aA aAaAaAaAaAaAaAaA aAccademia University Press ISBN 978-88-99200-93-0 aA ccademia university press Tutto era musica € 18,00 9 788899 200930 Antonio Attisani Antonio Attisani Piano della collana I. Tutto era musica. Indice sommario per un atlante della scena yiddish II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish III. Da Odessa a New York: la Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde IV. Maurice Schwartz e la “Commedia dell’Arte yiddish” della seconda età dell’oro V. Solomon Michoels e Veniamin Zuskin. Vite parallele nell’arte e nella morte VI. Ida Kaminska, attrice e idishe mame VII. La terza generazione: Molly Picon e gli artisti yiddish born in Usa Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde Da Odessa a New York Antonio Attisani è docente di Culture del teatro presso l’Università degli Studi di Torino, dirige, con Franco Perrelli, la rivista «Mimesis Journal» ed è autore, presso Accademia University Press, di Logiche della performance. Dalla singolarità francescana alla nuova mimesi (2012). Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish tra Europa e America vol. III A Odessa fu Jacob Adler, giovane campione di boxe e di ballo, a dare vita al primo teatro yiddish russo. Negli Stati Uniti Boris Thomashefsky, giovanissimo immigrato senza alcuna formazione specifica, fondò la prima compagnia yiddish professionale. Adler diventò un attore-mito con il soprannome di Grande Aquila, Thomashefsky fu il re dello shund, l’amato e disprezzato teatro-spazzatura. Per oltre un ventennio l’amicizia e la concorrenza tra i due diedero l’impulso più rilevante a un genere spettacolare al tempo stesso popolare e innovatore, capace di proporre in scena episodi biblici e scabrosi fatti di cronaca, controversie filosofiche e battaglie politiche. Le donne che i due incontrarono e che li affiancarono come attrici e compagne di vita furono altrettanto fondamentali nel determinare la fisionomia del teatro yiddish nella transizione dalla vecchia Europa a quella Amerike nella quale le più diverse etnie e culture cercavano di costruirsi un futuro di benessere e felicità. Sempre mescolando divertimento e commozione, risate e lacrime, il teatro yiddish realizzato durante pochi decenni tra il xix e il xx secolo da alcune centinaia di artisti straordinari non fu soltanto il principale elemento identitario di una comunità ma anche un incredibile laboratorio senza il quale il teatro contemporaneo sarebbe molto più povero. aA aA aAccademia University Press I. Tutto era musica. Indice sommario per un atlante della scena yiddish II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish III. Da Odessa a New York: la Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde IV. Maurice Schwartz e la “Commedia dell’Arte yiddish” della seconda età dell’oro V. Solomon Michoels e Veniamin Zuskin. Vite parallele nell’arte e nella morte VI. Ida Kaminska, attrice e idishe mame VII. La terza generazione: Molly Picon e gli artisti yiddish born in Usa Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde aA Antonio Attisani ccademia university press Antonio Attisani Piano della collana A Odessa fu Jacob Adler, giovane campione di boxe e di ballo, a dare vita al primo teatro yiddish russo. Negli Stati Uniti Boris Thomashefsky, giovanissimo immigrato senza alcuna formazione specifica, fondò la prima compagnia yiddish professionale. Adler diventò un attore-mito con il soprannome di Grande Aquila, Thomashefsky fu il re dello shund, l’amato e disprezzato teatro-spazzatura. Per oltre un ventennio l’amicizia e la concorrenza tra i due diedero l’impulso più rilevante a un genere spettacolare al tempo stesso popolare e innovatore, capace di proporre in scena episodi biblici e scabrosi fatti di cronaca, controversie filosofiche e battaglie politiche. Le donne che i due incontrarono e che li affiancarono come attrici e compagne di vita furono altrettanto fondamentali nel determinare la fisionomia del teatro yiddish nella transizione dalla vecchia Europa a quella Amerike nella quale le più diverse etnie e culture cercavano di costruirsi un futuro di benessere e felicità. Sempre mescolando divertimento e commozione, risate e lacrime, il teatro yiddish realizzato durante pochi decenni tra il xix e il xx secolo da alcune centinaia di artisti straordinari non fu soltanto il principale elemento identitario di una comunità ma anche un incredibile laboratorio senza il quale il teatro contemporaneo sarebbe molto più povero. Da Odessa a New York Antonio Attisani è docente di Culture del teatro presso l’Università degli Studi di Torino, dirige, con Franco Perrelli, la rivista «Mimesis Journal» ed è autore, presso Accademia University Press, di Logiche della performance. Dalla singolarità francescana alla nuova mimesi (2012). Tutto era musica Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish tra Europa e America vol. III aA Tutto era musica Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish tra Europa e America vol. III Tutto era musica Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish tra Europa e America ISSN 2283-7353 I. Antonio Attisani con Veronica Belling, Marida Rizzuti e Luca Valenza, Tutto era musica. Indice sommario per un atlante della scena yiddish II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish III. Antonio Attisani, Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde IV. Maurice Schwartz e la “Commedia dell’arte yiddish” della seconda età dell’oro V. Antonio Attisani, Solomon Michoels e Veniamin Zuskin. Vite parallele nell’arte e nella morte VI. Giulia Randone, Ida Kaminska, attrice e idishe mame VII.Vincenza Di Vita, La terza generazione: Molly Picon e gli artisti yiddish born in Usa Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde Antonio Attisani Da Odessa a New York Volume rea­lizzato con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino © 2016 Accademia University Press via Carlo Alberto 55 I-10123 Torino Pubblicazione resa disponibile nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Possono applicarsi condizioni ulteriori contattando [email protected] prima edizione settembre 2016 isbn 978-88-99200-38-1 edizione digitale www.aAccademia.it/yiddish3 book design boffetta.com Accademia University Press è un marchio registrato di proprietà di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl Indice I. Odessa, paradiso e inferno 5 II. Primi passi sulla scena 30 III. Londra, la scuola 53 IV. C’era una volta l’America, primo movimento 73 V. Secondo movimento: ritorno in America 83 VI. Uomini e donne, attrici, attori e autori 108 VII. Uscite di scena 133 VIII. Il ragazzino che s’inventò il teatro 138 IX. Teatro e spettacolo, amore e morte, insomma «grottesco yiddish» 160 Indice dei nomi e titoli 189 Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund e altre stelle vagabonde Alla memoria di Egisto Marcucci (1932-2016) grande regista del “grottesco italiano”. Da Odessa a New York I. Odessa, paradiso e inferno Il teatro yiddish ha avuto molti padri: i Purim-shpiler, i bàdkhen (badkhàn in ebraico), i cantori di sinagoga, giovani donne e uomini in cerca di libertà, di amore e di gloria, gli scrittori e i poeti in cerca di pubblico, musicisti e produttori, registi e avventurieri di ogni risma. Altrettanto sicuramente si può dire che abbia avuto due madri, una biologica, Odessa,1 e una elettiva, New York.2 L’avventura personale e artistica di Jacob 1. Per una prima conoscenza delle località importanti per l’ebraismo orientale si vedano le relative voci della Encyclopedia of Jews in Eastern Europe citate qui e nel primo volume di questa serie, a cominciare da Steven J. Zipperstein, Odessa, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 13 settembre 2010: <http://www. yivoencyclopedia.org/article.aspx/Odessa>. 2. Mentre questo libro era in preparazione si è tenuta al Museum of the City of New York la grande mostra New York’s Yiddish Theatre: From the Bowery to Broadway (9 marzo-31 luglio 2016). La curatrice Edna Nahshon ha pubblicato un ricco e accurato volume dallo stesso titolo per la Columbia University Press composto dai seguenti contributi: Susan Henshaw Jones, Introduzione; E. Nahshon, Overture: From the Bowery to Broadway; Hasia Diner, Yiddish New York; Nahmha Sandrow, Popular Yiddish Theater: Music, Melodrama, and Operetta; Barbara Henry, Jacob Gordin: The Great Reformer; E. Nahshon, Jacob P. Adler and the Formation of a Theatrical Dinasty; Stefanie Halpern, Boris Thomashefsky: Matinée Idol of the Yiddish Stage; Joshua S. Walden, Molly Picon: Darling of Second Avenue; E. Nahshon, Maurice Schwartz and the Yiddish Art Theatre Movement; E. Nahshon, Yiddish Political Theatre: The Artef; Arnold Aronson, Yiddish Theatre and the Transformation of American Design; Eddy Portnoy, Modicut: 5 Da Odessa a New York 6 Adler è la più significativa di questa traiettoria che si compie tra le due città, passando per diversi altri luoghi nei quali viveva il popolo yiddish e l’emigrazione ebraica si era insediata sviluppando la propria moderna cultura di attrito, fatta di assimilazione e separazione al tempo stesso, di conferimento di alcuni dei propri caratteri alla fisionomia culturale di quei paesi e di trasformazione della propria identità. Nel rievocare le vicende di Jacob Adler, Boris Thomashefsky e dei loro sodali occorre sempre tenere presenti i rimandi alle varie fonti indicate e all’indice sommario costituito dal primo volume di questa serie, ma qui non si poteva non cominciare con qualche annotazione su Odessa, anche perché l’attuale fisionomia della città ucraina non conserva tracce significative del proprio passato. Odessa era, all’inizio della nostra storia, una città moderna a tutti gli effetti, un riconosciuto e importante centro di scambi commerciali e di transito tra Europa e Asia: una città squisitamente cosmopolita. Nel 1866 era stata collegata da una linea ferroviaria a Kiev 3 e Kharkov,4 in Ucraina, e Iaşi in Romania. Crescendo «come un fungo dopo la pioggia» aveva triplicato le dimensioni tra il 1862 e il 1892, anno in cui si contavano oltre quattrocentomila abitanti, tra i quali centoventiquattromila ebrei. Numerosi erano anche gli armeni, i turchi, i tatari, i polacchi, i greci, non mancavano gli italiani e vi risiedevano non pochi commercianti francesi e inglesi. Odessa, date e figure 1794: il piccolo paese Khadjibey, conquistato tre anni prima dalle truppe russe comandate da Josè de Ribas, mercenario napoletano, diventa Odessa per ordine dell’imperatrice Caterina la Grande. Il nome è una declinazione femminile di Odisseo, Ulisse. Nel 1803 il duca di Richelieu è nominato amministratore della città, che grazie al successivo riconoscimento come «porto franco» conosce un rapido sviluppo come centro commerciale e finanziario The Yiddish Puppet Theatre of Yosl Cutler and Zuni Maud; E. Nahshon, Entertaining the Crowd; Judith Tissen, Early Yiddish Vaudeville in New York City; E. Nahshon, Borscht Belt Entertainment; Alisa Solomon, Tevye’s Travels: From Yiddish Everyman to American Icon; S. Halpern, E. Nahshon, Finale: A Gallery of Stars of the American Yiddish Stage. 3. Natan Meir, Kiev, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 5 maggio 2011: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Kiev>. 4. ChaeRan Freeze, Khar’kiv, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 18 agosto 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Kharkiv>. Odessa, paradiso e inferno internazionale. La vita culturale è altrettanto ricca. Richelieu fa costruire un teatro e diverse scuole pubbliche. Nel 1812-1813 una grave epidemia di peste, probabilmente causata dai costumi infetti di una compagnia teatrale, viene superata con danni relativamente lievi. 1823: Michail S. Voroncov diventa governatore generale della Nuova Russia, che comprende la Crimea e Odessa, ormai una Babele di popoli e lingue. Gli italiani primeggiano nella vita cittadina e l’italiano è la lingua franca. Nel 1823-1824 Aleksandr Puškin soggiorna nella città. Gli anni 1828-1829 sono segnati dalla guerra turco-russa e dal 1830 ha inizio l’immigrazione ebraica di larga scala. Motto yiddish: Leben vi got in Odes! (Vivere come un dio a Odessa!). Il 1841 è l’anno di completamento della famosa scalinata di duecentoventi gradini che unisce il porto alla città, poi soprannominata «Scalinata Potëmkin». 1853-1856: guerra di Crimea. In questo tempo salpano da Odessa oltre mille navi l’anno. Alessandro II è il nuovo imperatore moderatamente “liberale” della Russia. Il 1861 vede l’abolizione della servitù della gleba. Mark Twain scrive (nel 1867): «Vedrete solo una copia dell’America!». La scuola ebraica della città è un modello per tutto l’impero. Nelle quattro sinagoghe risuonano le voci di famosi cantori e numerosi sono i luoghi di preghiera. Anche Brody, ben collegata con Odessa, è in pratica un porto franco. E al di là del mare c’è Costantinopoli, il centro di tutti i commerci illeciti. Bustarelle, corruzione e ruffianeria sono “importate” nelle due città portuali dagli italiani e praticate con maestria da molti zelanti apprendisti di varie nazionalità. Nel 1871 si registra il primo pogrom antisemita,5 capitanato dai greci di religione ortodossa, nel corso del quale circa ventimila persone si impegnano a saccheggiare e distruggere i beni degli ebrei. «La vostra Odessa non fa per me» dice un personaggio di Mendele Moykher-Sforim.6 A quel tempo l’acqua è una risorsa rara in città, 5. Cfr. Enciclopedia dell’Olocausto, ad vocem: <http://www.ushmm.org/wlc/it/ article.php?ModuleId=10005183> e John Klier, Pogroms, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 11 ottobre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article. aspx/Pogroms>. 6. Mendele Moykher-Sforim (“Mendele il venditore ambulante di libri”) era il nome di penna scelto da Sholem Yankev Abramovič, primo grande esponente della letteratura yiddish moderna. Cfr. Dan Miron, Abramovitsh, Sholem Yankev, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 19 agosto 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Abramovitsh_Sholem_Yankev>; Tales of Mendele the Book Peddler, a cura di Dan Miron e Ken Frieden, Schocken Books, New York 1996; Classic Yiddish Stories of S. Y. Abramovitsh, Sholem Aleichem, and I. L. Peretz, a cura di Ken Frieden, Syracuse University Press, Syracuse-New York 2004. Questo volume, 7 Da Odessa a New York 8 più cara del vino. Ma non mancano, oltre alle attività commerciali e le professioni liberali, le industrie manifatturiere. Nell’agosto del 1883, nel quadro del giro di vite ordinato dal nuovo zar Alessandro iii, il teatro yiddish è bandito da tutti i territori dell’impero. Nel 1887 viene inaugurato il nuovo teatro dell’«opera italiana», a forma di tamburo, la cui sala può accogliere millecinquecento spettatori. Nei numerosi locali di spettacolo si incontrano persone di tutto il vasto impero russo e del resto del mondo. Gli ebrei più poveri, la stragrande maggioranza, vivono soprattutto nel quartiere chiamato Moldavanka. Sholem Aleichem vive a Odessa per qualche tempo, così come Anna Gorenko, poi Achmatova. Qui nascono Isaak Babel´ e Lejba Bronštein (Leon Trotskij). Il 1905 è l’anno delle sommosse e dei pogrom antisemiti, nonché dell’ammutinamento della corazzata Potëmkin (la cui vera storia è molto diversa da come è raccontata dal film). 1914-1918, prima guerra mondiale. Febbraio 1917, rivoluzione di febbraio in Russia; ottobre 1917, rivoluzione bolscevica. 1918-1920, anni della guerra civile. Odessa è successivamente controllata dalle truppe francesi, ucraine, dai Bianchi e infine dai bolscevichi (febbraio 1920). Sono anni durissimi per la città, divisa in fazioni che si combattono ferocemente e non di rado mutano il proprio orientamento. La miseria fa sì che si possa essere uccisi per essere derubati del cappotto. Quanto agli ebrei, sono malvisti da tutte le fazioni. 1921: pubblicazione dei primi racconti di Isaak Babel´ sulla città. 1922: nascita dell’Unione Sovietica. 1925, Sergej M. Ejzenštejn gira La corazzata Potëmkin e Vladimir Vilner Benya Krik. Anche il film Fortuna ebraica7 di Aleksej Granovskij mostra in alcune sequenze la vita della Odessa prerivoluzionaria. oltre a raccogliere alcuni racconti inediti da tempo e ritradotti per l’occasione dei tre scrittori, ne propone i rispettivi accurati profili biografici stilati da loro contemporanei. Mendele Moykher-Sforim non scriveva per il teatro, ma i suoi personaggi come Mendele (l’ebreo formatosi in una yeshiva dell’Europa Orientale), Alter (l’uomo medio che cerca di trasformarsi in un moderno commerciante) e Fishke (che occupa il gradino più basso della scala sociale) hanno ispirato molti allestimenti del teatro yiddish. 7. Il cinema yiddish è l’oggetto del secondo volume di questa serie. Cfr. Fortuna ebraica (Yidishe Glikn, Urss, 1925, rus. Evreyskoe sčast’e, ing. Jewish Luck, muto, 95’, didascalie in inglese, copia restaurata da The National Center For Jewish Film, 1991). Regia: Aleksej Granovskij; regista assistente Grigori Gritscher-Čerikover. Sceneggiatura e didascalie di Isaak Babel´ ispirata al racconto Menachem Mendel di Sholom Aleichem; collaboratori alle sceneggiatura: Grigori Gritscher-Čerikover, Boris Leonidov, Isaak Teneromo. Fotografia: Eduard Tisse, con Vasili Khvatov e N. Strukov. Musiche originali: Lev Pulver. Scenografie: Nathan Altman. Attori: So- Odessa, paradiso e inferno 1926: secondo il censimento sovietico gli ebrei costituiscono il trentasei per cento della popolazione. 1935: Vladimir Jabotinski, giornalista e leader sionista, scrive I cinque, romanzo nel quale il tipico odessita è descritto come «un tipo abile e scaltro, un vero imbroglione, un manipolatore, un maneggione, capace di tutti gli ingegni, sempre pronto a gridare, a esagerare e ad approfittare di tutte le situazioni». Dal 1937 al 1941 circa ventimila odessiti sono arrestati e accusati dagli inquisitori stalinisti dei crimini politici più fantasiosi: un terzo di essi sono fucilati. 1939-1945, seconda guerra mondiale. Nel 1940 si ha l’esecuzione di Babel´ e la morte di Jabotinski. Dall’ottobre del 1941 all’aprile del 1944 Odessa è in mano ai nazifascisti. Nel gennaio 1944 lo zelante esercito rumeno evacua il ghetto ebraico. I morti, nell’immediato e dopo la deportazione, si conteranno a decine di migliaia. Babel´ aveva scritto: «Odessa sapeva cosa significava prosperare. Ora sa bene quel che vuol dire deperire – un inaridimento poetico, in un certo senso privo di pensieri e completamente impotente». Alla fine degli anni Ottanta gli ebrei erano meno del quattro per cento della popolazione (gli ucraini il cinquantuno e i russi il trentasei).8 Capitale del sud e cosmopolita come le Napoli e Marsiglia del tempo, Odessa era nella seconda metà dell’Ottocento una città caratterizzata da forti contraddizioni e da emblematici fermenti sociali e politici, nonché da una continua evoluzione dei costumi e dei consumi. Era perciò fatale che anche il teatro yiddish, “concepito” a Iaşi e a Brody9 da Avrom lomon Mikhoels (Menachem Mendel), Saša Epstein (Yosele, suo figlio), Moisei Goldblat (Zalman), Tevye Khazak (Kimbach), Ida Abraham (sua moglie), Tamara Adelheim (Belya, sua figlia), S. Epstein (servo), G. Shidlo (Tashrats), Rakhil Imenitova (sua moglie), I. Rogaler (Oosher). Zuskin dimostra di essere un grande attore soprattutto nel film Cercatori di felicità (Iskateli sčastja, Urss, 1936, ing. Seekers of Happiness). Sceneggiatura: Grigori Kobets, Iogan Zeltser, 84’, russo con sottotitoli in inglese (copia restaurata da The National Center For Jewish Film, 2007). Regia: Vladimir Korsh-Sablin, Iosif Shapiro. Attori: Veniamin Zuskin (Pinja Kopman), Mariya Blyumental-Tamarina (Dvoira), S. K. Yarov (Korney), L. A. Shmidt (Rosa), A. M. Karev (Natan), N. K. Valyano (Lyova), L.M. Taits (Basya Kopman), Iona ByiBrodsky (Shlyoma), Boris Zhukovbsky (il padre di Korney). 8. Cfr. Charles King, Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno, Einaudi, Torino 2013. 9. Per Brody cfr. Antony Polonsky, Brody, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 13 dicembre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Brody>). Brody è considerata dagli storici il principale luogo-matrice del teatro yiddish, ma nella genesi del teatro yiddish russo è Odessa a svolgere un ruolo decisivo. Cfr. anche Robert A. Rothstein, Songs and Songwriters, Yivo Encyclopedia of Jews 9 Da Odessa a New York 10 Goldfaden e dai broderzinger, trovasse in Odessa la propria sede principale.10 I ricordi di Jacob Adler sono illuminanti in proposito, come si vedrà, ma è meglio cominciare con le parole che meglio di ogni altre evocano il carattere e l’atmosfera della città, le parole dello scrittore Isaak Babel´,11 figura che attraversa diversi momenti della storia che stiamo raccontando. La parola che ricorre più di frequente nei suoi bellissimi racconti sulla città è «sole», un sole gioioso e compassionevole nei confronti della vita in tutte le sue forme, ma anche un sole spietato, che illumina e perciò fa esplodere ogni sorta di contrasti e provoca fatali trasformazioni, un sole che significa la complessità della vita nel secolo terribile appena iniziato. Odessa città del teatro, della musica e della canzone, Odessa della corazzata Potëmkin e dei pogrom, Odessa dei bordelli e delle sinagoghe, Odessa della luce ma anche Odessa della notte, percorsa da mille profumi che il vento rubava alla campagna circostante e alle navi ancorate nel porto, e Odessa impregnata dal tanfo della povertà e della paura proveniente dai quartieri più reietti: Odessa Bab-El’, ovvero Porta di Dio per i suoi abitanti.12 La Porta di Dio è però sempre chiusa, come ricorda Franz Kafka, e nell’attesa-speranza di varcarla la comunità ebraica esprimeva mille forme di vita e di “ricerca della felicità”, tra queste il leggendario bandito Miška Japoncˇik, protettore e in Eastern Europe, 18 febbraio 2011: <http://www.yivoencyclopedia.org/article. aspx/Songs_and_Songwriters>. 10.Ancora da segnalare, tuttavia, che nella capitale della Crimea si registrano alcuni dei primi passi della scena e della drammaturgia yiddish. Nel 1864 una compagnia yiddish aveva rappresentato i drammi Esther e Athalia. Non si hanno molte notizie di quella e altre attività teatrali, ma non è privo di significato il fatto che Shloyme Ettinger, l’autore di Serkele, avesse vissuto per qualche tempo a Odessa, dove è probabile che fossero conosciuti anche alcuni antesignani della drammaturgia yiddish come Avrom Ben Gottlober, Israel Aksenfeld e Joel Ben, autore di Reb Chaimele der Koz.in, pubblicato a Odessa nel 1866, e Rochel die Singerin, pubblicato a Zhytomyr nel 1868. 11. Cfr. Isaak Babel´, Tutte le opere, a cura e con un saggio di Adriano Dell’Asta e uno scritto di Serena Vitale, Mondadori, Milano 2006. Il volume, provvisto di un ricco apparato critico, comprende numerosi scritti personali, frammenti e inediti che gettano luce sull’autore e su tutto quanto non aveva potuto pubblicare per motivi politici. 12. Questa edizione dei racconti di Babel´ cui si fa qui riferimento: I. Babel´, Odessa, trad. e cura di Costantino Di Paola (anche autore della prefazione Le parole del sole, ovvero le leggende del grande mistificatore), Marsilio, Venezia 1998. Da qui sono tratte, salvo indicazione diversa, tutte le citazioni babeliane che seguono. Odessa, paradiso e inferno difensore dei miseri che nei racconti di Babel´ diventa Benya Krik, il Re della Moldavanka. Dopo l’Ottobre, Benya Krik si schiera con i bolscevichi e vorrebbe trattare con loro da pari a pari. Per gli ebrei del ghetto odessita, però, come dice Joseph Roth «la sera è sventura e la luna che sorge è una beffa» e coloro che dopo essere stati partoriti da Maimonide volevano farsi adottare da Lenin vanno incontro a un tristissimo destino: dopo un ventennio di drammatica convivenza nel comunismo, ci penseranno i nazisti a sferrare il colpo finale: nel 1942 a Odessa si conteranno soltanto settecento ebrei sopravvissuti. Jacob Adler lasciò Odessa prima dei grandi rivolgimenti novecenteschi. La città in cui aveva maturato la propria tardiva vocazione di attore è quella descritta da Babel´, il quale a sua volta la celebrava – pur non avendo fatto in tempo a conoscerla nei suoi momenti apicali – nel disperato tentativo di fare comprendere al nuovo regime che non ci si può emancipare da un passato senza interpretare in modo sensibile le sue luci e le sue ombre. Le prime parole del racconto che dà il titolo al volume sono: «Odessa è una città schifosa. Lo sanno tutti […] eppure io credo che si possa dire molto di buono su questa straordinaria e incantevole città […] nella quale è facile vivere, dove si vive alla luce del sole»; e dopo avere sottolineato che la «metà della sua popolazione è costituita da ebrei» sottolinea che «l’odessita è l’antitesi del pietrogradese»: Pietrogrado (così chiamata dal 1914 al 1924, prima era San Pietroburgo, poi sarà Leningrado dal 1924 al 1991 e infine di nuovo San Pietroburgo)13 era anche il luogo di residenza dell’aristocrazia ebraica assimilata. Qui gli odessiti avevano molta fortuna, specie con le donne, proprio per il loro carattere meridionale, sensuale e creativo, ma a Odessa regnava tutt’altra atmosfera. Lo sguardo di un visitatore straordinariamente sensibile come Joseph Roth coglieva la malinconia metafisica della città: Le mie esperienze più tristi le devo alle lunghe passeggiate che ho fatto per la Moldavanka, il quartiere ebraico di Odessa. Una nebbia pesante si aggira per le strade come 13. Benjamin Nathans, Saint Petersburg, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 14 ottobre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Saint_Petersburg>. 11 Da Odessa a New York 12 un destino, la sera è sventura, la luna che sorge una beffa. I mendicanti non sono soltanto la facciata abituale della strada, qui sono mendicanti tre volte, perché questa è la loro dimora. Ogni casa ha cinque, sei, sette minuscoli negozi. Ogni negozio è un’abitazione. Davanti alla finestra, che è anche la porta, c’è la bottega, dietro di essa il letto, sopra il letto sono appesi i bambini nelle ceste – e la sventura li culla su e giù. Uomini alti, massicci tornano a casa: sono i facchini ebrei che vengono dal porto. In mezzo ai loro piccoli, deboli, isterici e smunti connazionali fanno una strana impressione, di una selvaggia razza barbarica smarritasi tra i vecchi semiti. Tutti gli artigiani lavorano fino a notte alta. Da tutte le finestre piange una luce torbida, gialla. Sono luci strane, che non diffondono chiarore, ma una specie di oscurità con un nucleo luminoso. Non sono imparentate col fuoco benedetto. Sono anime delle tenebre…14 Nonostante ciò, dalla Odessa prerivoluzionaria veniva, confortata dall’esperienza dei sensi, una speranza per tutta la Russia. Scriveva Babel´: «le serate primaverili sono dolci e struggenti, acre è il profumo delle acacie e sul mare buio si adagia il chiarore magico e uniforme della luna». Era stato Maksim Gor´kij a sostenerlo tra i primi. «Gor´kij ama il sole perché in Russia tutto è marciume e ambiguità» e quindi, continuava Babel´, «si avverte la necessità di rinnovare il sangue. L’aria s’è fatta irrespirabile. Il Messia delle lettere, da così tanto tempo e inutilmente atteso, arriverà di laggiù, dalle steppe assolate, lambite dal mare». È il finale del racconto Odessa, che conferma il carattere universale e non locale di questa immagine. Infatti Babel´ ribadiva che «se c’è qualcosa che vale la pena di essere cantato, ebbene, sappiatelo, questo è il sole»,15 e ciò anche in Italia, dove si era recato per incontrare Gor´kij e piangere insieme a lui nell’ascoltare, seduti al tavolo di un’osteria con il bicchiere sempre pieno e vuoto, le vibranti epopee dei cantanti di strada. Tanto è vero che in una lettera ai suoi Babel´ aveva scritto che il paradiso terrestre doveva somigliare a Sorrento. Il sud, dunque, come mito propulsivo, un sud dell’anima che a Napoli come a Odessa 14. J. Roth, Ebrei erranti, Adelphi, Milano 2012, p. 109. 15.Citato da Giovanni Maccari, Gli occhiali sul naso: vita romanzesca dello scrittore Isaak Babel´ e dei suoi anni tempestosi, Sellerio, Palermo 2011, p. 23. Né romanzo né biografia, il libro di Maccari è una fantasia molto documentata sulla vicenda umana, artistica e politica di Babel´. Odessa, paradiso e inferno sembrava annunciare la venuta di un Messia rivoluzionario e promettere l’incontro felice tra la realtà di rango più basso («Le pipe dell’artigiano di Lincoln avevano il profumo della poesia. In ciascuna di esse era riposto un pensiero, una goccia di eternità») e le vette di una religiosità totale («…era una sinagoga chassidica e durante la pasqua ebraica si ballava forsennatamente, fino allo stremo, come dervisci»). Questa “fede del sud”, tuttavia, era destinata a produrre nella realtà storica l’effetto contrario a quello sperato perché il rigido fanatismo “nordico” dei rivoluzionari non poteva tollerare una situazione che si presentava con una infinità di sfumature, irriducibile allo schematismo dialettico della lotta di classe. Quando Babel´ affermava che «c’è più giustizia e speranza nel furore di una nobile passione che nelle squallide regole del mondo» evocava qualcosa di incomprensibile e di intollerabile per i tribunali sovietici. Gor´kij e l’antisemitismo Alexander Peškov, noto con lo pseudonimo di Maksim Gor´kij, vale a dire Massimo Amaro, originario di Nižnij Novgorod, orfano, fu allevato dalla nonna. All’età di undici anni cominciò a cercare di cavarsela da solo e lavorò come apprendista in varie situazioni, finché non diventò panettiere in un piccolo villaggio vicino a Kazan. Qui entrò in contatto con gli ambienti rivoluzionari del tempo. Dopo essere stato testimone di un violento pogrom nella propria città, Gor´kij divenne e restò sempre contrario a ogni forma di razzismo e di antisemitismo, definito «il più vergognoso aspetto del mondo d’oggi». Anche per questo fu uno scrittore amato e letto dagli ebrei, sia in lingua russa che in traduzione yiddish. Nel 1892, da lavoratore delle ferrovie, Gor´kij pubblicò il suo primo racconto, con la fiducia e la speranza di contribuire alla rivoluzione sociale con la letteratura. Partecipò ai moti del 1905 e fu per questo arrestato per incitazione alla violenza. In prigione continuò a scrivere, fino a quando, anche sull’onda di una petizione pubblica, il regime zarista non se ne liberò mandandolo in esilio. Nel 1912, intervistato da un giornale yiddish, Gor´kij ebbe a dichiarare: «La Russia appartiene a tutte le nazionalità e ai popoli che comprende nei propri confini e ognuno di questi popoli ha diritto alla propria esistenza, al pieno rispetto delle proprie avversioni e al proprio peculiare stile di vita. Nessuno ha il diritto di privare un popolo di questo diritto fondamentale! La cosa più importante, oggi, è fermare la diffusione del veleno antisemita, diffuso anche tra una parte degli intellettuali russi, e impedire che arrivi ai più 13