19-10-2005 14:54 Pagina 1 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1, DCB Genova TGE32205 Giornale n°20 ANNO V | NUMERO 20 | OTTOBRE | DICEMBRE 2005 2 3 4 5 6 7 8 Commesso viaggiatore Commesso viaggiatore Commesso viaggiatore Articolo di Fasce Nota di Miller Intervista a Sciaccaluga Articolo di d’Amico I grandi interpreti Urfaust Urfaust Articolo di Buonaccorsi Nota di Mittner Hellzapoppin Mazzini alla Corte Stabile in tournée La scena e i giovani Intervista a Liberovici Spettacoli ospiti Festival della Scienza Gli studenti genovesi parlano del Teatro “Morte di un commesso viaggiatore”, “Glengarry Glen Ross”, “Urfaust” TRE MODI DI VENDERSI L’ANIMA LA S TAG I O N E D E L L O S TA B I L E SI APRE ALLA C O RT E C O L C A P O L AV O R O D I A RT H U R M I L L E R . E RO S PA G N I P ROTAG O N I S TA U N A B AT TAG L I A DA COMBATTERE INSIEME “URFAST” AL DUSE DAL 16/11 AL 4/12 Bentornato a tutto il nostro pubblico, bentornati nel vostro teatro, disponibili a una nuova stagione, pronti con noi a sospendere per qualche ora il tempo e ad ascoltare storie antiche o contemporanee vivendole nella dimensione della profondità, l’unica che si addice al teatro. Bentornati per sentirvi raccontare dall’arte di Eros Pagni, protagonista di Morte di un commesso viaggiatore, e dei suoi colleghi, la storia di Willy Loman e della quotidiana lotta per emergere, della sua vana fatica, e di come sia difficile raggiungere il sogno della felicità. Bentornati per vivere assieme una lunga stagione, fatta di produzioni del Teatro Stabile di Genova e di tanta ospitalità scelta, classici e contemporanei, teatro d’arte, teatro “necessario” come amiamo definirlo, per capire meglio il mondo in cui viviamo. E bentornati anche per affiancarci, ve lo chiediamo, nella battaglia un po’ umiliante che in maniera ormai ricorrente dobbiamo sostenere per “salvare” il teatro, lo spettacolo italiano, la cultura tutta dai tagli che la Legge Finanziaria minaccia prima e opera poi. Umiliante dicevo, per noi e per il nostro pubblico, perché al di là del danno economico che ne potrebbe derivare, difficilmente affrontabile, è umiliante vedere come, nel nostro Paese, ancora una volta lo spettacolo e la cultura siano considerati un optional, una voce effimera, un settore che, per quanto pochissimo aiutato, può essere ancora ridotto, forse anche cancellato. Perché sono in troppi nel nostro Paese a pensare che per i giovani, per gli anziani, per tutti noi non sia fondamentale aiutare lo spirito a crescere, e in libertà. Sono in molti, troppi a credere, con sarcastica arroganza, che sia eretico affermare che, in una società civile e realmente evoluta, un teatro o una casa editrice valgono esattamente quanto una scuola, un ospedale, una chiesa, un asilo. Noi qui, ogni sera, cerchiamo con il nostro lavoro, con i nostri spettacoli, di rendere più credibile, irrinunciabile, questa “eresia”. Bentornati a viverla con noi. U Carlo Repetti rfaust è il primo spettacolo prodotto dallo Stabile in scena quest’anno al Duse: regia di Andrea Liberovici, con Ugo Pagliai (Faust), Paola Gassman (Marta), Ivan Castiglione (Mefistofele) e Kati Markkanen (Margherita). Presentato questa estate al Festival di Borgio Verezzi e accolto con esito molto positivo dal pubblico e dalla critica, Urfaust si propone come una originale forma di teatro costruita in un mix di prosa, musica e apporti multimediali, che dà vita a uno spettacolo in cui la parola (il testo originale di Goethe), il suono (le voci amplificate e i molti contributi musicali: da Gounod a Beethoven e Mahler) e le immagini video (ora registrate e ora in presa diretta) assumono uguale dignità nella costruzione e nella trasmissione del senso, facendo rivivere in modo molto perso- nale il romantico sogno tedesco del giovane Goethe, nel rispetto fondamentale della poetica forza del suo assunto narrativo e della sua affascinante struttura teatrale. Urfaust è la prima stesura del celeberrimo Faust di Goethe, di cui il suffisso “Ur” sta in tedesco per “originario”,“primigenio”. Quella che vi si narra è la vicenda ampiamente nota del sapiente Faust che, giunto alla maturità, si rende sempre più conto dell’astrattezza della scienza e sogna la riconquista della gioventù, ottenendola da Mefistofele, da lui evocato per magia. Inizia così il suo frenetico viaggio nelle gioie del mondo fisico e nella corroborante esperienza della vita, sintetizzata nel candore di Margherita, che egli trascina verso la rovina sotto lo sguardo divertito di Mefistofele e con l’interessata complicità di Marta. Eros Pagni nel ruolo di Willy Loman, protagonista di Morte di un commesso viaggiatore (foto di Bepi Caroli) M orte di un commesso viaggiatore è in scena alla Corte dal 18/10 al 6/11. Il capolavoro di Arthur Miller, grande drammaturgo statunitense scomparso quasi novantenne nel febbraio scorso, viene proposto dal Teatro Stabile di Genova, in coproduzione con la Compagnia Mario Chiocchio, nella nuovissima traduzione di Masolino d’Amico e per la regia di Marco Sciaccaluga, il quale torna così al teatro di Miller tre anni dopo l’applaudita messa in scena di Un nemico del popolo. Protagonista dello spettacolo è Eros Pagni nel ruolo di Willy Loman, l’anziano commesso viaggiatore attraverso l’ultimo giorno di vita del quale si consuma la crisi di fiducia nel mito americano del successo alla portata di tutti. Al suo fianco, sono interpreti dello spettacolo Orietta Notari, Gianluca Gobbi, Aldo Ottobrino, Ugo Maria Morosi, Mario Menini, Davide Lorino, Enzo Paci, Fabrizio Careddu, Barbara Moselli, Stefania Pascali, Fiorenza Pieri. Le scene e i costumi dello spettacolo sono di Valeria Manari, le musiche di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi.Al centro del dramma, che dall’esordio nel 1949 ha sempre ottenuto uno straordinario successo sui palcoscenici di tutto il mondo (dagli Stati Uniti alla Russia, da Israele alla Cina), sta la famiglia Loman. Strutturato in modo molto libero, con audaci flashback e improvvise incursioni nell’onirico, Morte di un commesso viaggiatore è un testo che conserva ancora oggi tutta l’attualità del suo discorso di fondo che mette in scena il crollo di un mondo costruito sull’illusione o sul primato delle apparenze. Con tutta la sua forza esteriore e l’intima, profonda fragilità,Willy Loman offre al talento attoriale di Eros Pagni l’opportunità di costruire un altro personaggio memorabile della sua lunga carriera svoltasi quasi interamente sotto il segno dello Stabile genovese. Un “Commesso” da premio Pulitzer Dopo due settimane di rodaggio a Boston, Morte di un commesso viaggiatore debuttò al Morosco Theater di Broadway il 10 febbraio 1949 e fu un trionfo immediato, acclamato dalla critica, premiato col Pulitzer e replicato 742 volte. Fu un lavoro modificato durante le prove grazie alla collaborazione di autore, regista (Elia Kazan) e scenografo (Jo Mielziner). Escogitando un set molto agile, con l’interno e l’esterno della casa di Willy Loman visibili allo stesso tempo, e nell’interno il piano superiore della medesima con la camera da letto di Biff e Happy, praticabile anch’essa, Jo Mielziner risolse l’alter- Arthur Miller nanza di brevi episodi immaginata dall’autore con una tale fluidità da consentire a Miller delle riscritture durante le prove, provocando il prolungamento di queste e il rinvio dei debutti, ma con grandi benefici del risultato finale. Nell’occasione Miller imparò a rimettere in discussione i particolari, e da allora in poi avrebbe seguito di persona gli allestimenti dei suoi lavori, ascoltando gli attori e risolvendo piccoli problemi pratici con aggiustamenti continui, da vero artigiano (non per nulla per tutta la vita sarebbe stato un paziente falegname che si costruiva i mobili da sé). Masolino d’Amico (segue a pag. 3) Paola Gassman (Marta) e Ugo Pagliai (Faust) in una scena di Urfaust (foto di Paolo Porto) “Glengarry Glen Ross” Ritorna “Galois” inaugura al Duse al Festival della Scienza La commedia di David Mamet, premio Pulitzer nel 1984, apre il 19 ottobre la stagione al Duse (repliche fino a domenica 24). Diretto da Alberto Giusta e interpretato da attori che si sono formati tutti alla Scuola di Recitazione del Teatro di Genova, lo spettacolo è prodotto dalla Compagnia G a n k e re a l i z z ato c o n l a c o l l a b o r a z i o n e d e l l o S t a b i l e. La terza edizione del Festival della Scienza o r g a n i z z a sul palcoscenico del Duse (dal 2 9 o t t o b r e a l 6 n o v e m b r e ) q u a t t r o appuntamenti teatrali e ospita a l l a Casa Paganini (dal 30 o t to b re a l 5 n ove m b re ) l o spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Genova, Galois di Luca Viganò, vincitore del prestigioso Premio Pitagora. (a pagina 2) (a pagina 5) TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 2 Morte di un commesso viaggiatore 2 I primi lettori della commedia non erano affatto sicuri che il pub- Willy Loman nasce nell’età dell’oro per i commessi viaggiatori. Letto da alcuni come una critica al capitalismo, da altri come una Con qualunque stile o tono lo faccia, il primo dovere di un’opera blico avrebbe seguito la sua manipolazione del tempo. Fu sol- È figlio d’arte. Ma ora vive nel tempo in cui i vecchi “commessi” denuncia delle facili illusioni prodotte dal cosiddetto sogno ame- teatrale è di suscitare le passioni del suo pubblico, così che attraver- tanto quando la videro rappresentata, che ebbero evidente con- indipendenti vengono sostituiti da stipendiati che vendono ricano, apologo in ogni caso aperto a più interpretazioni, il Com- so la breccia della passione si possano stabilire nuovi rapporti tra sapevolezza della sua reale natura drammatica. (ARTHUR MILLER) il marchio delle campagne pubblicitarie. (FERDINANDO FASCE) messo racconta una storia di rapporti familiari. (MASOLINO D’AMICO) un uomo e gli altri uomini, tra gli uomini e l’Uomo. (ARTHUR MILLER) Willy Loman, l’altra faccia della prosperità UNA FA M I G L I A T R AV O LTA DA L M I TO D E L S U CC E S S O Nel 1949, il protagonista di Morte di un commesso viaggiatore ha 63 anni.Willy Loman è nato dunque nel 1886, un anno-chiave, attorno al quale si coagulano innumerevoli segnali dell’avvento della modernità novecentesca e del formarsi di quell’America che con più forza si è infissa nel nostro immaginario collettivo. In quell’anno infatti arriva a New York da Parigi la Statua della Libertà, viene inventato un intruglio ancora molto sospetto che prende il nome di Coca Cola, Frederick Winslow Taylor, uno dei padri dell’organizzazione produttiva di massa, fondata sui cronometri e sulla rigida predeterminazione dei compiti di lavoro, intensifica i suoi esperimenti, mentre nasce Charles Bedaux, che sarà uno dei suoi seguaci più accaniti; le ferrovie introducono l’ora standard, dalla quale poi verranno i fusi orari, compaiono i primi grattacieli, si aprono i grandi magazzini Woolworth, si spegne uno dei focolai più rilevanti di resistenza indiana con la resa del capo pellerossa Geronimo, scoppia una bomba a Chicago, durante una manifestazione operaia, con una serie di reazioni a catena dalle quali scaturirà la tradizione del Primo Maggio. In una parola, Willy nasce e si forma mentre è in corso un’accelerazione ragguardevole del processo di modernizzazione tecnologica, produttiva, degli spazi e dei tempi della vita quotidiana; un processo che segna la fine dell’epopea dell’Ovest ed esalta l’America urbana e industriale. L’ultimo ventennio dell’Ottocento è anche l’età dell’oro per i commessi viaggiatori. Sono migliaia e migliaia. Da un paio di decenni, subito dopo la Guerra civile, hanno accompagnato e sostenuto la tumultuosa crescita industriale che è seguita, a ritmo inaudito, al trionfo militare della borghesia manifatturiera e finanziaria del Nord. Sono gli eredi sia degli ambulanti, che da sempre popolano le campagne, sia soprattutto dei venditori-imbonitori urbani su larga scala, cioè di quei rappresentanti delle grandi case di spedizione e distribuzione dei porti commerciali di New York, Boston e Filadelfia, i quali, nel periodo prebellico, incontravano in tali città gli agenti dei mercanti all’ingrosso, provenienti dall’interno del paese, e trascorrevano con loro intere giornate, notti di divertimenti e mattinate di intense trattative d’affari, per persuaderli all’acquisto delle merci delle aziende commerciali per le quali lavoravano. Willy è figlio d’arte. Il padre era un In alto, Aldo Ottobrino (Happy), Gianluca Gobbi (Biff), Orietta Notari (Linda),Eros Pagni (Willy), Mario Menini (zio Ben). Sopra, Eros Pagni (Willy) e Ugo Maria Morosi (Charley) spettacoli ospiti di David Mamet Duse 19 / 24 ottobre saranno licenziati. Con linguaggio crudo e immediato, David Mamet racconta un mondo senza donne e senza famiglia, in cui ciò che conta è solo il coinvolgimento totale nella vendita, l’investimento emozionale dell’esperienza, l’aggressività dell’approccio e il virtuosismo dell’arte della persuasione. Alberto Giusta, regista e attore, ne sortisce uno spettacolo aggressivo e personale, prodotto in collaborazione con lo Stabile genovese e interpretato da una compagnia di giovani usciti tutti dalla sua Scuola di Recitazione. In un’agenzia immobiliare di Chicago, quattro venditori vengono messi in competizione: chi riuscirà a firmare più contratti avrà in premio una Cadillac, mentre gli ultimi due classificati Giovedì 20 ottobre, ore 17.00, al MuseoBiblioteca dell’Attore, incontro con Alberto Giusta e gli altri attori della compagnia. Introduce Eugenio Buonaccorsi. Glengarry Glen Ross ottobre | dicembre 2005 ambulante,“inventore” e costruttore di flauti e “aggeggi” diversi. Era sempre in giro con moglie e figli per il paese, nel tentativo di vendere tali prodotti. Sua principale risorsa: il fiuto, che gli consentiva di fare «più soldi in una settimana - dice Ben a Willy - di quanti uno come te ne potrebbe fare in una vita». L’impulso alla mobilità, che scorre, fortissimo, in famiglia, trova in Ben, andato a cercare (con successo) fortuna in Alaska, l’incarnazione più fedele della cultura della frontiera e del mito della scalata “dalle stalle alle stelle”. Meno pronto, per sua stessa ammissione, a prendere al volo occasioni così impegnative, Willy sceglie la strada più prosaica del commesso viaggiatore. Peccato per Willy che manchi al suo vocabolario un termine che dagli anni dieci viene applicato, con crescente incisività, proprio anche in quell’universo delle vendite del quale Willy è convinto di conoscere ogni segreto. Il termine è «sistema» e campeggia nelle discussioni politiche e sociali. Le imprese hanno scoperto come risulta più conveniente integrare le parti a valle del ciclo del prodotto, creando un sistema di distribuzione interno all’azienda. I vecchi commessi viaggiatori indipendenti vengono sostituiti da, o si trasformano essi stessi in, stipendiati, che vendono un marchio con l’ausilio delle campagne pubblicitarie aziendali. Soprattutto i commessi che invecchiano sono esposti al destino, probabilmente non infrequente, che tocca a Willy, di dover accettare un peggioramento delle condizioni contrattuali, con la perdita della parte fissa dello stipendio e il passaggio alla provvigione pura. È difficile immaginare che possa bastare loro il senso di appartenenza, lo spirito di corpo, la sensazione di essere inseriti in una struttura che trascende e dà un senso alla vita dell’individuo, perché questi vi può contribuire col proprio lavoro. Ciò forse funziona per i più giovani, o per quanti crescono in una struttura nella quale è chiaro da subito che organizzazione, sistema e disciplina fanno aggio sulla «personalità». Ma evidente- mente non per gli anziani. Willy si umilia sino a chiedere di diventare un colletto bianco da scrivania a stipendio fisso. Quando il suo principale gli nega anche questa possibilità, sceglie di portare per sempre con sé, da qualche altra parte, l’artigiano della personalità, gaglioffo e perdente, dal quale non può staccarsi. Ferdinando Fasce Estratti dal saggio nel volume edito da Il Melangolo in occasione dello spettacolo Arthur Miller: il mio “Commesso” Cominciai la stesura di Morte di un commesso viaggiatore con un solo punto fermo: che Loman doveva distruggere se stesso. Come dovesse brancolare prima d’arrivare a quel punto non sapevo e decisi di non curarmene. Ero convinto che se fossi riuscito a fargli ricordare abbastanza del suo passato egli si sarebbe ucciso, e che la struttura del dramma era determinata da quest’esigenza di fargli tirar fuori i suoi ricordi come un intricato e confuso ammasso di radici. Come ho detto, la struttura dei fatti e la forma del dramma sono anche il diretto riflesso del modo di pensare di Willy Loman in quel momento della sua vita. Egli è il tipo d’uomo che si vede parlar da solo nella metropolitana, diretto a casa o all’ufficio; è vestito correttamente, e sembra perfettamente integrato col suo ambiente, tranne che, a differenza di altri, Willy Loman non riesce più a impedire che la forza della sua esperienza spacchi la superficiale socialità del suo comportamento. Di conseguenza egli opera su due piani che spesso si scontrano. Per esempio, se incontra suo figlio Biff nel bel mezzo d’un ricordo in cui Biff lo aveva deluso, s’accende subito di furore contro di lui, nonostante il fatto che in quel momento Biff desideri moltissimo essergli d’aiuto. Egli si trova esattamente in quel terribile momento della vita in cui la voce del passato non è più una voce remota, ma altrettanto alta di quella del presente. In termini teatrali, la forma di Morte di un commesso viaggiatore s’identifica addirittura in questo processo. Arthur Miller dal 19 ottobre all’11 dicembre Il medico dei pazzi Così è (se vi pare) di Eduardo Scarpetta Corte 8 / 13 novembre di Luigi Pirandello Corte 25 novembre / 4 dicembre Don Felice Sciosciammocca, sciocco e danaroso provinciale, fa visita allo scapestrato nipote che egli ha mantenuto agli studi e che ora gli fa credere di dirigere una clinica di malati di mente. Equivoci e risate per un classico del teatro napoletano. Con Carlo Giuffré (anche regista) nel ruolo portato al cinema da Totò. L’élite sociale di un capoluogo di provincia indaga sulla vita del nuovo impiegato della Prefettura, di sua moglie e della suocera. Cosa nascondono? Realtà o apparenza. Verità o menzogna. Pirandello lascia allo spettatore trarre le conclusioni e Bosetti s’identifica nella risata del suo raisonneur. Io, l’erede di Eduardo De Filippo Corte 15 / 20 novembre Con Eduardo si ride e si riflette sul mondo. In questo caso sul diritto-dovere di ciascuno a costruirsi liberamente la propria esistenza e su certa beneficenza pelosa che tarpa le ali a questa libertà. Un classico scritto nel 1942 e portato al successo nel 1968. Regia della Shammah, con Gleijeses, la Bargilli e Mastelloni in abiti femminili. Re Lear di William Shakespeare Corte 6 / 11 dicembre Una grande metafora della condizione umana che mette in scena temi molto concreti: la vecchiaia e la pazzia, l’ambizione e la bramosia, l’ingratitudine e la lussuria, la tragedia della vita intesa come una “ferita mortale”. Capolavoro sempre attuale della cultura occidentale, Re Lear è interpretato da Roberto Herlitzka. Regia di Antonio Calenda. TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 3 Morte di un commesso viaggiatore CONVERSAZIONE M A R C O S C I AC C A L U G A , R E G I S TA CON DELLO S P E T TAC O L O 3 C H E I N AU G U R A L A S TAG I O N E ALLA C O RT E PRIGIONIERO DEL SOGNO Lo spazio e l’azione to ritratto “in minore” della cecità paterna. Totalmente prigioniero dell’autoinganno, Happy rifiuta sino alla fine qualunque opportunità di affrontare il padre, e quindi se stesso. La “malattia” di Willy è penetrata a fondo tra i membri della sua famiglia. E anche Linda, che in apparenza sembra un personaggio con i piedi per terra, rivela di fatto di essere totalmente succube delle ossessioni del marito, al quale, invece della realtà, riesce solo offrire il velenosissimo placebo dell’illusione della felicità. Iniziamo a parlare del Commesso viaggiatore partendo dalla scenografia. Si sa che Arthur Miller e il regista Elia Kazan collaborarono fervidamente durante l’allestimento della prima edizione del Commesso viaggiatore, tanto che le didascalie del testo che venne poi pubblicato descrivono di fatto lo spettacolo di Kazan, con la conseguenza che le soluzioni scenografiche allora messe a punto da Jo Mielziner hanno fondato un impianto concettuale rimasto poi vivo in tutte le edizioni sceniche che io conosco. Intendo far riferimento a quella casetta circondata dai casermoni che, con un effetto un po’ ingenuo di proiezioni, a un certo punto sparivano per lasciare il posto alle foglie d’autunno o ai numerosi altri spazi dell’azione scenica. Era un’idea e, da quanto si può capire dalle fotografie, anche un’idea molto ben realizzata. Ciò che in tale idea, però, non mi ha mai completamente convinto - né alla lettura, né quando una ventina d’anni fa misi in scena il Commesso con Giulio Bosetti - è che in questo modo si finisce col creare sul palcoscenico qualcosa che Il tabù dell’infelicità Eros Pagni e Orietta Notari Gianluca Gobbi e Aldo Ottobrino nel testo non c’è: cioè, una gerarchia tra lo spazio del presente e quello del passato; e, inevitabilmente, anche tra i luoghi deputati all’azione all’interno di quella casa (la cucina, la camera da letto dei genitori, quella dei due figli). Con la conseguenza aggiunta che, soprattutto nella seconda parte del dramma, diventa quasi inevitabile andare incontro alla schematizzazione dei luoghi che si moltiplicano sul palcoscenico: qui l’ufficio di Howard, là quello di Charley, in un posto l’albergo di Boston, in un altro il ristorante; mentre la presenza della casetta non viene mai completamente meno… Il teatro innanzitutto È il risultato di quella voglia di cinema che, pur con modalità diverse, serpeggia in tanto teatro americano della seconda metà del Novecento Perché allora non provare ad abbandonare completamente ogni voglia di cinema e riportare tutto con decisione alla specificità del teatro, rivendicando al palcoscenico il diritto di essere un luogo dove tutto può succedere? È appunto questo che abbiamo cercato di fare noi con quelle porte che si affacciano su una O di legno come in una libera interpretazione dell’inner stage elisabettiano e che, aperte dall’ingresso o dall’uscita dei vari personaggi, lasciano intravedere delle immagini allusive che sempre in modo poco invadente potranno ricordare a qualcuno il mondo visivo di Hopper. Ora, quando a teatro ci si dà una nuova legge spaziale è inevitabile che si metta in moto una serie di conseguenze anche forti. Qualcosa inevitabilmente cambia e magari diventa necessario qualche piccolo ritocco drammaturgico. Lo si fa con Shakespeare, e quindi perché non farlo anche con Miller? Quello che sto cercando il più possibile di costruire è uno spettacolo che dia l’impressione di una narrazione continua; uno spettacolo capace di usare il palcoscenico accettandone la specifica convenzionalità, ma anche tutta la sua forza di libertà. Una tragedia moderna Cancellando dal palcoscenico il naturalismo dello spazio teatrale, che cosa si acquista nella messa in scena del Commesso viaggiatore? L’intera vicenda è portata a svolgersi in uno spazio tragico e si allontana dallo spettacolo ogni tentazione di indulgere al lacrimevole o al patetico, salvaguardando nello stesso tempo, mi sembra, al testo di Miller tutta la sua grandezza. Soprattutto se si legge o si rappresenta questa “pièce” senza lasciarsi condizionare dalla tradizione ideologica e figurativa, ma la si restituisce all’ambito della tragedia, mi sembra davvero che il Commesso sia in grado di attingere a una dimensione molto alta e di rivelarsi appieno nella grandezza di un capolavoro. L E R E G I E D I La famiglia Loman Chi è allora Willy? È un uomo che vive prigioniero del sogno di realizzarsi attraverso i propri figli, un uomo che fa fatica ad accettare la loro individuale autonomia e che per questo trasforma il suo amore sincero in cattiveria, capace di manifestarsi anche con una violenza inaudita. Willy Loman è un toro, non un fragile omino sconfitto dalle difficoltà del quotidiano. È un combattente della stessa specie di Re Lear: uno di quegli uomini per uccidere i quali ci vuole la mannaia della vita, che in questo caso è lui stesso a scegliere infine d’impugnare. Di fronte a lui, Biff cerca invano di dipanare il groviglio nel quale si sente avvolto, essendo in quella famiglia, in fin dei conti, l’unico ad avvertire che così non si può andare avanti. Ma Biff fallisce anche perché il padre censura completamente il suo desiderio. Biff è un personaggio che si colloca tra il James Dean di Gioventù bruciata e Amleto, anche se un Amleto da “drugstore”. La sua tragicità nasce dalla inadeguatezza a farsi carico di una coscienza collettiva, perché - come ben mostra la grande scena al ristorante tra Biff e il padre - in quella casa non c’è mai alcuna possibilità di mediazione. Di fronte a ogni problema vige solo la legge del “tertium non datur”: bianco o nero, bello o brutto, amore o odio, la felicità o la disperazione. Il fratello Happy è un personaggio meraviglioso in quan- M A R C O S C I A C C A L U G A In occasione della messa in scena del Commesso, in ottobre lo Stabile propone nel foyer del Teatro della Corte una rassegna video di spettacoli prodotti per la regia di Marco Sciaccaluga. mercoledì 5 venerdì 7 mercoledì 12 venerdì 14 mercoledì 19 venerdì 21 mercoledì 26 venerdì 28 ore 16 ore 16 ore 16 ore 16 ore 16 ore 16 ore 16 ore 16 I fisici (1989/90) di Friedrich Dürrenmatt Re Cervo (1990/91) di Carlo Gozzi Lapin Lapin (1994/95) di Coline Serreau Ivanov (1995/96) di Anton Cechov Un mese in campagna (1996/97) di Ivan Sergeevic Turgenev Fedra (1998/99) di Jean Racine Der Totmacher (2000/01) di Romuald Karmakar e Michael Farin Un nemico del popolo (2001/02) di Arthur Miller Morte di un commesso viaggiatore racconta in modo molto originale come per la maggior parte degli individui e delle società contemporanee l’infelicità sia un tabù. Per i Loman se non si è felici si è disperati, e questo li rende inesorabilmente persone tragiche e stupide insieme. In una miscela che genera violenza. Qui non si tratta della legittima aspirazione di ciascuno a essere felice, ma del considerare l’infelicità come una maledizione. E, in quanto non felici, i Loman sono dei personaggi maledetti. Non è più il tempo in cui gli dèi accecavano Ercole facendogli uccidere suo figlio o Aiace spingendolo a sterminare i suoi armenti, ma i Loman hanno indubbiamente qualcosa in comune con questi tragici eroi “avvelenati”. Individuo e società Avvelenati da chi, in questo mondo senza dèi? Dalle lusinghe della società? Dal mito del sogno americano? Certo che il sogno americano c’è in questa commedia e certo c’è in modo che non riguarda solo gli americani, ma tutti noi. Attenzione però a non confondere Arthur Miller con Bertolt Brecht: il suo è sempre uno sguardo di condivisione, più che uno sguardo giudicante. Detto questo, nel testo esiste di sicuro una dialettica tra individuo e società, ma la società c’è nel Commesso viaggiatore come c’è in Shakespeare: risuona, cioè, attraverso le parole e i comportamenti dei personaggi e non ha bisogno di entrare in scena con la raffigurazione grottesca di un capitalista o l’esplicito giudizio ideologico su un destino individuale. Centralità dell’attore Willy Loman è un personaggio che ha bisogno di essere indossato da un grande attore? Come accade per tutto il teatro classico, del resto, la messa in scena di Morte di un commesso viaggiatore non può prescindere dalla necessità di mettere al suo centro l’interpretazione dell’attore. Eros Pagni inseguiva da tanti anni questo personaggio e sono felice che sia stato lo il Teatro Stabile di Genova a offrirgli l’occasione di incontrarlo. Vedendolo lavorare, sono sempre più convinto che saprà dare un contributo importante alla storia di questo personaggio, alla sua comprensione. La sua forza interpretativa è fatta della stessa materia di quella di un Lee J, Cobb o di un George C. Scott. La regia non può che partire dalla sua presenza per poi irradiarsi su tutto il resto. Estratti dalla conversazione, a cura di Aldo Viganò, pubblicata nel volume che accompagna lo spettacolo UN “COMMESSO” DA PREMIO PULITZER (Segue da pagina 1) Obbedendo a una didascalia che in seguito avrebbe eliminato dal testo defini- tivo, in cui Willy Loman veniva definito come un ometto, Miller e il regista Kazan presero in esame tutta una teoria di attori di dimensioni ridotte prima di assegnare la parte, invece, a Lee J. Cobb, alto un metro e ottanta e pesante quasi cento chili, e di scoprire che la mole aiutava l’interprete a comunicare la vulnerabilità, l’indecisione del personaggio. Dei Willy Loman piccoli sarebbero peraltro stati proposti in seguito. Paul Muni, che fu il Commesso nella prima edizione londinese, era minuto e dimesso, e il critico Harold Hobson, che aveva visto Cobb a Broadway, lo paragonò sfavorevolmente all’altro interprete. Paolo Stoppa era piccolo; Fredric March, che fu Willy Loman nel primo film del Commesso viaggiatore era di stazza media; Dustin Hoffman, che lo fece a teatro negli anni ‘70 e ‘80 e in un secondo film, era addirittura minuscolo. L’apporto della concezione di Mielziner, autore anche delle luci, fu considerato dallo stesso Miller così importante, che Luchino Visconti ebbe il permesso di rappresentare la commedia solo a condizione di accettarne la scenografia originale. Il memorabile allestimento che andò in scena all’Eliseo di Roma il 10 febbraio 1951, con Paolo Stoppa, Rina Morelli, Marcello Mastroianni e Giorgio De Lullo, aveva dunque l’impianto di Mielziner, opportunamente adattato da Gianni Polidori. Letto da alcuni come una critica al capitalismo (ma a lungo proibito nella Russia comunista), da altri come una denuncia delle facili illusioni prodotte dal cosiddetto sogno americano, apologo in ogni caso aperto a più interpretazioni, il Commesso viaggiatore racconta una storia di rapporti familiari, e in particolare di un amore tra padre e figlio irrimediabilmente compromesso dalla delusione del secondo nei confronti del primo. Quello che non accade, ovvero che non accade “ora”, è in questa pièce altrettanto importante di quello che accade, cosa che costituì una delle novità della pièce - i non-fatti altrettanto pesanti dei fatti, quello che non succede non meno essenziale di quello che succede. Quanto ai personaggi, Miller stesso racconta nella propria autobiografia di avere tenuto presente un suo zio, padre di due figli uno dei quali molto dotato nello sport, che come Willy Loman continuava a confrontare i loro successi con quelli di Arthur e di suo fratello, come se fosse stata in corso una gara alla quale badava solo lui. All’epoca del debutto del Commesso a Broadway, la madre di Miller trovò in un cassetto un racconto dimenticato che Arthur aveva scritto a diciassette anni. Era la storia di un commesso che invecchia, che non riesce a vendere niente, che viene maltrattato dagli acquirenti e che si fa prestare i soldi per il biglietto della metropolitana dal giovane narratore. In una nota scribacchiata sul manoscritto, Miller aggiungeva che il commesso si era poi buttato sotto un treno. Masolino d’Amico Estratti dal saggio pubblicato nel volume che accompagna lo spettacolo ottobre | dicembre 2005 TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 4 Morte di un commesso viaggiatore 4 Dopo l’esordio avvenuto con enorme successo in anteprima a Boston e poi a New York, Morte di un commesso viaggiatore ha fatto ben presto il giro del mondo, ovunque applaudito dal pubblico. Pur con interpreti diversi, Lee J. Cobb e Paul Muni, le prime edizioni in lingua inglese (New York e Londra) sono state entrambe dirette da Elia Kazan. In Italia, il dramma di Miller fu portato per la prima volta al successo da Luchino Visconti (prota- gonista Paolo Stoppa); mentre Hollywood lo ha tradotto almeno due volte per il grande schermo: la prima con Fredric March e la seconda con Dustin Hoffman, che si sono venuti così ad aggiungere alla serie dei grandi attori interpreti di Willy Loman, tra i quali ci piace ricordare - oltre agli italiani Tino Buazzelli, Enrico Maria Salerno, Umberto Orsini e Giulio Bosetti - anche George C. Scott e, più recentemente, Brian Dennehy. Grandi interpreti per un capolavoro L E E J. C O B B PAU L M U N I PA O L O S T O P PA FREDRIC MARCH G E O R G E C. S C OT T DUSTIN HOFFMAN BRIAN DENNEHY 1) LEE J. COBB Regia di Elia Kazan con Mildred Dunnock (Linda) Arthur Kennedy (Biff) Cameron Mitchell (Happy) New York, 10 febbraio 1949 2) PAUL MUNI Regia di Elia Kazan con Catherine Alexander (Linda) Kevin McCarthy (Biff) Frank Maxwell (Happy) London, 28 luglio 1949 2 3) PAOLO STOPPA Regia di Luchino Visconti con Rina Morelli (Linda) Marcello Mastroianni (Biff) Giorgio De Lullo (Happy) Roma, 10 febbraio 1951 1 4) FREDRIC MARCH Regia di Laszlo Benedek con Mildred Dunnock (Linda) Kevin McCarthy (Biff) Cameron Mitchell (Happy) Hollywood, 20 dicembre 1951 5) GEORGE C. SCOTT Regia di George C. Scott con Teresa Wright (Linda) Ramon Bieri (Biff) James Farentino (Happy) Broadway, 1975 5 6 6) DUSTIN HOFFMAN Regia di Volker Schlöndorff con Kate Reid (Linda) John Malkovich (Biff) Stephen Lang (Happy) Toronto Film Festival,14 settembre 1985 7) BRIAN DENNEHY Regia di Robert Falls con Clare Higgins (Linda) Douglas Henshall (Biff) Mark Bazeley (Happy) London, 16 maggio 2005 3 4 spettacoli ospiti dal 6 dicembre al 15 gennaio Fotografia di una stanza ottobre | dicembre 2005 Generali a merenda Arsenico e vecchi merletti di Boris Vian Duse 13 / 18 dicembre di Cesare Lievi Duse 6 / 11 dicembre Una storia semplice e quotidiana, ma tesa nel linguaggio e nella costruzione temporale fino al limite dell’implosione. Due tappezzieri parlano di pregiudizi razziali e di speranze, di sesso e di emarginazione. Uno spettacolo raffinato e claustrofobico, scritto e diretto da Cesare Lievi, regista di punta del teatro italiano. 7 Delitto e castigo da Fëdor Dostoevskij Corte 13 / 18 dicembre I rapporti tra il giovane Raskolnikov, autore dell’omicidio di una vecchia usuraia, e il giudice Porfiri Petrovic, incaricato dell’istruttoria di un crimine di cui conosce già il colpevole, rivivono sul palcoscenico per iniziativa di Glauco Mauri, regista e interprete con Roberto Sturno di questo omaggio alla teatralità di un celebre romanzo. Tra circo e commedia dell’arte, una scatenata farsa antimilitarista nella quale Boris Vian sviluppa temi cari ai surrealisti, tra cui quello dello stretto rapporto tra Potere e Regressione infantile. Uno spettacolo divertente e coinvolgente messo in scena con elegante sobrietà e senza concessioni inutili dalla compagnia “I fratellini”. di Joseph Kesserling Corte 27 dicembre / 6 gennaio La morte e la fanciulla di Ariel Dorfman Duse 19 / 22 dicembre Sullo sfondo di uno Stato latinoamericano appena uscito dalla dittatura. La vittima e il suo carnefice. Difficile rapporto tra Verità e Giustizia, ma anche irrinunciabile valore della dignità umana. Uno spettacolo diretto da Riccardo Bellandi e interpretato da attori formatisi alla Scuola dello Stabile. Replica proposta fuori abbonamento. L’intramontabile capolavoro del teatro leggero americano, con le due impagabili vecchiette assassine e la loro eccentrica corte di nipoti, viene proposto per le festività di fine anno nel nuovo allestimento degli Attori & Tecnici che proprio questo genere di teatro hanno dimostrato da sempre di saper ottimamente gestire. Il sorriso di Daphne di Vittorio Franceschi Corte 10 / 15 gennaio Autore e attore, Vittorio Franceschi ha scritto un testo che parla di eutanasia, ma anche di altre cose misteriose e affascinanti come la botanica. L’amore e la morte, ad esempio. Tra un fratello e una sorella, e tra un vecchio scienziato e una sua giovane allieva. Uno spettacolo messo in scena dal regista cinematografico D’Alatri. TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 5 Urfaust 5 Anch’io come Faust, dopo di essermi aggirato L’eroina femminile paga alla fine un prezzo alto per Il Faust della prima redazione non è ancora Alla radice del nostro spettacolo, sta la scel- per tutti i campi del sapere, mi ero ben presto il suo smarrimento: l’espulsione dal sociale e la con- propriamente vecchio, come sarà nella secon- ta di raccontare che la giovinezza richiesta accorto della sua vanità e anch’io avevo fatto danna a morte. Perviene comunque a un approdo da redazione, ma soffre perché non riesce a da Faust a Mefistofele sia quella dell’anima ogni genere di tentativi. (J. W OLFGANG G OETHE ) penitenziale, che la redime. (EUGENIO BUONACCORSI) essere veramente giovane. (L ADISLAO M ITTNER ) e non quella del corpo. (A NDREA L IBEROVICI ) FAUST E IL PATTO COL DIAVOLO CONVERSAZIONE Faust, dal mio punto di vista, è un uomo, non una creazione della fantasia, e come tale ha scelto un suo percorso di apparente conoscenza. Apparente perché di fatto lo studio, ovvero la ragione della sua vita prima dell’incontro con Mefistofele, lo mantiene lontano, e in qualche modo lo tutela dal reale. Anche se ovviamente la qualità delle informazioni apprese è diversa, non credo ci sia differenza nel meccanismo psicologico che spinge l’intellettuale a passare la sua vita fra i libri e l’uomo che la fa passare davanti a una televisione. Ognuno di noi sceglie più o meno liberamente la propria anestesia travestendola consciamente o meno da passione e da assoluta verità fino al giorno in cui non appare, come “incidente” nel nostro mondo, Mefistofele. Come è nato questo tuo Urfaust? Quando abbiamo iniziato a progettare lo spettacolo, mi sono messo subito a leggere molte cose intorno al testo e al suo autore, ma poi - come del resto faccio sempre - ho lasciato che le idee sedimentassero in suoni e immagini. Definito il contenitore teatrale come uno spazio vuoto, vagamente scespiriano, sono così emersi nella mia mente soprattutto due oggetti (che sono poi gli unici presenti sul palcoscenico): ovvero, il cofanetto con i gioielli e il mazzo di margherite. Se il primo mi è sembrato essere il segno in cui sintetizzare la cultura, la ragione e il capitale, cioè tutto ciò che muovendo da un processo intellettuale diventa poi CON A N D R E A L I B E ROV I C I : Paola Gassman (Marta) e Ivan Castiglione (Mefistofele) poi a dedurre la realtà teatrale dei personaggi. Iniziamo da Faust: chi è e che cosa vuole costui nel vostro spettacolo? Alla base della scelte fatte, sta la decisione che la giovinezza richiesta da Faust a Mefistofele sia quella dell’anima e non del corpo. Mi è sembrato infatti legittimo leggere in Goethe che Faust, anche quando diventa giovane, continua a parlare come un Kati Markkanen (Margherita) e Ugo Pagliai (Faust) struttura socio-economica, il secondo mi è parso funzionale a parlare della natura, con tutto quanto a questa può essere ricondotto: l’amore, gli impulsi, la fantasia. Che relazione hanno questi oggetti con l’opera di Goethe? Oltre a esservi concretamente presenti nel racconto, credo che vi abbiano anche una forte valenza metaforica, poiché mi sembra che al centro della riflessione artistica di Goethe stia sempre il conflitto tra la ragione, attraverso la quale gli uomini creano il proprio demone, e la natura, nella sua logica precisa e inafferrabile. Quegli oggetti, comunque, mi sono teatralmente serviti come segni precisi per avviare il percorso lungo il quale ho iniziato COMPRARSI LA uomo anziano che attraverso la cultura sa interpretare tutti i segni che gli offre l’amore. E in questo sta insieme la sua gioia e la sua disperazione. Nessun lifting teatrale o tanto meno nessuna sostituzione d’interprete (prima vecchio e poi giovane, come sovente si usa fare nel rappresentare il Faust), perché quella che soprattutto mi interessa raccontare è la storia di un uomo di mezza età, dedito sino allora allo studio, che scopre la giovinezza attraverso lo specchio di Mefistofele, suo alter ego, dal quale emergono zone di sé che egli non aveva mai incontrato. Faust scopre di aver sempre confuso la sapienza con la felicità, il cofanetto con le margherite, e pertanto vuole ora viverne autenticamente la sintesi. Ma perché fallisce nel suo intento? Innamorandosi di Margherita, cioè del candore naturale e dell’ingenuità della giovinezza che aveva sino allora rimosso, Faust finisce col trovarsi inesorabilmente fuori natura, e da uomo intelligente qual è ben presto se ne accorge. Questa disarmonia è la sua tragedia; e se Faust giunge a uccidere Margherita è proprio perché la sua ragione si rivela assolutamente disarmonica rispetto a quell’amore. In Goethe, però, tutto ciò avviene nel contesto di una forte riflessione teologica. Più nel Faust che nell’Urfaust, comunque; anche se è vero che la nostra rappresentazione non parla di teologia o lo fa solo in una forma molto mediata. Cioè? Interrogandomi sul senso della divinità oggi, mi è parso di individuarla soprattutto nella visione. Da qui nasce la struttura dello spettacolo in cui l’immagine tecnologica non è mai solo illustrazione del dato, ma tende ad assumere una funzione narrativa essenziale, facendo parte integrante del racconto. L’occhio del “Dio” contemporaneo,una telecamera live in scena, riprenderà come un reality, la morte di Margherita, ovvero la morte del candore. Questo è valido anche per la musica? In un certo senso credo di sì, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzazione di temi musicali classici (Berlioz, Gounod, Beethoven, Mahler, ecc.) che metto in scena in funzione prevalentemente melò e in contrapposizione con le motivazioni molto concrete e alle battute terrigne pronunciate da Faust e dagli altri personaggi. Qual’è la componente teatrale portante di Mefistofele? Moltiplicandosi nelle voci dei G I OV I N E Z Z A personaggi che evoca e imita, Mefistofele dà forma concreta all’intuizione originale di Goethe, che vide per la prima volta il Faust rappresentato dal teatro delle marionette. Tutto il nostro spettacolo è pensato come una possibilità di “puppenspiel” visto dagli occhi di un bambino, non solo per le tante marionette che sono in scena, ma soprattutto perché per mediazione storica queste finiscono con l’avere la stessa funzione che oggi ha il video: sono forme sintetiche che, proprio come il video, hanno tra l’altro la caratteristica di sopravvivere a chi le ha create. Che funzione ha Marta in tutta questa storia? Se il tema centrale dello spettacolo è il viaggio di Faust (e del suo doppio) all’interno della conoscenza di sé e alla ricerca di una impossibile innocenza perduta (la distruzione di Margherita), Marta vi svolge di fatto il ruolo del senso della realtà: Marta è l’altro, è la vita nella sua concretezza. È anche un Faust carnale? Marta è insieme Faust e Mefistofele: tenta ed è tentata, è l’essere umano che vive senza squilibri. È l’ago della bilancia esistenziale. Che cosa ti piacerebbe si portasse a casa lo spettatore del tuo Urfaust? In sintesi, il dramma della modernità. Faust rimuove la vita attraverso la cultura, come altri lo fanno oggi con la televisione. Ma a lui, come a tutti noi, capita il momento in cui fare i conti con la realtà. Un incidente, l’incontro con Mefistofele, e tutto cambia. In una società tendenzialmente anestetizzata, la rivelazione di questa possibilità di incidente, tipica del teatro, diventa subito un fatto innovativo. Ecco, mi piacerebbe che lo spettatore si portasse a casa la domanda di quanto Faust sia in lui e nel suo modo di vivere, quanto la natura (Margherita) sia lontana dai suoi ritmi esistenziali. Sarebbe un grande risultato, un modo per dare senso al nostro fare teatro. conversazione con Andrea Liberovici a cura di Aldo Viganò Ivan Castiglione e Ugo Pagliai Il Festival della Scienza, giunto alla terza edizione, guarda anche quest’anno al teatro, riservando una particolare attenzione a quegli spettacoli che parlano di tematiche e di personaggi appartenenti alla storia del sapere scientifico. In questo contesto, il Festival organizza sul palcoscenico del Teatro Duse quattro appuntamenti teatrali molto suggestivi e ospita nella Casa Paganini (Genova, piazza Santa Maria in Passione) la ripresa di Galois (rappresentazioni 30 e 31 ottobre, 1, 2, 4 novembre alle ore 21.00 e il 5 novembre alle ore 10.30), spettacolo prodotto dallo Stabile di Genova. Scritto da Luca Viganò, Galois è un testo teatrale che s’inserisce con piena legittimità nel circolo ristretto dei testi affascinati dalle personalità e dal pensiero dei grandi matematici e scienziati. Grande matematico e riconosciuto padre dell’algebra moderna, Évariste Galois morì in seguito alle ferite riportate in duello, il 31 maggio 1832. Non aveva ancora ventun anni, ma aveva già troppo vissuto. Perché quella fine così assurda? Ancora oggi, non si conosce esattamente il motivo del duello, né l’identità dell’avversario. Forse una provocazione da parte di un nemico politico: legato ai movimenti radicali, Galois conobbe anche il carcere a causa delle sue idee e azioni rivoluzionarie. Forse solo una questione di donne. Forse a ucciderlo fu davvero un amico intimo, come ipotizza questa libera rivisitazione teatrale della sua biografia. Si dice che, certo di andare incontro alla morte, Galois passò la notte precedente il duello a scrivere una lunga lettera-testamento e, soprattutto, a riordinare - freneticamente - i suoi manoscritti di algebra, aggiungendo in margine a uno dei teoremi una frase che è passata alla leggenda, insieme alle circostanze oscure della sua morte: «C’è qualcosa da completare in questa dimostrazione. Non ne ho il tempo». Per quanto riguarda gli spettacoli in cartellone al Teatro Duse, il programma prevede le rappresentazioni di Bufaplanetes 29 - 30 ottobre (ore 21.00) scritto e diretto da Pep Bou, con Pep Bou e Luis Bevia - La magia delle bolle di sapone QED - Una giornata nella vita di Richard P. Feynman 1 - 2 novembre (ore 21.00) di Peter Parnell regia: Luca Giberti, interpreti Andrea Nicolini e Arianna Comes - La tormentata esistenza del Nobel per la Fisica nel 1965 Napoleone magico imperatore 4 - 5 novembre (ore 21.00) scritto, diretto e interpretato da Sergio Bustric - La storia di un imperatore amante della matematica Neuroni e anima 6 novembre (ore 21.00) - Conferenzaspettacolo di Lella Costa e Riccardo Fasce. ottobre | dicembre 2005 TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 6 Urfaust 6 “Urfaust” ar r iva sul palcoscenico del Teatro Duse dopo il successo ottenuto al Festival di Borgio Verezzi Moderno eroe del disincanto I L V I A G G I O La figura di Faust si insedia nell’opera di Goethe fin dalla giovinezza. Una prima redazione del Faust, quella che si suole chiamare Urfaust, è databile al periodo 1770-1775, ma è rimasta ignota fino al ritrovamento, nel 1887, di una copia manoscritta. Goethe aveva raggiunto una grande notorietà appena venticinquenne, nel 1774, con il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther, nella cui malattia esistenziale una intera generazione sentì di rispecchiarsi. Ma il teatro da tempo fermentava tra i suoi interessi. In quel periodo scrive commedie, tragedie e drammi, nei quali ora stinge un ormai declinante gusto rococò, ora echeggiano accenti scespiriani, ora affiora un interesse per le tessiture psicologiche. Questa sua precoce vocazione teatrale troverà significativi sviluppi in una qualificata pur se non fitta produzione drammaturgica, ma anche in una seria riflessione coagulatasi intorno alla figura di Wilhelm Meister ed espressa in forma di dittico romanzesco, in una intensa attività di regista svolta alla corte di Weimar (1791-1817), oltre che nella stesura delle Regole per gli attori nel 1803. Urfaust è solo la tappa iniziale di un percorso che attraverserà quasi tutta la vita di Goethe. Lo scrittore ritornerà in vari momenti sulla storia del sapiente che si affida a Mefistofele per trascendere i limiti della vita umana. Circa vent’anni dopo, Goethe diede alle stampe Faust. Un frammento, che presenta notevoli mutamenti rispetto alla versione originaria. Questo testo fu poi riversato interamente nella prima parte del poema definitivo (Faust I) del 1808, cui più tardi seguì la seconda parte (Faust II), scritta tra il 1825 e il 1831, pubblicata postuma nel 1832. Prima di Goethe già alcuni autori, compreso l’elisabettiano Christopher Marlowe, si erano D I F A U S T “ S T U R M U N D Paola Gassman e Kati Markkanen con alle spalle Ivan Castiglione occupati di quel singolare personaggio, che corrispondeva a un filosofo, erudito e mago vissuto nel Cinquecento, ingigantito in leggenda dai racconti popolari. La tradizione più viva in Germania fu quella che si manifestò sulle scene. Goethe conobbe Faust da bambino, attraverso il Puppenspiel (teatro delle marionette) e lo Schattenspiel (teatro d’ombre). L’Urfaust apparentemente è disorganico, in realtà la sua struttura compositiva è congeniale sia alle accensioni e dicotomie tragiche dello Sturm und Drang, il movimento culturale di con- Paola Gassman e le marionette, tra Ivan Castiglione e Ugo Pagliai ottobre | dicembre 2005 D A L L O testazione che a fine Settecento coinvolse anche l’autore, sia alla forza centrifuga di un eroe spinto dallo Streben: cioè dall’energia e dalla tensione verso un’autorealizzazione mai appagata. Faust, scortato da Mefistofele, compie qui un viaggio nel microcosmo del mondo borghese. Nella seconda parte del poema della maturità, questo viaggio proseguirà poi nel macrocosmo del mondo antico, delle corti, dell’Impero, fino all’ascensione in cielo, in una straordinaria sintesi di classicismo e romanticismo. Il cammino comincia nell’angusta stanza in cui il dotto Faust sta trascinando un’esistenza estenuata tra libri eruditi e polverose carte. Egli, in quella specie di carcere, teme di avere dedicato lunghi anni a un sapere vuoto e inutile. Si è perciò rivolto alla magia con la speranza di riuscire a conoscere davvero il mondo. Ma neanche l’apparizione dello Spirito della terra riesce a sollevare Faust, né vale a infondergli la sicurezza di potersi inserire nel movimento vitale della natura che fluisce e D R A N G ” muta incessantemente. Mefistofele, invece, annunciando che grigia è ogni teoria, gli promette che verde sarà l’aureo albero della vita.Questa sfiducia nei confronti della scienza che serpeggia nell’Urfaust va messa in relazione con l’accantonamento di un credo razionalista che l’autore aveva coltivato per qualche tempo. Il Faust, infatti, sia questo giovanile come quello conclusivo, offre molti spunti radicati nell’autobiografia. Faust è decisamente un “moderno eroe del disincanto”, che non crede più alla felicità predicata da molta ideologia settecentesca. Dramma esistenziale e conoscitivo coincidono in questo personaggio segnato dallo scacco e dall’impotenza, figura estrema “dell’oltrepassamento del limite”. Il secondo nucleo tematico dell’Urfaust è costituito dalla seduzione e dal conseguente abbandono della quattordicenne Margherita, la quale finisce per macchiarsi di un infanticidio. È un dramma questo, in cui si riverbera un problema sociale e giuridico su cui si era acceso un vivace dibattito che trovò risonanza negli scrittori dello Sturm. Margherita avverte subito una forte attrazione per Faust, ma si protegge dietro la rigida educazione ricevuta e l’ossequio alla religione. La sua semplicità non resiste tuttavia agli assalti della spregiudicatezza e della passione del corteggiatore. L’innocente fanciulla sfoglia i petali di un fiore ma solo per ottenere la conferma di qualcosa che desidera: essere contraccambiata. Perde la sua pace, si assoggetta all’imperio del cuore, il suo sguardo erra sulle fattezze dell’amato, il discorrere e la stretta di mano di Faust la turbano. L’eroina femminile paga alla fine un prezzo molto alto per il suo smarrimento: l’espulsione dal sociale e la condanna a morte. Perviene comunque a un approdo penitenziale, che la redime. Al contrario del suo innamorato, Margherita incarna una figura dell’accettazione del limite, restia a proiettarsi fuori dal cerchio dell’interiorità e dell’ordine famigliare. Nella sua lettura dell’Urfaust, Andrea Liberovici ha concentrato la vicenda attorno a quattro personaggi: Faust, Mefistofele, Margherita e l’amica Marta. L’azione scenica però viene dilatata dal ricorso a video e marionette, che introducono altre presenze (Dio, lo Spirito, A L L A M A T U R I T À lo Studente, alcuni goliardi) o duplicano gli attori che agiscono in carne ed ossa. Secondo una poetica già praticata in molti dei precedenti spettacoli di Liberovici, la musica gioca un ruolo importante, senza ridurre Berlioz, Gounod, Beethoven e altri compositori a colonna sonora.Allo stesso modo gli elementi visivi non si istituiscono mai in statica scenografia. L’una e gli altri diventano materiali di una lingua scenica, fattori costitutivi di una dimensione simultaneamente spaziale e sonora, dove il suono D I G O E T H E crea spazio e lo spazio si configura secondo scansioni musicali. Lo sguardo proliferante sullo schermo può metaforizzare convenientemente, in un periodo di crisi del sacro, il prevalere di una divinità dalla taglia quotidiana nella società massmediatica dei nostri tempi. L’occhio della telecamera ha surrogato così ogni presenza numinosa e lo Streben accorcia il raggio delle sue pretese, anelando a un apparire comunque, possibilmente in prima serata, nel palinsesto televisivo. Eugenio Buonaccorsi Ugo Pagliai in una scena di Urfaust con sullo sfondo effetti video L’originalità dell’Ur faust Per comprendere ciò che è l’Urfaust, bisogna isolarlo rigorosamente dalle aggiunte posteriori, bisogna cioè sforzarsi di dimenticare il Faust definitivo. Indubbiamente molti particolari, che saranno svolti nel Faust, si trovano già embrionalmente nell’Urfaust; ciò non significa però affatto che Goethe avesse sin da principio un’idea chiara di ciò che sarebbe dovuta essere l’opera completa. A parte ciò, fra l’Urfaust ed il Faust vi sono varie gravi, ineliminabili contraddizioni. L’Urfaust fu in molte scene sostanzialmente rifatto; in parte fu indubbiamente peggiorato. Pur nella sua frammentarietà, esso è in complesso più omogeneo e soprattutto più vigoroso della redazione posteriore. Mancano ancora le scene fra Dio e Mefistofele e quella del patto, che costituiscono l’impalcatura del posteriore dramma religioso; manca la scena del magico ringiovanimento, mancano soprattutto gli stupendi squarci lirici, in cui il lettore del Faust è indotto a vedere quasi l’essenza del faustismo: i brani sul dissidio delle due anime, il consapevole ed orgoglioso credo della terrestrità, l’invocazione estatica dell’attimo fuggente. Il Faust della prima redazione non è ancora propriamente vecchio, come sarà nella seconda redazione, ma soffre perché non riesce ad essere veramente giovane. Ladislao Mittner Da Storia della letteratura tedesca, Einaudi TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 7 7 ARTE E ARTISTI PER I POMERIGGI ALLA CORTE: INCONTRI, CONFERENZE, LETTURE POETICHE, PERFORMANCES HELLZAPOPPIN, LA STAGIONE DEL FOYER Dopo cinque anni di vita, Hellzapoppin - Arte e Artisti nel Foyer della Corte è diventato ormai un appuntamento fisso con le attività collaterali del Teatro Stabile di Genova. Nato nel 2000 con l’intento di far vivere il foyer della Corte anche nelle ore pomeridiane, quando in sala non c’è spettacolo, il progetto ha visto crescere stagione dopo stagione la partecipazione del pubblico, degli artisti e delle associazioni culturali coinvolte, conquistando l’attenzione di molte migliaia di persone: ora incuriosite da una performance artistica, ora attratte da un evento musicale, ora interessate da una conferenza o da un’intervista pubblica, ora coinvolte in un laboratorio mutimediale. Confortato dal bilancio decisamente positivo di un’iniziativa seguita da un pubblico molto differenziato per età, per aspettative culturali, per predilezioni artistiche, il Teatro Stabile di Genova ha in programma anche quest’anno una lunga serie di incontri, di performances e di manifestazioni, che si svolgeranno nell’arco dell’intera stagione. I partner sono quelli di sempre, con in primo piano ancora una volta gli amici dell’Associazione per il Teatro Stabile di Genova e la preziosa collaborazione dell’Accademia di Belle Arti con i suoi laboratori artistici; ma molto significativa è anche quest’anno la partecipazione dell’Università di Genova, che organizza nel Foyer un ciclo di conferenze con dibattito, e dell’associazione culturale I Buonavoglia con la quale sono in programma almeno due cicli d’incontri con i protagonisti degli spettacoli in cartellone. A partire da gennaio, poi, riprenderanno anche le iniziative organizzate in collaborazione con altre associazioni culturali della Regione, e in particolare con il Circolo Viaggiatori nel Tempo (con il quale è in preparazione un ciclo d’incontri sulla poesia italiana del Novecento), con Valore Liguria e con la Fondazione Novaro. Insieme verranno organizzate iniziative che parlino di arte, letteratura e APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA Mercoledì 26 ottobre ore 17.30 conduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Intorno al Commesso viaggiatore con Ferdinando Fasce Mercoledì 9 novembre ore 17.30 conduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Intorno a Urfaust con Carlo Angelino Venerdì 20 gennaio ore 17.30 Circolo Viaggiatori ndel Tempo Poesie vocali e consonanti Giuseppe Ungaretti Giovedì 26 gennaio ore 17.30 conduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Intorno a Holy Day relatore da definire Giovedì 2 febbraio ore 16.30 a cura di Margherita Rubino in collaborazione con I Buonavoglia L’Utopia e la Storia incontro con Moni Ovadia Venerdì 17 febbraio ore 17.30 Circolo Viaggiatori nel Tempo Poesie vocali e consonanti Eugenio Montale Mercoledì 1 marzo ore 17.30 conduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Intorno a La chiusa relatore da definire Venerdì 17 marzo ore 17.30 Circolo Viaggiatori nel Tempo Poesie vocali e consonanti Pier Paolo Pasolini Mercoledì 5 aprile ore 16.30 a cura di Margherita Rubino in collaborazione con I Buonavoglia La Memoria e la Scrittura incontro con Ascanio Celestini Giovedì 6 aprile ore 16.30 a cura di Margherita Rubino in collaborazione con I Buonavoglia Piantare in scena le voci incontro con Erri De Luca Venerdì 21 aprile ore 17.30 Circolo Viaggiatori nel Tempo Poesie vocali e consonanti Palazzeschi, Rodari, Scialoja, Dadaismo, Piumini Venerdì 19 maggio ore 17.30 Circolo Viaggiatori nel Tempo Poesie vocali e consonanti Italian Beat Generation musica, sempre con uno sguardo privilegiato alla comunicazione teatrale. Numerosi poi sono ancora una volta gli appuntamenti con la proiezione di filmati rari (a cominciare dalla rassegna già in corso dei video degli spettacoli con la regia di Marco Sciaccaluga), mentre con la nuova gestione della Libreria del Teatro saranno organizzate presentazioni di libri che riguardano in modo specifico il mondo dello spettacolo. Tra le attività in programma nei prossimi mesi, di cui si dà il calendario qui accanto,si segnala il ciclo Teatro e Università coordinato da Marco Salotti, con la partecipazione di altri professori dell’Università di Genova. Riflettendo intorno agli spettacoli prodotti dallo Stabile (Morte di un commesso viaggiatore, Urfaust, Holy Day, La chiusa), ma senza restringere il discorso esclusivamente a questi, saranno affrontati dal punto di vista storico e culturale alcuni temi d’interesse generale quali l’importanza dei venditori “on the road” nella società statunitense, il “faustismo” nella vita tedesca, la colonizzazione e il ruolo della donna, la favola horror nella letteratura e nel costume celtico. Mentre un posto di rilievo avranno gli incontri Autori & Attori organizzati in collaborazione con I Buonavoglia, a cura di Margherita Rubino. Il programma prevede tre incontri nel foyer, rispettivamente con Moni Ovadia sul tema L’utopia e la storia (giovedì 2 febbraio, ore 16.30), con Ascanio Celestini su La memoria e la scrittura (mercoledì 5 aprile, ore 16.30) e con Erri De Luca su Piantare in scena le voci (giovedì 6 aprile,ore 16.30).Spazio aperto alla sollecitazione artistica e culturale della città, Hellzapoppin ha confermato nel tempo una propria originale ragione d’essere, suggerendo anche un suo ulteriore consolidamento attraverso l’incremento degli spazi lasciati alle iniziative autogestite dai giovani artisti e alle associazioni che avvertono l’esigenza di approfondire il discorso sul teatro e sull’arte, e credono nell’importanza di un luogo di confronto e di verifica delle idee. Lo Stabile in tournée Il Teatro Stabile di Genova sarà in tournée nel 2005 / 2006 con quattro suoi spettacoli: due prodotti nella scorsa stagione (Chi ha paura di Virginia Woolf? e L’illusione comica) e due che appaiono nel cartellone di quest’anno (Morte di un commesso viaggiatore e Urfaust). Per un totale di più di trecento giorni di rappresentazione che porteranno ancora una volta in giro per l’Italia il nome del Teatro Stabile di Genova, facendo conoscere a un pubblico sempre più vasto l’alto livello qualitativo e spettacolare di un centro di produzione riconosciuto tra i migliori della scena europea. Le prime compagnie a partire saranno quelle di Chi ha paura di Virginia Woolf? e di Morte di un commesso viaggiatore, che debutteranno lo stesso giorno (martedì 8 novembre) rispettivamente ad Alessandria (Teatro Comunale, con unica replica il giorno seguente) e a Roma (Teatro Quirino, con repliche sino a domenica 27 novembre). Poi, lo spettacolo con Mariangela Melato e Gabriele Lavia inizierà il suo lungo viaggio che durerà sino alla fine di aprile, toccando le piazze di Bergamo (Teatro Donizetti, dall’11 al 20 novembre), Brescia (Teatro Sociale, dal 22 al 27 novembre), Cesena (Teatro Bonci, dal 29 novembre al 4 dicembre), Torino (Teatro Alfieri, dal 6 al 18 dicembre), Iesi (Teatro Pergolesi (dal 20 al 22 dicembre); per riprendere dopo la pausa natalizia con Bari (Teatro Piccinni, dal 4 all’8 gennaio), Roma (Teatro Argentina, dal 10 al 29 gennaio), Bologna (Arena del Sole, dal 31 gennaio al 5 febbraio), Ferrara (Teatro Comunale, dal 7 al 12 febbraio), Cremona (Teatro Ponchielli, 14 e 15 febbraio), Pavia (Teatro Fraschini, dal 17 al 19 febbraio), Verona (Teatro Nuovo, dal 21 al 26 febbraio), Venezia (Teatro Malibran, dal 28 febbraio al 5 marzo), Bolzano (Nuovo Teatro Comunale, dal 7 al 12 marzo), Firenze (Teatro Pergola, dal 14 al 19 marzo), Ancona (Teatro delle Musem dal 21 al 26 marzo), Roma (Teatro Eliseo, dal 28 marzo al 14 aprile), sino a Napoli (Teatro Bellini, dal 18 al 23 aprile). Più breve, ma ugualmente intensa sarà la tournée di Morte di un commesso viaggiatore che, dopo il debutto genovese e le tre settimane di repliche a Roma, sarà a Napoli (Teatro Diana, dal 29 Mazzini e lo sguardo degli altri In occasione del bicentenario dalla nascita di Giuseppe Maz zini (Genova 1805 - Pisa 1872), il Teatro Stabile di Genova organizza, in collaborazione con la Provincia di Genova, una serata a ingresso libero dedicata a raccontare il modo in cui i suoi contemporanei e le generazioni seguenti hanno visto la personalità e l’opera di uno dei più significativi protagonisti del Risorgimento italiano. L’incontro, in programma lunedì 21 novembre (ore 20.30) al Teatro della Corte, ha per titolo Giuseppe Mazzini e lo sguardo degli altri. Attraverso la conduzione dello storico Sergio Luzzatto, proiezioni di diapositive e la voce recitante di attori di primo piano della scena nazionale, la figura di Mazzini sarà raccontata in modo informale, puntando soprattutto sui mezzi propri del teatro: la parola che risuona in una sala di mille posti dove le persone hanno scelto di convenire, l’uso delle immagini come sfondo scenografico, le voci degli interpreti chiamate a dare vita e anima a un’antologia di testi scelti anche in funzione della loro forza emotiva. Si passerà così dalla evocazione della figura dell’amico e maestro tracciata da Giovanni Ruffini nel romanzo Lorenzo Benoni (dove Mazzini fa da modello al personaggio Fantasio) ad alcune poesie dedicate alle imprese della Giovane Italia, dai dialoghi tratti da opere teatrali (ad es. Risorgimento di Gerolamo Rovetta) o dagli scritti dell’attore Gustavo Modena alle postume testimonianze in versi degli scrittori Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli, senza ignorare le innumerevoli lettere che a Mazzini o intorno alla sua figura hanno scritto amici e nemici. Un omaggio in forma di spettacolo, pertanto: senza alcuna ambizione esaustiva, ma con la piena consapevolezza della funzione insieme emotiva e conoscitiva del teatro. Sempre nell’ambito delle celebrazioni mazziniane, nel pomeriggio di venerdì 18 novembre, gli studenti della Scuola di Recitazione dello Stabile genovese, guidati dalla direttrice Anna Laura Messeri, interverranno con una lettura drammatizzata all’Archivio di Stato di Genova (complesso monumentale di S. Ignazio, Via di Santa Chiara 28r), in occasione dell’inaugurazione della mostra “Se un giorno mai Genova mi dirà…”. Giuseppe Mazzini tra impegno politico e vita privata. Ricordo di Gianpiero Bianchi Nel clima gioioso che accompagna sempre l’inizio della stagione, per lo Stabile e per il suo pubblico un’unica nota triste: il rimpianto che quest’anno non sarà più con noi Gianpiero Bianchi un vero amico che troppo presto ci ha lasciato, un uomo e un attore di profonde qualità che ha accompagnato con il suo rigore, curiosità e cultura, un lungo periodo della storia del nostro teatro, dagli esordi alla metà degli anni Sessanta in molti spettacoli con Luigi Squarzina ai ruoli protagonistici in,tra gli altri,Un mese in campagna e Le false confidenze. novembre all’11 dicembre), Trieste (Teatro Politeama Rossetti, dal 13 al 18 dicembre) e poi ancora a Correggio (10 e 11 gennaio), Rimini (dal 13 al 15 gennaio), Ivrea (17 e 18 gennaio), Casale (19 e 20 gennaio), Tortona (21 e 22 gennaio), Milano (Teatro Carcano, dal 24 gennaio al 5 febbraio), Merano (7 e 8 febbraio) e Bolzano (dal 9 al 12 febbraio). Finita la tournée di Morte di un commesso viaggiatore, Eros Pagni e con lui anche altri attori della compagnia saranno impegnati quasi subito nella ripresa di L’illusione comica, il cui debutto è previsto a Lucca il 24 febbraio (Teatro del Giglio, repliche il 25 e 26 febbraio) per proseguire poi per Brescia (Teatro Sociale, dal 28 febbraio al 5 marzo), Prato (Teatro Metastasio, dall’8 al 12 marzo), Padova (Teatro Verdi, dal 14 al 19 marzo), Venezia (Teatro Goldoni, dal 22 al 26 marzo), Fabriano (Teatro Gentile, 28 e 29 marzo), Ancona (Teatro delle Muse, dal 30 marzo al 2 aprile), La Spezia (Teatro Civico, 4 e 5 aprile), Casalecchio (Teatro Comunale 7 e 8 aprile), Torino (Teatro Alfieri, dall’11 al 15 aprile), Milano (Teatro Strehler, dal 18 al 30 aprile) e Catania (Teatro Verga, dal 2 al 14 maggio). Prima ancora, intanto, anche l’Urfaust avrà iniziato a girare per l’Italia subito dopo il debutto genovese, andando a Bologna (Arena del Sole, dal 6 all’11 dicembre), Trento (dal 13 al 18 dicembre), Venezia (Teatro Goldoni, dal 4 all’8 gennaio), Padova (Teatro Verdi, dal 17 al 22 gennaio), a Milano (Teatro Leonardo, dal 24 gennaio al 5 febbraio) e a Teramo (Teatro Comunale, 7 e 8 febbraio). ottobre | dicembre 2005 TGE32205 Giornale n°20 19-10-2005 14:54 Pagina 8 8 La scena e i giovani Al fine di avviare un dialogo effettivo e concreto con i giovani, il Teatro Stabile di Genova ha fatto circolare in alcune scuole genovesi (per ora, Istituto Champagnat, succursale del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci, Istituto Santa Maria di Nives, Liceo D’Oria, Liceo Cassini) un questionario con cinque domande mirate a raccogliere l’opinione degli studenti sull’esperienza teatrale. Queste le domande: Per te andare a teatro è un dovere, una scelta, un’esperienza unica o che altro? Di una serata a tea- tro ti interessano di più gli attori, il testo, il regista o queste cose insieme? Quando sei a teatro ti senti a tuo agio? Di più o di meno che al cinema o a un concerto musicale? Quale è, secondo te, il motivo per cui da tanti secoli gli uomini continuano a fare teatro e ad andarci? Rispetto alle altre forme di spettacolo e di comunicazione, quali particolari chiavi di lettura della realtà e dei rapporti umani ritieni che il teatro sia in grado di offrire? Lasciati liberi di scegliere, i giovani hanno pre- ferito in grande maggioranza rispondere al questionario in modo anonimo, ma l’insieme delle loro considerazioni ci è sembrata comunque utile a una prima riflessione sul loro rapporto con il teatro. Qualche risposta ci ha favorevolmente sorpreso, altre forse un poco deluso, ma nel loro insieme le idee avanzate esprimono una sincerità che ci piace registrare, anche nella speranza che la breve sintesi offerta qui di seguito possa stimolare qualche altro giovane a riprendere il discorso, per allargarlo e per approfondirlo. «AUTENTICO E SEMPRE DIVERSO» Gli studenti parlano del loro rapporto con il teatro Affascinati dallo spettacolo teatrale come evento autentico e sempre diverso, talvolta un po’ condizionati da un’idea della cultura come dimensione separata dal quotidiano, più utile per tramandare il passato che per decifrare il presente, ma anche capaci di afferrare quel filo che “scorre” fra il palcoscenico e la vita. Sono alcuni tratti dei giovani che emergono dalle risposte di un gruppo di studenti a un questionario distribuito dal Teatro Stabile di Genova in alcuni licei della città per cercare di capire qual è il rapporto dei giovani di oggi con il teatro. volta, invece, questa sensazione passa e si riesce ad apprezzare di più ciò a cui si assiste». «Io sono meno a mio agio rispetto ad un concerto - è la testimonianza di Giacomo - visto che per me è una novità andare a teatro. Questo, però, mi invoglia, ogni volta di più, a impegnarmi per seguire lo spettacolo e per sentirmi a mio agio». Le ragioni del teatro Il teatro elimina le componenti di falso presenti nei “media” Il quadro che si delinea è, prevedibilmente, composito, ma con alcuni elementi, interessanti e incoraggianti, che accomunano gli interpellati. Il primo, tutt’altro che scontato, è la constatazione che una rappresentazione teatrale di solito non lascia indifferenti, visto che quasi tutti i ragazzi manifestano impressioni, sensazioni, sentimenti suscitati in loro da uno spettacolo. Il secondo è l’emergere di un forte desiderio di verità che il cinema e, soprattutto, la televisione non soddisfano affatto e che, invece, i giovani vedono appagato nell’illusione scenica che ogni sera persone in carne e ossa creano per altre persone. Fatto, anche questo, per nulla scontato se si considera il bombardamento di messaggi, immagini e “reality show” televisivi che, a differenza del teatro, hanno come ossessivo “leit-motiv” proprio quello di portare nello spettacolo la realtà così com’è, senza trucchi, né mediazioni. Ma, evidentemente, tutto questo genera, invece, come reazione, un bisogno di persone e di personaggi veri, anche se non reali, e di parole diverse, capaci di comunicare. Andare a teatro La maggior parte degli interpellati la definisce «una scelta», «un piacere»,un’«esperienza unica»,nel senso di completamente diversa da quelle che si vivono assistendo ad altre forme di spettacolo ma anche nel L A N U O V A senso di irripetibile. «Anche se si assistesse più volte alla stessa rappresentazione si constaterebbe che ogni volta viene interpretata diversamente e si coglierebbero aspetti o sfumature che in precedenza non si erano colti». Il teatro racconta una finzione sempre reale e attuale Qualcuno ammette, in tutta sincerità, di andare a teatro per dovere scolastico, ma sono una ridottissima minoranza fra quanti, invece, ci vanno con delle aspettative, perché cercano «un maggiore coinvolgimento emotivo rispetto a quello che si prova guardando un film», o perché considerano il teatro «una forma di comunicazione diversa, un divertimento, uno svago, un piacere» che per qualcuno è anche il piacere di raccontare e condividere con gli altri quello a cui ha assistito. Più d’uno, tuttavia, riconosce indirettamente alla scuola il merito di averlo “educato” al teatro, quando racconta che quello che adesso è una scelta e un piacere era, inizialmente, soltanto un dovere appunto. Lo spettacolo Almeno per i ragazzi, quello del palcoscenico è un mondo senza idoli e senza divi. Nessuno, infatti, L I B R E R I A D E L T E A T R O Tra le altre novità, la stagione dello Stabile si apre con la nuova gestione della libreria sita nel foyer del Teatro della Corte. A far vivere quello spazio aperto a tutti e disposto a protrarsi con varie iniziative anche al di fuori del locale deputato agli scaffali dei libri, sarà un gruppo di giovani universitari, i quali agiranno sotto l’egida della libreria “Libramente” di San Fruttuoso e con l’appoggio delle case editrici Il Melangolo e Le Mani. La “Libreria del Teatro”, sarà dedicata in modo prevalente al mondo del teatro, del cinema e della musica e sarà aperta tutti i giorni in cui a teatro c’è spettacolo dal primo pomeriggio alla sera tardi. La sua prospettiva è di diventare un luogo d’incontro e di promozione culturale per tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza dei protagonisti e del mondo dello spettacolo. Non solo un "negozio di libri", pertanto, ma un centro culturale specializzato, rivolto soprattutto ai giovani e inteso a promuovere numerose iniziative - presentazioni di novità editoriali, incontri con autori ed artisti - che verranno di volta in volta tempestivamente comunicate. ottobre | dicembre 2005 dice di andare a teatro per veder recitare un attore o un’attrice in particolare, sebbene gli attori e il testo siano gli elementi su cui di più si sofferma la loro attenzione. «Il testo e la trama sono importanti solo se gli attori sanno interpretare adeguatamente la vicenda» osserva uno studente. E se la decisione di andare a vedere uno spettacolo è determinata principalmente dal nome dell’autore e dalla «trama», quello che conta, però, alla fine, è l’insieme della rappresentazione. «È tutto interessante: il modo in cui il regista guida gli attori nell’interpretazione di un testo e il modo in cui questo viene rappresentato in uno spazio scenografico» spiega Giacomo, mentre a un suo compagno interessano «il testo e gli attori che - sottolinea - devono coinvolgermi e aiutarmi ad entrare nell’illusione». Lo spazio Non c’è la libertà di muoversi come a un concerto rock, né quella di mangiare popcorn come al cinema, ma nessuno dice di provare un forte disagio in una sala teatrale, anche se questo non significa sentirsi sempre a proprio agio. «Preferisco il cinema o lo stadio perché c’è più tolleranza sul comportamento» confessa qualcuno. La sensazione di essere in qualche modo controllati e di trovarsi in un luogo dove resiste un certo formalismo e dove, generalmente, il livello di attenzione è abbastanza alto, emerge come elemento condizionante in senso negativo, che, però, può essere mitigato dalla presenza del gruppo. «Io mi sento a mio agio come quando sono al cinema se sono insieme ai miei compagni e a persone con le quali mi trovo bene» spiegaValentina. « Non mi sento tanto a mio agio ammette un compagno. Forse a teatro c’è un ambiente troppo formale, ma è ugualmente interessante» . Ricerca del divertimento, desiderio di comunicare emozioni e raccontare storie: sono le due ragioni principali che spiegano, secondo la maggior parte degli studenti, la nascita e la “resistenza” del teatro attraverso i secoli. Ragioni che, evidentemente, esprimono l’idea e il bisogno di una rappresentazione che abbia a che fare con le passioni e anche con la fisicità della vita, ma che riconoscono anche al teatro la straordinaria, e unica, capacità di poter “accadere” ogni sera come fatto nuovo. «Gli uomini continuano a fare teatro, perché il teatro racconta una finzione sempre reale ed attuale, creando emozioni che nessun altro strumento mediatico sa offrire, nemmeno il cinema dove sai che è tutto finto». E poi «è sicuramente più affascinante sentire la comunicazione con esseri umani che con un televisore». Per altri a conquistare sono l’atmosfera e il fascino del nuovo, del “sempre diverso” perché «non si è mai stanchi di condividere esperienze e assistere attivamente a una rappresentazione che può assomigliare a una parte della tua vita». Il teatro è una scelta, avere un copione, è fatto anche d’improvvisazione che colpisce lo spettatore direttamente». Non meraviglia, quindi, se, dopo l’impatto emotivo il passaggio successivo, quello della riflessione critica,dell’analisi,avviene più facilmente se nei giovani spettatori scatta un meccanismo d’immedesimazione nelle vicende rappresentate o in qualcuno dei personaggi. «Quando si è a teatro sembra che lo spettacolo sia indirizzato a te come persona che hai opinioni e gusti particolari. A volte sembra che sia rappresentata una scena della tua vita.Ti senti, quindi, uno spettatore della tua vita. Aiuta a prendere decisioni e fare self-monitoring». Non è la catarsi aristotelica, ma è certamente qualcosa che ha a che fare con la dimensione più profonda di ciascuno. «Il teatro colpisce di più - è un’altra opinione - perché in una rappresentazione gli attori recitano davanti a noi, quindi si colgono di più sentimenti ed emozioni, si è più coinvolti. Il cinema, ad esempio, rappresenta la realtà, ma comunque ci rappresenta le situazioni in un modo che ci lascia un po’ all’esterno dei fatti». «Il teatro spiega Thomas - mi offre un contatto diretto con la storia che viene rappresentata, è come se lo spettatore si sentisse lui stesso al centro della scena e vivesse in prima persona ciò che viene narrato». Il teatro offre una riflessione sulla vita, sulla realtà e sui rapporti umani Chiavi di lettura un piacere, un’esperienza unica C’è anche chi, però, afferma di stare meglio teatro che a un concerto musicale, senza spiegare, tuttavia, il perché, né se il concerto a cui si riferisce sia di musica rock, pop o classica. È interessante, però, che i ragazzi abbiano fatto esperienza su di sé di come lo spaesamento che si può provare le prime volte che si va a teatro si possa gradualmente trasformare in familiarità, se la frequentazione diventa più assidua. «Le prime volte mi sentivo a disagio, come se fossi stato un personaggio fuori dal contesto, così diverso da quelle persone che probabilmente avevano passato lì tanto tempo racconta Thomas. Dopo qualche Se bisogni e impressioni sono chiare, per i ragazzi è più difficile, invece, rielaborare i contenuti di una rappresentazione teatrale come chiavi di lettura della realtà e delle relazioni umane, a meno che quello che accade sulla scena non li chiami in causa direttamente. Qualcuno, è vero, archivia il teatro nella categoria delle forme di arte che «riportano scene della storia e della letteratura» e che, pertanto, poco o nulla hanno da dire sul presente, ma quello che conquista e convince la maggior parte di loro è, invece, soprattutto il “miracolo” che avviene sulla scena, quel momento magico di scambio che unisce attori e spettatori e che fa sentire protagonista anche chi sta seduto davanti al palcoscenico, nella consapevolezza che «il teatro, oltre ad LO STABILE E IL MONDO DELLA SCUOLA Il Teatro Stabile di Genova dedica da sempre una particolare attenzione al mondo della Scuola e dell’Università, organizzando incontri, conferenze e seminari ad esso appositamente dedicati. Gli appuntamenti già definiti con l’Università prevedono gli incontri in via Balbi, a cura di Eugenio Buonaccorsi, con Marco Sciaccaluga (26 ottobre, ore 10, Morte di un commesso viaggiatore), Andrea Liberovici (16 novembre, ore 10, Urfaust) e Vittorio Franceschi (11 gennaio, ore 10, Il sorriso di Daphne). Conferenze di presentazione del cartellone della stagione si sono già svolte allo Champagnat (referente prof.ssa Scursatone), al Leonardo da Vinci (referente prof.ssa Vezzani), a Santa Maria di Nives (referente suor Virgilia), al D’Oria (referente prof.ssa Caroggio), al Cassini (referente prof. Natali), al Firpo (referente prof.ssa Vittori), alle Immacolatine (referente prof.ssa Galderisi) e al Vittorio Emanuele (referente prof.ssa Sabatini); mentre in questi giorni stanno per avviarsi in molte scuole i Seminari finalizzati alla formazione di “spettatori consapevoli”, di cui sono docenti Sandro Baldacci e Mauro Pirovano. Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA socio sostenitore Per qualcuno il coinvolgimento è a tal punto più reale e personale rispetto ad altre forme di spettacolo da fargli dire che «in una rappresentazione puoi vedere rispecchiato il tuo carattere». C’è poi chi tiene conto del coinvolgimento anche dal punto di vista degli attori che «sono a stretto contatto con il pubblico e ne vengono influenzati», e chi sostiene che il teatro consenta «una maggiore libertà di satira e quindi di espressione». Tutto questo non significa certo attribuire al teatro una “missione” ma il fatto che dei giovani, oggi, lo considerino uno spazio di libertà e di verità, una sorta di “oasi” della comunicazione, vuol dire che gli riconoscono ancora una funzione, vitale,forse necessaria.E non è poco. Annamaria Coluccia numero 20 • ottobre - dicembre 2005 Edizioni Teatro Stabile di Genova piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Avv. Giovanni Salvarezza Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000 partner della stagione Progetto grafico: www.firma.it art: Bruna Arena, Genova (322/05) Stampa: Ortolan, Opera (MI)