Stagione di Prosa, Lirica, Danza 2010 - 2011 Teatro Comunale di Belluno FONDAZIONE TEATRI DELLE DOLOMITI Stagione di Prosa Lirica Danza 20102010-2011 Prosa sabato 23 e domenica 24 ottobre 2010 EDIPO RE di Sofocle con Franco Branciaroli regia Antonio Calenda sabato 27 e domenica 28 novembre 2010 IL MALATO IMMAGINARIO di Molière diretto e interpretato da Gabriele Lavia sabato 11 e domenica 12 dicembre 2010 MEDEA di Euripide con Pamela Villoresi David Sebasti regia Maurizio Panici Lirica sabato 6 novembre 2010 LA STANZA TERRENA dramma giocoso in due atti di Antonio Miari libretto di Piero Beltrame Orchesta NovArtBaroque Ensemble direttore Paolo Da Col sabato 18 dicembre 2010 IL MAESTRO DI CAPPELLA intermezzo in musica in un atto di Domenico Cimarosa LA SERVA PADRONA intermezzo in due parti di Giovanni Battista Pergolesi Sonatori della Gioiosa Marca sabato 8 e domenica 9 gennaio 2011 L’ERODIADE di Giovanni Testori con Maria Paiato regia Pierpaolo Sepe sabato 22 e domenica 23 gennaio 2011 E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO di Giorgio Gaber e Sandro Luporini con Maddalena Crippa regia Emanuela Giordano sabato 5 e domenica 6 febbraio 2011 FILOSOFI ALLE PRIMARIE Partite a scacchi da Platone a Ratzinger testo Carlo Monaco diretto e interpretato da Giorgio Albertazzi sabato 19 e domenica 20 febbraio 2011 L’ORO DI NAPOLI dai racconti di Giuseppe Marotta con Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro regia Armando Pugliese Danza sabato 4 dicembre 2010 OTELLO Balletto di Roma Ente Nazionale del Balletto sabato 15 gennaio 2011 LO SCHIACCIANOCI Accademia Ucraina di Balletto Teatro dell’Opera della Macedonia sabato 12 marzo 2011 TRITTICO Aterballetto sabato 5 e domenica 6 marzo 2011 SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO di Gino Rocca con Virginio Gazzolo regia Giuseppe Emiliani sabato 19 e domenica 20 marzo 2011 VESTIRE GLI IGNUDI di Luigi Pirandello con Gaia Aprea, Max Malatesta regia Luca De Fusco * La Stagione Lirica è organizzata in collaborazione con Teatri SpA * La Stagione di Danza è organizzata in collaborazione con Arteven – Circuito Teatrale Regionale direzione artistica Daniela Nicosia Prosa sabato 23 e domenica 24 ottobre 2010 prosa EDIPO RE Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro de Gli Incamminati, Teatro di Messina EDIPO RE di Sofocle traduzione Raul Montanari regia Antonio Calenda con Franco Branciaroli e Giancarlo Cortesi, Emanuele Fortunati, Gianfranco Quero, Alfonso Veneroso e con Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Filippo De Toro, Luca Fiorino, Luigi Rizzo scene Pier Paolo Bisleri costumi Stefano Nicolao musiche Germano Mazzocchetti luci Gigi Saccomandi Per giudicare una vita, aspettate la morte! L’Oracolo di Delfi suggerisce a Edipo che, per salvare Tebe da una terribile pestilenza, debba scoprire chi ha ucciso il re Laio. Da qui un folgorante flash back che rivelerà a Edipo di essere l’assassino del genitore e lo sposo della propria madre. Scritta nel V a.C., la più cupa delle tragedie greche rifiorisce grazie alla maestria di Antonio Calenda ed alla capacità istrionica di Franco Branciaroli. «Edipo - racconta l’attore - è l’eroe tragico che non sa chi è. La conoscenza di sé avviene attraverso il dolore. Appena lui conosce diventa cieco: la cecità, come il dolore, nella cultura greca è strettamente legata alla conoscenza». Il protagonista appare disteso su un lettino psicoanalitico mentre attraverso gli indizi disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore. Nell’interpretazione dello stesso Branciaroli si raccolgono altri personaggi della tragedia – oltre ad Edipo, il messo Tiresia e la stessa Giocasta – a dimostrare che in lui e nella sua carne si convogliano tutti i frutti e le radici della colpa. Questo allestimento apre i nodi di una tragedia i cui significati non cessano di riflettersi con echi sempre nuovi nel nostro presente, e fa di essa un itinerario che si svolge quasi fra sonno e veglia, dove alle apparizioni dei personaggi protagonisti fa eco un Coro col suo moderno e incisivo commento. Uno spettacolo innovativo, straordinariamente attuale dove la scena di Pier Paolo Bisleri cela e rivela i personaggi dietro velati neri, componendo una iconografia che evoca la pittura neoclassica, le cui immagini circoscrivono uno spazio mentale, quello in cui Edipo è rinchiuso, mentre le incisive luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio, chiarezza e mistero, cecità e visione. sabato 27 e domenica 28 novembre 2010 prosa IL MALATO IMMAGINARIO Teatro Stabile dell'Umbria / Compagnia Lavia - Anagni IL MALATO IMMAGINARIO di Molière diretto e interpretato da Gabriele Lavia e un cast in via di definizione scene Alessandro Camera costumi Andrea Viotti Gabriele Lavia si confronta con successo con il testo simbolo della produzione teatrale di Molière, a lui particolarmente congeniale per qualità della drammaturgia e per lo spessore dei personaggi. Da molti ritenuto il capolavoro assoluto del drammaturgo francese, Il malato immaginario narra le disavventure dell’ipocondriaco Argante, padre di una bella figlia, marito di una donna opportunista e fedifraga e vittima di uno sciame di dottorini-avvoltoi salassatori e ciarlatani. I guai cominciano quando, con un patto di matrimonio arbitrariamente siglato, Argante promette la figlia in moglie ad un giovane babbeo, dottorino di fresca laurea, in modo da potersi garantire un sereno (... e gratuito) futuro di consulti e ricette. Ipocondriaco sino a rasentare la follia, Argante vive di medici e medicine, spiando ossessivamente in se stesso i sintomi di tutte le possibili malattie. Su questa base scattano i meccanismi classici della commedia: una moglie avida, una figlia il cui amore è contrastato, salvo poi trionfare al momento giusto in un immancabile lieto fine, un gruppo di untuosi ed infidi dottori che si nascondono dietro grandi paroloni in latinorum, un fratello savio e una cameriera fedele e astuta. La tradizione ha accomunato la malattia con la vecchiaia identificando di conseguenza il ruolo del Malato con un attore anziano, ma Molière questo testo lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui cinquant'anni che, come Argante, probabilmente ha più paura di vivere che di morire… sabato 11 e domenica 12 dicembre 2010 prosa MEDEA Argot Produzioni /Associazione Teatrale Pistoiese / Teatro dei Due Mari MEDEA di Euripide traduzione e adattamento Michele Di Martino e Maurizio Panici regia Maurizio Panici con Pamela Villoresi, David Sebasti e Renato Campese, Maurizio Panici, Silvia Budri Da Maren, Andrea Bacci, Elena Sbardella scene Michele Ciacciofera realizzazione scene Giorgio Gori costumi Lucia Mariani su disegno di Michele Ciacciofera musiche Luciano Vavolo Attraverso Medea, figura totalmente inedita e significativa, Euripide pone all'interno delle rappresentazioni tragiche un elemento di assoluta modernità. Medea, infatti, è la prima donna a mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna, evidenziando una situazione di forza, contestando l'esistente, aprendo un contenzioso e lasciando intravedere nuove possibilità. Medea è per questo uno dei più estremi e affascinanti personaggi della tragedia classica e moderna in quanto, prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale ma per rispondere ad una ingiustizia. Le modalità del suo atto trascendono ogni consuetudine. In Medea l'azione tragica coincide con la sua stessa rovina poiché, mentre punisce Giasone, il padre dei suoi figli, colpisce con uguale violenza se stessa: pur riconoscendo l'impatto del suo agire, lo persegue con determinazione e lucida consapevolezza. La riuscita messinscena diretta da Maurizio Panici, costruita su un delicatissimo meccanismo di incastri e dissolvenze, vede protagonista Pamela Villoresi, attrice di rarissimo talento. La sua Medea cova il tormento in modo profondo ed intimo: sola contro il mondo, sceglie la via più atroce per vendicarsi. In questa toccante introspezione, la Villoresi, batte l'accento sulla descrizione dell'animo femminile della protagonista che in un turbine di emozioni, tra risolutezza e ripensamenti, compie la spietata e irragionevole rivalsa contro chi l'ha umiliata. Il conflitto, per la prima volta in una tragedia, non è fuori, ma dentro il personaggio, nella psiche della protagonista, divisa tra desiderio di vendetta e pietas umana per i figli. sabato 8 e domenica 9 gennaio 2011 prosa L’ERODIADE Teatro Eliseo - Teatro Stabile del Veneto L’ERODIADE di Giovanni Testori regia Pierpaolo Sepe con Maria Paiato scene Francesco Ghisu costumi Sandra Cardini Una lunga catena di parole, una lotta senza scampo tra due amanti e il Dio che tra essi si frappone, una strenua volontà di sapere. Protagonista della vicenda è Erodiade, madre di Salomé, complice dell'uccisione di San Giovanni Battista. Testori, sempre portato alla ricerca delle relazioni fra umano e divino, penitenza e ascesi, fu particolarmente colpito da questa figura femminile, dotata di una carica virile inusitata, che non esita a spingere la figlia fra le braccia omicide di Erode per vendicarsi del rifiuto di Giovanni, cercando infine la morte in un confronto impari e improponibile con la divinità. Testori definì Erodiade una figura a metà fra il Dio astratto e quello incarnato. La bravissima Maria Paiato dà vita sulla scena all’antica concubina di Erode, una donna sola, abbandonata da tutti, che si rivolge ora alla testa di San Giovanni, ora all’autore, rivelando le vere motivazioni della decollazione del Battista. È stata lei a spingere la figlia Salomè tra le braccia di Erode, e a farle chiedere la testa di Giovanni, colpevole di aver rifiutato il suo amore. Completamente identificata nella sua passione impossibile, Erodiade sfida il Dio di Giovanni e cerca la morte in scena. Composta tra il 1967 e il 1968, Erodiade fu pubblicata per la prima volta nel 1969 e quindi rielaborata nel 1984 fino al rifacimento dell’Erodiàs, inclusa nel Corpus dei Tre Lai. La regia di Sepe firma un’Erodiade ridotta alla sua essenza, privata di ogni orpello scenico, una messa in scena nuda e feroce, come nudo e feroce è l’animo di Erodiade. Male eterno che flagella come monito costante di perdizione la specie umana, e creatura tutta umana, aspirazione permanente e incerta al bene, fragile ferita esposta all’abisso crudele e insensato della luce, dell’amore. Nell’attimo stesso in cui l’anima cede alla tentazione del niente, la parola decade, preda del dubbio che si manifesti, per gli umani, l’inattesa coincidenza tra Dio e una rara e faticosa possibilità d’amore. sabato 22 e domenica 23 gennaio 2011 prosa E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO Tieffe Teatro Milano Stabile di Innovazione diretto da Emilio Russo in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO di Giorgio Gaber e Sandro Luporini regia Emanuela Giordano con Maddalena Crippa pianoforte Massimiliano Gagliardi coriste Chiara Calderale, Miriam Longo, Valeria Svizzeri arrangiamenti Massimiliano Gagliardi coordinamento musicale Arturo Annecchino Dovunque c'è, un grande sfoggio di opinioni, piene di svariate affermazioni che ci fanno bene e siam contenti un mare di parole un mare di parole ma parlan più che altro i deficienti. La vana discussione della sedia da spostare, il mondo che fa male, il soggetto come persona... Un percorso d'incanto e batticuore con Maddalena Crippa cantante, attrice, che tiene il pubblico come in apnea, fra magici silenzi d'ascolto, risonanze di voce, flussi di memoria, piacere della musica, del teatro, vibrazioni di ricordi, dialoghi poetici con il nostro sentire. Prima donna che si avvicina all’universo gaberiano per interpretare un repertorio tanto originale quanto maschile, Maddalena Crippa non si sottrae alla sfida e anzi sottolinea la novità di un nuovo approccio che passa attraverso un altro punto di vista, un'altra sensibilità. La grande interpretazione di Maddalena Crippa ci restituisce Gaber nella sua unicità, nella purezza del testo, senza alterarlo in alcuna parte: attualissimo in ogni affermazione, ironico e intellettualmente onesto, il signor G ha sempre centrato i reali interrogativi dell'uomo di oggi. Ci fa riflettere perché capace di interrogarsi, di scendere nel privato o aprirsi al sociale, di stare nel presente, riuscendo a decifrarlo e persino ad anticiparlo, mettendosi in gioco in prima persona in una costante ricerca. Cos'è la realtà, cosa sono i sentimenti e come scrostarli dalla vernice indelebile con cui li abbiamo dipinti, cosa sono le parole che hanno riempito il mondo ma perso ogni senso… sabato 5 e domenica 6 febbraio 2011 prosa FILOSOFI ALLE PRIMARIE Procope Studio srl in collaborazione con Kiasma Associazione Culturale FILOSOFI ALLE PRIMARIE Partite a scacchi da Platone a Ratzinger testo Carlo Monaco regia e adattamento Giorgio Albertazzi con Giorgio Albertazzi e la partecipazione di Roberta Caronia disegno luci Pietro Sperduti scene Carmelo Giammello foto Pino Le Pera sistema di rilevazione acustica Dafral suondvison Partite a scacchi da Platone a Ratzinger è uno spettacolo/evento in cui Giorgio Albertazzi trascende i limiti del palco per coinvolgere gli spettatori in un'autentica gara filosofica. Il suo irrefrenabile estro creativo si unisce alla competenza e alla passione del professor Carlo Monaco in uno spettacolo in cui, per la prima volta in Italia, il teatro si trasforma in un torneo di scacchi del pensiero. Questo nuovo format teatrale rompe la routine dei nostri palcoscenici conservando tutta la grandezza dell'arte della scena; l'interazione tra autore, attore e pubblico è reale e totale e condiziona il testo nella sua progressione. Il Maestro del teatro italiano, mattatore indiscusso della sfida, dà corpo e voce a quattro filosofi tra i più grandi di tutti i tempi, Platone, Protagora, Nietzche e Ratzinger, toccando i temi del pensiero su cui ogni essere umano si interroga da sempre. I presenti in sala, come in un'attualissima competizione politica per l'elezione del leader, scelgono di volta in volta chi passa il turno, decidendo al momento, di sera in sera, a quale sfida assistere. Il confronto avviene sulle mosse dei pezzi degli scacchi, che rappresentano i paradigmi generali delle due concezioni filosofiche prescelte. Alla fine di ogni partita saranno ancora gli spettatori, grazie agli applausometri diffusi in sala, a decretare il filosofo vincitore! sabato 19 e domenica 20 febbraio 2011 prosa L’ORO DI NAPOLI Associazione Culturale La Pirandelliana in coproduzione con Diana Or.I.S. L’ORO DI NAPOLI dai racconti di Giuseppe Marotta adattamento teatrale di Armando Pugliese e Gianfelice Imparato regia Armando Pugliese con con Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri e Valerio Santoro, Gianni Cannavacciuolo, Antonella Cioli, Giuseppe De Rosa, Loredana Giordano, Renato Giordano, Antonio Milo, Lello Radice, Giovanni Rienzo, Luigi e Davide Santoro musiche di scena Nicola Piovani scene Andrea Taddei costumi Silvia Polidori luci Valerio Tiberi L’oro di Napoli, secondo lo scrittore Giuseppe Marotta, è la pazienza, «la possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza». Tornano sulla scena, con una ricomposizione totalmente nuova, i racconti che Giuseppe Marotta dedica, da innamorato, alla sua città nel 1947, storie trasposte sul grande schermo nell’omonimo film di Vittorio De Sica, che vide tra gli interpreti Sophia Loren, Totò ed Eduardo De Filippo. Le musiche del premio Oscar Nicola Piovani insieme alla superba regia di Armando Pugliese raccontano la Napoli del dopoguerra, in uno spettacolo sarcastico e brillante, in cui le schermaglie della quotidianità e i paradossi della vita si fanno materia, per uno scenario spietato della vita dei bassi napoletani. Progressivamente scopriamo gli umori e l’umanità di chi li abita, personaggi che danno vita ad una coralità dolente e magica di una Napoli che inganna e seduce, non ancora oltraggiata dal degrado che sembra inarrestabile. Tra un quadro e l’altro affiorano anche piccole pillole di filosofia, a Napoli l’arma gioiosa e disarmante per offendere è o pernacchio, che può essere lento o forte, debole o massiccio, e di fronte alla disperazione, agli imprevisti, di fronte all’eruzione del Vulcano non resta che adeguarsi ai cambiamenti, altrimenti si fa la fine del capitone a Natale! sabato 5 e domenica 6 marzo 2011 prosa SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, Teatri SPA-Treviso, Teatro Carcano-Milano in collaborazione con Regione del Veneto, Comune di Venezia, Fondazione Cassa Marca SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO di Gino Rocca regia Giuseppe Emiliani con Virginio Gazzolo e Giancarlo Previati, Lino Spadaro, Michele Modesto Casarin, Massimo Somaglino, Adriano Jurissevich, Andrea Pennacchi, Silvia Piovan, Chiara Saleri, Sandra Mangini, Ilaria Pasqualetto, Gianmarco Maffei scene e costumi Ivan Stefanutti Lo spettacolo è dedicato a Giulio Bosetti Se no i xe mati no li volemo è senza dubbio il capolavoro teatrale di Gino Rocca, commedia amatissima dal pubblico e dalla critica fin dal suo esordio sulle scene. Lo spettacolo racconta la vicenda di tre vecchi amici, ultimi superstiti di una goliardica associazione che reca il glorioso titolo Se no i xe mati no li volemo, che, per continuare a godere dell’usufrutto di un palazzo signorile, sono costretti a recitare la parte di giovanotti spericolati. Malgrado l’età avanzata e i crucci delle rispettive situazioni personali, i tre decidono di tornare a fare i matti come ai tempi delle lontane imprese studentesche, nel vano tentativo di recuperare i loro diritti inseguendo una impossibile giovinezza. Alla senilità si sovrappone, così, il tema ancora più moderno della finzione, della maschera da imporre sarcasticamente al vero volto, come forma grottesca di difesa e di deformazione dell'autentica verità dell'anima. La commedia, tutta percorsa da brividi di aspra ironia e autoironia; si diversifica, nei ritratti dei tre vecchi amici, creature sconfitte che si difendono come possono dai colpi del destino: Bortolo che con la sua grinta feroce nasconde le ferite di una sorte avversa; Piero che in realtà vive solo nel ricordo del figlio morto in guerra ricorre all’ironia; Momi che, amareggiato da una difficile situazione famigliare, si rifugia nei suoi sogni. L’immediatezza del dialetto, il veneto di terraferma, la spontaneità, la fedeltà alla vita di un linguaggio concreto e colorato spoglia il testo di ogni retorica e di ogni convenzionalità letteraria. La delicata poesia di Rocca è spesso mitigata da gustose pennellate umoristiche, in un testo asciutto, intimistico, dove i sentimenti sono velati, sottaciuti, repressi. Poeta di una provincia sonnecchiosa e violenta, Gino Rocca, con sincera pietas quasi cechoviana, ironico scetticismo e sorridente malinconia, contempla e descrive uomini e cose avvolte nella luce del crepuscolo; in questo caso tre uomini fragili, tre vecchi-bambini, inetti alla vita, resti anacronistici di una giovinezza scapigliata e impertinente. sabato 19 e domenica 20 marzo 2011 prosa VESTIRE GLI IGNUDI Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna Teatro Stabile del Veneto VESTIRE GLI IGNUDI di Luigi Pirandello regia Luca De Fusco con Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Alberto Fasoli, Max Malatesta, Giovanna Mangiù, Paolo Serra, Enzo Turrin scene Fabrizio Plessi costumi Maurizio Millenotti musiche Antonio Di Pofi luci Gigi Saccomandi Ognuno è un’anima nuda e sente il bisogno di rivestirsi con abiti di rispettabilità, di qualità apprezzate dagli altri, per trovare il proprio posto all’interno della comunità. Attorno a questo principio, che regola la vita di Ersilia Drei, si svolge la commedia in tre atti che Pirandello compose nel 1922 e che il 14 novembre dello stesso anno debuttò a Roma. Ersilia per tutta la vita è sempre stata come la volevano gli altri, non è stata mai per se stessa. Dopo le sfortunate vicende sentimentali con il Tenente di Vascello Franco Laspiga, che la abbandona per un’altra donna, e con il Console Grotti, che approfitta di un suo momento di debolezza causando tragiche conseguenze, la giovane matura la decisione di togliersi la vita. In punto di morte concede un’intervista durante la quale si rappresenta e si racconta per come avrebbe voluto essere, ammantando la sua storia personale di un’aura nobile e melanconica. Salvata in extremis, Ersilia ottiene il rispetto e la compassione da parte di tutti, ma non riesce a reggere il confronto con quella nuova se stessa, diversa, che si era cucita addosso e, per vedersi restituire l’onore perduto, è costretta a suicidarsi davvero, questa volta con successo. Le scelte registiche di De Fusco rispecchiano la filosofia sottesa al pensiero di Pirandello indagando a fondo i personaggi della sua drammaturgia, uomini e donne che hanno l’esigenza di raccontarsi, di mettere a nudo i propri grovigli interiori, mossi dall’impulso di autogiustificarsi, di spiegare le proprie contraddizioni… alla ricerca di una improbabile assoluzione. L’imponente allestimento scenico, di assoluto rigore formale, dell’artista visivo Fabrizio Plessi; che incastona l’intero boccascena con una cornice di televisori in bianco e nero, atti ad isolare dettagli, impudichi primi piani, come in un reality show, in cui persino il dolore diviene spettacolo, asseconda il disegno della regia intento ad evocare, con drammatici simulacri della contemporaneità, uno spazio metafisico, metafora, misteriosa, della filosofia pirandelliana dell’apparire che domina l’essere. Lirica sabato 6 novembre 2010 lirica LA STANZA TERRENA LA STANZA TERRENA dramma giocoso in due atti di Antonio Miari libretto Piero Beltrame edizione della partitura a cura di Melita Fontana e Renzo Bez Orchestra NovArtBaroque Ensemble direttore Paolo Da Col regia Giorgio Sangati costumi Atelier Raptus & Rose interpreti Chiara Isotton, Elena Filini, Vincenzo Di Donato, Mauro Borgioni La prima esecuzione assoluta in tempi moderni del dramma giocoso composto nel 1837 da Antonio Miari è una produzione dell’eccellenza, che mira a custodire e mantenere viva la memoria musicale della città. Nato a Belluno nel 1778, Antonio Angelo Miari, nobile dilettante di musica, è stato autore di una vasta produzione musicale che comprende pezzi sinfonici, da camera, cantate, messe e numerose farse in musica, ma fu proprio il versante operistico quello che maggiormente lo attrasse e lo impegnò. I suoi prolungati soggiorni veneziani propiziarono la conoscenza e la frequentazione dei maggiori operisti del periodo, tutti i più grandi musicisti furono ospiti di Miari, da Mayr a Morlacchi, da Meyerbeer a Mercandante, da Rossini a Donizetti. Appartenente al genere del Teatro da Camera, particolarmente in voga tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, La stanza terrena nelle dinamiche delle due coppie nobili riproduce in miniatura quelle simmetrie e quei giochi di scambio che si ritrovano nei drammi giocosi di Salieri e Mozart (Così fan tutte). Questa importante operazione di valorizzazione e di recupero storico ha consentito di mettere nuovamente in scena l’opera partendo da un manoscritto autografo, conservato nel Fondo Miari della Biblioteca Civica di Belluno, e passando, attraverso un processo di trascrizione, edizione del testo musicale e poetico, studio, orchestrazione, concertazione, all’ allestimento scenico, sotto l’attento sguardo del musicologo bellunese Paolo Da Col. sabato 18 dicembre 2010 lirica IL MAESTRO DI CAPPELLA / LA SERVA PADRONA IL MAESTRO DI CAPPELLA intermezzo in musica ad un atto libretto autore ignoto musica Domenico Cimarosa Il maestro di cappella Lorenzo Regazzo Il maestro di cappella, composto all’incirca tra il 1786 e il 1793, è una gustosa parodia di un compositore settecentesco alle prese con i suoi esecutori: un maestro di cappella sta provando con la propria orchestra; dichiara di volervi eseguire un’aria in stil sublime, appellandosi all’autorità degli antichi maestri (che sapevano tanto). Quando finalmente l’aria inizia, il risultato è disastroso: ogni strumento entra al momento sbagliato, costringendo il maestro a canticchiare personalmente ogni parte finché ciascun strumentista non l’abbia imparata. Collaudata con successo la compagine orchestrale, ci si cimenterà in un gran morceau di sicuro effetto. LA SERVA PADRONA intermezzo in due parti libretto Gennarantonio Federico musica Giovanni Battista Pergolesi con Lorenzo Regazzo, Caterina Di Tonno regia, scene e costumi Guia Buzzi La serva padrona è un celebre intermezzo buffo rappresentato la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733, quale intermezzo all'opera seria Il prigionier superbo, dello stesso Pergolesi. I protagonisti sono Uberto, vecchio scapolo scontroso e taciturno, e la sua giovane e astuta serva, Serpina. Uberto, stanco dei capricci e delle prepotenze di Serpina, decide di ripristinare i giusti ruoli all’interno della casa fingendo di volersi sposare. La ragazza, ingelosita, annuncia a sua volta, con la complicità del servo Vespone, il suo matrimonio con il fantomatico capitan Tempesta. Dallo sgomento provato al sentire l’annuncio delle nozze, Uberto capisce di essere innamorato di Serpina. Presto il finto capitan Tempesta si presenta minaccioso a reclamare la dote della giovane, e minaccia Uberto avvisandolo che in caso di diniego, gli toccherà di sposarla lui stesso. Spinto un po’ dalla paura e un po’ dall’amore per Serpina, Uberto si lascia estorcere la promessa di matrimonio. La burla è poi svelata e Serpina, anch’essa innamorata di Uberto, da serva diventa padrona. con i Sonatori de la Gioiosa Marca Uno dei più affermati complessi italiani, nato nella città veneta di Treviso, nota nel Rinascimento come Marca Gioiosa, è composto da artisti che si dedicano da 25 anni all’esecuzione di musiche antiche su strumenti d’epoca. Premiati più volte dalla stampa specializzata per le numerose incisioni, hanno ricevuto nel 1996 a Parigi il “Diapason d’or de l‘annèe” per il disco "Le Humane Passioni"con Giuliano Carmignola e nel 1998 a Venezia il "Premio Vivaldi“ della Fondazione G. Cini per "Balli, Capricci & Stravaganze". Danza sabato 4 dicembre 2010 OTELLO Balletto di Roma Ente Nazionale del Balletto Nella coreografia di Fabrizio Monteverde, l’Otello di Shakespeare, la tragedia romantica per eccellenza, ha come ambientazione un porto di mare, scenario che si presta ad incontri passeggeri, fugaci, ma non per questo meno importanti, in cui non esistono regole da rispettare o da infrangere, ma in cui tutto funziona da amplificatore per le emozioni e le reazioni umane… Le grandi capacità tecniche ed espressive del corpo di ballo valorizzano un lavoro coreografico prezioso nel suo continuo equilibrio tra tradizione e originalità. Le danze d’amore di Otello e Desdemona, sono tra i duetti più emozionanti regalati dalla danza contemporanea italiana, gemme preziose di un balletto dalla potente sensualità, dove i pensieri sono scosse del corpo, dove spiccano la forza e l’eleganza della composizione. sabato 15 gennaio 2011 LO SCHIACCIANOCI Accademia Ucraina di Balletto Teatro dell’Opera della Macedonia Il Teatro dell’Opera della Macedonia interpreta questo classico del balletto distinguendosi, oltre che per la qualità tecnica ed espressiva, anche per l’originalità e la bellezza dei costumi e delle scenografie. La bellezza de Lo Schiaccianoci risiede proprio nel suo essere una favola danzata, un magico sogno che può portare a tutti, adulti e bambini, sconfiggere le paure dell’infanzia e a muoversi liberi e felici, fra fiori che ballano, uccellini che cantano melodiosi, castelli di marzapane e case di cioccolata, in un mondo senza paure e fatto solo di dolcezze. sabato 12 marzo 2011 TRITTICO Aterballetto Aterballetto è la principale Compagnia di danza in Italia e la prima realtà stabile di balletto al di fuori delle Fondazioni liriche. Una serie di collaborazioni con coreografi prestigiosi, compositori, scenografi, pittori, attori, hanno consolidato nel tempo le qualità delle sue performances. Formata, fin dall’inizio da danzatori solisti in grado di affrontare tutti gli stili, Aterballetto gode di ampi riconoscimenti anche in campo internazionale: i suoi spettacoli sono stai applauditi in Europa, Americhe, Medio ed Estremo Oriente. Per saperne di più … INIZIO SPETTACOLI ORE 20:45 si raccomanda la puntualità RINNOVI E PRENOTAZIONE NUOVI ABBONAMENTI • da subito al numero telefonico 0437-943303 o tramite e-mail [email protected] RITIRO presso la biglietteria del Teatro Comunale (0437-940349) • • rinnovo con diritto di prelazione da sab 18 a sab 25 settembre nuovi abbonamenti da sab 2 a sab 9 ottobre e da giov 21 a dom 24 ottobre PRENOTAZIONI BIGLIETTI I biglietti sono prenotabili al numero 0437-943303 o tramite e-mail [email protected]; dal 12 ottobre per lo spettacolo Edipo Re e dal 28 ottobre per tutti gli altri spettacoli in cartellone ORARI BIGLIETTERIA La biglietteria del Teatro Comunale (0437-940349) è aperta in tutti i giorni di spettacolo dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 20:00; per la Stagione di Prosa anche nel giorno precedente le rappresentazioni I biglietti prenotati devono essere ritirati almeno un'ora prima dell'inizio dello spettacolo. In caso contrario la prenotazione risulterà nulla. Si chiede cortesemente di annullare la prenotazione nel momento in cui si viene a sapere che sarà disattesa PREZZI Abbonamenti PROSA PROSA+LIRICA platea/prima gall cx euro 153,00 euro 193,00 gall laterale euro 117,00 euro 150,00 loggione euro 81,00 euro 100,00 Studenti euro 81,00 euro 100,00 (valido per ogni settore) DANZA euro 50,00 intero / 40,00 ridotto* --St. scuole danza euro 40,00 * per la Danza l’abbonamento va scelto nei posti di platea e si intende ridotto per gli Abbonati Prosa o Prosa+Lirica della Fondazione Teatri delle Dolomiti Biglietti PROSA platea/prima galleria centrale galleria laterale loggione biglietto gruppi scuola intero euro 23,00 intero euro 18,00 unico euro 11,00 unico euro 10,00 ridotto euro 18,00 ridotto euro 14,00 LIRICA platea/prima galleria centrale galleria laterale loggione biglietto gruppi scuola intero euro 25,00 intero euro 20,00 unico euro 13,00 unico euro 10,00 ridotto euro 23,00 ridotto euro 18,00 DANZA Otello Lo schiaccianoci Trittico biglietto gruppi scuola unico euro 20,00 unico euro 20,00 unico euro 20,00 unico euro 10,00 (valido anche per allievi delle scuole di danza) Biglietti ridotti: studenti minori di 24 anni, anziani oltre i 65 anni, diversamente abili. Gli eventuali accompagnatori dei diversamente abili hanno diritto ad un biglietto omaggio.