4° anno // Numero 3 // CHF 6.50
Autunno 2013 // Pelle d’oca
La nascita del
mio primo figlio
Pensare di dover parlare davanti
a un gruppo di persone
Quando penso
ai ragni
Il giorno della partita sulla
Sir Matt Busby Way diretto all’Old Trafford
Giocare a «Alone in the Dark» sul
televisore con maxischermo immerso
nell’oscurità più totale
Quando il pubblico canta
a un concerto dal vivo
A 15 gradi sotto zero
Durante l’inno nazionale
per la vittoria olimpica di Carlo Janka
Un sondaggio ha rivelato quali sono le situazioni che fanno venire la pelle d’oca alle collaboratrici e ai collaboratori di Swiss Life.
Editoriale // 3
Buongiorno
Noi tutti conosciamo bene questa sensazione: ci vengono
i brividi perché abbiamo freddo, perché proviamo
una forte emozione o alla vista di qualcosa di spaventoso.
I peli si rizzano ed ecco che arriva la pelle d’oca!
Sono momenti particolari in cui «rabbrividiamo».
Un’esperienza simile l’ha vissuta la campionessa olimpica
Nicola Spirig la scorsa estate a Londra, quando con uno
sprint si è aggiudicata la medaglia d’oro in una finale
al cardiopalmo. E poi, come ci racconta a pagina 22, è
rimasta nell’area del traguardo completamente sfinita
e con la pelle d’oca per il trionfo conquistato.
Questo numero di SWISSLIFE vi farà venire la pelle
d’oca non appena ammirerete gli scatti paesaggistici
del fotografo Peter Hebeisen che ha documentato gli ex
campi di battaglia in Europa. Il contadino Thomas
Jenny, che estiva 300 oche nel suo alpeggio, conosce la
pelle d’oca soprattutto sotto forma di delizia gastronomica. E il maestro elementare Paul Läuppi che non
si limita ad attraversare il Paese con una giostra ma
restaura anche la galleria degli orrori del Prater di
Vienna – con 14 fantasmi intagliati a mano.
Vi auguro una buona lettura.
SWISSLIFE Autunno 2013
Ivo Furrer, CEO di Swiss Life Svizzera:
«Personalmente il mio momento da pelle d’oca
lo vivo ogni volta che, dopo un’escursione
con la mia famiglia, posso godermi il fantastico
panorama della regione di Sörenberg-Flühli.»
08
Swiss Photo Selection:
Una quiete spaventosa
Con il tempo l’erba ha ricoperto quei luoghi. Gli scatti paesaggistici del fotografo Peter Hebeisen che nella luce mistica si presentano così quieti, rappresentano tutti quanti dei luoghi terrificanti: sui campi di battaglia del passato persero la vita migliaia
di persone.
18 Due facce della medaglia:
22
Pelle d’oca e arrosto d’oca
Storia di copertina:
Il brivido delle emozioni
Dal campo di battaglia al paesaggio campestre
La battaglia di Arras sul fronte occidentale della
Prima guerra mondiale, durante la quale
britannici e canadesi occuparono lo strategico
crinale di Vimy, costò la vita a 150 000 soldati
britannici.
Parte per lo più dalla testa, corre giù lungo il collo e arriva fino
alle mani e ai piedi: ecco la pelle d’oca. Tutti conoscono questa
sensazione, ma ognuno reagisce in modo diverso. SWISSLIFE
mostra cosa tocca da vicino sei donne svizzere.
32 Mix di numeri:
Rumori che fanno rizzare i capelli
35 Clinica dermatologica dell’Ospedale universitario di Basilea:
Il futuro comincia qui.
Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale:
Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Thomas Langenegger, Christian Pfister,
Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo
della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo,
[email protected] Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo
Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life
Language Services Stampa e spedizione Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni:
Mediaform|Christoph Grenacher, Hauptstrasse 3, 5083 Ittenthal, [email protected]
Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo,
[email protected] Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno.
Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non
costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito
a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali. ISSN 1664-5588
Riflesso dalla notte dei tempi
Quando si ha la pelle d’oca, di riflesso si
rizzano i peli e la pelle assume un aspetto
simile a quello di un’oca spennata. Questa
reazione è un retaggio del periodo in cui
l’uomo aveva ancora la pelliccia.
Sommario // 5
48
A Swiss Life:
Paul Läuppi
Insegnante, giostraio e restauratore di una galleria degli orrori:
Paul Läuppi, originario dell’Argovia, si divide tra aula scolastica
e parco dei divertimenti. E in più restaura la galleria degli
orrori del Prater di Vienna con 14 fantasmi intagliati a mano.
57 I piaceri della tavola:
59 Beni Frenkel:
I fantasmi che ho evocato
Dal 1952 la vecchia galleria degli orrori del
Prater di Vienna ha viaggiato per tutta la
Svizzera. Nel periodo del passaggio al nuovo
millennio scomparve dalla scena. Paul Läuppi
restaura la giostra e aspetta con ansia di far
rabbrividire i clienti che decidono di salire.
60
Il connubio tra terra e mare
Io, il Messia e Chantal
Concorso:
Vincete la nuova Jaguar F-TYPE
per una settimana
Chris von Rohr della rock band
«Krokus» sulla canzone «Dög Song»
62 Fuoriprogramma:
Allegato:
Sulla buona strada per il
pensionamento anticipato
In molti sognano di andare in pensione anticipatamente. La decisione di intraprendere
questo passo dipende soprattutto dalle risorse
finanziarie disponibili e da una pianificazione
finanziaria completa con Swiss Life.
SWISSLIFE Autunno 2013
UPDATE
Scoprite come un pensionamento anticipato può diventare
realtà grazie a una pianificazione finanziaria accurata, quale
prodotto finanziario di Swiss Life combina perfettamente
sicurezza e rendimento e perché oggi la previdenza del pilastro
3a è più flessibile che mai.
6 // Protagonisti
Pagina 18 // «Due facce della medaglia»
Giorgio von Arb
Pagina 48 // «A Swiss Life»
Helmut-Maria Glogger
Questo ritrattista di talento è sempre
attratto dalla campagna e i suoi due
libri sulla gente di Grabserberg sono
ormai dei classici della storia fotografica svizzera. Durante gli scatti
all’alpeggio delle oche Giorgio von
Arb è rimasto affascinato non solo
dalla loro nobile bellezza, ma anche
dai loro movimenti sincronizzati
quando si spostano in gruppo: dopo
tutto sullo Sevelerberg estivano in
estate 300 animali starnazzanti.
Von Arb si trova completamente a suo
agio anche con le persone e lo dimostra
da pagina 35. Nell’Ospedale universitario di Basilea ha ritratto con grande
maestria il personale del reparto di
dermatologia.
Questo talentuoso clarinettista suona
con gli amici musica dixie e swing
mettendoci la stessa passione di quando
lavora ogni giorno come rubricista
per il «Blick am Abend» o scrive un
nuovo libro nella sua veste di comprovato esperto di famiglie reali. Recentemente Helmut-Maria Glogger è
stato in viaggio per conto di SWISSLIFE
nell’Altopiano svizzero dove ha
scoperto uno spirito affine in Paul
Läuppi, restauratore di una galleria
degli orrori e maestro elementare.
Pagina 18 // «Due facce della medaglia»
Yvonne Eckert
Yvonne Eckert ha trascorso al freddo il
periodo più caldo dell’estate 2013. Per
la rubrica «Due facce della medaglia»
ha incontrato la pattinatrice artistica
su ghiaccio Tina Stürzinger durante
gli allenamenti. Pur essendoci temperature da brividi all’interno del palazzetto, questa giornalista ha provato
la vera pelle d’oca solo quando la
«nuova Sarah Meier», come l’ha definita la stampa, ha cominciato a eseguire i suoi salti.
Pagina 22 // «Storia di copertina»
Daniel Ammann
Il fotografo di San Gallo ha ritratto
con abilità le sei donne, che hanno
raccontato a SWISSLIFE una storia
vissuta da loro con grande emozione.
Nel caso di Fränzi Wicki, Daniel
Ammann ha immortalato scrupolosamente, il modo in cui questa professionista trasforma la pelle dell’oca
in un piatto perfetto (ricetta a pag. 29)
per poi godersi la pelle croccante con
un buon vino in compagnia di questa
famosa chef.
Pagina 62 // «Fuoriprogramma»
Chris von Rohr
Dopo essersi registrato su Skype,
quest’uomo ha iniziato a parlare
dell’ultima canzone pubblicata dai
Krokus esprimendosi con uno stile
giornalistico, subito dopo ha terminato la revisione del testo in scadenza
rispettando il numero di caratteri e
consegnandola puntualmente entro
il termine concordato: il rocker Chris
von Rohr mostra la massima professionalità non solo sul palco o come
produttore. «Meh Dräck» von Rohr
sarebbe un giornalista di successo.
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Una quiete
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Oggi un paesaggio idilliaco, ieri un campo di battaglia
con migliaia di caduti. European Battlefields 1912 – 2000 è
l’opera del fotografo svizzero Peter Hebeisen. Le immagini dalla
bellezza spettrale mostrano non solo come il tempo possa curare
le ferite, ma rappresentano anche il tema della «rielaborazione
del passato» in una nuova prospettiva.
›››
SWISSLIFE presenta in «Swiss Photo Selection»
lavori di fotografi svizzeri, inviati allo «Swiss
Photo Award – ewz.selection», il premio più
importante in Svizzera per la fotografia.
www.ewzselection.ch
Swiss Photo Selection // 9
Nella battaglia dell’Ebro, l’ultima grande offensiva dei repubblicani durante la guerra civile spagnola,
tra luglio e novembre 1938 persero la vita circa 110 000 uomini. Il 25 luglio 1938 le unità repubblicane avanzarono oltre
il fiume Ebro per dare una svolta alla guerra civile. A causa della superiorità delle truppe di Franco
la battaglia terminò il 16 novembre 1938 con la vittoria dei nazionalisti.
SWISSLIFE Autunno 2013
L’operazione Wyborg-Petrosawodsk è stata un’offensiva dell’Armata rossa contro l’esercito finlandese
in Carelia durante la Seconda Guerra mondiale che durò dal 10 giugno al 9 agosto 1944. A partire dal 15 luglio le truppe sovietiche
sono state costrette a ritirarsi. L’inatteso successo della difesa finlandese nella battaglia di Tali-Ihantala è considerato
il punto di partenza per la riscossa della Finlandia.
Swiss Photo Selection // 11
La battaglia di Verdun è stato uno degli episodi più significativi della Prima Guerra mondiale tra Germania e Francia.
Ebbe inizio il 21 febbraio 1916 con un attacco delle truppe tedesche alla fortezza di Verdun e terminò il 20 dicembre 1916
senza uno spostamento sostanziale del fronte. Circa 317 000 soldati persero la vita presso Verdun.
SWISSLIFE Autunno 2013
L’assedio di Leningrado da parte del Gruppo d’armate Nord e di truppe finlandesi durante la Seconda Guerra
mondiale si protrasse dall’8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944. Il loro obiettivo era quello di far morire di fame in modo
sistematico la popolazione di Leningrado. A livello mondiale non esistono esempi che abbiano la stessa portata
dello sterminio perpetrato dai tedeschi affamando la popolazione. Il blocco causato dall’assedio fece 1,1 milioni di vittime.
Swiss Photo Selection // 13
La battaglia di Gallipoli ebbe luogo durante la Prima Guerra mondiale nell’omonima penisola turca.
Le forze dell’Intesa composta da Regno Unito, Francia e Russia volevano occupare quel pezzo di terra in un’operazione
comune e utilizzarlo come base di partenza per la conquista di Istanbul, la capitale ottomana. Il tentativo fallì
e in totale costò la vita a 101 335 soldati.
SWISSLIFE Autunno 2013
L’attacco tedesco alla linea del fronte sovietico intorno alla città di Kursk nell’estate del 1943
avvenne col nome in codice di «Operazione cittadella». Questa operazione è considerata come l’ultima grande offensiva
tedesca nella guerra contro l’Unione Sovietica ed ebbe inizio nel luglio 1943. L’attacco,
che fallì a causa della resistenza dell’Armata rossa e sfociò in una controffensiva, fece più di 332 000 morti.
Swiss Photo Selection // 15
Durante la Prima Guerra mondiale, tra il 1915 e il 1918, nelle Dolomiti fu condotta una guerra di posizione
su un terreno ostile. Le truppe italiane e austriache, che si trovavano di fronte tra i monti,
capirono subito che era impossibile sfondare le linee degli avversari e cacciare il nemico. La guerra in montagna
si dimostrò fallimentare dal punto di vista militare e causò numerosissime perdite.
SWISSLIFE Autunno 2013
L’assedio di Dubrovnik ebbe luogo all’inizio della guerra in Croazia.
Dal giugno 1991 l’Armata popolare jugoslava bombardò numerosi obiettivi civili nella famosa città storica sulla costa dell’Adriatico.
Dopo nove mesi un contrattacco croato portò alla conclusione l’assedio e la regione venne liberata.
Parecchie migliaia di granate caddero nell’area cittadina. Persero la vita 114 civili e 200 soldati.
Swiss Photo Selection // 17
«Il fatto che l’erba abbia ricoperto
quei luoghi, non significa che si
debbano dimenticare gli eventi lì
accaduti.»
Il fotografo Peter Hebeisen è
nato a Berna nel 1956. Terminati
gli studi e dopo alcune esperienze
fondamentali presso un liutaio
e scultore, agli inizi degli anni ’80
lavorò per la prima volta a
New York come assistente di un
fotografo, decidendo così di
frequentare la scuola di arti
applicate di Berna, scegliendo
come indirizzo di studi la fotografia. Dal 1986 Peter Hebeisen
vive e lavora come fotografo
freelance a Zurigo e Parigi.
«Metamorphosis and Myth, European Battlefields of the 20th. Century» è una delle opere più
rilevanti di Hebeisen. Il fattore scatenante per
la realizzazione di questo lavoro è stato l’assedio
di Sarajevo da parte dei serbi e il genocidio in
Bosnia. L’irresolutezza dell’Europa e i reportage
dei media durante la guerra dei Balcani hanno
frustrato Hebeisen. Ha sviluppato un concetto
di un nuovo tipo di fotografia di guerra. La
sua missione era di mostrare gli scenari bellici
europei che hanno influenzato in modo decisivo
la storia del continente. Insieme a uno storico
ha esaminato più di mille campi di battaglia e
ha fotografato i 45 più importanti.
La scelta dei campi di battaglia è
avvenuta in base alle mappe
militari e la visita a questi luoghi è
stata il più delle volte molto
toccante. Con il suo minivan ha
percorso oltre 40 000 chilometri
in sette anni. Una volta arrivato
sul luogo dell’accaduto, puntava la
sua macchina fotografica a lastre
sull’epicentro dell’area dove in
passato si erano svolti i combattimenti. E lo scatto avveniva sempre
allo stesso modo: da un treppiede,
esattamente da tre metri e mezzo
di altezza.
www.peterhebeisen.com
SWISSLIFE Autunno 2013
Testo: Yvonne Eckert, foto: Giorgio von Arb
Pelle d’oca
e arrosto
d’oca
Thomas Jenny (45 anni), agricoltore, Alp Plätsch, Sevelerberg SG
«Le oche non amano affatto i temporali. Avvertono il loro arrivo e sono pronte per rientrare
nella stalla. Quando l’istituto di agraria ci ha chiesto se potevamo ospitare, a scopo sperimentale,
alcune oche nel nostro alpeggio, eravamo piuttosto scettici e abbiamo fatto alcune domande:
Mordono? Puzzano? Sono rumorose? La risposta è stata: no. Ci abbiamo provato e tutto è andato per il
meglio. La prima volta abbiamo portato le oche all’alpeggio troppo presto, infatti gli animali erano intirizziti
dal freddo. Allora le abbiamo portate all’azienda agricola che si trova un po’ più a valle. C’è del vero nel
detto che l’oca è stupida. Spesso infilano la testa in qualche posto e non riescono più a tirarla fuori da sole.
Le aquile le terrorizzano e corrono tutte in un angolo del recinto. Gli animali non sono arrivati da noi in
fila indiana, ma con il furgone. Si muovono molto sviluppando la muscolatura, vale a dire la carne, in modo
completamente naturale. Le oche allevate all’alpeggio sono molto ricercate. Non possiamo estivarne più
di 300 perché, per legge, non è un animale da alpeggio. Quando mangiamo l’oca, io porto la carne e mio
cognato la prepara. Il ripieno viene preparato con erbe aromatiche e frutta e, poi, si cosparge l’arrosto con la
birra. La pelle dell’oca risulta sempre molto croccante, ma non so quale sia la ragione dato che non capisco
niente di cucina.»
Due facce della medaglia // 19
Tina Stürzinger (17 anni), pattinatrice artistica su ghiaccio, Erlenbach ZH
«A volte, quando entro in pista, mi sento congelare, ma durante l’allenamento questa sensazione
svanisce. Appena indosso i pattini, in testa ho ben chiaro quello che devo fare. Emotivamente, forse,
sono leggermente tesa, ma in senso positivo. Ho scelto il pattinaggio su ghiaccio grazie a mio fratello.
Prima giocava a hockey su ghiaccio. Io stavo a guardare e facevo alcuni giri con mia mamma. Ho preso le
prime lezioni a quattro anni. Inizialmente mi allenavo due volte alla settimana, poi volevo pattinare sempre di più. Ho lo stesso allenatore da dodici anni e ogni giorno trascorro due ore sul ghiaccio. Non ho mai
avuto infortuni gravi. Quando ai Campionati europei di Zagabria mi sono qualificata, come unica pattinatrice svizzera, per i Campionati mondiali, non mi sono subito resa conto di ciò che era successo. Il mio
modello è la pattinatrice coreana Yu-na Kim. È semplicemente perfetta. Mi piace moltissimo il suo programma sia dal punto di vista tecnico che dell’interpretazione. Se riuscissi a qualificarmi per le Olimpiadi,
allora mi verrebbero veramente i «brividi». La vera sensazione da pelle d’oca l’ho provata una volta durante un’immersione. Improvvisamente ho visto una manta gigante sopra di me. Quella volta mi sono
veramente spaventata.»
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Passione ed emozioni rivestono per noi un ruolo centrale, perché lo
sport affascina ed entusiasma. La passione è alla base della concezione e dello sviluppo di nuove tecnologie, geometrie e disegni da
parte dei nostri ingegneri e progettisti che lavorano nel cuore della
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SWISSLIFE Autunno 2013
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Quando i muscoli dei follicoli piliferi vengono
attivati dal sistema nervosovegetativo, si rizzano
i peli. Si ha la pelle d’oca, si rizzano i capelli in testa.
Storia di copertina // 23
Testo: Michael Bahnerth, Roberta Fischli, Christoph Grenacher, foto: Daniel Ammann
Brividi
leggeri
Dal punto di vista medico il caso è chiaro: la pelle d’oca è
una reazione del corpo. Il sistema nervoso vegetativo
attiva i muscoli dei follicoli piliferi presenti nella pelle così
si rizzano i peli del corpo. Ognuno conosce questa sensazione le cui cause possono essere completamente diverse
come dimostrano le storie di sei donne svizzere.
›››
SWISSLIFE Autunno 2013
E poi ci sono anche le
emozioni che fanno
rizzare i peli.
Nicola Spirig (31 anni) è la triatleta svizzera
che ha ottenuto più successi e nell’agosto
del 2012 è diventata campionessa olimpica
a Londra in un finale al cardiopalmo
contro la svedese Lisa Nordén. A marzo
2013 è nato suo figlio Yannis. Il prossimo
anno vuole partecipare ai Campionati
europei di atletica leggera a Zurigo.
La gara di triathlon durante i Giochi
olimpici del 2012 a Londra, quella per
me è stata un’esperienza da pelle d’oca.
C’è anche un’immagine ben precisa
dopo aver tagliato il traguardo in cui
sono seduta a terra e, se si ingrandisce
bene la foto, si vede che ho davvero la
pelle d’oca. E non è solo un modo di
dire, ma si è trattato di una sensazione
estremamente reale e concreta: pura
pelle d’oca.
Ancora oggi, quando provo delle
forti emozioni, non posso fare a meno
di ricordare quel giorno, quel momento unico che resterà sempre tale nella
memoria: l’intera giornata, la consapevolezza di come mi fossi preparata
scrupolosamente per quel giorno, di
quanto avessi investito per vincere
quella medaglia d’oro. L’essere arrivata
prima per un soffio, rende tutta l’impresa così unica e indimenticabile.
All’arrivo è stata più che altro la reazione del corpo a causare la pelle d’oca. Qualche volta la provo quando dò il
massimo, quando il mio corpo è stremato e ha perso troppi liquidi. Appena
tagliato il traguardo la reazione è stata
più fisica che emotiva, ma dopo, alla
cerimonia di premiazione, ho avuto la
pelle d’oca per l’emozione. Si, «sono
rabbrividita». Di norma reagisco così
quando ci sono in gioco molte emozioni. La pelle d’oca ha cause diverse, può
trattarsi, come anticipato, di una reazione corporea. Ognuno ha la pelle d’oca quando ha freddo o quando si sente
gelare. E poi ci sono appunto le emozioni che fanno rizzare i peli: questa
pelle d’oca è qualcosa di veramente
speciale.
Io ho una vita ricca di momenti
emozionanti, uno di seguito all’altro
dopo Londra: abbiamo comprato casa,
ci siamo sposati, a marzo è nato nostro
figlio Yannis. Spesso la gente mi chiede
cosa è stato più bello, la vittoria olimpica o la nascita di mio figlio? Ma non
posso rispondere. Sono due esperienze
totalmente diverse, entrambe meravigliose, ma che non posso paragonare.
Sicuramente le emozioni si scatenano, di preferenza, per qualcosa che si fa
molto volentieri o in cui si è investito
molto e che richiede molta passione.
Per me quel qualcosa è senza dubbio lo
sport, la professione che ho sempre sognato. E vincere una medaglia ai Giochi olimpici è stata la realizzazione di
un mio grande sogno, ho pensato così
tanto a quel giorno, mi sono preparata
così a lungo e mi sono sempre immaginata quel momento.
Questa è anche la ragione per cui
faccio questo lavoro, perché ho scelto
lo sport come professione. Non è che lo
faccio solo per questo; mi alleno volentieri e mi piace muovermi. Lo sport
sarà sempre una parte importante della
mia vita, anche quando farò un altro
lavoro. Ma vincere competizioni di
quel calibro, vivere momenti simili,
sono cose che si vorrebbe semplicemente fare per sempre.
Ma quella vittoria olimpica, ormai è un
obiettivo raggiunto. Ho vissuto quel
momento e me ne ricorderò per sempre, resterà con me e potrò ripensarci
per tutta la vita. E tutto ciò che arriverà
d’ora in avanti, sarà qualcosa in più. È
fantastico quando si possono e si riescono a vivere nuovi momenti di tale
intensità. Ma, per me, può essere qualcosa di completamente diverso, non
deve trattarsi necessariamente di vincere una medaglia olimpica per altre cinque volte.
Parli con qualcuno, ma
non hai la minima idea di
ciò che sta provando quella
persona.
Dal 1° novembre Christine Maier (48 anni)
è la caporedattrice del «SonntagsBlick». In
precedenza, dal 1987, la madre di due
bambini è stata moderatrice e redattrice
presso la SSR, la ZDF e l’emittente
radiotelevisiva della Baviera, la Bayerischer
Rundfunk.
La notizia del suicidio di Carsten
Schloter, amministratore delegato di
Swisscom, mi ha fatto venire la pelle
d’oca. L’ho incontrato questa estate,
per lavoro. Era lo stesso di sempre:
estremamente affascinante, disponibile ad ascoltare, molto attento, interessato, ha anche chiesto come stavano i
bambini. Parli con qualcuno come sempre, ma in realtà non hai la minima
idea di cosa sta provando quella persona.
Storia di copertina // 25
Immaginarmi che Carsten Schloter,
forse, già in quel momento sapesse o
desse per scontato che non avrebbe vissuto più a lungo, che fosse stato angosciato da pensieri tristi, che si sentisse
oppresso: questo pensiero mi turba notevolmente.
Ma perché questo episodio mi ha
fatto venire la pelle d’oca anche se non
conoscevo molto bene Carsten Schloter?
Dopo simili avvenimenti ci si chiede improvvisamente: forse nella mia
cerchia di amici, nella mia famiglia, tra
i miei cari c’è qualcuno che si sente
oppresso? Persone che cercano di nascondere tale situazione e che sono così
brave che nessuno se ne accorge? È possibile farsi illudere così, farsi ingannare
in questo modo? Cosa spinge queste
persone ad agire così, perché non riescono a confidarsi, perché non riescono a chiedere aiuto? Cosa sarà mai?
Queste sono domande che mi coinvolgono e che mi fanno addirittura venire la pelle d’oca.
Sarebbe ingenuo credere di essere
in grado di capire sempre e subito se
una persona sta male. All’epoca ho
fatto da moderatrice in alcune trasmissioni del programma «Club» sul
tema del suicidio durante le quali
ho imparato molto. Ho appreso, per
esempio, che le persone intenzionate
a suicidarsi non sembrano assolutamente agitate, nervose o sfasate. Ora
sto generalizzando dato che non sono
un’esperta. Al contrario, molto spesso
queste persone si mostrano sempre
più tranquille, quasi contente, perché
sanno cosa faranno: sono consapevoli
che la loro liberazione è vicina. Per
questo per me il bene più prezioso è
avere qualcuno vicino a cui dire: «Sto
così male». Qualcuno che non mi dia
una risposta banale come «Su con la
vita, tieni duro» o «Vedrai che le cose
si sistemeranno». Un interlocutore
SWISSLIFE Autunno 2013
con cui aprirmi e con cui condividere
le cose belle e quelle brutte.
Queste persone sono necessarie
nella vita. E si ha bisogno di loro per
continuare a vivere.
In quel trabiccolo di aereo,
per la prima volta nella
mia vita, ho avuto paura.
Già a quattro anni Vreny Alessandri-Stadelmann
(57 anni) calcava le scene e, insieme al fratello
Franz, da oltre 50 anni forma il duo di cantanti
jodel più famoso della Svizzera. L’artista di
Entlebuch lavora anche come direttrice del coro
e compositrice.
Durante i miei oltre cinquant’anni di
carriera, naturalmente, ho vissuto molti momenti speciali. Uno piuttosto
particolare è stato l’invito al Festival
della musica folk in Norvegia nel 2009,
dove ero l’unica artista a rappresentare
la Svizzera e si trattava del festival di
musica folk più grande del mondo! Per
tutto l’evento, dall’arrivo fino alla fine,
ho vissuto momenti da pelle d’oca.
Dopo essere arrivati in aereo a Oslo,
siamo saliti infatti su un trabiccolo di
aereo. Lì, per la prima volta nella mia
vita, ho avuto veramente paura. Avevo
la sensazione che l’aereo cadesse a pezzi
da un momento all’altro! Per fortuna
siamo arrivati sani e salvi e, dopo un
viaggio in auto di un’ora, abbiamo finalmente raggiunto l’area del festival a
Førde. Lì ho avuto di nuovo la pelle
d’oca, ma questa volta per la gioia.
Ognuna delle sale in cui ci saremmo
esibiti, era grande quasi come il centro
KKL di Lucerna.
Già il giorno successivo c’è stato un
altro momento culminante. Insieme ai
rappresentanti di Giappone, Corea,
Hawaii e Africa ci è stato chiesto di cantare a turno alcune brevi frasi sul tetto
di un alto edificio, un centro commerciale, per richiamare l’attenzione dei
visitatori sul festival. Così siamo rimasti in piedi lassù, in alto nel cielo, e cantavamo a turno per venti secondi, mentre il nostro canto veniva trasmesso
dagli altoparlanti. Ma anche i concerti
sono stati indimenticabili. Dato che in
realtà tra il pubblico non c’era nessuno
di lingua tedesca, ho cantato principalmente lo jodel naturale. Si tratta della
forma più primitiva dello jodel, un
canto senza parole.
«Da dove vengono tutte queste persone?» mi chiedevo spesso, osservando
che ogni sera le sale da concerto erano
completamente gremite. Ogni sera
ascoltavamo musicisti provenienti dalle più disparate parti del mondo, musica giapponese, africana, messicana:
erano tutti presenti. Durante la colazione a buffet nell’hotel spesso iniziavamo a fare musica insieme in modo
molto spontaneo. C’era poi il sole di
mezzanotte tipico delle notti di mezza
estate. Per prima cosa ho dovuto abituarmi. E mi è venuta proprio la pelle
d’oca quando, tra tutte le persone presenti, un visitatore mi ha rivolto la parola in bernese. E non è tutto: mi ha
raccontato in modo concitato che in
questa stagione in genere pioveva sempre in Norvegia. Ma qui, al Festival,
splendeva ogni giorno il sole.
Nicola Spirig ha fatto tanto per vincere la medaglia d’oro. Essere arrivata prima per un soffio, rende l’impresa così unica.
A Christine Maier vengono i brividi se pensa che molte persone non riescono a confidarsi o a chiedere aiuto.
Vreny Alessandri-Stadelmann rabbrividisce perlopiù di gioia, tuttavia anche di paura in un trabiccolo di aerero.
Fränzi Wicki cerca il brivido cucinando, ad esempio, un chip di pelle dell’oca che si abbina perfettamente all’insalata di pollo asiatica.
A Nina Burri restava solo quell’occasione per eseguire il suo numero «Goldeneye». La contorsionista l’ha colta al volo ed è stata premiata con una standing ovation.
In veste di architetto, Tilla Theus di fronte a certe costruzioni rabbrividisce costernata o entusiasta.
Storia di copertina // 29
Ho la pelle d’oca quando
un piatto risulta perfetto,
quando racchiude piacere,
fantasia e un sapore tutto
da scoprire.
Fränzi Wicki (43 anni) è considerata una
tra le migliori donne chef della Svizzera.
Dopo uno stage da giovane presso il
celebre chef Anton Mosimann, un periodo
di tirocinio come cuoca a Davos e diverse
tappe in hotel a cinque stelle, oggi cucina
presso l’hotel «Helvetia» (per i zurighesi:
«Helvti») ed è socia del ristorante
«Volkshaus» di Basilea.
Vengo da una famiglia in cui ci sono
artisti, filosofi e moltissimi avvocati.
Per questo sono diventata chef. Ma
non subito. Ho provato a diventare
designer di gioielli, ma non era una
professione da pelle d’oca o perlomeno
non così emozionante come il risotto
assaggiato alcuni anni dopo. Ho fatto
uno stage presso Martin Surbeck al
«Tübli» dove l’ho visto cucinare un risotto con le quaglie. In fondo un risotto con le quaglie è un micromondo, ma
lui lo ha trasformato in un universo e
quando ho messo in bocca il primo
boccone, mi è venuta la pelle d’oca. Ho
provato una gioia immensa che non
avevo mai provato prima.
Il bello della pelle d’oca è che non si
può condizionare. Arriva da qualche
luogo lontano dell’anima e lo fa quando vuole. Poi si avverte come un’esplosione. Non so cosa esploda, ma sono
sicurissima che si tratti di una sensazione di piacere e voluttà. Prima c’è
tensione, poi uno sguardo e subito
dopo lo scoppio che ti travolge per alcuni secondi che sembrano eterni. Ho
SWISSLIFE Herbst 2013
sempre la pelle d’oca quando un piatto
risulta perfetto, quando racchiude piacere e fantasia, ma soprattutto un sapore tutto da scoprire. Quando il palato scopre non solo una nuova costa,
ma un intero continente. Da allora cerco sempre di provare questa sensazione
da brivido quando cucino. A volte mi
riesce. E a volte la pelle dell’oca provoca
la pelle d’oca. La pelle dell’oca non è
molto gettonata in questi giorni in cui
il grasso è considerato una calamità e
il colesterolo il modo più rapido per
morire.
Ma chi antepone il piacere a uno
sterile ragionamento e accoglie con calore la pelle dell’oca per intraprendere
un viaggio verso una sensazione da
brivido, riesce a entrare nel cosmo delle
gioie del palato. Cosa sarebbe un’oca o
un pollo senza la sua pelle? Senza questo vettore del gusto e della sensualità,
tra le altre cose? Senza questa consistenza croccante, senza questo boccone
che rivela una delicatezza infinita,
un’essenza sugosa e un piacere senza
limiti. La pelle, questo semplice strato
protettivo indispensabile per la sopravvivenza, si trasforma da factotum
dell’organismo in un vero caratterista.
Basta prendere la pelle dell’oca o
del pollo, che forse è migliore, stenderla su uno stampo da biscotti e fissarla
con uno spago da cucina. Infarinare
rapidamente la parte inferiore della
pelle e picchiettare delicatamente per
rimuovere la farina in eccesso. Poi cuocere la parte infarinata in una padella
di teflon a fuoco non troppo alto finché non diventa dorata e croccante.
Dopo spalmare un po’ di miele e di salsa di soia e cuocere ancora un po’.
Aspettare che sia completamente fredda, togliere lo spago e tagliare via la pelle. A questo punto abbiamo una patatina di pelle di pollo o di oca. Basta
condire ancora con un po’ di Fior di
sale e pepe. Questa delizia si abbina perfettamente all’insalata di pollo asiatica.
Si può anche staccare la pelle dalla
carne sottostante e utilizzarla successi-
vamente come involucro. È come per i
regali di Natale, il modo in cui sono
impacchettati influisce sul livello delle
aspettative e di intensità con cui li
apriamo. La carne sotto la pelle dell’oca
viene condita e poi racchiusa nuovamente nella pelle, in questo modo le
parti separate si riuniscono di nuovo
ma su un piano completamente sconosciuto. E il piatto si trasforma in qualcosa che per alcuni è semplicemente
cibo, ma che per altri, in grado di godersi questa delizia e di riconoscere
il suo valore, dà vita a un momento
dell’esistenza elettrizzante e da far rizzare i capelli. Questo è il dono della
pelle d’oca.
Quando dopo l’esibizione
presi una boccata d’aria,
mi risvegliai dalla performance come dopo un sogno.
Nina Burri (35 anni) è una ballerina
professionista, ha danzato per il «Béjart
Ballet» di Losanna, al Teatro nazionale di
Saarbrücken e nel «Bal du Moulin Rouge» a
Parigi, prima di imparare l’arte del
contorsionismo in Cina presso l’International Art School. Si esibisce in show televisivi
e varietà, fino a novembre sarà in tournée
con il Circo Knie.
Il momento più intenso in cui ho avuto
la pelle d’oca è stato quando nel 2011
mi sono esibita per la prima volta nello
show televisivo «Die Grössten Schweizer Talente». Fino ad allora non mi conosceva quasi nessuno. Chiaramente,
si è parlato di me quando mi sono allenata per sei mesi, otto ore al giorno, in
una scuola di acrobati in Cina dove mi
sono preparata per fare la contorsionista. E già nel 2009 mi è stato conferito
il Piccolo Premio Walo per la mia produzione artistica, ma fino ad allora il
grande pubblico non aveva la minima
idea di chi fossi. Volevo cambiare questa situazione.
Senza dubbio sono nervosa prima
di ogni esibizione. Ma quel giorno riuscivo a stento a pensare a causa del
panico da palcoscenico. Diversamente
dagli spettacoli dal vivo davanti al
pubblico, qui tutto era registrato dalle
telecamere e sapevo di avere solo
quell’unica possibilità. Eseguii il numero «Goldeneye», un omaggio a James
Bond, per la prima volta. Dopo le prime
due o tre figure mi accorsi che funzionava. Avevo conquistato il pubblico.
Non so mai cosa accadrà, neanche dopo
cento show. Posso prepararmi al meglio
ma poi, sul palco, può andare tutto
storto. O posso aver avuto una bruttissima giornata, in cui niente è andato
bene, ma quando i riflettori sono puntati, tutto torna a posto.
Durante la mia prima esibizione tra
i talenti svizzeri improvvisamente tutto
è diventato chiaro. Tutti gli anni precedenti, ogni singolo spettacolo che avevo
fatto, tutto si concentrava in quell’unico momento. Potevo dimostrare tutto
il mio valore. Quando dopo l’esibizione
presi una boccata d’aria, mi risvegliai
dalla performance come dopo un sogno. L’adrenalina pompava attraverso il
mio corpo e ho impiegato alcuni secondi prima di sentire l’applauso. Quando
ho guardato verso il pubblico, per prima cosa ho pensato: wow, applaudono
tutti! E poi: «Si sono addirittura alzati
in piedi!»
Dopo quell’esperienza molte cose
sono cambiate per me. Improvvisamente mi si aprivano nuove porte, ero finalmente presente sulla scena svizzera. Naturalmente avrei continuato la mia
carriera anche senza questa esibizione,
avrei continuato a fare i miei spettacoli
e le mie esibizioni e mi sarei fatta un
nome nel mondo della danza. Ma non
avrei mai raggiunto il pubblico medio
svizzero. Ora pensano a me, ad esempio,
quando organizzano un matrimonio e
vogliono mostrare ai loro ospiti qualcosa di speciale. Mi fa molto piacere.
La pelle d’oca: una
divertente lezione sulla
creatività
Tilla Theus (70 anni) è architetto,
diplomata ETH/SIA/BSA, e gestisce a
Zurigo una propria azienda con circa 20
collaboratrici e collaboratori. Nata nei
Grigioni, si è specializzata nella progettazione e nell’esecuzione di nuove costruzioni
in contesti urbani difficili, di ristrutturazioni
e risanamenti di oggetti di valore storico/
architettonico e in architettura e design di
interni. Ha richiamato l’attenzione del
pubblico ad esempio grazie alla ristrutturazione dell’Hotel Widder di Zurigo, alla
costruzione della sede principale della FIFA
a Zurigo, al restauro dello Zeughaus di
Zugo e alla costruzione del Gipfelrestaurant
Weisshorn ad Arosa.
I nostri modi di dire lasciamo ampio
spazio alle oche: le usiamo per esprimere la nostra confusione, affermando che
«siamo andati in oca», per identificare
un lavoro inutile, come ad esempio
«ferrare l’oca» oppure riferito alla poca
intelligenza di una donna, definendola
un’«oca giuliva». Ma in particolare
quest’ultima espressione non rende giustizia a questo utile animale. Una leggenda narra infatti che nel 390 a.C. sono
state proprio le intelligenti oche sacre,
dall’orecchio finissimo, ad avvisare con
il loro starnazzare i soldati a guardia del
Campidoglio dell’attacco dei Galli.
Un apprezzamento unanime va alle
oche per le loro piume, che ci consentono di dormire caldi sonni, e per le loro
penne che in tempi passati ci hanno
permesso di scrivere. Le piume d’oca ci
viziano, le penne d’oca in passato ci
hanno semplificato la vita, e la famosa
pelle d’oca, che ci assale quando fa
freddo o quando abbiamo paura, tradisce i nostri sentimenti. I peli del nostro
corpo si rizzano e la nostra pelle si corruga. Come un’oca spennata.
La pubblicità utilizza la pelle d’oca
come un superlativo ed etichetta gli
eventi più eccezionali come «da pelle
d’oca». Un istituto per la ricerca di incontri promette: «Riuscirete anche voi
a sentire molto presto la piacevole sensazione della pelle d’oca che vi dà un
nuovo innamoramento.» All’estremo
opposto della scala di sensazioni troviamo l’effetto pelle d’oca scatenato da
alcuni aeroporti pericolosi.
Le oche e la loro pelle sono senza
difesa. Quello della pelle d’oca è un
semplice riflesso ma anche una delle reazioni più meravigliose. Nella mia professione di architetto, di fronte a un
edificio orribile, per fortuna posso ancora esprimere un giudizio discreto affermando che la pelle d’oca segnala la
mia costernazione. Così come davanti
alla gioia ispiratami da un palazzo
grandioso, non ci sono freni all’entusiasmo delle mie emozioni e la pelle
d’oca segnala inequivocabilmente le
mie sensazioni positive.
Da sempre la scienza afferma che
commozione, paura e freddo fanno rizzare i peli del corpo umano, trasformando la pelle in una superficie caratterizzata da piccolissime collinette. E
qualcuno in passato ha associato questo effetto alla pelle delle oche. È nata
così la chiara descrizione di un fenomeno controllato in modo complesso dal
nostro sistema nervoso.
Ma a prescindere dalle cause e dagli
effetti della pelle d’oca, questo fenomeno è per me un eccezionale esempio di
creatività linguistica. Il concetto è alta-
Storia di copertina // 31
mente pregnante e figurativo. Quanto
spesso ci succede di lambiccarci per
trovare le parole giuste e ci impantaniamo in circostanziate formulazioni
che generano solo fraintendimenti comunicativi. Vale la pena di dire le cose
come stanno. Con la «pelle d’oca» ci
siamo riusciti. Da questa espressione
possiamo apprendere la creatività, nella parola e nella scrittura, ma in parti-
colare il coraggio e la voglia di essere
creativi in assoluto.
Questo vale anche per l’architettura. Le pelle delle oche è una geniale invenzione della natura in fatto di isolamento esterno. Quando è il momento,
svolge un’immediata funzione refrigerante o riscaldante. Altrimenti resta nascosta. Il suo funzionamento e la sua
manutenzione sono a costo zero. Do-
vremmo essere in grado di copiare la
pelle d’oca. Si tratterebbe di una rivoluzione in campo edilizio. E il termine
«architettura a pelle d’oca» avrebbe un
significato probabilmente positivo.
Pelle d’oca: un retaggio della nostra pelliccia
E perché qualche volta questi piccoli peli si rizzano?
In caso di freddo, paura o eccitazione si produce
una contrazione del muscolo del follicolo
pilifero, controllata dal sistema nervoso vegetativo, che fa rizzare la cosiddetta lanugo. Alla
radice di ogni singolo pelo del corpo si trova
questo piccolo muscolo. L’immagine dei peli del
corpo che si rizzano e dei piccoli puntini in
rilievo sulla superficie della pelle ricorda quella
di un’oca spennata.
E qual è lo scopo della pelle d’oca?
Il lieve inturgidirsi dello strato superficiale della
pelle, l’epidermide, produce la formazione di
piccoli puntini in rilievo, chiamati papule. In
questo modo si amplia la superficie della pelle e
aumenta la necessaria sudorazione in situazioni
di stress. Per questa ragione quando si ha la
pelle d’oca si avverte quasi sempre anche una
leggera sensazione di freddo.
Tutte le persone reagiscono allo stesso modo?
Dott.ssa Clara Boudny Frey, da dove deriva la pelle d’oca?
La pelle d’oca è un’eredità dei nostri antichi avi,
gli uomini primitivi, che avevano tutto il corpo
ricoperto da una folta pelliccia.
Assolutamente no, ogni individuo reagisce in
modo diverso. Proviamo la pelle d’oca anche in
caso di forti emozioni e di sensazioni negative o
positive.
La pelle d’oca dipende anche dalle emozioni?
ci sono più tracce visibili oggi...
Certo. Le emozioni dell’uomo spesso si palesano
attraverso cambiamenti della pelle anche se,
fino a oggi, non sappiamo con certezza come
riescano le emozioni ad influire sulla pelle.
La peluria che ricopre alcune zone della nostra
pelle è ciò che rimane della nostra preistorica
pelliccia. Nello strato profondo dell’ipoderma si
trovano le radici da cui si sviluppano i peli.
La dott.ssa Clara Boudny Frey è socio fondatore dello Swiss Group for
Esthetic Dermatology & Skincare, membro della Società svizzera di
dermatologia e venereologia (SSDV) ed esercita presso la società Skinmed di
Aarau come medico specialista FMH di dermatologia e venereologia.
Ma della pelliccia di due milioni di anni fa non
SWISSLIFE Autunno 2013
Rumori che fanno rizzare i capelli
A molte persone viene la pelle d’oca ogni volta che il gesso stride sulla lavagna o il coltello
raschia il piatto. Questi rumori sono estremamente forti, con frequenze che vanno da
6 000 a 10 000 hertz e un volume da 80 decibel. Il sistema limbico presente nel nostro
cervello li elabora come eventi spaventosi provocando il fenomeno della pelle d’oca.
SWISSLIFE presenta la classifica dei sei rumori più fastidiosi.
11 100
su
rabbrividiscono quando il violino
stride o è scordato.
9 100
su
provano una sensazione di fastidio che va dalla
testa ai piedi quando sentono il fruscio
prodotto dal polistirolo.
82 100
su
restano paralizzati quando il gesso
stride sulla lavagna.
Mix di numeri // 33
43 100
su
perdono l’appetito se il coltello
raschia il piatto.
3 100
su
21 100
su
provano un brivido freddo lungo
la schiena quando sentono
il ronzio di una zanzara.
sono quelli a cui si drizzano i capelli
non appena sentono il rumore
del trapano del dentista.
Scaricate l’app SWISSLIFE disponibile nell’App Store
e su Google Play e scoprite quali sono i rumori
che fanno rabbrividire il vostro tablet o smartphone.
E naturalmente anche voi.
SWISSLIFE Autunno 2013
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design: greutmann bolzern
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poco sarò a
casa non mi
aspetta più
nessuno.
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pensando di formare una famiglia, fondare un’impresa o affrontare
la questione della previdenza: la nostra consulenza vale oro.
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Clinica dermatologica dell’Ospedale universitario di Basilea // 35
Foto: Giorgio von Arb
Il futuro
comincia qui.
Ogni giorno si occupano della pelle con passione,
scrupolosità e la massima competenza: sono i membri
dello staff della Clinica dermatologica dell’Università
di Basilea. Il fotografo Giorgio von Arb ha ritratto i
collaboratori della clinica il cui lavoro sta diventando
sempre più importante dato che il 20% della popolazione soffre di una malattia della pelle e necessita di
un adeguato trattamento.
›››
SWISSLIFE Autunno 2013
Peter Itin, 58 anni, primario, Basilea:
«Il cancro della pelle è la forma di tumore più diffusa.
Essendo visibile, può essere diagnosticato in teoria
precocemente. Noi, come reparto del nuovo centro
tumori dell’Ospedale universitario di Basilea, siamo
in grado di garantire un trattamento ottimale.»
Katja Ivanova, 40 anni, aiuto primario, Basilea:
«Come dermatologa mi preoccupo che ogni
persona si senta a proprio agio con la sua pelle.»
Andreas Arnold, 44 anni, aiuto primario, Basilea:
«La pelle è come un libro illustrato.
Si possono vedere colori, forme e motivi
combinati la cui interpretazione alla
fine ci permette di fare una diagnosi.»
Sandra Hasler, 43 anni, segretaria del primario, Basilea:
«Il mio lavoro mi emoziona perché è complesso
e diverso, ma anche delicato e interessante.»
Brit Freitag, 41 anni, responsabile
dei servizi ai pazienti, Lörrach D:
«Mi piace lavorare in modo
efficiente con strutture snelle e
impiegare con intelligenza le
risorse nel settore sanitario.»
Lidija Okolic, 44 anni, infermiera, Basilea:
«Il lavoro presso la clinica dermatologica
mi piace perché mi permette di svolgere
le mansioni più varie e, soprattutto, di
venire a contatto con le persone.»
Inge Graf, 58 anni, tecnico di laboratorio biomedico, Basilea:
«Con il microscopio sono a stretto contatto con le cellule.»
Barbara Wenger, 42 anni, segretaria, Basilea:
«Nella clinica dermatologica mi sento
completamente a mio agio perché non
solo il lavoro è ideale per me, ma anche
le persone sono fantastiche.»
Peter Häusermann, 46 anni, medico capo, Bottmingen BL:
«Mi entusiasma venire a contatto ogni giorno con
i numerosi pazienti perché si incontrano sempre
persone estremamente interessanti a livello umano.»
Gabriel Vujic, 37 anni, specialista in cura delle
lesioni cutanee CAS Wound Care, Istein D:
«Per me, come specialista in lesioni cutanee,
è sempre affascinante osservare la pelle
durante i suoi processi di autoguarigione e
contribuire al loro successo.»
Astrid Lochmann, 51 anni, segretaria, Basilea:
«Gente simpatica, lavoro interessante, ottimo team,
da 13 anni sono lieta di lavorare presso la segreteria
della clinica dermatologica.»
A Swiss Life // 49
Testo: Helmut-Maria Glogger, foto: Tom Haller
Diviso tra
aula scolastica
e fiera
In veste di insegnante e giostraio, il frontaliero
dell’Argovia Paul Läuppi si divide tra due mondi
completamente diversi.
›››
SWISSLIFE Autunno 2013
U
na coppietta sale nella galleria degli orrori «Horror
House» nel parco dei divertimenti «Joyland». Entrano insieme, ma esce fuori solo lui. Circa a metà
del percorso, che dura poco meno di nove minuti, lui le ha
tagliato la gola e l’ha gettata vicino al binario. Il cadavere
viene trovato solo all’una di notte, quando il personale controlla se ci sono di nuovo delle mutandine vicino ai fantasmi. Con questo racconto truculento l’autore del brivido
Stephen King ci trasporta nel suo ultimo romanzo dal titolo
«Joyland» alla scoperta di «chi è l’assassino?». Un’opera che
il maestro elementare dell’Argovia Paul Läuppi, il sessantaduenne «padrino» della vecchia galleria degli orrori del Prater
di Vienna, non vuole neanche leggere. Läuppi restaura con
alcuni amici la giostra, ormai decrepita, e non vuole spaventare i 14 fantasmi intagliati a mano con storie truculente.
«La vita interiore della vecchia galleria degli orrori del
Prater di Vienna è un mistero», afferma dandosi una pacca
sull’addome pingue. Questo è il risultato di molte ore trascorse alla cattedra, nel suo capannone in Argovia destinato
al reparto di «chirurgia per il restauro dei fantasmi» e nella
casetta della cassa dove vende i gettoni delle giostre per provare qualche attimo di orrore e paura: «Svelo solo che insieme a scheletri ed effetti spaventosi, la pelle d’oca è garantita
anche dalla presenza di una strega, di animali selvatici e di
Frankenstein.»
Il maestro elementare diplomato, con i suoi occhi grigioverdi che spuntano sotto i ricci color marrone lepre sparsi
sulla grossa testa, aggiunge orgoglioso: «In più c’è questo
inconfondibile odore di muffa! E l’oscurità totale grazie alle
tende del sipario nere, tagliate perfettamente su misura, impenetrabili alla luce e difficilmente infiammabili.»
Già solo andare a scovare il filosofo del parco dei divertimenti Läuppi equivale a un giro nella galleria degli orrori. È
un road movie diretto dal traffico stradale dell’Argovia. Innanzitutto si affrontano alcune curve molto strette che, in
pratica, conducono al nulla e poi intorno a una rotonda trapezoidale che compare all’improvviso si arriva in una corsia
con il traffico veramente limitato da buche e cartelli di divieto. Poi si passa davanti a inferriate un tempo piene di vita,
ma oggi ormai decadenti, a tetre baracche di legno e a un
cubo, evidentemente dimenticato lì, dipinto senza la minima cura con dei graffiti come se fosse opera di quel famoso
graffitaro dell’Argovia che è stato condannato a ricevere tre
bastonate per «atti di vandalismo» a Singapore.
Città industriale fantasma nel quartiere di Torfeld ad Aarau: dietro porte e portoni chiusi con catenacci, davanti ad
autocarri senza più interni o senza ruote, lì vi accoglie un
uomo felice, si tratta di Paul Läuppi davanti alla sua officina
per le giostre. Quest’uomo sembra diverso dai comuni gio-
strai delle fiere. Quelli di solito sono tipi piuttosto muscolosi e con molti tatuaggi che indossano jeans sbiaditi e magliette senza maniche con la scritta Motörhead. Sui capelli
tinti di nero corvino portano o un basco in finta pelle indossato di traverso o sono completamente rasati. E dietro all’orecchio hanno sicuramente una sigaretta senza filtro. Niente
di tutto ciò! Läuppi, il giostraio della galleria degli orrori,
non sembra affatto uno di quegli imbonitori delle fiere di
«Il sogno della mia vita è: riuscire
a portare Liz Mitchell sulla
Calypso! Te lo immagini?
La cantante dei Boney M. sulla
Calypso! O nella galleria degli
orrori. Sarebbe il massimo.»
una volta con le giostre sudicie e simili a un luogo di perdizione, dove le madri ingenue perdevano di vista le figlie con
la sottogonna davanti a temerari posteggiatori dell’autoscontro, a mattatori del tiro a segno o ad abili venditori di
zucchero filato. Ma una cosa è rimasta dei vecchi tempi, il
classico cartello delle fiere: «Cercasi giovane come accompagnatore di viaggio.»
Paul Läuppi è insegnante. Ha imparato la professione
frequentando l’istituto magistrale cantonale di Aarau dal
1968 al 1972. In passato ha seguito 32 insegnanti in veste di
ispettore scolastico. Come supplente, in quattro, cinque
anni, ha insegnato in 25 scuole. Finché questo single ha
ottenuto a Menziken-Burg la sua nomina all’85% «come
insegnante fortunato e felice gestore della leggendaria e mitica giostra Calypso.»
Non è facile arginare questo divertente conversatore
mentre racconta la storia della galleria degli orrori. Prima
deve parlare dei Boney M. Era un gruppo di disco music
che ha ottenuto grande successo negli anni ’70 con canzoni
orecchiabili come «Daddy Cool» o «Rivers of Babylon».
Ancora oggi Paul Läuppi diventa matto quando ne parla:
«Il sogno della mia vita è: riuscire a portare Liz Mitchell sulla Calypso! Te lo immagini? La cantante dei Boney M. sulla
Calypso! O nella galleria degli orrori. Sarebbe il massimo.»
Questo deve spiegarlo. Nel 1966, durante la ventiquattresima Festa della musica svizzera ad Aarau, il cadetto Läuppi
La giostra Calypso ha 50 anni in più della Playstation, dell’X-Box o dell’iPod. Ma sopporta la loro concorrenza con disinvoltura.
SWISSLIFE Autunno 2013
Nei primi anni ’60 la giostra Calypso ha svegliato la passione di Paul Läuppi per questa attività itinerante.
A Swiss Life // 53
doveva presentare con una chicca il brano musicale della polizia «La Landwehr de Fribourg» al festival. Ma dove si era
cacciato il cadetto Läuppi? Era in piedi, esterrefatto e affascinato davanti alla nuova stella rotante del firmamento del
luna park: la giostra Calypso. Questa era stata costruita dalla ditta Mack di Waldkirch ed era stata utilizzata per la prima volta nel 1958 all’Oktoberfest di Monaco. Un successo
incredibile. È stato necessario utilizzare funi di sbarramento
per trattenere la gente. «Calypso» era il nome della giostra
perché allora Harry Belafonte era molto popolare con le sue
canzoni. Läuppi parla con entusiasmo: «Il ritmo dolce della
musica si adattava perfettamente ai movimenti circolari della giostra che girava.»
Nel 1963 anche in Svizzera era in funzione una nuova
giostra Calypso. E nel 1965 la ditta Müller rilevò la giostra
«La vita interiore della galleria
degli orrori è un mistero. Svelo
solo che insieme a scheletri ed
effetti spaventosi, la pelle d’oca
è garantita anche dalla presenza di una strega, di animali
selvatici e di Frankenstein.»
con Martha Müller come vera anima dell’azienda: «Seguii la
Calypso. Comprai gettoni, altri gettoni e ancora gettoni, finché la signora Müller mi lasciò salire gratis.»
A Lenzburg Läuppi girò sulla Calypso dalle 21.30 all’1.30
senza sosta: «Senza scendere. Se ti siedi nel modo giusto e ti
concentri, non stai male.»
Al «Knabenschiessen» (gara di tiro) di Zurigo Läuppi
guadagnò i gettoni per girare tre giorni sulla giostra per aver
sostituito un aiutante con dei foruncoli sul didietro: «Logicamente con la mia musica. Con i Boney M.» E a Wädenswil
la signora Müller dovette assentarsi per andare alla toilette e
Läuppi diventò per la prima volta responsabile della giostra
e della cassa.
In più c’era sempre la scuola.
Nel 1989 la Calyspo era in condizioni così pessime che
un anno più tardi Läuppi la rilevò, senza pensarci troppo, la
restaurò con degli amici e da allora la fa girare portandola in
ogni angolo del paese. «Non è stato così facile: ho dovuto
SWISSLIFE Autunno 2013
imparare a guidare anche l’autocarro. E poi ho dovuto trovare anche un capannone dove poter mettere al riparo la giostra durante l’inverno. Läuppi ci riuscì. Ma vivere solo con i
guadagni della giostra era un’illusione. «Nel profondo del
mio cuore sono un insegnante: Läuppi appartiene all’aula
scolastica», ammette ma non può abbandonare la sua passione per l’attività itinerante.
E arriviamo alla galleria degli orrori. Il suo ultimo progetto a lungo termine. «Anche quella era in condizioni terribili», ricorda. Negli anni ’30 era ancora in giro in Austria con
il nome «Viaggio nella giungla», andò in tour, venne trasformata in una galleria degli orrori a due piani che dal 1952
iniziò il suo viaggio per tutta la Svizzera. Poco prima del passaggio al nuovo millennio la giostra scomparve dalla scena.
«I visitatori del luna park mi chiedevano spesso notizie
dell’affascinante vecchia galleria degli orrori», racconta
Läuppi, che essendo un giostraio da molto tempo e un nostalgico conosce perfettamente l’ambiente. Finché nel 2005
conobbe l’attuale proprietario della galleria degli orrori, Pascal Steiner.
Quando tre anni fa Läuppi affittò il capannone nel quartiere di Torfeld ad Aarau, chiamò subito Pascal Steiner e gli
disse semplicemente: «Lasciaci iniziare il restauro.» Dal settembre 2011 Läuppi (pur sempre insegnante all’80%!), Steiner e un’intera squadra lavorano ogni settimana per più di
20 ore alle due giostre. La facciata, le figure e le piccole vetture ammaccate sono state restaurate a mano con l’ausilio di
vecchie foto e il supporto della pittrice in pensione Gertrud
Sommer di Neuhausen. «Ma lei aveva già quasi 80 anni, così
abbiamo portato i pezzi più piccoli della facciata e le otto
vetture da Aarau a Neuhausen.» Oggi la giostra è pronta a
tornare in funzione ed è stato sistemato tutto: oltre alla madre di 88 anni di Läuppi, Hildy, che vende i gettoni per la
Calypso alla cassa, il meccanico Alois Steiner si occupa della
manutenzione della giostra e il mago degli impianti elettrici
Beat Ranalder è finora riuscito a riparare ogni guasto.
I rappresentanti delle autorità che hanno ispezionato la
galleria degli orrori restaurata hanno voluto due tappe al
buio in meno, perciò due fantasmi in più: nessun problema
per Läuppi e la sua squadra.
E se gli ubriachi fanno gli stupidi, il padrino della galleria
degli orrori ha un sistema molto semplice: «Posizioniamo lì
due aiutanti e, se i passeggeri fanno gli stupidi, gli puntiamo
una luce direttamente in faccia. Questo li spaventa così
tanto che torna subito la quiete tra i fantasmi.» «Sì, sì», dice
Läuppi accarezzandosi la pancia, «la galleria degli orrori del
Prater di Vienna sarà proprio il pezzo forte alla Fiera d’autunno di Basilea che si terrà dal 26 ottobre al 10 novembre
2013. Un vero e proprio gioiello.»
Les Diablerets, Cantone di Vaud
Ciao, ti possiamo
svelare i nostri
consigli segreti?
Ovvio che dimostrano le loro capacità di preferenza sulla pista. Ma nessun altro che i nostri maestri di sci
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www.swisslife.ch/rivista
I piaceri della tavola // 57
Un saluto dal mare, dal frutteto
e da un prato di zafferano.
Il connubio tra terra e mare, dolce e salato,
croccante e morbido: nel piatto arriva
una portata dal sapore meraviglioso
e dall’aspetto ancora più
straordinario.
Georges Lelièvre
sulla sua cucina
aromatica
Ingredienti per 4 persone: 300 g di granciporro, 2 mele Granny Smith, germogli (p. es. crescione,
portulaca o rucola), 1 bouquet garni (1 carota, 1 cipolla, 1 foglia di alloro, timo), 100 g di
cipolla tagliata a dadini, olio di oliva, 10 g di foglie di timo, 150 g di maionese, 1 mazzetto di
coriandolo, 1 lime, 5cl di aceto balsamico bianco, farina, sale, pepe appena macinato,
riduzione di balsamico.
Per la spuma allo zafferano: 1 capsula di gas, 250 g di panna, pistilli di zafferano, sale.
Georges Lelièvre gestisce insieme alla moglie
Céline l’hotel «Auberge de l’Union» ad
Arzier (VD). Per la sua arte culinaria è stato
insignito con 15 punti Gault Millau e nel
2013 è stato acclamato come «Rivelazione
dell’anno in Romandia».
www.auberge-arzier.ch
Illustrazioni: Sylvia Geel
Millefoglie di mela e granciporro con spuma allo zafferano
Sbollentare il granciporro per 20 minuti in acqua aromatizzata con un
bouquet garni, passare in acqua ghiacciata, dividere a metà ed estrarre
la polpa // Saltare le cipolle in olio d’oliva a fuoco vivo per 5 minuti,
aggiungere il timo // Spuma: far sobbollire 250 g di panna con un
pizzico di sale e i pistilli di zafferano per 10 minuti, filtrare, riempire il
sifone, inserire la capsula del gas e mettere in fresco // Mescolare la
maionese con il granciporro, la cipolla e il timo, il coriandolo tritato,
il succo di lime, l’aceto balsamico bianco, un po’ di farina, sale e pepe //
Estrarre il torsolo della mela Granny Smith, tagliare a fette dello spessore
di 3 o 4 mm, immergere in acqua aromatizzata con il lime // In un
piatto da portata disporre le fette di mela e il granciporro su tre strati //
Aggiungere la spuma allo zafferano sull’ultima fetta di mela // Guarnire
con pistilli di zafferano, foglioline di erbe aromatiche e riduzione di
aceto balsamico
Desidero combinare tutti gli ingredienti migliori che crescono in abbondanza nel mio territorio con prodotti straordinari provenienti da
tutto il mondo. La ricerca per trovare
i prodotti migliori è lunga; si tratta di
una missione che dura tutta la vita e
rende il nostro lavoro così interessante, affascinante e sorprendente. In
questa ricetta la mela acidula Granny
Smith riveste un ruolo centrale. Questa mela, molto diffusa anche nella
nostra regione, grazie alla sua consistenza croccante è ideale da abbinare
alla tenera carne del granchio con il
suo sapore discreto e quasi dolciastro.
I molteplici aromi racchiusi in un
pistillo di zafferano danno vita a un
condimento dalle più svariate sfumature. Nel piatto il tenue color rosso
arancio dello zafferano, abbinato al
verde delle giovani foglioline di erbe
aromatiche, conferisce il tocco finale
alla portata creando un meraviglioso
effetto cromatico. Una cucina aromatica fresca e semplice.
SWISSLIFE Autunno 2013
Ovunque in
Svizzera è facile
accedere al
piacere del vino.
Se desiderate gustare vini speciali anche in occasioni non speciali, Martel è l’azienda che
fa per voi: quale impresa a conduzione familiare giunta alla quinta generazione coltiviamo
una cultura vinicola che abbina tradizione e classicità a innovazione e creatività. Grazie
ai nostri lunghi rapporti d’amicizia con i viticoltori, da noi troverete rarità che cercherete
invano altrove. Lasciatevi rapire dalla varietà e dal sensuale piacere del vino − e venite
semplicemente a trovarci: www.martel.ch
Illustrazioni: Sarah von Blumenthal
Beni Frenkel // 59
Quante esperienze del passato restano impresse nella memoria? Se si
considera normale il mio cervello, allora quasi nessuna. Le rare brevi
sequenze del passato che mi tornano in mente sono storie caratterizzate
dal fattore pelle d’oca. Tutto il resto è molto confuso nella mia testa.
Devono essere trascorsi ormai poco meno di 25 anni da
quando ho partecipato a questo campo per ragazzi. Era stato organizzato dalla Federazione svizzera delle comunità
israelite (FSCI). Mi ricordo veramente poco di ciò che abbiamo fatto in quell’occasione. Abbiamo dovuto trascorrere
due settimane in un bunker sotterraneo, vicino a una scuola
elementare, da qualche parte nel Canton Argovia. Tutto è
confuso ed è un peccato. È come se fossi stato ubriaco per
due settimane. E avevo solo 11 anni.
Probabilmente abbiamo giocato a calcio e a ping pong
per due settimane. C’era un programma? Non lo ricordo
proprio. Mi ricordo solo due cose. E me le ricordo come se
fossero accadute ieri. Una volta è venuto a trovarci un vecchio rabbino. Eravamo un gruppo di bambini atei che non
aveva niente da spartire con la religione. Ma i nostri genitori
volevano rafforzare la nostra identità ebraica e per questo ci
hanno mandato in quel bunker che puzzava di muffa.
Così è venuto quel rabbino e ci ha chiesto di formare un
grande cerchio. Poi ci ha detto che avrebbe intonato una melodia. Se tutti avessimo canticchiato a bocca chiusa e avessimo continuato a farlo anche a casa, allora Israele sarebbe
stato presto liberato e finalmente sarebbe arrivato il Messia
degli ebrei! Oggi non sono più sicuro se il rabbino ci avesse
effettivamente raccontato questa stupida storia. Ma a undici
anni si crede a qualsiasi cosa.
La melodia aveva un suono bellissimo. Quando le nostre
cento giovani voci intonarono quel canto insieme al rabbino, il mio corpo fu attraversato da brividi. Molte ragazze
chiudevano gli occhi e si lasciavano dondolare al ritmo della
melodia. Il testo era un semplice «Lalalalala», ma quando il
rabbino tirò fuori la chitarra e noi cantammo ancora più
SWISSLIFE Autunno 2013
forte «Lalalala», fu come se il cielo si aprisse un po’. Stranamente, oggi quando mi capita di ascoltare alla radio «Ich bin
der König von Mallorca» penso a quel canto di liberazione.
«Non dimenticate questo canto!», ci gridò subito dopo il
rabbino, mentre noi ci lanciavamo all’assalto del pranzo. Mi
ricordo ancora che fischiettai quel canto dedicato al Messia
per tutto il giorno. Pensai che la liberazione non doveva fallire a causa mia. Naturalmente il giorno dopo avevo dimenticato la melodia.
La mia seconda esperienza indimenticabile è stata Chantal. Ultima sera. Chantal mi superava in altezza di mezza testa e aveva già un accenno di seno. I direttori del campo
ebraico ebbero l’idea di formare le coppie di ballo tirando a
sorte. E io fui il ballerino assegnato a Chantal. Un’esperienza
che fino a oggi non ho dimenticato: il modo in cui mi guardava intensamente negli occhi e si avvicinava a me. Pelle d’oca. Era come «Dirty Dancing», con la differenza che Chantal
era l’insegnante di ballo e io quello che inciampava. Non avevo la minima idea di come e dove dovevo toccare la mia partner e cosa dovessi fare con le gambe. Sapevo solo che in quel
momento avrei preferito avere al mio fianco John Travolta,
piuttosto che il Messia.
Da allora è passato molto tempo. Non ho mai più ballato. E il Messia degli ebrei aspetta ancora la mia canzoncina.
Ma queste sono le due piacevoli esperienze che mi tornano
volentieri alla mente. Quelle che racconterò ai miei nipoti.
Molte volte.
Beni Frenkel è maestro elementare e lavora come giornalista
freelance tra l’altro per l’NZZ am Sonntag. Per SWISSLIFE descrive
esperienze quotidiane indimenticabili.
Vincete
495 CV
e otto
cilindri
per una
settimana.
La vista lascia senza fiato. Appena si avvia il motore un brivido
freddo corre lungo la schiena. La nuova Jaguar F-TYPE è una
macchina sportiva purosangue con motore V8 da cinque litri
dotato di compressore di alimentazione, 495 CV, 625 Nm e tutto
ciò che serve per godersi una guida senza limiti. Con un po’ di fortuna
potrete aggiudicarvi questa fantastica auto sportiva per una settimana.
Tutto ciò che vogliamo sapere è come si chiama la leggendaria Jaguar, di cui
il modello F-TYPE è il degno successore anche nel nome? In bocca al lupo!
Concorso // 61
Che rumore fanno 495 CV?
Scopritelo con l’app SWISSLIFE.
Per facilità basta rispondere online alla domanda (www.swisslife.ch/rivista).
Oppure inviateci la cartolina di risposta allegata con la vostra soluzione
(scheda della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è il
7 dicembre 2013. I vincitori saranno resi noti nella prossima edizione di
SWISSLIFE. Congratulazioni a Valentina Bilalovic di Oberrohrdorf per aver
vinto l’ultimo concorso di SWISSLIFE.
SWISSLIFE Autunno 2013
62 // Fuoriprogramma
Chris von Rohr dei Krokus
sulla canzone Dög Song
«Siamo ancora
dei cuccioli che
amano giocare»
All night long –
you gimme what I need
All night long –
the world is at your feet
«Siamo lieti che con l’album «Dirty Dynamite» registrato
negli Abbey Road Studio di Londra abbiamo dato vita alla
più riuscita produzione svizzera del 2013. Questo non è
scontato, ma la gente si rende conto che hanno collaborato
a questa produzione i musicisti più adatti e lo fanno con
immenso piacere. La band si è ritrovata ed è andata in tour
partecipando a festival in tutto il mondo e riempiendo le
sale. Il prossimo anno toccherà a Sudamerica e Asia.
In realtà il brano «Dög Song» è stato realizzato molto
rapidamente; ci siamo passati la palla a vicenda, Fernando e
il sottoscritto: lui arriva con un riff, io sviluppo la melodia,
il ritornello, dopodiché scrivo il testo con Marc e il pezzo è
pronto. Una semplice hit estiva, niente di più e niente di
meno. Molto più interessante è stata in realtà la realizzazione
del video per questa canzone. Volevamo fare un videoclip in
cui non comparisse la band.
Questa idea è nata già con la copertina. Per il nostro 17°
album in studio volevo una copertina che non riproducesse
di nuovo un teschio e mi sono consultato con il mio manager che ha proposto l’idea: esiste una copertina famosa di
classe A con un cane? Non esisteva niente di simile o perlomeno non qualcosa di cui il grande pubblico si ricordi. Così
abbiamo optato per questa immagine che riproduce un divertente bulldog inglese dall’aspetto cool che fuma, un’immagine che si presta perfettamente anche come soggetto
scenografico. Ma abbiamo voluto andare oltre: noi «Krokus»
siamo ancora dei cuccioli che amano giocare. Non rinunciamo mai a divertirci. Allora ci siamo detti: facciamo scatenare
a Los Angeles questo folle bulldog di nome «Da dög» al
nostro posto, lasciamo che provi tutto lo splendore e la
tristezza, le mode all’ultimo grido, le crisi di astinenza, la
velocità e l’avventura nella La La Land.
Questo probabilmente è l’unico video rock al mondo
girato con un cane in cui quattro zampe riveste il ruolo principale per tutta una canzone, fa un viaggio di scoperta esplorando questa L.A. dall’animo trash. L’autore del video, Martin Häusler, ha poi prodotto il pezzo, impresa per niente
facile dato che gli americani sono terribilmente puritani e il
video è stato bloccato più volte semplicemente perché si
vedeva un seno nudo o chissà per quale altro motivo. Ci hanno messo i bastoni tra le ruote, al momento si è creato un
ghetto gigantesco di esclusi tra case discografiche e YouTube,
quindi eliminano il pezzo e tu ricominci da zero clic. Ma
sapete, noi abbiamo sempre amato il vento contrario, ci
mantiene freschi.
E oggi è ancora più bello apprendere che la canzone è
stata richiesta per l’app «Pinball Rocks» venduta milioni di
volte. Penso che la clip abbia il potenziale per diventare un
video di culto che sarà scoperto negli anni a venire anche da
persone che non sono fan dei «Krokus», perché è divertente
e fa un gran casino, offrendo della buona musica rock. Della
serie: rimanete rilassati n’ keep on rocking in a free world!»
Da quasi 40 anni il gruppo dei «Krokus» è sinonimo di onesto hard rock.
La rock band svizzera di maggiore successo ha già venduto oltre 14 milioni di
dischi, ha viaggiato per tutto il mondo vincendo dischi d’oro e di platino
anche negli Stati Uniti e in Canada. Dalla reunion della formazione originale
avvenuta nel 2008 e dalla successiva pubblicazione dei due album «Hoodo» e
«Dirty Dynamite», numero 1 nelle classifiche, la band di Soletta sta portando
di nuovo la sua musica rock su tutti i maggiori palchi del mondo.
Durante l’ultima gara di sci
di Didier Cuche
La sinfonia n. 4
di Anton Bruckner
Quando guardo mio figlio fare sport
Pensare alle mie nozze
Alla notizia che
mio nonno è morto
Quando persone importanti
dicono che mi amano
Il mio primo amore
www.swisslife.ch/rivista
Stampato su carta certificata FSC
X-Per, opaca, 200 g/m2,
impreziosita da stampa a rilievo puntinata.