programma di sala

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Teatro Accademico
Statale Mossovet
Venerdì 27, sabato 28 novembre 2009 ore 20.30
Domenica 29 novembre 2009 ore 15.30
Teatro Ariosto
Centro di Produzione di Andrei Konchalovsky
Teatro Mossovet Mosca
ZIO VANIA
Scene di vita di campagna
di Anton Čechov
con
Alexander Filippenko Alexander Serebrjakov, professore in
pensione
Natalia Vdovina (Teatro ‘Satyricon’) Elena Andreevna, sua moglie
Yulia Visotskaya Sofia Alexandrovna (Sonia), figlia di primo letto di
Serebrjakòv
Irina Kartasceva Vojnitskaja Maria Vasileevna, vedova di un
consigliere segreto, madre della prima moglie del professore
Pavel Derevyanko Voinitskij Ivan Petrovič (Vania), suo figlio
Alexander Domogarov Astrov Mikhail Lvovič, medico
Alexander Bobrovski Teleghin Ilya Ilyič, possidente impoverito
Larissa Kuznetsova Marina, la vecchia balia
Olga Suchareva Vera Petrovna, la madre di Sonia
regia e scenografia Andrei Konchalovsky
costumi Rustam Chamdamov
musiche Eduard Artemyev
disegno luci Andrei Izotov
progetto della scenografia Lubov Skorina
assistente regista Alexander Aronin
aiuto regista Elena Lobanova
tecnici delle luci Oleg Fonkats, Pavel Taran
tecnici del suono Herman Lakovscikov, Oksana Ilyina
sarte Elena Vasenkina, Natalia Kalmykova
attrezziste Ecaterina Dergunova, Margarita Makarčuk,
Marina Vasilieva
truccatori Nadezhda Anpilova, Olga Terechova
attrezzeria Natalia Bakuniceva, Ludmila Kalenova, Serghei
Antipin, Semyon Sicek
capo scenotecnico Alexei Sein
Costumi realizzati dalle società «AN-2» (Natal’ja Slavina), «Vladislav
Repin studio» e dal laboratorio del Teatro Imeni Mossoveta
Direttore di scena Rushan Ismaghilov
Sopratitoli in italiano a cura di Prescott Studio, Firenze
La tournèe dello spettacolo viene effettuata con il sostegno del
Ministero della Cultura della Federazione Russa
Produzione della tournée in Italia Aldo Miguel Grompone, Roma
“Che fare? Bisogna vivere! Noi vivremo, Zio Vania. Vivremo una lunga, una lunga sequela di giorni, di
interminabili sere. Sopporteremo
pazientemente le prove che ci manderà la sorte. Faticheremo per gli
altri, adesso e in vecchiaia, senza
conoscere tregua. E quando verrà
la nostra ora, moriremo con rassegnazione e là, oltre la tomba, diremo
che abbiamo patito, pianto, sofferto
amarezza...”
La messinscena di Andrei Konchalovsky è fatta coincidere con due
avvenimenti importanti in campo letterario: 150 anni dalla nascita e 105
anni dalla morte di Čechov.
Zio Vania è senz’altro uno dei capolavori cechoviani, è una pièce fine,
espressiva, intessuta dell’intreccio fantasioso del psicologismo e
dell’umorismo focoso. Aspirazioni
sprecate, noia infinita, vita vissuta
invano: l’autore esamina in un modo
dettagliato il mondo interiore degli eroi che si riuniscono per alcuni
giorni del XIX secolo in un lontano
podere stagnante russo in una sorte
di isolamento volontario.
Zio Vania
di Andrei Konchalovsky
Quando mi chiedono perché proprio Zio Vania o in che cosa consiste
l’attualità di Čechov – penso con
tristezza che non lontano è il tempo
quando i giornalisti chiederanno a
Riccardo Muti in che cosa consiste
l’attualità di Mozart o perché Gherghiev esegue proprio la Nona Sinfonia di Shostakovich.
Čechov è una Sinfonia. La sinfonia di
vita. Di una vita che non è piena di
avvenimenti tragici, opere grandiose
o moti dell’animo, di una vita in cui
gli Eroi non ci sono, ma di una vita
semplice, «grigia, filistea...» come
diceva lui stesso. L’uomo non è in
grado di guardare fissamente la luna
per vedere come tramonta dietro
l’orizzonte. L’uomo non è capace di
guardare un albero per vedere come
si ingiallisce. Pure a noi non è dato
guardare la vita così fisso per vedere come la vita conduce alla morte.
Però sappiamo che la luna tramonta, che un albero si ingiallisce e perde le foglie e che la vita giunge alla
fine. Čechov come artista fu in grado
di vedere e discernere la vita come
nessuno altro nella storia dell’arte.
Propriamente parlando Čechov fu il
fondatore dello stesso dramma moderno che subentro’ alla tragedia
romantica del XIX secolo.
È facile volere bene agli Eroi di talento che non sono prostrati dal dolore
o dalla vita stessa. È difficile volere
bene ai filistei mediocri, incapaci di
un atto eroico. Čechov vuole bene a
questa gente, perchè sa che anche
essa morirà. Lui stesso espresse
molto precisamente la sua concezione dell’arte : «In scena la gente
pranza, prende il tè, mentre la sua
fortuna sta rovinando».
La vicenda
Primo atto
Nel giardino della tenuta del professor Serebrjakov il dottor Astrov
discute con la balia Marina di quanto sia noiosa e frustrante la vita del
dottore di campagna. Arriva Vania
e il discorso si sposta su quanto
l’ordine della casa si sia scomposto
con l’arrivo del professore e della
sua giovane seconda moglie, Elena. Dove prima c’erano metodo e
lavoro ora c’è confusione e pigrizia.
Vania disprezza il professore per la
sua pomposità e per la sua inconcludenza, e deplora il fatto che una
bella e giovane donna come Elena si
sia legata a lui, gettando al vento la
sua vita. Sua madre - ed ex suocera
del professore - Maria invece idolatra il professore e rimprovera Vania
per i suoi commenti irrispettosi. L’atto I si conclude con la dichiarazione
di amore di Vania ad Elena, e la reazione esasperata della donna.
Secondo atto
A tarda notte, il professor Serebrjakov si lamenta per i dolori e per l’età;
arriva il dottor Astrov, che Sonia - figlia di primo letto del professore - ha
mandato a chiamare, ma lui rifiuta di
farsi visitare. Quando il professore
si addormenta, Elena e Vania hanno una lunga discussione: lei parla
del malessere e della discordia che
si respirano in casa, mentre Vania le
parla delle proprie speranze distrutte
e della giovinezza rovinata e associa
il suo amore frustrato per Elena con
il fallimento della propria vita. Elena rifiuta di ascoltarlo ancora e se
ne va. Solo, Vania si chiede come
mai non si sia innamorato di Elena
dieci anni prima, quando avrebbero potuto sposarsi ed essere felici.
A quel tempo, Vania credeva nella
grandezza del professore e lo adorava: ora invece si è reso conto che
il professore non è che un mediocre
e che la vita al suo servizio è stata
sprecata. Astrov torna, e si ubriaca
in compagnia di Vania.
Mentre si prepara una tempesta,
Astrov e Sonia commentano l’atmosfera soffocante della casa: secondo
il dottore Serebriacov è difficile da
sopportare, Vania è un ipocondriaco ed Elena è affascinante ma pigra.
Si lamenta per il fatto di non amare nessuno. Sonia supplica Astrov
di smettere di bere, sollecitandolo
a fare qualcosa di positivo anziché
dedicarsi alla propria auto-distruzione. Durante il dialogo, diventa chiaro
che Sonia ama Astrov e che lui non
se ne rende conto.
Quando il dottore se ne va, Elena
offre a Sonia di fare pace: capiamo
che le due donne hanno passato un
lungo periodo di reciproca rabbia e
antagonismo. Elena spiega a Sonia
come, al tempo del matrimonio, il
suo amore per il professore fosse
sincero, anche se successivamente
esso è sfumato. Mentre Elena confessa la propria infelicità, Sonia loda
le molte virtù del dottor Astrov. Di
buon umore per la mezz’ora passata con lui, vorrebbe suonare il piano,
ma il padre glielo impedisce, intristendola di nuovo.
Terzo atto
Vania, Sonia ed Elena attendono il
professore, che li ha convocati. Vania tenta ancora un approccio con
Elena, costringendola ancora una
volta a ritrarsi. Sonia confida ad Elena il suo amore per Astrov, ed attribuisce il fatto che lui non la noti al
suo scarso fascino. Elena si offre di
interrogare il dottore sui suoi sentimenti per la figliastra, e Sonia, prima di acconsentire, si domanda se
l’incertezza non sia tutto sommato
meglio perché contiene almeno un
po’ di speranza.
Quando Elena interroga Astrov, egli
replica di non avere alcun particolare sentimento per Sonia, e conclude
che le domande che Elena gli pone
non sono che un espediente per
indurlo a confessare il suo amore
per lei. Astrov bacia Elena, e Vania
li vede; agitata, Elena prega Vania
di aiutarla a convincere il professore
suo marito a partire immediatamente. Prima che il professor Serebrjakov possa parlare a tutti, Sonia capisce dal grande impaccio di Elena
che Astrov non la ama.
Serebrjakov annuncia di aver trovato una soluzione ai problemi finanziari della famiglia: la tenuta sarà
venduta, e con il ricavato sarano acquistate azioni e una villa in Finlandia per sé ed Elena. Furioso, Vania
chiede dove Sonia, Maria e lui stesso dovrebbero vivere; protesta che
la tenuta appartiene anche a Sonia
e che nessuno l’ha mai ringraziato
per il lavoro e i sacrifici dedicati a
quella tenuta e allo stesso professore. Sempre più inferocito, Vania accusa Serebrjakov per la rovina della
sua vita e il fallimento di tutte le sue
speranze e prospettive. La madre,
anziché spalleggiarlo, lo prega perché ascolti le ragioni del professore;
Elena insiste per essere portata via
dalla tenuta, e Sonia supplica il padre perché trovi un accordo con Vania. Serebrjakov esce per tentare di
parlare con Vania; fuoriscena si sente un colpo di pistola; Serebrjakov
rientra, inseguito da Vania che gli
punta addosso una rivoltella. Spara
ancora al professore, ma di nuovo
lo manca.
Quarto atto
Poche ore dopo, Elena e il professore sono pronti a partire. Astrov dice
a Vania che, un tempo, loro due
erano gli unici uomini acculturati del
distretto, ma che dieci anni di vita
meschina li ha trasformati in esseri
volgari. Vania ha rubato dalla borsa
del dottore una fiala di morfina, presumibilmente per suicidarsi. Astrov
e Sonia lo scoprono e lo costringono a restituire la fiala.
Elena e Serebrjakov salutano tutti.
Elena si scusa con Astrov per essere andata troppo oltre; Serebrjakov e Vania convengono che tutto
rimarrà come prima. Dopo che tutti
se ne sono andati, Sonia e Vania riprendono il loro lavoro di contabilità;
Sonia parla della vita, del valore del
lavoro, e della sua speranza per un
ricompensa ultraterrena.
Intervista al regista
Perchè la Sua interpretazione di
Zio Vania è tanto cambiata negli
ultimi quarant’anni?
In primo luogo, sono cambiato io
stesso. Negli anni di Settanta, quando giravo Zio Vania, ero appassionato di Bergman. Che continuo ad
idolatrare. Ed i personaggi di Bergman sono stati per me dei modelli
di mentalità, di analisi; il suo metodo
era per me molto importante. Inoltre
Bergman, prima di girare qualcosa,
aveva letto sempre Čechov. Ho vissuto tutta la mia vita sotto l’influenza
di miei maestri, direi, – di Bergman,
di Fellini, di Kurosawa: sono le persone che considero i modelli nell’arte. È probabile che oggi io inizi a
liberarmi dall’influenza altrui.
In secondo luogo, le opere grandi
sono interessanti per la quantità infinita delle incarnazioni geniali. E per
la quantità infinita delle incarnazioni
mediocri. È lo stesso che la vita. I
filosofi diversi ebbero i punti di vista
diversi sulla vita – ed ebbero tutti ragione (...).
Čechov, come tutti i grandi scrittori,
è molto vago. Non ha un’unica posizione oppure lascia la strada aperta
a due o tre concezioni. È improvviso,
come è la vita stessa. È possibile interpretarlo, com’è possibile interpre-
tare la vita, in modi così diversi che
è difficile determinare quello giusto.
Io cito molto spesso Čechov ai miei
artisti, cito spesso Čechov in genere.
Egli scrisse in una delle sue lettere:
“Mi chiedete, che cosa manca ad
un uomo russo? Ad un uomo russo
manca il desiderio di volere”. Veramente volle dire che un uomo russo
poteva sognare non realizzando mai
i propri desideri. Tutto rimaneva al livello dei progetti. Qualche volta dei
progetti grandi che in seguito non
arriveranno a termine. (...) Mi chiede
se è proprio questo l’idea principale
dello spettacolo? Non posso dirle
qual è l’idea principale. O meglio, io
so bene qual è ma non sono capace
di esprimerla con le parole.
E Lei conosce bene l’idea principale di uno spettacolo prima
di iniziarne il lavoro? Oppure
comincia a comprenderla poco
prima di finirlo? Oppure alla fine
si stupisce: «Ecco, allora, il tema
dello spettacolo!»
Il regista deve capire l’idea principale
dello spettacolo. E deve essere capace di accettare di avere sbagliato. (...) È quello che Tolstoj chiamò
l’energia dello sbaglio. Non si sa iniziare uno spettacolo non sapendone
il tema. (...) Bisogna andare avanti.
Anche in direzione opposta…
Senz’altro. Ci pare sempre che la direzione sia giusta. Com’è possibile
iniziare il lavoro se si sa che la direzione è sbagliata? (...) Però un’opera è
viva com’è la vita stessa. Anche uno
spettacolo deve essere vivo come la
vita stessa. Non si tratta di idee ma
di sentimenti. La percezione sensoriale di un’opera è più importante
che qualsiasi organizzazione razionale. Un’organizzazione razionale fa
annoiare gli spettatori. (...)
Non ha mai pensato che la Sua
regia di Zio Vania sarebbe piaciuta al suo autore?
Čechov soffriva moltissimo per le
interpretazioni della maggior parte
delle sue opere. Soffriva di non essere capito. Pensava di aver scritto
tutto ma di non essere capito. Perciò
criticava Konstantin Sergejevic per
un’interpretazione melodrammatica
delle sue opere. Però se diventavano popolari tra il pubblico, interpretate in quel modo, se ne rassegnava
dicendo: “È bene perché ci porta il
denaro”. Percio’ si rassegnò anche
alla regia del Gabbiano anche se lo
spettacolo non gli piacque. Una volta durante una prova generale di una
delle sue opere, Anton Pavlovic disse alla metà del secondo atto: “Stop!
Calate il sipario!” Stanislavsky saltò
sul palcoscenico: “Cosa succede?”
Čechov: “La mia opera finisce qui”.
“Perchè?” “Il tempo è esaurito!” E
tutto questo perchè c’erano troppe
pause nello spettacolo.
In che modo Zio Vania ha a che
fare con la vita moderna? In che
modo lo sfortunato Ivan Petrovic
Vojnitskij può interessare uno
spettatore tipico di oggi – un
“middle manager” che cerca il
successo?
Soltanto quello che ci fa preoccupare può aver a che fare con la vita
d’oggi. Tutte le idee più o meno profonde che nascono nell’anima, nella
mia anima, nell’anima degli spettatori, dei critici – si sciolgono nei sentimenti. O muoiono nella noia. Sono
contro l’attualità e contro la concettualità – contro tutte le idee relative
alla spiegazione razionale dell’arte.
Sono tutte per i critici.
Cosa farà adesso?
Metterò in scena le altre opere di
Čechov, di Ibsen, di Strinberg. Ma
prima di tutto vorrei mettere in scena un’opera di Shakespeare.
Da «Culture» Ottobre 2009
Andrei Konchalovsky
Andrei Konchalovsky nasce a Mosca, il 20 agosto 1937 dallo scrittore
Sergej Michalkov poeta (il padre è
autore del testo dell’inno nazionale russo) e della poetessa Natalija
Koncaloskaja. Suo fratello è Nikita
Michalkov. Da giovane si afferma
come pianista, anche se la sua
grande passione rimane il cinema.
Qualche anno dopo si iscrive alla
VGIK, una delle migliori scuole di
cinema del Paese, sotto la guida di
Mikhail Romm. Alla VGIK incontra
Tarkovsky, con cui collabora come
sceneggiatore (fa anche l’attore nel
film L’infanzia di Ivan).
Il 1966 è l’anno del suo debutto alla
regia con Il primo maestro, tratto dal
racconto di Ajtmatov e ambientato dopo il 1917, nel periodo postrivoluzionario, nel sud della Russia.
Dopo svariati problemi con la censura, il regista si dedica alla trasposizione cinematografica di opere
letterarie. Ne sono un esempio Nido
di Nobili (1969), da Turgeney, e Zio
Vania (1970), da Čechov.
Con Romanza degli innamorati (1974) e Siberiade (1978), storia
drammatica della popolazione siberiana, torna ai temi contemporanei,
attirando l’attenzione della critica europea e americana. Tra gli anni ‘80 e
i primi anni ‘90, trasferitosi negli Stati
Uniti, lavora a diverse opere tra cui
Maria’s Lovers (1984), A 30 secondi
dalla fine (1986), Sky People (1987),
Homer and Eddy (1989), Tango e
Cash (1991), Il proiezionista (1992).
Tornato in Russia dopo la caduta del
comunismo, dirige Asja e la gallina
dalle uova d’oro. Dopo alcuni anni si
dedica a grandi lavori come L’Odissea, con Armand Assante, La casa
dei matti e The Lion in the Winter,
con Glenn Close. Il 2007 è l’anno
di Venezia, in cui collabora assieme
a numerosi colleghi a A ciascuno il
suo cinema.
Konchalovsky si è sposato diverse
volte. La sua prima moglie fu l’attrice kazaka Natalia Arinbasarova,
con la quale ebbe due figli,Yegor e
Stepan. La seconda moglie fu Irina Kandat. La terza moglie è stata
Viviane Godet con la quale ha una
figlia, Alexandra Mikhalkova. La sua
attuale moglie è l’attrice russa, Yuliya Vysotskaya.
Artista estroso e a suo modo visionario, esprime anche grazie ai molti
registri e alle diverse anime che popolano il suo cinema le ansie e le
contraddizioni della Russia contemporanea.
4 e 5 dicembre 2009 ore 20.30
6 dicembre ore 15.30
Teatro Municipale Valli
11 dicembre 2009 ore 20.30
Teatro Municipale Valli
12 dicembre ore 20.30
13 dicembre ore 15.30
Teatro Municipale Valli
Teatro Mossovet Mosca
Il Teatro Accademico Statale Mossovet ha una grande storia e nel
2008 ha celebrato il suo 85° anniversario. Tra i suoi fondatori figurano
grandi allievi di Stanislavskij e autori
teatrali quali E. B. Vakhtangov, Juri
Alexandrovic Zavadskij che hanno
formato uno dei collettivi creativi più
interessanti e brillanti del paese. Nel
1964 al Teatro è stata conferita la
posizione ‘Teatro Accademico’.
Sul palcoscenico del teatro Mossovet hanno lavorato attori e registi famosissimi: Vera Maretskaja, Nikolaj
Mordviniv, Faina Ranevskaja, Serafima Birman, Ljubov Orlova, Rosti-
slav Pljatt, Leonid Markov, Georgij
Žženov, Gennadij Bortnikov e altri
maestri.
Oggi, direttore artistico della Compagnia e artista del popolo della
Russia, è il Professor Pavel Khomskij
– regista e insegnante della scuola.
Il cartellone del Teatro ha in repertorio 25 spettacoli tra opere di autori classici di drammaturgia russa e
straniera.
La Compagnia gira in diverse parti
della Russia e all’estero presentando i suoi spettacoli nella programmazione dei più importanti Teatri e
festival internazionali.
Prossimi spettacoli
Poveri ma belli
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione
Soci fondatori
Fondazione
Comune
di Reggio Emilia
Soci fondatori aderenti
Ensemble Berlin
musiche di Mozart, Weber, Puccini,
Lovreglio, Waterson, Pasculli
Tartufo
Pippi Calzelunghe
di Molière
Foto di scena: Centro di Produzione Andrei Konchalovsky
Sostenitori
15 e 16 dicembre 2009 ore 20.30
Teatro Ariosto
Partner
ROTARY CLUB
REGGIO EMILIA
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di
riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
Amici del Teatro
Delegazione di
Reggio Emilia
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria
Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,Achille Corradini, Donata Davoli
Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Grande Ufficiale Gr. Croce
llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria
di Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari,
Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo
Cittadini del Teatro
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini,
Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Silvia Grandi, Claudio Iemmi,
Franca Manenti Valli, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di
spettacolo e tutte
le iniziative per i
giovani e le scuole
sono realizzate
con il contributo e
la collaborazione
della Fondazione
Manodori
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