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TGE32205 Giornale n°20
ANNO V | NUMERO 20 | OTTOBRE | DICEMBRE 2005
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Commesso viaggiatore
Commesso viaggiatore
Commesso viaggiatore
Articolo di Fasce
Nota di Miller
Intervista a Sciaccaluga
Articolo di d’Amico
I grandi interpreti
Urfaust
Urfaust
Articolo di Buonaccorsi
Nota di Mittner
Hellzapoppin
Mazzini alla Corte
Stabile in tournée
La scena e i giovani
Intervista a Liberovici
Spettacoli ospiti
Festival della Scienza
Gli studenti genovesi
parlano del Teatro
“Morte di un commesso viaggiatore”, “Glengarry Glen Ross”, “Urfaust”
TRE MODI DI VENDERSI L’ANIMA
LA
S TAG I O N E D E L L O
S TA B I L E
SI APRE ALLA
C O RT E
C O L C A P O L AV O R O D I
A RT H U R M I L L E R . E RO S PA G N I
P ROTAG O N I S TA
U N A B AT TAG L I A DA
COMBATTERE INSIEME
“URFAST” AL DUSE DAL 16/11 AL 4/12
Bentornato a tutto il nostro pubblico, bentornati nel vostro teatro, disponibili a una nuova stagione,
pronti con noi a sospendere per qualche ora il tempo e ad ascoltare storie antiche o contemporanee vivendole nella dimensione della profondità, l’unica che si addice al teatro.
Bentornati per sentirvi raccontare
dall’arte di Eros Pagni, protagonista di Morte di un commesso
viaggiatore, e dei suoi colleghi, la
storia di Willy Loman e della quotidiana lotta per emergere, della sua
vana fatica, e di come sia difficile
raggiungere il sogno della felicità.
Bentornati per vivere assieme una
lunga stagione, fatta di produzioni
del Teatro Stabile di Genova e di
tanta ospitalità scelta, classici e
contemporanei, teatro d’arte, teatro
“necessario” come amiamo definirlo, per capire meglio il mondo in
cui viviamo.
E bentornati anche per affiancarci, ve lo chiediamo, nella battaglia
un po’ umiliante che in maniera
ormai ricorrente dobbiamo sostenere per “salvare” il teatro, lo
spettacolo italiano, la cultura tutta dai tagli che la Legge Finanziaria minaccia prima e opera
poi. Umiliante dicevo, per noi e
per il nostro pubblico, perché al di
là del danno economico che ne
potrebbe derivare, difficilmente
affrontabile, è umiliante vedere
come, nel nostro Paese, ancora
una volta lo spettacolo e la cultura siano considerati un optional,
una voce effimera, un settore che,
per quanto pochissimo aiutato,
può essere ancora ridotto, forse
anche cancellato.
Perché sono in troppi nel nostro
Paese a pensare che per i giovani,
per gli anziani, per tutti noi non
sia fondamentale aiutare lo spirito a crescere, e in libertà. Sono in
molti, troppi a credere, con sarcastica arroganza, che sia eretico
affermare che, in una società civile e realmente evoluta, un teatro o
una casa editrice valgono esattamente quanto una scuola, un
ospedale, una chiesa, un asilo.
Noi qui, ogni sera, cerchiamo con
il nostro lavoro, con i nostri spettacoli, di rendere più credibile, irrinunciabile, questa “eresia”.
Bentornati a viverla con noi.
U
Carlo Repetti
rfaust è il primo spettacolo
prodotto dallo Stabile in
scena quest’anno al Duse: regia di
Andrea Liberovici, con Ugo Pagliai (Faust), Paola Gassman (Marta), Ivan Castiglione (Mefistofele)
e Kati Markkanen (Margherita). Presentato questa estate al
Festival di Borgio Verezzi e accolto
con esito molto positivo dal pubblico e dalla critica, Urfaust si propone come una originale forma di
teatro costruita in un mix di prosa,
musica e apporti multimediali, che
dà vita a uno spettacolo in cui la
parola (il testo originale di Goethe), il suono (le voci amplificate e
i molti contributi musicali: da
Gounod a Beethoven e Mahler) e
le immagini video (ora registrate e
ora in presa diretta) assumono
uguale dignità nella costruzione e
nella trasmissione del senso, facendo rivivere in modo molto perso-
nale il romantico sogno tedesco
del giovane Goethe, nel rispetto
fondamentale della poetica forza
del suo assunto narrativo e della
sua affascinante struttura teatrale.
Urfaust è la prima stesura del celeberrimo Faust di Goethe, di cui il
suffisso “Ur” sta in tedesco per
“originario”,“primigenio”. Quella che vi si narra è la vicenda ampiamente nota del sapiente Faust
che, giunto alla maturità, si rende
sempre più conto dell’astrattezza
della scienza e sogna la riconquista
della gioventù, ottenendola da
Mefistofele, da lui evocato per
magia. Inizia così il suo frenetico
viaggio nelle gioie del mondo fisico e nella corroborante esperienza
della vita, sintetizzata nel candore
di Margherita, che egli trascina
verso la rovina sotto lo sguardo
divertito di Mefistofele e con
l’interessata complicità di Marta.
Eros Pagni nel ruolo di Willy Loman, protagonista di Morte di un commesso viaggiatore (foto di Bepi Caroli)
M
orte di un commesso viaggiatore è in scena alla Corte dal 18/10 al 6/11. Il capolavoro di Arthur Miller,
grande drammaturgo statunitense scomparso quasi novantenne nel febbraio scorso, viene proposto dal
Teatro Stabile di Genova, in coproduzione con la Compagnia Mario Chiocchio, nella nuovissima traduzione di Masolino d’Amico e per la regia di Marco Sciaccaluga, il quale torna così al teatro di Miller tre anni
dopo l’applaudita messa in scena di Un nemico del popolo. Protagonista dello spettacolo è Eros Pagni nel ruolo
di Willy Loman, l’anziano commesso viaggiatore attraverso l’ultimo giorno di vita del quale si consuma la
crisi di fiducia nel mito americano del successo alla portata di tutti. Al suo fianco, sono interpreti dello spettacolo Orietta Notari, Gianluca Gobbi, Aldo Ottobrino, Ugo Maria Morosi, Mario Menini, Davide Lorino,
Enzo Paci, Fabrizio Careddu, Barbara Moselli, Stefania Pascali, Fiorenza Pieri. Le scene e i costumi dello
spettacolo sono di Valeria Manari, le musiche di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi.Al centro del dramma, che dall’esordio nel 1949 ha sempre ottenuto uno straordinario successo sui palcoscenici di tutto il
mondo (dagli Stati Uniti alla Russia, da Israele alla Cina), sta la famiglia Loman. Strutturato in modo molto
libero, con audaci flashback e improvvise incursioni nell’onirico, Morte di un commesso viaggiatore è un testo
che conserva ancora oggi tutta l’attualità del suo discorso di fondo che mette in scena il crollo di un mondo
costruito sull’illusione o sul primato delle apparenze. Con tutta la sua forza esteriore e l’intima, profonda
fragilità,Willy Loman offre al talento attoriale di Eros Pagni l’opportunità di costruire un altro personaggio memorabile della sua lunga carriera svoltasi quasi interamente sotto il segno dello Stabile genovese.
Un “Commesso” da premio Pulitzer
Dopo due settimane di rodaggio a Boston,
Morte di un commesso viaggiatore debuttò al
Morosco Theater di Broadway il 10 febbraio 1949 e fu un trionfo immediato,
acclamato dalla critica, premiato col
Pulitzer e replicato 742 volte. Fu un lavoro modificato durante le prove grazie alla
collaborazione di autore, regista (Elia
Kazan) e scenografo (Jo Mielziner).
Escogitando un set molto agile, con l’interno e l’esterno della casa di Willy Loman
visibili allo stesso tempo, e nell’interno il
piano superiore della medesima con la
camera da letto di Biff e Happy, praticabile anch’essa, Jo Mielziner risolse l’alter-
Arthur Miller
nanza di brevi episodi immaginata dall’autore con una tale fluidità da consentire a
Miller delle riscritture durante le prove,
provocando il prolungamento di queste e il
rinvio dei debutti, ma con grandi benefici
del risultato finale. Nell’occasione Miller
imparò a rimettere in discussione i particolari, e da allora in poi avrebbe seguito di
persona gli allestimenti dei suoi lavori,
ascoltando gli attori e risolvendo piccoli
problemi pratici con aggiustamenti continui, da vero artigiano (non per nulla per
tutta la vita sarebbe stato un paziente falegname che si costruiva i mobili da sé).
Masolino d’Amico (segue a pag. 3)
Paola Gassman (Marta) e Ugo Pagliai (Faust) in una scena di Urfaust (foto di Paolo Porto)
“Glengarry Glen Ross” Ritorna “Galois”
inaugura al Duse al Festival della Scienza
La commedia di David
Mamet, premio Pulitzer nel
1984, apre il 19 ottobre la stagione al Duse (repliche fino a
domenica 24). Diretto da Alberto Giusta e interpretato da
attori che si sono formati tutti
alla Scuola di Recitazione del
Teatro di Genova, lo spettacolo
è prodotto dalla Compagnia
G a n k e re a l i z z ato c o n l a c o l l a b o r a z i o n e d e l l o S t a b i l e.
La terza edizione del
Festival della Scienza
o r g a n i z z a sul palcoscenico
del Duse (dal 2 9 o t t o b r e a l
6 n o v e m b r e ) q u a t t r o appuntamenti teatrali e ospita
a l l a Casa Paganini (dal 30
o t to b re a l 5 n ove m b re ) l o
spettacolo prodotto dal Teatro
Stabile di Genova, Galois di
Luca Viganò, vincitore del prestigioso Premio Pitagora.
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Morte di un commesso viaggiatore
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I primi lettori della commedia non erano affatto sicuri che il pub-
Willy Loman nasce nell’età dell’oro per i commessi viaggiatori.
Letto da alcuni come una critica al capitalismo, da altri come una
Con qualunque stile o tono lo faccia, il primo dovere di un’opera
blico avrebbe seguito la sua manipolazione del tempo. Fu sol-
È figlio d’arte. Ma ora vive nel tempo in cui i vecchi “commessi”
denuncia delle facili illusioni prodotte dal cosiddetto sogno ame-
teatrale è di suscitare le passioni del suo pubblico, così che attraver-
tanto quando la videro rappresentata, che ebbero evidente con-
indipendenti vengono sostituiti da stipendiati che vendono
ricano, apologo in ogni caso aperto a più interpretazioni, il Com-
so la breccia della passione si possano stabilire nuovi rapporti tra
sapevolezza della sua reale natura drammatica. (ARTHUR MILLER)
il marchio delle campagne pubblicitarie. (FERDINANDO FASCE)
messo racconta una storia di rapporti familiari. (MASOLINO D’AMICO)
un uomo e gli altri uomini, tra gli uomini e l’Uomo. (ARTHUR MILLER)
Willy Loman, l’altra faccia della prosperità
UNA
FA M I G L I A T R AV O LTA DA L M I TO D E L S U CC E S S O
Nel 1949, il protagonista di Morte
di un commesso viaggiatore ha 63
anni.Willy Loman è nato dunque
nel 1886, un anno-chiave, attorno al quale si coagulano innumerevoli segnali dell’avvento della
modernità novecentesca e del
formarsi di quell’America che
con più forza si è infissa nel
nostro immaginario collettivo. In
quell’anno infatti arriva a New
York da Parigi la Statua della
Libertà, viene inventato un intruglio ancora molto sospetto che
prende il nome di Coca Cola,
Frederick Winslow Taylor, uno
dei padri dell’organizzazione
produttiva di massa, fondata sui
cronometri e sulla rigida predeterminazione dei compiti di
lavoro, intensifica i suoi esperimenti, mentre nasce Charles
Bedaux, che sarà uno dei suoi
seguaci più accaniti; le ferrovie
introducono l’ora standard, dalla
quale poi verranno i fusi orari,
compaiono i primi grattacieli, si
aprono i grandi magazzini
Woolworth, si spegne uno dei
focolai più rilevanti di resistenza
indiana con la resa del capo pellerossa Geronimo, scoppia una
bomba a Chicago, durante una
manifestazione operaia, con una
serie di reazioni a catena dalle
quali scaturirà la tradizione del
Primo Maggio. In una parola,
Willy nasce e si forma mentre è
in corso un’accelerazione ragguardevole del processo di
modernizzazione tecnologica,
produttiva, degli spazi e dei tempi
della vita quotidiana; un processo
che segna la fine dell’epopea
dell’Ovest ed esalta l’America
urbana e industriale.
L’ultimo ventennio dell’Ottocento è anche l’età dell’oro per i
commessi viaggiatori. Sono
migliaia e migliaia. Da un paio di
decenni, subito dopo la Guerra
civile, hanno accompagnato e
sostenuto la tumultuosa crescita
industriale che è seguita, a ritmo
inaudito, al trionfo militare della
borghesia manifatturiera e finanziaria del Nord. Sono gli eredi
sia degli ambulanti, che da sempre popolano le campagne, sia
soprattutto dei venditori-imbonitori urbani su larga scala, cioè di
quei rappresentanti delle grandi
case di spedizione e distribuzione
dei porti commerciali di New
York, Boston e Filadelfia, i quali,
nel periodo prebellico, incontravano in tali città gli agenti dei
mercanti all’ingrosso, provenienti
dall’interno del paese, e trascorrevano con loro intere giornate,
notti di divertimenti e mattinate
di intense trattative d’affari, per
persuaderli all’acquisto delle
merci delle aziende commerciali
per le quali lavoravano. Willy è
figlio d’arte. Il padre era un
In alto, Aldo Ottobrino (Happy), Gianluca Gobbi (Biff), Orietta Notari (Linda),Eros Pagni (Willy),
Mario Menini (zio Ben). Sopra, Eros Pagni (Willy) e Ugo Maria Morosi (Charley)
spettacoli ospiti
di David Mamet
Duse 19 / 24 ottobre
saranno licenziati. Con linguaggio crudo
e immediato, David Mamet racconta un
mondo senza donne e senza famiglia,
in cui ciò che conta è solo
il coinvolgimento totale nella vendita,
l’investimento emozionale
dell’esperienza, l’aggressività
dell’approccio e il virtuosismo dell’arte
della persuasione.
Alberto Giusta, regista e attore, ne sortisce uno spettacolo aggressivo e personale, prodotto in collaborazione con lo
Stabile genovese e interpretato da una
compagnia di giovani usciti tutti dalla
sua Scuola di Recitazione.
In un’agenzia immobiliare di Chicago,
quattro venditori vengono messi in
competizione: chi riuscirà a firmare più
contratti avrà in premio una Cadillac,
mentre gli ultimi due classificati
Giovedì 20 ottobre, ore 17.00, al MuseoBiblioteca dell’Attore, incontro con Alberto
Giusta e gli altri attori della compagnia.
Introduce Eugenio Buonaccorsi.
Glengarry Glen Ross
ottobre | dicembre 2005
ambulante,“inventore” e costruttore di flauti e “aggeggi” diversi.
Era sempre in giro con moglie e
figli per il paese, nel tentativo di
vendere tali prodotti. Sua principale risorsa: il fiuto, che gli consentiva di fare «più soldi in una
settimana - dice Ben a Willy - di
quanti uno come te ne potrebbe
fare in una vita». L’impulso alla
mobilità, che scorre, fortissimo, in
famiglia, trova in Ben, andato a
cercare (con successo) fortuna in
Alaska, l’incarnazione più fedele
della cultura della frontiera e del
mito della scalata “dalle stalle alle
stelle”. Meno pronto, per sua
stessa ammissione, a prendere al
volo occasioni così impegnative,
Willy sceglie la strada più prosaica del commesso viaggiatore.
Peccato per Willy che manchi al
suo vocabolario un termine che
dagli anni dieci viene applicato,
con crescente incisività, proprio
anche in quell’universo delle
vendite del quale Willy è convinto di conoscere ogni segreto. Il
termine è «sistema» e campeggia
nelle discussioni politiche e
sociali. Le imprese hanno scoperto come risulta più conveniente
integrare le parti a valle del ciclo
del prodotto, creando un sistema
di distribuzione interno all’azienda. I vecchi commessi viaggiatori
indipendenti vengono sostituiti
da, o si trasformano essi stessi in,
stipendiati, che vendono un marchio con l’ausilio delle campagne
pubblicitarie aziendali. Soprattutto i commessi che invecchiano
sono esposti al destino, probabilmente non infrequente, che tocca
a Willy, di dover accettare un peggioramento delle condizioni contrattuali, con la perdita della parte
fissa dello stipendio e il passaggio
alla provvigione pura. È difficile
immaginare che possa bastare
loro il senso di appartenenza, lo
spirito di corpo, la sensazione di
essere inseriti in una struttura che
trascende e dà un senso alla vita
dell’individuo, perché questi vi
può contribuire col proprio lavoro. Ciò forse funziona per i più
giovani, o per quanti crescono in
una struttura nella quale è chiaro
da subito che organizzazione,
sistema e disciplina fanno aggio
sulla «personalità». Ma evidente-
mente non per gli anziani. Willy
si umilia sino a chiedere di diventare un colletto bianco da scrivania a stipendio fisso. Quando il
suo principale gli nega anche
questa possibilità, sceglie di portare per sempre con sé, da qualche altra parte, l’artigiano della
personalità, gaglioffo e perdente,
dal quale non può staccarsi.
Ferdinando Fasce
Estratti dal saggio nel volume edito da
Il Melangolo in occasione dello spettacolo
Arthur Miller: il mio “Commesso”
Cominciai la stesura di Morte di un commesso viaggiatore con un solo punto fermo: che Loman doveva distruggere se stesso. Come dovesse brancolare
prima d’arrivare a quel punto non sapevo e decisi
di non curarmene. Ero convinto che se fossi
riuscito a fargli ricordare abbastanza del suo passato egli si sarebbe ucciso, e che la struttura del
dramma era determinata da quest’esigenza di fargli tirar fuori i suoi ricordi come un intricato e
confuso ammasso di radici. Come ho detto, la
struttura dei fatti e la forma del dramma sono
anche il diretto riflesso del modo di pensare di
Willy Loman in quel momento della sua vita. Egli
è il tipo d’uomo che si vede parlar da solo nella
metropolitana, diretto a casa o all’ufficio; è vestito
correttamente, e sembra perfettamente integrato
col suo ambiente, tranne che, a differenza di altri,
Willy Loman non riesce più a impedire che la
forza della sua esperienza spacchi la superficiale
socialità del suo comportamento. Di conseguenza
egli opera su due piani che spesso si scontrano. Per
esempio, se incontra suo figlio Biff nel bel mezzo
d’un ricordo in cui Biff lo aveva deluso, s’accende
subito di furore contro di lui, nonostante il fatto
che in quel momento Biff desideri moltissimo
essergli d’aiuto. Egli si trova esattamente in quel
terribile momento della vita in cui la voce del passato non è più una voce remota, ma altrettanto alta
di quella del presente. In termini teatrali, la forma
di Morte di un commesso viaggiatore s’identifica addirittura in questo processo.
Arthur Miller
dal 19 ottobre all’11 dicembre
Il medico dei pazzi
Così è (se vi pare)
di Eduardo Scarpetta
Corte 8 / 13 novembre
di Luigi Pirandello
Corte 25 novembre / 4 dicembre
Don Felice Sciosciammocca, sciocco e
danaroso provinciale, fa visita allo scapestrato nipote che egli ha mantenuto agli
studi e che ora gli fa credere di dirigere
una clinica di malati di mente. Equivoci e
risate per un classico del teatro napoletano. Con Carlo Giuffré (anche regista)
nel ruolo portato al cinema da Totò.
L’élite sociale di un capoluogo di provincia
indaga sulla vita del nuovo impiegato della
Prefettura, di sua moglie e della suocera.
Cosa nascondono? Realtà o apparenza.
Verità o menzogna. Pirandello lascia allo
spettatore trarre le conclusioni e Bosetti
s’identifica nella risata del suo raisonneur.
Io, l’erede
di Eduardo De Filippo
Corte 15 / 20 novembre
Con Eduardo si ride e si riflette sul
mondo. In questo caso sul diritto-dovere
di ciascuno a costruirsi liberamente la
propria esistenza e su certa beneficenza
pelosa che tarpa le ali a questa libertà.
Un classico scritto nel 1942 e portato
al successo nel 1968. Regia della
Shammah, con Gleijeses, la Bargilli
e Mastelloni in abiti femminili.
Re Lear
di William Shakespeare
Corte 6 / 11 dicembre
Una grande metafora della condizione
umana che mette in scena temi molto
concreti: la vecchiaia e la pazzia, l’ambizione e la bramosia, l’ingratitudine e la
lussuria, la tragedia della vita intesa
come una “ferita mortale”. Capolavoro
sempre attuale della cultura occidentale,
Re Lear è interpretato da Roberto
Herlitzka. Regia di Antonio Calenda.
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Morte di un commesso viaggiatore
CONVERSAZIONE
M A R C O S C I AC C A L U G A , R E G I S TA
CON
DELLO
S P E T TAC O L O
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C H E I N AU G U R A L A
S TAG I O N E
ALLA
C O RT E
PRIGIONIERO DEL SOGNO
Lo spazio e l’azione
to ritratto “in minore” della cecità
paterna. Totalmente prigioniero
dell’autoinganno, Happy rifiuta
sino alla fine qualunque opportunità di affrontare il padre, e quindi
se stesso. La “malattia” di Willy è
penetrata a fondo tra i membri
della sua famiglia. E anche Linda,
che in apparenza sembra un personaggio con i piedi per terra, rivela
di fatto di essere totalmente succube delle ossessioni del marito, al
quale, invece della realtà, riesce
solo offrire il velenosissimo placebo dell’illusione della felicità.
Iniziamo a parlare del Commesso
viaggiatore partendo dalla scenografia.
Si sa che Arthur Miller e il regista
Elia Kazan collaborarono fervidamente durante l’allestimento della
prima edizione del Commesso viaggiatore, tanto che le didascalie del
testo che venne poi pubblicato
descrivono di fatto lo spettacolo di
Kazan, con la conseguenza che le
soluzioni scenografiche allora messe a punto da Jo Mielziner hanno
fondato un impianto concettuale
rimasto poi vivo in tutte le edizioni
sceniche che io conosco. Intendo
far riferimento a quella casetta circondata dai casermoni che, con un
effetto un po’ ingenuo di proiezioni, a un certo punto sparivano per
lasciare il posto alle foglie d’autunno o ai numerosi altri spazi dell’azione scenica. Era un’idea e, da
quanto si può capire dalle fotografie, anche un’idea molto ben realizzata. Ciò che in tale idea, però, non
mi ha mai completamente convinto - né alla lettura, né quando una
ventina d’anni fa misi in scena il
Commesso con Giulio Bosetti - è
che in questo modo si finisce col
creare sul palcoscenico qualcosa che
Il tabù dell’infelicità
Eros Pagni e Orietta Notari
Gianluca Gobbi e Aldo Ottobrino
nel testo non c’è: cioè, una gerarchia tra lo spazio del presente e
quello del passato; e, inevitabilmente, anche tra i luoghi deputati all’azione all’interno di quella casa (la
cucina, la camera da letto dei genitori, quella dei due figli). Con la
conseguenza aggiunta che, soprattutto nella seconda parte del
dramma, diventa quasi inevitabile
andare incontro alla schematizzazione dei luoghi che si moltiplicano
sul palcoscenico: qui l’ufficio di
Howard, là quello di Charley, in un
posto l’albergo di Boston, in un
altro il ristorante; mentre la presenza della casetta non viene mai completamente meno…
Il teatro innanzitutto
È il risultato di quella voglia di cinema
che, pur con modalità diverse, serpeggia
in tanto teatro americano della seconda
metà del Novecento
Perché allora non provare ad
abbandonare completamente ogni
voglia di cinema e riportare tutto
con decisione alla specificità del
teatro, rivendicando al palcoscenico il diritto di essere un luogo dove tutto può succedere? È appunto
questo che abbiamo cercato di fare
noi con quelle porte che si affacciano su una O di legno come in
una libera interpretazione dell’inner stage elisabettiano e che, aperte
dall’ingresso o dall’uscita dei vari
personaggi, lasciano intravedere
delle immagini allusive che sempre
in modo poco invadente potranno
ricordare a qualcuno il mondo visivo di Hopper. Ora, quando a teatro ci si dà una nuova legge spaziale è inevitabile che si metta in
moto una serie di conseguenze anche forti. Qualcosa inevitabilmente
cambia e magari diventa necessario
qualche piccolo ritocco drammaturgico. Lo si fa con Shakespeare, e
quindi perché non farlo anche con
Miller? Quello che sto cercando il
più possibile di costruire è uno
spettacolo che dia l’impressione di
una narrazione continua; uno spettacolo capace di usare il palcoscenico accettandone la specifica convenzionalità, ma anche tutta la sua
forza di libertà.
Una tragedia moderna
Cancellando dal palcoscenico il naturalismo dello spazio teatrale, che cosa si
acquista nella messa in scena del
Commesso viaggiatore?
L’intera vicenda è portata a svolgersi in uno spazio tragico e si
allontana dallo spettacolo ogni
tentazione di indulgere al lacrimevole o al patetico, salvaguardando
nello stesso tempo, mi sembra, al
testo di Miller tutta la sua grandezza. Soprattutto se si legge o si rappresenta questa “pièce” senza
lasciarsi condizionare dalla tradizione ideologica e figurativa, ma la
si restituisce all’ambito della tragedia, mi sembra davvero che il
Commesso sia in grado di attingere
a una dimensione molto alta e di
rivelarsi appieno nella grandezza di
un capolavoro.
L E
R E G I E
D I
La famiglia Loman
Chi è allora Willy?
È un uomo che vive prigioniero
del sogno di realizzarsi attraverso i
propri figli, un uomo che fa fatica
ad accettare la loro individuale autonomia e che per questo trasforma il suo amore sincero in cattiveria, capace di manifestarsi anche
con una violenza inaudita. Willy
Loman è un toro, non un fragile
omino sconfitto dalle difficoltà del
quotidiano. È un combattente della
stessa specie di Re Lear: uno di
quegli uomini per uccidere i quali
ci vuole la mannaia della vita, che
in questo caso è lui stesso a scegliere infine d’impugnare. Di fronte a
lui, Biff cerca invano di dipanare il
groviglio nel quale si sente avvolto,
essendo in quella famiglia, in fin
dei conti, l’unico ad avvertire che
così non si può andare avanti. Ma
Biff fallisce anche perché il padre
censura completamente il suo desiderio. Biff è un personaggio che si
colloca tra il James Dean di
Gioventù bruciata e Amleto, anche se
un Amleto da “drugstore”. La sua
tragicità nasce dalla inadeguatezza
a farsi carico di una coscienza collettiva, perché - come ben mostra
la grande scena al ristorante tra Biff
e il padre - in quella casa non c’è
mai alcuna possibilità di mediazione. Di fronte a ogni problema vige
solo la legge del “tertium non
datur”: bianco o nero, bello o brutto, amore o odio, la felicità o la
disperazione. Il fratello Happy è un
personaggio meraviglioso in quan-
M A R C O
S C I A C C A L U G A
In occasione della messa in scena del Commesso, in ottobre lo Stabile propone nel foyer del
Teatro della Corte una rassegna video di spettacoli prodotti per la regia di Marco Sciaccaluga.
mercoledì 5
venerdì 7
mercoledì 12
venerdì 14
mercoledì 19
venerdì 21
mercoledì 26
venerdì 28
ore 16
ore 16
ore 16
ore 16
ore 16
ore 16
ore 16
ore 16
I fisici (1989/90)
di Friedrich Dürrenmatt
Re Cervo (1990/91)
di Carlo Gozzi
Lapin Lapin (1994/95)
di Coline Serreau
Ivanov (1995/96)
di Anton Cechov
Un mese in campagna (1996/97) di Ivan Sergeevic Turgenev
Fedra (1998/99)
di Jean Racine
Der Totmacher (2000/01)
di Romuald Karmakar e Michael Farin
Un nemico del popolo (2001/02) di Arthur Miller
Morte di un commesso viaggiatore racconta in modo molto originale
come per la maggior parte degli
individui e delle società contemporanee l’infelicità sia un tabù. Per
i Loman se non si è felici si è
disperati, e questo li rende inesorabilmente persone tragiche e stupide insieme. In una miscela che
genera violenza. Qui non si tratta
della legittima aspirazione di ciascuno a essere felice, ma del considerare l’infelicità come una maledizione. E, in quanto non felici, i
Loman sono dei personaggi maledetti. Non è più il tempo in cui gli
dèi accecavano Ercole facendogli
uccidere suo figlio o Aiace spingendolo a sterminare i suoi armenti, ma i Loman hanno indubbiamente qualcosa in comune con
questi tragici eroi “avvelenati”.
Individuo e società
Avvelenati da chi, in questo mondo
senza dèi? Dalle lusinghe della società?
Dal mito del sogno americano?
Certo che il sogno americano c’è in
questa commedia e certo c’è in
modo che non riguarda solo gli
americani, ma tutti noi. Attenzione
però a non confondere Arthur
Miller con Bertolt Brecht: il suo è
sempre uno sguardo di condivisione, più che uno sguardo giudicante.
Detto questo, nel testo esiste di
sicuro una dialettica tra individuo e
società, ma la società c’è nel
Commesso viaggiatore come c’è in
Shakespeare: risuona, cioè, attraverso le parole e i comportamenti dei
personaggi e non ha bisogno di
entrare in scena con la raffigurazione grottesca di un capitalista o l’esplicito giudizio ideologico su un
destino individuale.
Centralità dell’attore
Willy Loman è un personaggio che ha
bisogno di essere indossato da un grande attore?
Come accade per tutto il teatro
classico, del resto, la messa in scena
di Morte di un commesso viaggiatore
non può prescindere dalla necessità di mettere al suo centro l’interpretazione dell’attore. Eros Pagni
inseguiva da tanti anni questo personaggio e sono felice che sia stato
lo il Teatro Stabile di Genova a
offrirgli l’occasione di incontrarlo.
Vedendolo lavorare, sono sempre
più convinto che saprà dare un
contributo importante alla storia di
questo personaggio, alla sua comprensione. La sua forza interpretativa è fatta della stessa materia di
quella di un Lee J, Cobb o di un
George C. Scott. La regia non può
che partire dalla sua presenza per
poi irradiarsi su tutto il resto.
Estratti dalla conversazione, a cura di
Aldo Viganò, pubblicata nel volume che
accompagna lo spettacolo
UN “COMMESSO” DA PREMIO PULITZER
(Segue da pagina 1) Obbedendo a una didascalia che in seguito avrebbe eliminato dal testo defini-
tivo, in cui Willy Loman veniva definito come un ometto, Miller e il regista Kazan presero in
esame tutta una teoria di attori di dimensioni ridotte prima di assegnare la parte, invece, a Lee
J. Cobb, alto un metro e ottanta e pesante quasi cento chili, e di scoprire che la mole aiutava l’interprete a comunicare la vulnerabilità, l’indecisione del personaggio. Dei Willy Loman piccoli
sarebbero peraltro stati proposti in seguito. Paul Muni, che fu il Commesso nella prima edizione
londinese, era minuto e dimesso, e il critico Harold Hobson, che aveva visto Cobb a Broadway, lo
paragonò sfavorevolmente all’altro interprete. Paolo Stoppa era piccolo; Fredric March, che fu
Willy Loman nel primo film del Commesso viaggiatore era di stazza media; Dustin Hoffman, che
lo fece a teatro negli anni ‘70 e ‘80 e in un secondo film, era addirittura minuscolo. L’apporto della
concezione di Mielziner, autore anche delle luci, fu considerato dallo stesso Miller così importante, che Luchino Visconti ebbe il permesso di rappresentare la commedia solo a condizione di
accettarne la scenografia originale. Il memorabile allestimento che andò in scena all’Eliseo di
Roma il 10 febbraio 1951, con Paolo Stoppa, Rina Morelli, Marcello Mastroianni e Giorgio De
Lullo, aveva dunque l’impianto di Mielziner, opportunamente adattato da Gianni Polidori. Letto
da alcuni come una critica al capitalismo (ma a lungo proibito nella Russia comunista), da altri
come una denuncia delle facili illusioni prodotte dal cosiddetto sogno americano, apologo in
ogni caso aperto a più interpretazioni, il Commesso viaggiatore racconta una storia di rapporti
familiari, e in particolare di un amore tra padre e figlio irrimediabilmente compromesso dalla
delusione del secondo nei confronti del primo. Quello che non accade, ovvero che non accade
“ora”, è in questa pièce altrettanto importante di quello che accade, cosa che costituì una delle
novità della pièce - i non-fatti altrettanto pesanti dei fatti, quello che non succede non meno
essenziale di quello che succede. Quanto ai personaggi, Miller stesso racconta nella propria autobiografia di avere tenuto presente un suo zio, padre di due figli uno dei quali molto dotato nello
sport, che come Willy Loman continuava a confrontare i loro successi con quelli di Arthur e di suo
fratello, come se fosse stata in corso una gara alla quale badava solo lui. All’epoca del debutto
del Commesso a Broadway, la madre di Miller trovò in un cassetto un racconto dimenticato che
Arthur aveva scritto a diciassette anni. Era la storia di un commesso che invecchia, che non
riesce a vendere niente, che viene maltrattato dagli acquirenti e che si fa prestare i soldi per il
biglietto della metropolitana dal giovane narratore. In una nota scribacchiata sul manoscritto,
Miller aggiungeva che il commesso si era poi buttato sotto un treno. Masolino d’Amico
Estratti dal saggio pubblicato nel volume che accompagna lo spettacolo
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Morte di un commesso viaggiatore
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Dopo l’esordio avvenuto con enorme successo in anteprima a Boston e poi a New York,
Morte di un commesso viaggiatore ha fatto ben presto il giro del mondo, ovunque applaudito dal pubblico. Pur con interpreti diversi, Lee J. Cobb e Paul Muni, le prime edizioni in
lingua inglese (New York e Londra) sono state entrambe dirette da Elia Kazan. In Italia,
il dramma di Miller fu portato per la prima volta al successo da Luchino Visconti (prota-
gonista Paolo Stoppa); mentre Hollywood lo ha tradotto almeno due volte per il grande
schermo: la prima con Fredric March e la seconda con Dustin Hoffman, che si sono
venuti così ad aggiungere alla serie dei grandi attori interpreti di Willy Loman, tra i
quali ci piace ricordare - oltre agli italiani Tino Buazzelli, Enrico Maria Salerno, Umberto
Orsini e Giulio Bosetti - anche George C. Scott e, più recentemente, Brian Dennehy.
Grandi interpreti per un capolavoro
L E E J. C O B B
PAU L M U N I
PA O L O S T O P PA
FREDRIC MARCH
G E O R G E C. S C OT T
DUSTIN HOFFMAN
BRIAN DENNEHY
1) LEE J. COBB
Regia di Elia Kazan
con Mildred Dunnock (Linda)
Arthur Kennedy (Biff)
Cameron Mitchell (Happy)
New York, 10 febbraio 1949
2) PAUL MUNI
Regia di Elia Kazan
con Catherine Alexander (Linda)
Kevin McCarthy (Biff)
Frank Maxwell (Happy)
London, 28 luglio 1949
2
3) PAOLO STOPPA
Regia di Luchino Visconti
con Rina Morelli (Linda)
Marcello Mastroianni (Biff)
Giorgio De Lullo (Happy)
Roma, 10 febbraio 1951
1
4) FREDRIC MARCH
Regia di Laszlo Benedek
con Mildred Dunnock (Linda)
Kevin McCarthy (Biff)
Cameron Mitchell (Happy)
Hollywood, 20 dicembre 1951
5) GEORGE C. SCOTT
Regia di George C. Scott
con Teresa Wright (Linda)
Ramon Bieri (Biff)
James Farentino (Happy)
Broadway, 1975
5
6
6) DUSTIN HOFFMAN
Regia di Volker Schlöndorff
con Kate Reid (Linda)
John Malkovich (Biff)
Stephen Lang (Happy)
Toronto Film Festival,14 settembre 1985
7) BRIAN DENNEHY
Regia di Robert Falls
con Clare Higgins (Linda)
Douglas Henshall (Biff)
Mark Bazeley (Happy)
London, 16 maggio 2005
3
4
spettacoli ospiti
dal 6 dicembre al 15 gennaio
Fotografia
di una stanza
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Generali a merenda
Arsenico
e vecchi merletti
di Boris Vian
Duse 13 / 18 dicembre
di Cesare Lievi
Duse 6 / 11 dicembre
Una storia semplice e quotidiana, ma
tesa nel linguaggio e nella costruzione
temporale fino al limite dell’implosione.
Due tappezzieri parlano di pregiudizi
razziali e di speranze, di sesso e di
emarginazione. Uno spettacolo raffinato
e claustrofobico, scritto e diretto da Cesare
Lievi, regista di punta del teatro italiano.
7
Delitto e castigo
da Fëdor Dostoevskij
Corte 13 / 18 dicembre
I rapporti tra il giovane Raskolnikov,
autore dell’omicidio di una vecchia
usuraia, e il giudice Porfiri Petrovic,
incaricato dell’istruttoria di un crimine
di cui conosce già il colpevole, rivivono
sul palcoscenico per iniziativa di Glauco
Mauri, regista e interprete con Roberto
Sturno di questo omaggio alla teatralità
di un celebre romanzo.
Tra circo e commedia dell’arte,
una scatenata farsa antimilitarista
nella quale Boris Vian sviluppa temi cari
ai surrealisti, tra cui quello dello stretto
rapporto tra Potere e Regressione
infantile. Uno spettacolo divertente e
coinvolgente messo in scena con
elegante sobrietà e senza concessioni
inutili dalla compagnia “I fratellini”.
di Joseph Kesserling
Corte 27 dicembre / 6 gennaio
La morte e la fanciulla
di Ariel Dorfman
Duse 19 / 22 dicembre
Sullo sfondo di uno Stato latinoamericano
appena uscito dalla dittatura.
La vittima e il suo carnefice.
Difficile rapporto tra Verità e Giustizia,
ma anche irrinunciabile valore della
dignità umana. Uno spettacolo diretto
da Riccardo Bellandi e interpretato da
attori formatisi alla Scuola dello Stabile.
Replica proposta fuori abbonamento.
L’intramontabile capolavoro del teatro
leggero americano, con le due
impagabili vecchiette assassine e la loro
eccentrica corte di nipoti, viene
proposto per le festività di fine anno
nel nuovo allestimento degli Attori &
Tecnici che proprio questo genere
di teatro hanno dimostrato da sempre
di saper ottimamente gestire.
Il sorriso di Daphne
di Vittorio Franceschi
Corte 10 / 15 gennaio
Autore e attore, Vittorio Franceschi ha
scritto un testo che parla di eutanasia,
ma anche di altre cose misteriose
e affascinanti come la botanica.
L’amore e la morte, ad esempio.
Tra un fratello e una sorella, e tra un
vecchio scienziato e una sua giovane
allieva. Uno spettacolo messo in scena
dal regista cinematografico D’Alatri.
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Urfaust
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Anch’io come Faust, dopo di essermi aggirato
L’eroina femminile paga alla fine un prezzo alto per
Il Faust della prima redazione non è ancora
Alla radice del nostro spettacolo, sta la scel-
per tutti i campi del sapere, mi ero ben presto
il suo smarrimento: l’espulsione dal sociale e la con-
propriamente vecchio, come sarà nella secon-
ta di raccontare che la giovinezza richiesta
accorto della sua vanità e anch’io avevo fatto
danna a morte. Perviene comunque a un approdo
da redazione, ma soffre perché non riesce a
da Faust a Mefistofele sia quella dell’anima
ogni genere di tentativi. (J. W OLFGANG G OETHE )
penitenziale, che la redime. (EUGENIO BUONACCORSI)
essere veramente giovane. (L ADISLAO M ITTNER )
e non quella del corpo. (A NDREA L IBEROVICI )
FAUST E IL PATTO COL DIAVOLO
CONVERSAZIONE
Faust, dal mio punto di vista, è
un uomo, non una creazione
della fantasia, e come tale ha scelto un suo percorso di apparente
conoscenza. Apparente perché di
fatto lo studio, ovvero la ragione
della sua vita prima dell’incontro
con Mefistofele, lo mantiene
lontano, e in qualche modo lo
tutela dal reale. Anche se ovviamente la qualità delle informazioni apprese è diversa, non
credo ci sia differenza nel meccanismo psicologico che spinge
l’intellettuale a passare la sua vita
fra i libri e l’uomo che la fa passare davanti a una televisione.
Ognuno di noi sceglie più o meno liberamente la propria anestesia travestendola consciamente o
meno da passione e da assoluta
verità fino al giorno in cui non
appare, come “incidente” nel
nostro mondo, Mefistofele.
Come è nato questo tuo Urfaust?
Quando abbiamo iniziato a progettare lo spettacolo, mi sono
messo subito a leggere molte
cose intorno al testo e al suo
autore, ma poi - come del resto
faccio sempre - ho lasciato che le
idee sedimentassero in suoni e
immagini. Definito il contenitore
teatrale come uno spazio vuoto,
vagamente scespiriano, sono così
emersi nella mia mente soprattutto due oggetti (che sono poi
gli unici presenti sul palcoscenico): ovvero, il cofanetto con i
gioielli e il mazzo di margherite.
Se il primo mi è sembrato essere
il segno in cui sintetizzare la cultura, la ragione e il capitale, cioè
tutto ciò che muovendo da un
processo intellettuale diventa poi
CON
A N D R E A L I B E ROV I C I :
Paola Gassman (Marta) e Ivan Castiglione (Mefistofele)
poi a dedurre la realtà teatrale
dei personaggi.
Iniziamo da Faust: chi è e che cosa
vuole costui nel vostro spettacolo?
Alla base della scelte fatte, sta la
decisione che la giovinezza richiesta da Faust a Mefistofele sia
quella dell’anima e non del
corpo. Mi è sembrato infatti legittimo leggere in Goethe che
Faust, anche quando diventa giovane, continua a parlare come un
Kati Markkanen (Margherita) e Ugo Pagliai (Faust)
struttura socio-economica, il secondo mi è parso funzionale a parlare della natura, con tutto quanto
a questa può essere ricondotto: l’amore, gli impulsi, la fantasia.
Che relazione hanno questi oggetti
con l’opera di Goethe?
Oltre a esservi concretamente
presenti nel racconto, credo che
vi abbiano anche una forte valenza metaforica, poiché mi sembra
che al centro della riflessione artistica di Goethe stia sempre il
conflitto tra la ragione, attraverso
la quale gli uomini creano il proprio demone, e la natura, nella
sua logica precisa e inafferrabile.
Quegli oggetti, comunque, mi
sono teatralmente serviti come
segni precisi per avviare il percorso lungo il quale ho iniziato
COMPRARSI LA
uomo anziano che attraverso la
cultura sa interpretare tutti i segni
che gli offre l’amore. E in questo
sta insieme la sua gioia e la sua
disperazione. Nessun lifting teatrale o tanto meno nessuna sostituzione d’interprete (prima vecchio e poi giovane, come sovente
si usa fare nel rappresentare il
Faust), perché quella che soprattutto mi interessa raccontare è la
storia di un uomo di mezza età,
dedito sino allora allo studio, che
scopre la giovinezza attraverso lo
specchio di Mefistofele, suo alter
ego, dal quale emergono zone di
sé che egli non aveva mai incontrato. Faust scopre di aver sempre
confuso la sapienza con la felicità,
il cofanetto con le margherite, e
pertanto vuole ora viverne
autenticamente la sintesi.
Ma perché fallisce nel suo intento?
Innamorandosi di Margherita,
cioè del candore naturale e dell’ingenuità della giovinezza che
aveva sino allora rimosso, Faust
finisce col trovarsi inesorabilmente fuori natura, e da uomo
intelligente qual è ben presto se
ne accorge. Questa disarmonia è
la sua tragedia; e se Faust giunge
a uccidere Margherita è proprio
perché la sua ragione si rivela
assolutamente disarmonica rispetto a quell’amore.
In Goethe, però, tutto ciò avviene
nel contesto di una forte riflessione
teologica.
Più nel Faust che nell’Urfaust,
comunque; anche se è vero che
la nostra rappresentazione non
parla di teologia o lo fa solo in
una forma molto mediata.
Cioè?
Interrogandomi sul senso della
divinità oggi, mi è parso di individuarla soprattutto nella visione.
Da qui nasce la struttura dello
spettacolo in cui l’immagine tecnologica non è mai solo illustrazione del dato, ma tende ad assumere una funzione narrativa essenziale, facendo parte integrante del
racconto. L’occhio del “Dio” contemporaneo,una telecamera live in
scena, riprenderà come un reality,
la morte di Margherita, ovvero la
morte del candore.
Questo è valido anche per la musica?
In un certo senso credo di sì,
soprattutto per quanto riguarda
l’utilizzazione di temi musicali
classici (Berlioz, Gounod, Beethoven, Mahler, ecc.) che metto
in scena in funzione prevalentemente melò e in contrapposizione con le motivazioni molto
concrete e alle battute terrigne
pronunciate da Faust e dagli altri personaggi.
Qual’è la componente teatrale portante di Mefistofele?
Moltiplicandosi nelle voci dei
G I OV I N E Z Z A
personaggi che evoca e imita,
Mefistofele dà forma concreta
all’intuizione originale di Goethe, che vide per la prima volta il
Faust rappresentato dal teatro
delle marionette. Tutto il nostro
spettacolo è pensato come una
possibilità di “puppenspiel” visto
dagli occhi di un bambino, non
solo per le tante marionette che
sono in scena, ma soprattutto
perché per mediazione storica
queste finiscono con l’avere la
stessa funzione che oggi ha il
video: sono forme sintetiche che,
proprio come il video, hanno tra
l’altro la caratteristica di sopravvivere a chi le ha create.
Che funzione ha Marta in tutta
questa storia?
Se il tema centrale dello spettacolo è il viaggio di Faust (e del
suo doppio) all’interno della
conoscenza di sé e alla ricerca di
una impossibile innocenza perduta (la distruzione di Margherita), Marta vi svolge di fatto
il ruolo del senso della realtà:
Marta è l’altro, è la vita nella sua
concretezza.
È anche un Faust carnale?
Marta è insieme Faust e Mefistofele: tenta ed è tentata, è l’essere umano che vive senza squilibri. È l’ago della bilancia esistenziale.
Che cosa ti piacerebbe si portasse a
casa lo spettatore del tuo Urfaust?
In sintesi, il dramma della modernità. Faust rimuove la vita
attraverso la cultura, come altri lo
fanno oggi con la televisione. Ma
a lui, come a tutti noi, capita il
momento in cui fare i conti con
la realtà. Un incidente, l’incontro
con Mefistofele, e tutto cambia.
In una società tendenzialmente
anestetizzata, la rivelazione di
questa possibilità di incidente,
tipica del teatro, diventa subito
un fatto innovativo. Ecco, mi piacerebbe che lo spettatore si portasse a casa la domanda di quanto Faust sia in lui e nel suo modo
di vivere, quanto la natura
(Margherita) sia lontana dai suoi
ritmi esistenziali. Sarebbe un
grande risultato, un modo per
dare senso al nostro fare teatro.
conversazione con Andrea Liberovici
a cura di Aldo Viganò
Ivan Castiglione e Ugo Pagliai
Il Festival della Scienza, giunto alla terza edizione, guarda anche quest’anno al teatro,
riservando una particolare attenzione a quegli spettacoli che parlano di tematiche e di
personaggi appartenenti alla storia del sapere scientifico. In questo contesto, il Festival
organizza sul palcoscenico del Teatro Duse quattro appuntamenti teatrali molto suggestivi e ospita nella Casa Paganini (Genova, piazza Santa Maria in Passione) la ripresa di Galois (rappresentazioni 30 e 31 ottobre, 1, 2, 4 novembre alle ore 21.00 e il
5 novembre alle ore 10.30), spettacolo prodotto dallo Stabile di Genova.
Scritto da Luca Viganò, Galois è un testo teatrale che s’inserisce con piena legittimità nel
circolo ristretto dei testi affascinati dalle personalità e dal pensiero dei grandi matematici e scienziati. Grande matematico e riconosciuto padre dell’algebra moderna, Évariste
Galois morì in seguito alle ferite riportate in duello, il 31 maggio 1832. Non aveva ancora ventun anni, ma aveva già troppo vissuto. Perché quella fine così assurda? Ancora
oggi, non si conosce esattamente il motivo del duello, né l’identità dell’avversario. Forse
una provocazione da parte di un nemico politico: legato ai movimenti radicali, Galois
conobbe anche il carcere a causa delle sue idee e azioni rivoluzionarie. Forse solo una
questione di donne. Forse a ucciderlo fu davvero un amico intimo, come ipotizza questa libera rivisitazione teatrale della sua biografia. Si dice che, certo di andare incontro
alla morte, Galois passò la notte precedente il duello a scrivere una lunga lettera-testamento e, soprattutto, a riordinare - freneticamente - i suoi manoscritti di algebra,
aggiungendo in margine a uno dei teoremi una frase che è passata alla leggenda, insieme alle circostanze oscure della sua morte: «C’è qualcosa da completare in questa
dimostrazione. Non ne ho il tempo».
Per quanto riguarda gli spettacoli in cartellone al Teatro Duse, il programma prevede
le rappresentazioni di Bufaplanetes 29 - 30 ottobre (ore 21.00) scritto e diretto da
Pep Bou, con Pep Bou e Luis Bevia - La magia delle bolle di sapone QED - Una giornata nella vita di Richard P. Feynman 1 - 2 novembre (ore 21.00) di Peter Parnell regia: Luca Giberti, interpreti Andrea Nicolini e Arianna Comes - La tormentata esistenza del Nobel per la Fisica nel 1965 Napoleone magico imperatore 4 - 5 novembre
(ore 21.00) scritto, diretto e interpretato da Sergio Bustric - La storia di un imperatore
amante della matematica Neuroni e anima 6 novembre (ore 21.00) - Conferenzaspettacolo di Lella Costa e Riccardo Fasce.
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Urfaust
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“Urfaust” ar r iva sul palcoscenico del Teatro Duse dopo il successo ottenuto al Festival di Borgio Verezzi
Moderno eroe del disincanto
I
L
V I A G G I O
La figura di Faust si insedia nell’opera di Goethe fin dalla giovinezza. Una prima redazione
del Faust, quella che si suole
chiamare Urfaust, è databile al
periodo 1770-1775, ma è rimasta ignota fino al ritrovamento,
nel 1887, di una copia manoscritta. Goethe aveva raggiunto
una grande notorietà appena
venticinquenne, nel 1774, con
il romanzo epistolare I dolori del
giovane Werther, nella cui malattia esistenziale una intera generazione sentì di rispecchiarsi.
Ma il teatro da tempo fermentava tra i suoi interessi. In quel
periodo scrive commedie, tragedie e drammi, nei quali ora
stinge un ormai declinante
gusto rococò, ora echeggiano
accenti scespiriani, ora affiora
un interesse per le tessiture psicologiche. Questa sua precoce
vocazione teatrale troverà significativi sviluppi in una qualificata pur se non fitta produzione
drammaturgica, ma anche in
una seria riflessione coagulatasi
intorno alla figura di Wilhelm
Meister ed espressa in forma di
dittico romanzesco, in una intensa attività di regista svolta alla corte di Weimar (1791-1817),
oltre che nella stesura delle
Regole per gli attori nel 1803.
Urfaust è solo la tappa iniziale di
un percorso che attraverserà
quasi tutta la vita di Goethe. Lo
scrittore ritornerà in vari momenti sulla storia del sapiente
che si affida a Mefistofele per
trascendere i limiti della vita
umana. Circa vent’anni dopo,
Goethe diede alle stampe Faust.
Un frammento, che presenta notevoli mutamenti rispetto alla
versione originaria. Questo testo fu poi riversato interamente
nella prima parte del poema definitivo (Faust I) del 1808, cui più
tardi seguì la seconda parte (Faust
II), scritta tra il 1825 e il 1831,
pubblicata postuma nel 1832.
Prima di Goethe già alcuni autori, compreso l’elisabettiano
Christopher Marlowe, si erano
D I
F
A U S T
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T U R M
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Paola Gassman e Kati Markkanen con alle spalle Ivan Castiglione
occupati di quel singolare personaggio, che corrispondeva a
un filosofo, erudito e mago vissuto nel Cinquecento, ingigantito in leggenda dai racconti
popolari. La tradizione più viva
in Germania fu quella che si
manifestò sulle scene. Goethe
conobbe Faust da bambino, attraverso il Puppenspiel (teatro
delle marionette) e lo Schattenspiel (teatro d’ombre).
L’Urfaust apparentemente è disorganico, in realtà la sua struttura compositiva è congeniale
sia alle accensioni e dicotomie
tragiche dello Sturm und Drang,
il movimento culturale di con-
Paola Gassman e le marionette, tra Ivan Castiglione e Ugo Pagliai
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D A L L O
testazione che a fine Settecento
coinvolse anche l’autore, sia alla
forza centrifuga di un eroe spinto dallo Streben: cioè dall’energia e dalla tensione verso un’autorealizzazione mai appagata.
Faust, scortato da Mefistofele,
compie qui un viaggio nel
microcosmo del mondo borghese. Nella seconda parte del
poema della maturità, questo
viaggio proseguirà poi nel
macrocosmo del mondo antico,
delle corti, dell’Impero, fino
all’ascensione in cielo, in una
straordinaria sintesi di classicismo e romanticismo.
Il cammino comincia nell’angusta stanza in cui il dotto Faust
sta trascinando un’esistenza
estenuata tra libri eruditi e polverose carte. Egli, in quella specie di carcere, teme di avere
dedicato lunghi anni a un sapere vuoto e inutile. Si è perciò
rivolto alla magia con la speranza di riuscire a conoscere davvero il mondo. Ma neanche
l’apparizione dello Spirito della
terra riesce a sollevare Faust, né
vale a infondergli la sicurezza di
potersi inserire nel movimento
vitale della natura che fluisce e
D
R A N G
”
muta incessantemente. Mefistofele, invece, annunciando che
grigia è ogni teoria, gli promette che verde sarà l’aureo albero
della vita.Questa sfiducia nei
confronti della scienza che serpeggia nell’Urfaust va messa in
relazione con l’accantonamento di un credo razionalista che
l’autore aveva coltivato per
qualche tempo. Il Faust, infatti,
sia questo giovanile come quello conclusivo, offre molti spunti radicati nell’autobiografia.
Faust è decisamente un “moderno eroe del disincanto”, che
non crede più alla felicità predicata da molta ideologia settecentesca. Dramma esistenziale e conoscitivo coincidono in questo personaggio segnato dallo scacco e
dall’impotenza, figura estrema
“dell’oltrepassamento del limite”.
Il secondo nucleo tematico
dell’Urfaust è costituito dalla seduzione e dal conseguente abbandono della quattordicenne
Margherita, la quale finisce per
macchiarsi di un infanticidio. È
un dramma questo, in cui si
riverbera un problema sociale e
giuridico su cui si era acceso un
vivace dibattito che trovò risonanza negli scrittori dello Sturm.
Margherita avverte subito una
forte attrazione per Faust, ma si
protegge dietro la rigida educazione ricevuta e l’ossequio alla
religione. La sua semplicità non
resiste tuttavia agli assalti della
spregiudicatezza e della passione del corteggiatore. L’innocente fanciulla sfoglia i petali di
un fiore ma solo per ottenere la
conferma di qualcosa che desidera: essere contraccambiata.
Perde la sua pace, si assoggetta
all’imperio del cuore, il suo
sguardo erra sulle fattezze dell’amato, il discorrere e la stretta
di mano di Faust la turbano.
L’eroina femminile paga alla
fine un prezzo molto alto per il
suo smarrimento: l’espulsione
dal sociale e la condanna a
morte. Perviene comunque a
un approdo penitenziale, che la
redime. Al contrario del suo
innamorato, Margherita incarna
una figura dell’accettazione del
limite, restia a proiettarsi fuori
dal cerchio dell’interiorità e
dell’ordine famigliare.
Nella sua lettura dell’Urfaust,
Andrea Liberovici ha concentrato la vicenda attorno a quattro personaggi: Faust, Mefistofele, Margherita e l’amica Marta. L’azione scenica però viene
dilatata dal ricorso a video e
marionette, che introducono
altre presenze (Dio, lo Spirito,
A L L A
M A T U R I T À
lo Studente, alcuni goliardi) o
duplicano gli attori che agiscono in carne ed ossa. Secondo
una poetica già praticata in
molti dei precedenti spettacoli
di Liberovici, la musica gioca
un ruolo importante, senza
ridurre Berlioz, Gounod, Beethoven e altri compositori a
colonna sonora.Allo stesso modo gli elementi visivi non si
istituiscono mai in statica scenografia. L’una e gli altri diventano materiali di una lingua scenica, fattori costitutivi di una
dimensione simultaneamente
spaziale e sonora, dove il suono
D I
G
O E T H E
crea spazio e lo spazio si configura secondo scansioni musicali.
Lo sguardo proliferante sullo
schermo può metaforizzare
convenientemente, in un periodo di crisi del sacro, il prevalere
di una divinità dalla taglia quotidiana nella società massmediatica dei nostri tempi. L’occhio
della telecamera ha surrogato
così ogni presenza numinosa e
lo Streben accorcia il raggio
delle sue pretese, anelando a un
apparire comunque, possibilmente in prima serata, nel
palinsesto televisivo.
Eugenio Buonaccorsi
Ugo Pagliai in una scena di Urfaust con sullo sfondo effetti video
L’originalità dell’Ur faust
Per comprendere ciò che è l’Urfaust,
bisogna isolarlo rigorosamente dalle
aggiunte posteriori, bisogna cioè sforzarsi di dimenticare il Faust definitivo.
Indubbiamente molti particolari, che
saranno svolti nel Faust, si trovano già
embrionalmente nell’Urfaust; ciò non
significa però affatto che Goethe avesse sin da principio un’idea chiara di ciò
che sarebbe dovuta essere l’opera
completa. A parte ciò, fra l’Urfaust ed
il Faust vi sono varie gravi, ineliminabili contraddizioni. L’Urfaust fu in
molte scene sostanzialmente rifatto;
in parte fu indubbiamente peggiorato.
Pur nella sua frammentarietà, esso è
in complesso più omogeneo e soprattutto più vigoroso della redazione posteriore.
Mancano ancora le scene fra Dio e Mefistofele e quella del patto, che costituiscono l’impalcatura del posteriore dramma religioso; manca la scena del magico ringiovanimento,
mancano soprattutto gli stupendi squarci lirici, in cui il lettore del Faust è indotto a vedere quasi l’essenza del faustismo: i brani sul dissidio delle due anime, il consapevole ed
orgoglioso credo della terrestrità, l’invocazione estatica dell’attimo fuggente. Il Faust
della prima redazione non è ancora propriamente vecchio, come sarà nella seconda redazione, ma soffre perché non riesce ad essere veramente giovane. Ladislao Mittner
Da Storia della letteratura tedesca, Einaudi
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ARTE
E ARTISTI PER I POMERIGGI ALLA
CORTE:
INCONTRI, CONFERENZE, LETTURE POETICHE, PERFORMANCES
HELLZAPOPPIN, LA STAGIONE DEL FOYER
Dopo cinque anni di vita,
Hellzapoppin - Arte e Artisti nel
Foyer della Corte è diventato
ormai un appuntamento fisso con
le attività collaterali del Teatro
Stabile di Genova. Nato nel 2000
con l’intento di far vivere il foyer
della Corte anche nelle ore pomeridiane, quando in sala non c’è
spettacolo, il progetto ha visto crescere stagione dopo stagione la
partecipazione del pubblico, degli
artisti e delle associazioni culturali
coinvolte, conquistando l’attenzione di molte migliaia di persone: ora incuriosite da una performance artistica, ora attratte da un
evento musicale, ora interessate da
una conferenza o da un’intervista
pubblica, ora coinvolte in un laboratorio mutimediale.
Confortato dal bilancio decisamente positivo di un’iniziativa
seguita da un pubblico molto differenziato per età, per aspettative
culturali, per predilezioni artistiche, il Teatro Stabile di Genova ha
in programma anche quest’anno
una lunga serie di incontri, di performances e di manifestazioni, che
si svolgeranno nell’arco dell’intera
stagione. I partner sono quelli di
sempre, con in primo piano
ancora una volta gli amici dell’Associazione per il Teatro Stabile di
Genova e la preziosa collaborazione dell’Accademia di Belle Arti con
i suoi laboratori artistici; ma
molto significativa è anche quest’anno la partecipazione dell’Università di Genova, che organizza nel Foyer un ciclo di conferenze con dibattito, e dell’associazione culturale I Buonavoglia con
la quale sono in programma
almeno due cicli d’incontri con i
protagonisti degli spettacoli in
cartellone. A partire da gennaio,
poi, riprenderanno anche le iniziative organizzate in collaborazione con altre associazioni culturali della Regione, e in particolare con il Circolo Viaggiatori nel
Tempo (con il quale è in preparazione un ciclo d’incontri sulla
poesia italiana del Novecento),
con Valore Liguria e con la
Fondazione Novaro. Insieme verranno organizzate iniziative
che parlino di arte, letteratura e
APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA
Mercoledì 26 ottobre ore 17.30
conduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Intorno al Commesso viaggiatore
con Ferdinando Fasce
Mercoledì 9 novembre ore 17.30
conduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Intorno a Urfaust
con Carlo Angelino
Venerdì 20 gennaio ore 17.30
Circolo Viaggiatori ndel Tempo
Poesie vocali e consonanti
Giuseppe Ungaretti
Giovedì 26 gennaio ore 17.30
conduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Intorno a Holy Day
relatore da definire
Giovedì 2 febbraio ore 16.30
a cura di Margherita Rubino
in collaborazione con I Buonavoglia
L’Utopia e la Storia
incontro con Moni Ovadia
Venerdì 17 febbraio ore 17.30
Circolo Viaggiatori nel Tempo
Poesie vocali e consonanti
Eugenio Montale
Mercoledì 1 marzo ore 17.30
conduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Intorno a La chiusa
relatore da definire
Venerdì 17 marzo ore 17.30
Circolo Viaggiatori nel Tempo
Poesie vocali e consonanti
Pier Paolo Pasolini
Mercoledì 5 aprile ore 16.30
a cura di Margherita Rubino
in collaborazione con I Buonavoglia
La Memoria e la Scrittura
incontro con Ascanio Celestini
Giovedì 6 aprile ore 16.30
a cura di Margherita Rubino
in collaborazione con I Buonavoglia
Piantare in scena le voci
incontro con Erri De Luca
Venerdì 21 aprile ore 17.30
Circolo Viaggiatori nel Tempo
Poesie vocali e consonanti
Palazzeschi, Rodari, Scialoja, Dadaismo, Piumini
Venerdì 19 maggio ore 17.30
Circolo Viaggiatori nel Tempo
Poesie vocali e consonanti
Italian Beat Generation
musica, sempre con uno sguardo
privilegiato alla comunicazione
teatrale. Numerosi poi sono ancora una volta gli appuntamenti con
la proiezione di filmati rari (a
cominciare dalla rassegna già in
corso dei video degli spettacoli
con la regia di Marco Sciaccaluga), mentre con la nuova gestione
della Libreria del Teatro saranno
organizzate presentazioni di libri
che riguardano in modo specifico
il mondo dello spettacolo.
Tra le attività in programma nei
prossimi mesi, di cui si dà il calendario qui accanto,si segnala il ciclo
Teatro e Università coordinato da
Marco Salotti, con la partecipazione di altri professori dell’Università di Genova. Riflettendo intorno agli spettacoli prodotti dallo
Stabile (Morte di un commesso viaggiatore, Urfaust, Holy Day, La chiusa), ma senza restringere il discorso esclusivamente a questi, saranno
affrontati dal punto di vista storico
e culturale alcuni temi d’interesse
generale quali l’importanza dei
venditori “on the road” nella società statunitense, il “faustismo”
nella vita tedesca, la colonizzazione e il ruolo della donna, la favola
horror nella letteratura e nel costume celtico. Mentre un posto di
rilievo avranno gli incontri Autori
& Attori organizzati in collaborazione con I Buonavoglia, a cura di
Margherita Rubino. Il programma prevede tre incontri nel foyer,
rispettivamente con Moni Ovadia
sul tema L’utopia e la storia (giovedì 2 febbraio, ore 16.30), con
Ascanio Celestini su La memoria e
la scrittura (mercoledì 5 aprile, ore
16.30) e con Erri De Luca su
Piantare in scena le voci (giovedì 6
aprile,ore 16.30).Spazio aperto alla
sollecitazione artistica e culturale
della città, Hellzapoppin ha confermato nel tempo una propria
originale ragione d’essere, suggerendo anche un suo ulteriore
consolidamento attraverso l’incremento degli spazi lasciati alle iniziative autogestite dai giovani artisti e alle associazioni che avvertono
l’esigenza di approfondire il discorso sul teatro e sull’arte, e credono
nell’importanza di un luogo di
confronto e di verifica delle idee.
Lo Stabile in tournée
Il Teatro Stabile di Genova sarà in
tournée nel 2005 / 2006 con quattro
suoi spettacoli: due prodotti nella
scorsa stagione (Chi ha paura di
Virginia Woolf? e L’illusione comica) e
due che appaiono nel cartellone di
quest’anno (Morte di un commesso
viaggiatore e Urfaust). Per un totale
di più di trecento giorni di rappresentazione che porteranno ancora
una volta in giro per l’Italia il nome
del Teatro Stabile di Genova, facendo conoscere a un pubblico sempre
più vasto l’alto livello qualitativo e
spettacolare di un centro di produzione riconosciuto tra i migliori
della scena europea.
Le prime compagnie a partire
saranno quelle di Chi ha paura di
Virginia Woolf? e di Morte di un
commesso viaggiatore, che debutteranno lo stesso giorno (martedì 8
novembre) rispettivamente ad
Alessandria (Teatro Comunale, con
unica replica il giorno seguente) e a
Roma (Teatro Quirino, con repliche
sino a domenica 27 novembre). Poi,
lo spettacolo con Mariangela Melato e Gabriele Lavia inizierà il suo
lungo viaggio che durerà sino alla
fine di aprile, toccando le piazze di
Bergamo (Teatro Donizetti, dall’11
al 20 novembre), Brescia (Teatro Sociale, dal 22 al 27 novembre), Cesena (Teatro Bonci, dal 29 novembre
al 4 dicembre), Torino (Teatro Alfieri,
dal 6 al 18 dicembre), Iesi (Teatro
Pergolesi (dal 20 al 22 dicembre);
per riprendere dopo la pausa natalizia con Bari (Teatro Piccinni, dal 4
all’8 gennaio), Roma (Teatro Argentina, dal 10 al 29 gennaio), Bologna
(Arena del Sole, dal 31 gennaio al 5
febbraio), Ferrara (Teatro Comunale, dal 7 al 12 febbraio), Cremona
(Teatro Ponchielli, 14 e 15 febbraio),
Pavia (Teatro Fraschini, dal 17 al 19
febbraio), Verona (Teatro Nuovo, dal
21 al 26 febbraio), Venezia (Teatro
Malibran, dal 28 febbraio al 5
marzo), Bolzano (Nuovo Teatro
Comunale, dal 7 al 12 marzo), Firenze (Teatro Pergola, dal 14 al 19
marzo), Ancona (Teatro delle
Musem dal 21 al 26 marzo), Roma
(Teatro Eliseo, dal 28 marzo al 14
aprile), sino a Napoli (Teatro Bellini,
dal 18 al 23 aprile). Più breve, ma
ugualmente intensa sarà la tournée
di Morte di un commesso viaggiatore che, dopo il debutto genovese e
le tre settimane di repliche a Roma,
sarà a Napoli (Teatro Diana, dal 29
Mazzini e lo sguardo degli altri
In occasione del bicentenario
dalla nascita di Giuseppe Maz zini (Genova 1805 - Pisa 1872), il
Teatro Stabile di Genova organizza, in collaborazione con la
Provincia di Genova, una serata a
ingresso libero dedicata a raccontare il modo in cui i suoi contemporanei e le generazioni seguenti
hanno visto la personalità e l’opera di uno dei più significativi protagonisti del Risorgimento italiano. L’incontro, in programma
lunedì 21 novembre (ore 20.30) al
Teatro della Corte, ha per titolo
Giuseppe Mazzini e lo sguardo
degli altri. Attraverso la conduzione dello storico Sergio Luzzatto,
proiezioni di diapositive e la voce
recitante di attori di primo piano
della scena nazionale, la figura di
Mazzini sarà raccontata in modo
informale, puntando soprattutto
sui mezzi propri del teatro: la
parola che risuona in una sala di
mille posti dove le persone
hanno scelto di convenire, l’uso
delle immagini come sfondo scenografico, le voci degli interpreti
chiamate a dare vita e anima a
un’antologia di testi scelti anche
in funzione della loro forza emotiva. Si passerà così dalla evocazione della figura dell’amico e maestro tracciata da Giovanni Ruffini
nel romanzo Lorenzo Benoni
(dove Mazzini fa da modello al
personaggio Fantasio) ad alcune poesie dedicate alle imprese
della Giovane Italia, dai dialoghi
tratti da opere teatrali (ad es.
Risorgimento di Gerolamo Rovetta) o dagli scritti dell’attore
Gustavo Modena alle postume
testimonianze in versi degli scrittori Giosuè Carducci e Giovanni
Pascoli, senza ignorare le innumerevoli lettere che a Mazzini o
intorno alla sua figura hanno
scritto amici e nemici.
Un omaggio in forma di spettacolo, pertanto: senza alcuna
ambizione esaustiva, ma con la
piena consapevolezza della funzione insieme emotiva e conoscitiva del teatro.
Sempre nell’ambito delle celebrazioni mazziniane, nel pomeriggio di venerdì 18 novembre,
gli studenti della Scuola di
Recitazione dello Stabile genovese, guidati dalla direttrice
Anna Laura Messeri, interverranno con una lettura drammatizzata all’Archivio di Stato di
Genova (complesso monumentale di S. Ignazio, Via di
Santa Chiara 28r), in occasione
dell’inaugurazione della mostra
“Se un giorno mai Genova mi
dirà…”. Giuseppe Mazzini tra
impegno politico e vita privata.
Ricordo di Gianpiero Bianchi
Nel clima gioioso che accompagna
sempre l’inizio della stagione, per lo
Stabile e per il suo pubblico un’unica nota triste: il rimpianto che quest’anno non sarà più con noi
Gianpiero Bianchi un vero amico
che troppo presto ci ha lasciato, un
uomo e un attore di profonde qualità
che ha accompagnato con il suo rigore, curiosità e cultura, un lungo periodo della storia del nostro teatro, dagli
esordi alla metà degli anni Sessanta in
molti spettacoli con Luigi Squarzina
ai ruoli protagonistici in,tra gli altri,Un
mese in campagna e Le false confidenze.
novembre all’11 dicembre), Trieste
(Teatro Politeama Rossetti, dal 13 al
18 dicembre) e poi ancora a Correggio (10 e 11 gennaio), Rimini (dal 13
al 15 gennaio), Ivrea (17 e 18 gennaio), Casale (19 e 20 gennaio), Tortona (21 e 22 gennaio), Milano (Teatro Carcano, dal 24 gennaio al 5 febbraio), Merano (7 e 8 febbraio) e Bolzano (dal 9 al 12 febbraio). Finita la
tournée di Morte di un commesso
viaggiatore, Eros Pagni e con lui
anche altri attori della compagnia
saranno impegnati quasi subito
nella ripresa di L’illusione comica, il
cui debutto è previsto a Lucca il 24
febbraio (Teatro del Giglio, repliche
il 25 e 26 febbraio) per proseguire
poi per Brescia (Teatro Sociale, dal
28 febbraio al 5 marzo), Prato (Teatro Metastasio, dall’8 al 12 marzo),
Padova (Teatro Verdi, dal 14 al 19
marzo), Venezia (Teatro Goldoni, dal
22 al 26 marzo), Fabriano (Teatro
Gentile, 28 e 29 marzo), Ancona
(Teatro delle Muse, dal 30 marzo al 2
aprile), La Spezia (Teatro Civico, 4 e
5 aprile), Casalecchio (Teatro Comunale 7 e 8 aprile), Torino (Teatro Alfieri, dall’11 al 15 aprile), Milano
(Teatro Strehler, dal 18 al 30 aprile) e
Catania (Teatro Verga, dal 2 al 14
maggio). Prima ancora, intanto,
anche l’Urfaust avrà iniziato a girare
per l’Italia subito dopo il debutto
genovese, andando a Bologna
(Arena del Sole, dal 6 all’11 dicembre), Trento (dal 13 al 18 dicembre),
Venezia (Teatro Goldoni, dal 4 all’8
gennaio), Padova (Teatro Verdi, dal
17 al 22 gennaio), a Milano (Teatro
Leonardo, dal 24 gennaio al 5 febbraio) e a Teramo (Teatro Comunale,
7 e 8 febbraio).
ottobre | dicembre 2005
TGE32205 Giornale n°20
19-10-2005
14:54
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La scena e i giovani
Al fine di avviare un dialogo effettivo e concreto con i giovani, il Teatro
Stabile di Genova ha fatto circolare in alcune scuole genovesi (per ora,
Istituto Champagnat, succursale del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci,
Istituto Santa Maria di Nives, Liceo D’Oria, Liceo Cassini) un questionario
con cinque domande mirate a raccogliere l’opinione degli studenti sull’esperienza teatrale. Queste le domande: Per te andare a teatro è un
dovere, una scelta, un’esperienza unica o che altro? Di una serata a tea-
tro ti interessano di più gli attori, il testo, il regista o queste cose insieme? Quando sei a teatro ti senti a tuo agio? Di più o di meno che al
cinema o a un concerto musicale? Quale è, secondo te, il motivo per cui
da tanti secoli gli uomini continuano a fare teatro e ad andarci?
Rispetto alle altre forme di spettacolo e di comunicazione, quali particolari chiavi di lettura della realtà e dei rapporti umani ritieni che il teatro sia in grado di offrire? Lasciati liberi di scegliere, i giovani hanno pre-
ferito in grande maggioranza rispondere al questionario in modo anonimo, ma l’insieme delle loro considerazioni ci è sembrata comunque utile a
una prima riflessione sul loro rapporto con il teatro. Qualche risposta ci ha
favorevolmente sorpreso, altre forse un poco deluso, ma nel loro insieme le
idee avanzate esprimono una sincerità che ci piace registrare, anche nella
speranza che la breve sintesi offerta qui di seguito possa stimolare qualche
altro giovane a riprendere il discorso, per allargarlo e per approfondirlo.
«AUTENTICO E SEMPRE DIVERSO»
Gli studenti parlano del loro rapporto con il teatro
Affascinati dallo spettacolo teatrale come evento autentico e sempre diverso, talvolta un po’ condizionati da un’idea della cultura
come dimensione separata dal
quotidiano, più utile per tramandare il passato che per decifrare
il presente, ma anche capaci di
afferrare quel filo che “scorre” fra
il palcoscenico e la vita. Sono alcuni tratti dei giovani che emergono
dalle risposte di un gruppo di studenti a un questionario distribuito
dal Teatro Stabile di Genova in
alcuni licei della città per cercare
di capire qual è il rapporto dei
giovani di oggi con il teatro.
volta, invece, questa sensazione passa e
si riesce ad apprezzare di più ciò a cui
si assiste». «Io sono meno a mio agio
rispetto ad un concerto - è la testimonianza di Giacomo - visto che per me
è una novità andare a teatro. Questo,
però, mi invoglia, ogni volta di più, a
impegnarmi per seguire lo spettacolo e
per sentirmi a mio agio».
Le ragioni del teatro
Il teatro elimina
le componenti di falso
presenti nei “media”
Il quadro che si delinea è, prevedibilmente, composito, ma con alcuni elementi, interessanti e incoraggianti, che accomunano gli interpellati. Il primo, tutt’altro che
scontato, è la constatazione che
una rappresentazione teatrale di
solito non lascia indifferenti, visto
che quasi tutti i ragazzi manifestano impressioni, sensazioni, sentimenti suscitati in loro da uno spettacolo. Il secondo è l’emergere di
un forte desiderio di verità che il
cinema e, soprattutto, la televisione
non soddisfano affatto e che, invece, i giovani vedono appagato nell’illusione scenica che ogni sera
persone in carne e ossa creano per
altre persone. Fatto, anche questo,
per nulla scontato se si considera il
bombardamento di messaggi,
immagini e “reality show” televisivi che, a differenza del teatro,
hanno come ossessivo “leit-motiv”
proprio quello di portare nello
spettacolo la realtà così com’è,
senza trucchi, né mediazioni. Ma,
evidentemente, tutto questo genera, invece, come reazione, un bisogno di persone e di personaggi
veri, anche se non reali, e di parole
diverse, capaci di comunicare.
Andare a teatro
La maggior parte degli interpellati
la definisce «una scelta», «un piacere»,un’«esperienza unica»,nel senso
di completamente diversa da quelle che si vivono assistendo ad altre
forme di spettacolo ma anche nel
L A
N U O V A
senso di irripetibile. «Anche se si
assistesse più volte alla stessa rappresentazione si constaterebbe che ogni
volta viene interpretata diversamente e
si coglierebbero aspetti o sfumature che
in precedenza non si erano colti».
Il teatro racconta
una finzione
sempre reale e attuale
Qualcuno ammette, in tutta sincerità, di andare a teatro per dovere scolastico, ma sono una ridottissima minoranza fra quanti, invece,
ci vanno con delle aspettative, perché cercano «un maggiore coinvolgimento emotivo rispetto a quello che si
prova guardando un film», o perché
considerano il teatro «una forma di
comunicazione diversa, un divertimento, uno svago, un piacere» che per
qualcuno è anche il piacere di raccontare e condividere con gli altri
quello a cui ha assistito. Più d’uno,
tuttavia, riconosce indirettamente
alla scuola il merito di averlo
“educato” al teatro, quando racconta che quello che adesso è una
scelta e un piacere era, inizialmente, soltanto un dovere appunto.
Lo spettacolo
Almeno per i ragazzi, quello del
palcoscenico è un mondo senza
idoli e senza divi. Nessuno, infatti,
L I B R E R I A
D E L
T E A T R O
Tra le altre novità, la stagione dello Stabile si apre con la nuova gestione della libreria sita
nel foyer del Teatro della Corte. A far vivere quello spazio aperto a tutti e disposto a protrarsi con varie iniziative anche al di fuori del locale deputato agli scaffali dei libri, sarà un gruppo di giovani universitari, i quali agiranno sotto l’egida della libreria “Libramente” di San
Fruttuoso e con l’appoggio delle case editrici Il Melangolo e Le Mani. La “Libreria del Teatro”,
sarà dedicata in modo prevalente al mondo del teatro, del cinema e della musica e sarà
aperta tutti i giorni in cui a teatro c’è spettacolo dal primo pomeriggio alla sera tardi. La sua
prospettiva è di diventare un luogo d’incontro e di promozione culturale per tutti coloro che
vogliono approfondire la conoscenza dei protagonisti e del mondo dello spettacolo. Non
solo un "negozio di libri", pertanto, ma un centro culturale specializzato, rivolto soprattutto
ai giovani e inteso a promuovere numerose iniziative - presentazioni di novità editoriali,
incontri con autori ed artisti - che verranno di volta in volta tempestivamente comunicate.
ottobre | dicembre 2005
dice di andare a teatro per veder
recitare un attore o un’attrice in
particolare, sebbene gli attori e il
testo siano gli elementi su cui di
più si sofferma la loro attenzione.
«Il testo e la trama sono importanti solo
se gli attori sanno interpretare adeguatamente la vicenda» osserva uno studente. E se la decisione di andare a
vedere uno spettacolo è determinata principalmente dal nome dell’autore e dalla «trama», quello che
conta, però, alla fine, è l’insieme
della rappresentazione. «È tutto
interessante: il modo in cui il regista
guida gli attori nell’interpretazione di
un testo e il modo in cui questo viene
rappresentato in uno spazio scenografico» spiega Giacomo, mentre a un
suo compagno interessano «il testo
e gli attori che - sottolinea - devono
coinvolgermi e aiutarmi ad entrare nell’illusione».
Lo spazio
Non c’è la libertà di muoversi
come a un concerto rock, né quella di mangiare popcorn come al
cinema, ma nessuno dice di provare un forte disagio in una sala teatrale, anche se questo non significa
sentirsi sempre a proprio agio.
«Preferisco il cinema o lo stadio perché
c’è più tolleranza sul comportamento»
confessa qualcuno. La sensazione
di essere in qualche modo controllati e di trovarsi in un luogo dove
resiste un certo formalismo e
dove, generalmente, il livello di
attenzione è abbastanza alto, emerge come elemento condizionante
in senso negativo, che, però, può
essere mitigato dalla presenza del
gruppo. «Io mi sento a mio agio come
quando sono al cinema se sono insieme
ai miei compagni e a persone con le
quali mi trovo bene» spiegaValentina.
« Non mi sento tanto a mio agio ammette un compagno. Forse a
teatro c’è un ambiente troppo formale,
ma è ugualmente interessante» .
Ricerca del divertimento, desiderio
di comunicare emozioni e raccontare storie: sono le due ragioni
principali che spiegano, secondo la
maggior parte degli studenti, la
nascita e la “resistenza” del teatro
attraverso i secoli. Ragioni che, evidentemente, esprimono l’idea e il
bisogno di una rappresentazione
che abbia a che fare con le passioni
e anche con la fisicità della vita, ma
che riconoscono anche al teatro la
straordinaria, e unica, capacità di
poter “accadere” ogni sera come
fatto nuovo. «Gli uomini continuano
a fare teatro, perché il teatro racconta una
finzione sempre reale ed attuale, creando
emozioni che nessun altro strumento
mediatico sa offrire, nemmeno il cinema
dove sai che è tutto finto». E poi «è
sicuramente più affascinante sentire la
comunicazione con esseri umani che con
un televisore». Per altri a conquistare sono l’atmosfera e il fascino del
nuovo, del “sempre diverso” perché
«non si è mai stanchi di condividere
esperienze e assistere attivamente a
una rappresentazione che può assomigliare a una parte della tua vita».
Il teatro è una scelta,
avere un copione, è fatto anche d’improvvisazione che colpisce lo spettatore
direttamente». Non meraviglia, quindi, se, dopo l’impatto emotivo il
passaggio successivo, quello della
riflessione critica,dell’analisi,avviene più facilmente se nei giovani
spettatori scatta un meccanismo
d’immedesimazione nelle vicende
rappresentate o in qualcuno dei personaggi. «Quando si è a teatro sembra
che lo spettacolo sia indirizzato a te
come persona che hai opinioni e gusti
particolari. A volte sembra che sia rappresentata una scena della tua vita.Ti
senti, quindi, uno spettatore della tua
vita. Aiuta a prendere decisioni e fare
self-monitoring». Non è la catarsi
aristotelica, ma è certamente qualcosa che ha a che fare con la
dimensione più profonda di ciascuno. «Il teatro colpisce di più - è
un’altra opinione - perché in una
rappresentazione gli attori recitano
davanti a noi, quindi si colgono di più
sentimenti ed emozioni, si è più coinvolti. Il cinema, ad esempio, rappresenta
la realtà, ma comunque ci rappresenta le
situazioni in un modo che ci lascia un
po’ all’esterno dei fatti». «Il teatro spiega Thomas - mi offre un contatto
diretto con la storia che viene rappresentata, è come se lo spettatore si sentisse lui
stesso al centro della scena e vivesse in
prima persona ciò che viene narrato».
Il teatro offre una riflessione
sulla vita, sulla realtà
e sui rapporti umani
Chiavi di lettura
un piacere,
un’esperienza unica
C’è anche chi, però, afferma di
stare meglio teatro che a un concerto musicale, senza spiegare, tuttavia, il perché, né se il concerto a
cui si riferisce sia di musica rock,
pop o classica. È interessante, però,
che i ragazzi abbiano fatto esperienza su di sé di come lo spaesamento che si può provare le prime
volte che si va a teatro si possa gradualmente trasformare in familiarità, se la frequentazione diventa
più assidua. «Le prime volte mi sentivo a disagio, come se fossi stato un
personaggio fuori dal contesto, così
diverso da quelle persone che probabilmente avevano passato lì tanto tempo racconta Thomas. Dopo qualche
Se bisogni e impressioni sono chiare, per i ragazzi è più difficile, invece, rielaborare i contenuti di una
rappresentazione teatrale come
chiavi di lettura della realtà e delle
relazioni umane, a meno che quello che accade sulla scena non li
chiami in causa direttamente.
Qualcuno, è vero, archivia il teatro
nella categoria delle forme di arte
che «riportano scene della storia e della
letteratura» e che, pertanto, poco o
nulla hanno da dire sul presente,
ma quello che conquista e convince la maggior parte di loro è, invece, soprattutto il “miracolo” che
avviene sulla scena, quel momento
magico di scambio che unisce
attori e spettatori e che fa sentire
protagonista anche chi sta seduto
davanti al palcoscenico, nella consapevolezza che «il teatro, oltre ad
LO STABILE E IL MONDO DELLA SCUOLA
Il Teatro Stabile di Genova dedica da sempre una particolare attenzione al mondo della Scuola
e dell’Università, organizzando incontri, conferenze e seminari ad esso appositamente dedicati. Gli appuntamenti già definiti con l’Università prevedono gli incontri in via Balbi, a cura
di Eugenio Buonaccorsi, con Marco Sciaccaluga (26 ottobre, ore 10, Morte di un commesso
viaggiatore), Andrea Liberovici (16 novembre, ore 10, Urfaust) e Vittorio Franceschi (11 gennaio, ore 10, Il sorriso di Daphne). Conferenze di presentazione del cartellone della stagione si
sono già svolte allo Champagnat (referente prof.ssa Scursatone), al Leonardo da Vinci (referente prof.ssa Vezzani), a Santa Maria di Nives (referente suor Virgilia), al D’Oria (referente
prof.ssa Caroggio), al Cassini (referente prof. Natali), al Firpo (referente prof.ssa Vittori), alle
Immacolatine (referente prof.ssa Galderisi) e al Vittorio Emanuele (referente prof.ssa
Sabatini); mentre in questi giorni stanno per avviarsi in molte scuole i Seminari finalizzati alla
formazione di “spettatori consapevoli”, di cui sono docenti Sandro Baldacci e Mauro Pirovano.
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
COMUNE DI GENOVA
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
socio sostenitore
Per qualcuno il coinvolgimento è
a tal punto più reale e personale
rispetto ad altre forme di spettacolo da fargli dire che «in una rappresentazione puoi vedere rispecchiato il
tuo carattere». C’è poi chi tiene
conto del coinvolgimento anche
dal punto di vista degli attori che
«sono a stretto contatto con il pubblico
e ne vengono influenzati», e chi
sostiene che il teatro consenta
«una maggiore libertà di satira e quindi di espressione».
Tutto questo non significa certo
attribuire al teatro una “missione”
ma il fatto che dei giovani, oggi, lo
considerino uno spazio di libertà
e di verità, una sorta di “oasi” della
comunicazione, vuol dire che gli
riconoscono ancora una funzione,
vitale,forse necessaria.E non è poco.
Annamaria Coluccia
numero 20 • ottobre - dicembre 2005
Edizioni Teatro Stabile di Genova
piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Avv. Giovanni Salvarezza
Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione del Tribunale di Genova
n° 34 del 17/11/2000
partner della stagione
Progetto grafico:
www.firma.it
art: Bruna Arena, Genova (322/05)
Stampa: Ortolan, Opera (MI)