Stagione di
Prosa,
Lirica, Danza
2010 - 2011
Teatro Comunale di Belluno
FONDAZIONE TEATRI DELLE DOLOMITI
Stagione di Prosa Lirica Danza 20102010-2011
Prosa
sabato 23 e domenica 24 ottobre 2010
EDIPO RE
di Sofocle
con Franco Branciaroli
regia Antonio Calenda
sabato 27 e domenica 28 novembre 2010
IL MALATO IMMAGINARIO
di Molière
diretto e interpretato da Gabriele Lavia
sabato 11 e domenica 12 dicembre 2010
MEDEA
di Euripide
con Pamela Villoresi David Sebasti
regia Maurizio Panici
Lirica
sabato 6 novembre 2010
LA STANZA TERRENA
dramma giocoso in due atti
di Antonio Miari
libretto di Piero Beltrame
Orchesta NovArtBaroque Ensemble
direttore Paolo Da Col
sabato 18 dicembre 2010
IL MAESTRO DI CAPPELLA
intermezzo in musica in un atto
di Domenico Cimarosa
LA SERVA PADRONA
intermezzo in due parti
di Giovanni Battista Pergolesi
Sonatori della Gioiosa Marca
sabato 8 e domenica 9 gennaio 2011
L’ERODIADE
di Giovanni Testori
con Maria Paiato
regia Pierpaolo Sepe
sabato 22 e domenica 23 gennaio 2011
E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
con Maddalena Crippa
regia Emanuela Giordano
sabato 5 e domenica 6 febbraio 2011
FILOSOFI ALLE PRIMARIE
Partite a scacchi da Platone a Ratzinger
testo Carlo Monaco
diretto e interpretato da Giorgio Albertazzi
sabato 19 e domenica 20 febbraio 2011
L’ORO DI NAPOLI
dai racconti di Giuseppe Marotta
con Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro
regia Armando Pugliese
Danza
sabato 4 dicembre 2010
OTELLO
Balletto di Roma
Ente Nazionale del Balletto
sabato 15 gennaio 2011
LO SCHIACCIANOCI
Accademia Ucraina di Balletto
Teatro dell’Opera della Macedonia
sabato 12 marzo 2011
TRITTICO
Aterballetto
sabato 5 e domenica 6 marzo 2011
SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO
di Gino Rocca
con Virginio Gazzolo
regia Giuseppe Emiliani
sabato 19 e domenica 20 marzo 2011
VESTIRE GLI IGNUDI
di Luigi Pirandello
con Gaia Aprea, Max Malatesta
regia Luca De Fusco
* La Stagione Lirica è organizzata in collaborazione con Teatri SpA
* La Stagione di Danza è organizzata in collaborazione con Arteven – Circuito Teatrale Regionale
direzione artistica
Daniela Nicosia
Prosa
sabato 23 e domenica 24 ottobre 2010
prosa
EDIPO RE
Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro de Gli Incamminati, Teatro di Messina
EDIPO RE
di Sofocle
traduzione Raul Montanari
regia Antonio Calenda
con Franco Branciaroli
e Giancarlo Cortesi, Emanuele Fortunati, Gianfranco Quero, Alfonso Veneroso
e con Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Filippo De Toro, Luca Fiorino, Luigi
Rizzo
scene Pier Paolo Bisleri
costumi Stefano Nicolao
musiche Germano Mazzocchetti
luci Gigi Saccomandi
Per giudicare una vita,
aspettate la morte!
L’Oracolo di Delfi suggerisce a Edipo che, per salvare Tebe da una terribile pestilenza,
debba scoprire chi ha ucciso il re Laio. Da qui un folgorante flash back che rivelerà a Edipo di
essere l’assassino del genitore e lo sposo della propria madre.
Scritta nel V a.C., la più cupa delle tragedie greche rifiorisce grazie alla maestria di Antonio
Calenda ed alla capacità istrionica di Franco Branciaroli.
«Edipo - racconta l’attore - è l’eroe tragico che non sa chi è. La conoscenza di sé avviene
attraverso il dolore. Appena lui conosce diventa cieco: la cecità, come il dolore, nella cultura
greca è strettamente legata alla conoscenza».
Il protagonista appare disteso su un lettino psicoanalitico mentre attraverso gli indizi
disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio
percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore.
Nell’interpretazione dello stesso Branciaroli si raccolgono altri personaggi della tragedia –
oltre ad Edipo, il messo Tiresia e la stessa Giocasta – a dimostrare che in lui e nella sua
carne si convogliano tutti i frutti e le radici della colpa.
Questo allestimento apre i nodi di una tragedia i cui significati non cessano di riflettersi con
echi sempre nuovi nel nostro presente, e fa di essa un itinerario che si svolge quasi fra sonno
e veglia, dove alle apparizioni dei personaggi protagonisti fa eco un Coro col suo moderno e
incisivo commento.
Uno spettacolo innovativo, straordinariamente attuale dove la scena di Pier Paolo Bisleri cela
e rivela i personaggi dietro velati neri, componendo una iconografia che evoca la pittura
neoclassica, le cui immagini circoscrivono uno spazio mentale, quello in cui Edipo è
rinchiuso, mentre le incisive luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio,
chiarezza e mistero, cecità e visione.
sabato 27 e domenica 28 novembre 2010
prosa
IL MALATO IMMAGINARIO
Teatro Stabile dell'Umbria / Compagnia Lavia - Anagni
IL MALATO IMMAGINARIO
di Molière
diretto e interpretato da Gabriele Lavia
e un cast in via di definizione
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
Gabriele Lavia si confronta con successo con il testo simbolo della produzione teatrale di
Molière, a lui particolarmente congeniale per qualità della drammaturgia e per lo spessore dei
personaggi.
Da molti ritenuto il capolavoro assoluto del drammaturgo francese, Il malato immaginario
narra le disavventure dell’ipocondriaco Argante, padre di una bella figlia, marito di una donna
opportunista e fedifraga e vittima di uno sciame di dottorini-avvoltoi salassatori e ciarlatani.
I guai cominciano quando, con un patto di matrimonio arbitrariamente siglato, Argante
promette la figlia in moglie ad un giovane babbeo, dottorino di fresca laurea, in modo da
potersi garantire un sereno (... e gratuito) futuro di consulti e ricette.
Ipocondriaco sino a rasentare la follia, Argante vive di medici e medicine, spiando
ossessivamente in se stesso i sintomi di tutte le possibili malattie. Su questa base scattano i
meccanismi classici della commedia: una moglie avida, una figlia il cui amore è contrastato,
salvo poi trionfare al momento giusto in un immancabile lieto fine, un gruppo di untuosi ed
infidi dottori che si nascondono dietro grandi paroloni in latinorum, un fratello savio e una
cameriera fedele e astuta.
La tradizione ha accomunato la malattia con la vecchiaia identificando di conseguenza il
ruolo del Malato con un attore anziano, ma Molière questo testo lo scrive per se stesso
quindi per un uomo sui cinquant'anni che, come Argante, probabilmente ha più paura di
vivere che di morire…
sabato 11 e domenica 12 dicembre 2010
prosa
MEDEA
Argot Produzioni /Associazione Teatrale Pistoiese / Teatro dei Due Mari
MEDEA
di Euripide
traduzione e adattamento Michele Di Martino e Maurizio Panici
regia Maurizio Panici
con Pamela Villoresi, David Sebasti
e Renato Campese, Maurizio Panici, Silvia Budri Da Maren,
Andrea Bacci, Elena Sbardella
scene Michele Ciacciofera
realizzazione scene Giorgio Gori
costumi Lucia Mariani su disegno di Michele Ciacciofera
musiche Luciano Vavolo
Attraverso Medea, figura totalmente inedita e significativa, Euripide pone all'interno delle
rappresentazioni tragiche un elemento di assoluta modernità.
Medea, infatti, è la prima donna a mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna,
evidenziando una situazione di forza, contestando l'esistente, aprendo un contenzioso e
lasciando intravedere nuove possibilità.
Medea è per questo uno dei più estremi e affascinanti personaggi della tragedia classica e
moderna in quanto, prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale
ma per rispondere ad una ingiustizia.
Le modalità del suo atto trascendono ogni consuetudine. In Medea l'azione tragica coincide
con la sua stessa rovina poiché, mentre punisce Giasone, il padre dei suoi figli, colpisce con
uguale violenza se stessa: pur riconoscendo l'impatto del suo agire, lo persegue con
determinazione e lucida consapevolezza.
La riuscita messinscena diretta da Maurizio Panici, costruita su un delicatissimo meccanismo
di incastri e dissolvenze, vede protagonista Pamela Villoresi, attrice di rarissimo talento. La
sua Medea cova il tormento in modo profondo ed intimo: sola contro il mondo, sceglie la via
più atroce per vendicarsi. In questa toccante introspezione, la Villoresi, batte l'accento sulla
descrizione dell'animo femminile della protagonista che in un turbine di emozioni, tra
risolutezza e ripensamenti, compie la spietata e irragionevole rivalsa contro chi l'ha umiliata.
Il conflitto, per la prima volta in una tragedia, non è fuori, ma dentro il personaggio, nella
psiche della protagonista, divisa tra desiderio di vendetta e pietas umana per i figli.
sabato 8 e domenica 9 gennaio 2011
prosa
L’ERODIADE
Teatro Eliseo - Teatro Stabile del Veneto
L’ERODIADE
di Giovanni Testori
regia Pierpaolo Sepe
con Maria Paiato
scene Francesco Ghisu
costumi Sandra Cardini
Una lunga catena di parole, una lotta senza scampo tra due amanti e il Dio che tra essi si
frappone, una strenua volontà di sapere.
Protagonista della vicenda è Erodiade, madre di Salomé, complice dell'uccisione di San
Giovanni Battista. Testori, sempre portato alla ricerca delle relazioni fra umano e divino,
penitenza e ascesi, fu particolarmente colpito da questa figura femminile, dotata di una carica
virile inusitata, che non esita a spingere la figlia fra le braccia omicide di Erode per vendicarsi
del rifiuto di Giovanni, cercando infine la morte in un confronto impari e improponibile con la
divinità.
Testori definì Erodiade una figura a metà fra il Dio astratto e quello incarnato.
La bravissima Maria Paiato dà vita sulla scena all’antica concubina di Erode, una donna sola,
abbandonata da tutti, che si rivolge ora alla testa di San Giovanni, ora all’autore, rivelando le
vere motivazioni della decollazione del Battista.
È stata lei a spingere la figlia Salomè tra le braccia di Erode, e a farle chiedere la testa di
Giovanni, colpevole di aver rifiutato il suo amore. Completamente identificata nella sua
passione impossibile, Erodiade sfida il Dio di Giovanni e cerca la morte in scena.
Composta tra il 1967 e il 1968, Erodiade fu pubblicata per la prima volta nel 1969 e quindi
rielaborata nel 1984 fino al rifacimento dell’Erodiàs, inclusa nel Corpus dei Tre Lai.
La regia di Sepe firma un’Erodiade ridotta alla sua essenza, privata di ogni orpello scenico,
una messa in scena nuda e feroce, come nudo e feroce è l’animo di Erodiade.
Male eterno che flagella come monito costante di perdizione la specie umana, e creatura
tutta umana, aspirazione permanente e incerta al bene, fragile ferita esposta all’abisso
crudele e insensato della luce, dell’amore. Nell’attimo stesso in cui l’anima cede alla
tentazione del niente, la parola decade, preda del dubbio che si manifesti, per gli umani,
l’inattesa coincidenza tra Dio e una rara e faticosa possibilità d’amore.
sabato 22 e domenica 23 gennaio 2011
prosa
E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO
Tieffe Teatro Milano Stabile di Innovazione diretto da Emilio Russo
in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber
E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
regia Emanuela Giordano
con Maddalena Crippa
pianoforte Massimiliano Gagliardi
coriste Chiara Calderale, Miriam Longo, Valeria Svizzeri
arrangiamenti Massimiliano Gagliardi
coordinamento musicale Arturo Annecchino
Dovunque c'è, un grande sfoggio di opinioni, piene di svariate
affermazioni che ci fanno bene e siam contenti
un mare di parole
un mare di parole
ma parlan più che altro i deficienti.
La vana discussione della sedia da spostare, il mondo che fa male, il soggetto come
persona...
Un percorso d'incanto e batticuore con Maddalena Crippa cantante, attrice, che tiene il
pubblico come in apnea, fra magici silenzi d'ascolto, risonanze di voce, flussi di memoria,
piacere della musica, del teatro, vibrazioni di ricordi, dialoghi poetici con il nostro sentire.
Prima donna che si avvicina all’universo gaberiano per interpretare un repertorio tanto
originale quanto maschile, Maddalena Crippa non si sottrae alla sfida e anzi sottolinea la
novità di un nuovo approccio che passa attraverso un altro punto di vista, un'altra sensibilità.
La grande interpretazione di Maddalena Crippa ci restituisce Gaber nella sua unicità, nella
purezza del testo, senza alterarlo in alcuna parte: attualissimo in ogni affermazione, ironico e
intellettualmente onesto, il signor G ha sempre centrato i reali interrogativi dell'uomo di oggi.
Ci fa riflettere perché capace di interrogarsi, di scendere nel privato o aprirsi al sociale, di
stare nel presente, riuscendo a decifrarlo e persino ad anticiparlo, mettendosi in gioco in
prima persona in una costante ricerca. Cos'è la realtà, cosa sono i sentimenti e come
scrostarli dalla vernice indelebile con cui li abbiamo dipinti, cosa sono le parole che hanno
riempito il mondo ma perso ogni senso…
sabato 5 e domenica 6 febbraio 2011
prosa
FILOSOFI ALLE PRIMARIE
Procope Studio srl in collaborazione con Kiasma Associazione Culturale
FILOSOFI ALLE PRIMARIE
Partite a scacchi da Platone a Ratzinger
testo Carlo Monaco
regia e adattamento Giorgio Albertazzi
con Giorgio Albertazzi
e la partecipazione di Roberta Caronia
disegno luci Pietro Sperduti
scene Carmelo Giammello
foto Pino Le Pera
sistema di rilevazione acustica Dafral suondvison
Partite a scacchi da Platone a Ratzinger è uno spettacolo/evento in cui Giorgio Albertazzi
trascende i limiti del palco per coinvolgere gli spettatori in un'autentica gara filosofica.
Il suo irrefrenabile estro creativo si unisce alla competenza e alla passione del professor
Carlo Monaco in uno spettacolo in cui, per la prima volta in Italia, il teatro si trasforma in un
torneo di scacchi del pensiero. Questo nuovo format teatrale rompe la routine dei nostri
palcoscenici conservando tutta la grandezza dell'arte della scena; l'interazione tra autore,
attore e pubblico è reale e totale e condiziona il testo nella sua progressione.
Il Maestro del teatro italiano, mattatore indiscusso della sfida, dà corpo e voce a quattro
filosofi tra i più grandi di tutti i tempi, Platone, Protagora, Nietzche e Ratzinger, toccando i
temi del pensiero su cui ogni essere umano si interroga da sempre.
I presenti in sala, come in un'attualissima competizione politica per l'elezione del leader,
scelgono di volta in volta chi passa il turno, decidendo al momento, di sera in sera, a quale
sfida assistere.
Il confronto avviene sulle mosse dei pezzi degli scacchi, che rappresentano i paradigmi
generali delle due concezioni filosofiche prescelte.
Alla fine di ogni partita saranno ancora gli spettatori, grazie agli applausometri diffusi in sala,
a decretare il filosofo vincitore!
sabato 19 e domenica 20 febbraio 2011
prosa
L’ORO DI NAPOLI
Associazione Culturale La Pirandelliana in coproduzione con Diana Or.I.S.
L’ORO DI NAPOLI
dai racconti di Giuseppe Marotta
adattamento teatrale di Armando Pugliese e Gianfelice Imparato
regia Armando Pugliese con
con Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri
e Valerio Santoro, Gianni Cannavacciuolo, Antonella Cioli, Giuseppe De Rosa, Loredana
Giordano, Renato Giordano, Antonio Milo, Lello Radice, Giovanni Rienzo, Luigi e Davide
Santoro
musiche di scena Nicola Piovani
scene Andrea Taddei
costumi Silvia Polidori
luci Valerio Tiberi
L’oro di Napoli, secondo lo scrittore Giuseppe Marotta, è la pazienza, «la possibilità di
rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza».
Tornano sulla scena, con una ricomposizione totalmente nuova, i racconti che Giuseppe
Marotta dedica, da innamorato, alla sua città nel 1947, storie trasposte sul grande schermo
nell’omonimo film di Vittorio De Sica, che vide tra gli interpreti Sophia Loren, Totò ed
Eduardo De Filippo.
Le musiche del premio Oscar Nicola Piovani insieme alla superba regia di Armando Pugliese
raccontano la Napoli del dopoguerra, in uno spettacolo sarcastico e brillante, in cui le
schermaglie della quotidianità e i paradossi della vita si fanno materia, per uno scenario
spietato della vita dei bassi napoletani. Progressivamente scopriamo gli umori e l’umanità di
chi li abita, personaggi che danno vita ad una coralità dolente e magica di una Napoli che
inganna e seduce, non ancora oltraggiata dal degrado che sembra inarrestabile.
Tra un quadro e l’altro affiorano anche piccole pillole di filosofia, a Napoli l’arma gioiosa e
disarmante per offendere è o pernacchio, che può essere lento o forte, debole o massiccio, e
di fronte alla disperazione, agli imprevisti, di fronte all’eruzione del Vulcano non resta che
adeguarsi ai cambiamenti, altrimenti si fa la fine del capitone a Natale!
sabato 5 e domenica 6 marzo 2011
prosa
SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO
Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, Teatri SPA-Treviso, Teatro Carcano-Milano
in collaborazione con Regione del Veneto, Comune di Venezia, Fondazione Cassa Marca
SE NO I XE MATI, NO LI VOLEMO
di Gino Rocca
regia Giuseppe Emiliani
con Virginio Gazzolo
e Giancarlo Previati, Lino Spadaro, Michele Modesto Casarin, Massimo Somaglino,
Adriano Jurissevich, Andrea Pennacchi, Silvia Piovan, Chiara Saleri, Sandra Mangini,
Ilaria Pasqualetto, Gianmarco Maffei
scene e costumi Ivan Stefanutti
Lo spettacolo è dedicato a Giulio Bosetti
Se no i xe mati no li volemo è senza dubbio il capolavoro teatrale di Gino Rocca, commedia
amatissima dal pubblico e dalla critica fin dal suo esordio sulle scene.
Lo spettacolo racconta la vicenda di tre vecchi amici, ultimi superstiti di una goliardica
associazione che reca il glorioso titolo Se no i xe mati no li volemo, che, per continuare a
godere dell’usufrutto di un palazzo signorile, sono costretti a recitare la parte di giovanotti
spericolati.
Malgrado l’età avanzata e i crucci delle rispettive situazioni personali, i tre decidono di
tornare a fare i matti come ai tempi delle lontane imprese studentesche, nel vano tentativo di
recuperare i loro diritti inseguendo una impossibile giovinezza.
Alla senilità si sovrappone, così, il tema ancora più moderno della finzione, della maschera
da imporre sarcasticamente al vero volto, come forma grottesca di difesa e di deformazione
dell'autentica verità dell'anima.
La commedia, tutta percorsa da brividi di aspra ironia e autoironia; si diversifica, nei ritratti dei
tre vecchi amici, creature sconfitte che si difendono come possono dai colpi del destino:
Bortolo che con la sua grinta feroce nasconde le ferite di una sorte avversa; Piero che in
realtà vive solo nel ricordo del figlio morto in guerra ricorre all’ironia; Momi che, amareggiato
da una difficile situazione famigliare, si rifugia nei suoi sogni.
L’immediatezza del dialetto, il veneto di terraferma, la spontaneità, la fedeltà alla vita di un
linguaggio concreto e colorato spoglia il testo di ogni retorica e di ogni convenzionalità
letteraria.
La delicata poesia di Rocca è spesso mitigata da gustose pennellate umoristiche, in un testo
asciutto, intimistico, dove i sentimenti sono velati, sottaciuti, repressi.
Poeta di una provincia sonnecchiosa e violenta, Gino Rocca, con sincera pietas quasi
cechoviana, ironico scetticismo e sorridente malinconia, contempla e descrive uomini e cose
avvolte nella luce del crepuscolo; in questo caso tre uomini fragili, tre vecchi-bambini, inetti
alla vita, resti anacronistici di una giovinezza scapigliata e impertinente.
sabato 19 e domenica 20 marzo 2011
prosa
VESTIRE GLI IGNUDI
Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna
Teatro Stabile del Veneto
VESTIRE GLI IGNUDI
di Luigi Pirandello
regia Luca De Fusco
con Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Alberto Fasoli, Max Malatesta,
Giovanna Mangiù, Paolo Serra, Enzo Turrin
scene Fabrizio Plessi
costumi Maurizio Millenotti
musiche Antonio Di Pofi
luci Gigi Saccomandi
Ognuno è un’anima nuda e sente il bisogno di rivestirsi con abiti di rispettabilità, di qualità
apprezzate dagli altri, per trovare il proprio posto all’interno della comunità.
Attorno a questo principio, che regola la vita di Ersilia Drei, si svolge la commedia in tre atti
che Pirandello compose nel 1922 e che il 14 novembre dello stesso anno debuttò a Roma.
Ersilia per tutta la vita è sempre stata come la volevano gli altri, non è stata mai per se
stessa.
Dopo le sfortunate vicende sentimentali con il Tenente di Vascello Franco Laspiga, che la
abbandona per un’altra donna, e con il Console Grotti, che approfitta di un suo momento di
debolezza causando tragiche conseguenze, la giovane matura la decisione di togliersi la vita.
In punto di morte concede un’intervista durante la quale si rappresenta e si racconta per
come avrebbe voluto essere, ammantando la sua storia personale di un’aura nobile e
melanconica.
Salvata in extremis, Ersilia ottiene il rispetto e la compassione da parte di tutti, ma non riesce
a reggere il confronto con quella nuova se stessa, diversa, che si era cucita addosso e, per
vedersi restituire l’onore perduto, è costretta a suicidarsi davvero, questa volta con successo.
Le scelte registiche di De Fusco rispecchiano la filosofia sottesa al pensiero di Pirandello
indagando a fondo i personaggi della sua drammaturgia, uomini e donne che hanno
l’esigenza di raccontarsi, di mettere a nudo i propri grovigli interiori, mossi dall’impulso di
autogiustificarsi, di spiegare le proprie contraddizioni… alla ricerca di una improbabile
assoluzione.
L’imponente allestimento scenico, di assoluto rigore formale, dell’artista visivo Fabrizio
Plessi; che incastona l’intero boccascena con una cornice di televisori in bianco e nero, atti
ad isolare dettagli, impudichi primi piani, come in un reality show, in cui persino il dolore
diviene spettacolo, asseconda il disegno della regia intento ad evocare, con drammatici
simulacri della contemporaneità, uno spazio metafisico, metafora, misteriosa, della filosofia
pirandelliana dell’apparire che domina l’essere.
Lirica
sabato 6 novembre 2010
lirica
LA STANZA TERRENA
LA STANZA TERRENA
dramma giocoso in due atti
di Antonio Miari
libretto Piero Beltrame
edizione della partitura a cura di Melita Fontana e Renzo Bez
Orchestra NovArtBaroque Ensemble
direttore Paolo Da Col
regia Giorgio Sangati
costumi Atelier Raptus & Rose
interpreti Chiara Isotton, Elena Filini, Vincenzo Di Donato, Mauro Borgioni
La prima esecuzione assoluta in tempi moderni del dramma giocoso composto nel 1837 da
Antonio Miari è una produzione dell’eccellenza, che mira a custodire e mantenere viva la
memoria musicale della città. Nato a Belluno nel 1778, Antonio Angelo Miari, nobile dilettante
di musica, è stato autore di una vasta produzione musicale che comprende pezzi sinfonici,
da camera, cantate, messe e numerose farse in musica, ma fu proprio il versante operistico
quello che maggiormente lo attrasse e lo impegnò. I suoi prolungati soggiorni veneziani
propiziarono la conoscenza e la frequentazione dei maggiori operisti del periodo, tutti i più
grandi musicisti furono ospiti di Miari, da Mayr a Morlacchi, da Meyerbeer a Mercandante, da
Rossini a Donizetti.
Appartenente al genere del Teatro da Camera, particolarmente in voga tra la fine del
Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, La stanza terrena nelle dinamiche delle due
coppie nobili riproduce in miniatura quelle simmetrie e quei giochi di scambio che si ritrovano
nei drammi giocosi di Salieri e Mozart (Così fan tutte).
Questa importante operazione di valorizzazione e di recupero storico ha consentito di
mettere nuovamente in scena l’opera partendo da un manoscritto autografo, conservato nel
Fondo Miari della Biblioteca Civica di Belluno, e passando, attraverso un processo di
trascrizione, edizione del testo musicale e poetico, studio, orchestrazione, concertazione, all’
allestimento scenico, sotto l’attento sguardo del musicologo bellunese Paolo Da Col.
sabato 18 dicembre 2010
lirica
IL MAESTRO DI CAPPELLA / LA SERVA PADRONA
IL MAESTRO DI CAPPELLA
intermezzo in musica ad un atto
libretto autore ignoto
musica Domenico Cimarosa
Il maestro di cappella Lorenzo Regazzo
Il maestro di cappella, composto all’incirca tra il 1786 e il 1793, è una gustosa parodia di un
compositore settecentesco alle prese con i suoi esecutori: un maestro di cappella sta
provando con la propria orchestra; dichiara di volervi eseguire un’aria in stil sublime,
appellandosi all’autorità degli antichi maestri (che sapevano tanto). Quando finalmente l’aria
inizia, il risultato è disastroso: ogni strumento entra al momento sbagliato, costringendo il
maestro a canticchiare personalmente ogni parte finché ciascun strumentista non l’abbia
imparata. Collaudata con successo la compagine orchestrale, ci si cimenterà in un gran
morceau di sicuro effetto.
LA SERVA PADRONA
intermezzo in due parti
libretto Gennarantonio Federico
musica Giovanni Battista Pergolesi
con Lorenzo Regazzo, Caterina Di Tonno
regia, scene e costumi Guia Buzzi
La serva padrona è un celebre intermezzo buffo rappresentato la prima volta al Teatro San
Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733, quale intermezzo all'opera seria Il prigionier superbo,
dello stesso Pergolesi. I protagonisti sono Uberto, vecchio scapolo scontroso e taciturno, e la
sua giovane e astuta serva, Serpina. Uberto, stanco dei capricci e delle prepotenze di
Serpina, decide di ripristinare i giusti ruoli all’interno della casa fingendo di volersi sposare.
La ragazza, ingelosita, annuncia a sua volta, con la complicità del servo Vespone, il suo
matrimonio con il fantomatico capitan Tempesta. Dallo sgomento provato al sentire
l’annuncio delle nozze, Uberto capisce di essere innamorato di Serpina. Presto il finto capitan
Tempesta si presenta minaccioso a reclamare la dote della giovane, e minaccia Uberto
avvisandolo che in caso di diniego, gli toccherà di sposarla lui stesso. Spinto un po’ dalla
paura e un po’ dall’amore per Serpina, Uberto si lascia estorcere la promessa di matrimonio.
La burla è poi svelata e Serpina, anch’essa innamorata di Uberto, da serva diventa padrona.
con i Sonatori de la Gioiosa Marca
Uno dei più affermati complessi italiani, nato nella città veneta di Treviso, nota nel
Rinascimento come Marca Gioiosa, è composto da artisti che si dedicano da 25 anni
all’esecuzione di musiche antiche su strumenti d’epoca.
Premiati più volte dalla stampa specializzata per le numerose incisioni, hanno ricevuto nel
1996 a Parigi il “Diapason d’or de l‘annèe” per il disco "Le Humane Passioni"con Giuliano
Carmignola e nel 1998 a Venezia il "Premio Vivaldi“ della Fondazione G. Cini per "Balli,
Capricci & Stravaganze".
Danza
sabato 4 dicembre 2010
OTELLO
Balletto di Roma
Ente Nazionale del Balletto
Nella coreografia di Fabrizio Monteverde, l’Otello di Shakespeare,
la tragedia romantica per eccellenza, ha come ambientazione un porto di mare,
scenario che si presta ad incontri passeggeri, fugaci, ma non per questo meno importanti,
in cui non esistono regole da rispettare o da infrangere,
ma in cui tutto funziona da amplificatore per le emozioni e le reazioni umane…
Le grandi capacità tecniche ed espressive del corpo di ballo valorizzano un lavoro
coreografico prezioso nel suo continuo equilibrio tra tradizione e originalità.
Le danze d’amore di Otello e Desdemona, sono tra i duetti più emozionanti regalati dalla
danza contemporanea italiana, gemme preziose di un balletto dalla potente sensualità, dove i
pensieri sono scosse del corpo, dove spiccano la forza e l’eleganza della composizione.
sabato 15 gennaio 2011
LO SCHIACCIANOCI
Accademia Ucraina di Balletto
Teatro dell’Opera della Macedonia
Il Teatro dell’Opera della Macedonia interpreta questo classico del balletto distinguendosi,
oltre che per la qualità tecnica ed espressiva,
anche per l’originalità e la bellezza dei costumi e delle scenografie.
La bellezza de Lo Schiaccianoci risiede proprio nel suo essere una favola danzata,
un magico sogno che può portare a tutti, adulti e bambini, sconfiggere le paure dell’infanzia e
a muoversi liberi e felici, fra fiori che ballano, uccellini che cantano melodiosi,
castelli di marzapane e case di cioccolata, in un mondo senza paure e fatto solo di dolcezze.
sabato 12 marzo 2011
TRITTICO
Aterballetto
Aterballetto è la principale Compagnia di danza in Italia e la prima realtà stabile di balletto al
di fuori delle Fondazioni liriche. Una serie di collaborazioni con coreografi prestigiosi,
compositori, scenografi, pittori, attori, hanno consolidato nel tempo le qualità delle sue
performances. Formata, fin dall’inizio da danzatori solisti in grado di affrontare tutti gli stili,
Aterballetto gode di ampi riconoscimenti anche in campo internazionale: i suoi spettacoli
sono stai applauditi in Europa, Americhe, Medio ed Estremo Oriente.
Per saperne di più …
INIZIO SPETTACOLI ORE 20:45
si raccomanda la puntualità
RINNOVI E PRENOTAZIONE NUOVI ABBONAMENTI
•
da subito al numero telefonico 0437-943303
o tramite e-mail [email protected]
RITIRO presso la biglietteria del Teatro Comunale (0437-940349)
•
•
rinnovo con diritto di prelazione da sab 18 a sab 25 settembre
nuovi abbonamenti da sab 2 a sab 9 ottobre e da giov 21 a dom 24 ottobre
PRENOTAZIONI BIGLIETTI
I
biglietti
sono
prenotabili
al
numero
0437-943303
o
tramite
e-mail
[email protected];
dal 12 ottobre per lo spettacolo Edipo Re e dal 28 ottobre per tutti gli altri spettacoli in
cartellone
ORARI BIGLIETTERIA
La biglietteria del Teatro Comunale (0437-940349) è aperta in tutti i giorni di spettacolo
dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 20:00; per la Stagione di Prosa anche nel giorno
precedente le rappresentazioni
I biglietti prenotati devono essere ritirati almeno un'ora prima dell'inizio dello
spettacolo. In caso contrario la prenotazione risulterà nulla. Si chiede cortesemente di
annullare la prenotazione nel momento in cui si viene a sapere che sarà disattesa
PREZZI
Abbonamenti
PROSA
PROSA+LIRICA
platea/prima gall cx
euro 153,00
euro 193,00
gall laterale
euro 117,00
euro 150,00
loggione
euro 81,00
euro 100,00
Studenti
euro 81,00
euro 100,00
(valido per ogni settore)
DANZA
euro 50,00 intero /
40,00 ridotto*
--St. scuole danza
euro 40,00
* per la Danza l’abbonamento va scelto nei posti di platea e si intende ridotto per gli Abbonati Prosa o
Prosa+Lirica della Fondazione Teatri delle Dolomiti
Biglietti
PROSA
platea/prima galleria centrale
galleria laterale
loggione
biglietto gruppi scuola
intero euro 23,00
intero euro 18,00
unico euro 11,00
unico euro 10,00
ridotto euro 18,00
ridotto euro 14,00
LIRICA
platea/prima galleria centrale
galleria laterale
loggione
biglietto gruppi scuola
intero euro 25,00
intero euro 20,00
unico euro 13,00
unico euro 10,00
ridotto euro 23,00
ridotto euro 18,00
DANZA
Otello
Lo schiaccianoci
Trittico
biglietto gruppi scuola
unico euro 20,00
unico euro 20,00
unico euro 20,00
unico euro 10,00
(valido anche per allievi delle scuole di danza)
Biglietti ridotti: studenti minori di 24 anni, anziani oltre i 65 anni, diversamente abili.
Gli eventuali accompagnatori dei diversamente abili hanno diritto ad un biglietto omaggio.