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Pubblicato il 23 Novembre 2015
M adama Butterfly nel Teatro del Giglio per l'inaugurazione della stagione lirica lucchese
Borsi vs Lee: vince la seconda
servizio di Simone Tomei
LUCCA - Con Madama Butterfly ha preso il via la stagione operistica del Teatro del Giglio. Questo
capolavoro pucciniano si veste di un allestimento del Teatro lucchese in coproduzione con il Teatro
Goldoni di Livorno, il Sociale di Rovigo, il Municipale di Piacenza ed il Pavarotti di Modena. Vorrei
iniziare a narrare dell'aspetto registico curato da Sandro Pasqualetto .
Prima di addentrarmi in particolari mi interessa citare uno scritto che ho trovato navigando in rete di cui
però non conosco la paternità: «... l'importanza dell'ambientazione musicale per Puccini è sempre
stato una delle sue maggiori preoccupazioni, come accadde nelle opere precedenti e soprattutto nella
Tosca. Per la Madama Butterfly divenne fondamentale. Il dramma era incentrato principalmente sullo
scontro tra due civiltà, americana e giapponese, ed era proposto dalla prospettiva giapponese,
lasciando a quella americana la funzione di intruso. Pertanto si richiedeva di immergere il lavoro nel clima giapponese e
rendere partecipe lo spettatore di quell'atmosfera. Sappiamo che nel 1902 Puccini contattò una signora giapponese, di nome
Oyama: questa gli fornì diverse indicazioni sulle usanze giapponesi e alcune melodie tradizionali che egli annotò, e gli
assicurò che gliene avrebbe procurate altre. Tutto questo lavoro bibliografico di ricerca di fonti musicali, occupa nell'opera
circa un quarto della musica complessiva, a cui vanno aggiunte le melodie "di colore orientale". Tra queste va segnalato
anche l'inno nazionale giapponese utilizzato da Puccini nella celebrazione del matrimonio. Possiamo rintracciare alcuni dei
motivi originali giapponesi in certi momenti sensibili dell'opera: ad esempio, nell'aria di Butterfly del secondo atto "Che tua
madre" dove dice "e la canzon giuliva e lieta"; nella ninna-nanna "Dormi amor mio"; e poi anche nella preghiera di Suzuki…
L'atmosfera americana invece viene messa in risalto attraverso l'inno della marina (che nel 1931 divenne inno nazionale
degli Stati Uniti) che compare due volte nel primo atto, nell'introduzione all'aria di Pinkerton "Dovunque al mondo" e nel
brindisi di Pinkerton e Sharpless "America forever", e due volte nel secondo, quando Butterfly rivendica la cittadinanza
americana e, dopo, all'arrivo della nave nel porto. Le parti musicali di Pinkerton e Sharpless vengono trattate da Puccini alla
maniera occidentale, tralasciando completamente il colore orientale. Il colore occidentale ritorna anche nei momenti di
espansione lirica, dove Butterfly dimostra la sua voglia di occidentalizzarsi...»
Nelle note di regia che ci sono state consegnate leggo questo: «... volevo qui racontare l'incontro di due società diverse e la
lotta tra il peso di una società atavica che non vuole morire e la voglia di fuga di chi prova ad uscirne... far sentire tutta la
gravità di una società giapponese che ingabbia le persone in codici formali e le ripudia se non vi aderiscono. Una società
che un giapponese non può abbandonare senza pagarne un prezzo smisurato. L'opera tal quale scritta, ci racconta uno
scontro tra due culture, ma anche tra la società e il singolo, con tutte le conseguenze che questo può portare... ho voluto
fissare la materia scenica in un'immagine iconografica assieme a tutti i personaggi giapponesi per permettere a Butterfly di
rifiutarli in blocco assieme all'intera società e andare a cercare una nuova vita altrove. Butterfly è un'autentica ribelle asociale
agli occhi di un Giappone tradizionalista. Non tanto per la scelta, comune allora, di sposare un occidentale per interesse o
amore, ma per la scelta del ripudio che lei opera verso i suoi familiari e antenati, la sua vita e la sua cultura... In una parola,
verso se stessa... E li', in fondo a quel vuoto, troviamo Lei. Non più Butterfly, non più Cio-Cio -San. Una Persona, sola, un
Essere Umano, la vera protagonista di un racconto doloroso e triste.»
Mi chiederete come mai queste lunghe citazioni ed il motivo è presto detto: dopo aver assistito ad entrambe le recite di
questa produzione, la sensazione che mi sono portato dietro è stata quella di un regista che abbia deliberatamente voluto
seguire un suo filone senza prendersi la cura di rispettare il libretto e tutte le numerose didascalie che in esso compaiono in
merito alle intenzioni di Puccini e di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Molto spesso nelle regie si compiono delle vere e
proprie distruzioni del libretto per una scelta che può andare dal minimalismo assoluto, ad un concentrato di opulenza e
fastosità. Nel nostro caso ci siamo trovati di fronte probabilmente ad un'idea registica più votata alla prima delle due
tendenze, ma con qualche pecca in più: quella di voler aggiungere arbitrariamente degli elementi che a mio avviso non
servono e sopratutto quella di non rispettare i tempi del dramma, generando volontariamente una profonda discrepanza tra il
testo e le didascalie proprie degli autori e quello che realmente accade sulla scena.
Sono tanti gli esempi che mi hanno portato a disquisire sulle scelte registiche di Pasqualetto e soprattutto mi preme dire che
le note da lui scritte come illustrazione della sua idea non hanno nulla da aggiungere a ciò che Illica, Giacosa e Puccini
avevano già detto con le loro parole e con la musica. Nell'allestimento del Giglio ci sono molti momenti di vuoto registico
assoluto: nel primo atto Pinkerton e Sharpless intenti a brindare con whisky, ma Sharpless cui viene offerto il prezioso
liquore, non lo prende dalle mani del militare, ma lui lo tira fuori dalla boccetta che tiene in tasca e ciò che segue è privo di
qualsivoglia movimento inerente al dialogo tra i due fino ad avvertire un grosso impaccio negli interpreti che devono gestire
una scena senza poter fare i gesti relativi al proprio dialogo; "Che burletta la sfilata della nova parentela" anche questo
aspetto è totalmente non preso in considerazione dal regista che fa trovare i partenti di Butterfly già in schieramento sul fondo
del palco; gli oggetti di Butterfly sono dentro le maniche e qui invece sono portati in scena da una comparsa sopra un
vassoio coperto; due comparse che costantemente sono sulla scena anche nel momento intimo della prima notte dei due
sposi e addirittura sono quelle che porgono a Butterfly il pugnale per il suo suicidio - questa è una di quelle aggiunte
arbitrarie cui ho fatto cenno prima -; potrei dire di molti altri aspetti che hanno distorto un libretto autosufficiente che non ha
bisogno di essere violentato, ma per non essere pedante mi preme citarne un ultimo, forse il più importante, perché legato al
motivo per il quale Puccini ha composto quest'opera: la lunga notte di veglia di Butterfly: è qui l'essenza di tutto ed è qui che le
indicazioni dell'autore sono fondamentali. La veglia è preceduta da un rituale molto ben descritto: la sistemazione del
bambino che non c'è stata, il vestirsi di Butterfly che avviene molto tempo dopo, durante il coro a bocca chiusa, i tre fori, e
soprattutto l'attesa dei tre che si trasforma nella sola veglia di Butterfly perché gli alti due si addormentano subito inondati da
un'atmosfera tetra dovuta a una tenda tirata sul fondale che improvvisamente rende buia tutta la scena.
Non ho mai criticato negativamente regie innovative o meno tradizionali del solito, cercando sempre di premiare e dare un
giudizio positivo laddove vi sia stata una coerenza dall'inizio alla fine dell'idea proposta, ma qui non ho trovato nulla di tutto
questo - nemmeno le note di regia mi hanno convinto, anzi mi è sembrata quasi una excusatio non petita - e ho voluto
evidenziare il mio pensiero anche in virtù del ruolo di cui sono investito.
Di gusto e molto attinenti al tema dell'opera, le scene curate dallo stesso Pasqualetto e Rosanna Monti riprendendo
l'allestimento Madama Butterfly del Centenario su un progetto di Christoph Wagenknecht.
Una nota di demerito anche per l'impianto luci a cura di Marco Minghetti, che non ha saputo valorizzare appieno i momenti
precipui dell'opera con opportuni mutamenti che si rendono necessari soprattutto in relazione al variare delle situazioni e
delle emozioni, ben sottolineate dalla musica; anche questa componente dell'allestimento ha contribuito a rendere statica e
piatta tutta la scena. Sul fronte musicale parlerò del primo cast - recita del 20 novembre 2015 - in cui saranno "nomati" tutti gli
interpreti e successivamente del secondo cast - recita del 22 novembre - dove parlerò solo degli interpreti che sono
subentrati avvicendando quelli del primo cast.
Recita del 20 novembre - Nel ruolo eponimo il soprano Maria Luigia Borsi; ho già avuto modo di
ascoltarla in altre produzioni - La Rondine dello scorso anno - e la prima impressione che ho avuto sin
dalle note iniziali è quella di una voce non particolarmente in linea con il ruolo interpretato: nella prima
ottava non ho udito la necessaria timbratura del suono che è risultato molto spesso vuoto e poco
corposo; risultava evidente quando le note si alternavano con quelle proprie della zona del passaggio,
dove Butterfly è molto spesso sollecitata; la vocalità della protagonista ha mostrato una maggiore
sicurezza negli acuti, molto buoni solo nei ff, mentre quando era necessario un canto più di
meditazione, ho notato una maggiore fatica forse perché tutta la struttura vocale era concentrata a
spingere per riuscire a mettere più corpo nella parte bassa che risultava debole e quindi in difficoltà
quando le note salivano, per riportare la struttura del fiato a suoni più filati.
Nel ruolo di F.B. Pinkerton , il tenore Lorenzo Decaro; la sua interpretazione ha messo in luce un timbro gradevole con dei
suoni abbastanza squillanti nel registro medio che risulta molto sollecitato da Puccini, per far emergere poi difficoltà nella
zona acuta, in quanto il suono risultava molto forzato e al contempo ingolato senza riuscire ad ottenere una bella proiezione
sonora tale che potesse arrivare al pubblico in maniera nitida e calda.
Marcello Rosiello, baritono pugliese, è
stato fine interprete del ruolo di Sharpless;
uno squillo argentino ed un timbro bronzeo
e ben proiettato, hanno fatto della sua
interpretazione il fiore all'occhiello di
questa produzione; si è difeso in scena in
maniera egregia riuscendo a fornire tutte le
intenzioni che il compositore ha voluto per
il personaggio; scaltrezza iniziale seppur
moderata nel primo atto, commozione nel
secondo e intenzione quasi paterna del
terzo, sono state interpretate sempre con il
giusto piglio vocale riuscendo a far godere
appieno l'ascolto della sua voce, grazie e
dinamiche sempre appropriate. sia negli
irruenti accenti che nelle sussurrate mezze
voci.
Di grande spessore anche il Goro di
Tiziano Barontini: questo tenore, di origine
pisana, si è fatto valere sulla scena sia
come attore che come cantante, risultando
sempre ben amalgamato con gli altri
personaggi ed è riuscito a conferire al Sensale giapponese tutta la scaltrezza e cinicità del caso, grazie ad una bella mimica
e a un timbro vocale squillante con ottima intonazione e proiezione.
Suzuki è stata interpretata dal mezzosoprano Lorenza Scarlata che ha messo in rilievo grandi doti attoriali e vocali; pur
essendo considerato un ruolo minore, la cantante si è fatta valere grazie ad una vocalità importante che seppur concentrata
in un registro centrale, è sempre stata presente e talvolta si è imposta sulle altre con risoluta fierezza.
Per quello che riguarda gli altri personaggi di questo capolavoro pucciniano, ci limitiamo a dire che, in relazione ai limitati
interventi eseguiti, abbiamo potuto apprezzare delle vocalità interessanti e qui li citiamo accanto al ruolo interpretato,
elogiandone la professionalità; il principe Yamadori e Yakusidé Antonio Pannunzio, lo Zio Bonzo John Paul Huckle, il
Commissario imperiale Riccardo Fassi, l'Ufficiale del registro Francesco Segnini, la Madre Aurora Brancaccio, la Zia
Federica Nardi, la Cugina Rosalba Mancini, Kate Pinkerton Alessandra Meozzi; il bambino, Dolore Arianna Pensa.
Il coro preparato da Mauro Fabbri è stato all'altezza della prestazione con interventi puntuali e precisi. La bacchetta di Valerio
Galli - alla guida dell'Orchestra della Toscana - è riuscita a compiere il miracolo di amalgamare i personaggi sul palco, che
con difficoltà si destreggiavano nella laconica regia; la sua concertazione e direzione ha infatti fornito una grandissima prova
interpretativa; il gesto è sempre stato curato e nitido sia per gli strumenti che per gli interpreti sul palcoscenico; sembrava
proprio che l'ordito musicale passasse attraverso il gesto del Galli, riuscendo a filare i suoni in modo che arrivassero in ogni
momento opportuni e sempre ben calibrati senza mai eccedere in ff esagerati, ma nemmeno senza mai togliere niente a
quello che Puccini avrebbe voluto; il rapporto con il palcoscenico che ne è derivato è stato quello atto a prendere ciascun
cantante sottobraccio e con esso passeggiare insieme all'orchestra nell'immensa prateria di note, temi ed emozioni che di
cui è densa questa partitura pucciniana.
Teatro quasi in sold out e seppur tiepido durante l'esecuzione si è scaldato alla fine precipuamente per il direttore d'orchestra
e per la protagonista.
Recita del 22 novembre - Come già detto parlerò qui solo degli interpreti che si sono avvicendati nei
ruoli in questa seconda recita. Grazia Lee è stata la Butterfly della replica; voce di grande spessore
che si è destreggiata bene nella partitura del Maestro lucchese dando prova di grande bravura sia
vocale che scenica; dal punto di vista dell'interpretazione la Lee ha evidenziato la crescita psicologica
tra primo e secondo atto e dal punto di vista più tecnico il suo impegno vocale non è stato da meno:
l'estensione tonale che si sviluppa su due ottave più una terza minore, con un'alta concentrazione sulle
note di passaggio e nel registro grave, è sempre stata ovunque ben centrata e timbrata riuscendo ad
amalgamarsi bene sulla gran portata delle sonorità orchestrali e negli assiemi con gli altri cantanti.
Il tenore perugino David Sotgiu ha interpetato il ruolo di Pinkerton ; la bella presenza scenica e il timbro
da tenore lirico puro sono state due caratteristiche che mi hanno subito colpito, ma ho notato un certo timore nell'affrontare il
canto nei momenti più impegnativi; la buona timbratura vocale sia nel registro medio grave che in quello acuto non sono
riuscite a imprimere carattere alla sua emissione soprattutto nell'esordio dell'opera; Sotgiu è comunque migliorato molto
verso la fine del primo atto, per poi arrivare ad emozionare la platea col suo "Addio fiorito asil"; l'impressione generale da me
percepita è stata comunque quella di un timore che potrebe apparire coma la "paura" di cantare; date le notevoli potenzialità,
al critico non resta che formulare un invito schietto che si potrebbe così riassumere: «La voce non ti manca... Canta!!!»
L o Sharpless di Giuseppe Altomare, baritono di origine pugliese, ma ormai lucchese di adozione, ha portato la firma della
sua grande professionalità, esperienza e bravura, sia vocale che scenica. Ha dimostrato di possedere il "phisique du rôl" per
questo personaggio che ha il suo bel da fare durante tutto il dipanarsi dell'opera, in quanto denso di stati emozionali che
mutano con il dipanarsi della vicenda. Ogni momento è stato ben trasmesso con un'emissione chiara e nitida, ben proiettata
e amalgamata con la musica e con gli altri interpreti; irruente, oppure dolce e quasi paterna, è stata sempre ben calibrata e
legata al momento emozionale.
La Suzuki di Moonjin Kim, mi ha molto colpito, dapprima per la sua interpretazione scenica e poi per la sua vocalità bronzea
e scura che ben si alternava a quella più sopranile della Butterfly di Grazia Leee, risultando sempre ben a fuoco e riuscendo
ad emergere nei suoi brevi momenti di presenza. Il bambino, Dolore era Giacomo Bacci. Anche nella replica la bacchetta di
Valerio Galli è stata ottima come la sera della prima ed il pubblico non ha mancato di tributare a tutti il proprio consenso.
Crediti fotografici: Lorenzo Breschi per il Teatro del Giglio di Lucca.
Nella minatura in alto: il direttore Valerio Galli
Sotto: applausi finali nella recita di venerdì 20 novembre 2015
Nella miniatura al centro: la protagonista della "prima", Maria Luigia Borsi
Sotto: ancora la Borsi in due momenti della recita
Nella miniatura in basso: la protagonista della replica, Grazia Lee
Sotto: applausi finali nella recita di domenica 22 novembre 2015
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