Stagione del Teatro Contemporaneo 2009/2010 organizzata da

Stagione del Teatro Contemporaneo 2009/2010
organizzata da Akròama
PROGRAMMA
5 e 6 novembre ore 21
Lucido Sottile
"Luce Buia - Cyber porn"
di Michela Sale Musio e Tiziana Troja
Il cast
Interpreti Tiziana Troja, Michela Sale Musio e con la partecipazione straordinaria di Francesca
Palmas nel ruolo di se' stessa,Musiche originali di Davide Sardo, Manuel Carreras e Sikitikis,
Trucco ed effetti latex Giuseppe Cannas, Costumi Filippo Grandulli e Salvatore Aresu, Scenografie
Daniele Coppi, Motion Graphics Jeremy Stewart, Foto di scena Michelangelo Sardo ,Responsabile
di produzione Rossella Serri, Assistente alla regia Adriana Cavargna, Ideazione, Regia e
Coreografia Tiziana Troja Michela Sale Musio.
Un viaggio tra corpo e tecnologia.
Questo spettacolo vuol essere un intrigante viaggio sulla relazione esistente tra corpo e tecnologia.
La tecnologia, come l’arte, è inevitabilmente un riflesso della società che la produce. Non si tratta
pertanto di un fenomeno neutrale, e nemmeno incontrollabile, ne di una forza autonoma a se stante,
come sono soliti rappresentarla alcuni tecnofili. La tecnologia viene prodotta e si sviluppa secondo
modelli sociali ed è riflesso di un sistema economico che regge equilibri di vita e interagisce in
maniera dinamica con le popolazioni. Ben lontana dai nostri desideri è la volontà di stigmatizzare la
tecnologia come sintomo di una società decadente e malata, al contrario intendiamo approfondire il
curioso rapporto che si è creato tra la fisicità umana e l’apparato tecnologico, e di come questo
rapporto sempre più sia presente nella vita, nella quotidianità, nella sessualità degli esseri umani.
Quelle che ci interessano dunque, sono le tecnologie cosiddette cyborg, ovvero quell’ampia gamma
di tecnologie bioniche (inserimento di dispositivi e strumenti di controllo meccanici ed elettronici
nel corpo) destinate a riparare, accrescere e migliorare il nostro fisico. L’uso e l’abuso delle
tecnologie ha trasformato la nostra specie, ha sviluppato in noi nuove attitudini, che ci hanno
permesso di avere condizioni di vita e di lavoro straordinarie, modificando la “programmazione”
del nostro cervello, con quelle dinamiche di assimilazione e accomodamento che ben conosciamo,
creando nuove strutture comportamentali che si sono sviluppate e tramandate con la memoria dei
geni. Tutto questo è accaduto secondo un disegno evolutivo che non è difficile da individuare se si
guarda la storia sociale e tecnologica dell’uomo, che ha reso inevitabile la transizione da una società
umana a una “postumana” e i processi che stanno trasformando l'uomo in un essere strutturato dalla
tecnologia.
Fulcro centrale dello spettacolo sarà dunque la relazione tra carne, anima e computer. Tematica,
negli anni sviluppata, trascesa, elaborata ed ampiamente digerita, soprattutto dalle società che più
fanno uso della tecnologia (vedi le cybergirl giapponesi, erotici e inquietanti sextoys biomeccanici).
Claudia Springer ha scritto: «La tecnologia non è sessuata; al contrario, le rappresentazioni della
tecnologia spesso lo sono». Per la tecnologia, cosi come per una certa spiritualità tipicamente legata
all’occidente cattolico, passa la rinuncia ai “piaceri della carne”. Così come il santo, per
raggiungere l’intelligenza divina, abbandona il mondo delle sensazioni fisiche (sottomettendosi ad
una varietà di castighi paradossali) e nella tortura e nell’umiliazione scopre un nuovo modo di
intendere il piacere, così il cybernauta che si abbandona all’asettico sfolgorio dei monitor, trascende
il piacere della carnalità e ascende in un opposto illusorio, dove la sessualità si rivela in una nuova
gamma di feticci cyborg su quali proiettare le proprie brame erotiche insoddisfatte.
La messa in scena.
Uno dei punti imprescindibili della poetica della compagnia è la volontà precisa di coinvolgere un
pubblico che nel tempo è inevitabilmente cambiato; abbiamo a che fare, da sempre, con un pubblico
molto eterogeneo, un pubblico che si confronta quotidianamente con una vita accelerata. Pensiamo
che oggi, la scelta del teatro sia dettata molto dalla volontà di vivere un coinvolgimento sensoriale,
che invece si perde con i media, gli stessi media che fanno parte della vita quotidiana e che filtrano
immagini ed emozioni attraverso uno schermo. Riteniamo dunque che lo spettatore odierno, che si
avvicina al teatro, scelga di avvicinarsi alla fisicità dell’emozione ed abbia bisogno di una storia non
filtrata, è per questo che la maggior parte dei nostri spettacoli cercano il più possibile di rendere
parte attiva ed integrante, lo spettatore stesso.
Le collaborazioni.
Lo spettacolo si avvale di preziose collaborazioni, la prima è quella con l’affermato Regista Graphic
desiner australiano Jeremy Stewart, che ha realizzato l’allestimento scenografico ed
illuminotecnico, con la regia, il montaggio e l’editing dei video, che verranno utilizzati come
scenografia e luci per tutto lo spettacolo. Sarà parte dello spettacolo una vera e propria installazione
di video che verranno proiettati su tutto lo spazio, così che l’uso del video, non diventi quella
meccanica sterile di proiezione su uno schermo, che ben conosciamo, ma siano fasci di luce
avvolgenti proiettati in ogni angolo, che non confondano lo spettatore, destando l’attenzione solo
sullo schermo, ma lo coinvolgano e lo “avvolgano” come un tessuto impalpabile, una pioggia
leggera, come una realtà virtuale che si muove su tutto lo spazio. Prosegue lo spettacolo, sulle
elaborazioni musicali di Davide Sardo, collaboratore prezioso, che da anni ha sposato la poetica
spregiudicata della compagnia, sul palco una bellissima cyborg che ha perso i tratti sensuali e
femminili, ma ciò nonostante, si esibisce in una performance ai limiti, in cui carne e cibernetica si
fondono e danno sfogo ad un virtuoso e sensuale pezzo acrobatico. Le preziose installazioni in
lattice realizzate da Giuseppe Cannas, a metà tra trucco, costume e scenografie, insieme ai
complessi calzari faranno di questa performance un insolito momento borderline in cui l’esibizione
virtuosa sarà in grado di offrire un vero momento di trasporto, coinvolgendo ed emozionando. Lo
spettacolo si chiude destando l’attenzione degli spettatori sul complesso rapporto tra tecnologia e
fisicità, ed invitando alla semplice riflessione spoglia da qualsiasi giudizio o pregiudizio.
Musiche, costumi e light design.
La musica realizzata ed elaborata da Davide Sardo sarà il filo conduttore di tutto lo spettacolo, una
musica d’avanguardia che non disdegna l’elettronica e certe sonorità della commedia sexy italiana
(si veda Piero Umiliani). Con un mix di sapori travolgente, la musica terrà le fila dell’azione
performativa, sia essa la pioggia di video che l’attività dentro e fuori dal palco. Per i costumi e
potremmo dire, anche per parte dell’allestimento scenico (il costume sarà anche scenografia)
abbiamo chiesto la collaborazione ad un vero professionista del lattice e degli effetti speciali,
Giuseppe Cannas, sbarcato nella sua terra d’origine dopo 15 anni di intenso lavoro all’estero, con le
più grandi case di produzione cinematografica, vanta un curriculum che rispecchia perfettamente la
reale professionalità e passione per il suo lavoro. I costumi saranno quasi dei nudi arricchiti da
protesi cibernetiche e dalle incredibili calzature realizzate da Filippo Granddulli, che renderanno la
fisicità dei performer e dei danzatori, intrigante, asettica e sensuale.
26 e 27 novembre ore 21
Teatri di Vita
"Non io"
di Samuel Beckett
regia Andrea Adriatico
Il cast.
Con Francesca Mazza. Aiuto regia Daniela Cotti. Costumi Isabella Sensini. Scene Andrea Cinelli
con la collaborazione di Giovanni Marocco. Fotografia Raffaella Cavalieri. Tecnica Giovanni
Marocco. Produzione esecutiva Saverio Peschechera con Maria Concetta Mercuri e Monica Vicoli.
Lo spettacolo.
In Non io, la protagonista è semplicemente una Bocca illuminata da un riflettore. L'inazione è
portata alle estreme conseguenza, gli unici movimenti, quattro durante tutto l'arco del monologo,
sono affidati a un Auditore, di sesso indefinito che ascolta le parole della Bocca.
La storia.
Scritto da Beckett nel 1972, Non io è il monologo convulso di una donna che vive ai margini della
società e rievoca in maniera sconnessa la propria squallida storia parlando di sé in terza persona.
Beckett prevede che a interpretare il testo sia una Bocca, unico dettaglio visibile della donna, del cui
delirio è testimone un misterioso Auditore. Adriatico ne compie una rilettura personale, nella fedeltà
del testo, aprendo l'interpretazione a nuove prospettive, coadiuvato dall'intensa prova attorale di
Francesca Mazza. Beckett come non si è mai visto prima. A riproporre un classico del teatro
contemporaneo in una prospettiva completamente orginale e diversa dal solito è Andrea Adriatico,
in tre diversi spettacoli e in compagnia di tre primedonne protagoniste delle singole pièces: Angela
Baraldi in "Dondolo", Francesca Mazza in "Non io", Eva Robin's con Gianluca Enria in "Giorni
felici". I tre testi scelti da Adriatico per questo trittico beckettiano mettono in luce personaggi
femminili sospesi tra la memoria e lo stallo. Ma il regista ricompone questi classici della scrittura
"dell'assurdo" in maniera nuova, collocandoli in suggestive ambientazioni e dando loro un senso
nuovo, nascosto nel testo ma finora mai esplorato. In Non io la protagonista, interpretata da
Francesca Mazza, ricostruisce a fatica il suo passato in un puzzle di parole, raccontandosi in terza
persona e cercando di ricostruire la propria identità perduta di "bocca" parlante con un corpo da
ritrovare.
Il regista e la protagonista.
Andrea Adriatico è tra i registi teatrali più singolari della generazione degli anni 90. Nato all'Aquila
nel 1966, nel 1989 crea il suo primo lavoro come autore e regista: le ceneri di beckett. Due anni più
tardi diventa regista residente di Santarcangelo dei Teatri. Contestualmente nel 1991 dà vita alla
compagnia :riflessi e nella stagione 1992/93 fonda un nuovo teatro a Bologna: Teatri di Vita-Centro
Internazionale per le Arti della Scena. Come regista teatrale ha realizzato spettacoli affrontando
autori come Koltès, Pasolini, Mishima, Cocteau, Copi, e ha presentato i propri lavori in Italia e
all'estero. Nel 2007 dirige a Venezia Le serve di Goldoni, produzione dalla Biennale Teatro. Andrea
Adriatico è anche regista cinematografico. Il suo primo film Il vento, di sera (2004) ha debuttato al
Festival Internazionale del Cinema di Berlino, il suo secondo film All'amore assente (2007) è invece
stato presentato al London Film Festival e ha vinto il Premio della Giuria al festival di Annecy.
Francesca Mazza. Attrice protagonista del teatro contemporaneo italiano, ha lavorato a lungo con
Leo de Berardinis con il quale ha fondato il Teatro di Leo negli anni 80, partecipando a numerosi
spettacoli, fra cui Totò Principe di Danimarca e Il ritorno di Scaramouche. Ha lavorato, tra gli altri,
con Alfonso Santagata, Raul Ruiz, Fernando Solanas, Jacques Lassalle, Julie Ann Anzilotti e Fanny
& Alexander. Con la direzione di Andrea Adriatico ha interpretato Madame de Sade, Le quattro
gemelle, Donne. Guerra. Commedia, Il ritorno al deserto e il film Il vento, di sera. Nel 2005 ha
vinto il Premio Ubu come migliore attrice non protagonista.
La critica. Massimo Marino: “È un Beckett luminoso, quello di Andrea Adriatico.. In Non io si
dovrebbe percepire solo una Bocca che sputa frasi a velocità impressionate (l'autore fece stringere i
tempi da 20 a 12 minuti nell'edizione inglese). E invece il regista chiude Francesca Mazza in una
prigione trasparente, su un verde prato. All'inizio è intabarrata in una specie di burqa che lascia
vedere unicamente i piedi e la bocca. Sarà liberata più avanti, ma non dal peso delle parole, che
scorrono per 40 minuti, sottolineate e dilatate con lunghe pause, in una scansione quasi sofferta,
immedesimata e distante, a rievocare anni di mutismo, di vita non vissuta o guardata dall'esterno e
l'improvviso bagliore di una pentecoste della solitudine”. Renato Palazzi: “Alla ricerca di un
presunto abbandono sensuale, Adriatico punta su una recitazione sottotono, sussurrata,
esageratamente introspettiva: trasformando dunque Non io in una discesa nella psiche….., fa il
contrario di quanto l'autore ha inteso scrivere, riduce a storie personali, private, laddove le figure
beckettiane si affannano in genere a parlare "in nome dell'umanità".
3 e 4 dicembre ore 21
Katzenmacher
"Anime nere"
regia Alfonso Santagata
Compagnia Katzenmacher.
Animenere, commedia black-noir. Elaborazione e regia di Alfonso Santagata. Liberamente tratto da
“Di questa vita menzognera” di Giuseppe Montesanto.
Il cast.
Alfonso Santagata, Antonio Alveario, Donatella Furino, Rossana Gay, Johnny Lodi, Daria
Panettieri, Massimiliano Poli. Assistente alla regia Barbara Weigel. Direzione tecnica Tommaso
Checcucci. Tecnico di palcoscenico Francesco Margarolo. Amministrazione Rita Campinotti.
Organizzazione Franco Coda.
Lo spettacolo.
Le Anime Nere si possono incontrare, ma subito spariscono. Sono come delle apparizioni, insicure,
si nascondono, fino al giorno del loro”debutto” che può essere in un ufficio, in televisione,in un
grande palazzo di governo, in un basso napoletano. Riempiono, svuotano, distruggono, si
moltiplicano… Dopo il “debutto” le Anime Nere non si nascondono più, sono tante, non c’è più
quella insicurezza prima del debutto, adesso sono sicuri e forti. Sono la maggioranza, prendono
sempre la strada giusta e cavalcano il cavallo giusto al momento giusto; sanno cantare, sanno
ballare, sanno recitare, se la situazione lo richiede si spogliano, non conoscono il sentimento della
vergogna. Ormai sicuri di sé non si nascondono più; anzi si mostrano, come il nuovo modello di
vita da imitare. Ti fanno sognare, ti fanno sperare, hanno idee chiare, ti fanno viaggiare… La
famiglia Belmondo é capostipite delle Anime Nere; è diventata in pochissimo tempo una potenza
economica e politica; avanguardia da emulare. Il loro successo ha creato uno stile di vita disinvolto
e agguerrito, non amano le regole in generale, ma solo le proprie, non conoscono ostacoli, non
hanno nemici, predicano amore e convivenza a tutti, inneggiano a un futuro strabiliante di benessere
per tutti. In poco tempo, ma con tanto lavoro, occupano i posti importanti del potere e
quotidianamente senti le loro massime:
Le frasi.
“Noi chiediamo poco, solo la vostra fiducia e questo paese risorgerà dalle ceneri, realizzando i
vostri sogni che sono anche i nostri, trasformeremo questo paese in un paradiso”. “L’era della
felicità è arrivata e c’è posto per tutti pure per gli oppositori, noi siamo per la libertà, il benessere, la
prosperità”. “…Ormai la politica è finita, la storia è finalmente tramontata…abbiamo detto addio
alla violenza…non dovete temere più nulla, perché è cominciato il millennio felice dell’individuo”
Il regista.
Una famiglia di Anime Nere che ormai fa spettacolo, vive in proscenio, illuminata da quarzine
rosse, gialle e livide; si spostano solo per origliare e spiare; appena possono tornano alle quarzine
colorate da proscenio. Per Animenere, così come nel caso di altri miei spettacoli, ho lavorato per
tappe di avvicinamento alla struttura finale del lavoro; tre tappe con Armonia-Costa degli Etruschi,
Teatro Metastasio di Prato e Puntacorsara con Fondazione Campania dei Festival.
Alfonso Santagata
giovedì 17 e venerdì 18 dicembre
17 e 18 dicembre ore 21
Teatro Libero
"Manhattan Medea"
di Dea Loher
regia Beno Mazzone
Il cast.
Interpreti: Cast in definizione. Costumi Lia Chiappara. Musiche Antonio Guida. Produzione Teatro
Libero Palermo onlus, Teatro Stabile d’Innovazione della Sicilia. Scena, traduzione e regia Beno
Mazzone.
Una Medea di oggi e di ieri.
Il mito di Medea esiste da sempre. Moltissimi autori di ogni paese e lingua hanno riscritto la propria
Medea e moltissime compagnie hanno scritto sulla scena la propria Medea con attori e attrici che
hanno fatto rivivere il mito per una riflessione hic et nunc. Ed il teatro deve avere questa capacità e
funzione, se lo si vuole considerare tale.
Dea Loher.
Da pochi anni, Dea Loher ha scritto la sua Medea e l’ha ambientata in quello che è il simbolo della
cultura e della società occidentale, una Manhattan del xx secolo, senza precisarne esattamente gli
anni. Lì ritroviamo una coppia di clandestini provenienti dai Balcani, che si chiamano Medea e
Jason, un nome che nel suono stesso della pronuncia diventa americano, il giorno prima delle nuove
nozze fra quest’ultimo e Claire, la giovane figlia di un altro rifugiato, ormai ben radicato da molto
tempo, che ha fatto fortuna e tanto denaro: Sweatshop-boss (che si potrebbe tradurre:il Signor
Sanguisuga). Si trattano gli affari di cuore come se fossero solo affari commerciali e si fanno delle
ipotesi di convenienza per ciascuno degli interessati tranne che per Medea che dovrebbe accettare
condizioni imposte e soprattutto perdere il proprio amato ed il proprio bambino. Gli elementi della
storia ci sono tutti: la fuga degli amanti, la morte del fratello, e la vendetta crudele di Medea. Ma
tutto si svolge davanti la ricca casa della 5° Strada, sul marciapiede dove Medea attende Giasone ed
il suo bambino per ricostituire la sua famiglia. La conclusione della storia la si può immaginare
secondo la memoria che si ha del mito. Ma Dea Loher, giovane autrice tedesca, riserva una
conclusione che è giusto non svelare in questa breve presentazione.
Beno Mazzone
Dea Loher.
Nasce a Traunstein (Germania) nel 1964. Suo padre è una guardia forestale. Studia germanistica e
filosofia presso l’Università degli Studi di Monaco di Baviera. Dopo la laurea, conseguita nel 1988,
Dea Loher trascorre un anno in Brasile. Nel 1990 si iscrive all’Università delle Arti di Berlino,
frequentando il corso di laurea in scrittura scenica con i professori Heiner Müller e Yaak Karsunke.
Un anno dopo, la sua prima pièce Olgas Raum (trad. lett. La stanza di Olga) viene già rappresentata
in prima assoluta sul palcoscenico dell’Ernst Deutsch Theater di Amburgo. Attualmente Dea Loher
vive e lavora a Berlino.
28 e 29 gennaio ore 21
Nani
"Toni Ligabue"
di Cesare Zavattini
con Vito per la regia di Silvio Pieroni
Il cast. Scenografia Giuseppe Laronga – Wolf; costumi Rosanna Pellicciari. Musica a cura di
Andrea Marcolini; organizzazione Giulia Ogrizek. Un ringraziamento particolare all’ Archivio
Zavattini e alla biblioteca Villa Mercede Roma
Lo spettacolo.
Sono davvero poche le figure di artisti e intellettuali italiani che abbiano saputo travolgere con la
loro lucida utopia ogni convenzione, correndo incontro a un'ossessione e a una speranza. Se di
Pasolini, con mille equivoci e tentativi di strumentalizzazione, si conosce (quasi) tutto, di Cesare
Zavattini si sa davvero poco o niente. Anzi, meno di niente. Neutralizzato con l'etichetta di
"umorista", o tutt'al più di sceneggiatore neorealista di De Sica, Zavattini è stato ricondotto dentro
quella camicia di forza che lui stesso aveva indossato nell'indimenticabile e intensa interpretazione
del film La veritàaaa. Nel racconto in versi scritto per il famoso libro dell’editore Ricci (1967),
Cesare Zavattini confessa intrepidamente il disagio che gli procurò la figura di Antonio Ligabue le
poche volte che ebbe occasione d’incontrano. Sempre respinto ai margini della società, zingaro ed
eretico per eccellenza, il pittore di Gualtieri fu riscoperto dopo la sua morte come la più forte voce
poetica della Padania, come una specie di sciamano e perfino come produttore di ricchezza
attraverso quadri spesso ceduti per un piatto di minestra. Nasce così uno spettacolo che sa miscelare
sapientemente forme e stili esteticamente diversi, soprattutto grazie ad una ricerca linguistica. Per
un’opera in cui la parola è così centralmente rilevante,dunque, si impone una messinscena
minimalista. Uno spettacolo leggero nel senso calviniano del termine ma pieno di emozioni, musica
e parole quelle di Zavattini che porteranno a rivivere attraverso l'universo teatrale il sorprendente
genio pittorico di Ligabue .
Antonio Ligabue.
(1899), fin dalla più tenera età Ligabue ha avuto un’esistenza difficile. Figlio naturale di un’italiana
emigrata, ha sempre ignorato il nome del padre. Nel 1900 viene affidato ad una coppia di svizzeri
tedeschi; non verrà legittimata la sua adozione, ma il bambino si legherà moltissimo alla matrigna,
con un insolito rapporto di amore e odio. Nel 1913, dopo aver superato solo la terza elementare,
entra in un collegio per ragazzi handicappati, dove si distingue subito per l’abilità nel disegno e la
cattiva condotta. Nel 1917 è curato per qualche mese in una clinica psichiatrica e qualche anno
dopo è espulso dalla Svizzera su denuncia della madre adottiva e ritorna in Italia dove vive come
vagabondo, continuando però a disegnare e a creare piccole sculture con l’argilla. Viene poi
scoperto (1927-28) ed aiutato da Mazzacurati, pittore e scultore. Nel 1937 viene internato in un
manicomio in "stato depressivo", da cui esce per l’interessamento dello scultore Mozzali. Durante
la guerra fa da interprete alle truppe tedesche ma, per aver percosso con una bottiglia un soldato
tedesco, nel '45 viene nuovamente internato. Nel '48
viene dimesso; i critici e i galleristi cominciano ad occuparsi di lui. Iniziano anni durante i quali
lentamente la fortuna sembra volgere a suo favore. La sua fama si allarga, la sua attività pittorica
subisce un netto miglioramento. Vince premi, vende quadri, trova amici che lo ospitano, si girano
film e documentari su di lui. Ligabue rimane però lo stesso, anche se viene identificando nelle
automobili, dopo la passione per le motociclette, il segno di un raggiunto prestigio sociale, con
forme maniacali (vorrà un autista, che si tolga il cappello, aprendogli la portiera della macchina per
salire). Nel 1962 viene colpito da paresi, continua comunque a dipingere, ma nel 1965 muore.
Cesare Zavattini.
(Luzzara, 1920) Scopre la sua vocazione letteraria, comincia a collaborare a numerose riviste, inizia
una produzione di opere narrative di grande valore e di particolare significato nel panorama
culturale e artistico italiano. Nel 1930 si trasferisce a Milano e dirige per Rizzoli tutti i periodici
dell’editore. Nel 1939 conosce Vittorio De Sica è l’inizio di un’amicizia che li vedrà in tutti gli anni
’50 protagonisti della stagione d’oro del neorealismo, con Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a
Milano, Umberto D. Zavattini lavora anche con altri grandi registi del cinema italiano e
internazionale (Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Pietro Germi, Luchino Visconti). Di
particolare rilevanza nella sua vita anche la lunga presenza a Cuba, da dove lo chiamano per
collaborare alla nascita del nuovo cinema dopo la rivoluzione. Tra l’80 e l’82 Zavattini scrive,
dirige e interpreta il film La veritàaaa, la sua prima e unica regia. A quest’opera affida il messaggio
morale e poetico di tutta una vita. Zavattini è morto a Roma il 13 ottobre 1989, ed è sepolto a
Luzzara.
Stefano Bicocchi in arte Vito.
Si forma alla scuola di Teatro Bologna di Alessandra Galante Garrone; i suoi compagni sono
Patrizio Roversi e Siusy Blady; con loro ed i Gemelli Ruggeri parteciperà, col personaggio Vito che
era tutta mimica e senza parola, alla formazione del Gran Pavese varietà, spettacolo cult degli anni
ottanta che si teneva al circolo pavese di via del Pratello di Bologna. Stesso gruppo che approda in
televisione dove segna la strada ai varietà comici degli anni ottanta con Gran Paese varietà voluto
da Gianni Minoli e soprattutto Lupo solitario, Matrioska e Araba fenice con Antonio Ricci e
Mediaset che hanno segnato il percorso della comicità televisiva degli anni a venire. Vito da
personaggio muto passa negli anni novanta con uno spettacolo fortunato dal titolo Se perdo te alla
parola; lo spettacolo di recente riproposto nei teatri italiani, segna il percorso legato alla poetica
della bassa con personaggi ispirati alla lunarietà di quelli descritti da Guareschi, Zavattini e Fellini;
gli spettacoli, sempre in coppia con Francesco Freirye e Daniele Sala come autori, sono Don
Chisciotte o la vera storia di Guerino e suo cugino con Enzo Iacchetti e salone Meraviglia con
Antonio Albanese e Tita Ruggeri. Attraversa il cinema proprio partendo da Fellini con La voce della
luna e poi inizia un sodalizio con Alessandro Benvenuti col quale gira diversi film tra i quali Ivo il
Tardivo per il quale viene candidato come miglior attore non protagonista al Ciak d’Oro. Entra
anche nella poetica di Luciano Ligabue con un cameo in Radio freccia. Poi è coprotagonista nel
film di Claudio Bisio Asini . La poetica della bassa continua con lavori di grande impegno e
notevole successo quali Bertoldo primo testo rappresentato a teatro da Giulio Cesare Croce e Don
Camillo da Guareschi con Ivano Marescotti che lo hanno portato nei maggiori teatri d’Italia con
grande successo di pubblico e critica. Di recente è tornato alla tv con un personaggio che gli
appartiene in Bulldozer su Rai Due con Enrico Bertolino e Federica Panicucci e ha dato vita ad un
progetto con Raisat Gambero Rosso Channel alla passione da sempre della cucina con Invito a
cena; è impegnato sempre in teatro nel grande progetto di rappresentare Miracolo a Milano da
Zavattini insieme a Lorenzo Salveti già regista di Don Camillo che portò in scena nella stagione
teatrale del 2005.
Silvio Pieroni.
Regia degli spettacoli “Perché… il fuoco non muore” di Francesco Niccolini con Daniela Poggi;
“Prometeo male incatenato” di A. Gide; “Amore e Psiche” da Apuleio con Terry Paternoster; “Lo
Stato D’Assedio” di A. Camus; “Ubu Cornuto” di A. Jarry; “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo;
“Calapranzi” di Harold Pinter; “Bash” di Neil La Bute; direttore Artistico con Stefano De Sando del
festival Capalbio Poesia; messa in scena delle letture poetiche “Ti invito al Viaggio” e dell’
“Antologia di Spoon River” di E. L. Masters con la partecipazione di: Massimo Dapporto Daniela
Poggi Franco Castellano Stefano De Sando; “Dante” con la partecipazione di Arnoldo Foà
Giuseppe Pambieri Marina Tagliaferri Stefano De Sando; “Le piccole cose di pessimo gusto” con la
partecipazione di Alessandra Gassman , Valeria Valeri , Marina Tagliaferri , Stefano De Sando;
“Partitura musicale per banda futurista” con la partecipazione di Antonello Fassari , Massimo
Venturiello , Francesco Pannofino , Stefano De Sando.
11 e 12 febbraio ore 21
Akròama
"La creatura"
-quando noi morti ci destiamo di Lelio Lecis
da Henrik Ibsen
Il cast.
Interpreti: Lea Karen Gramsdorff, Simeone Latini, Rosalba Piras, Tiziano Polese. Costumi: Marco
Nateri. Direzione tecnica: Lele Dentoni. Assistente alla regia Vanessa Podda. Responsabile di
produzione e direzione generale: Stefanie Tost. Spazio scenico, luci e regia: Lelio Lecis
Lo spettacolo.
Quando noi morti ci destiamo è stato pubblicato nel 1899 e rappresentato a Stoccarda il 26 gennaio
1900. E’ l’ultima opera del drammaturgo ed è l’estrema meditazione su se stesso e sulla propria
arte, attraverso il personaggio di un famoso scultore ormai anziano che scopre di aver sacrificato
l’amore all’arte e l’arte stessa al successo in una catena di atti d’assoluto egoismo. Lo scultore è
diventato famoso in tutto il mondo principalmente per una sua scultura sulla resurrezione. La
scultura rappresenta una giovane donna che si libra verso il cielo da un piedistallo che sembra la
terra popolata da esseri umani simili a bestie. Proprio il piedistallo sarà il motivo del suo successo.
Il piedistallo quindi e non la sua opera immortale. Il rapporto strano tra lo scultore e la modella
porta quest’ultima ad una sorta di follia che la farà scappare in giro per il mondo dove avventure
pericolose la porteranno alla morte. Tornerà da morta per trascinare con sé lo scultore che aveva
tradito il suo spirito dando più importanza al piedistallo e non alla sua figura.
25 e 26 febbraio ore 21
Teatro dell'Istante
"Chi ha ucciso Oscar Wilde?"
un delitto senza importanza
con Alessandro Fullin, Anna Meacci, Filippo Pagotto
di Alessandro Fullin
Il cast.
Con Alessandro Fullin, Anna Meacci e Filippo Fagotto. Costumi di Agostino Torchietto. Creazione
copricapi di Lucio Antonucci. Elementi scenograficidi Michele Siconolfi. Musiche originali di
Enrico Messina. Produzione Stefano Mascagni/Roberto Piana. Regia Roberto Piana.
Com’è noto Oscar Wilde, il celebre scrittore irlandese che scandalizzò con le sue commedie la
società vittoriana, morì di malattia a Parigi nel 1900 in una stanzetta d’albergo quasi sordida,
circondato da pochi amici e probabilmente da molti debiti.
Lo spettacolo.
Il testo della commedia di Alessandro Fullin parte da qui ma contraddice subito la verità storica
immaginando che Wilde venga invece assassinato durante un party in cui sono stati invitati i più
famosi personaggi delle sue commedie. Ipotesi pirandelliana dunque che pone da subito la
domanda: chi ha ucciso Oscar Wilde? E perché? Siamo in Scozia, nella residenza di Lady
Windermere e la vicenda si colora subito di giallo e quindi molti bassotti, capellini Principe di
Galles, lenti d’ingrandimento, la solita armatura, due fantasmi, otto donne e un indizio. A condurre
le indagini la non certo acuta Lady Bracknell che naturalmente interroga tutti i convenuti, una poco
raccomandabile combriccola di presunti assassini: la romantica americana, la madre pragmatica, il
canonico un pò gay, la governante assai ninfomane, il dandy sculettante, il tutto naturalmente
condito dai migliori aforismi di Wilde.
Gli interpreti.
A dare vita al tutto l’indiscusso talento comico di due artisti di rango quali Anna Meacci e Fullin
stesso che, coadiuvati da Filippo Pagotto e sempre sorretti da un testo raffinato ma accattivante ed
un travolgente ritmo registico, cambiano – velocissimi - abito ed umore, svolgendo tra mille colpi di
scena le sorprendenti indagini. Finale a sorpresa, con nuove citazioni e un altro morto illustre.
18 e 19 marzo ore 21
Deutsches National Theater Weimar
"Gefahrliche menschen"
di Jorg-Michael Koerbl
regia di Claudia Meyer
L’autore.
“In questo mondo disgustoso Georg vorrebbe scrivere poesie…. I genitori e una coppia di loro
amici, ossessionati dal sesso e carichi dei problemi tipici da borghesi lo disgustano. Specialmente
un editore ubriacone, clamorosamente fallito. Ma se tutto questo potrebbe essere anche vagamente
sopportabile – non lo è il loro disprezzo verso la sua amata Antonia. Lei o Georg o entrambi hanno
l’idea di punire queste persone profondamente.”
Joerg-Michael Koerbl
Lo spettacolo.
L’autore di bestseller Bernhard, alle prese amorose con una attrice nella sua casa per il weekend,
immerso tra boschi e laghi, viene colto in flagrante dalla moglie, dal suo amante, da suo figlio con
nuova fidanzata e da un vecchio amico, influente critico. Dopo un momento di comprensibile
imbarazzo si cerca una soluzione, ma a causa del troppo alcol si viene a creare una situazione
ancora più esplosiva. Il figlio di Bernhard, Georg, che riesce a sopravvivere a questa situazione
corazzato solo dalle sue poesie, e Antonia, la sua fidanzata, osservano questo fornicare da lontano.
Ma non riescono ad tenersi fuori da questa spirale di ignoranza, offese reciproche, smascheramento
di bugie incrostate da anni…
Joerg Michael Koerbl, oltre che autore ha lavorato anche come attore (tra altri al “Deutsches
theater” e alla “Volksbuehne”, entrambi a Berlino), come drammaturgo e faceva parte del giro di
Heiner Mueller, oltre a numerosi testi teatrali ha scritto anche testi per spettacoli radiofonici e
lavora inoltre come traduttore. Dopo anni di permanenza in Martinique attualmente vive e lavora a
Berlino. “Gefaehrliche menschen” (esseri umani pericolosi) è datato 1984. il linguaggio è,
nonostante l’empatia per ogni personaggio, sobrio e crea immagini che vanno ben oltre i temi
trattati.