LUNEDÌ 24 NOVEMBRE ORE 20.45
contrAZIONI - nuovi percorsi scenici
ATIR Teatro Ringhiera
Theater Tri-bühne Stuttgart
presentano
ALLA MIA ETÀ MI NASCONDO
ANCORA PER FUMARE
di Rayhana
traduzione
Mariella Fenoglio
con Anna Coppola, Matilde Facheris,
Mariangela Granelli, Annagaia Marchioro,
Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna,
Marcela Serli, Chiara Stoppa
regia
Serena Sinigaglia
scene
Maria Spazzi
costumi
Federica Ponissi
disegno luci
Roberta Faiolo
attrezzeria
Maria Paola Di Francesco
Rayhana è lo pseudonimo di un’autrice algerina. Non
è esattamente un nome d’arte, la scrittrice ha dovuto
assumere uno pseudonimo se voleva poter continuare a
scrivere ciò che scrive e a pensare ciò che pensa. Anche
nell’avanzata e libera Francia. Sì, perché Rayhana vive e
lavora in Francia ora. Ed è in Francia che, mentre si
recava a teatro, è stata aggredita da un gruppo di
integralisti islamici. Il perché è insito nel suo meraviglioso
testo.
Quando ho letto Alla mia età mi nascondo per fumare ho
provato una gioia che rasentava l’esaltazione. Quel testo
che scorreva agilmente sotto i miei occhi aveva tutte le
caratteristiche che da sempre cerco spasmodicamente in
un testo teatrale. Coralità. Ruoli importanti per tutte e
nove le attrici. Generalmente nei testi teatrali, su dieci
ruoli otto sono per attori, due per attrici. Qui tutto
diverso: solo donne e tante e tutte impegnate in un
lavoro stimolante e arricchente. Una dimensione tragica,
raccontata però con grande ironia e autoironia. Grandi
temi d’attualità, toccati con la sapienza di chi li conosce
bene, per averli vissuti sulla propria pelle, e con la
leggerezza (di calviniana memoria) che, sola, restituisce
forza e incisività alla scena. Insomma il massimo per una
regista come me. Una storia vera, semplice, piena di vita e
contraddizioni e per questo, forse, anche più pericolosa.
L’azione si svolge ad Algeri, ai giorni nostri. Siamo in un
hammam, nel giorno riservato alle donne. Quel giorno,
però, sarà diverso da tutti gli altri. Nove personaggi, nove
donne algerine, si trovano a barricarsi dentro l’hammam,
per sfuggire all’ira di parenti e uomini barbuti che
reclamano il diritto di punire una di loro, ritrovata incinta
senza il consenso dei genitori.
Tra i vapori e le acque delle vasche si crea un’intimità
speciale tra queste donne, le quali, a turno, ci rivelano le
loro storie, le loro speranze, i loro dolori, le loro rabbie. È
uno spazio protetto l’hammam, un luogo sospeso, lontano
dai clamori e dai rumori della città, un posto caldo e
accogliente, dove ci si può “spogliare” e confidare anche i
segreti più delicati.
Ogni personaggio ha il suo punto di vista, ogni
personaggio è diverso dall’altro per età, condizione
sociale, destino più o meno sfortunato, speranza,
disillusione e convinzioni religiose. Una cosa, però, li
accomuna tutti: il ruolo della donna all’interno di una
società come quella islamica.
Ci immergiamo, così, nel mondo delle donne islamiche,
nella loro difficile convivenza con la cultura patriarcale,
estremista, bigotta, violenta e repressiva dei propri
uomini. È un viaggio che ci commuove e ci smuove e
ci fa riflettere. È una denuncia, certo, perché nessuno al
mondo dovrebbe essere costretto a sposarsi a dieci anni,
a rinunciare agli studi, a diventare terrorista per riscattare
una vita fatta di abusi e ingiustizie.
Serena Sinigaglia
Dalla rassegna stampa
Serena Sinigaglia, regista e direttore artistico del Teatro
Ringhiera, ha la musica nell’anima e questa musica
scorre in scena, continuamente sgorga dalla brocca della
sua passione per quella scatola magica che è il teatro.
Lo spettacolo Alla mia età mi nascondo ancora per
fumare è perfetto in tutte le sue parti. Il titolo riassume
l’assurdità delle proibizioni fatte alle donne anche per cose
assolutamente insignificanti, come fumare una sigaretta.
“Se le donne che fumano sono malviste, non è perché
qualcuno si preoccupa della loro salute ma perché così
facendo passano per essere puttane” spiega l’autrice in
una sua intervista. Il testo rompe il muro dell’omertà sulla
condizione femminile in Algeria e ricorda i tanti muri
nostrani. La pièce ambientata in un hammam racconta le
storie di nove donne che si confrontano quotidianamente
con la violenza maschile. [...] Due ore scorrono come in
un sogno. L’azione si svolge tutta in un giorno, un giorno
qualsiasi che si trasforma in un’occasione di lotta; eroine
per caso, eroine del quotidiano, le nove donne con i loro
sguardi diversi, con i loro desideri e i loro sogni, dicono
no all’integralismo e al fondamentalismo islamico.
Lo spettacolo ha il pregio di saper cogliere le trasversalità
di dolori che appartengono anche a noi. Le lenzuola
bianche appese, i fili che intrecciano storie, le brocche, i
sapori e i profumi, i pregiudizi e gli stereotipi ricordano
i luoghi delle nostre terre, dove fino a qualche decennio
fa le donne subivano tacendo. E forse subiscono ancora.
La scena si apre su un grande spazio circolare dominato
dal bianco, teli bianchi a terra, bianchi gli abiti delle
donne, bianche le lenzuola appese, uno spazio che
ricorda la scena delle lavandaie della Gatta Cenerentola
di De Simone, una rappresentazione trasversale che
attraversa luoghi geografici differenti che si affacciano
sul Mare Nostrum. Sette leggii a proscenio e uno in
scena, con i libri che diventano suoni, branditi come
armi, rappresentano la forza di riscatto e il desiderio di
cambiamento. Le donne ridono, soffrono, litigano: un
testo corale e molto musicale. I brani che accompagnano
le scene regalano momenti di suggestione, di pura
intimità. In questa scena “giganteggiano” le attrici, tutte
all’altezza della poesia e della realtà rappresentata, non
una che abbia una postura sbagliata, un tono esagerato,
un’espressione debole o insignificante [...].
(Angela Villa, dramma.it)
[...] C’è da augurarsi che venga mostrato a delle platee
più ampie Alla mia età mi nascondo ancora per fumare, il
testo dell’algerina Rayhana allestito per il festival Intercity
e presentato al Ringhiera per una decina di sere. È una
proposta interessante per una serie di ragioni: in primo
luogo, è opera di un’autrice di un paese arabo, benché
ormai residente in Francia, ed è quindi espressione di una
cultura tutta da scoprire. In secondo luogo, tratta un tema
cruciale come quello dell’integralismo islamico, anzi del
rapporto tra islamismo e condizione della donna, dal punto
di vista di qualcuno che l’ha vissuto in prima persona.
Infine è obiettivamente un buon testo, magari non un
capolavoro, ma abile, ben costruito, a suo modo piuttosto
avvincente.
Rayhana – uno pseudonimo adottato per sfuggire alle
minacce di un gruppo di fondamentalisti – compone il suo
affresco partendo da un luogo, un hammam, nel giorno
riservato alle donne, e vi intreccia le storie di sette figure
femminili, la tenutaria, la sua giovane inserviente e cinque
frequentatrici variamente appartenenti alle fasce più
laiche e disincantate della società algerina di oggi. Ce n’è
anche un’ottava, che invece ha abbracciato il fanatismo
religioso. Le sette amiche si trovano per fumare in libertà,
per raccontarsi i loro guai, per sparlare degli uomini in
genere e soprattutto dei “barbuti” che esercitano un ottuso
potere bigotto e maschilista. Devono inoltre trovare un
marito per Samia, l’inserviente, e attendono l’arrivo di una
sensale di matrimoni.
A complicare le cose c’è però il fatto che Fatima, la
tenutaria, all’insaputa delle altre nasconde nel retro una
ragazza incinta, in fuga dal fratello che la sta cercando per
ammazzarla. [...]
Il finale è un po’ retorico, come un po’ retorici sono
d’altronde altri accenni di un certo vago sentimentalismo,
incombente soprattutto nella contrapposizione frontale
tra le virtù femminili e la barbarie dei maschi, appena
temperata dalla presenza di una donna schierata coi
barbuti. Ma è, credo, il prezzo da pagare a una forma di
scrittura teatrale che ancora contempla il ricorso a una
robusta trama narrativa, un procedimento ormai da noi
quasi obsoleto. Ci sono comunque, a correggerne gli
inevitabili slittamenti dolciastri, delle abbondanti dosi di
ironia. C’è l’efficace regia – affettuosamente partecipe,
né troppo asciutta né troppo dichiaratamente schierata –
della Sinigaglia, che proprio quando si misura con questi
materiali insoliti dà a mio avviso il meglio di sé.
E poi c’è un coro di otto attrici una più brava dell’altra,
dalla trascinante Anna Coppola, che tratteggia il
personaggio più maturo e ricco di sfumature, ad Arianna
Scommegna, una tenera, fresca Samia, all’esuberante
Fatima di Marcela Serli, e poi via via a Maria Pilar
Pérez Aspa, Mariangela Granelli – quasi la maschera
caricaturale dell’algerina immigrata oltremare – Matilde
Facheris, Annagaia Marchioro e Chiara Stoppa, l’unica ad
assumersi, per fortuna, il ruolo di “cattiva”.
(Renato Palazzi, delteatro.it)
Comune di Monfalcone
Area Servizi Culturali e Sociali - U. O. Attività Teatrali ed Espositive
con il contributo di
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Assessorato alla Cultura
Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia
Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia
Programmazione Prosa
Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia
Assessore alla Cultura
Paola Benes
Dirigente di Area
Giovanna D’Agostini
[email protected]
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www.teatromonfalcone.it
LUNEDÌ 24 NOVEMBRE 2014 ORE 20.45
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ANCORA PER FUMARE
PROGRAMMA