per esempio al prevaricare di un
membro oppure al comportamento passivo di altri, alla sfiducia degli operatori nel
confronto del gruppo o alla difficoltà dei
singoli ad adottare comportamenti coerenti rispetto alla pianificazione progettata.
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Il lavoro di gruppo richiede:
• rispetto del lavoro degli altri, aventi o
meno lo stesso ruolo, con valorizzazione
dei differenti punti di vista dei diversi
soggetti coinvolti;
• capacità di autocritica personale e di
gruppo;
• volontà nel “rimettersi continuamente in
gioco”, la “provvisorietà” delle situazioni
richiede spesso la rivisitazione del problema e degli obiettivi strategici nel tempo;
• capacità comunicative;
• atteggiamento empatico;
• creatività;
• tempo;
• costanza.
I tutor di progetto: data la complessità, la
numerosità dei progetti e la necessità di
figure di riferimento, da alcuni mesi abbiamo inserito la figura dei tutor. Ai singoli
operatori di ciascun gruppo di lavoro è
stata chiesta la disponibilità a ricoprire il
ruolo di tutor per un determinato progetto
chiedendo di esprimere anche la motivazione. Si è così creata un’equipe tutor
di progetto composta da tre/quattro operatori tra infermieri e Asa/Oss. Tutti gli
operatori partecipano alla somministrazione delle terapie e alla compilazione
delle relative schede di osservazione e
individuano possibili soggetti da inserire.
Gli infermieri raccolgono le informazioni
e attraverso le consegne garantiscono il
passaggio di comunicazione inerenti l’organizzazione e le eventuali decisioni in
merito alle suddette terapie. In specifico
gli Asa/Oss tutor sono punto i riferimento
per i colleghi raccogliendo osservazioni,
proposte o critiche, si assicurano che le
schede di monitoraggio vengano compilate e le terapie correttamente applicate
e si occupano della manutenzione delle
attrezzature e del materiale in uso. Gli
infermieri tutor sono figura di riferimento
degli Asa tutor e di tutta l’équipe. La responsabile di Nucleo e l’Educatore monitorizzano in modo generalizzato i vari
progetti.
I progetti
L’inserimento delle varie terapie non farmacologiche all’interno dei nuclei ha
richiesto l’addestramento, la formazione
degli operatori con lo scopo di presentare
il progetto complessivo, le aspettative
della Direzione in termini di ricaduta positiva sia sugli ospiti sia indirettamente sui
caregiver, per coinvolgere gli operatori
nella ri-definizione dell’organizzazione a
fronte delle nuove esigenze.
Il primo approccio con le terapie non farmacologiche è avvenuto grazie ad un
convegno organizzato in collaborazione
con la Ditta S.C.A..
Successivamente tutto il personale del
Nucleo Alzheimer ha partecipato ad un
corso di quattro ore. Come viene inserito
un ospite nei vari progetti? Nel periodo di
osservazione, dopo l’ingresso in struttura,
il primo obiettivo da perseguire è la conoscenza a tutto tondo dell’ospite e della
realtà in cui si deve intervenire.
E’ fondamentale:
• la conoscenza dell’ospite mediante l’apertura di un canale comunicativo esclusivo che consenta di costruire una trama
di rapporti individuali e quotidiani grazie,
dove possibile, alla comunicazione verbale e all’osservazione dei comportamenti, delle reazioni alle proposte, nel
rispetto della sensibilità e dei tempi di
ciascuna persona;
• la conoscenza delle abilità sensoriali e
manuali residue (test sensoriali);
• la conoscenza del disturbo del comportamento;
• la conoscenza dell’ospite tramite il coinvolgimento della famiglia, l’intervista e i
successivi incontri hanno lo scopo di
raccogliere informazioni sulla vita dell’ospite, eventi felici o traumatici, gusti e attitudini, caratteristiche caratteriali e personalità, nonché dinamica dei rapporti familiari che possono aiutare il gruppo di lavoro nella scelta della modalità di approccio e di progettazione.
A questo punto, durante la stesura del
PAI, ad un mese circa dall’ingresso, l’équipe valuta la necessità ed eventualmente la tipologia di terapia non farmacologia da proporre all’ospite. Noi trattiamo i vari disturbi del comportamento
tramite diverse terapie non farmacologiche (tnf) con piani terapeutici strutturati.
La somministrazione può essere giornaliera con tempi e modalità definite e può
essere al bisogno in caso di una problematica comportamentale acuta e improvvisa. E’ importante modulare l’intervento
a seconda del disturbo comportamentale
evidenziato.
Ora vogliamo elencare alcune delle terapie non farmacologiche e le aree sensoriali che abbiamo attivato presso la Fondazione Cardinal Gusmini:
Terapie non farmacologiche:
• musicoterapia individuale attiva,
• musicoterapia recettiva,
• musicoterapia ambientale,
• terapia della bambola,
• sand therapy (terapia della sabbia),
• terapia sensoriale.
Spazi sensoriali:
• spazio della stagionalità,
• spazio dell’acquario,
• stanza neurosensoriale.
Gli aspetti organizzativi legati ai progetti
attualmente attivi sono i seguenti.
• Musicoterapia ambientale: attraverso
l’uso dell’impianto stereo gli operatori
avviano a giorni alterni (per garantire le
giuste pause e la metabolizzazione degli
stimoli) le sequenze appositamente preparate dal musicoterpeuta in momenti
definiti della giornata (alzata, pranzo e
allettamento).
• Musicoterapica recettiva: gli ascolti
musicali variamente proposti (diversi generi di musica) all’ospite tramite cuffie direzionali sono appositamente strutturati
con il musicoterapeuta e l’educatore.
Nella quotidianità l’educatore applica il
programma terapeutico per un tempo
che varia dai 20 ai 45 minuti a circa
quindici ospiti.
• Musicoterapia attiva: le sedute individuali e/o di piccolo gruppo, condotte dal
musicoterapeuta, si svolgono presso una
stanza adibita con cadenza settimanale
per un tempo che può variare dai 15 ai 45
minuti a seconda delle condizioni psico/fisiche e delle risposte/reazioni dell’ospite.
Le persone coinvolte sono dieci.
• Terapia della bambola: la consegna
della bambola terapeutica da parte degli
operatori (infermieri, Asa/Oss, educatore)
è codificata in base all’insorgenza di un
bisogno, dato per esempio da uno stato
di agitazione, o modulata in base ad un
programma quotidiano formulato sulle
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> Foto di gruppo
richieste verbali o non verbali dell’ospite
e alla valutazione della risposta comportamentale. Se l’ospite rifiuta la bambola,
l’operatore lascia trascorrere alcuni minuti
ed effettua un altro tentativo. Il numero
di ospiti coinvolti è nove.
• Pet Therapy “Acquario”: i momenti terapeutici possono essere strutturati in diversi momenti della giornata coinvolgendo
piccoli gruppi per massimo un ora; oggi
sono in terapia cinque ospiti. In realtà,
data la sua posizione all’interno di una
nicchia ricavata nel corridoio, tutti possono giovare degli effetti benefici dell’acquario. La manutenzione dell’acquario e
della cura dei pesci è effettuata dal personale con il coinvolgimento di un ospite.
• Laboratori gestiti dall’educatore di reparto sono attività di gruppo che hanno
una cadenza settimanale e una durata
che varia a seconda delle condizioni
degli ospiti fino ad un massimo di un’ora.
Gli ospiti coinvolti per ogni attività sono
circa 10.
Aromaterapia di gruppo. Viene proposto agli ospiti un vero e proprio racconto
contestualizzante attraverso una stimolazione attiva di tipo visivo (fotografie,
disegni…), olfattiva (profumi, odori) e
quando possibile anche tattile (rappresentazione materiale dell’oggetto stesso).
Gli ospiti coinvolti sono dieci.
Pittura. L’uso del colore e delle diverse
tecniche di pittura (pennelli, dita, spugne…) permettono, attraverso l’iconografia, la rappresentazione degli stati
d’animo secondo l’arte del “tirar fuori”
l’incomunicato verbale (emozioni), lo stimolo della creatività e della fantasia. I temi
dei lavori possono essere liberi o finalizzati all’argomento della stagionalità. Nel
prossimo anno si approfondirà quello
della percezione corporea.
I lavori svolti “a quattro mani” (quattro ospiti) hanno evidenziato la capacità dell’ospite di rispetto degli spazi e del lavoro
dell’altro. Inoltre, un’altra sorpresa, è stata la resistenza degli ospiti che lavorano
con attenzione anche per un’ora.
Racconti di una volta. La stimolazione
dell’attività mnemonica avviene attraverso
il racconto, mimo e teatralizzazione con
gesti e oggetti di racconti d’epoca appartenenti al passato degli ospiti che fungono
da punto d’incontro tra passato e presente. Prendiamo il caffè. La riproduzione
di uno spaccato quotidiano favorisce la
riscoperta delle gestualità passate. (La
preparazione del caffè, del setting, del
momento conviviale). L’educatore utilizza
questo momento per discutere e concordare con gli ospiti la ricetta di cucina
che verrà preparata nel laboratorio di
cucina.
Attività mnemoniche procedurali. Attraverso il gioco e la conservazione, l’educatore stimola i ricordi e l’ordine procedurale delle sequenze proposte appartenenti alla quotidianità come il risveglio, la
vestizione, la preparazione del pasto…
lavorando sulle emozioni di ciascuno.
Albero delle stagioni. Gli ospiti sono
protagonisti della propria stimolazione
spazio-temporale nella creazione e nella
preparazione dell’albero a seconda delle
stagioni in essere.
Tutte queste attività, oltre ad altre di stimolazione cognitiva come la tombola, il
canto, il laboratorio di cucina, i laboratori
manuali, sono parte integrante del progetto complessivo. Le modificazioni ambientali e le varie terapie non farmacologiche
aumentano l’efficacia globale dell’intervento. Gli accorgimenti strutturali e organizzativi sono tali da garantire elevati
standard assistenziali nel pieno rispetto
della dignità delle persone. Un aspetto
importante, prima di parlare di numeri, è
sottolineare la ricaduta indiretta di tutto
questo lavoro sui caregiver. Per quanto
riguarda i familiari gli indici considerati sono stati la riduzione delle segnalazioni/lamentele, il grado di soddisfacimento complessivo dichiarato tramite i questionari di
gradimento nonché esplicite considerazioni fatte agli operatori. Per quanto
riguarda questi, ci sono segnali di miglioramento in termini di diminuzione del
burn-out, riduzione dello stress da caregiver e miglioramento del clima lavorativo
dimostrato dalla partecipazione agli incontri di formazione, dal protagonismo
nella gestione delle terapie, dalle informazioni raccolte.
* Consulente terapie non farmacologiche
** Direttore Sanitario
*** Dirigente infermieristica e coordinatrice
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