Manuela Gentilini Gianpaolo Karis Claudio Simonetti CAPITOLO 1 CAPITOLO 2 INTRODUZIONE 1 Cenni storici, perché “cefalea a grappolo” 1 Segni e sintomi 2 Teoria dell’infiammazione del seno cavernoso – carotide 5 Teoria della disfunzione dei centri ipotalamici …… 6 Ciclicità e durata degli attacchi 7 Fattori di rischio 10 Epidemiologia 11 Esami diagnostici 12 Trattamenti 13 EMBRIOLOGIA 18 Origine del S.N.C.: La gastrulazione, La neurulazione 18 Lo sviluppo del cervello: Le 3 vescicole primarie 23 Romboencefalo 25 Mesencefalo 28 Prosencefalo 29 Talamo, ipotalamo, epitalamo, corpo pineale, ghiandola pituitaria, cavità ventricolari, ecc. 30 Commissure cerebrali 34 Tabella “Derivati dei tre foglietti germinativi embrionali: CAPITOLO 3 ectoderma, endoderma e mesoderma” 37 Tabella: ”sviluppo embrionale dalla I° alla VIII° settimana 38 ANATOMIA 39 Il sistema nervoso centrale 39 Sostanza bianca e sostanza grigia 40 I neuroni 40 Ventricoli cerebrali 42 Tabella: composizione del liquido cefalo-rachidiano e del CAPITOLO 4 plasma 44 Le ghiandole pineale e pituitaria 45 Trigemino 46 Tabella: “Suddivisioni del cervello” 51 FISIOLOGIA 52 IL S.N.C. Raccoglie, trasmette ed elabora le informazioni 52 I dendriti, il soma, l’assone e i terminali sinaptici 53 Il liquor cerebrale 55 CAPITOLO 5 Il talamo, l’ipotalamo 56 La pineale 60 L’ipofisi 61 Tabella: patologie dell’idrocefalo - definizioni 64 ESPERENZIALE 65 Introduzione 65 Esame obiettivo 66 Storia del ciclo di terapie: da ottobre a dicembre 2009 76 Contrattura cronica ricorrente del muscolo ileopaoas 78 “Torniamo a Luca” 84 Storia del ciclo di terapie: da gennaio a fine marzo 2010 86 Indagine: R.M. dell’encefalo e del tronco encefalico senza e con contrasto di Luca 90 Indagine: T.A.C. del massiccio facciale di Luca 90 Le risposte del sistema di Luca …. 91 Il bruxismo 93 Storia del ciclo di terapie: da aprile a giugno 2010 96 Storia del ciclo di terapie: estate 2010 98 Storia del ciclo di terapie: autunno 2010 99 Bibliografia 101 Ringraziamenti 101 Cenni storici Stando a Norman Gordon (neurologo americano), il primo a rimarcare i segni caratteristici della cefalea a grappolo è stato il medico tedesco Nicolaes Tulp (15931674) nel 1641 evidenziando lo strano intervallare degli episodi. Secondo Raymond Hierons, invece, la prima descrizione di un caso di tale malattia fu ad opera di Thomas Willis nel 1672, in una donna che soffrì per molti giorni consecutivi, sempre alle ore 16, di violenti attacchi di mal di testa. Nel 1745 Gerhard Van Swieten (1700-1772) a Vienna descrisse con maggiore profondità le manifestazioni di tele disturbo, quali l’unilateralità e la precisa localizzazione. Il caso riportato è quello di un uomo di mezza età affetto quotidianamente, alla stessa ora e per alcune ore, di un dolore molto severo localizzato sopra l’occhio sinistro, a livello dell’emergenza dei nervi dell’osso frontale, accompagnato da iniezione congiuntivale e lacrimazione, tra un attacco e l’altro non vi era alcun segno o sintomo. Per quasi un secolo si interrompe la strada per l’individuazione della malattia, che fu confusa con varie sindromi. Per la denominazione “a grappolo” si deve aspettare il XIX secolo. Francis Kilvert (1840-1879) nel suo diario sembra descrivere quella che si potrebbe diagnosticare una cefalea a grappolo. Nel 1936 Bayard Taylor Horton (1895-1980) espose con particolare precisione un caso di cefalea a grappolo. Nel 1947, il neurologo svedese Karl Axel Ekbom ritornò sull’argomento e nel 1952, Charles Kunkle coniò il termine “cefalea a grappolo”. 1 Perché la definizione “cefalea a grappolo” La cefalea a grappolo (in inglese Cluster Haedche) è nota come una cefalea ad orologio, si riferisce al caratteristico raggruppamento degli attacchi in un lasso di tempo ben circoscritto, che ancora oggi non hanno trovato una causa dimostrabile. A volte si ripresentano alla stessa ora con una estrema puntualità. Le fasi acute tendono infatti ad addensarsi a grappoli di episodi dolorosi (ad esempio un attacco al giorno per due mesi consecutivi), separati l’una dall’altro da periodi relativamente lunghi di remissione (ad esempio un anno). Vi sono casi in cui questa malattia si cronicizza, manifestandosi con episodi magari più brevi (una ventina di minuti) ma implacabili, con fasi di remissione rare o del tutto assenti. E per questo è definita anche “cefalea da suicidio”. Segni e sintomi La cefalea a grappolo è caratterizzata da un dolore intenso, normalmente unilaterale. Ogni singolo attacco può durare dai 15 minuti ai 180 minuti. Nel 50% dei casi il dolore viene descritto come trafittivo, lancinante o una pugnalata, nel 38% come pulsante o martellante, nel 30% penetrante e acuto. L’intensità del dolore è tale da divenire cosi insopportabile che sono stati riportati persino casi di suicidio. Il sofferente risulta incapace di stare immobile e rifiuta di essere toccato o confortato: grida, piange, dondola, cammina nervosamente, si contorce, tende letteralmente a sbattere con forza la testa contro il muro. La posizione supina risulta impossibile nella maggioranza dei casi. Pertanto la qualità di vita del paziente, soprattutto se cronico, risulta notevolmente compromessa. Il dolore viene riferito dal paziente dietro l’occhio o nella regione perioculare; si può irradiare alla fronte, alle tempie al naso e alle guance. L’occhio dal lato del dolore diventa tumefatto e comincia a lacrimare, la pupilla si restringe e la narice si chiude o comincia a far scorrere un liquido trasparente. Il paziente comincia a sudare e la faccia si arrossa dal lato dle dolore. La distribuzione del dolore è sempre unilaterale: il lato più spesso interessato è quello destro (49,1%), seguito da quello di sinistra (35,4%) e dai casi di alternanza di lato tra un grappolo e l’altro (15,5%). 2 L’attacco si associa ad un caratteristico corteo di segni e sintomi sempre omolaterali al dolore, i più comuni sono: lacrimazione o congestione congiuntivale, rinorrea o congestione nasale e ptosi. Altre manifestazioni sono: ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ bruciore ( a volte è il primo sintomi che si manifesta) senso di agitazione iperemia (aumento del flusso sanguigno alla testa) miosi (diminuzione del diametro della pupilla) comparsa di edema palpebrale sindrome di Horner (detta sindrome oculopupillare, è caratterizzata da un danno al tronco del sistema nervoso simpatico cervicale, il quale non può più controbilanciare l’azione del parasimpatico, che prevale) sudorazione frontale arrossamento del viso nausea (rari casi) peristalsi (molto rara) fotofobia (rari casi) fonofobia vomito dolore unilaterale localizzato nell’area orbitale, sopraorbitale o temporale e mascellare che si irradia a volte sino al collo e alla spalla. Il dolore raggiunge il suo apice molto rapidamente, si mantiene costante per tutta la durata dell’attacco per poi, altrettanto rapidamente, sparire. Può tuttavia accadere che tale dolore non sparisca in via definitiva, rimanendo in un certo senso “quiescente”, cioè molto basso fino a che non aumenta di nuovo di intensità. Questo tipo di dolore viene indicato come “shadow”, ossia ombra dolorosa. Le “shadow” non sussistono necessariamente tra un attacco e l’altro, ma possono, ad esempio, caratterizzare il periodo immediatamente precedente o immediatamente successivo al grappolo, o possono manifestarsi durante un periodo di remissione. C’è un’altra distinzione del dolore nella cefalea a grappolo, nel caso in cui il dolore si irradi nella zona sovra orbitaria o temporale si parla di “ sindrome superiore” (la più 3 frequente), viceversa un dolore irradiato allo zigomo, al naso, all’arcata dentaria superiore o inferiore e talora al collo, viene indicata come “ sindrome inferiore”. Oggi si comprende che le manifestazioni algiche della cefalea a grappolo sono veicolate dalla branca oftalmica, mascellare e mandibolare del nervo trigemino, principale (ma non unico) nervo deputato alla trasduzione e trasmissione degli stimoli nocicettivi, propriocettivi, termocettivi e somestesici del cranio. Lacrimazione, rinorrea, miosi, sudorazione, nausea sono manifestazioni collegate all’attivazione del sistema nervoso parasimpatico. Durate lo studio angiografico della carotide interna effettuato nel corso di un attacco di cefalea agrappolo, Ekbom e Greitz osservarono un restringimento della porzione exstradurale della arteria dal lato del dolore alla sua uscita dal canale carotideo. Questo dato angiografico fece ipotizzare che il dolore derivasse da uno stiramento dei nocicettori. Il dolore fisiologico (o nocicettivo) è il risultato dell'attivazione di una particolare classe di recettori periferici, i nocicettori nella parete del vaso, il coinvolgimento a tale livello delle fibre simpatiche oculofacciali del plesso carotideo poteva inoltre spiegare parte dei fenomeni vegetativi, quali la ptosi e miosi. I nocicettori sono terminazioni nervose specializzate nel riconoscere stimoli in grado di produrre potenzialmente o concretamente un danno tissutale. Questi stimoli sono tipicamente di natura meccanica, chimica, termica. Nell'esperienza comune, nocicettori che rispondono a stimoli meccanici sono quelli che ci fanno provare dolore quando il nostro corpo subisce una pressione meccanica eccessiva. I nocicettori chimici rispondono invece a sostanze che possono provocare reazioni tali da ledere i tessuti, ad esempio gli acidi. I nocicettori termici ci avvisano del pericolo di ustioni o congelamento. Compito del dolore fisiologico è quindi quello di proteggere il nostro organismo da eventi pericolosi per la salute o per il mantenimento della vita. In seguito Kudow dimostrò con metodica Doppler, una diminuzione di flusso nelle arterie sovra orbitaria e frontale, sia in fase di remissione che di grappolo, riconducibile alla stenosi carotidea riportata da Ekbom e Greitz. 4 L’ulteriore conferma di una vasocostrizione del territorio della carotide interna, venne da studi termografici, che evidenziarono aree fredde di ipotermia nella regione sovra orbitaria dal lato del dolore. Alcune osservazioni cliniche suggeriscono il coinvolgimento anche della circolazione della carotide esterna: ¾ presenza di una dilatazione dell’arteria l’attacco dal lato del dolore temporale superficiale durante ¾ la compressione della carotide esterna dal lato del dolore attenua il dolore stesso ¾ l’ ergotamina, agente che provoca intensa vasocostrizione è efficace nella terapia dell’attacco di cefalea a grappolo. Se da una parte era evidente il coinvolgimento dei vasi cranici nella cefalea a grappolo, non era però chiaro quali fossero le cause. Negli studi più recenti si è arrivati in conclusione alle seguenti teorie: Si ritiene che si tratti di un processo patologico cronica a carico del seno cavernoso che vada ad irritare le fibre simpatiche postgangliari che passano in quel seno: il risultato è la dilatazione della carotide stessa, e dei vasi arteriosi e venosi innervata da tali fibre: La malattia ha quindi un meccanismo di rinforzo (l’irritazione del seno cavernoso provoca vasodilatazione della stessa carotide interna) che giustifica il carattere di progressività e di aggravamento degli attacchi. L’attacco si risolve perché la congestione dei tessuti attorno al seno cavernoso, che si verifica per l’infiammazione, provocherebbe a sua volta la compressione della carotide e la regressione dell’attacco. Le strutture attorno al seno cavernoso responsabili del dolore sono: ● carotide interna ● dura madre ● branche oftalmiche e mascellare del trigemino ● pareti venose ● pareti della carotide interna ● plesso simpatico carotoideo (innerva il ganglio sensitivo del Gasser) Nell'anatomia umana il ganglio del Gasser, detto anche ganglio semilunare del Gasser è un ganglio del nervo trigemino. 5 Si ritrova nella fossa cranica media presso l'apice della piramide del temporale in un recesso costituito da dura madre detto "cavo del Meckel". Dal ganglio partono 3 branche (o rami) periferiche: ● Branca oftalmica (o superiore) ● Branca mascellare (o medio), che innerva parte della cute del viso (labbro superiore, guance) ● Branca mandibolare (o inferiore) Ma in realtà già nel Meckel le fibre del trigemino si dividono in tre: per tal motivo il Gasser è da considerarsi l'insieme di tre gangli. Nella cefalea a grappolo esiste un tipico andamento degli attacchi, ad ore fissate e durante il sonno, influenzato in maniera stagionale. Alcune evidenze sono: ● si possono rimandare gli attacchi rimanendo alzati ● gli attacchi sono più frequenti durante il riposo ● in Italia sono più frequenti il pomeriggio rispetto agli altri paesi ● ciclicità stagionale (primavera–autunno) ● incidenza inversamente proporzionale al numero di ore di luce Inoltre: ● si è notato anche che il picco notturno della melatonina (viene prodotta al buio) è minore rispetto ai soggetti normali; il motivo probabilmente è una ridotta disponibilità di serotonina per la sintesi della melatonina ● il picco mattutino di cortisolo (ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, ha un’azione antimmunitaria) è ritardato nella fase attiva e anche nella remissione. Lo stesso ritardo si trova nel ACTH (ormone adrenocorticotropo “corticotropina”, è un ormone proteico prodotto dalle cellule dell’ipofisi anteriore “adenoipofisi”, svolge una funzione di neurotrasmettitore oppioide, è chiamato anche ormone dello stress) ● la prolatina viene secreta meno nei pazienti malati sia nel periodo attivo che in remissione ● anche testosterone ed LH (ormone luteinizzante è secreto dall’adenoipofisi che ha la funzione di regolare le ovaie) e FSH (ormone follico stimolante è un 6 ormone sintetizzato dalle cellule ganodotrope dell’adenoipofisi) presentano delle anomalie Tutte queste alterazioni dimostrano un coinvolgimento dei centri ipotalamici che regolano i ritmi circadiani. In conclusione si pensa che l’ipotalamo è l’area primariamente interessata e regola il timer della crisi, mentre il seno cavernoso è responsabile della sintomatologia dolorosa (attivazione del sistema trigemino-vascolare) e autonomica (coinvolgimento del SNA simpatico). Gli attacchi si raggruppano con una prevedibilità da calendario (periodicità circannuale/stagionale) per quanto riguarda le fasi attive della malattia (“cluster periods”) e con una ricorrenza da orologio ( periodicità circadiana/ultradiana) per quanto riguarda gli attacchi (“cluster attacks”). Questo susseguirsi ciclico non è solo stagionale, con la caratteristica recrudescenza dei primi mesi primaverili e autunnali, ma è anche legata a cambiamenti delle abitudini di vita con una chiara correlazione ad esempio con l’attività lavorativa, con periodi d’irregolarità del riposo e con le variazioni della temperatura o del fuso orario. Periodicità giornaliera: ♦ di notte (ore 1-2 fase REM del sonno) con brutto risveglio ♦ ore 13-15 (riposo post prandiale) ♦ 1-3 crisi al giorno Periodicità stagionale: ♦ primavera ♦ autunno Le osservazioni sul legame tra frequenza degli attacchi e stagioni dell’anno (verosimilmente dovuto alle fluttuazioni delle ore di luce) non sono comunque univoche: normalmente la durata del periodo attivo va da uno a due mesi, ma per la definizione a grappolo, occorre una durata minima di una settimana, fino a un massimo di un anno. 7 Altrettanto ciclica è l’alternanza degli attacchi nelle ventiquattrore: la loro durata non è solitamente mai superiore alle tre ore e possono ripresentarsi più volte nell’arco della stessa giornata (da 1 a 3 crisi al giorno), quasi ad orari fissi, soprattutto nelle prime ore del pomeriggio o della notte, presentando una chiara correlazione con il ciclo veglia/sonno e con l’orario dei pasti, piuttosto che con il tipo e la qualità di cibo assunto. Almeno la metà dei pazienti affetti da cefalea a grappolo è stato svegliato improvvisamente nel sonno, dall’insorgenza di un attacco doloroso. Gli attacchi notturni, tendenzialmente più rari di quelli diurni, sarebbero correlati alle fasi di sonno REM e solamente il 10% dei pazienti presenta attacchi esclusivamente notturni, mentre il 30% li ha regolarmente durante il riposo postprandiale. Secondo i criteri dell’ International Headache Society (IHS), la frequenza di comparsa va da un attacco ogni due giorni a otto attacchi al giorno e gli attacchi durano da un minimo di 15 minuti a un massimi di 180 minuti (3 ore). I tempi di inizio e fine attacco sono repentini. Il dolore raggiunge l’acme in 5-10 minuti e dura in media 30-120 minuti. I periodi tra l’una e le tre del pomeriggio, intorno alle nove di sera e tra l’una e le due di notte sono stati segnalati come quelli a maggior rischio. Alcuni autori li hanno messi in relazione con le abitudini di vita, in coincidenza con i momenti di maggior relax e con il periodo post-prandiale, anche per l’associato maggior numero di bevande alcoliche. 8 La forma episodica colpisce l’80% circa dei casi, essa è caratterizzata da uno o due periodi in cui si mostra un’elevata frequenza di attacchi e lunghi periodi di remissione ( dalla durata di diversi mesi o anni). La forma cronica, molto più rara, colpisce circa il 13% dei casi. Viene considerato cronico un paziente che per un periodo di almeno un anno non presenti periodi di remissione, o con remissioni che durino meno di un mese. Nel restante 7% dei casi si osserva un andamento caratterizzato da forme combinate, un paziente episodico può diventare cronico o viceversa. Fase episodica: • fase attiva da 2 settimane a 3 mesi • fase inattiva da 6 a 2 anni • frequenza 1-2 all’anno Forma cronica: • età di insorgenza più tardiva (40 anni) • <frequenza delle crisi • <risposta alla terapia I periodi di remissione della sintomatologia quindi appaiono bizzarri ed imprevedibili, con appunto intervalli di benessere che durano da un minimo di un mese, fino a vari anni. Questo anomalo comportamento, costantemente presentato dalla cefalea a grappolo è sempre stato oggetto di studio, sia nel passato, ma ancor oggi, sul coinvolgimento delle strutture cerebrali implicate nella regolazione dei ritmi neuroendocrini. La precisione stagionale con cui i periodi di grappolo si ripresentano e soprattutto, la ritmicità delle crisi di dolore che si manifestano a determinate ore del giorno e della notte ha indirizzato verso l’ipotesi di un coinvolgimento dell’orologio biologico situato nell’ipotalamo, ipotesi confermata anche dalle alterazioni riscontrate nelle ritmiche alterazioni dei livelli di prolatina e cortisolo e dai risultati condotti sul ritmo della melatonina. Nel 1988, il neurologo tedesco Arne May ha evidenziato tramite PET che durante l’attacco doloroso, si verifica un’attivazione nella regione ipotalamica omolaterale al dolore e l’anno dopo, utilizzando la risonanza magnetica funzionale, ha dimostrato che in quella stessa area si verifica anche un’alterazione della densità neuronale. 9 Fra i fattori di rischio (ovvero situazioni che facilitano il manifestarsi della malattia) si trovano: ¾ Assunzione di alcol: studi recenti hanno confutato l’idea che la cefalea a grappolo sia generata anche dall’abuso di sostanze alcoliche, è dimostrato che l’alcol favorisce l’insorgenza degli attacchi. Per questo le persone che soffrono di tale disturbo tendono naturalmente a non assumere bevande alcoliche durante i grappoli. ¾ Fumo di sigaretta: dai lavori pubblicati, la correlazione di questo fattore con la cefalea a grappolo è risultata maggiore negli uomini che nelle donne. In uno di questi studi, realizzato su 374 pazienti maschi, è riportato che l’80% dei pazienti con cefalea a grappolo cronica erano fumatori e il 50% dei fumatori con cefalea a grappolo fuma più di 20 sigarette al dì. ¾ Istamina: è una sostanza prodotta dall’organismo (con diverse funzioni, mediatore dell’infiammazione, neurotrasmettitore, fattore stimolante la secrezione gastrica, ecc..) che provoca vasodilatazione. È dimostrato sperimentalmente che quantità anche molto piccole di questa sostanza, somministrate per via sottocutanea, sono in grado di innescare un attacco di cefalea. L’istamina può essere prodotta per decarbossilazione dell’istidina da parte dei batteri che contaminano gli alimenti (ad es. alcuni tipi di pesce) mal conservati. Normalmente l’istamina di origine alimentare viene inattivata nell’organismo da un enzima la diamioossidasi (DAO); i soggetti in cui questo enzima è carente sono predisposti a manifestare la cefalea in seguito all’assunzione di tali cibi. ¾ Nitroglicerina: è un farmaco antianginoso utilizzato nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica per il suo potente effetto vasodilatatore sulle arterie coronarie. possono essere: 9 9 9 9 9 9 alterazioni del ciclo sonno-veglia modifica delle abitudini alimentari sbalzi termici sbalzi barometrici cambio di fuso orario emozioni intense Alcuni pazienti riferiscono particolare sensibilità ai polifosfati (sostanze utilizzate come conservanti alimentari). 10 Un maggior rischio di malattia, infine, è riscontrato nei soggetti con precedenti familiari, che secondo alcuni studi raggiunge la misura del 23% dei casi e risulta rintracciabile anche in tre generazioni. Ciò pone le basi di una possibile correlazione genetica. Si sta studiando una possibile correlazione, come già accennato prima, con disfunzioni ormonali riguardanti il cortisolo, il testosterone e soprattutto la melatonina ( un ormone prodotto dalla ghiandola pineale), la cui funzione è quella di regolare il ciclo sonno-veglia, la produzione della quale risulta alterata negli episodi di cefalea. Epidemiologia La cefalea a grappolo colpisce circa l’0,1% della popolazione con una netta prevalenza nel sesso maschile, ancor più evidente nella forma cronica: nelle diverse casistiche si registra un rapporto uomo/donna di 3/1. I pazienti affetti da cefalea a grappolo sono spesso portatori anche di tratti fisici particolari come colorito rubicondo, rughe profonde, pelle a “buccia d’arancia”, teleangectasie (lesioni vascolari cutanee), rime palpebrali ristrette, cranio e mento ampi e altezza significativamente maggiore rispetto alla popolazione sana. Si registra un’apparente preferenza per gli strati socio-economici medio alti, e poiché anche le donne affette sono per lo più impegnate in professioni che richiedono un’elevata responsabilità, alcuni autori americani hanno coniato anche l’appellativo di cefalea del “manager”, delineando addirittura un profilo della vittima preferita da questo tipo di cefalea: un maschio professionalmente molto impegnato, appartenente ad un ceto socioeconomico medio-alto, un uomo d’affari, un dirigente, un leader che conduce una vita stressante, spesso di statura elevata e corporatura robusta, più frequentemente con occhi nocciola e volto massiccio (c’è chi parla di aspetto leonino), spesso forte fumatore e bevitore. Da alcuni anni però sono in aumento anche i casi di cefalea a grappolo femminile. Via via che le donne vanno assumendo cariche professionali e stili di vita sempre più impegnativi e con responsabilità sempre maggiori, stanno verosimilmente ereditando anche gli oneri della parità dei sessi. Anche se comunque la cefalea a grappolo si manifesta principalmente nel sesso maschile, alcuni studi evidenziano come questa predominanza stia svanendo. Il rapporto tra uomini e donne, che nel 2001, infatti, era di 6-7:1, nel 2003 diventa 5:1 e nel 2008 4,3:1. La popolazione nera risulta più colpita di quella bianca. In tabella è una statistica effettuata per alcune nazioni: 11 Prevalenza (numero di eventi ogni 100.000 individui) Nazione USA 401[15] Svezia 92[16] Italia 279[2] Germania 119[17] San Marino 56[18] Norvegia 381[19] L’età media di insorgenza della cefalea a grappolo è fra i 20-40 anni, con un picco a 30 anni nei pazienti con cefalea a grappolo episodica, mentre l’insorgenza della forma cronica riconosce un andamento bimodale con due picchi d’incidenza: nelle fasce di età di 10-29 anni e di 50-59 anni. Una ricerca condotta su 3.102 maschi e 3.527 femmine dal Gruppo ad Hoc per la cefalea a grappolo in età evolutiva della Società italiana per lo studio delle cefalee ha evidenziato che anche in Italia la cefalea a grappolo è assai rara in età giovanile: appena lo 0,03% dei giovani di ambo i sessi ne sembra infatti colpito, confermando la tendenza di questa cefalea a colpire gli adulti. Il più giovane paziente accertato in assoluto aveva 3 anni, mentre in un bambino di 21 mesi sono stati osservati quelli che sembrano essere i sintomi specifici della patologia. L’età media infantile (calcolata basandosi su pochi dati epidemiologici disponibili) si attesta sugli 8 anni. La cefalea a grappolo della donna è diversa rispetto a quella dell’uomo, i periodi di “cluster” (grappoli) e quelli di remissione sono più brevi, ptosi e miosi sono meno frequenti rispetto all’uomo, mentre nausea e vomito si presentano più spesso e l’esordio è più precoce in media 25.3 anni contro 29. Esami diagnostici In questa foto una Tomografia ad emissioni positroni (PET) funzionale che mostra l’attività cerebrale a causa del dolore durante un grappolo. Grazie ai nuovi strumenti diagnostici le possibilità di una corretta diagnosi della malattia risultano aumentate. 12 Lo scopo principale di questi esami è escludere la presenza di altre patologie, che possono manifestarsi col gli stessi sintomi della cefalea a grappolo. Tali esami sono: Risonanza magnetica: questa metodica è importante per la diagnosi differenziale con le lesioni a sviluppo espansivo benigno e maligno (neoplasie, soprattutto ipofisarie), che possono manifestarsi con violenti attacchi di cefalea. Risonanza magnetica funzionale: assume importanza se eseguita durante il manifestarsi degli attacchi, in quanto mostra l’interessamento della “sostanza grigia ipotalamica omolaterale”. Tomografia computerizzata: in alternativa alla risonanza magnetica, nei casi in cui quest’ultima sia controindicata (ad es. nei portatori di pace-maker). Puntura lombare: nei casi in cui si sospettino altre patologie (meningite, emorragia subaracnoidea) È molto importante un’accurata diagnosi per discriminare la cefalea a grappolo da altre manifestazioni simili quali: ¾ nevralgia del trigemino: per la comune continua presenza di cefalee, spesso bilaterali (al contrario della cefalea a grappolo, più frequentemente unilaterale) ¾ emicrania cronica parossistica: analoga per distribuzione del dolore e sintomi, ma distinta per durata e intensità degli attacchi, nonché per la reazione dei farmaci ¾ sinusite: in cui il dolore ha la stessa localizzazione, ma mostra un carattere episodico. Trattamenti Il trattamento della cefalea a grappolo si articola in due fasi. • terapia sintomatica, che mira a interrompere repentinamente l’episodio doloroso • terapia di profilassi, che mira a prevenire i successivi attacchi Il trattamento sintomatico prevede l’assunzione di “triptani” con effetti immediati di sollievo. Risulta ottimo il “sumatriptan” (nella dose di 6 mg somministrati in via sottocutanea o 20 mg in via intranasale) . E’ efficace in pochi minuti nel 95 % dei casi. A causa dell’improvviso e intenso dolore e per il limite della durata, la cefalea a grappolo necessita di un trattamento di efficacia rapida; è dunque preferibile l’assunzione tramite iniezioni sottocutanee piuttosto che per bocca. Sono disponibili anche formulazioni in spray nasale (sconsigliate nei casi in cui si presentino i tipici sintomi di rinorrea o congestione nasale). Anche il Verapamile (un calcio antagonista) dà un ottimo risultato sia sulla celafea cronica che episodica con molto pochi effetti collaterali. L’assunzione è di 360 mg/die per os. 13 Un altro metodo è l’inalazione di ossigeno puro (12 litri al minuto) per 15 minuti. L’efficacia si è rivelata maggiore se l’attacco è all’esordio e se la somministrazione avviene per mezzo di una maschera con “reservoir non rebreathing”. In alcuni casi di cefalea persistente, nonostante le terapie, ci si avvale di cicli di ossigenoterapia iperbarica. L’assunzione di ossigeno puro, difatti, provoca ipocapnia (ridotta concentrazione di anidride carbonica nel sangue), con conseguente vasocostrizione del circolo cerebrale. Anche il litio e dosi appropriate di melatonina aiutano a superare la crisi. È oramai ampiamente dimostrato che ogni intervento farmacologico che si dimostri efficace nell’attenuazione o eliminazione del dolore, cessa – nel caso della cluster – di agire non appena la terapia viene interrotta: e il dolore torna subito a scatenarsi. Questo rende sostanzialmente impossibile trattare la cefalea a grappolo con gli antidolorifici, anche con quei pochi che servono a qualcosa, perché il paziente sarebbe condannato ad assumerli sempre, con effetti devastanti. Adiuvanti non farmacologici Altri rimedi, non strettamente farmacologici, come bere molta acqua, respirare aria fresca, raffreddare il corpo, vengono riportati dai pazienti come efficaci nel superamento dell’attacco. Trattamenti chirurgici Solitamente non necessaria, la scelta dell’intervento chirurgico viene fatta soltanto quando il trattamento farmacologico non ha mostrato i risultati sperati e limitatamente ai casi cronici particolarmente gravi. I pazienti da trattare chirurgicamente devono essere selezionati attentamente e devono rispondere ad alcuni criteri indispensabili: 1. Totale farmacoresistenza (effetti collaterali severi e controindicazioni alle terapie farmacologiche); 2. Cefalea strettamente localizzata allo stesso lato, poiché in quelli che hanno alternanza di lato, vi può essere il rischio di recidiva dopo trattamento chirurgico; 3. Dolore prevalentemente nella regione della branca oftalmica del nervo trigemino; 4. Pazienti con personalità stabile e profilo psicologico con bassa tendenza a somatizzare. Sono in via di affinamento e sperimentazione le tecniche che agiscono: • sul trigemino nella sua componente sensitiva: l’iniezione di anestetici locali, quali la “lidocaina” (4-6%) la cui validità è limitata o “bupivacaina”, nel ganglio 14 sfenopalatino o nel ganglio cigliare, la rizotomia con radiofrequenze del ganglio di Gasser (PRFR) e la rizolisi retrogasseriana percutanea con glicerolo (PRGR) • sul sistema nervoso autonomo parasimpatico: il blocco del ganglio sfenopalatino, del nervo intermedio e del grande nervo petroso • sull’ipotalamo: la stimolazione cerebrale profonda o (DBS) dell’ipotalamo posteriore, tecnica già utilizzata per altre malattie (come il mordo di Parkinson), viene sperimentata anche nella cefalea a grappolo. La metodica prevede l’impianto permanente di vari elettrodi nella parte centrale del cervello, appunto l’ipotalamo (nella sua parte posteriore). I risultati si sono visti in alcuni casi, mentre gli effetti collaterali a lungo termine non si sono riscontrati. • sul nervo occipitale tramite stimolazione: la tecnica consiste nell’impianto di uno stimolatore interno in cui elettrodi cono collegati sui due nervi occipitali. Questa tecnica, meno invasiva della stimolazione dell’ipotalamo, permetterebbe un miglioramento del 60% in media dei pazienti affetti da cefalea a grappolo cronica farmaco-resistente. Rizotomia con radiofrequenza (PRFR) Tale tecnica, introdotta nel 1932 da Kirschner con il nome di elettrocoagulazione, ma poi subito abbandonata per le numerose complicazioni, fu modificata da White e Sweet nel 1986. Si basa sulla dimostrazione che le fibre dolorifiche C, essendo più sottili delle fibre A, deputate alla sensibilità tattile, possono essere distrutte con graduale termolesione, lasciando integra quella della sensibilità tattile. Procedura chirurgica Dopo aver posto il paziente sul tavolo operatorio in posizione supina, in anestesia locale, si introduce una particolare agocannula a 3 cm circa dalla rima labiale, omolateralmente alla sede del dolore, introducendolo per circa 5 cm, sotto continuo controllo fluoroscopico, fino ad oltrepassare il foro ovale egiungere nella cisterna del ganglio del Gasser. Tolto il mandrino dell’ago, si può avere fuoriuscita di liquor dalla cisterna gangliare, si introduce quindi un elettrodo e si pratica una stimolazione: la sensazione di formicolio o di bruciore avvertita dal paziente in corrispondenza della radice stimolata conferma l’esatta posizione dell’ago-cannula. Praticata una breve neuroleptoanalgesia, si effettua la termocoagulazione con una temperatura di circa 70°C per 2 min. circa. I risultati sono incoraggianti: almeno il 75% dei pazienti ottengono risultati da buoni ad eccellenti (3-5). Anche la durata dell’intervento è abbastanza favorevole con un tasso di recidive a lungo termine del solo 20% ed alcuni pazienti rimangono liberi dal dolore anche per 20 anni. 15 I migliori risultati sono stati ottenuti con analgesia importante o ipoalgesia importante. Se il dolore è prevalentemente localizzato all’area orbitaria, retrorbitaria, infraorbitaria o sovraorbitaria, è adeguata una lesione delle branche V1 e V2 del trigemino. Se il dolore coinvolge anche la tempia e l’area dell’orecchio, è necessaria una lesione di V3, perché la tempia e l’orecchio sono innervati dalla branca auricolare del nervo mandibolare. Nell’immediato periodo post-operatorio possono manifestarsi numerose complicanze, relativamente poco rilevanti, che comprendono diplopia transitoria, dolore trafittivo nel territorio di distribuzione del trigemino, difficoltà di masticazione dal lato della lesione e deviazione della mascella. Queste complicanze sono di solito transitorie e di regola vi è un completo recupero. Una complicanza più fastidiosa è l’anestesia dolorosa la cui incidenza è molto bassa (meno del 4%). A causa dell’analgesia corneale indotta dalle radiofrequenze, si devono istruire i pazienti a prestare adeguata attenzione ai loro occhi dopo l’intervento. I pazienti vengono invitati ad indossare occhiali scuri ed a non permettere alla polvere od ad altri corpi estranei di venire a contatto con gli occhi quando si espongono al vento. Inoltre, si consiglia loro di consultare un oculista se vi sono segni di infezione corneale. Le infezioni corneali non trattate possono facilmente determinare opacizzazione corneale a causa dell’assenza di sensibilità della cornea. una Le procedure chirurgiche presentano una notevole difficoltà di esecuzione, che comporta rischi di notevole entità, a volte irreversibili o infausti. In conclusione, il trattamento chirurgico della cefalea a grappolo è l’ultima risorsa e dovrebbe essere limitato a casi di cefalea a grappolo cronica, invalidante e , come già detto, resistente alle terapie farmacologiche. Rizolisi retrogasseriana percutanea con glicerolo (PRGR) Tale metodica consiste nel penetrare nella cisterna del ganglio di Gasser, sempre con la medesima tecnica precedentemente descritta. Per essere certi dell’esatto posizionamento dell’ago cannula si pratica una neurostimolazione e/o si iniettano 0,5 ml di metrizamide visualizzando così alla scopia la cisterna trigeminale. Fatta fuoriuscire la metrizamide si introduce una miscela di glicerolo (0,15-0,20 ml) e liquor nella cisterna avendo cura di lasciare il paziente in posizione semiseduta per due ore circa. 16 In un recente studio (73), l’83% dei pazienti trattati ha ottenuto un miglioramento delle crisi dopo 1-2 iniezioni; i pazienti sono stati seguiti con un follow-up di 5,2 anni e nessuno di essi ha lamentato anestesia corneale o disestesie facciali. Il 39% di questi pazienti ha manifestato una recidiva e ciò ha comportato un secondo intervento. Gli svantaggi delle iniezioni di glicerolo sono: 1) Analgesia incompleta rispetto alle lesioni ottenute con radiofrequenze; 2) Difficile controllo della lesione con il glicerolo, mentre, con le lesioni con radiofrequenze è possibile una distruzione selettiva di V1,V2 o V3; 3) Possibile fuoriuscita di glicerolo dal cavo di Meckel con eventuale meningite chimica. Approccio chirurgico Recentemente la chirurgia con gamma knife è stata utilizzata in pazienti con cefalea a grappolo farmaco-resistente. Il sollievo è stato immediato ed entro una settimana, i pazienti erano liberi dal dolore al follow-up effettuato dopo più di otto mesi. Di questa tecnica non si conoscono al momento la completa efficacia, tollerabilità e durata della procedura. Essendo una procedura non invasiva con meno effetti collaterali della chirurgia ablativa può rappresentare una buona alternativa alle procedure distruttive. Essa non è scevra da rischi in quanto può produrre, se non ben condotta, anche lesioni radionecrotiche. Al contrario la deep brain stimulation rappresenta una metodica meno lesiva e più reversibile. Le procedure chirurgiche presentano una notevole difficoltà di esecuzione, che comporta rischi di notevole entità, a volte irreversibili o infausti. In conclusione, il trattamento chirurgico della cefalea a grappolo è l’ultima risorsa e dovrebbe essere limitato a casi di cefalea a grappolo cronica, invalidante e, come già detto, resistente alle terapie farmacologiche. 17 Il Sistema Nervoso Centrale include il cervello e il midollo spinale ORIGINE DEL SISTEMA NERVOSO La Gastrulazione La Gastrulazione è la prima tappa della morfogenesi del Sistema Nervoso ed ha inizio alla 3a settimana dell’embriogenesi; essa consiste nella trasformazione del disco embrionale che da bilaminare diventa trilaminare e si manifesta con la comparsa della linea primitiva sulla superficie dell’epiblasto del disco embrionale, nella parte caudale dell’embrione. All’inizio della terza settimana compare infatti un ispessimento localizzato caudalmente sulla faccia dorsale dell’epiblasto, che si diparte longitudinalmente lungo la linea mediana. È proprio da questo inspessimento, secondario ad una proliferazione cellulare, che ha origine la linea primitiva. La presenza di questa linea è importante perché permette di identificare l’asse cefalo caudale dell’embrione, le estremità caudale e 18 craniale, le superfici dorsale e ventrale ed i lati destro e sinistro. Durante questo processo di proliferazione delle cellule dell’epiblasto al polo caudale, che vanno a costituire la linea primitiva, si iniziano a formare a livello del polo craniale il nodo primitivo ed il solco primitivo: quest’ultimo si forma per invaginazione delle cellule epiblastiche lungo tutta la linea primitiva. Al termine di questo processo le cellule dell’epiblasto abbandonano il solco primitivo e migrano verso l’endoderma, formando una rete lassa di tessuto connettivo embrionale chiamato mesenchima o mesoblasto. Una parte del mesoblasto forma quindi uno strato chiamato mesoderma intraembrionale, localizzato fra l’endoderma e l’ectoderma; altre cellule epiblastiche partono dalla linea primitiva formando l’endoderma intraembrionale o embrionale. Sotto l’influenza di vari fattori di crescita embrionali (Slaack, 1987;Tabin, 1991) queste cellule mesenchimali o mesoblastiche migrano a grande distanza dalla linea primitiva; esse hanno la potenzialità di proliferare e differenziare in diversi tipi di cellule quali i fibroblasti, i condroblasti e gli osteoblasti. In conclusione il processo di gastrulazione visto fino ad adesso da origine ai tre foglietti germinativi dell’embrione (endoderma, mesoderma ed ectoderma), da cui si formeranno tutti i tessuti ed organi presenti nella vita adulta. A circa metà della terza settimana il mesoderma ha separato completamente l’ectoderma dall’endoderma; nonostante ciò dalla linea primitiva continuano a migrare cellule epiblastiche per andare attivamente a formare il mesoderma fino settimana, all’inizio della 4a successivamente la produzione di mesoderma rallenta ed anche la linea primitiva diminuisce rispetto al resto del corpo, divenendo una struttura ormai insignificante in regione sacro coccigea. 19 Le sole due regioni che non vengono interessate dalla migrazione di queste cellule e quindi dalla formazione del terzo foglietto embrionale sono la regione caudale, ove si localizza la membrana cloacale, corrispondente alla futura posizione dell’ano, e la regione craniale, ove si localizza la membrana orofaringea, poiché l’ectoderma e l’endoderma si sono fusi mantenendo così il disco embrionale bilaminare. Un’altra regione che non viene interessata da questa separazione è il processo notocordale, situato sul piano mediano cefalicamente al nodo primitivo. Il processo notocordale è un cordone cellulare posto sull’asse mediano, derivante dalla migrazione di alcune delle cellule del mosoderma, che partono dalla linea e dalla fossetta primitiva e si dirigono verso la parte cefalica dell’embrione. Questa migrazione si crede sia governata dalla presenza di molecole segnale come il TGF-β (fattore di crescita trasformante–β), l’attivina ed FGF o fattore di crescita dei fibroblasti. Dal processo notocordale, attraverso tutta una serie di passaggi, si sviluppa la notocorda, che avrà un ruolo Embrione di 18 _sezione sagittale importante nelle varie tappe dello sviluppo embrionale, perchè: definirà l’asse primitivo dell’embrione, conferendogli una certa rigidezza; sarà la base per lo sviluppo dello scheletro assile, delle ossa della testa e della colonna vertebrale; indicherà la posizione futura dei corpi vertebrali; insieme al mesoderma parassiale (quella regione di mesoderma localizzata lateralmente alla notocorda) indurrà l’ectoderma sovrastante a differenziarsi nella piastra neurale, una spessa area di ectoderma a forma di “suola” da cui prenderà origine l’intero sistema nervoso Il processo che dal processo notocordale porta alla formazione della notocorda è il seguente: Dal nodo primitivo le cellule ectodermiche si infossano a formare la fossetta primitiva, che si estende nel processo notocordale, approfondendosi sempre di più fino a formare il canale notocordale; Il processo notocordale è ora un tubo cellulare cavo che si estende dalla fossetta primitiva alla piastra precordiale; 20 Successivamente il pavimento del canale notocordale si fonde con il sottostante endoderma del sacco vitellino e gli strati fusi gradualmente degenerano dando luogo alla formazione di aperture che permettono al canale stesso di comunicare con il sacco vitellino; Queste aperture iniziano a confluire ed il pavimento del canale notocordale scompare: ciò che ne rimane è una doccia appiattita, la piastra notocordale; A questo punto, iniziando dall’estremità cefalica dell’embrione, le cellule notocordali proliferano e la piastra notocordale si ripiega per formare la notocorda, di forma cilindrica; La parte prossimale del canale notocordale temporaneamente persiste come canale neuro enterico che stabilisce una temporanea comunicazione tra la cavità amniotica ed il sacco vitellino. Quando si completa lo sviluppo della notocorda, il canale neuroenterico si oblitera; Infine la notocorda si distacca dall’endoderma del sacco vitellino che diviene di nuovo uno strato continuo. Neurulazione: la formazione del tubo neurale La neurulazione è quell’insieme di processi coinvolti nella formazione della piastra neurale, delle pliche neurali e nella chiusura di queste nel tubo neurale, che si completano al termine della 4°settimana di gestazione con la chiusura del neuroporo caudale. Mentre la piastra neurale (con la sua evoluzione in tubo neurale) darà origine al Sistema Nervoso Centrale, comprendente l’encefalo ed il midollo spinale, le creste neurali daranno origine alla maggior parte del Sistema Nervoso Periferico ed al Sistema Nervoso Autonomo, costituendo i gangli craniali, spinali ed autonomi. 21 Consensualmente allo sviluppo della notocorda le cellule ectodermiche limitrofe iniziano a proliferare, formando una piastra allungata detta piastra neurale, che si estende cranialmemnte, fino a raggiungere la membrana buccofaringea ed oltre la notocorda. Al 18° giorno la placca neurale si invagina, formando un solco longitudinale mediano detto doccia neurale, ai lati del quale originano due pliche o creste neurali, che altro non sono che i due rilievi laterali conseguenti al fenomeno di infossamento della placca neurale stessa. Con il passare del tempo le creste neurali divengono sempre più rilevate, avvicinandosi l’una all’altra, fino al raggiungimento del 21°giorno, quando arrivano a toccarsi e fondersi con l’inizio della formazione del tubo neurale, nella regione compresa tra il quarto e il sesto paio di somiti. (I somiti sono dei blocchi di cellule mesodermiche dorsali posti a coppie lungo tutta la notocorda e destinati a diventare le vertebre, le coste, i muscoli ed il derma di ogni singolo segmento della colonna vertebrale.) Le pareti del tubo neurale si ispessiranno per formare il cervello e il midollo spinale: in questo stadio i due terzi 22 craniali della piastra neurale e del tubo, ancora in posizione caudale rispetto al quarto paio di somiti, rappresentano il futuro cervello mentre il terzo caudale rappresenta il futuro midollo spinale. Il processo di fusione delle pliche neurali accennato prima e volto alla formazione del tubo neurale, ha inizio dal centro e procede nella direzione craniale e caudale, chiudendo il lume del tubo neurale o canale neurale, che darà origine al sistema ventricolare del cervello e al canale ependimale nel midollo spinale. Con il passare del tempo questo processo avanza fino a due piccole aree che rimangono aperte a livello delle due estremità finali, il neuroporo craniale o rostrale ed il neuroporo caudale; in questi due punti il canale neurale è in diretta comunicazione con la cavità amniotica: mentre il neuroporo rostrale si chiuderà circa a 25 giorni, il neuroporo caudale lo farà due giorni più tardi. Embrione di 22gg_ sezione trasversale La chiusura dei neuropori coincide con l’instaurarsi della circolazione vascolare sanguina del tubo neurale. Lo sviluppo dell’encefalo La chiusura delle creste neurali e del neoporo rostrale ormai alla fine della quarta settimana da origine all’abbozzo dell’encefalo definitivo, che consta della formazione delle tre vescicole encefaliche primarie: il prosencefalo, il mesencefalo ed il romboencefalo. 23 Durante la quinta settimana da queste tre vescicole primitive, che corrispondono a: Embrione di 28gg.circa- visione schematica laterale mostra le tre vescicole encefaliche primarie Prosencefalo: cervello anteriore; esencefalo: cervello medio; Romboencefalo: cervello posteriore; si svilupperanno ulteriori camere dette vescicole encefaliche secondarie: Telencefalo a partenza dal prosencefalo; Diencefalo a partenza dal prosencefalo; Mesencefalo (che non si divide); Metencefalo a partenza dal rombencefalo; Mielencefalo a partenza dal rombencefalo; 24 fino ad arrivare a 5 vescicole encefaliche secondarie. Durante la quarta settimana l’embrione si ingrandisce e si flette, trascinato dal ripiegamento ventrale del cervello, che forma così la flessura mesencefalica, situata all’altezza del mesencefalo e la flessura cervicale posta a livello del passaggio tra il roboencefalo ed il midollo spinale. Le parte di encefalo compresa fra queste due flessure successivamente si accresce formando la flessura pontina, che si estende i direzione opposta e provoca una assottigliamento del tetto rombencefalico. Arrivato a questo punto il cervello primordiale ha acquisito una struttura simile a quella del midollo spinale, nonostante ciò le flessure cerebrali determineranno un rimodellamento in senso trasversale dell’encefalo a differenti livelli e nella disposizione della sostanza grigia e bianca. Il solco limitante si estende cranialmente alla giunzione del mesencefalo e del Prosencefalo , e le lamine alari e basali sono riconoscibili soltanto nel mesencefalo e nel Rombocefalo. Rombencefalo Il limite tra rombencefalo e midollo spinale inizialmente demarcato dalla flessura cervicale, successivamente diventa arbitrario, essendo definito dal livello della radice superiore del primo nervo cervicale, localizzato caudalmente al foro occipitale. Il romboencefalo è diviso dalla flessura pontina, localizzata nella futura regione del ponte, in una parte caudale il mielencefalo ed una rostrale il mesencefalo, che hanno due destini diversi: mentre il mielencefalo diventerà il midollo allungato o bulbo, il mesencefalo darà origina al ponte ed al cervelletto; infine la cavità del rombencefalo diventerà il quarto ventricolo e il canale centrale nella parte caudale del midollo allungato. Mielencefalo Il mielencefalo costituisce la parte più caudale del romboencefalo o cervello posteriore e somiglia sia come sviluppo che come struttura al midollo spinale. 25 Centralmente vede localizzato il lume del canale centrale, derivante dal canale del tubo neurale, che proseguirà caudalmente con il canale ependimale del midollo spinale; posteriormente presenta quattro nuclei isolati di sostanza grigia, derivanti dalla migrazione dei neuroblasti a partire dalla lamina alare del mielencefalo per arrivare alla zona marginale: il nucleo gracile destro e sinistro, posto più medialmente, ed il nucleo cuneiforme destro e sinistro, che invece è laterale. Questi nuclei di sostanza grigia non sono altro in realtà che il punto di passaggio di una serie di omonimi tratti di fibre nervose provenienti dalla corteccia cerebrale e diretti al midollo spinale, appartenenti ad un sistema di fasci ben più complesso: la via corticospinale o sistema piramidale. Il midollo allungato infatti presenta anteriormente due formazioni nervose denominate piramidi bulbari contenenti dei fasci di fibre cortico spinali che discendono dalla corteccia cerebrale in sviluppo. Infine la parte rostrale del mielencefalo opposta alla flessura pontina è ampia ed appiatattita. Nella sua formazione la flessura pontina determina lo spostamento laterale delle pareti laterali del midollo allungato e l’ulteriore appiattimento della lamina del tetto del quarto ventricolo, fino a conferire alla cavità ventricolare una forma romboidale o a diamante. Questo movimento di lateralizzazione delle pareti laterali del midollo porta le lamine alari a sistemarsi lateralmente a quelle basali, con l’acquisizione definitiva della posizione dei nuclei motori, che si localizzano medialmente a quelli sensitivi: mentre i neuroblasti della lamina basale del midollo si differenzieranno in neuroni motori, quelli della lamina alare si differenzieranno in neuroni sensitivi. 26 Quindi i neuroblasti delle lamine basali si organizzano in tre colonne su ciascun lato del quarto ventricolo, contenenti fasci di fibre nervose a partenza dalla corteccia e diretti in periferia; partendo dalla regione più mediale e spostandosi lateralmente si riconoscono: Via efferente somatica generale, rappresentata dai neuroni del nervo ipoglosso; Via efferente viscerale generale, rappresentata da alcuni neuroni del vago e dei nervi glossofaringei; Via efferente viscerale speciale, rappresentata dai neuroni che innervano i muscoli derivati dagli archi faringei; Invece i neuroblasti delle lamine alari si dividono in due gruppi: alcuni neuroblasti migrano ventralmente e formano i neuroni dei nuclei olivari, mentre altri neuroblasti formano delle fibre nervose che si organizzano in quattro colonne per lato, le quali portano i segnale sensitivo dalla periferia al centro; andando dalla mediale alla laterale, riconosciamo: Via afferente viscerale generale, che riceve impulsi dai visceri; Via afferente viscerale speciale, che riceve le fibre gustative; Via afferente somatica generale, che riceve impulsi provenienti dalla superficie della testa; Via afferente somatica speciale, che riceve impulsi dall’orecchio; Metencefalo Il metencefalo o cervello medio è quella struttura di derivazione neuroectodermica che formerà il ponte ed il cervelletto,mentre la sua cavità darà origine alla parte superiore del quarto ventricolo. Come accade nella parte rostrale del mielencefalo, anche nel mesencefalo la flessura pontina determina uno spostamento delle pareti laterali del quarto ventricolo e sempre similmente a quanto avviene nel mielencefalo, i neuroblasti di ciascuna lamina basale si sviluppano in nuclei motori e si organizzano in tre colonne per lato. I neuroblasti delle lamine alari invece danno origine nella regione dorsale del metencefalo al cervelletto. 27 Esso nasce come due rigonfiamenti cerebellari distinti che si allargano e si fondono nella parte mediana, quindi si accrescono rostralmente e posteriormente oltre il quarto ventricolo, andando a ricoprire il ponte ed il midollo. Nella regione intermedia del mesencefalo invece, i neuroblasti delle lamine alari migrano verso la zona marginale e si differenziano in neuroni della corteccia cerebellare; infine gli altri neuroblasti provenienti da queste lamine danno origine in parte ai nuclei centrali del cervelletto, il più grande dei quali è il nucleo dentato, ed in parte ai nuclei del ponte, alla coclea e ai nuclei sensoriali del nervo trigemino. La struttura del cervelletto riflette il suo sviluppo filogenetico: l’ archicerebello o lobo floculonodulare, la parte filogeneticamente più antica, ha connessioni con l’apparato vestibolare. il paleo cerebello, composto dal verme e dal lobo anteriore, più recente per sviluppo, riceve le informazioni sensoriali provenienti dagli arti. il neocerebello o lobo posteriore, filogeneticamente il più giovane, controlla selettivamente i movimenti degli arti. Oltre al cervelletto il mesencefalo darà origine a partire dallo strato marginale della regione ventrale al ponte, una struttura alla base del cervello composta da una robusta banda di fibre nervose che, attraversando il piano mediano, formano un bordo ispessito sui suoi lati anteriore e laterale; attraverso il ponte passano le fibre nervose che connettono la corteccia cerebrale al midollo spinale. Mesencefalo Il mesencefalo o cervello medio non si divide in vescicole secondarie ne va in contro a tutti quei cambiamenti che caratterizzano invece le altre parti del cervello in via di sviluppo, eccetto che per la parte più caudale del rombencefalo. Nella regione mediana 28 si localizza l’acquedotto cerebrale o la cisterna di Silvio, un canale di connessione posto fra il terzo e il il quarto ventricolo, originante dal canale neurale. I neuroblasti che provengono dalle lamine basali possono dare origine al gruppo dei neuroni del tegmento (nucleo rosso, nucleo del III NC e nucleo del IV NC e nuclei reticolari). Anteriormente nel mesencefalo si localizza la substantia nigra, un largo strato di nuclei neuronai adiacente al peduncolo cerebrale, la cui origine è dibattuta: secondo alcuni infatti originerebbe dalla differenziazione dei neuroblasti della lamina basale, altri affermerebbero invece che derivi dalla migrazione centripeta delle cellule della lamina alare. Anteriormente alla substantia nigra si trovano i peduncoli cerebrali, che si accrescono a partire da fibre nerovose provenienti dal cervello (corticopontine, corticobulbari e corticospinali) e diventano progressivamente più prominenti via via che maggiori gruppi di fibre discendono dalla corteccia cerebrale ed attraversano il mesencefalo in via di sviluppo. Prosencefalo Contemporaneamente alla chiusura del neuroporo rostrale, a livello del prosencefalo compiaono due prominenze laterali, le vescicole ottiche, che daranno origine ai nervi ottici e all’epitelio recettoriale della retina. Contemporaneamente alla chiusura del neuroporo rostrale, a livello del prosencefalo compiaono due prominenze laterali, le vescicole ottiche, che daranno origine ai nervi 29 ottici e all’epitelio recettoriale della retina. Più dorsalmente e rostralmente compaiono poi un altro paio di diverticoli, le vescicole cerebrali o vescicole telencefaliche, che corrispondono ai due emisferi cerebrali primitivi; le loro cavità daranno origine ai ventricoli laterali. Il prosencefalo si divide in una parte rostrale ed anteriore, che prende il nome di telencefalo ed in una parte caudale o posteriore: il diencefalo. Le cavità del telencefalo e del diencefalo contribuiscono alla formazione del terzo ventricolo. Diencefalo Il diencefalo, che è la parte più caudale del prosencefalo o cervello anteriore, vede la formazione di tre rigonfiamenti, localizzati nella parete laterale del terzo ventricolo, che più tardi diverranno l’epitalamo, il talamo e l’ ipotalamo. Queste tre strutture sono separate da una serie di solchi, quali il solco epitalamico, che separa il talamo dall’epitalamo ed il solco ipotalamico, che separa il talamo dall’ipotalamo. Successivamente il solco non si continua con il solco limitante del prosencefalo e non divide le aree sensoriali da quelle motorie. Il talamo sporge sulla cavità del terzo ventricolo, riducendola ad uno stretto solco e si sviluppa rapidamente su ciascun lato fino ad incontrarsi e fondersi medialmente nelle sue componenti destra e sinistra in circa il 70% dei cervelli, formando un ponte di sostanza grigia che attraversa il terzo ventricolo, l’adesione intertalamica L’ipotalamo origina dalla proliferazione dei neuroblasti a livello della zona intermedia della parete diencefalica, ventralmente al solco ipotalamico, comprendendo tutta una serie di nuclei, coinvolti nella regolazione delle attività endocrine e nel mantenimento dell’omeostasi, tra cui i corpi mammillari, due nuclei delle dimensioni di un pisello, localizzati sulla superficie ventrale dell’ipotalamo. 30 L’epitalamo invece origina dal tetto e dalla porzione dorsale della parete di encefalica laterale come due grossi rigonfiamenti, che poi diventano relativamente piccoli. Infine il diencefalo da origine al corpo pineale, che si sviluppa come un diverticolo mediano a partire della regione più caudale del tetto del diencefalo, fino ad assumere la sua struttura definitiva di ghiandola solida a forma di cono, la ghiandola pituitaria o ipofisi. La ghiandola pituitaria o ipofisi ha un’origine in parte ectodermica ed in parte neuroectodermica, perchè si sviluppa da due componenti differenti ►una estroflessione verso l’alto del tetto ectodermico dello stomodeo, che darà origine all’adenoipofisi; ►una estroflessione verso il basso del neuro ectoderma del diencefalo, che darà origine alla neuroipofisi; Questa doppia origine embrionale spiega perché la ghiandola pituitaria sia composta da due tipi di tessuto completamente differenti: DERIVAZIONE NOME DELLA PORZIONE GHIANDOLARE PARTI DELLA PORZIONE GHIANDOLARE Ectoderma della cavità orale (tasca ipofisaria dal tetto dello stomadeo) Pars distalis POSIZIONE DEL LOBO GHIANDOLARE Lobo anteriore Pars tuberalis Adenoipofisi Pars intermedia Neuroectoderma (abbozzo neuro ipofisario dal pavimento del diencefalo) Pars nervosa Neuroipofisi Peduncolo ipofisario Eminenza mediana 31 Lobo posteriore ►l’adenoipofisi, localizzata nel lobo anteriore dell’ipofisi a costituire la parte ghiandolare e formata da una parte anteriore, una intermedia ed una tuberale; ►la neuroipofisi localizzata nel lobo posteriore dell’ipofisi a costituire la parte nervosa; A metà della quarta settimana inizia a formarsi l’abbozzo della adenoipofisi, che nasce dall’estroflessione dal tetto dello stomodeo (adiacente al pavimento del diencefalo) di un diverticolo, la tasca ipofisaria o tasca di Rathke. La connessione del diverticolo con lo stomodeo prende il nome di peduncolo della tasca ipofisaria e passa attraverso i centri di condrificazione delle ossa presfenoide e basi sfenoide del cranio; alla quinta settimana la tasca di Rathke si allunga, avvicinandosi sempre di più all’ infundibulo, il diverticolo ventrale del diencefalo derivato invece dall’abbozzo neuroipofisario. Nel frattempo il peduncolo della tasca ipofisaria si restringe, fino a degenerare durante la sesta settimana, cosicché viene a perdersi la connessione della tasca con la cavità orale. Le cellule della parte anteriore della tasca ipofisaria proliferano attivamente e danno origine alla parte distale della ghiandola pituitaria, riducendo il suo lume ad uno stretto solco residuo, che generalmente non è visibile nell’ipofisi adulta, ma che può essere sede di cisti. Le cellule della parete posteriore della tasca ipofisaria invece non proliferano e danno origine alla parte intermedia sottile e maldefinita. Infine una piccola parte, la parte tuberale, cresce intorno all’infundibolo, quella parte della ghiandola pituitaria che si sviluppa dal neuroectoderma e che darà origine alla neuroipofisi, nelle sue componenti: l’eminenza mediana, il peduncolo infundibolare e la parte nervosa. Mentre all’inizio le pareti dell’infundibolo sono sottili, successivamente la sua terminazione distale si solidifica per la proliferazione delle cellule neuroepiteliali, che poi si differenziano in pituiciti, le cellule primarie del lobo posteriore della ghiandola pituitaria, le quali si relazioneranno con le cellule della neuroglia. 32 Telencefalo Il telencefalo è costituito da: una cavità mediana, che forma la parte più anteriore del terzo ventricolo; due diverticoli laterali, le vescicole cerebrali, che costituiscono i primordi degli emisferi cerebrali; All’inizio le vescicole cerebrali sono in aperta connessione con la cavità del terzo ventricolo interventricolari. attraverso i fori Sulla parete mediale delle vescicole cerebrali si trova una linea, la fessura coroidea, che con lo sviluppo diviene sempre più sottile, prima all’altezza del tetto dell’emisfero, poi a livello del tetto ependimale del terzo ventricolo: in questa zona si forma il plesso coroideo del ventricolo laterale. Quando gli emisferi cerebrali si ingrandiscono, vanno a coprire il diencefalo, il mesencefalo ed il rombencefalo, incontrandosi l’uno con l’altro sulla linea mediana ed appiattendo così le loro superfici mediane, che rimangono però separate da un foglietto di mesenchima ripiegato in due, il quale darà origine alla falce del cervello, una piega mediana di dura madre compreso nella scissura longitudinale tra i due emisferi (Moore,1992). Nella sesta settimana appare il corpo striato, un nucleo neuronale visibile inizialmente come un rigonfiamento prominente sul pavimento di ciascun emisfero cerebrale, che poi si allarga più lentamente per la proliferazione delle cellule nervose e modifica l’assetto cerebrale, conferendo ai due emisferi e ai due ventricoli laterali, ripieni di liquido cefalorachidiano, la forma di una C. Successivamente l’estremità caudale di ciascun emisfero cerebrale ruota ventralmente e poi rostralmente, formando il lobo temporale, il corno temporale o terzo ventricolo e con esso la fessura coroidea; proprio lungo questa fessura della 33 pia madre si invagina la sottile parete mediana dell’emisfero, formando così il plesso coroideo del corno temporale. Parallelamente alla differenziazione della corteccia cerebrale, essa è attraversata nei due sensi da un fascio di fibre a forma di C, che prende il nome di capsula interna e che passando per il corpo striato lo divide in due nuclei: il nucleo caudato ed il nucleo lenticolare; anche il nucleo caudato prende la forma di una C, in conformità al profilo del ventricolo laterale, ma la sua testa a forma di pera ed il suo corpo allungato giacciono sul pavimento del corno frontale e del corpo del ventricolo laterale, mentre la sua parte terminale prende la forma di una “U” per raggiungere il tetto del corno temporale o corno inferiore. Commissure cerebrali Le commissure cerebrali costituiscono le vie naturali di passaggio da un emisfero all’altro, perché connettono tra di loro gli emisferi cerebrali. La loro comparsa si osserva durante il periodo di sviluppo della corteccia cerebrale e le più importanti si incrociano in corrispondenza della lamina terminale, corrispondente all’estremità rostrale del prosencefalo, che si estende dalla lamina del tetto del diencefalo al chiasma ottico. Le commessure cerebrali sono tre: la commissura anteriore, la commissura dell’ippocampo ed il corpo calloso. Le prime commissure a formarsi sono la commissura anteriore e la commissura dell’ippocampo, piccoli fasci di fibre che connettono filogeneticamente le parti più antiche del cervello: 34 La commissura anteriore connette il bulbo olfattorio e le aree relative di un emisfero con quello della regione opposta La commissura dell’ipocampo connette le formazioni dello ippocampo (Haines, 1997). La commissura cerebrale più grande connette le aree neocorticali e prende il nome di corpo calloso, il quale inizialmente si trova nella lamina terminale, ma che con l’ingrandirsi della corteccia aumenta sempre più di volume, estendendosi gradualmente anche oltre la lamina terminale. Alla nascita del corpo calloso si estende sopra il tetto del diencefalo. Il resto della lamina terminale, che si trova tra il corpo calloso ed il fornice, diventa stirata e forma il setto pellucido, una sottile lamina di tessuto cerebrale (Koshi, 1997). Nella parte ventrale della lamina terminale si sviluppa un incrocio di fibre provenienti dalla metà centrale della retina, dirette al tratto ottico del lato opposto, che prende il nome di chiasma ottico. Considerando lo sviluppo dell’encefalo nella sua interezza possiamo notare che mentre inizialmente le pareti degli emisferi cerebrali mantengono l’organizzazione del tubo neurale, in quanto sono divise nelle tre tipiche zone:ventrale, intermedia e marginale. Più tardi nello sviluppo appare una quarta zona, la zona subventricolare; le cellule provenienti dalla zona intermedia migrano nella zona marginale, dando origine agli strati corticali: per questo motivo la sostanza grigia (composta dagli strati corticali) si localizza in periferia, mentre gli assoni dei suoi corpi cellulari passano centralmente e formano un grosso volume di sostanza bianca, il centro midollare. Inizialmente inoltre la superficie degli emisferi è liscia, mentre poi durante lo sviluppo si formano delle scissure (docce o solchi) e delle circonvoluzioni (giri o elevazioni), che permettono un considerevole aumento della superficie corticale senza la necessità di un consensuale aumento del volume della scatola cranica. 35 Infine mentre crescono gli emisferi cerebrali, la corteccia che ricopre la superficie esterne del corpo striato cresce con una velocità relativa inferiore, quindi viene rapidamente ricoperta dal tessuto cerebrale emisferico fino a diventare una isola di corteccia infossata, nascosta nel fondo del solco laterale dell’emisfero cerebrale, chiamata appunto insula. 36 37 I° SETTIMANA II° SETTIMANA III° SETTIMANA IV°‐VIII° SETTIMANA GAMETOGENESI: Rapido accrescimento e differenzazione del trofoblasto. Cambiamenti fondamentali La formazione dellla piastra neurale è indotta dalla Dai tre foglietti germinativi si formano tutti i principali organi e sistemi del corpo. Ovociti-Ovaio (ovogenisi)ovociti nell’ampolla uterina Spermatozoi-tubuli seminiferi(spermatogenesi) conservati nell’epididimo Pronucleo femminile, nucleo ovocito maturo Pronucleo maschile, la testa si separa dalla coda e si ingrandisce Fecondazione completata quando mescolamento dei cromosomi paterni-materni divisione mitotica dello zigote cellula primordio dell’essere umano Segmentazione cellule più piccole dette blastomeri Tre giorni dopo origine della Morula si forma una cavitàche la trasforma in una Blastocisti : > embrioblasto da cui l’origine dell’embrione > cavità della blastocisti liquido > trofoblasto strato esterno delle cellule parte fetale della placenta 4-5 giorni la zona Pellucida è rimossa. Trofoblasto vicino al polo embrionale si differenzia in due strati: > esterno : sincizio trofoblasto > interno: citotrofoblasto Questi processi avvengono mentre la blastocisti completa il suo impianto nell’endometrio. I vari cambiamenti dell’endometrio, che derivano dall’adattamento di questi tessuti all’impianto, sono noti come reazione deciduale. Contemporaneamente si forma il sacco vitellino primario ed origina il mesoderma extraembrionale dall’endoderma del sacco vitellino. Il celo extraembrionale si origina dagli spazi che si formano nel mesoderma extraembrionale. Il mesoderma extraembrionale successivamente diviene la cavità corionica. Il sacco vitellino primario diviene più piccolo e sparisce gradualmente, mentre si sviluppa il sacco vitellino secondario o definitivo. Mentre avvengono questi cambiamenti: > appare la cavità amniotica, come uno spazio tra il citotrofoblasto e la massa cellulare interna o embrioblasto; > la massa cellulare interna di differenzia in un disco embrionale bilaminare, costituito di epiblasto, in rapporto con la cavità amniotica, ed ipoblasto , adiacente alla cavità della blastocisti. > la piastra precordale si sviluppa come un ispessimento localizzato dell’ipoblasto (endoderma primario), che indica la futura regione craniale dell’embrione e la futura sede della bocca. La piastra precordiale è anche un importante organizzatore della regione della testa. avvengono nell’embrione quando il disco embrionale bi laminare si trasforma in disco embrionale trilaminare durante la GASTRULAZIONE. Questi cambiamenti hanno inizio con la comparsa della linea primitiva. LINEA PRIMITIVA Appare all’inizio della 3a settimana come un ispessimento localizzato dell’epiblasto nell’estremità caudale del disco embrionale. La linea primitiva si origina Dalla migrazione di cellule epiblastiche verso il piano mediano del disco embrionale. L’invaginazione delle cellule epiblastiche dalla linea primitiva dà origine a cellule mesenchimali che migrano ventralmente, medialmente e cranialmente tra l’epiblasto e l’ipoblasto. Appena la linea primitiva incomincia a produrre cellule mesenchimali, l’epiblasto viene nominato ectoderma embrionale. Alcune cellule dell’epiblasto spostano l’ipoblasto e formano l’endoderma embrionale. Le cellule mesenchimali prodotte dalla linea primitiva si organizzano subito a formare il terzo foglietto, il mesoderma intraembrionale. Cellule del mesoderma intraembrionale migrano ai bordi del disco embrionale, dove si congiungono con il mesoderma extraembrionale che copre l’amnios ed il sacco vitellino. Entro la fine della 3a settimana il mesoderma è disposto tra ectoderma ed endoderma ovunque eccetto che a livello della membrana buccofaringea, nel piano mediano occupato dalla nota corda e nella membrana cloacale. NOTO CORDA All’inizio della 3a settimana, le cellule mesenchimali che si originano dalla linea primitiva formano il processo notocordale che si estende che si estende cranialmente dal nodo primitivo come una bacchetta di cellule tra l’ectoderma e l’endoderma embrionali. TUBO NEURALE La piastra neurale appare come un ispessimento dell’ectoderma embrionale, cranialmente al nodo primitivo. 38 notocorda in sviluppo. Nella piastra neurale si sviluppa un solco (doccia) neurale longitudinale, fiancheggiato dalle pliche neurali. Il tubo neurale, il primo abbozzo del SNC, si forma dalla fusione delle pliche. Il processo di formazione della piastra neurale e la sua invaginazione a formare il tubo neurale è chiamato neurulazione. CRESTA NEURALE Mentre le pliche si fondono formando il tubo neurale, le cellule del neuroectoderma migrano dorsalmente a formare una cresta neurale tra l’ectoderma e il tubo neurale. La cresta neurale si divide per formare due masse cellulari che danno origine ai gangli sensoriali dei nervi cranici e spinali. Altre cellule delle creste neurali migrano dal tubo neurale e danno origine ad altre strutture come ad esempio la retina. SOMITI Il mesoderma su ciascun lato della notocorda si ispessisce formando due colonne longitudinali di mesoderma parassiale. La suddivisione di queste due colonne parassiali in coppie di somiti, inizia cranialmente dalla fine della 3a settimana. I somiti sono degli aggregati compatti di cellule mesenchimali dai quali le cellule migrano per dare origine alle vertebre, alle costole ed alla muscolatura assiale. Durante la 3a settimana il numero dei somiti presenti è un indicatore dell’età dell’ambrione. CELOMA INTRAEMBRIONALE Il celoma (la cavità del corpo) intraembrionale si origina come spazi isolati o vescicole nel mesoderma laterale e nel mesoderma cardiogenico. Le vescicole celomatiche successivamente confluiscono formando una singola caità a forma di cavallo, che infine dà origine alle cavità del corpo, come ad esempio la cavità peritoneale. All’inizio della 4a settimana i ripiegamenti nei piani mediano e laterale trasformano il disco embrionale trilaminare piattoin un embrione cilindrico a forma di “C”. La formazione della testa, della coda e delle pliche laterali è una sequenza continua di eventi che esita nella formazione di una costrizione tra embrione e sacco vitellino. Durante il ripiegamento il sacco vitellino rivestito di endoderma è incorporato nell’embrione e dà origine all’intestino primitivo (anteriore, medio e posteriore). Mentre la testa si flette ventralmente, parte del foglietto endodermico viene incorporata nella testa dell’embrione in sviluppo e costituisce una parte dell’intestino anteriore. Mentre la regione caudale si flette ventralmente parte del foglietto germinativo endodermico è incorporata nell’estremità caudale dell’embrione come intestino posteriore. La parte terminale dell’intestino si espande a formare la cloaca. Il ripiegamento della regione caudale provoca lo spostamento sulla superficie ventrale dell’embrioneanche della membrana cloacale,dell’atlantoide e del peduncolo di connessione. Il sacco vitellino connesso all’intestino medio mediante il peduncolo vitellino. I tre foglietti germinativi differenziano in vari tessuti ed organi ed entro la fine del poeriodo embrionali si sono formati abbozzi di tutti i principali apparati. L’apsetto esterno dell’embrione è fortemente influenzato dalla formazione del cervello, cuore, fegato, somiti arti orecchie, naso ed occhi. Entro la fine dell’ 8a settimana assume caratteristiche umane. dal punto di vista anatomico l'encefalo è costituito dal prosencefalo (o cervello), dal tronco encefalico (mesencefalo, ponte e bulbo) e dal cervelletto. Il sistema nervoso centrale (SNC) o nevrasse è quella parte del sistema nervoso gerarchizzato dei bilateri che elabora gli stimoli provenienti dal sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale può essere diviso in due parti essenziali: L'encefalo e il midollo spinale. Questa divisione ha valore sia per l'uomo che per altri mammiferi, anche se l'uomo ha il cervello più sviluppato a parità di peso corporeo. L'encefalo è racchiuso dentro la scatola cranica mentre il midollo spinale è contenuto nel canale vertebrale. L'encefalo a sua volta si può dividere in tre parti definite rispettivamente: 1. il Prosencefalo cervello propriamente detto, che contiene il diencefalo (cui appartengono l'ipotalamo, l'ipofisi il talamo e l'epitalamo) e il telencefalo (cui appartengono gli emisferi cerebrali, che sono costituiti dalla corteccia cerebrale, l'ippocampo e le strutture comuni ai due emisferi, il corpo calloso, il fornice, la commissura anteriore, il setto pellucido); 2. il mesencefalo (cui appartengono i peduncoli cerebrali e la lamina quadrigemina); 39 3. il romboencefalo (cui appartengono il cervelletto, il ponte di Varolio e il bulbo). Dall'indietro in avanti si distinguono i lobi occipitali, i lobi parietali, i lobi temporali e i grossi lobi frontali che da soli rappresentano un terzo del telencefalo. Due profonde scissure delimitano da un lato i lobi parietali dai lobi temporali, dall'altro li separano dal lobo frontale. L'encefalo è situato nella scatola cranica avvolto fra le meningi, le quali, al loro interno, contengono un liquido protettivo, il liquido cefalorachidiano o liquor. Il midollo spinale a sua volta si divide in diverse parti: cervicale, toracico, lombare e sacrale. Sostanza bianca e sostanza grigia Il cervello è diviso in due metà (emisferi) da un solco: abbiamo così emisfero destro ed emisfero sinistro. La sostanza grigia è l'insieme dei corpi dei neuroni, dai quali originano le fibre nervose. Queste fibre determinano la sostanza bianca, che è composta dai cordoni di fibre nervose. Encefalo Con un peso di 1,3-1,5 kg, l'encefalo, dopo il fegato, è l'organo più pesante del corpo. A riposo viene utilizzata fino al 25% dell'energia metabolica per rifornire l'encefalo. La parte più antica dell'encefalo è il midollo allungato o bulbo, la cui struttura ricorda ancora la suddivisione metamerica del midollo spinale. Attraverso confini ben definiti, esso passa nel ponte che presenta connessioni importanti con il cervelletto. Il cervelletto, dopo il cosiddetto "cervello" costituito da diencefalo e telencefalo, è la parte che occupa maggiore spazio all'interno della scatola cranica. Il cervelletto è appoggiato sul midollo allungato e sul ponte. I neuroni 40 Seppur con le dovute eccezioni, il corpo cellulare (soma) assomiglia ad ogni altra cellula "standard" dell'organismo. Spesso di forma sferica (gangli sensitivi), piramidale (corteccia cerebrale) o stellata (motoneuroni), il corpo cellulare contiene il nucleo e tutti gli organelli necessari per la sintesi degli enzimi e delle altre molecole essenziali per la vita della cellula. Particolarmente sviluppati sono il reticolo endoplasmatico rugoso [le membrane del R.E. riprendono la struttura tridimensionale della membrana citoplasmatica; esse sono sempre doppie, in modo da determinare delle cavità più o meno grandi (cisterne, tubuli)]. Il reticolo ergastoplasmatico può essere ricoperto da ribosomi (ed allora si chiama rugoso o granulare), oppure liscio (o agranulare). Nel primo caso il reticolo è legato soprattutto alla sintesi proteica. È ricco di ribosomi (piccole particelle, composte da RNA e proteine) che si organizzano in aggregati detti Corpi di Nissl o sostanza tigroide e l'apparato del Golgi; abbondanti sono anche i mitocondri. La posizione del soma varia da neurone a neurone, spesso è centrale e solitamente ha dimensioni contenute, anche se non mancano le eccezioni. Un neurone tipico possiede un corpo cellulare, o soma, molte diramazioni, dendriti sensoriali e un lungo assone che termina in una o più stazioni sinaptiche. A livello di ciascuna sinapsi il neurone è in rapporto con altre cellule. I miliardi di neuroni del sistema nervoso presentano notevoli diversità strutturali: i neuroni anassonici si trovano nel sistema nervoso centrale (SNC) ed in particolari organi di senso ma la loro fisiologia non è molto chiara; il neurone unipolare , i suoi processi dendritici e assonali sono continui e il soma giace da una parte. I neuroni sensitivi del 41 sistema nervoso periferico sono di solito unipolari; i neuroni bipolari hanno un assone e un dendrite con il soma intercalato. I neuroni bipolari sono relativamente rari ma importanti componenti del SNC e di particolari organi di senso quali occhio e orecchio; i neuroni multipolari possiedono diversi dendriti e un singolo assone che può avere uno o più collaterali. I neuroni multipolari sono relativamente frequenti nel SNC. Per esempio tutti i motoneuroni che controllano i muscoli scheletrici sono multipolari. sono quattro cavità comunicanti, contenute all'interno dell'encefalo. Per "cervello" si può intendere l'insieme delle parti del sistema nervoso contenute nella scatola cranica che in campo scientifico è l'insieme di telencefalo e diencefalo identificato come Prosencefalo. I ventricoli cerebrali rappresentano, a livello encefalico il residuo del lume del primitivo tubo neurale. Di forma cilindrica e munita di cavità centrale, il tubo neurale deriva da una regione ispessita dell' ectoderma, la piastra neurale, attraverso un processo detto neurulazione (al 18° giorno circa). Il primo e secondo ventricolo, detti ventricoli laterali, sono contenuti all'interno degli emisferi cerebrali; il terzo ventricolo, impari e mediano, è contenuto nel diencefalo; il quarto ventricolo nel romboencefalo. I ventricoli sono in comunicazione fra loro: i due laterali comunicano con il terzo attraverso i forami interventricolari di Monro. Il quarto ventricolo comunica con il terzo attraverso il l'acquedotto mesencefalico del Silvio. In essi viene prodotto e circola il liquido cerebrospinale. Il liquido cefalorachidiano (denominato anche liquor o liquido cerebro spinale, con acronimo LCS) è un fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale e ha, tra le varie funzioni, quella di ridurre il peso dell’ encefalo di consentirne la perfusione a pressioni costanti, trovandosi al di sopra della pompa cardiaca. 42 È definito anche acqua di rocca o di roccia, perché, assolutamente limpido, zampilla alla puntura lombare. Si trova nello spazio subaracnoideo, tra l'aracnoide e la pia madre, permea la corteccia cerebrale, il midollo spinale, i globi oculari, ma occupa anche gli spazi "interni" all'SNC, quali le cisterne, i ventricoli cerebrali e il canale midollare. È prodotto a livello dei plessi corioidei (nei ventricoli cerebrali) e si porta nello spazio subaracnoideo attraverso fori detti del Luschka e del Magendie. È prodotto per dialisi del plasma effettuato da cellule ependimali. La produzione è di tipo attivo (non dipende da pressione arteriosa) e di circa 500ml al dì con un ricambio di tre volte al giorno. È presente in quantità che variano da 60 a 200ml. I valori normali per il peso specifico del liquor sono compresi tra 1001 e 1010, quelli pressori corrispondono a 16-20 mmHg (nel neonato i valori sono più bassi), mentre il pH è lievemente alcalino, tra 7.5 e 8. Il liquor normale contiene piccolissime quantità di proteine (10-20 mg/dL) con prevalenza di albumina, e una quota di glucosio di norma inferiore del 10-20% a quella plasmatica. Anche quando lasciato riposare in provetta, il liquor normale non mostra la 43 presenza di alcun sedimento; contiene 0-8 elementi cellulari/mmc, rappresentati da leucociti. 44 45 Questo viene prodotto per secrezione dai plessi corioidei, può avere anche un'origine extracorioidea. I plessi corioidei sono il risultato dell'invaginarsi dell'ependima nelle cavità ventricolari a livello delle tele corioidee. Le cellule dell'epitelio corioideo sono provviste di microvilli al fine di aumentare la superficie di secrezione. Il liquido dal quarto ventricolo si riversa nello spazio subaracnoideo attraverso fori: foro di Magendie e forami di Luschka. Le granulazioni aracnoidee, inoltre, a livello soprattutto del seno sagittale superiore, assicurano il riassorbimento del liquor al fine di garantire il mantenimento della quantità e della pressione. Il liquido cefalorachidiano non contiene proteine e ha una concentrazione minore di potassio e amminoacidi rispetto al plasma. È prodotto dagli ependimociti del tessuto ependimale atipico dei plessi corioidei (detti taniciti), nei ventricoli cerebrali, e viene riassorbito dalle granulazioni aracnoidali della già menzionata membrana aracnoide. è una ghiandola endocrina (è una ghiandola di origine epiteliale che secerne ormoni) delle dimensioni di una nocciola, sporge all'estremità posteriore del 3° ventricolo. L'epitalamo è formato da: stria midollare, trigono dell'abenula, epifisi, commessura posteriore. Corrisponde alla parte posteriore della volta del 46 terzo ventricolo. L’epifisi appartiene all'epitalamo ed è collegata mediante alcuni fasci nervosi pari e simmetrici (peduncoli epifisari), alle circostanti parti nervose. Questa ghiandola endocrina è situata alla base del cranio all'interno della sella turcica, porzione dell'osso sfenoide ed in prossimità del chiasma ottico. L'ipofisi è di dimensioni piuttosto piccole con un peso non superiore a 0.9 g. È separata dall’encefalo da una porzione della dura madre che la sovrasta ad ombrello e attraverso un peduncolo vascolo-nervoso comunica con l'ipotalamo, quest'ultimo regola attraverso altre sostanze ormonali l'ipofisi stessa. Intorno alla sella turcica si trovano i seni cavernosi da cui defluiscono le carotidi interne e i nervi cranici III (oculomotore), IV (trocleare), V (trigemino) e VI abducente); il nervo trigemino è il V° paio di nervi cranici. È un nervo misto somatico costituito prevalentemente da fibre sensitive somatiche e da un piccolo contingente di fibre motorie. 47 Queste componenti emergono direttamente dal nevrasse come due radici distinti: la radice sensitiva, più voluminosa, mette capo al ganglio semilunare del Gasser ; la radice motrice, più piccola, passa al di sotto del ganglio medesimo e si unisce alla terza branca trigeminale. • La componente sensitiva accoglie stimoli riguardanti la sensibilità esterocettiva e propriocettiva della testa, faccia, meningi, denti e lingua. • La componente motrice innerva i muscoli masticatori (muscolo temporale, muscolo massetere, muscolo petigoideo interno esterno, il muscolo milo‐ioideo, il ventre anteriore del muscolo digastrico, il muscolo tensore del velo palatino e tensore dell’ugola. • Il Decorso Il nervo trigemino emerge dalla faccia anteriore del ponte (origine apparente), lateralmente, vicino al peduncolo cerebellare medio. La radice sensitiva è più voluminosa e appiattita ed è posta lateralmente; la radice motrice, piccola e cilindrica, si pone medialmente. Le due radici, dirette in avanti e in alto, superano l'apice della rocca petrosa dell’ osso temporale, perforano la dura madre ed entrano nella cavità del Meckel della dura madre. La radice sensitiva penetra nella concavità della faccia posteriore mentre la radice motrice, passando al di sotto del ganglio medesimo, si unisce alla terza branca trigeminale. 48 Nervo oftalmico Il nervo oftalmico è un nervo sensitivo e rappresenta la branca di minore dimensione del nervo trigemino. Emerge dal margine anteriore convesso del ganglio semilunare del Gasser, in posizione mediale. Decorre con direzione anteriore, inizialmente accolto in un prolungamento della cavità del Meckel della e, successivamente, nella parete laterale del seno cavernoso della dura madre, dove è localizzato al di sotto del nervo trocleare, il quarto nervo cranico. Raggiunge la fessura orbitale superiore dello sfenoide, dove si divide nei suoi rami terminali: • nervo naso-ciliare • nervo frontale • nervo lacrimale Nervo naso-ciliare origina dal nervo oftalmico in corrispondenza della fessura orbitale superiore dello sfenoide, che poi attraversa all'interno dell'anello tendineo comune dei muscoli dell'occhio. All'interno della cavità orbitale si dispone dapprima lateralmente al nervo ottico. Incrocia quest'ultimo superiormente, disponendovisi sul lato mediale. Decorre con direzione anteriore fino all'apertura orbitaria, dove si risolve nei suoi rami terminali: • il nervo infratrocleare continua la direzione del nervo naso-ciliare e si porta sotto la troclea del muscolo obliquo superiore dell'occhio, dove riceve un ramo dal nervo sovratroclare del nervo frontale e si risolve in rami terminali che si distribuiscono al sacco lacrimale, al canale naso-lacrimale, ai condotti lacrimale e alla metà mediale della palpebra superiore. 49 • il nervo etmoidale anteriore penetra nel canale etmoidale anteriore, tramite il quale raggiunge la fossa cranica anteriore. Si dispone al di sopra della lamina cribrosa dell'etmoide, ricoperto dalla dura madre. Tramite i forellini della lamina cribrosa etmoidale raggiunge la fossa nasale, al cui livello si divide nei rami nasali interni per la tonaca mucosa della parte anteriore delle pareti nasali media e laterale, e ramo nasale esterno che, discendendo lungo la faccia posteriore dell'osso nasale raggiunge la cute della ala del naso alla quale si distribuisce. Nervo frontale È il ramo più voluminoso del nervo oftalmico. Entra nella cavità orbitaria, dove si dispone sulla parete superiore, tramite la fessura orbitaria superiore dello sfenoide al di fuori dell'anello tendineo comune dei muscoli dell'occhio. I rami terminali sono: • il nervo sopratrocleare si porta sopra la troclea del muscolo obliquo superiore dell'occhio fornendo un piccolo ramo per il nervo infratrocleare del naso-ciliare, esce dalla cavità orbitale e termina dividendosi in rami laterali per la palpebra superiore e rami mediali per la cute della radice del naso e della glabella. • il nervo frontale esce dalla cavità orbitale circondando il margine sopraorbitale dell'osso frontale. Diretto in alto, si distribuisce alla cute della fronte e alla metà mediale della palpebra superiore. • il nervo sopraorbitale fuoriesce dalla cavità orbitale impegnando l'incisura sopraorbitale del margine sopraorbitale dell'osso frontale. Si divide in due rami che si distribuisono alla cute della fronte e al cuoio capelluto. Invia inoltre rami per la cute e la congiuntiva della parte media della palpebra superiore e rami per la tonaca mucosa del seno frontale. Nervo lacrimale È il minore dei rami terminali del nervo oftalmico. Penetra nella fessura orbitale superiore dello sfenoide fuori dall'anello tendineo comune dei muscoli dell'occhio. Decorre in direzione anteriore lungo la parete anteriore della cavità orbitale. Reca fibre postgangliari parasimpatiche del ganglio sfeno-palatino (del Meckel) ricevute tramite anastomosi dal nervo zigomatico alla ghiandola lacrimale. Nervo mascellare È un nervo sensitivo, più voluminoso del nervo oftalmico. Con direzione posteroanteriore, il nervo mascellare si immette in un prolungamento della cavità di Meckel della dura madre. 50 Raggiunge la fossa pterigo-mascellare impegnando il foro rotondo dello sfenoide. Al di fuori del cranio si dirige anteriormente, raggiunge la fessura orbitale inferiore e, entrato nella cavità orbitale, si dispone nella parete inferiore. Nervo mandibolare È la maggiore delle tre branche del nervo trigemino. È un nervo misto. Origina dal margine anteriore del ganglio semilunare del Gasser, lateralmente rispetto al nervo oftalmico e al nervo mascellare, e si completa con l'unione della radice motrice del nervo trigemino. Percorre un diverticolo della cavità del Meckel fino a raggiungere il foro ovale dello sfenoide, grazie al quale raggiunge la fossa infratemporale. Nella stessa fossa infratemporale fornisce un ramo collaterale, il nervo spinoso, che, attraversando il foro spinoso dello sfenoide, raggiunge e si distribuisce alla dura madre e si divide in due tronchi: • il tronco anteriore o anterolaterale, prevalentemente motore, si scompone nei nervi temporo-buccinatore, temporale profondo medio, temporo-masseterino e pterigoideo esterno. • il tronco posteriore o posterolaterale, prevalentemente sensitivo, si scompone nei nervi auricolo-temporale, linguale, alveolare inferiore, pterigoideo interno, del muscolo tensore del velo palatino e del muscolo tensore del timpano. 51 52 Il SNC non è solo in grado di raccogliere e trasmettere informazioni, ma anche di integrarle Ogni espressione della nostra personalità, ossia pensieri, speranze, sogni, desideri, emozioni, sono funzioni del sistema nervoso. Il sistema nervoso è, per così dire, l'hardware attraverso il quale sperimentiamo noi stessi, in quanto individui inconfondibili, e per mezzo del quale interagiamo con l'ambiente che ci circonda. Come un computer, il nostro sistema nervoso analizza dati che provengono da diversi luoghi e distribuisce informazioni a molte sedi remote. Anche il computer più sofisticato non può vantare l'incredibile complessità di circuiti, di correlazioni, di centri di elaborazione e di vie di informazione posseduta dal sistema nervoso umano. Il sistema nervoso è la sede dell'assunzione, elaborazione e trasmissione delle informazioni relative a tutto il corpo umano, in altre parole è il sistema di regolazione delle funzioni corporee. Il sistema nervoso comprende tutto il tessuto nervoso del nostro organismo. Il tessuto nervoso trasporta informazioni ed istruzioni da una regione del corpo ad un'altra. Le funzioni del sistema nervoso comprendono: ¾ ¾ ¾ ¾ fornire sensazioni sull'ambiente interno ed esterno; integrare le informazioni sensoriali; coordinare le attività volontarie e involontarie; regolare e controllare le strutture e gli apparati periferici. 52 Il tessuto nervoso comprende due distinte popolazioni cellulari: le cellule nervose o neuroni e le cellule di sostegno o neuroglia. Le cellule di sostegno isolano i neuroni e forniscono una rete di sostegno; sono più numerose dei neuroni e costituiscono circa la metà del volume del sistema nervoso. I neuroni sono invece i responsabili del trasferimento e dell'elaborazione delle informazioni nel sistema nervoso. Ogni neurone deve adempiere cinque funzioni fondamentali: ¾ ricevere informazioni (input) altri neuroni; dall'ambiente esterno o interno, oppure da ¾ integrare le informazioni ricevute e produrre un'adeguata risposta in forma di segnale (output); ¾ condurre il segnale al suo terminale di uscita; ¾ trasmettere il segnale ad altre cellule nervose, ghiandole o muscoli; ¾ coordinare le proprie attività metaboliche, mantenendo l'integrità della cellula. Ecco ora una spiegazione sulle varie parti costituenti il neurone: Sono ramificazioni che si estendono dal corpo della cellula nervosa, specializzati nel rispondere ai segnali provenienti da altri neuroni o dall'ambiente esterno. La loro forma ramificata offre un'ampia superficie alla ricezione dei segnali. 53 I dendriti dei neuroni sensoriali sono dotati di speciali adattamenti della membrana che consentono loro di rispondere a stimoli ambientali specifici come la pressione, gli odori, la luce o il calore. Nei neuroni del cervello e del midollo spinale, i dendriti rispondono ai neurotrasmettitori chimici liberati da altri neuroni. Essi sono dotati di recettori proteici di membrana che si legano a neurotrasmettitori specifici e inviano, come risultato di quel legame, segnali elettrici. (corpo cellulare) Assicura le funzioni vitali del neurone e integra i segnali elettrici provenienti dai dendriti. Viaggiando lungo i dendriti, i segnali confluiscono al corpo cellulare del neurone che, comportandosi come un centro di integrazione, li “interpreta" e "decide" se produrre un potenziale d'azione, il segnale elettrico di uscita (output) del neurone. Provvisto dell'assortimento di organuli simile a quello di qualsiasi altra cellula, il corpo cellulare sintetizza anche proteine, lipidi e carboidrati, e coordina inoltre le attività metaboliche della cellula. Trasporta a destinazione i segnali elettrici generati dal corpo cellulare. In un neurone tipico, l'assone, che è una fibra lunga e sottile, si protende dal corpo cellulare, facendo del neurone la cellula più lunga del corpo umano. Singoli assoni, per esempio, si estendono dal midollo spinale alle dita dei piedi, coprendo una distanza 54 superiore a un metro. Gli assoni costituiscono le linee di distribuzione lungo le quali si propagano i potenziali d'azione in direzione centrifuga verso le estremità del neurone. Come i trefoli di fili ritorti di un cavo elettrico, gli assoni sono per lo più avvolti in un fascio di nervi. A differenza dei cavi per il trasporto dell'elettricità, in cui si verifica una dissipazione di energia nel tragitto tra la centrale e l'utente, la membrana plasmatica degli assoni riesce a far pervenire alle estremità del neurone potenziali d'azione di intensità immutata. Comunicano con altri neuroni, muscoli e ghiandole. I segnali vengono trasmessi ad altre cellule a livello dei terminali sinaptici, che appaiono come rigonfiamenti delle estremità ramificate degli assoni. La maggior parte dei terminali sinaptici contiene una sostanza chimica specifica, detta neurotrasmettitore, che viene liberata in risposta a un potenziale d'azione che percorre l'assone. I terminali sinaptici di un neurone possono comunicare con una ghiandola, con un muscolo con dendriti o con un corpo cellulare di un secondo neurone, in modo che il segnale in uscita (output) della prima cellula diventi segnale in entrata (input) per la seconda. È un insieme di liquido circolante che assieme al sangue permette di controllare le modificazioni dell'ambiente interno. Per esempio le modificazioni di CO2 del liquor fanno scattare risposte automatiche dei centri respiratori del tronco cerebrale che a loro volta regolano il rifornimento di O2 ed il pH del corpo. 55 Circola nelle cavità del SNC (ventricoli) e nello spazio subaracnoideo. Fisiologia Il fluido cerebrospinale occupa anche il sistema ventricolare del cervello ed il canale midollare del midollo spinale. È un primo esempio della separazione delle funzioni cerebrali da quelle del resto del corpo, dal momento che tutto il LCR viene generato localmente nel cervello. Viene prodotta dai plessi corioidei che sono formati da cellule ependimali specializzate. I plessi coroidei si trovano lungo la fissura coroidea dei ventricoli laterali, lungo la linea nota come fimbria/fornice, e lungo i ventricoli terzo e quarto nella zona della loro volta. Il liquido cerebrospinale formato dai plessi coroidei nei ventricoli, circola attraverso i due forami interventricolari destro e sinistro (forami di Monro) all'interno del terzo ventricolo cerebrale ed attraverso il dotto mesencefalico (acquedotto di Silvio) nel quarto ventricolo cerebrale, da dove questo fuoriesce (nei pressi del cervelletto) attraverso due aperture laterali destra e sinistra (forami di luschka) ed una apertura mediana (forame Magendie). In seguito fluisce attraverso la cisterna cerebromedullare fino a circondare tutto la corda del midollo spinale ed a lambire e proteggere gli emisferi cerebrali. In seguito procede per scaricarsi nel sistema venoso attraverso le granulazioni aracnoidali. È il principale centro di comunicazione fra il midollo spinale e gli emisferi cerebrali, le strutture bilaterali situate davanti al midollo spinale. Consideriamo il Talamo come un ripetitore di segnali sia in entrata che in uscita quindi: • da un lato classifica, elebora ed indirizza le informazioni che dal midollo spinale e dal mesencefalo arrivano alla corteccia cerebrale; 56 • e dall’altro raccoglie e distribuisce le informazioni che dalla corteccia vanno verso il midollo spinale. Quindi il Talamo è una struttura importante in quanto partecipa ad attività molto complesse che riguardano la sensibilità, l’elaborazione delle emozioni e la regolazione dell’attività motoria, che viene svolta dalle sue connessioni con la corteccia motoria, con il nucleo dentato del cervello e tramite delle connessione indirette che il Talamo ha con il sistema extrapiramidale; tra le attività di questa importantissima parte del cervello, rientrano anche i cosiddetti “psicoriflessi“, cioè di quei movimenti dovuti alle sensazioni di dolore o da variazioni affettive. Il talamo si trova su entrambi i lati del terzo ventricolo e agisce come una stazione di relè per ogni sensazione, tranne l’olfatto. Tutta la memoria, la sensazione, il dolore, gli impulsi passano attraverso questa sezione del cervello. È una struttura del sistema nervoso centrale situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali. Costituisce la parte ventrale del diencefalo e comprende numerosi nuclei che attivano, controllano e integrano i meccanismi autonomini periferici, l'attività endocrina e molte funzioni somatiche quali la termoregolazione, il sonno, il bilancio idro-salino e l'assunzione del cibo. L'ipotalamo svolge pertanto una duplice funzione: una funzione di controllo del sistema nervoso autonomo (attraverso il quale modifica la motilità viscerale, i riflessi, il ritmo sonno-veglia, il bilancio idrosalino , il mantenimento della temperatura corporea, l’appetito e l’espressione degli stati emotivi) e una funzione di controllo del sistema endocrino: due dei nuclei ipotalamici (sopraottico e paraventricolare) collegano direttamente l’ipotalamo all’ipofisi tramite neuroni che, partendo da essi e terminando 57 con i loro assoni nei capillari della neuroipofisi (porzione posteriore dell'ipofisi, minore per dimensioni), formano un fascio ipotalamo-neuroipofisario che unisce i due organi e forma così il suddetto asse ipotalamo-ipofisario. I neuroni presenti nei due nuclei producono due ormoni, l’ossitocina che stimola la contrattura della muscolatura liscia, soprattutto quella uterina (è infatti importante nel parto) e la vasopressina (ormone antidiuretico o ADH, che agisce sui collettori del rene e viene rilasciata quando aumenta la concentrazione salina nel sangue): questi, attraverso gli assoni degli stessi neuroni, vengono trasportati alla neuroipofisi e lì accumulati fino a quando non si presenta uno stimolo adeguato. Infatti questi neuroni sono sensibili ai cambiamenti di pressione osmotica del plasma per mezzo dei neuroni osmocettori (capaci di recepire i valori della pressione osmotica) che, in base alle variazioni di concentrazioni saline, si attivano stimolando la neuroipofisi. (anteriore, sopraottico, paraventricolare, periventricolare, arcuato, soprachiasmatico, premammillare, dorsomediale e ventromediale) presentano dei neuroni detti parvocellulari, dai quali si dipartono i relativi assoni che vanno a terminare con bottoni sinaptici su capillari infundibolari, e permettono in tal modo il controllo della adenoipofisi (ipofisi anteriore). Altri nove nuclei ipotalamici Questo meccanismo di tipo vascolare è detto sistema portale ipotalamo-ipofisario, e si attua tramite il rilascio da parte dell’ipotalamo dei cosiddetti fattori di rilascio (RH) (ad esempio il TRH per la tireotropina, il GnRH per la gonadotropina, il ACTH per l’ormone adenocorticotropo, e il GHRH per il fattore della crescita), ma anche di fattori di inibizione (IF) che vengono riversati nei capillari. Intercettati dall’ipofisi, essi controllano la produzione e il rilascio dei corrispondenti ormoni ipofisari, i quali agiscono a loro volta sulla secrezione degli ormoni secreti dagli organi bersaglio. Il rilascio dei fattori RH o IF è controllata da uno tipo di regolazione a feedback negativo: infatti, una diminuzione della concentrazione ematica degli specifici ormoni secreti dagli organi bersaglio farà 58 aumentare il rilascio dei fattori RH; al contrario, un loro aumento provocherà una diminuzione del rilascio degli stessi fattori. Questo tipo di regolazione è molto importante e il suo malfunzionamento crea squilibri anche gravi nell’organismo. Per quanto concerne il controllo che l’ipotalamo attua sul sistema nervoso simpatico, esso avviene mediante l’attivazione di ulteriori nuclei, posti nella parte anteriore dell’ipotalamo, il nucleo anteriore e il nucleo preottico. Questi nuclei sono responsabili di fenomeni come la bradicardia (diminuzione della frequenza dei battiti cardiaci al di sotto dei 60 bpm), incremento di salivazione e sudorazione , ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa), a seguito di un incremento dell’attività parasimpatica (vedi sistema nervoso parasimpatico ). Viceversa, quando un individuo è improvvisamente allarmato o eccitato, le aree cerebrali superiori inviano segnali ai nuclei posteriori dell’ipotalamo, che stimolano il simpatico. Questo provoca tachicardia (accelerazione del battito cardiaco), tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), midriasi (dilatazione delle pupille), aumento di flusso di sangue ai muscoli. Questo tipo di reazione si chiama “reazione di lotta o fuga” ed è un tipico esempio delle funzioni che possono essere svolte dall’ipotalamo. In particolare, reazioni diverse. aree diverse stimolano Un ulteriore esempio di quanto detto può essere riscontrato nell’azione svolta nella termoregolazione: infatti, i nuclei anteriore e preottico sono detti “centri del raffreddamento”; viceversa il nucleo posteriore è detto “centro del riscaldamento”. Le cellule di cui sono composti sono sensibili alla variazione di temperatura corporea, dato che ricavano dalla temperatura del sangue che arriva al cervello. Se la temperatura è al di sotto dei 36 °C, l’ipotalamo anteriore reagisce liberando serotonina, la quale attiva il nucleo posteriore che, stimolando il simpatico, crea un innalzamento della temperatura. Viceversa se la temperatura è elevata, il nucleo posteriore libera noradrenalina o dopamina, che stimolano i nuclei situati nella zona anteriore dell’ipotalamo, i quali agiscono aumentando la sudorazione e la vasodilatazione periferica. 59 Questi meccanismi favoriscono la dispersione di calore e, quindi, l’abbassamento della temperatura corporea. Altri ruoli fondamentali svolti dall’ipotalamo sono la regolazione del sonno, ad opera del nucleo soprachiasmatico che ha in particolare la funzione di mantenere lo stato di veglia; il controllo dell’alimentazione ad opera dei nuclei ventromediale e ipotalamico laterale, che possono essere anche detti “centri della fame, della sazietà e della sete” data la loro funzione. Questa è resa possibile grazie agli impulsi derivanti da alcuni ormoni implicati nella regolazione del metabolismo (in particolare quello del glucosio, per cui gli ormoni più importanti che regolano questa attività sono insulina e leptine) ma anche dalle informazioni ricavate dagli enterocettori relative alla concentrazione di zuccheri e acqua nel sangue che, se troppo bassa, stimola il desiderio di mangiare e di bere. L’ipotalamo è anche in grado di controllare emozioni, stati d’animo e umore, nonché anche il comportamento sessuale. Questo è possibile grazie alla connessione anatomica dell’ipotalamo con il talamo e il sistema limbico (il quale è un insieme funzionale di zone del cervello che regola impulsi e comportamenti emotivi, ma è anche legato alle funzioni organiche vegetative; d’altra parte, sembra essere una delle parti più “antiche” dal punto di vista evoluzionistico); in questa accezione, si può affermare che l’ipotalamo funge da “connessione” tra i due sistemi suddetti e la relativa risposta corporea. Infatti, stimolazioni di diversi centri dell’ipotalamo, come già detto, danno luogo anche in questo caso a risposte diverse: la stimolazione del nucleo posteriore produce risposte aggressive, viceversa accade se vengono stimolati i centri laterali. Le sue cellule, i "pinealociti" producono l'ormone melatonina che regola il ritmo circadiano sonno-veglia, reagendo al buio o alla poca luce. L'ormone melatonina è prodotto a partire dal neurotrasmettitore serotonina (5-idrossi-triptamina) per N-acetilazione e ossi-metilazione, in virtù del fatto che i pinealociti contengono l'enzima Idrossi-indolo-ossi metil transferasi (HIOMT), enzima 60 marker dell'epifisi. La melatonina è inoltre l'ormone antagonista degli ormoni gonadotropi ipofisari, infatti gli elevati quantitativi di melatonina nell'individuo in età prepuberale, ne impediscono la maturazione sessuale. All'inizio della pubertà i livelli di melatonina decrescono notevolmente e nell'epifisi si accumula la sabbia pineale (anche se studi recenti hanno dimostrato che l'attività di deposizione della sabbia è legata ad una crescente attività secretiva). La ghiandola pineale secerne melatonina solo di notte: poco dopo la comparsa dell'oscurità le sue concentrazioni nel sangue aumentano rapidamente e raggiungono il massimo tra le 2 e le 4 di notte per poi ridursi gradualmente all’approssimarsi del mattino. L'esposizione alla luce inibisce la produzione della melatonina in misura dosedipendente. In questo senso l'epifisi sembra rappresentare uno dei principali responsabili delle variazioni ritmiche dell'attività sessuale, sia giornaliere che stagionali (soprattutto negli animali). Conosciuta fin dall'era antica, anche per la sua frequentissima calcificazione in età matura, questa ghiandola di circa 150 mg, grossomodo al centro del cervello , è uno dei centri dell'organizzazione circadiana dell'organismo. L’ipofisi (dal greco hypóphysis = gonfiore, escrescenza) o ghiandola pituitaria è una ghiandola endocrina situata alla base del cranio, nella fossa ipofisaria della sella turcica dell'osso sfenoide. Consta di due lobi, strutturalmente e funzionalmente diversi, che controllano, attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l'attività endocrina e metabolica di tutto l'organismo: il lobo anteriore (adenoipofisi) e il lobo posteriore (neuroipofisi), divisi da una pars intermedia, piccola e poco vascolarizzata. Nello sviluppo embrionale l'adenoipofisi si forma per invaginazione dell'ectoderma dello stomodeo, mentre la neuroipofisi è una formazione neurectodermica diencefalica. 61 Il lobo posteriore dell'ipofisi o neuroipofisi, più che una ghiandola vera e propria, è un'appendice secretoria di due nuclei encefalici (nei quali probabilmente avviene la sintesi degli ormoni), da cui riceve le fibre nervose che la costituiscono. Accumula gli ormoni prodotti dall'ipotalamo e li secerne in seguito a stimolo nervoso: l'ormone antidiuretico (ADH) o vasopressina, che controlla l'escrezione dell'urina da parte del rene e regola in tal modo il ricambio idrico ed elettrolitico dei liquidi organici, oltre ad esercitare un'azione vasocostrittrice; l'ossitocina che agisce sull'utero, stimolandone le contrazioni (in preparazione farmacologica si usa appunto in ostetricia, per favorire il parto in caso di inerzia uterina o, a dosi elevate, per arrestare le emorragie uterine) e inoltre determina, probabilmente, la liberazione di prolattina dall'adenoipofisi. L'ossitocina viene anche chiamato l'ormone della socialità. Tutti i dotti hanno parete con epitelio cubico semplice. I vasi sono composti da tessuti con epitelio piatto detto endotelio. Si notano al microscopio ottico delle strie nere, composte dai pituiciti e fibre nervose. I pituiciti sono cellule neurogliali specializzati che offrono funzioni di sostegno; inoltre pare che abbiano un ruolo fondamentale nel trasporto dei ormoni dalle fibre nervose proveniente dall'ipotalamo al sangue, intervenendo anche sulla composizione dell'ormone stesso. 62 All'analisi istologica, l'adenoipofisi si presenta formata da cellule cromofile, cioè colorabili con le comuni colorazioni istologiche, distinguibili in acidofile e basofile, a seconda che assumano coloranti acidi o basici, e cellule cromofobe, ovvero cellule che non assumono il colorante e sono ritenute o cellule con capacità proliferative non del tutto differenziate, o cellule degranulate, cioè cellule che in conseguenza dell'azione dei fattori di rilascio ipotalamici o releasing factors, secernono il proprio contenuto di ormoni. Come altre ghiandole endocrine, presenta una capsula esterna di connettivo fibroso da cui partono sepimenti via via più sottili di tessuto connettivale che dividono il parenchima ghiandolare in cordoni di cellule. Lo stroma connettivale esercita tanto una funzione di sostegno meccanico, quanto una funzione trofica, poiché è sede di capillari sinusoidi con endotelio fenestrato in cui le cellule ghiandolari rilasciano l'ormone. Il controllo sull'attività della neuroipofisi è esercitato direttamente dai nuclei nervosi a cui è collegata, mentre la regolazione dell'adenoipofisi è garantita da un particolare sistema di irrorazione sanguigna, che si affianca a quella di provenienza sistemica e che raggiunge i nuclei encefalici prima di sfociare nella ghiandola. Alcune sostanze, chiamate fattori di rilascio (RF), liberate dalle cellule nervose dell'ipotalamo, stimolerebbero così la secrezione dei diversi ormoni. Inoltre l'attività dell'adenoipofisi è regolata dagli ormoni prodotti dalle stesse ghiandole che sono sotto il suo controllo; infatti quando questi ormoni (della tiroide, dei surreni, delle gonadi, ecc.) sono carenti nel sangue, l'ipofisi stimola selettivamente coi propri ormoni l'attività delle ghiandole produttrici; quando invece tali ormoni sono presenti in quantità elevate, l'ipofisi cessa di stimolare le ghiandole coi propri ormoni specifici. L'adenoipofisi secerne 6 ormoni diversi: ormone della crescita, prolattina, ormone follicolostimolante, ormone luteinizzante, ormone tireostimolante, ormone adrenocorticotropo. 63 IDROCEFALO COMUNICANTE IDROCEFALO OSTRUTTIVO Si ha quando ad essere bloccati cono i micro canali liquorali dei villi aracnoideali . Tale evenienza si verifica ogni qualvolta lo spazio SubAracnoideo viene ad essere ingolfato da sangue o materiale infiammatorio. Tali due situazioni causano la chiusura dei villi che non riescono a far passare cellule e molecole troppo voluminose. In buona sostanza quindi l’idrocefalo è dovuto ad intasamento dei villi aracnoidali . Non venendo più a riassorbirsi il liquor si accumula... a monte dei villi cioè nei solchi, nelle cisterne, e in tutti e quattro i ventricoli (idrocefalo Quando ad essere bloccati sono i forami fra ventricolo e ventricolo e fra quarto ventricolo e cisterne IDROCEFALO CONGENITO IDROCEFALO ACQUISITO Quando l’idrocefalo è presente alla nascita o entro i primi 30 gg. L’idrocefalo congenito può essere dovuto al blocco del l’acquedotto o alla atresia dei forami di Luska e Majendie (malformazione di Dandy-Walker e malformazione di Arnod Chiari) Quando compare durante la vita , ad esempio per emorragie, meningiti , tumori IDROC. MONOVENTRICOLARE IDROC. BIVENTRICOLARE Chiusura congenita di un solo forame di Monro, molto raro Ostruzione di entrambi i forami di monro esempio: presenza di cisti colloidi o tumori della parte anteriore del terzo ventricolo quarto ventricolo isolato IDROC. TRIVENTRICOLARE IDROC. TETRAVENTRICOLARE E’ da blocco sia congenito per atresia o stenosi dell’acquedotto sia acquisito per lo sviluppo di tumori della regione pineale che è subito esterna all'acquedotto Può essere sia bloccato (Luska Magendie) che Comunicante Acquaeducti Comunicante 64 Introduzione La fase di trattamento di Luca è durata da ottobre 2009 a giugno 2010. Luca si è affacciato al craniosacrale biodinamico per caso. Nel corso della primavera 2009 la moglie di Luca ha partecipato ad un evento di divulgazione a cui uno di noi era presente e il caso di suo marito è parso subito adeguato ad un approccio biodinamico. Luca ha 42 anni (Luca è un nome di fantasia che abbiamo scelto per tutelare la privacy del cliente, che comunque è informato di questa pubblicazione e ne ha avuto copia). Nel 1999 ha iniziato ad avere le prime crisi di cefalea a grappolo. Le crisi iniziavano in prossimità del cambio di stagione primavera/estate con crisi notturne, quotidiane che duravano 20-35 giorni e si ripetevano ogni 12-13 mesi a seconda di quando arrivava la stagione dei primi caldi. Nel 2007 gli è stato diagnosticato un linfoma per cui ha iniziato alcuni cicli di chemioterapia. La chemio ha fortunatamente sortito gli effetti richiesti, infatti a tutt'oggi gli esami di prassi lo dichiarano perfettamente guarito dal linfoma. I cicli di chemioterapia hanno avuto come effetto collaterale la scomparsa delle crisi di cefalea che nel 2008 non si sono manifestati dando l'illusione che la cura avesse avuto effetti benefici anche su questa malattia. Purtroppo nel 2009 le crisi sono ritornate, con intensità pari se non superiore al passato, nel mese di maggio 65 in concomitanza col primo caldo di avanzata primavera. La cefalea a grappolo è una malattia altamente invalidante non solo per chi ne soffre ma per tutta la famiglia del malato. Durante le crisi che sono soprattutto notturne ma nei periodi di picco possono essere anche 2 o 3 al giorno nei momenti più disparati, Luca inizia a deambulare in preda al dolore lancinante incapace di sedersi o distendersi, perdendo l'equilibrio e colpendo oggetti e pareti. Chi gli sta vicino ha l'onere di sorreggerlo ed aiutarlo nei movimenti. Il forte dolore provoca forti lamenti che, soprattutto nel cuore della notte e nel condominio in cui Luca risiede, richiedono un opera di preparazione presso tutti i vicini di casa durante il periodo delle crisi. Non vi è nulla che possa mitigare il dolore, è solo necessario tener duro ed aspettare che passi. Va da se che una situazione del genere non coinvolge solo il malato che durante il periodo delle crisi non può in alcun modo garantire un normale impiego della sua giornata, ma chiunque viva, lavori o si trovi a stargli accanto viene coinvolto in un stravolgimento della propria vita durante il periodo. La cefalea a grappolo ha quindi dei risvolti sociali che non vanno trascurati: solo chi può permettersi di assentarsi dal lavoro in modo imprevisto e può avere accanto persone che condividano con lui in modo attivo il periodo di crisi possono non vedere la propria vita stravolta e fortunatamente questo è il caso di Luca. Esame obiettivo Un fisico molto atletico quindi. Infatti Luca gioca a basket in categorie amatoriali con allenamenti bisettimanali ed incontri agonistici. Il suo lavoro, di tipo libero-imprenditoriale, si esegue parte in ufficio e parte presso il cliente con una importante componente manuale, per cui la sua struttura scheletrico-muscolare è sempre tonica. Da una prima analisi biodinamica, si rilevano infatti importanti masse muscolari che sottendono ai movimenti elevatori. Muscolo retto del femore, muscolo vasto mediale, muscolo ileo-psoas, muscolo grande adduttore sugli arti inferiori e sempre ileo-psoas, muscolo quadrato dei lombi, 66 muscolo grande dorsale, muscolo medio gluteo e fascia toraco-lombare paiono quantomeno ipertrofici se non con contratture in atto. M Muussccoolloo rreettttoo ddeell ffeem moorree,, Il retto femorale è uno dei quattro capi che formano il muscolo quadricipite. Origina con il capo diretto dalla spina iliaca anteriore inferiore e con il capo riflesso al solco sopra acetabolare a livello del margine superiore dell'acetabolo. Si inserisce alla patella con un tendine comune agli altri capi. Unico dei quattro capi del quadricipite. È il muscolo più voluminoso della regione anteriore e, come il suo nome può far dedurre, è composto da quattro capi: 1. vasto femorale 2. vasto mediale 3. vasto laterale 4. vasto intermedio Con le sue fibre forma una specie di manicotto attorno alla diafisi del femore. Unico dei quattro capi ad agire su due articolazioni, con la sua azione flette la coscia ed estende la gamba. ORIGINE Capo diretto: spina iliaca anteriore inferiore Capo riflesso: solco sopraacetabolare (margine superiore dell'acetabolo) INSERZIONE Patella (alcune fibre formano il legamento patellare e si inseriscono alla tuberosità della tibia) AZIONE Estende la gamba e partecipa alla flessione della coscia INNERVAZIONE Nervo femorale (L2,L4) Rappresenta un quinto della forza totale del quadricipite ma è essenziale nella deambulazione. 67 Con la sua contrazione permette infatti l'estensione dell'anca e la flessione (sollevamento) della coscia dell'arto non portante collaborando in questo caso con i muscoli l’ileopsoas,sartorio,tensore della fascia lata e pettineo. Collabora inoltre (assieme agli altri capi del quadricipite) all'estensione della gamba dell'arto controlaterale nell'azione di spinta posteriore. La sua azione flessoria sulla coscia è tanto più potente quanto più il ginocchio è flesso. È innervato dal nervo femorale (L2,L4). M Muussccoolloo vvaassttoo m meeddiiaallee,, Origina dal labbro mediale della linea aspra. Si inserisce alla patella con un tendine comune agli altri capi. Con la sua azione estende la gamba e stabilizza la patella (o rotula) opponendosi alla sua tendenza a lussarsi in fuori. Essendo il più importante stabilizzatore dell'articolazione del ginocchio il suo sviluppo è molto importante al fine di prevenire infortuni in questa zona molto delicata del corpo. ORIGINE Labbro mediale della linea aspra e linea rugosa INSERZIONE Patella (alcune fibre formano il legamento patellare e si inseriscono alla tuberosità della tibia) AZIONE Estende la gamba, stabilizza la patella INNERVAZIONE Nervo femorale (L2,L4) La rotula è un osso sesamoide che protegge l'articolazione del ginocchio. Accresce inoltre l'efficacia del quadricipite riportando in avanti la sua forza di trazione. 68 È il maggior produttore di forza durante il movimento di estensione della gamba sulla coscia (pertanto è il muscolo maggiormente attivato nell'esercizio denominato leg extension). È innervato dal nervo femorale (L2,L4). M Muussccoolloo iilleeooppssooaass, Il potente e profondo muscolo ileopsoas (psoas) è il principale protagonista nel determinare la posizione del bacino e del tratto lombare e, di conseguenza, dell'intera postura. L'ileopsoas è il più potente flessore dell'anca. La sua forza supera perfino quella del quadricipite femorale. L'ileopsoas con le sue notevoli dimensioni, è dotato di due ventri muscolari: ha una larga origine su tutta la faccia interna dell'ala iliaca (muscolo iliaco) e una sui processi trasversi, sui corpi vertebrali e sui dischi dell'ultima vertebra toracica (D12) e delle vertebre lombari (muscolo grande psoas). Le fibre dei due ventri muscolari decorrono anteriormente, passano sotto il legamento inguinale e, riunendosi, si inseriscono sul piccolo trocantere femorale Psoas liaco COSCIA a) flessione; b) adduzione; c) rotazione esterna; TRONCO d) inclinazione laterale (tratto lombare). 69 formando un angolo (visione laterale). A catena cinetica chiusa ossia in posizione eretta, l'ileopsoas determina il "raddrizzamento" del tronco. Ma, per comprendere meglio la correlazione biomeccanica tra postura e ileopsoas, è importante ricordare che i muscoli striati del corpo possono mutare la loro azione a seconda del capo che risulta fisso per la stabilizzazione dei segmenti ossei su cui si inserisce. ORIGINE Corpi e dischi intervertebrali di T12-L4, processi costiformi di L1-L4 e labbro interno della cresta iliaca; spiana iliaca anteriore, 2/3 superiori della fossa iliaca, legamento ileolombare, ala del sacro INSERZIONE Piccolo trocantere del femore AZIONE Flette e ruota esternamente la coscia; flette e inclina lateralmente il tronco INNERVAZIONE Nervo femorale e rami del plesso lombare (L1-L4) M Muussccoolloo ggrraannddee aadddduuttttoorree Di forma triangolare si ritrova fra il muscolo gracile il muscolo adduttore breve, si tratta del più profondo è più potente fra i muscoli adduttori dell'anca. Gli altri muscoli adduttori simili sono: • Muscolo gracile • Muscolo pettineo • Muscolo adduttore lungo • Muscolo adduttore breve Posto profondamente rispetto agli altri adduttori il grande adduttore è un muscolo piatto dalla forma triangolare che occupa con la sua base tutta l'altezza della linea aspra del femore. 70 Origina dalla faccia anteriore della branca ischiopubica e dal ramo dell'ischio fino alla tuberosità ischiatica. Il suo grande ventre muscolare scende sul lato mediale del femore e si divide in due parti. Una parte si inserisce sul labbro mediale della linea aspra, l'altra parte come tendine al tubercolo adduttorio dell'epicondilo mediale. La superficie anteriore del muscolo è in rapporto con gli adduttori lungo e breve e con il sartorio. Oltre ad essere il più profondo tra i muscoli adduttori dell'anca è anche il più potente. ORIGINE Faccia anteriore della branca ischiopubica e dal ramo dell'ischio fino alla tuberosità ischiatica INSERZIONE Labbro mediale della linea aspra fino all'altezza del tubercolo del grande addutore dell'epicondilo mediale AZIONE Adduce e ruota all'interno la coscia INNERVAZIONE Nervo otturatore e nervo tibiale dell'ischiatico L2-S1 M Muussccoolloo qquuaaddrraattoo ddeeii lloom mbbii, Il muscolo QUADRATO DEI LOMBI si trova nella parete addominale posteriore tra la cresta iliaca e la 12a costa. È formato da due strati muscolari separati tra loro in maniera incompleta. Lo strato anteriore origina dall'apice dei processi costiformi di L2-L5 e si inserisce al margine inferiore della 12° costa; lo strato inferiore origina dal labbro interno della cresta iliaca e dal margine superiore del legamento ileolombare per poi inserirsi margine inferiore della 12° costa e all'apice dei processi costiformi di L1,L2,L3,L4. È rivestito anteriormente da una fascia che lo separa dal muscolo grande psoas, dal rene e dal colon ascendente e discendente. 71 ORIGINE Strato anteriore: dall'apice dei processi costiformi di L2-L5 Strato inferiore: dal labbro interno della cresta iliaca e dal margine superiore del legamento ileolombare INSERZIONE Strato anteriore: margine inferiore della 12° costa Strato inferiore: margine inferiore della 12° costa e apice dei processi costiformi di L1,L2,L3,L4 AZIONE Contraendosi abbassa la 12° costa (muscolo espiratorio); inclina lateralmente la colonna vertebrale e le pelvi INNERVAZIONE NERVO INTERCOSTALE (T12) e rami interni dei nervi lombari (L1-L3) Contraendosi abbassa la 12° costa (muscolo espiratorio); inclina lateralmente la colonna vertebrale e le pelvi. La contrazione bilaterale estende il tratto lombare della colonna vertebrale. Quadrato dei lombi TRONCO a) estensione (tratto lombare); b) inclinazione laterale (tratto lombare); Inoltre abbassa la dodicesima costola. È innervato dal nervo intercostale (T12) e dai rami interni dei nervi lombari (L1-3). Lo strato posteriore nasce dal labbro interno della cresta iliaca e dal margine superiore del legamento ileolombare e s’inserisce al margine inferiore della 12a costa e all’apice dei processi costiformi delle prime quattro vertebre lombari. In avanti il muscolo è rivestito da una fascia che lo separa dal muscolo grande psoas, dal rene, dal colon ascendente (a destra) e discendente (a sinistra). 72 In alto la fascia si’ispessisce e forma l’arco diaframmatico laterale del pilastro laterale del diaframma. In dietro è in rapporto con il foglietto anteriore della fascia lombodorsale. M Muussccoolloo ggrraannddee ddoorrssaallee, Il grande dorsale è il muscolo più vasto del corpo umano e con i suoi fasci ricopre la parte inferiore e laterale del dorso. Le sue ampie dimensioni permettono di suddividere il muscolo in quattro diverse parti: vertebrale, iliaca, costale e scapolare. La parte vertebrale origina tramite il foglietto posteriore dalla fascia lombodorsale e dai processi spinosi delle ultime 6 vertebre toraciche; la parte iliaca origina dal terzo anteriore della cresta iliaca; la parte costale origina dalla 10a alla 12a costa; la parte scapolare origina dall'angolo inferiore del margine laterale della scapola. Si inserisce sulla cresta del tubercolo minore dell'omero DESCRIZIONE Muscolo dalla forma triangolare ORIGINE Parte vertebrale: dalla fascia lombodorsale e dai processi spinosi delle ultime 6 vertebre toraciche Parte costale: dalla 10a alla 12a costa Parte scapolare: dall'angolo inferiore del margine laterale della scapola. INSERZIONE Cresta della piccola tuberosità omerale (labbro mediale) chiamato anche solco bicipitale; AZIONE Adduce, estende e ruota internamente l'omero. Interviene nella inspirazione forzata, estende il tronco (tratto lombare e dorsale inferiore) e lo inclina lateralmente (contrazione unilaterale); interviene nella retroposizione della spalla INNERVAZIONE Nervo toracodorsale del plesso brachiale (C6-C8) insieme al muscolo grande rotondo che circonda con le sue fibre. Nella parte superiore è coperto dal muscolo trapezio. La faccia profonda è in rapporto con parte del sacrospinale, con il dentato posteriore inferiore con i muscoli intercostali esterni e con con l’obliquo dell’addome. 73 Con la sua azione (a origine fissa), adduce, estende e ruota all'interno l'omero; se si prende come punto fisso l'omero solleva il tronco ed innalza le costole (muscolo inspiratore). Agendo bilateralmente iperestende il rachide (tratto lombare e dorsale inferiore) e porta il bacino in antiversione. È innervato dal nervo toracodorsale del plesso brachiale (C6-C8). M Muussccoolloo m meeddiioo gglluutteeoo Il muscolo medio gluteo è un muscolo piatto, robusto e dalla forma triangolare, situato nella regione glutea sopra il muscolo piccolo gluteo e sotto al muscolo grande gluteo. È coperto dalla fascia glutea profonda, un spesso foglietto che copre anche il piccolo gluteo. Origina dalla faccia glutea dell'ala iliaca, tra la linea glutea anteriore e posteriore, dal labbro esterno della cresta iliaca, dalla spina iliaca anteriore superiore e dalla fascia glutea profonda. ORIGINE Tra le linee glutee anteriore e posteriore dell'anca, labbro esterno della cresta iliaca, spina iliaca anteriore superiore INSERZIONE Faccia esterna del grande trocantere AZIONE Abduce la coscia. Le fibre anteriori flettono e ruotano internamente la coscia; le fibre posteriori estendono ed extraruotano la coscia. INNERVAZIONE Nervo gluteo superiore (L4,L5,S1) I suoi fasci muscolari convergono a ventaglio e si inseriscono sulla faccia esterna del grande trocantere, incappucciandolo. Con i suoi 40 cm2 di superficie il muscolo medio gluteo è il principale abduttore della coscia. 74 Ha inoltre altre azioni secondarie dipendenti dal tipo di fibre muscolari reclutate. In particolare le fibre anteriori, con la loro azione, flettono e ruotano internamente la coscia mentre le fibre posteriori estendono ed extraruotano la coscia. Mantiene l'equilibrio trasversale del bacino in caso di appoggio unilaterale ed ha quindi un ruolo importante nella deambulazione. È innervato dal nervo gluteo superiore (L4,L5,S1) FFaasscciiaa ttoorraaccoo--lloom mbbaarree Il cliente disteso sul lettino da massaggi, oltre ad essere non perfettamente comodo in quanto troppo alto per la lunghezza dei lettini standard, chiede un cuscino sotto le ginocchia per non avere il capo lungo del bicipite femorale in iperestensione che gli risulta lievemente dolorosa e sotto la testa o un cuscino o il piano del lettino leggermente inclinato per permettere una buona respirazione con il naso. Il muscolo bicipite femorale occupa la regione posteriore e laterale della coscia ed è composto da due capi, uno lungo ed uno breve. Il bicipite femorale è un muscolo dell'arto inferiore che, come il bicipite brachiale , ha due capi: Capo lungo; Capo corto. Il capo lungo origina dalla tuberosità ischiatica con un capo comune al muscolo semitendinoso. Il capo lungo origina dalla tuberosità ischiatica con un capo comune al muscolo semitendinoso. Il capo breve origina dal terzo medio del labbro superiore della cosiddetta linea aspra. 75 Il tendine a inserzione comune si lega al condilo laterale (della tibia) e alla testa del perone. La funzione del muscolo si espleta con l'estensione della coscia dovuta alla flessione della gamba. La prima risposta del sistema dopo un primo contatto biodinamico è una generale contrattura di tutto il sistema muscolare. Dopo una fase di accompagnamento in cui il sistema scivola in molti still-point, le contratture si allentano, per prime quelle della zona toracica e del rachide cervicale e poi quelle degli arti inferiori. La zona dorsale e pelvica invece tende a rimanere contratta. Questo schema è tipico di Luca e si ripresenta ogniqualvolta si inizia una seduta di craniosacrale biodinamico. I primi 20 minuti circa sono dedicati a questa fase. Nel prosieguo di questa stesura si analizzerà la storia di una stagione di trattamenti fino ad arrivare al fatidico momento della ricorrente crisi. Si consideri che ogni trattamento ha avuto un “incipit” come sopra descritto. S Sttoorriiaa ddeell cciicclloo ddii tteerraappiiee:: ddaa oottttoobbrree aa ddiicceem mbbrree 22000099 All'inizio del lavoro con Luca, la cefalea a grappolo non era tra gli elementi in gioco. Luca aveva scelto di iniziare un percorso di craniosacrale biodinamico senza un preciso obiettivo ma nell'intento di sperimentare nuove strade alla ricerca di una possibile soluzione o aiuto. All'inizio Luca pone la sua attenzione su un mal di schiena ricorrente nella zona lombare e su quello iniziamo a lavorare. Appare subito chiaro che la possente muscolatura non 76 riesce a rilassarsi facilmente nella quotidianità per cui la zona lombare è continuamente sollecitata. In particolare il muscolo ileopsoas è contratto in modo cronico e quando anche il resto della muscolatura si rilassa un profondo fulcro rimane in questa zona. Il muscolo ileo-psoas è costituito da due ventri muscolari: il muscolo grande psoas e il muscolo iliaco che si uniscono distalmente per inserirsi al piccolo trocantere del femore. Il muscolo viene classificato, insieme al piccolo psoas, tra i muscoli interni dell’ anca. È evidente una sofferenza a livello discale tre. Luca ha delle radiografie abbastanza recenti della colonna e, prima di procedere, ne verifichiamo il contenuto. Nessuna protrusione appare evidente, l'apparato muscolare e di Luca è sufficientemente tonico da sopportare la sollecitazione di queste contratture senza dar luogo a protrusioni discali. Solo fra L4 e L5 appare evidente una leggera rettilineizzazione del profilo discale ma senza che questo dia luogo a protrusioni. Vi è indubbiamente il segno di un sovraccarico ma senza degenerazione della geometria del corpo discale. Dato che non vi è una sofferenza a livello discale che nemmeno appare a livello biodinamico, iniziamo a lavorare sulle contratture vere e proprie. L'unica contrattura che, dopo e un processo di rilassamento appare persistente è quella all'ileo-psoas. 77 È bilaterale ma soprattutto destra. Lavoriamo su questo per tre sedute con cadenza settimanale. Alla fine lo psoas si sblocca e il fulcro si scioglie. Alle successive sedute è il primo muscolo degli arti inferiori che cede. Il mal di schiena scompare. Riapparirà solo sporadicamente ma ogni volta Luca capisce da solo la ragione, in genere posturale, che ha portato alla contrattura. Un esempio per tutti: un tavolo da lavoro troppo basso dove Luca opera in piedi e piegato con una taglierina, genera questo indolenzimento. È stato sufficiente aumentare l'altezza del tavolo per eliminare il disturbo. La vita lavorativa (e non solo, Luca nel tempo libero è un tracker e un escursionista montano) gli porterà in seguito altri stati dolorosi alla zona lombare e alle pelvi ma risolverlo sarà sempre sufficiente solo appoggiare la mano del terapeuta sullo psoas per avere un effetto rilassante pressochè immediato. L'effetto dolorifico a livello lombare di uno psoas in contrattura cronica è documentato: ne tracciamo una breve panoramica. Il gruppo dello Psoas Maggiore, Psoas Minore, e Iliaco costituisce un altro grande sconosciuto nell'universo della nostra muscolatura. Il gruppo viene chiamato Ileo-psoas perché si tratta superiormente di due o tre muscoli (nel caso in cui e' presente lo Psoas Minore, in circa la metà degli individui) che inferiormente si fondono in un unico muscolo e tendine. 78 Si faccia una semplice considerazione che, benché elementare, ci permetterà di comprendere problematiche che troppo spesso la medicina ufficiale complica oltremisura. La considerazione è la seguente: si osservino le tavole anatomiche riprodotte e si faccia bene attenzione alla anatomia dei muscoli in questione. Ci si convincerà facilmente delle seguenti constatazioni: 1. la sezione lombare della colonna vertebrale non presenta costole; 2. lo psoas è uno dei due principali muscoli che uniscono la metà superiore del corpo alla metà inferiore (l'altro essendo il Quadratus Lumborum). Ora, dal fatto che la colonna lombare non presenta gabbia toracica, deriva la conseguenza che la colonna lombare è soggetta a stress molto maggiori della colonna toracica, la quale invece è aiutata e protetta dalla gabbia toracica. Siccome lo psoas è uno dei principali muscoli coinvolti in tali stress, è logico aspettarsi di trovare qui significativi sviluppi di Punti Trigger (Trigger points, "punti grilletto", aree che manifestano tutto il loro potenziale a distanza nello spazio e nel tempo) e relative sindromi dolorose e disfunzionali. Un trigger point lo possiamo definire come un focus di iperirritabilità circoscritto e ben definito, la maggior parte delle volte topograficamente ben identificabile (più o meno nella stessa area). Il dolore evocato è un dolore riferito, vale a dire viene percepito in ben definite aree, dette aree bersaglio (TARGET AREAS), non in continuità topografica con il punto stimolato. Spesso infatti le aree mialgiche e i trigger points hanno la stessa localizzazione, e non è noto perché in alcuni casi il dolore sia riferito ed in altri irradiato. Il dolore comunque non segue le mappe dermatomeriche ma è caratteristico per ciascun punto trigger. Anzi, è proprio la loro costante localizzazione e delle relative aree bersaglio che ha consentito di disegnare delle mappe. Il TRIGGER POINT si può definire: 79 1. ATTIVO 2. LATENTE Un trigger point può essere presente nelle seguenti sedi:muscolo, giunzioni muscolo-tendinee, cute, periostio, cicatrici, legamenti, capsule articolari, fasce neuromuscolari. Il dolore evocato è un dolore riferito, vale a dire viene percepito in ben definite aree, dette aree bersaglio (TARGET AREAS), non in continuità topografica con il punto stimolato. TRIGGER POINT ATTIVO: È attivo un trigger la cui digitopressione è in grado di evocare un dolore a riposo e/o in movimento nella zona di referenza del TP stesso, cioè un dolore riferito, con un quadro che, nel caso in cui il trigger si situi in un muscolo o nella sua fascia, è specifico per quel muscolo; ad esso si associano disfunzione del muscolo in cui il trigger è presente, e, spesso, fenomeni autonomici riferiti specifici, generalmente nella zona di referenza del dolore. La sua digitopressione riproduce esattamente il dolore di cui il paziente soffre. 1. E’ CARATTERISTICO per ogni muscolo 2. E’ SPECIFICO per quel trigger, non segue alcuna mappa metamerica. 3. Si accompagna a IPERALGESIA, DISFUNZIONE MUSCOLARE E A FENOMENI AUTONOMICI 4. Può essere RIFERITO O IRRADIATO TRIGGER POINT LATENTE: Può riprodurre esattamente tutti i quadri clinici dell'attivo, tranne quello di dar luogo al dolore spontaneo del paziente. In assenza di stimolo il punto è clinicamente silente, rispetto al dolore, ma dà tutti gli altri quadri: disfunzione muscolare, fenomeni autonomici, ecc. I trigger points si possono a loro volta dividere, oltre che in attivo o latente, in: 1.PRIMARIO o SATELLITE 80 2.ASSOCIATO o SECONDARIO PRIMARIO: È quell'area di iperirritabilità dolente alla digitopressione in grado di evocare il dolore che ha il paziente, la cui attività non dipende da nessun altro punto trigger. È attivato direttamente da sforzi acuti, fatica da sovraccarico cronico (contrazioni eccessive, ripetute e sostenute), traumi, freddo. ASSOCIATO: Sono uno o più punti trigger la cui presenza e attività è legata alla presenza a all'attività di un trigger primario. SATELLITE: Un punto trigger associato si dice satellite quando la sua presenza e attività è legata al fatto che si trovi all'interno dell'area del dolore riferito, vuoi dovuto ad un altro trigger point vuoi ad una patologia viscerale (punto di Mc Burney, ecc.) o somatica. SECONDARIO: Un punto trigger associato si definisce secondario quando è collocato sul muscolo sinergico o antagonista del muscolo sede di trigger primario; per esempio, trigger primario sul bicipite, trigger secondario sul tricipite. E così infatti è. Da notare di passata che l'altro muscolo con funzione di supporto lombare è il Quadratus Lumborum, che infatti è l'altro grande responsabile di lombaggini e simili problematiche. Quindi a causa della funzione fondamentale dello Psoas ci si devono aspettare significativi Punti Trigger al suo interno. Ora si immagini cosa succede quando lo Psoas si contrae: a causa del suo unire il tronco al bacino, uno Psoas accorciato comprimerà le vertebre lombari e i dischi intervertebrali lombari, e in casi estremi sarà motivo di vere e proprie ernie del disco. Di nuovo, non essendoci costato a livello lombare, non ci saranno neanche strutture tali da ammortizzare l'azione di schiacciamento di uno Psoas contratto. 81 Per avere un'idea grafica, si immagini una serie di monete poste una sopra l'altra e allineate verticalmente così come lo sono le vertebre e i dischi intervertebrali. Si immagini quindi di premere tale colonna di monete eccentricamente, cioè verso un bordo della moneta superiore. Ciò che accadrà sarà che le monete che sporgono dal lato opposto, schizzeranno fuori dalla colonna a causa della pressione applicata. Ebbene, ciò è esattamente quello che succede quando uno Psoas contratto e infestato da Punti Trigger va in contrazione cronica. Ecco svelata la causa di molte "misteriose" ernie del disco, quelle per intenderci che sorgono senza eventi traumatici o incidenti specifici, quali il sollevare goffamente un grosso peso. Da notare che il Quadratus Lumborum causa discopatie simili ma siccome quest'ultimo muscolo è situato più lateralmente, allora se l'ernia protrude sagittalmente (anteriormente o posteriormente), lo Psoas sarà maggiormente responsabile, se invece il Quadratus è maggiormente coinvolto si avrà schiacciamento più laterale. Compreso ciò, allora si vedrà facilmente come sia possibile ridurre tali ernie semplicemente rilasciando i Punti Trigger e allungando lo Psoas con tecniche biodinamiche. Nel caso di Luca il dolore riferito, anche molto intenso, lungo la colonna lombare fino al sacro e al gluteo. In generale, il dolore causato dallo Psoas si estende verticalmente lungo la colonna lombare e può arrivare dalla zona sacrale fino alla zona toracica. Se l'Iliaco è coinvolto, si può avere dolore anche nella zona dell'inguine e della coscia. 82 In ogni caso la distribuzione verticale del dolore aiuta a differenziare dolore riferito dallo Psoas da dolore riferito dal Quadrato dei Lombi, il quale invece origina dolore che si estende orizzontalmente nell'area lombare. Uno Psoas accorciato e contratto aumenta anche di diametro. Ciò arriva a causare compressione dei nervi Femorale, Femorale Laterale Cutaneo, e Genitofemorale dove questi fuoriescono dal bacino assieme al muscolo stesso sotto il Legamento Inguinale. A volte anche i nervi Ilioipogastrico e Ilioinguinale penetrano lo Psoas Maggiore, di conseguenza uno Psoas afflitto da PT potrà dare luogo ad addizionali disturbi svariati a causa della possibile compressione e irritazione di suddette innervature, in particolare potrà coinvolgere l'apparato genitourinario e l'apparato digestivo. Lo Psoas Maggiore si attacca superiormente lungo i lati delle vertebre toracica (T12) e lombari (L1-L5) e dei dischi intervertebrali relativi. Inferiormente il tendine si attacca al Trocantere Minore del Femore. Lo Psoas Minore se presente si attacca invece inferiormente all'Osso Pubico. L'Iliaco si attacca superiormente ai due terzi superiori della Fossa Iliaca. Inferiormente si unisce al tendine dello Psoas e in parte direttamente al Femore in prossimità del Trocantere Minore. Va tenuto in debita nota che le articolazioni attraversate (e quindi i possibili problemi dolorosi e disfunzionali) sono: lombari intervertebrali, lombosacrale, sacro-iliache, anca. La funzione primaria dell'Ilio-psoas è quella di flessione dell'anca. Inoltre, lo Psoas contribuisce alla estensione della colonna lombare, quindi aumenta la lordosi e un occhio esperto riconoscerà immediatamente uno Psoas contratto osservando di lato una persona che abbia la tipica camminata "a paperella" con pronunciata lordosi, bacino ruotato in avanti, e anca flessa anche in stato di riposo. 83 In misura minore lo Psoas e l'Iliaco contribuiscono a abduzione e rotazione laterale della coscia. I Punti Trigger nello Psoas possono in genere venire attivati in due modi, l'uno traumatico quale il sollevare un peso o il piegarsi, e l'altro più subdolo, per esempio il sedersi a lungo con le ginocchia piegate vicino al petto o il dormire in posizione fetale. Come esempio, nella pesistica, una classica situazione di attivazione dei PT dello Psoas si verifica quando si usa un pesante bilanciere per i bicipiti in posizione eretta: in questo caso lo Psoas si contrae fortemente e bilateralmente per stabilizzare la colonna. Se poi si aggiunge un movimento di oscillazione in avanti e in dietro del tronco a causa di un peso eccessivo, ci si sottopone ad alto rischio di ernie del disco perché alla contrazione dello Psoas si aggiunge l'oscillazione della colonna. Durante il trattamento della zona lombare, già verso la fine di novembre, come integrazione il cliente richiede un contatto alla testa. Il problema della cefalea ancora non viene messo in circolo ma, durante una 84 integrazione, Luca riceve un lavaggio dei seni. L'effetto positivo energetico è tale che il cliente ha richiede di poter lavorare nelle prossime sedute su questo argomento. Durante le vacanze natalizie, Luca ha progetta un viaggio da fare in sudamerica, per cui poche sedute lo separano dalla partenza. In queste ultime sedute del 2009, senza mettere le mani su questioni troppo delicate per essere lasciate in sospeso, Luca riceve dapprima un nuovo drenaggio dei seni, eseguito lentezza e con con molta benefica sensazione sul cliente che è sempre più entusiasta di questo lavoro fatto al cranio, e poi un lavaggio dei ventricoli. In quest'ultima operazione, casualmente eseguita proprio nel corso dell'ultima seduta prenatalizia, ci accorgiamo che la marea media e l'Impulso Ritmico Craniale di Luca, si esprimono ottimamente inalazione ma, mentre in i 85 ventricoli laterali drenano facilmente in esalazione verso il terzo, quest'ultimo non fa defluire il liquido cerebrospinale verso il quarto ventricolo. È come se vi fosse una sorta di stenosi lungo l'acquedotto di Silvio e, mentre attraverso i dotti di Monroe i seni laterali scaricano apparentemente in modo soddisfacente nel terzo ventricolo, quest'ultimo non riuscisse, pur contraendosi, a scaricare il liquido proveniente dai laterali verso il quarto. Il quarto, poi, da l'impressione di non subire alcuna influenza da questo mancato afflusso: è come ricevesse in inalazione tutto il liquido cerebrospinale che gli è necessario attraverso la via di Magendie e sempre attraverso la stessa via defluisse in esalazione. Nulla o poco appariva attraversare l'acquedotto di Silvio. Non era possibile fare di più in quel momento e, pur con la sensazione che quanto sopra descritto fosse solo un momento e non una condizione cronica, il cliente parte per le sue vacanze. Dopo le festività natalizie, intorno alla metà del mese di gennaio, Luca si ripresenta per riprendere il ciclo di terapie. Inizialmente, è necessario lavorare ad ampio raggio con il sistema del cliente, in quanto la lunga pausa vacanziera, trascorsa in Patagonia, in una stagione diametralmente opposta a quella locale e ad un fuso molto diverso dal nostro, gli ha lasciato profonde tracce di disarmonia. Un paio di sedute, quindi, sono necessarie per riprendere un buon contatto con la sua marea media e per 86 destreggiarsi tra still-point che o non vogliono concedersi o arrivano all'inizio della seduta e durano poco meno di un'ora. Ripreso il ritmo della quotidianità. Sempre con un occhio attento alle contratture della muscolatura degli arti inferiori (la vacanza era stata in gran parte occupata con il tracking) l'attenzione si sposta nuovamente alla testa. La sensazione di difficoltà di drenaggio del terzo ventricolo permane. Alcuni tentativi di indurre un CV3 non solo falliscono ma lasciano nel cliente una sensazione non positiva che rendono necessarie lunghe integrazioni “consolatorie”. Evidentemente la via non è quella. Emerge sempre più chiaro uno schema in cui i plessi coroidei essudavano il liquido cerebrospinale in modo sicuramente copioso, con buona sintonia con la natura “abbondante” del sistema di Luca: maree di ampia energia, muscolatura importante, intense reazioni alle stimolazioni. Questa abbondante produzione però non è in grado di drenare verso l'esalazione e provocava un aumento di pressione endocranica del LCS a livello del terzo ventricolo. Nel terzo ventricolo affacciano talamo, ipotalamo, ipofisi o pituitaria, epifisi o ghiandola pineale . Come teorica, ben tutte evidenziato le parti nella parte encefaliche e ghiandolari nominate hanno una influenza o concausa sulle ancora non chiarite cause scatenanti della cefalea a grappolo. Pare quindi che ci possa essere qualche nesso tra quanto il sistema racconta agli operatori e quanto Luca vive nella sua malattia. Per questa ragione si decide di seguire questa strada. L'approccio terapeutico, non può che essere quello più squisitamente biodinamico. 87 Non si è arrivati all'analisi del problema focalizzati sullo stesso, soprattutto per l'impossibilità di ideare una qualsiasi forma di “intervento” sull'acquedotto di Silvio, ma semplicemente si è messo in circolo il problema, lasciando che il sistema fornisca i suoi feedback e, se del caso, si attivi su questo tema. L'acquedotto di Silvio, o dotto mesencefalico, come i ventricoli, non è un “qualcosa” ma lo spazio tra qualcosa ! Attraverso di esso, con la comunicazione tra terzo e quarto ventricolo, il liquido cerebrospinale prodotto nei ventricoli laterali e nel terzo ventricolo può drenare verso il 4° ventricolo, la cisterna magna e a seguire in direzione caudale. Esistono patologie note in relazione all'acquedotto di Silvio: primo fra tutti l'idrocefalo da stenosi dell'acquedotto di Silvio (HSAS) o sindrome di Bickers-Adams che è caratterizzata dall'associazione tra idrocefalo, grave deficit cognitivo, spasticità e pollici addotti. Possono essere associate diverse malformazioni cerebrali, compresa la dilatazione dei ventricoli cerebrali, la stenosi dell'acquedotto di Silvio, l'agenesia del corpo calloso e i segni piramidali. La trasmissione è recessiva legata all'X. La malattia è dovuta alle mutazioni del gene L1CAM. È espressa durante lo sviluppo embrionale negli assoni e nei neuroni post-mitotici del sistema nervoso centrale e periferico e ha un ruolo nella migrazione neuronale e nella crescita dei neuriti. Luca non presenta sintomi che possono essere riconducibili ad una situazione patologica ma non si può dimenticare che è stato oggetto di un linfoma a livello cerebrale. Approfittando di alcune radiografie TAC e di una risonanza magnetica alla testa, ci rivolgiamo ad uno specialista della lettura radiografica per analizzare se vi siano delle evidenze correlate al sistema del respiro primario. 88 Da una analisi delle lastre di cui qui portiamo un piccolo estratto emergono quattro fattori principali che possono concorrere nella patologia di Luca e possono essere concause delle crisi. ►DEVIAZIONE SETTO NASALE: Luca presente una importante deviazione verso destra del setto nasale, probabilmente di origine traumatica conseguita facilmente in ambito sportivo. ►IPERTROFICA DEI TURBINATI SOPRATTUTTO A DESTRA: una importante ipertrofia riduce sensibilmente la ventilazione e crea un ristagno di muco con conseguente deposito batterico e infiammazione delle mucose afferenti all'area interessata. La localizzazione destra è da attribuirsi alla deformazione di cui al punto sopra. ►SINUSITE MASCELLARE DESTRA: conseguente al punto sopra. ►INFIAMMAZIONE DEL GANGLIO DEL GASSER DESTRO (trigemino): è forse il punto più interessante del quadro clinico. Non appare evidente una correlazione con i punti precedenti anche se non è da escludere che la fioritura batterica persistente nell'area della rinofaringea destra possa aver infiammato i tessuti coinvolgendo il ganglio stesso. Da queste evidenze appare chiaro che esistono cause sufficienti, anche se non necessarie, per giustificare l'insorgere di cefalee. 89 Il passaggio alla forma a grappolo e alle intensità riscontrate non è diretto e scontato. Come evidenziato nella parte teorica si suppone vi siano delle forme alterate di reazione a carico del talamo, ipotalamo e ipofisi. Non è aprioristicamente definibile se il quarto punto sia causa o effetto all'interno del quadro clinico ma la presenza degli altri tre punti precedenti potrebbero far propendere per un ruolo causale. Per certo appare evidente che i punti di interesse teatro della sindrome, sono molto vicini se non componenti, delle pareti del terzo ventricolo e prossimi a tutto il sistema della respirazione primaria. Indagine: R.M. dell’encefalo e del tronco encefalico senza e con contrasto di Luca: “……in sede di ganglio di Gasser, presenza di zona di alterato segnale, iperintensa nelle sequenze a Tr lungo, di tipo liquido; .….il quadro depone in prima istanza per una situazione di tipo flogistico. Presenza di piccola dilatazione cistica neuropiteliale benigna, dal segnale simil‐liquorale in tutte le sequenze, in sede temporale profonda a sinistra. ….. Normale l’ampiezza dei rimanenti spazi liquirali delle cisterne della base, delle cavità ventricolari e degli spazi sub aracnoidei in sede sotto e sopra‐tentoriale che sono in sede, di normale segnale. Ispessimento mucoso del seno mascellare di destra” ∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞ indagine: T.A.C. DEL FACCIALE di Luca MASSICCIO “ Deviazione verso destro del setto nasale ed ipertrofia dei turbinati inferiore e medio di sinistra. Modesto ispessimento mucoso segmentario del pavimento del seno mascellare di destra. Regolare la trasparenza del seno mascellare contro‐laterale, delle cellule etmodiali dei seni frontali e sfenoidali “ 90 Se appare assodato dall'analisi delle TAC e RM che non vi sia una vera e propria stenosi dell'acquedotto di Silvio, è possibile comunque che il sistema della respirazione primaria sia compromesso e non libero di muoversi come in un sistema in equilibrio ma presenti un fulcro i cui effetti possono essere quelli che abbiamo rilevato durante le applicazioni. In questa ottica proseguiamo con un lento e delicato lavoro sulla respirazione primaria del terzo e quarto ventricolo. Le risposte del sistema di Luca seguono una progressione dapprima lenta ma costante: l'impulso ritmico craniale pare lavorare solo in inalazione e poco o nulla in esalazione. Lentamente, col passare delle sedute, il sistema riduce la portata del liquido cerebrospinale in inalazione riducendo il carico pressorio nel terzo ventricolo che comunque drena poco o nulla. Va tenuto presente che, anche in altre circostanze, il sistema di Luca ha sempre risposto con energia quando era oggetto di ascolto. Per temperamento e carattere, il cliente reagisce sempre alle sollecitazioni, positive o negative che siano, con generosità di intenti. 91 Parimenti il sistema, quando messo sul palcoscenico di un ascolto attivo, reagisce sempre con tutto il vigore che gli è possibile. In questa ottica, lavorare con un problema di ipertensione endocranica rischia di essere pericoloso se il sistema reagisce con una iperproduzione di liquido cerebrospinale. Questa infatti è stata la sensazione dei primi momenti. In pratica, tra la fine di gennaio e per tutto febbraio, la sensazione che si è avuta è che il sistema si stesse organizzando intorno al fulcro: se non era possibile drenare si poteva produrre minor quantità di liquido. Verso la fine di febbraio, Luca lamenta una ipersensibilità nella zona algica che si posiziona nell'arcata sopracigliare destra, grande ala destra dello sfenoide, osso zigomatico destro e osso mascellare destro. Non si tratta di un vero e proprio dolore ma una ipersensibilità che genera nel cliente una sensazione ansiosa temendo un'incipiente crisi. Per questa ragione gli vengono proposti dei pseudo-trattamenti di rilassamento, tra ciascun trattamento completo svolto su base settimanale, in cui semplicemente l'operatore appoggia la propria mano sulla zona algica in una situazione di centratura alla ricerca della mera decontrazione della muscolatura facciale. Questi pseudo-trattamenti di intervallo, che 92 vengono somministrati in modo non sistematico ma a richiesta del cliente, incontrano il favore di Luca che ne fa frequente uso. Durante questo periodo emergono due nuove circostanze: l'articolazione temporomandibolare di Luca appare contratta a causa principalmente di un muscolo massetere particolarmente tonico e contratto (come sempre nella muscolatura di Luca). Inizia quindi anche un lavoro su questo muscolo e sull'articolazione temporomandibolare in generale. Si suggerisce al cliente di aiutare questo lavoro di decontrattura con l'uso di un “bite” notturno che aiuti il muscolo massetere a rilassarsi ed eviti le sollecitazioni ossee di un bruxismo notturno. Il bruxismo (dal greco βρύκω o βρύχω (brùko), lett. "digrignare i denti") consiste nel digrignamento dei denti, dovuto alla contrazione della muscolatura masticatoria, soprattutto durante il sonno. Generalmente viene considerato come una parafunzione, ovvero un movimento non finalizzato ad uno scopo. Il digrignamento perdura per 5-10 secondi e, durante la notte, questo evento può ripetersi varie volte. Tipicamente, l'episodio compare nella fase II del sonno (il che può anche essere evidenziato da artefatti che compaiono sul tracciato elettroencefalografico). Si tratta di un fenomeno abbastanza diffuso presso la popolazione (5-20%) e generalmente non viene avvertito dalla persona interessata. Il rumore causato dallo sfregamento dei denti, invece, può disturbare il sonno del partner di letto e talvolta può essere talmente forte da potersi udire anche in altre camere. Generalmente al risveglio la persona non avverte nessun disturbo tranne nei casi di bruxismo intenso in cui si può avvertire una sensazione dolorosa alle mascelle. 93 Il digrignamento, però, può creare dei danni a causa dell'usura della superficie masticatoria dei denti sia dell'arcata superiore che di quella inferiore e questa condizione, il più delle volte, viene notata dal dentista. Col tempo il bruxismo può produrre alterazioni importanti dei denti, che perdono dimensione verticale e più in generale lo strato di smalto, e ciò può facilitare l'insorgenza di carie. Talvolta lo smalto può essere talmente abraso da esporre la dentina, il che può velocizzare la successiva erosione. A lungo termine si possono verificare fratture o perdite dentali. Si può anche avere difficoltà ad aprire la bocca completamente e aumento della sensibilità dei denti al caldo o al freddo. È, infine, da notare che la dolorabilità dell'articolazione temporo-mandibolare, se continuativa, può produrre comparsa di cefalea o arrivare alla disfunzione articolare vera e propria. I fattori eziologici del fenomeno non sono noti: in alcuni casi si è notata una predisposizione familiare, talvolta si è fatto riferimento a malformazioni mandibolari o a problemi d'occlusione dentari e anche a stati psicopatologici alterati (tensione emotiva, stress, aggressività) o ad alterazioni del sistema extra-piramidale. Al momento non esiste una terapia specifica per questa condizione ma vengono utilizzati degli opportuni dispositivi, detti “bite”, che possono essere duri o morbidi a seconda delle necessità, che proteggono di notte i denti dall'erosione. Tali dispositivi possono essere preparati appositamente per la persona interessata (tramite rilevazione le impronte delle due arcate). Tali apparecchi oltre a proteggere lo smalto dall'erosione, possono anche facilitare il ripristino di un allineamento corretto delle arcate. 94 In alternativa, è possibile acquistare “bite” da banco che mediante un riscaldamento temporaneo si ammorbidiscono e si adattano agevolmente ai denti, per poi irrigidirsi una volta raffreddati. Luca usa proprio uno di questi apparecchi da banco e, dopo un necessario periodo di assuefazione per sopportarlo durante il sonno, ha iniziato a farne uso regolare. Il miglioramento si è immediatamente avvertito in trattamento sul muscolo massetere che risulta ora molto più morbido, decontratto e soprattutto risponde alle richieste del terapeuta. Parallelamente Luca lamenta una ipersensibilità ad alcuni denti dell'arcata mascellare destra (in zona algica quindi) che si acutizza nei periodi di ipersensibilità di questa zona. È evidente che è difficile capire quale sia la causa e quale la conseguenza, se l'ipersensibilizzazione del dolore dentale o il dolore dentale dell'ipersensibilizzazione. Di certo l'uso del “bite” lo aiuta a non sollecitare inutilmente le parti. Luca è preoccupato del fatto che i denti in questione siano già stati da tempo devitalizzati per cui la sensazione di fastidio/dolore teme non possa essere riconducibile ai denti stessi. È ovvio che una buona componente ansiogena, complice anche il calendario che sfoglia preoccupantemente verso la primavera, ha il suo peso. Il consiglio non può che essere di interpellare il dentista per o risolvere il problema o escludere la sua origine stomatologica. Va sempre ricordato che il craniosacrale è una terapia complementare e non può sostituirsi alla terapia medica allopatica ove vi siano delle patologie conclamate ma deve affiancarsi ad essa per armonizzare l'azione tipicamente locale ed invasiva della medicina classica; il craniosacrale può coadiuvare una cura e solo raramente risolvere una patologia ove la stessa sia effetto e non causa di una sofferenza focalizzata in un fulcro fisico o emotivo. Le cure dentistiche iniziano all'inizio della primavera, verso fine di marzo e portano come risultato un miglioramento dell'ipersensibilità alla radice dei denti. Alla data di pubblicazione della presente opera la cura continua con un ricondizionamento dei colletti dei denti in quanto lo specialista ha valutato che la dolenzía sia da imputare alla gengiva in prossimità dei denti devitalizzati. Rimane l'ipersensibilità diffusa a livello della zona algica ma, come diremo in seguito, anche quella nel giro di poco andrà affievolendosi. 95 Con la primavera Luca ha sempre più la sensazione che si avvicini il periodo del “redde rationem”. Il caldo comincia ad aumentare e si avvicina il periodo usuale per la crisi di cefalea. Affrontati i problemi dentari e mitigata la contrattura all'articolazione temporomandibolare con le sedute di craniosacrale e l'uso di un “bite” notturno, anche la necessità di momenti di “rilassamento” infra-seduta diminuisce. Le richieste di Luca di questo tipo di pseudo-trattamento sono sempre meno fino a cessare. Continua invece il ciclo di trattamenti su base settimanale. Un nuovo scenario pare aprirsi all'operatore all'analisi dell'impulso ritmico craniosacrale nel terzo ventricolo: con il diminuire della portata dell'inalazione si ha la sensazione che il terzo ventricolo riesca a drenare in esalazione attraverso l'acquedotto di Silvio in modo sensibile. La portata di questa esalazione non è confrontabile con quella dell'inalazione, ma è avvertibile qualcosa che prima non si riusciva ad avvertire. Anche la tensione del terzo ventricolo in esalazione, che usualmente si avvertiva come una forte pressione alle pareti del ventricolo, pare essere diminuita. Con l'aumentare del caldo anche l'ipercinesia di Luca aumenta. Il suo sistema invece, in sede di trattamento biodinamico, appare docile e si allinea ai primi momenti del contatto con l'operatore. Il cliente afferma di attendere con piacere il momento settimanale del trattamento in quanto la sensazione di piacevolezza, rilassamento e centratura è godibile. Per tutto aprile e maggio la sensazione di un acquedotto di Silvio decisamente pervio accompagna ogni seduta. Tanto per rendere le cose meno facili a Pasqua, ai primi di aprile, Luca si dedica ad un viaggio lampo a Tokyo. Al suo rientro di nuovo un paio di sedute, come a Natale, sono dedicate a far ritrovare la centratura ad un sistema che viaggia indeciso fra due fusi orari diametralmente opposti. Questo fatto però cela anche un altro aspetto tutt'altro che trascurabile che non è strettamente correlato con la disciplina craniosacrale ma rientra pienamente nella visione non allopatica di un cliente-paziente che non è un insieme di organi e funzioni isolati più o meno ben funzionanti ma un tutt'uno di corpo, psiche e spirito che non può essere distinto l'uno dall'altro e deve essere osservato nel suo insieme: come già abbozzato sopra, l'impatto debilitante sociale di questa malattia è notevole non solo 96 per l'individuo che ne soffre ma per tutto “l'entourage” che lo circonda, in primis il coniuge. Luca in particolare, sia per caratterialità che per le sue vicissitudine cliniche, è una persona ansiosa. Il fatto che abbia deciso di fare dei viaggi così ambiziosi in un periodo potenzialmente a rischio o prossimi a questo tempo, suggerisce che dentro di se avverte una sensazione di sicurezza e sanità che va oltre la salute che egli ha ostentato per gli altri 11 mesi dell'anno. La sensazione che pare evidente anche dal dialogo operatore-cliente prima e dopo le sedute, è di un cliente che avverte dentro di se, in maniera inconscia certamente, una sensazione di guarigione collegata col principio di ordine e guarigione nel senso espresso dal Sutherland. Questo aspetto non è secondario. In una malattia che, in epoche lontane dalle crisi, non manifesta alcuna forma di insanità salvo far degenerare l'individuo nei periodi di crisi, la sensazione di “malattia latente”, si fa strada. La sensazione di guarigione è ben più di un essere in salute, è il ritrovare un equilibrio e una armonia interna che risuona con il proprio intimo concetto di ordine e guarigione. Questa è la sensazione che traspare dei colloqui e dal tipo di vita che Luca conduce nei mesi di aprile e maggio. Maggio in particolare, mese della crisi dell'anno precedente, trascorre con un contatto molto frequente tra cliente e operatore. Ma tutto scorre per il meglio. Con giugno arriva il primo vero e proprio gran caldo del 2010. Le sedute proseguono non più a base settimanale da ogni 10-12 giorni. Il sistema ventricolare sembra quello di una persona diversa da quella incontrata in autunno. Per la prima volta si ha la sensazione che non vi sia differenza tra inalazione ed esalazione. In uno degli ultimi trattamenti prima della fine di giugno l'operatore tenta un stillpoint in esalazione del terzo ventricolo ed immediatamente il sistema risponde con un prolungato CV3. Il sistema ventricolare funziona come un orologio! Poiché a questo punto lo scopo del ciclo di trattamenti pare raggiunto, si comunica a Luca l'intenzione di non proseguire con il ciclo di trattamenti a meno di sue richieste in tal senso. Questo non significa certamente che la patologia sia risolta ma che l'azione del terapeuta intrapresa l'autunno precedente ha avuto un effetto. Sta ora al “sistema” reagire a questo nuovo equilibrio ed organizzarsi diversamente. 97 Se questo avrà dei benefici nei confronti della patologia sarà da vedersi. Per ora le crisi non si sono presentate con la periodicità degli anni precedenti per cui sicuramente qualcosa è cambiato. Quanto e in che modo si valuterà con l'osservazione e con il tempo. L'ultimo incontro prima dell'estate con Luca avviene proprio verso la fine di ottobre. Il sistema è in equilibrio, il terzo ventricolo raggiunge normali volumi di inalazione ed esalazione. Sia CV3 che EV3 sono raggiunti facilmente una volta che il cliente è entrato nelle sue risorse. Non vi sono gli estremi per continuare il ciclo di terapia, il cliente stesso desidera sospendere. Il periodo in cui l'anno prima sono sorte le crisi è già passato. Questo non significa che quest'anno non si presenteranno più ma, essendo già arrivata la stagione estiva, cronologicamente e di fatto, il cambio di stagione, fatidico momento di passaggio, è trascorso. L'estate per Luca trascorre tranquilla e senza problemi. Molto lavoro, un po' di ferie. Nessuna crisi. Non ci sono incontri di craniosacrale in quel periodo ma solo contatti telefonici. Ovviamente per questo vi è euforia ma non ci sono elementi concreti per poter dare il merito di questo al craniosacrale. Manca la controprova che nessuno si augura di poter provare. Ciononostante il quadro che si genera è di per se consistente e, se non sappiamo se il craniosacrale è stato la causa risolvente del problema, nonostante i risultati qui riportati dagli operatori, vi è la sensazione che possa essere stato di ausilio al quadro complessivo. Va anche tenuto in considerazione il notevole apporto all'aspetto psicologico che il lavoro del craniosacrale ha contribuito a migliorare. Non vi è quindi la possibilità una analisi più approfondita che possa far propendere per una corresponsabilità positiva della terapia craniosacrale che vada oltre all'effetto placebo. 98 Forse una ulteriore risonanza magnetica al cranio potrebbe far capire se sia riscontrabile una minor infiammazione del ganglio trigeminale di Gasser ma non vi sono basi cliniche per indurre il sistema sanitario nazionale a far prescrivere questo ulteriore esame. Noi riteniamo che ciò vada oltre le competenze e gli scopi del craniosacrale. Se questo è stato vincente, coadiutore o inutile per il decorso della malattia (dalla quale non è dato sapere, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche sulla stessa, se Luca sia guarito o meno) poco importa. Il cliente è contento del lavoro svolto e allo stesso modo gli operatori ritengono di aver fatto ciò che che era in loro potere fare per il cliente. Il risultato di aver contribuito sicuramente ad aver dato al cliente uno status mentale attivo e proreattivo nei confronti della malattia a prescindere se la terapia sia stata utile contro la malattia, è già di per se un risultato apprezzabile. Al fine di chiudere il cerchio in modo consistente nei confronti della presente pubblicazione, Luca è stato invitato ad un incontro di verifica dopo la fine dell'estate. Questi sono i risultati della seduta: il cliente è in buona salute; nessun segno di cefalea nella usuale zona algica. Il cliente usa costantemente il “bite” notturno anche se ultimamente per problemi respiratori lo ha momentaneamente abbandonato (permane comunque l'ipertrofia a carico delle mucose dei turbinati e la deviazione del setto nasale che il cliente potrebbe valutare di risolvere chirurgicamente soprattutto qualora si allontanasse con sufficiente sicurezza il rischio di recidive della sindrome cefalica a grappolo). Il problema alle gengive in prossimità dei colletti dei denti è tutt'ora in fase di cura. Il sistema della respirazione primaria è fluido ed energico. Esalazioni ed inalazioni dell'impulso ritmico craniale si alternano con intensità e portata apparentemente pari. La mobilità delle ossa del cranio è pari per le ossa pari. La motilità del sistema nervoso centrale è chiara e distinta. Il movimento di esalazione ed inalazione della falce cerebrale, di quella cerebellare e del tentorio appaiono nella norma. Il sistema scivola facilmente in still-point su suggerimento del terapeuta sia in esalazione che in inalazione. CV3 e EV3 sono evidenti e fisiologici. Anche gli CV4 ed EV4 sono adeguati. 99 Durante la fase di ascolto si accende con energia la linea mediana con uno splendido apporto di energia. Pare evidente un principio di ordine predominante. In questa fase si fa strada nuovamente, come nei primi momenti di contatto un anno fa, una sensazione di tensione e di contrattura a livello lombare il cui ascolto e trattamento viene rimandato ad incontri successivi. Il sistema ha permesso di spostare l'attenzione dal problema predominante ad un vecchio e piccolo problema di sovraccarico discale, a dimostrazione che “si sente libero” di occuparsi di problemi “minori”. Ai fini di questa opera, dunque, viene posto un traguardo in questo momento. Ciò non significa che il cliente non beneficerà più del craniosacrale o che la sua patologia si risolta ma semplicemente che, per poter tracciare un quadro autoconsistente di questo ciclo di terapia craniosacrale biodinamica, si è chiuso il cerchio per poterne descrivere storia, caratteristiche ed effetti, e se ne aprirà un altro che apparterrà al futuro. Riteniamo che conclusioni non siano da trarre se non quanto riportato sopra circa l'opportunità di adoperare la tecnica biodinamica nel trattamento delle cefalee a grappolo. L'assenza di giudizio e interpretazione, peraltro, è insito nella tecnica biodinamica stessa. Ogni valutazione esposta è stata puramente di ordine procedurale e tecnico in senso stretto. L'unica valutazione che abbia un senso è quella di Luca, del cliente, e del rapporto che egli ha avuto con la terapia craniosacrale biodinamica e che appartiene a lui solamente. Questa opera è stata redatta per fini divulgativi e ogni affermazione è stata effettuata sotto la responsabilità degli operatori. Il cliente oggetto del ciclo di trattamenti è stato informato del contenuto della pubblicazione e a lui va tutta la gratitudine degli operatori per aver permesso che i risultati della sua esperienza divengano pubblici. 100 Bibliografia • • • • • • • • Netter Moore Persaud “Lo sviluppo prenatale dell’uomo” M. Barbieri, P. Carinci “Embriologia” Michael Kern “Craniosacrale - Principi ed esperienze terapeutiche” John E. Upledger, Jon D. Vredevoogd “Terapia Craniosacrale” Appunti Cranioacrale Biodinamico Corso Ass. L’Alba 2008 – 2010 Wikipedia Anatomy Gray www.giovannichetta.it http://www.cesil.com/leaderforchemist/articoli/italiano/bussone/bussoneit.htm http://it.wikipedia.org/wiki/Cefalea_a_grappolo http://www.farmacoecura.it/malattie/cefalea-a-grappolo-sintomi-cura-e-prevenzione/ http://www.eurosalus.com/notizie/ultime/una-nuova-cura-per-la-cefalea-a-grappolo.-ma-il-dolore- quando-la-batteria-si-scarica.html ● http://www.sisc.it/admin/upload/pagine_generiche/lineaAdulto2109_TrattaNonFarmaCefaGrappolo.pdf ● http://medicinaonline.altervista.org/Cefalee.htm ● Gfapastr5.jpg ● http://www.croceazzurrasem.it/medicina/nervoso.php ● http://www.scanvetpress.com/ ● ● ● ● ● Ringraziamenti Gli autori ringraziano per le conoscenze, l’aiuto e l’incoraggiamento che hanno ricevuto da: ¾ I nostri insegnanti Carlotta e Maurizio ¾ La nostra guida spirituale Pierrette ¾ Stefano, Sandra, Miri per aver sopportato la nostra formazione e le nostre esperienze di lavoro su di loro ¾ “Luca” per aver consentito che il suo caso fosse da esempio e fosse pubblicato ¾ Lilli, Katty, Giuli, MaryG, Loreta per averci aiutato a chiarire i nostri dubbi e per avercene dati altrettanti ¾ Chicca per averci spiegato come ascolto del proprio Corpo debba essere un corretto e radicale ¾ A Michela che con i suoi consigli e stimoli ha permesso che tutto questo avesse luogo. 101