v.11 (1/01/2016 -25/01/2016)

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UOMO
OGGI
L’INTERVISTA
LINO GUANCIALE
Il goleador
delle fiction
a cura di S t e f a n o M a r c h e t t i
Il giovane attore
abruzzese,
Lino Guanciale,
è sempre
più presente
in televisione,
al cinema
e a teatro.
E nelle prossime
settimane sarà
sul palcoscenico
con un lavoro
sugli anni che
hanno preceduto
la Grande
guerra.
«Mi definisco
un educ-attore»
Guanciale, qui
in un primo piano,
ha la passione per la
didattica: in passato
girava per le scuole per
sensibilizzare al teatro
le giovani generazioni.
MESSAGGERO
22 |
DI
SANT
N
el campionato delle fiction più amate
delle recenti stagioni televisive, Lino Guanciale gioca da goleador. Un vero campione. È stato il razionale professor Guido Corsi
accanto all’irrefrenabile suor
Angela (Elena Sofia Ricci) in
Che Dio ci aiuti, poi Ruggero Benedetti Valentini, rampollo di una stirpe di industriali, in Una grande famiglia
e ha indossato gli abiti storici del conte Guido Fossà ne
La dama velata: presto lo rivedremo anche in ruoli di finanziere e medico, protagonista di nuove produzioni.
«La tv e il cinema sono molto divertenti da praticare e mi
hanno insegnato tanto – ammette – ma se non potessi dedicarmi anche al teatro forse
smetterei di fare questo mestiere. Credo che per un attore sia fondamentale il confronto diretto con il pubblico,
sapere che c’è qualcuno in sala». Ecco perché, dividendosi tra il set e il palcoscenico,
Guanciale ha dedicato il suo
2015 anche a Carissimi Padri,
un percorso di teatro partecipato, ideato da Emilia Romagna Teatro e diretto da Claudio Longhi, a un secolo dalla Grande guerra. Il progetto
(che ha coinvolto scuole, associazioni e biblioteche con
letture, performance, concerti) ha voluto esplorare soprattutto gli anni che precedettero il primo conflitto mondia-
’ANTONIO
gennaio 2016
le, quelli in cui l’Europa sembrava occuparsi di tutt’altro mentre scivolava lentamente verso il baratro: è un
richiamo forte – e tanto più
attuale – al valore immenso della pace, di cui spesso
non ci rendiamo conto. Tutte le tessere del puzzle avviato nell’anno appena trascorso si comporranno nel trittico che suggellerà il progetto, Istruzioni per non morire in
pace, scritto da Paolo Di Pao-
lo, in scena al teatro Storchi
di Modena dal 7 al 17 gennaio, poi al Bonci di Cesena dal
28 al 31 dello stesso mese e il
prossimo autunno a Firenze,
al Teatro della Toscana.
Msa. Ricordare la guerra
parlando degli anni di pace.
Perché?
Guanciale. Alla Grande guerra sono stati dedicati tantissimi studi e saggi, eppure
non si riesce effettivamente
a identificare una causa sca-
tenante di quel conflitto: è la
dimostrazione di come la storia possa procedere per derive, con esiti fatali che bisogna neutralizzare prima che
sia troppo tardi. Stefan Zweig
ha dato un’immagine efficace dell’Occidente prima della
Grande guerra: era un mondo che credeva di essere alla
fine della Storia, protagonista
di una pace eterna e con un
benessere imperituro, ma come un sonnambulo arrivò sul
ciglio di un burrone e vi precipitò.
Vi si legge molto del mondo
attuale?
Sì, è sempre facile illudersi
che i conflitti siano alle nostre
spalle e che davanti a noi non
esistano rischi. Ma la guerra è
una specie di virus dormiente che può esplodere quasi in
qualsiasi momento. La società
che tra il 1900 e il 1914 camminò verso la Prima guerra
mondiale può a tratti ricordare il nostro tempo.
La pace è un valore fragile...
Con Il Ratto d’Europa, un altro progetto teatrale che abbiamo realizzato un paio di
anni fa, abbiamo raccontato
anche questo. L’Unione europea, pur con i suoi difetti e
con la necessità di migliorare per arrivare a una coesione vera, ha garantito tanti anni di pace, soprattutto attorno
ad alcuni snodi fondamentali, come i rapporti tra Francia
e Germania o tra Germania e
Inghilterra, che a lungo hanno generato conflitti. Abbiamo fatto tutti insieme qualche
passo in più. Ora chiediamoci
come costruire una pace duratura nel nostro continente,
evitando errori del passato.
Come racconterete, dunque,
quel mondo di più di un secolo fa?
Anche con il tono della commedia. Si alterneranno momenti di vero e proprio cabaret, come ai primi anni del
Novecento, a passaggi drammatici, legati agli eventi di
quei giorni. Adotteremo il registro grottesco e lo straniamento di Brecht, aperto a sfumature diverse, da quelle più
prossime al realismo di ricostruzione storica a quelle più
spinte verso il divertissement.
Questi progetti si creano con
l’apporto di tanti. Come è
nata l’idea di teatro partecipato?
Qualche anno fa insieme con
Claudio Longhi abbiamo deciso di staccarci dalla nor-
male tipologia degli spettacoli. Nel nostro Paese ci sono alcune fasce generazionali, come i giovani, che non vedono più nel teatro un punto di riferimento. Invece, sia
io che Claudio (che è anche
docente universitario) abbiamo sempre avuto la passione
per la didattica: io mi definisco a volte un educ-attore. E
così abbiamo pensato di accompagnare ogni nuovo spettacolo con una campagna di
formazione che partisse già
dagli studenti delle superiori. Andavamo nelle classi con
delle incursioni, dei curiosi
blitz tra recitazione e spiegazione, per dare ai ragazzi gli
strumenti giusti per entrare nello spirito di un testo o
di un’epoca. E ci siamo resi
conto che di fame teatrale in
realtà ce n’è tanta, soprattutto
tra i giovani... In seguito abbiamo esteso questo modulo
a tutto il pubblico e alla cosiddetta società civile.
In che modo?
In una città cerchiamo di
coinvolgere quante più persone possibili nella riflessione su un tema. Modena ci
ha dato la possibilità di farlo, prima parlando di Europa
e poi della Grande guerra e
della pace. La risposta è stata
fantastica, perfino sorprendente. Per vari mesi leggiamo insieme, teniamo laboratori, incontriamo tanta gente,
per approdare allo spettacolo
conclusivo. Non pretendiamo
comunque di consegnare una
verità assoluta.
Come è nata in lei la passione per la recitazione?
In famiglia nessuno proveniva da un ambito prettamente artistico. Mio padre è medico, mia madre insegnante:
da loro però ho ricevuto l’interesse per la musica, il cinema, e soprattutto la lettura. Poi un laboratorio teatrale
all’ultimo anno delle superiori è stato fatale: in quel momento ho capito che recita-
la scheda
Lino Guanciale ha 36
anni ed è originario di
Avezzano (L’Aquila). Si
è diplomato nel 2003
all’Accademia
nazionale di arte
drammatica Silvio
D’Amico di Roma. La
sua carriera di attore
teatrale lo ha portato a
lavorare con Gigi
Proietti, Luca Ronconi,
Massimo Popolizio, e
soprattutto con Franco
Branciaroli e Claudio
Longhi, con cui ha
avviato un sodalizio
artistico che prosegue
tuttora. Al cinema ha
debuttato nel 2009,
interpretando Mozart
nel film Io, Don
Giovanni di Carlos
Saura. Ha preso parte
anche a To Rome with
love di Woody Allen.
Dal 2011 lo ha
scoperto la televisione:
la sua prima fiction è
stata Il segreto
dell’acqua su Raiuno,
seguita da altre serie di
grande successo,
come Che Dio ci aiuti,
Una grande famiglia e
La dama velata. In
parallelo, Guanciale ha
sempre mantenuto
l’attività teatrale, che
negli ultimi anni si è
svolta spesso sotto
l’egida di Emilia
Romagna Teatro: tra il
2011 e il 2012 è stato
tra i protagonisti de La
resistibile ascesa di
Arturo Ui di Brecht, con
Umberto Orsini e la
regia di Claudio
Longhi, poi negli anni
successivi è stato parte
della compagnia
de Il Ratto d’Europa
e del progetto
Carissimi Padri.
Nel 2015 ha vinto
il premio Flaiano.
MESSAGGERO
DI
gennaio 2016
SANT
’ANTONIO
| 23
UOMO
OGGI
L’INTERVISTA
Il valore
della pace
Lino Guanciale
(il primo a sinistra) si è
dedicato a un percorso
di teatro partecipato
dal titolo Carissimi
Padri, proposto nel
centenario della Grande
guerra. Il progetto,
ideato e diretto
da Claudio Longhi,
ha voluto esplorare
soprattutto gli anni che
precedettero il conlitto.
VITTORIO TABOGA
re mi faceva stare bene. Avrei
potuto laurearmi in Medicina, ma ho preferito entrare all’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio
D’Amico di Roma. All’inizio i
miei erano perplessi, soprattutto perché non conoscevano quello a cui mi sarei dedicato, poi mi hanno sostenuto e appoggiato. Ora mio padre è il mio fan più convinto.
Il primo spettacolo è stato
con Gigi Proietti...
Appena uscito dall’Accademia ho avuto la fortuna di essere accolto nel cast di Romeo
e Giulietta, un bell’esempio di
fantasia teatrale, e un’esperienza fondamentale, la prima fuori da scuola. Poi ho
avuto l’onore di lavorare con
Franco Branciaroli, che continuo a reputare l’attore più
intelligente e ricco di talenti che abbiamo in Italia: con
lui sono stati anni di crescita
fortissima. Nella sua compagnia ho conosciuto Claudio
Longhi con cui poi abbiamo
iniziato un percorso artistico
che continua.
È stato anche rugbista nella
Nazionale giovanile. Che cosa le ha dato questo sport?
Moltissimo, perché disciplina profondamente, insegna
la collaborazione. Nel rugby
non si riesce veramente a vincere se non si gioca insieme,
e occorre entrare nel quadro
e nell’idea di un progetto di
squadra. Per un ragazzo coMESSAGGERO
24 |
DI
SANT
’ANTONIO
gennaio 2016
me ero io si è trattato di un
banco di prova fortissimo.
Teatro, cinema, tv: quali sono le differenze?
Lavorare davanti a una macchina da presa richiede una
soglia di concentrazione altissima, anche per poter ottimizzare il tempo che si ha a
disposizione. Certo, quando
sono sul set non posso fare a
meno di pensare che in quel
momento sto recitando non
per chi vedrà poi quel girato, ma per il regista che lo sta
guardando ai monitor e per la
troupe. Insomma, torno sempre con la mente al teatro, a
una platea. Quando a 19 anni
ho recitato per la prima volta, ho realizzato che, timido
com’ero, il teatro era il posto
in cui potevo veramente incontrare gli altri. Il teatro resta sempre la mia casa.
Quali saranno i prossimi
progetti in tv?
Su Raiuno prossimamente
andrà in onda Il sistema con
Claudio Gioè e Gabriella Pession, un bel poliziesco, anzi direi un «finanziesco», visto che interpretiamo finanzieri: la storia ricorda il calderone di malaffare che si è
scoperchiato a Roma, anche
se è stata scritta in tempi non
sospetti. Poi L’allieva, una serie di gialli in forma di commedia, tratti da una fortunata serie di romanzi di Alessia
Gazzola, che ho interpretato
insieme con Alessandra Ma-
stronardi. Sto girando anche
un’altra serie in forma di commedia, Non dirlo al mio capo, con Vanessa Incontrada.
Mamma Rai mi ha adottato.
E tornerà anche a Che Dio ci
aiuti?
Le opportunità di lavoro che
stavano crescendo erano tali che io stesso ho chiesto di
avere un impegno più limitato nella quarta serie. Il personaggio di Guido Corsi non
sparirà, anzi sarà presente
con una bella nota lieta all’inizio, ma interverrà con minore frequenza.
In quella fiction è protagonista una suora. Qual è il suo
rapporto con la spiritualità?
Ho ricevuto un’educazione
cattolica molto forte, fatta di
esempi positivi. In casa mia
sono tutti cattolici praticanti:
c’è una laicità comportamentale fondata comunque su valori cristiani molto sentiti.
Questo mi ha lasciato un’impronta fortissima e un’etica
del servizio: sono stato anche
scout per dieci anni, un’esperienza fondamentale che porto dentro. Sono convinto che
fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te sia la migliore risposta per cercare di
vivere meglio. Ora non sono
credente, ma rispetto moltissimo chi ha fede perché la fede è un dono importante, forse il più importante che una
persona possa avere. E a me
oggi manca.
Q
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Nel grottesco cabaret della Grande
Guerra
IN QUESTO ARTICOLO
Argomenti: Paolo Di Paolo | Olimpia Greco | Claudio
Longhi | Tommaso Checcucci | Donatella Allegro |
Simone Tangolo | Simone Francia | Lino Guanciale |
Eugenio Papalia
di Giuseppe Distefano 15 gennaio 2016
My24
È una ingegnosa macchina spettacolare, articolata e lineare,
frastagliata e compatta, quella messa in campo dal regista
Claudio Longhi e dai suoi magnifici attori, con la drammaturgia
a più mani di Paolo Di Paolo, per parlare della Grande Guerra.
Impresa titanica, di sfaccettata complessità, che ha attivato da
più di un anno un “teatro partecipato” coinvolgendo un'intera
comunità cittadina. Con risultati entusiasmanti sul piano
creativo, umano e civile. Artefice dell'operazione l'Ert e varie
istituzioni.
“Carissimi padri… Almanacchi della Grande Pace. 1900-1915” è il titolo del progetto che ha
innescato molteplici iniziative sul territorio modenese con risultato finale lo spettacolo
“Istruzioni per non morire in pace”, ovvero le origini, i caratteri, le cause che hanno
generato il primo conflitto mondiale. A sintetizzarlo scenicamente è un lunghissimo
racconto diviso in tre capitoli autonomi che mescola fatti e persone reali a schegge di testi e
brani di autori (Mann, Kafka, Eschilo, ecc.), e situazioni inventate. Un libero intreccio tra
storia e realtà, dove sono confluiti molti materiali drammaturgici, restituiti in un fantastico
patchwork espressionista: un grande cabaret di sapore brechtiano, a dir poco geniale. Un
grande varietà ironico, a tratti inquietante, sulle rovine di ieri e sulle possibili macerie del
domani, minaccioso più che mai se si guarda al presente, all'attualità che lo spettacolo ha
inevitabilmente inglobato lungo la sua gestazione con le molte connessioni tra la storia di
ieri e quella di oggi.
POP
Bowie, Bolan e gli altri. Le stelle
(cadute e non) della galassia glam
rock
di Francesco Prisco
CINEMA
Addio a Franco Citti, l'Accattone di
Pasolini
di Andrea Chimento
CINEMA
-23059385
“Istruzioni per non morire in pace” è una satira feroce e grottesca sui folli meccanismi che
un secolo fa permisero la messa a punto del terribile ordigno di distruzione nell'Europa della
Belle Epoque intercettando le utopie socialiste, le foie nazionaliste, le cupidigie colonialiste.
Il primo capitolo, “Patrimoni”, verte sul mondo del capitalismo dell'industria pesante che
ebbe un rapporto contrastato con la guerra, tra detrattori e fautori, tra chi la osteggiava e
chi la sosteneva. “Rivoluzioni” osserva il mondo socialista, che era diviso tra pacifisti e
interventisti; e “Teatro” scruta il mondo della guerra attraverso quella forma di cultura
satirica dell'epoca che era l'avanspettacolo. Tutto questo rappresentato attraverso una saga
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Notizia del: 15/01/2016
Foglio: 2/2
Sezione: FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSC...
famigliare e alle concatenazioni che ne scaturiscono in cui la sorte dei singoli si intreccia al
futuro delle nazioni. Scorre la storia di una famiglia borghese d'imprenditori, i Gottardi,
dilaniata internamente dai contrasti generazionali: padri avidi e senza scrupoli, pronti ad
armare per accaparrarsi il potere economico, accanto a figli e figlie sprezzanti, bohèmiennes
voraci o sventurate soccombenti.
L'affresco globale che emerge è una società frivola di sonnambuli che non si rendevano
conto di marciare verso l'abisso, come aveva ben sintetizzato Karl Kraus: “Personaggi da
operetta hanno recitato la tragedia dell'umanità”. La messinscena procede veloce per
montaggi a quadri, per accostamenti di situazioni grottesche, puntando più “su uno sguardo
psicanalitico, sulla dimensione antropologica, culturale e anche erotica della guerra” precisa
il regista Longhi. A dare volto e consistenza ai molti personaggi sono i nove generosi attori
che, grazie a delle caricaturali maschere posticce di stoffa, buffissime, a parrucche e a
costumi d'epoca che si rifanno all'immaginario espressionista, si moltiplicano continuamente
sul grande palcoscenico incorniciato con luminarie da cabaret, tra incursioni in platea, sui
palchi e su una pedana centrale, senza sosta intrecciando affari, arte, filosofia, politica, e
religione.
Nella divertente scorribanda che include il canto, tra enormi tende e sipari scorrevoli,
cannoni, passerelle e scale metalliche, arredi domestici, proiezioni di illustrazioni e cartoline
d'epoca come scenari, di carte geografiche e musiche, che ci immergono nel clima del
Novecento, sfilano quei destini votati al fallimento incrociando una moltitudine di
personaggi: politici, letterati, artisti, scienziati, rivoluzionari, giornalisti, da Churchill a Marx
a Freud, da Musil a Mann a D'Annunzio, da Kipling a Salgari. In questa dimensione da
operetta parodizzante, caricaturale; in questo crocevia burlesco di uomini ed eventi, di echi
e rimandi al Novecento, irrompe fortemente la tragedia, e il monito contro l'insensatezza
dell'essere umano, con la speranza che conoscere e comprendere si possa tradurre in
responsabilità di azione del proprio agire, in capacità di migliorare il mondo circostante.
Nomination agli
Oscar: «Revenant Redivivo» è il
favorito. Candidato
Morricone - Foto
di Andrea Chimento
«Moonwalk - la
funzione crea la
forma», spettacolo
fuori dagli schemi
alla Lavanderia a
Vapore di Torino Foto
di Chiara Castellazzi
IL SOLE 24 ORE
L'archivio del
Domenicale è online
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CINEMA
Addio ad Alan
Rickman, il Severus
Piton della saga di
«Harry Potter»
di Andrea Chimento
Tutto su Cultura? SHOPPING2 4
“Istruzioni per non morire in pace”, di Paolo Di Paolo, regia Claudio Longhi, con
Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell'Utri, Simone Francia, Olimpia Greco
(fisarmonica e pianoforte), Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Simone
Tangolo, scene Guia Buzzi, costumi Gianluca Sbicca, luci Tommaso Checcucci,
arrangiamenti musicali Olimpia Greco. Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione,
Teatro della Toscana. Prima assoluta a Modena, Teatro Storchi, fino al 17/1, e a Cesena,
Teatro Bonci, dal 28 al 31/01/2016.
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GIOVEDÌ 21 GENNAIO 2016
Spettacoli
Eroico Jamie Foxx: salva
un uomo estraendolo
dal furgone che era finito
in un fosso e stava per essere
avvolto dalle fiamme
Bologna: Vasco Rossi e Gaetano Curreri hanno
L'incidente era avvenuto a poca distanza
dall'abitazione dell'attore, che è subito intervenuto
incontrato i piccoli pazienti dell'Istituto Rizzoli
MUSICAL IN PROGRAMMA DAL 3 AL 10 CON IL CAST ORIGINALE, DA LOLA PONCE A GIO' DI TONNO E MATTEO SETTI TEATRO AL PARCO STAMATTINA E DOMANI
Un'altra estate parmigiana
per «Notre Dame de Paris»
Torna in luglio il musical di Cocciante. David Zard: «La Pilotta, un luogo unico»
Mariagrazia Manghi
II Torna a Parma la storia di Quasimodo ed Esmeralda, il musical
dei record «Notre Dame de Paris», prodotto da David Zard con
le musiche di Riccardo Cocciante e il cast originale. Lo spettacolo, ospitato per la prima volta
al Palacassa nel 2002 (l’anno del
debutto), poi in Pilotta nel 2008
e al Teatro Regio nel 2010, promette ancora meraviglie e novità
registiche nella versione che andrà in scena nella stagione estiva
(il cui cartellone verrà presentato il 30 gennaio), con tre o
quattro repliche dal 3 al 10 luglio
nel cortile della Pilotta. Il patrocinio è del Comune di Parma.
«In un’estate densa di occasioni avremo anche questo spettacolo fantastico - ha salutato il
sindaco Federico Pizzarotti sappiamo che Parma ama il musical e in città c’è voglia, interesse
e aspettativa per un’opera che ha
contagiato milioni di spettatori
in tutto il mondo”. A due anni dal
Romeo e Giulietta si ricostruisce
la sinergia tra Zard, l’organizzazione di Puzzle Spettacoli e il Comune di Parma.
«Quello fu un successo straordinario - ricorda l’assessore alla
Cultura Laura Maria Ferraris - la
Per la quarta volta a Parma «Notre Dame de Paris» è già stato ospitato al PalaCassa, in Pilotta e al Regio.
città vive questi spettacoli con
autentica gioia. Con la presentazione di Notre Dame de Paris,
unica data emiliana, anticipiamo un appuntamento del calendario estivo che si va definendo.
Nella nostra città il percorso non
è mai semplice, ha bisogno di
una certa dose di follia. Contiamo di coinvolgere il Teatro Regio
e altre realtà locali per l’organiz-
atastrofe», il breve testo di Beckett che
apre la serata e dà il
titolo allo spettacolo
ora in scena a Teatro Due, comprendente anche «Il linguaggio della montagna», «Il bicchiere della staffa» e «Il
nuovo ordine mondiale» di Harold
Pinter, lascia trapelare, nella sua densa
essenzialità, una forma limpida, pura,
molteplici strati interpretativi. Quella
P che indica il Protagonista sottintende anche la condizione di Prigioniero?
Frequente questa lettura, ricordando
che l’opera era dedicata a Vaclav Havel,
il drammaturgo di Praga in quel momento prigioniero politico. E nell’insieme dello spettacolo, diretto con l’abituale maestria da Massimiliano Farau, un bel rigore, fondamentale per
autori così controllati, una distillazione di sensi e parole, il Beckett d’apertura finisce forse per nutrirsi, per riflesso, anche della precisa valenza politica dei testi di Pinter capaci di impegnare gli spettatori a ricordare, con il
pensiero consapevole e la partecipa-
«C
zazione di una stagione che raccolga l’interesse del pubblico”.
Conferma che la tappa del musical è stata inserita «senza ancora conoscere bene le condizioni», il produttore David Zard che
si è affidato all’organizzazione
della Puzzle Spettacoli, realtà parmigiana con cui ha costruito un
rapporto di fiducia e stima. «Di
Pilotta ce n’è una sola - ribadisce
Prime del Teatro
Valeria Ottolenghi
«P» COME
PROTAGONISTA
MA ANCHE
PRIGIONIERO
NEI TESTI POLITICI
DI BECKETT E PINTER
zione emotiva, quanta sofferenza gli
uomini sappiano procurare ai propri
simili in nome dell’ordine, del potere,
del controllo assoluto. Allora quando A
(l’Assistente di R, il Regista) ripete due
volte, guardando P, posto su di un piedistallo per essere ben visibile a tutti,
Zard dichiarando il suo amore
per Parma - Notre Dame è entrato
nel dna degli italiani. Nei quattro
anni in cui ci siamo fermati il pubblico ha sentito nostalgia. Io avrei
anche aspettato, ma la richiesta
era incessante. A questa ripresa
non poteva mancare Parma».
Lo spettacolo sarà in tour in
tutta Italia. Il cast è quello originale con Lola Ponce, nel ruolo
«sta tremando», l’attore/ artista così
costretto all’obbedienza cieca, muto,
sottomesso alle imposizioni esterne,
sembra proprio di cogliere reale, concreta, l’affinità con le opere di Pinter
che seguono. Oppure è quello solo un
gioco metateatrale, anche autoironico,
richiedendo i testi di Beckett un’adesione incondizionata non solo alle battute, ma anche ai gesti, alle pause, tutto
millimetrato, necessario, definitivo?
Non è importante darsi delle risposte:
l’ambiguità è carattere prezioso dell’opera. Anche se la parola «Catastrofe»,
con l’applauso registrato, esposto P alla
folla (il consenso del popolo?) crea inevitabilmente echi di disastri inarrestabili, dalle infinite, travolgenti sofferenze.Questo spettacolo di Massimiliano
Farau, produzione Fondazione Teatro
Due, è una ripresa, ma solo in piccola
parte sono in scena gli stessi interpreti.
E anche lo spazio è mutato, non più la
sala Bignardi, il pubblico che si fronteggia, il piano girevole: nella sala piccola ora gli spettatori si trovano a seguire a poca distanza l’azione, minacce,
di Esmeralda, Giò di Tonno,
Quasimodo, Vittorio Matteucci,
Frollo, Leonardo di Minno, Clopin, Matteo Setti, Gringoire,
Graziano Galatone, Febo, Tania
Tuccinardi, Fiordaliso. Coreografie e movimenti di scena sono
curati da Martino Muller, i costumi sono di Fred Sathal e le
scene di Christian Ratz; il regista
Gilles Maheu. «Riporto nella
mia città Notre Dame de Paris ha detto Ilaria Gradella di Puzzle
Spettacoli, annunciando anche
l'apertura delle prevendite dei
biglietti - lo spettacolo sarà interpretato da un cast che ha dato
tanto e che ha raccolto consensi
in tutto il mondo. Questa sarà
un’occasione per arricchire il calendario della stagione estiva a
cui pensiamo di poter dare qualche altro contributo con la proposta di nuove rappresentazioni. Oggi è possibile per noi riaprire e rinnovare una collaborazione con il Teatro Regio e con
l’amministrazione comunale».
I biglietti a Parma (prezzo da
34 euro fino a 80 euro per la poltronissima gold) saranno disponbibili nel circuito Ticketone
e presso la biglietteria di Puzzle
in via Borsari, 1B. Infoline 0521
993628.u
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«Catastrofe»
di: Samuel Beckett. Traduzione Carlo
Fruttero e Franco Lucentini
«Il linguaggio della montagna», «Il
bicchiere della staffa», «Il nuovo ordine mondiale»
di: Harold Pinter traduzione: Alessandra Serra
REGIA: Massimiliano Farau
Un epico paradosso di vertiginosa energia
II Uno spettacolo epico, dal ritmo
rapsodico (nell’intento di Paolo Di
Paolo, autore della complessa
drammaturgia), vertiginoso, caleidoscopico, dinamico per quel libero evolvere di una trama in cui
convergono molteplici linguaggi
espressivi, tra documenti storici,
proiezioni e vicende familiari inventate, solenne per l’impianto
scenografico (tendaggi scorrevoli,
rossi e lucidi, come grondanti sangue, scale metalliche manovrabili,
sipari mobili) e, al contempo, sfer-
Progetto di ERT Una scena.
zante di energia proprio per la movimentazione degli stessi quadri
rappresentativi, spazio da scomporre, ricomporre, dilatare, in un
turbinio incessante di tradizione
ronconiana. Ma ad innescare nel
pubblico insolite e acute riflessioni, e momenti di straniante ilare
vivacità, è soprattutto l’azione performativa dissacrante, un po’
anarcoide, espressione del felice
crossover di vis comica e follia tragica che permea il maestoso lavoro del regista Claudio Longhi:
“Istruzioni per non morire in pace” (nel titolo l’avvisaglia di un al-
larmante paradosso) il trittico che
ha chiuso il lungo progetto di ERT
“Carissimi Padri-Almanacchi della Grande Pace 1900-1915”e che ha
debuttato, con grande successo al
Teatro Storchi di Modena.
Innegabile lo sforzo registico, attoriale e produttivo, compiuto per
restituire teatralmente il prisma
dell’epoca frivola e apparentemente pacifica, antecedente la
Prima Guerra Mondiale (si muove
dalla celebrazione della ricorrenza ma per indagare le cause scatenanti di quella mattanza), decifrarne le tante facce e i latenti
folli meccanismi “guerreschi e
guerrafondai” attraverso un triplice sguardo esemplificativo: le
brame capitaliste (la prima parte
“Patrimoni”), le utopie socialistee
le ansie libertarie (“Rivoluzioni”),
la cultura satirica celebrata nel cabaret (“Teatro”). E il risultato non
tradisce il disegno ambizioso d’interrogarsi sul nostro presente
guardando a quel “mondo di ieri”,
per dirla alla Zweig, in una prospettiva scevra di pregiudizievoli
legate all’attualità, richiamandosi
al registro suggerito da Kraus ne
“Gli ultimi giorni dell’umanità”
FOTO ROGNONI
In «Fuori misura»
il prof spiega Leopardi
agli allievi-spettatori
II Stamattina alle 11 e domani alle 10 al Teatro al Parco, nella rassegna «Un posto per i ragazzi»,
va in scena «Fuori misura (Il
Leopardi come non ve lo ha mai
raccontato nessuno)», spettacolo di Manifatture Teatrali Milanesi, rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo
grado.
Lo spettacolo di Valeria Cavalli, con Andrea Robbiano, diretto
dalla stessa Valeria Cavalli e
Claudio Intropido, racconta la
storia di Andrea, laureato in lettere e filosofia che per vivere è
costretto a lavorare in un call
center. Un giorno, finalmente,
riceve l’incarico di una supplenza proprio nella scuola media da
lui frequentata da ragazzo. La
professoressa che deve sostituire gli lascia l’arduo compito di
CON: Cristina Cattellani, Paola De
Crescenzo, Davide Gagliardini, Luca
Nucera, Gian Marco Pellecchia, Bruna
Rossi, Emanuele Vezzolie con: Mattia
Gambetta
PRODUZIONE: Fondazione Teatro Due
DOVE: repliche a Teatro Due, fino al
31 gennaio
GIUDIZIO:
PROGETTO TEATRALE ALLO STORCHI DI MODENA IL TRITTICO FINALE «ISTRUZIONI PER NON MORIRE IN PACE»
Francesca Ferrari
Per gli studenti L'attore Andrea Robbiano in «Fuori misura»
*****
spiegare ai ragazzi “vita e opere
di Giacomo Leopardi”. Così Andrea, anzi il Professor Roversi,
dovrà misurarsi con una classe
che sarà rappresentata dagli
spettatori presenti in teatro. Nasce così una bizzarra e coinvolgente lezione nella quale si mescolano poesie, riflessioni personali, interazioni con la platea.
Attraverso la dolorosa vicenda
umana e l’opera di Leopardi, il
professor Roversi toccherà temi
e problemi legati all’adolescenza
come l’inadeguatezza, il desiderio e la paura d’amare, la sensazione di essere sbagliati, di essere “fuori misura”.
Per informazioni tel. Teatro al
Parco 0521/992044 989430 [email protected],
www.solaresdellearti.it/teatrodellebriciole.u
torture, violenze, più forte il coinvolgimento, anche per lo strazio del ricatto degli affetti. Alla madre viene permesso di utilizzare la sua lingua, prima
vietata, ma la donna non riuscirà a dire
più nulla di fronte al figlio seviziato. E
chi guida il gioco discorre di valori religiosi, patriottici, mentre fa crescere
l’angoscia in chi gli sta di fronte, il dissidente martoriato, con domande sulla
moglie, il loro bambino.
Brevissimo l’ultimo pezzo di Pinter,
la vittima bendata, nuovi echi da Beckett, dove R, di fronte alla proposta di
A di mettere il bavaglio a colui che
comunque deve tacere, si irrita: «per
l’amore di Dio! Questa smania d’esternare tutto!». Pinter grandissimo, ma
di un’incisività forse più misteriosamente profonda Beckett... Applausi
lunghissimi per tutti gli interpreti, Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo,
Davide Gagliardini, Luca Nucera,
Gian Marco Pellecchia, Bruna Rossi,
Emanuele Vezzoli e al bambino Mattia
Gambetta.u
(così come a stilemi brechtiani) di
osservare quella realtà attraverso
una comicità grottesca, parodica e
caricaturale (la formula del varietà di Petrolini e del cabaret espressionista) che non ammanta i colori della tragedia, ma bensì li esalta, fendendo le coscienze con la
beffa. Così, in scena i destini di
quei “personaggi da operetta che
recitarono la tragedia dell’umanità” (operetta che riemerge nella
scelta delle musiche dal vivo): la
famiglia Gottardi, modello semi-immaginario dei borghesi del
tempo, gente comune ma anche
artisti, rivoluzionari, intellettuali
e politici del tempo (da Freud a
D’Annunzio, da Trotzky a Churchill ), tutti inconsapevolmente
votati allo sfascio, tutti genialmente rappresentati come fantocci spettrali, con maschere mo-
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struose, esasperate, parrucche e
camauri deformanti, che pur sottendono l’attenzione alla dimensione antropologica della guerra,
ossia alla disumanizzazione cui
inevitabilmente conduce. Parodia
crudele, nel senso teatrale di Artaud, corrosiva, a tratti idiosincratica per quel premere sulla visione
farsesca dell’orrore imminente,
ma efficacissima.
Nel finale l’umanità si svela e
rivela con grande intensità: tolto il
camuffamento, il febbrile e commovente monologo di Lelo Gottardi (interpretato da Lino Guanciale), partito per il fronte e poi
disperso, ci riconsegnala reale tragedia della Storia, verità di un Passato che può illuminare il Presente e trasformare il tanto invocato
Futuro.u
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Edizione del: 25/01/16
Estratto da pag.: 16
Foglio: 1/1
Peso: 23%
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