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24 ore di Krapp in un foglio
18 luglio 2013
FRONT
Digest quotidiano a cura della redazione di Krapp’s Last Post – www.klpteatro.it
Il caso StraussStrauss-Kahn secondo Lombardi / Tiezzi
Marco Menini
Nel 2011 la vicenda di Dominique Strauss-Kahn riempì le prime pagine di tutti i principali quotidiani
del pianeta. Il noto economista e politico francese venne arrestato a New York con l’accusa di
violenza sessuale nei confronti di una cameriera. L’affaire fu al centro dell’attenzione globale e
scatenò accesi dibattiti per diversi mesi, fino a quando l’accusa venne archiviata.
Da queste note vicende prende spunto “La grande passeggiata”, andato in scena al
festival Inequilibrio, per opera del giovane drammaturgo Fabrizio Sinisi, formatosi all’interno del
Teatro Laboratorio della Toscana diretto da Federico Tiezzi.
La vicenda si svolge nell’arco temporale della notte trascorsa in cella dal protagonista (Sandro
Lombardi), nell'attesa della prima convocazione in tribunale. A fare da contorno al dipanarsi dei
concitati avvenimenti, due figure di carcerieri che tanto rimandano ai Drughi di “Arancia
meccanica”, la moglie e il segretario di partito. Il tutto innervato dai relativi intrecci psicologici,
umani e di potere.
I temi affrontati sono quanto mai attuali, e diventano l’occasione per una riflessione più ampia
sull’uomo e sull’attuale situazione contemporanea. L’accusa di stupro è usata allora come
“metafora della violenza che domina la crisi umana, culturale e politica dell’Occidente”, e così, nel
districarsi dei fatti, emergono passioni represse, gli aneliti di vita insoddisfatti del protagonista,
succube di un matrimonio ipocrita, alla ricerca di una gioia oramai fuggita e della quale è stato
ignaro, il tutto frammisto a giochi di potere, crudi interessi economici, spietate speculazioni, ricatti e
sotterfugi, sino al catartico finale.
Lo spettacolo, sebbene sulla carta promettesse molto e avesse alte ambizioni (nella
presentazione, a proposito del testo, si rimanda alla “lingua della tradizione in versi, da Alfieri a
Manzoni a Luzi e Pasolini”) finisce invece col deludere, complice anche una poco convincente prova degli attori (soprattutto Rosa Sarti - la moglie - e Nicolò Todeschini il segretario di partito -), ad eccezione del protagonista.
Non sappiamo se la causa sia dovuta alla presenza scenica di Sandro Lombardi - sul quale è superfluo spendere parole d’elogio -, al cui cospetto i giovani attori danno
l’impressione di non tenere il passo, oppure alla scelta registica di una recitazione troppo forzata e impostata, della quale addirittura lo stesso Lombardi sembra risentire
nella prima parte: una scelta che sembra limitare il ritmo dell’azione e non dona “verità” alle passioni che percorrono carsiche il testo.
Anche la regia di Federico Tiezzi finisce col non convincere, troppo impegnata a cercare soluzioni d’effetto (si prenda ad esempio l’episodio del bacio tra la moglie e il
segretario), finendo col sovraccaricare la messinscena, così come la scelta delle musiche e delle immagini sullo sfondo, che risultano troppo didascaliche e talvolta
prevedibili.
La reazione del pubblico tuttavia è entusiasta, e questo fa prevedere una fortunata tournée nei cartelloni della stagione a venire.
LA GRANDE PASSEGGIATA
di Fabrizio Sinisi
regia Federico Tiezzi
con Sandro Lombardi, Marco Brinzi, Simone Faloppa, Rosa Sarti, Nicolò Todeschini
drammaturgia Sandro Lombardi, Federico Tiezzi
interpretazione del verso Sandro Lombardi
voce e canto Francesca Della Monica, Ernani Maletta
drammaturgia del movimento Giovanni Scandella
drammaturgia del costume Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
produzione Compagnia Lombardi/Tiezzi - Teatro Laboratorio della Toscana
in collaborazione con Armunia/Festival Inequilibrio, Comune di Bari, Teatro Pubblico Pugliese
durata: 1h 22'
applausi del pubblico: 2' 6''
Visto a Castiglioncello (LI), Castello Pasquini, il 2 luglio 2013
Inequilibrio festival
Inequilibrio festival: http://www.armunia.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=747&Itemid=5
Url articolo: http://www.klpteatro.it/il-caso-strauss-kahn-secondo-lombardi-tiezzi - Pubblicato su klpteatro.it l’11 luglio 2013
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24 ore di Krapp in un foglio
18 luglio 2013
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Digest quotidiano a cura della redazione di Krapp’s Last Post – www.klpteatro.it
Adriana Asti nella solitudine di Cocteau
Michele Ortore
Partecipare ad un festival non significa soltanto sperimentare una specie di «Super size me» del
teatro, testando su sé stessi gli effetti psicomotori di un Ronconie uno Stein visti a distanza di
poche ore.
Significa anche potersi sedere nella piazza del mercato di Spoleto e, bevendo un patriottico
sagrantino, avere l'opportunità di parlare con alcuni di quelli che, con la propria schiena, provano a
tenere vivo il formicaio del teatro italiano: artisti celebri e meno celebri; tecnici luci in grado di dirti
quanti fari ha montato Bob Wilsonnell'ultimo spettacolo o chi è il maestro più rompiballe; ragazzi
dello staff che lavorano all'estero per guadagnare i soldi con cui provano poi a mantenersi in Italia,
affrontando la giungla dell'organizzazione di eventi culturali.
Ma può capitare, anche, d'incontrare qualcuno che – con grande serenità – a un certo punto
decide di cambiare vita.
Vicino al paese di Citerna, dove l'associazione E20Umbria e il nostro accompagnatore Gigi
Bettin ci hanno permesso di visitare una bellissima Madonna da poco attribuita a
Donatello, Mauro Tosti gestisce la sua Country house "Le rasse".
Mentre ci pasce di bontà umbre, scopriamo che Mauro ha vissuto a Roma ed è stato tra i gestori e
gli animatori del teatro L'Abaco, in zona Prati, uno degli spazi più attivi negli anni del fermento delle
cantine romane. Insieme al suo gruppo di amici sperimentava già allora tutti quegli stratagemmi
con cui ancora oggi i piccoli teatri provano a sbarcare il lunario senza rinunciare alla progettualità
artistica: dj set, cineforum, concerti. Viveva insomma in quel «carpe diem» che è fatica e
benedizione di tanti artisti.
Un giorno arriva un signore con un gran mucchio di soldi, per acquistare il teatro. Insieme ai
collaboratori decidono di accettare. Ed ora eccolo qua: un uomo allampanato, dallo sguardo
cordiale e la voce potente. Ama Parigi e il suo teatro vivace perché quotidiano, smitizzato, privo
dei riti sociali che avvinghiano i pubblici compiaciuti di sentirsi minoranza.
Anche se i tempi stretti non ci permettono di approfondire il racconto, non mi sembra di scorgere in lui chissà quale nostalgia. Rimbaud, a poco più di vent'anni, disse addio
alla poesia e divenne un trafficante, senza più scrivere un rigo: è passato comunque alla storia. Forse spesso servirebbe un pizzico di fatalismo in più: accettare che sia la
vita a scriverci, senza per questo rinunciare alla propria inclinazione, mi è sempre sembrata una condizione dell'animo senza cui arte sincera non potrebbe esistere.
Ma al Festival dei 2Mondi s'incontrano ovviamente anche attori che nei teatri vivono da sempre, e per cui ormai l'odore del legno del palco è come ossigeno: è il caso
di Adriana Asti, per cui davvero non servono presentazioni; diretta dal cineasta francese Benoit Jacquot, affronta Jean Cocteau in un dittico composto dai monologhi "La
voce umana" e "Il bell'indifferente". Siamo al Teatro Caio Melisso - Spazio Carla Fendi.
I due monologhi (nel secondo c'è in scena anche Mauro Conte, che però rimane presenza muta, come da titolo) dipingono due prospettive della stessa solitudine:
entrambe le protagoniste, infatti, vivono con il compagno un rapporto morboso, da dipendenza chimica, un amore farmacologico.
Nel primo testo la Asti è al telefono con l'uomo che l'ha lasciata dopo una lunga storia: in vestaglia bianca, pencolando fra un tavolino con un'abat-jour sulla destra della
scena e il letto matrimoniale sulla sinistra, fuma nervosamente una sigaretta, prendendosela con le interferenze della linea.
Cocteau ci guida alla ricostruzione della parabola amorosa soltanto da uno dei capi del telefono, sfruttando dunque come fuoco della drammaturgia i sommovimenti interiori
della donna, le sue menzogne (fuma e nega di fumare; tiene una pistola in mano mentre dice di non aver mai pensato al suicidio), il suo terrore del silenzio, che qui è
sempre sinonimo di annullamento e di morte. I suoi disperati «Pronto?» diventano ben più di un segnale fatidico, perché la Asti li utilizza come fossero delle boe, facendo
da essi partire i cambiamenti di ritmo e d'intensità.
Dopo un rapido spostamento di scenografia, che avviene a sipario alzato mentre la Asti si siede in platea (una scelta non particolarmente efficace), con "Il bell'indifferente" i
toni si fanno più parodici: stavolta siamo di fronte a una donna in preda a una sorta di Sindrome di Stoccolma, incapace di separarsi da un uomo che non le rivolge
nemmeno la parola, spostandola come un birillo se la trova di fronte alla porta, che si addormenta dietro la paratia di un giornale mentre lei cerca disperatamente la sua
attenzione, e che le impedisce di uscire dalla stanza d'albergo.
Il clima autoironico (l'ottantenne Asti accusa il giovane Conte e la sua amante: «Stai con una puttana che ha il doppio della tua età!») apre ampi spazi per il virtuosismo
d'attore, di cui la Asti ovviamente approfitta; la recitazione si fa più allocutiva, la voce più dura e la gestualità più netta. Si passa da un dolore «in absentia» ad uno «in
praesentia»: all'estroflessione corrisponde un minore psicologismo, che per come era sviluppato nella prima parte risultava fin troppo cechoviano; la seconda messa in
scena, insomma, sembra ben più efficace della prima.
Chiudiamo con una curiosità, raccolta dal traduttore René de Ceccatty. Il testo di Cocteau è in realtà la trasfigurazione del suo amore infelice per il giovane poeta Jean
Desbordes: «Un giorno, il poeta surrealista Paul Eluard, che assisteva alle "prove" assieme al regista russo Sergej Ejzenstejn, protestò rumorosamente: "Basta! Basta! È
a Desbordes che lei sta telefonando!"».
LA VOCE UMANA / IL BELL’INDIFFERENTE
di Jean Cocteau
traduzione René de Ceccatty - con Mauro Conte - regia Benoît Jacquot - scene Roberto Platé - costumi Nicoletta Ercole e Christian Gasc - luci Daniele Nannuzzi e
Jacques Rouveyrollis - assistente alla regia Geneviève Dufour - assistente alle scene Luisa Paglialunga - assistente alle luci Jessica Duclos - assistente Adriana Asti
Chiara Mogavero - costumi realizzati da fbg 22-11 studio de costumes, D’Inzillo Sweet Mode s.r.l., Agnès Dominique Dit Cabannes - scene realizzate dal laboratorio di
scenotecnica e pittura del Festival dei 2Mondi di Spoleto - un progetto di Spoleto56 Festival dei 2Mondi - coproduzione Spoleto56 Festival dei 2Mondi, Teatro Metastasio
Stabile della Toscana, Mittelfest
Visto a Spoleto, Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, il 7 luglio 2013
Prima nazionale
Url articolo: http://www.klpteatro.it/adriana-asti-nella-solitudine-di-cocteau - Pubblicato su klpteatro.it il 12 luglio 2013
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