4° anno // Numero 3 // CHF 6.50 Autunno 2013 // Pelle d’oca La nascita del mio primo figlio Pensare di dover parlare davanti a un gruppo di persone Quando penso ai ragni Il giorno della partita sulla Sir Matt Busby Way diretto all’Old Trafford Giocare a «Alone in the Dark» sul televisore con maxischermo immerso nell’oscurità più totale Quando il pubblico canta a un concerto dal vivo A 15 gradi sotto zero Durante l’inno nazionale per la vittoria olimpica di Carlo Janka Un sondaggio ha rivelato quali sono le situazioni che fanno venire la pelle d’oca alle collaboratrici e ai collaboratori di Swiss Life. Editoriale // 3 Buongiorno Noi tutti conosciamo bene questa sensazione: ci vengono i brividi perché abbiamo freddo, perché proviamo una forte emozione o alla vista di qualcosa di spaventoso. I peli si rizzano ed ecco che arriva la pelle d’oca! Sono momenti particolari in cui «rabbrividiamo». Un’esperienza simile l’ha vissuta la campionessa olimpica Nicola Spirig la scorsa estate a Londra, quando con uno sprint si è aggiudicata la medaglia d’oro in una finale al cardiopalmo. E poi, come ci racconta a pagina 22, è rimasta nell’area del traguardo completamente sfinita e con la pelle d’oca per il trionfo conquistato. Questo numero di SWISSLIFE vi farà venire la pelle d’oca non appena ammirerete gli scatti paesaggistici del fotografo Peter Hebeisen che ha documentato gli ex campi di battaglia in Europa. Il contadino Thomas Jenny, che estiva 300 oche nel suo alpeggio, conosce la pelle d’oca soprattutto sotto forma di delizia gastronomica. E il maestro elementare Paul Läuppi che non si limita ad attraversare il Paese con una giostra ma restaura anche la galleria degli orrori del Prater di Vienna – con 14 fantasmi intagliati a mano. Vi auguro una buona lettura. SWISSLIFE Autunno 2013 Ivo Furrer, CEO di Swiss Life Svizzera: «Personalmente il mio momento da pelle d’oca lo vivo ogni volta che, dopo un’escursione con la mia famiglia, posso godermi il fantastico panorama della regione di Sörenberg-Flühli.» 08 Swiss Photo Selection: Una quiete spaventosa Con il tempo l’erba ha ricoperto quei luoghi. Gli scatti paesaggistici del fotografo Peter Hebeisen che nella luce mistica si presentano così quieti, rappresentano tutti quanti dei luoghi terrificanti: sui campi di battaglia del passato persero la vita migliaia di persone. 18 Due facce della medaglia: 22 Pelle d’oca e arrosto d’oca Storia di copertina: Il brivido delle emozioni Dal campo di battaglia al paesaggio campestre La battaglia di Arras sul fronte occidentale della Prima guerra mondiale, durante la quale britannici e canadesi occuparono lo strategico crinale di Vimy, costò la vita a 150 000 soldati britannici. Parte per lo più dalla testa, corre giù lungo il collo e arriva fino alle mani e ai piedi: ecco la pelle d’oca. Tutti conoscono questa sensazione, ma ognuno reagisce in modo diverso. SWISSLIFE mostra cosa tocca da vicino sei donne svizzere. 32 Mix di numeri: Rumori che fanno rizzare i capelli 35 Clinica dermatologica dell’Ospedale universitario di Basilea: Il futuro comincia qui. Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale: Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Thomas Langenegger, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Mediaform|Christoph Grenacher, Hauptstrasse 3, 5083 Ittenthal, [email protected] Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno. Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali. ISSN 1664-5588 Riflesso dalla notte dei tempi Quando si ha la pelle d’oca, di riflesso si rizzano i peli e la pelle assume un aspetto simile a quello di un’oca spennata. Questa reazione è un retaggio del periodo in cui l’uomo aveva ancora la pelliccia. Sommario // 5 48 A Swiss Life: Paul Läuppi Insegnante, giostraio e restauratore di una galleria degli orrori: Paul Läuppi, originario dell’Argovia, si divide tra aula scolastica e parco dei divertimenti. E in più restaura la galleria degli orrori del Prater di Vienna con 14 fantasmi intagliati a mano. 57 I piaceri della tavola: 59 Beni Frenkel: I fantasmi che ho evocato Dal 1952 la vecchia galleria degli orrori del Prater di Vienna ha viaggiato per tutta la Svizzera. Nel periodo del passaggio al nuovo millennio scomparve dalla scena. Paul Läuppi restaura la giostra e aspetta con ansia di far rabbrividire i clienti che decidono di salire. 60 Il connubio tra terra e mare Io, il Messia e Chantal Concorso: Vincete la nuova Jaguar F-TYPE per una settimana Chris von Rohr della rock band «Krokus» sulla canzone «Dög Song» 62 Fuoriprogramma: Allegato: Sulla buona strada per il pensionamento anticipato In molti sognano di andare in pensione anticipatamente. La decisione di intraprendere questo passo dipende soprattutto dalle risorse finanziarie disponibili e da una pianificazione finanziaria completa con Swiss Life. SWISSLIFE Autunno 2013 UPDATE Scoprite come un pensionamento anticipato può diventare realtà grazie a una pianificazione finanziaria accurata, quale prodotto finanziario di Swiss Life combina perfettamente sicurezza e rendimento e perché oggi la previdenza del pilastro 3a è più flessibile che mai. 6 // Protagonisti Pagina 18 // «Due facce della medaglia» Giorgio von Arb Pagina 48 // «A Swiss Life» Helmut-Maria Glogger Questo ritrattista di talento è sempre attratto dalla campagna e i suoi due libri sulla gente di Grabserberg sono ormai dei classici della storia fotografica svizzera. Durante gli scatti all’alpeggio delle oche Giorgio von Arb è rimasto affascinato non solo dalla loro nobile bellezza, ma anche dai loro movimenti sincronizzati quando si spostano in gruppo: dopo tutto sullo Sevelerberg estivano in estate 300 animali starnazzanti. Von Arb si trova completamente a suo agio anche con le persone e lo dimostra da pagina 35. Nell’Ospedale universitario di Basilea ha ritratto con grande maestria il personale del reparto di dermatologia. Questo talentuoso clarinettista suona con gli amici musica dixie e swing mettendoci la stessa passione di quando lavora ogni giorno come rubricista per il «Blick am Abend» o scrive un nuovo libro nella sua veste di comprovato esperto di famiglie reali. Recentemente Helmut-Maria Glogger è stato in viaggio per conto di SWISSLIFE nell’Altopiano svizzero dove ha scoperto uno spirito affine in Paul Läuppi, restauratore di una galleria degli orrori e maestro elementare. Pagina 18 // «Due facce della medaglia» Yvonne Eckert Yvonne Eckert ha trascorso al freddo il periodo più caldo dell’estate 2013. Per la rubrica «Due facce della medaglia» ha incontrato la pattinatrice artistica su ghiaccio Tina Stürzinger durante gli allenamenti. Pur essendoci temperature da brividi all’interno del palazzetto, questa giornalista ha provato la vera pelle d’oca solo quando la «nuova Sarah Meier», come l’ha definita la stampa, ha cominciato a eseguire i suoi salti. Pagina 22 // «Storia di copertina» Daniel Ammann Il fotografo di San Gallo ha ritratto con abilità le sei donne, che hanno raccontato a SWISSLIFE una storia vissuta da loro con grande emozione. Nel caso di Fränzi Wicki, Daniel Ammann ha immortalato scrupolosamente, il modo in cui questa professionista trasforma la pelle dell’oca in un piatto perfetto (ricetta a pag. 29) per poi godersi la pelle croccante con un buon vino in compagnia di questa famosa chef. Pagina 62 // «Fuoriprogramma» Chris von Rohr Dopo essersi registrato su Skype, quest’uomo ha iniziato a parlare dell’ultima canzone pubblicata dai Krokus esprimendosi con uno stile giornalistico, subito dopo ha terminato la revisione del testo in scadenza rispettando il numero di caratteri e consegnandola puntualmente entro il termine concordato: il rocker Chris von Rohr mostra la massima professionalità non solo sul palco o come produttore. «Meh Dräck» von Rohr sarebbe un giornalista di successo. T H E N EW W JA AG UA A R F-T T Y PE.. Solo JAGUAR poteva costruire una sportiva come la nuova F-TYPE. Nella sua progettazione abbiamo messo tutto il nostro know-how e la passione per il dinamismo più sportivo e l’eleganza mozzafiato. Ora tocca a voi scoprire la nuova F-TYPE, l’unico autentico roadster dai tempi della leggendaria E-TYPE. Partite subito per un giro di prova dal vostro specialista JAGUAR. W W W. F-T T Y P E .C CH JaguarSchweiz HOW W AL L I V E A R E YO OU? Una quiete spaventosa Oggi un paesaggio idilliaco, ieri un campo di battaglia con migliaia di caduti. European Battlefields 1912 – 2000 è l’opera del fotografo svizzero Peter Hebeisen. Le immagini dalla bellezza spettrale mostrano non solo come il tempo possa curare le ferite, ma rappresentano anche il tema della «rielaborazione del passato» in una nuova prospettiva. ››› SWISSLIFE presenta in «Swiss Photo Selection» lavori di fotografi svizzeri, inviati allo «Swiss Photo Award – ewz.selection», il premio più importante in Svizzera per la fotografia. www.ewzselection.ch Swiss Photo Selection // 9 Nella battaglia dell’Ebro, l’ultima grande offensiva dei repubblicani durante la guerra civile spagnola, tra luglio e novembre 1938 persero la vita circa 110 000 uomini. Il 25 luglio 1938 le unità repubblicane avanzarono oltre il fiume Ebro per dare una svolta alla guerra civile. A causa della superiorità delle truppe di Franco la battaglia terminò il 16 novembre 1938 con la vittoria dei nazionalisti. SWISSLIFE Autunno 2013 L’operazione Wyborg-Petrosawodsk è stata un’offensiva dell’Armata rossa contro l’esercito finlandese in Carelia durante la Seconda Guerra mondiale che durò dal 10 giugno al 9 agosto 1944. A partire dal 15 luglio le truppe sovietiche sono state costrette a ritirarsi. L’inatteso successo della difesa finlandese nella battaglia di Tali-Ihantala è considerato il punto di partenza per la riscossa della Finlandia. Swiss Photo Selection // 11 La battaglia di Verdun è stato uno degli episodi più significativi della Prima Guerra mondiale tra Germania e Francia. Ebbe inizio il 21 febbraio 1916 con un attacco delle truppe tedesche alla fortezza di Verdun e terminò il 20 dicembre 1916 senza uno spostamento sostanziale del fronte. Circa 317 000 soldati persero la vita presso Verdun. SWISSLIFE Autunno 2013 L’assedio di Leningrado da parte del Gruppo d’armate Nord e di truppe finlandesi durante la Seconda Guerra mondiale si protrasse dall’8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944. Il loro obiettivo era quello di far morire di fame in modo sistematico la popolazione di Leningrado. A livello mondiale non esistono esempi che abbiano la stessa portata dello sterminio perpetrato dai tedeschi affamando la popolazione. Il blocco causato dall’assedio fece 1,1 milioni di vittime. Swiss Photo Selection // 13 La battaglia di Gallipoli ebbe luogo durante la Prima Guerra mondiale nell’omonima penisola turca. Le forze dell’Intesa composta da Regno Unito, Francia e Russia volevano occupare quel pezzo di terra in un’operazione comune e utilizzarlo come base di partenza per la conquista di Istanbul, la capitale ottomana. Il tentativo fallì e in totale costò la vita a 101 335 soldati. SWISSLIFE Autunno 2013 L’attacco tedesco alla linea del fronte sovietico intorno alla città di Kursk nell’estate del 1943 avvenne col nome in codice di «Operazione cittadella». Questa operazione è considerata come l’ultima grande offensiva tedesca nella guerra contro l’Unione Sovietica ed ebbe inizio nel luglio 1943. L’attacco, che fallì a causa della resistenza dell’Armata rossa e sfociò in una controffensiva, fece più di 332 000 morti. Swiss Photo Selection // 15 Durante la Prima Guerra mondiale, tra il 1915 e il 1918, nelle Dolomiti fu condotta una guerra di posizione su un terreno ostile. Le truppe italiane e austriache, che si trovavano di fronte tra i monti, capirono subito che era impossibile sfondare le linee degli avversari e cacciare il nemico. La guerra in montagna si dimostrò fallimentare dal punto di vista militare e causò numerosissime perdite. SWISSLIFE Autunno 2013 L’assedio di Dubrovnik ebbe luogo all’inizio della guerra in Croazia. Dal giugno 1991 l’Armata popolare jugoslava bombardò numerosi obiettivi civili nella famosa città storica sulla costa dell’Adriatico. Dopo nove mesi un contrattacco croato portò alla conclusione l’assedio e la regione venne liberata. Parecchie migliaia di granate caddero nell’area cittadina. Persero la vita 114 civili e 200 soldati. Swiss Photo Selection // 17 «Il fatto che l’erba abbia ricoperto quei luoghi, non significa che si debbano dimenticare gli eventi lì accaduti.» Il fotografo Peter Hebeisen è nato a Berna nel 1956. Terminati gli studi e dopo alcune esperienze fondamentali presso un liutaio e scultore, agli inizi degli anni ’80 lavorò per la prima volta a New York come assistente di un fotografo, decidendo così di frequentare la scuola di arti applicate di Berna, scegliendo come indirizzo di studi la fotografia. Dal 1986 Peter Hebeisen vive e lavora come fotografo freelance a Zurigo e Parigi. «Metamorphosis and Myth, European Battlefields of the 20th. Century» è una delle opere più rilevanti di Hebeisen. Il fattore scatenante per la realizzazione di questo lavoro è stato l’assedio di Sarajevo da parte dei serbi e il genocidio in Bosnia. L’irresolutezza dell’Europa e i reportage dei media durante la guerra dei Balcani hanno frustrato Hebeisen. Ha sviluppato un concetto di un nuovo tipo di fotografia di guerra. La sua missione era di mostrare gli scenari bellici europei che hanno influenzato in modo decisivo la storia del continente. Insieme a uno storico ha esaminato più di mille campi di battaglia e ha fotografato i 45 più importanti. La scelta dei campi di battaglia è avvenuta in base alle mappe militari e la visita a questi luoghi è stata il più delle volte molto toccante. Con il suo minivan ha percorso oltre 40 000 chilometri in sette anni. Una volta arrivato sul luogo dell’accaduto, puntava la sua macchina fotografica a lastre sull’epicentro dell’area dove in passato si erano svolti i combattimenti. E lo scatto avveniva sempre allo stesso modo: da un treppiede, esattamente da tre metri e mezzo di altezza. www.peterhebeisen.com SWISSLIFE Autunno 2013 Testo: Yvonne Eckert, foto: Giorgio von Arb Pelle d’oca e arrosto d’oca Thomas Jenny (45 anni), agricoltore, Alp Plätsch, Sevelerberg SG «Le oche non amano affatto i temporali. Avvertono il loro arrivo e sono pronte per rientrare nella stalla. Quando l’istituto di agraria ci ha chiesto se potevamo ospitare, a scopo sperimentale, alcune oche nel nostro alpeggio, eravamo piuttosto scettici e abbiamo fatto alcune domande: Mordono? Puzzano? Sono rumorose? La risposta è stata: no. Ci abbiamo provato e tutto è andato per il meglio. La prima volta abbiamo portato le oche all’alpeggio troppo presto, infatti gli animali erano intirizziti dal freddo. Allora le abbiamo portate all’azienda agricola che si trova un po’ più a valle. C’è del vero nel detto che l’oca è stupida. Spesso infilano la testa in qualche posto e non riescono più a tirarla fuori da sole. Le aquile le terrorizzano e corrono tutte in un angolo del recinto. Gli animali non sono arrivati da noi in fila indiana, ma con il furgone. Si muovono molto sviluppando la muscolatura, vale a dire la carne, in modo completamente naturale. Le oche allevate all’alpeggio sono molto ricercate. Non possiamo estivarne più di 300 perché, per legge, non è un animale da alpeggio. Quando mangiamo l’oca, io porto la carne e mio cognato la prepara. Il ripieno viene preparato con erbe aromatiche e frutta e, poi, si cosparge l’arrosto con la birra. La pelle dell’oca risulta sempre molto croccante, ma non so quale sia la ragione dato che non capisco niente di cucina.» Due facce della medaglia // 19 Tina Stürzinger (17 anni), pattinatrice artistica su ghiaccio, Erlenbach ZH «A volte, quando entro in pista, mi sento congelare, ma durante l’allenamento questa sensazione svanisce. Appena indosso i pattini, in testa ho ben chiaro quello che devo fare. Emotivamente, forse, sono leggermente tesa, ma in senso positivo. Ho scelto il pattinaggio su ghiaccio grazie a mio fratello. Prima giocava a hockey su ghiaccio. Io stavo a guardare e facevo alcuni giri con mia mamma. Ho preso le prime lezioni a quattro anni. Inizialmente mi allenavo due volte alla settimana, poi volevo pattinare sempre di più. Ho lo stesso allenatore da dodici anni e ogni giorno trascorro due ore sul ghiaccio. Non ho mai avuto infortuni gravi. Quando ai Campionati europei di Zagabria mi sono qualificata, come unica pattinatrice svizzera, per i Campionati mondiali, non mi sono subito resa conto di ciò che era successo. Il mio modello è la pattinatrice coreana Yu-na Kim. È semplicemente perfetta. Mi piace moltissimo il suo programma sia dal punto di vista tecnico che dell’interpretazione. Se riuscissi a qualificarmi per le Olimpiadi, allora mi verrebbero veramente i «brividi». La vera sensazione da pelle d’oca l’ho provata una volta durante un’immersione. Improvvisamente ho visto una manta gigante sopra di me. Quella volta mi sono veramente spaventata.» > MADE IN SWITZERLAND Passione ed emozioni rivestono per noi un ruolo centrale, perché lo sport affascina ed entusiasma. La passione è alla base della concezione e dello sviluppo di nuove tecnologie, geometrie e disegni da parte dei nostri ingegneri e progettisti che lavorano nel cuore della Svizzera. Ogni anno a Malters, nel Cantone Lucerna, 50 fra collaboratori e collaboratrici, tra i quali anche 6 apprendisti, costruiscono a mano 50.000 paia di sci. Tutti gli sci sono laminati e testati sin nel più piccolo dettaglio, fino a ottenere la qualità svizzera che non conosce compromessi. Questo è quello che si vede e si sente in ogni prodotto costruito a mano e che rende i nostri sci dei modelli vincenti. > COSTRUIAMO SCI VINCENTI 22 modelli di sci su 24 sono stati valutati da riviste di sci internazionali e hanno ottenuto il massimo dei voti. Le nuove conoscenze dal mondo delle competizioni sciistiche, del freeride e del freestyle si intrecciano con il nostro know-how e con la nostra creatività per dare vita a una gamma di sci vincenti, esclusivi ed innovativi. > ADATTABILITÀ GARANTITA Se siete alla ricerca di un nuovo scarpone o se volete risolvere un problema con quello che avete, affidatevi a noi e i vostri piedi saranno in ottime mani. Grazie al più ampio assortimento di scarponi della Svizzera, siamo il vostro partner di riferimento in fatto di piedi. Inoltre, per ogni scarpone acquistato da noi avete diritto a un anno di bootfitting gratuito, un servizio che rende il vostro scarpone più confortevole e adatto alle vostre esigenze. > 15 PUNTI VENDITA IN SVIZZERA Venite a trovarci! Vi aspettiamo in uno dei 15 punti vendita presenti sul territorio svizzero. Stöckli convince. Con sci «made in Switzerland». stoeckli.ch IL P URO P I A CERE DEL L O SCI! SWISSLIFE Autunno 2013 Illustrazioni: Getty Images Quando i muscoli dei follicoli piliferi vengono attivati dal sistema nervosovegetativo, si rizzano i peli. Si ha la pelle d’oca, si rizzano i capelli in testa. Storia di copertina // 23 Testo: Michael Bahnerth, Roberta Fischli, Christoph Grenacher, foto: Daniel Ammann Brividi leggeri Dal punto di vista medico il caso è chiaro: la pelle d’oca è una reazione del corpo. Il sistema nervoso vegetativo attiva i muscoli dei follicoli piliferi presenti nella pelle così si rizzano i peli del corpo. Ognuno conosce questa sensazione le cui cause possono essere completamente diverse come dimostrano le storie di sei donne svizzere. ››› SWISSLIFE Autunno 2013 E poi ci sono anche le emozioni che fanno rizzare i peli. Nicola Spirig (31 anni) è la triatleta svizzera che ha ottenuto più successi e nell’agosto del 2012 è diventata campionessa olimpica a Londra in un finale al cardiopalmo contro la svedese Lisa Nordén. A marzo 2013 è nato suo figlio Yannis. Il prossimo anno vuole partecipare ai Campionati europei di atletica leggera a Zurigo. La gara di triathlon durante i Giochi olimpici del 2012 a Londra, quella per me è stata un’esperienza da pelle d’oca. C’è anche un’immagine ben precisa dopo aver tagliato il traguardo in cui sono seduta a terra e, se si ingrandisce bene la foto, si vede che ho davvero la pelle d’oca. E non è solo un modo di dire, ma si è trattato di una sensazione estremamente reale e concreta: pura pelle d’oca. Ancora oggi, quando provo delle forti emozioni, non posso fare a meno di ricordare quel giorno, quel momento unico che resterà sempre tale nella memoria: l’intera giornata, la consapevolezza di come mi fossi preparata scrupolosamente per quel giorno, di quanto avessi investito per vincere quella medaglia d’oro. L’essere arrivata prima per un soffio, rende tutta l’impresa così unica e indimenticabile. All’arrivo è stata più che altro la reazione del corpo a causare la pelle d’oca. Qualche volta la provo quando dò il massimo, quando il mio corpo è stremato e ha perso troppi liquidi. Appena tagliato il traguardo la reazione è stata più fisica che emotiva, ma dopo, alla cerimonia di premiazione, ho avuto la pelle d’oca per l’emozione. Si, «sono rabbrividita». Di norma reagisco così quando ci sono in gioco molte emozioni. La pelle d’oca ha cause diverse, può trattarsi, come anticipato, di una reazione corporea. Ognuno ha la pelle d’oca quando ha freddo o quando si sente gelare. E poi ci sono appunto le emozioni che fanno rizzare i peli: questa pelle d’oca è qualcosa di veramente speciale. Io ho una vita ricca di momenti emozionanti, uno di seguito all’altro dopo Londra: abbiamo comprato casa, ci siamo sposati, a marzo è nato nostro figlio Yannis. Spesso la gente mi chiede cosa è stato più bello, la vittoria olimpica o la nascita di mio figlio? Ma non posso rispondere. Sono due esperienze totalmente diverse, entrambe meravigliose, ma che non posso paragonare. Sicuramente le emozioni si scatenano, di preferenza, per qualcosa che si fa molto volentieri o in cui si è investito molto e che richiede molta passione. Per me quel qualcosa è senza dubbio lo sport, la professione che ho sempre sognato. E vincere una medaglia ai Giochi olimpici è stata la realizzazione di un mio grande sogno, ho pensato così tanto a quel giorno, mi sono preparata così a lungo e mi sono sempre immaginata quel momento. Questa è anche la ragione per cui faccio questo lavoro, perché ho scelto lo sport come professione. Non è che lo faccio solo per questo; mi alleno volentieri e mi piace muovermi. Lo sport sarà sempre una parte importante della mia vita, anche quando farò un altro lavoro. Ma vincere competizioni di quel calibro, vivere momenti simili, sono cose che si vorrebbe semplicemente fare per sempre. Ma quella vittoria olimpica, ormai è un obiettivo raggiunto. Ho vissuto quel momento e me ne ricorderò per sempre, resterà con me e potrò ripensarci per tutta la vita. E tutto ciò che arriverà d’ora in avanti, sarà qualcosa in più. È fantastico quando si possono e si riescono a vivere nuovi momenti di tale intensità. Ma, per me, può essere qualcosa di completamente diverso, non deve trattarsi necessariamente di vincere una medaglia olimpica per altre cinque volte. Parli con qualcuno, ma non hai la minima idea di ciò che sta provando quella persona. Dal 1° novembre Christine Maier (48 anni) è la caporedattrice del «SonntagsBlick». In precedenza, dal 1987, la madre di due bambini è stata moderatrice e redattrice presso la SSR, la ZDF e l’emittente radiotelevisiva della Baviera, la Bayerischer Rundfunk. La notizia del suicidio di Carsten Schloter, amministratore delegato di Swisscom, mi ha fatto venire la pelle d’oca. L’ho incontrato questa estate, per lavoro. Era lo stesso di sempre: estremamente affascinante, disponibile ad ascoltare, molto attento, interessato, ha anche chiesto come stavano i bambini. Parli con qualcuno come sempre, ma in realtà non hai la minima idea di cosa sta provando quella persona. Storia di copertina // 25 Immaginarmi che Carsten Schloter, forse, già in quel momento sapesse o desse per scontato che non avrebbe vissuto più a lungo, che fosse stato angosciato da pensieri tristi, che si sentisse oppresso: questo pensiero mi turba notevolmente. Ma perché questo episodio mi ha fatto venire la pelle d’oca anche se non conoscevo molto bene Carsten Schloter? Dopo simili avvenimenti ci si chiede improvvisamente: forse nella mia cerchia di amici, nella mia famiglia, tra i miei cari c’è qualcuno che si sente oppresso? Persone che cercano di nascondere tale situazione e che sono così brave che nessuno se ne accorge? È possibile farsi illudere così, farsi ingannare in questo modo? Cosa spinge queste persone ad agire così, perché non riescono a confidarsi, perché non riescono a chiedere aiuto? Cosa sarà mai? Queste sono domande che mi coinvolgono e che mi fanno addirittura venire la pelle d’oca. Sarebbe ingenuo credere di essere in grado di capire sempre e subito se una persona sta male. All’epoca ho fatto da moderatrice in alcune trasmissioni del programma «Club» sul tema del suicidio durante le quali ho imparato molto. Ho appreso, per esempio, che le persone intenzionate a suicidarsi non sembrano assolutamente agitate, nervose o sfasate. Ora sto generalizzando dato che non sono un’esperta. Al contrario, molto spesso queste persone si mostrano sempre più tranquille, quasi contente, perché sanno cosa faranno: sono consapevoli che la loro liberazione è vicina. Per questo per me il bene più prezioso è avere qualcuno vicino a cui dire: «Sto così male». Qualcuno che non mi dia una risposta banale come «Su con la vita, tieni duro» o «Vedrai che le cose si sistemeranno». Un interlocutore SWISSLIFE Autunno 2013 con cui aprirmi e con cui condividere le cose belle e quelle brutte. Queste persone sono necessarie nella vita. E si ha bisogno di loro per continuare a vivere. In quel trabiccolo di aereo, per la prima volta nella mia vita, ho avuto paura. Già a quattro anni Vreny Alessandri-Stadelmann (57 anni) calcava le scene e, insieme al fratello Franz, da oltre 50 anni forma il duo di cantanti jodel più famoso della Svizzera. L’artista di Entlebuch lavora anche come direttrice del coro e compositrice. Durante i miei oltre cinquant’anni di carriera, naturalmente, ho vissuto molti momenti speciali. Uno piuttosto particolare è stato l’invito al Festival della musica folk in Norvegia nel 2009, dove ero l’unica artista a rappresentare la Svizzera e si trattava del festival di musica folk più grande del mondo! Per tutto l’evento, dall’arrivo fino alla fine, ho vissuto momenti da pelle d’oca. Dopo essere arrivati in aereo a Oslo, siamo saliti infatti su un trabiccolo di aereo. Lì, per la prima volta nella mia vita, ho avuto veramente paura. Avevo la sensazione che l’aereo cadesse a pezzi da un momento all’altro! Per fortuna siamo arrivati sani e salvi e, dopo un viaggio in auto di un’ora, abbiamo finalmente raggiunto l’area del festival a Førde. Lì ho avuto di nuovo la pelle d’oca, ma questa volta per la gioia. Ognuna delle sale in cui ci saremmo esibiti, era grande quasi come il centro KKL di Lucerna. Già il giorno successivo c’è stato un altro momento culminante. Insieme ai rappresentanti di Giappone, Corea, Hawaii e Africa ci è stato chiesto di cantare a turno alcune brevi frasi sul tetto di un alto edificio, un centro commerciale, per richiamare l’attenzione dei visitatori sul festival. Così siamo rimasti in piedi lassù, in alto nel cielo, e cantavamo a turno per venti secondi, mentre il nostro canto veniva trasmesso dagli altoparlanti. Ma anche i concerti sono stati indimenticabili. Dato che in realtà tra il pubblico non c’era nessuno di lingua tedesca, ho cantato principalmente lo jodel naturale. Si tratta della forma più primitiva dello jodel, un canto senza parole. «Da dove vengono tutte queste persone?» mi chiedevo spesso, osservando che ogni sera le sale da concerto erano completamente gremite. Ogni sera ascoltavamo musicisti provenienti dalle più disparate parti del mondo, musica giapponese, africana, messicana: erano tutti presenti. Durante la colazione a buffet nell’hotel spesso iniziavamo a fare musica insieme in modo molto spontaneo. C’era poi il sole di mezzanotte tipico delle notti di mezza estate. Per prima cosa ho dovuto abituarmi. E mi è venuta proprio la pelle d’oca quando, tra tutte le persone presenti, un visitatore mi ha rivolto la parola in bernese. E non è tutto: mi ha raccontato in modo concitato che in questa stagione in genere pioveva sempre in Norvegia. Ma qui, al Festival, splendeva ogni giorno il sole. Nicola Spirig ha fatto tanto per vincere la medaglia d’oro. Essere arrivata prima per un soffio, rende l’impresa così unica. A Christine Maier vengono i brividi se pensa che molte persone non riescono a confidarsi o a chiedere aiuto. Vreny Alessandri-Stadelmann rabbrividisce perlopiù di gioia, tuttavia anche di paura in un trabiccolo di aerero. Fränzi Wicki cerca il brivido cucinando, ad esempio, un chip di pelle dell’oca che si abbina perfettamente all’insalata di pollo asiatica. A Nina Burri restava solo quell’occasione per eseguire il suo numero «Goldeneye». La contorsionista l’ha colta al volo ed è stata premiata con una standing ovation. In veste di architetto, Tilla Theus di fronte a certe costruzioni rabbrividisce costernata o entusiasta. Storia di copertina // 29 Ho la pelle d’oca quando un piatto risulta perfetto, quando racchiude piacere, fantasia e un sapore tutto da scoprire. Fränzi Wicki (43 anni) è considerata una tra le migliori donne chef della Svizzera. Dopo uno stage da giovane presso il celebre chef Anton Mosimann, un periodo di tirocinio come cuoca a Davos e diverse tappe in hotel a cinque stelle, oggi cucina presso l’hotel «Helvetia» (per i zurighesi: «Helvti») ed è socia del ristorante «Volkshaus» di Basilea. Vengo da una famiglia in cui ci sono artisti, filosofi e moltissimi avvocati. Per questo sono diventata chef. Ma non subito. Ho provato a diventare designer di gioielli, ma non era una professione da pelle d’oca o perlomeno non così emozionante come il risotto assaggiato alcuni anni dopo. Ho fatto uno stage presso Martin Surbeck al «Tübli» dove l’ho visto cucinare un risotto con le quaglie. In fondo un risotto con le quaglie è un micromondo, ma lui lo ha trasformato in un universo e quando ho messo in bocca il primo boccone, mi è venuta la pelle d’oca. Ho provato una gioia immensa che non avevo mai provato prima. Il bello della pelle d’oca è che non si può condizionare. Arriva da qualche luogo lontano dell’anima e lo fa quando vuole. Poi si avverte come un’esplosione. Non so cosa esploda, ma sono sicurissima che si tratti di una sensazione di piacere e voluttà. Prima c’è tensione, poi uno sguardo e subito dopo lo scoppio che ti travolge per alcuni secondi che sembrano eterni. Ho SWISSLIFE Herbst 2013 sempre la pelle d’oca quando un piatto risulta perfetto, quando racchiude piacere e fantasia, ma soprattutto un sapore tutto da scoprire. Quando il palato scopre non solo una nuova costa, ma un intero continente. Da allora cerco sempre di provare questa sensazione da brivido quando cucino. A volte mi riesce. E a volte la pelle dell’oca provoca la pelle d’oca. La pelle dell’oca non è molto gettonata in questi giorni in cui il grasso è considerato una calamità e il colesterolo il modo più rapido per morire. Ma chi antepone il piacere a uno sterile ragionamento e accoglie con calore la pelle dell’oca per intraprendere un viaggio verso una sensazione da brivido, riesce a entrare nel cosmo delle gioie del palato. Cosa sarebbe un’oca o un pollo senza la sua pelle? Senza questo vettore del gusto e della sensualità, tra le altre cose? Senza questa consistenza croccante, senza questo boccone che rivela una delicatezza infinita, un’essenza sugosa e un piacere senza limiti. La pelle, questo semplice strato protettivo indispensabile per la sopravvivenza, si trasforma da factotum dell’organismo in un vero caratterista. Basta prendere la pelle dell’oca o del pollo, che forse è migliore, stenderla su uno stampo da biscotti e fissarla con uno spago da cucina. Infarinare rapidamente la parte inferiore della pelle e picchiettare delicatamente per rimuovere la farina in eccesso. Poi cuocere la parte infarinata in una padella di teflon a fuoco non troppo alto finché non diventa dorata e croccante. Dopo spalmare un po’ di miele e di salsa di soia e cuocere ancora un po’. Aspettare che sia completamente fredda, togliere lo spago e tagliare via la pelle. A questo punto abbiamo una patatina di pelle di pollo o di oca. Basta condire ancora con un po’ di Fior di sale e pepe. Questa delizia si abbina perfettamente all’insalata di pollo asiatica. Si può anche staccare la pelle dalla carne sottostante e utilizzarla successi- vamente come involucro. È come per i regali di Natale, il modo in cui sono impacchettati influisce sul livello delle aspettative e di intensità con cui li apriamo. La carne sotto la pelle dell’oca viene condita e poi racchiusa nuovamente nella pelle, in questo modo le parti separate si riuniscono di nuovo ma su un piano completamente sconosciuto. E il piatto si trasforma in qualcosa che per alcuni è semplicemente cibo, ma che per altri, in grado di godersi questa delizia e di riconoscere il suo valore, dà vita a un momento dell’esistenza elettrizzante e da far rizzare i capelli. Questo è il dono della pelle d’oca. Quando dopo l’esibizione presi una boccata d’aria, mi risvegliai dalla performance come dopo un sogno. Nina Burri (35 anni) è una ballerina professionista, ha danzato per il «Béjart Ballet» di Losanna, al Teatro nazionale di Saarbrücken e nel «Bal du Moulin Rouge» a Parigi, prima di imparare l’arte del contorsionismo in Cina presso l’International Art School. Si esibisce in show televisivi e varietà, fino a novembre sarà in tournée con il Circo Knie. Il momento più intenso in cui ho avuto la pelle d’oca è stato quando nel 2011 mi sono esibita per la prima volta nello show televisivo «Die Grössten Schweizer Talente». Fino ad allora non mi conosceva quasi nessuno. Chiaramente, si è parlato di me quando mi sono allenata per sei mesi, otto ore al giorno, in una scuola di acrobati in Cina dove mi sono preparata per fare la contorsionista. E già nel 2009 mi è stato conferito il Piccolo Premio Walo per la mia produzione artistica, ma fino ad allora il grande pubblico non aveva la minima idea di chi fossi. Volevo cambiare questa situazione. Senza dubbio sono nervosa prima di ogni esibizione. Ma quel giorno riuscivo a stento a pensare a causa del panico da palcoscenico. Diversamente dagli spettacoli dal vivo davanti al pubblico, qui tutto era registrato dalle telecamere e sapevo di avere solo quell’unica possibilità. Eseguii il numero «Goldeneye», un omaggio a James Bond, per la prima volta. Dopo le prime due o tre figure mi accorsi che funzionava. Avevo conquistato il pubblico. Non so mai cosa accadrà, neanche dopo cento show. Posso prepararmi al meglio ma poi, sul palco, può andare tutto storto. O posso aver avuto una bruttissima giornata, in cui niente è andato bene, ma quando i riflettori sono puntati, tutto torna a posto. Durante la mia prima esibizione tra i talenti svizzeri improvvisamente tutto è diventato chiaro. Tutti gli anni precedenti, ogni singolo spettacolo che avevo fatto, tutto si concentrava in quell’unico momento. Potevo dimostrare tutto il mio valore. Quando dopo l’esibizione presi una boccata d’aria, mi risvegliai dalla performance come dopo un sogno. L’adrenalina pompava attraverso il mio corpo e ho impiegato alcuni secondi prima di sentire l’applauso. Quando ho guardato verso il pubblico, per prima cosa ho pensato: wow, applaudono tutti! E poi: «Si sono addirittura alzati in piedi!» Dopo quell’esperienza molte cose sono cambiate per me. Improvvisamente mi si aprivano nuove porte, ero finalmente presente sulla scena svizzera. Naturalmente avrei continuato la mia carriera anche senza questa esibizione, avrei continuato a fare i miei spettacoli e le mie esibizioni e mi sarei fatta un nome nel mondo della danza. Ma non avrei mai raggiunto il pubblico medio svizzero. Ora pensano a me, ad esempio, quando organizzano un matrimonio e vogliono mostrare ai loro ospiti qualcosa di speciale. Mi fa molto piacere. La pelle d’oca: una divertente lezione sulla creatività Tilla Theus (70 anni) è architetto, diplomata ETH/SIA/BSA, e gestisce a Zurigo una propria azienda con circa 20 collaboratrici e collaboratori. Nata nei Grigioni, si è specializzata nella progettazione e nell’esecuzione di nuove costruzioni in contesti urbani difficili, di ristrutturazioni e risanamenti di oggetti di valore storico/ architettonico e in architettura e design di interni. Ha richiamato l’attenzione del pubblico ad esempio grazie alla ristrutturazione dell’Hotel Widder di Zurigo, alla costruzione della sede principale della FIFA a Zurigo, al restauro dello Zeughaus di Zugo e alla costruzione del Gipfelrestaurant Weisshorn ad Arosa. I nostri modi di dire lasciamo ampio spazio alle oche: le usiamo per esprimere la nostra confusione, affermando che «siamo andati in oca», per identificare un lavoro inutile, come ad esempio «ferrare l’oca» oppure riferito alla poca intelligenza di una donna, definendola un’«oca giuliva». Ma in particolare quest’ultima espressione non rende giustizia a questo utile animale. Una leggenda narra infatti che nel 390 a.C. sono state proprio le intelligenti oche sacre, dall’orecchio finissimo, ad avvisare con il loro starnazzare i soldati a guardia del Campidoglio dell’attacco dei Galli. Un apprezzamento unanime va alle oche per le loro piume, che ci consentono di dormire caldi sonni, e per le loro penne che in tempi passati ci hanno permesso di scrivere. Le piume d’oca ci viziano, le penne d’oca in passato ci hanno semplificato la vita, e la famosa pelle d’oca, che ci assale quando fa freddo o quando abbiamo paura, tradisce i nostri sentimenti. I peli del nostro corpo si rizzano e la nostra pelle si corruga. Come un’oca spennata. La pubblicità utilizza la pelle d’oca come un superlativo ed etichetta gli eventi più eccezionali come «da pelle d’oca». Un istituto per la ricerca di incontri promette: «Riuscirete anche voi a sentire molto presto la piacevole sensazione della pelle d’oca che vi dà un nuovo innamoramento.» All’estremo opposto della scala di sensazioni troviamo l’effetto pelle d’oca scatenato da alcuni aeroporti pericolosi. Le oche e la loro pelle sono senza difesa. Quello della pelle d’oca è un semplice riflesso ma anche una delle reazioni più meravigliose. Nella mia professione di architetto, di fronte a un edificio orribile, per fortuna posso ancora esprimere un giudizio discreto affermando che la pelle d’oca segnala la mia costernazione. Così come davanti alla gioia ispiratami da un palazzo grandioso, non ci sono freni all’entusiasmo delle mie emozioni e la pelle d’oca segnala inequivocabilmente le mie sensazioni positive. Da sempre la scienza afferma che commozione, paura e freddo fanno rizzare i peli del corpo umano, trasformando la pelle in una superficie caratterizzata da piccolissime collinette. E qualcuno in passato ha associato questo effetto alla pelle delle oche. È nata così la chiara descrizione di un fenomeno controllato in modo complesso dal nostro sistema nervoso. Ma a prescindere dalle cause e dagli effetti della pelle d’oca, questo fenomeno è per me un eccezionale esempio di creatività linguistica. Il concetto è alta- Storia di copertina // 31 mente pregnante e figurativo. Quanto spesso ci succede di lambiccarci per trovare le parole giuste e ci impantaniamo in circostanziate formulazioni che generano solo fraintendimenti comunicativi. Vale la pena di dire le cose come stanno. Con la «pelle d’oca» ci siamo riusciti. Da questa espressione possiamo apprendere la creatività, nella parola e nella scrittura, ma in parti- colare il coraggio e la voglia di essere creativi in assoluto. Questo vale anche per l’architettura. Le pelle delle oche è una geniale invenzione della natura in fatto di isolamento esterno. Quando è il momento, svolge un’immediata funzione refrigerante o riscaldante. Altrimenti resta nascosta. Il suo funzionamento e la sua manutenzione sono a costo zero. Do- vremmo essere in grado di copiare la pelle d’oca. Si tratterebbe di una rivoluzione in campo edilizio. E il termine «architettura a pelle d’oca» avrebbe un significato probabilmente positivo. Pelle d’oca: un retaggio della nostra pelliccia E perché qualche volta questi piccoli peli si rizzano? In caso di freddo, paura o eccitazione si produce una contrazione del muscolo del follicolo pilifero, controllata dal sistema nervoso vegetativo, che fa rizzare la cosiddetta lanugo. Alla radice di ogni singolo pelo del corpo si trova questo piccolo muscolo. L’immagine dei peli del corpo che si rizzano e dei piccoli puntini in rilievo sulla superficie della pelle ricorda quella di un’oca spennata. E qual è lo scopo della pelle d’oca? Il lieve inturgidirsi dello strato superficiale della pelle, l’epidermide, produce la formazione di piccoli puntini in rilievo, chiamati papule. In questo modo si amplia la superficie della pelle e aumenta la necessaria sudorazione in situazioni di stress. Per questa ragione quando si ha la pelle d’oca si avverte quasi sempre anche una leggera sensazione di freddo. Tutte le persone reagiscono allo stesso modo? Dott.ssa Clara Boudny Frey, da dove deriva la pelle d’oca? La pelle d’oca è un’eredità dei nostri antichi avi, gli uomini primitivi, che avevano tutto il corpo ricoperto da una folta pelliccia. Assolutamente no, ogni individuo reagisce in modo diverso. Proviamo la pelle d’oca anche in caso di forti emozioni e di sensazioni negative o positive. La pelle d’oca dipende anche dalle emozioni? ci sono più tracce visibili oggi... Certo. Le emozioni dell’uomo spesso si palesano attraverso cambiamenti della pelle anche se, fino a oggi, non sappiamo con certezza come riescano le emozioni ad influire sulla pelle. La peluria che ricopre alcune zone della nostra pelle è ciò che rimane della nostra preistorica pelliccia. Nello strato profondo dell’ipoderma si trovano le radici da cui si sviluppano i peli. La dott.ssa Clara Boudny Frey è socio fondatore dello Swiss Group for Esthetic Dermatology & Skincare, membro della Società svizzera di dermatologia e venereologia (SSDV) ed esercita presso la società Skinmed di Aarau come medico specialista FMH di dermatologia e venereologia. Ma della pelliccia di due milioni di anni fa non SWISSLIFE Autunno 2013 Rumori che fanno rizzare i capelli A molte persone viene la pelle d’oca ogni volta che il gesso stride sulla lavagna o il coltello raschia il piatto. Questi rumori sono estremamente forti, con frequenze che vanno da 6 000 a 10 000 hertz e un volume da 80 decibel. Il sistema limbico presente nel nostro cervello li elabora come eventi spaventosi provocando il fenomeno della pelle d’oca. SWISSLIFE presenta la classifica dei sei rumori più fastidiosi. 11 100 su rabbrividiscono quando il violino stride o è scordato. 9 100 su provano una sensazione di fastidio che va dalla testa ai piedi quando sentono il fruscio prodotto dal polistirolo. 82 100 su restano paralizzati quando il gesso stride sulla lavagna. Mix di numeri // 33 43 100 su perdono l’appetito se il coltello raschia il piatto. 3 100 su 21 100 su provano un brivido freddo lungo la schiena quando sentono il ronzio di una zanzara. sono quelli a cui si drizzano i capelli non appena sentono il rumore del trapano del dentista. Scaricate l’app SWISSLIFE disponibile nell’App Store e su Google Play e scoprite quali sono i rumori che fanno rabbrividire il vostro tablet o smartphone. E naturalmente anche voi. SWISSLIFE Autunno 2013 WORK LOUNGE design: greutmann bolzern PER COLLOQUI IN PIENA LIBERTÀ TOUCH DOWN PER PICCOLE PAUSE LO Mindport di Lista Office LO è il sistema di arredamento di spazi concepito per strutturare ambienti di lavoro aperti − che si adatta a qualsiasi esigenza, e ispira e motiva le persone. > www.lista-office.com/mindport Tesoro, tra poco sarò a casa non mi aspetta più nessuno. Sono tante le svolte della vita. La nostra previdenza si adegua. Swiss Life offre soluzioni su misura per ogni fase della vita. Che stiate pensando di formare una famiglia, fondare un’impresa o affrontare la questione della previdenza: la nostra consulenza vale oro. www.swisslife.ch Clinica dermatologica dell’Ospedale universitario di Basilea // 35 Foto: Giorgio von Arb Il futuro comincia qui. Ogni giorno si occupano della pelle con passione, scrupolosità e la massima competenza: sono i membri dello staff della Clinica dermatologica dell’Università di Basilea. Il fotografo Giorgio von Arb ha ritratto i collaboratori della clinica il cui lavoro sta diventando sempre più importante dato che il 20% della popolazione soffre di una malattia della pelle e necessita di un adeguato trattamento. ››› SWISSLIFE Autunno 2013 Peter Itin, 58 anni, primario, Basilea: «Il cancro della pelle è la forma di tumore più diffusa. Essendo visibile, può essere diagnosticato in teoria precocemente. Noi, come reparto del nuovo centro tumori dell’Ospedale universitario di Basilea, siamo in grado di garantire un trattamento ottimale.» Katja Ivanova, 40 anni, aiuto primario, Basilea: «Come dermatologa mi preoccupo che ogni persona si senta a proprio agio con la sua pelle.» Andreas Arnold, 44 anni, aiuto primario, Basilea: «La pelle è come un libro illustrato. Si possono vedere colori, forme e motivi combinati la cui interpretazione alla fine ci permette di fare una diagnosi.» Sandra Hasler, 43 anni, segretaria del primario, Basilea: «Il mio lavoro mi emoziona perché è complesso e diverso, ma anche delicato e interessante.» Brit Freitag, 41 anni, responsabile dei servizi ai pazienti, Lörrach D: «Mi piace lavorare in modo efficiente con strutture snelle e impiegare con intelligenza le risorse nel settore sanitario.» Lidija Okolic, 44 anni, infermiera, Basilea: «Il lavoro presso la clinica dermatologica mi piace perché mi permette di svolgere le mansioni più varie e, soprattutto, di venire a contatto con le persone.» Inge Graf, 58 anni, tecnico di laboratorio biomedico, Basilea: «Con il microscopio sono a stretto contatto con le cellule.» Barbara Wenger, 42 anni, segretaria, Basilea: «Nella clinica dermatologica mi sento completamente a mio agio perché non solo il lavoro è ideale per me, ma anche le persone sono fantastiche.» Peter Häusermann, 46 anni, medico capo, Bottmingen BL: «Mi entusiasma venire a contatto ogni giorno con i numerosi pazienti perché si incontrano sempre persone estremamente interessanti a livello umano.» Gabriel Vujic, 37 anni, specialista in cura delle lesioni cutanee CAS Wound Care, Istein D: «Per me, come specialista in lesioni cutanee, è sempre affascinante osservare la pelle durante i suoi processi di autoguarigione e contribuire al loro successo.» Astrid Lochmann, 51 anni, segretaria, Basilea: «Gente simpatica, lavoro interessante, ottimo team, da 13 anni sono lieta di lavorare presso la segreteria della clinica dermatologica.» A Swiss Life // 49 Testo: Helmut-Maria Glogger, foto: Tom Haller Diviso tra aula scolastica e fiera In veste di insegnante e giostraio, il frontaliero dell’Argovia Paul Läuppi si divide tra due mondi completamente diversi. ››› SWISSLIFE Autunno 2013 U na coppietta sale nella galleria degli orrori «Horror House» nel parco dei divertimenti «Joyland». Entrano insieme, ma esce fuori solo lui. Circa a metà del percorso, che dura poco meno di nove minuti, lui le ha tagliato la gola e l’ha gettata vicino al binario. Il cadavere viene trovato solo all’una di notte, quando il personale controlla se ci sono di nuovo delle mutandine vicino ai fantasmi. Con questo racconto truculento l’autore del brivido Stephen King ci trasporta nel suo ultimo romanzo dal titolo «Joyland» alla scoperta di «chi è l’assassino?». Un’opera che il maestro elementare dell’Argovia Paul Läuppi, il sessantaduenne «padrino» della vecchia galleria degli orrori del Prater di Vienna, non vuole neanche leggere. Läuppi restaura con alcuni amici la giostra, ormai decrepita, e non vuole spaventare i 14 fantasmi intagliati a mano con storie truculente. «La vita interiore della vecchia galleria degli orrori del Prater di Vienna è un mistero», afferma dandosi una pacca sull’addome pingue. Questo è il risultato di molte ore trascorse alla cattedra, nel suo capannone in Argovia destinato al reparto di «chirurgia per il restauro dei fantasmi» e nella casetta della cassa dove vende i gettoni delle giostre per provare qualche attimo di orrore e paura: «Svelo solo che insieme a scheletri ed effetti spaventosi, la pelle d’oca è garantita anche dalla presenza di una strega, di animali selvatici e di Frankenstein.» Il maestro elementare diplomato, con i suoi occhi grigioverdi che spuntano sotto i ricci color marrone lepre sparsi sulla grossa testa, aggiunge orgoglioso: «In più c’è questo inconfondibile odore di muffa! E l’oscurità totale grazie alle tende del sipario nere, tagliate perfettamente su misura, impenetrabili alla luce e difficilmente infiammabili.» Già solo andare a scovare il filosofo del parco dei divertimenti Läuppi equivale a un giro nella galleria degli orrori. È un road movie diretto dal traffico stradale dell’Argovia. Innanzitutto si affrontano alcune curve molto strette che, in pratica, conducono al nulla e poi intorno a una rotonda trapezoidale che compare all’improvviso si arriva in una corsia con il traffico veramente limitato da buche e cartelli di divieto. Poi si passa davanti a inferriate un tempo piene di vita, ma oggi ormai decadenti, a tetre baracche di legno e a un cubo, evidentemente dimenticato lì, dipinto senza la minima cura con dei graffiti come se fosse opera di quel famoso graffitaro dell’Argovia che è stato condannato a ricevere tre bastonate per «atti di vandalismo» a Singapore. Città industriale fantasma nel quartiere di Torfeld ad Aarau: dietro porte e portoni chiusi con catenacci, davanti ad autocarri senza più interni o senza ruote, lì vi accoglie un uomo felice, si tratta di Paul Läuppi davanti alla sua officina per le giostre. Quest’uomo sembra diverso dai comuni gio- strai delle fiere. Quelli di solito sono tipi piuttosto muscolosi e con molti tatuaggi che indossano jeans sbiaditi e magliette senza maniche con la scritta Motörhead. Sui capelli tinti di nero corvino portano o un basco in finta pelle indossato di traverso o sono completamente rasati. E dietro all’orecchio hanno sicuramente una sigaretta senza filtro. Niente di tutto ciò! Läuppi, il giostraio della galleria degli orrori, non sembra affatto uno di quegli imbonitori delle fiere di «Il sogno della mia vita è: riuscire a portare Liz Mitchell sulla Calypso! Te lo immagini? La cantante dei Boney M. sulla Calypso! O nella galleria degli orrori. Sarebbe il massimo.» una volta con le giostre sudicie e simili a un luogo di perdizione, dove le madri ingenue perdevano di vista le figlie con la sottogonna davanti a temerari posteggiatori dell’autoscontro, a mattatori del tiro a segno o ad abili venditori di zucchero filato. Ma una cosa è rimasta dei vecchi tempi, il classico cartello delle fiere: «Cercasi giovane come accompagnatore di viaggio.» Paul Läuppi è insegnante. Ha imparato la professione frequentando l’istituto magistrale cantonale di Aarau dal 1968 al 1972. In passato ha seguito 32 insegnanti in veste di ispettore scolastico. Come supplente, in quattro, cinque anni, ha insegnato in 25 scuole. Finché questo single ha ottenuto a Menziken-Burg la sua nomina all’85% «come insegnante fortunato e felice gestore della leggendaria e mitica giostra Calypso.» Non è facile arginare questo divertente conversatore mentre racconta la storia della galleria degli orrori. Prima deve parlare dei Boney M. Era un gruppo di disco music che ha ottenuto grande successo negli anni ’70 con canzoni orecchiabili come «Daddy Cool» o «Rivers of Babylon». Ancora oggi Paul Läuppi diventa matto quando ne parla: «Il sogno della mia vita è: riuscire a portare Liz Mitchell sulla Calypso! Te lo immagini? La cantante dei Boney M. sulla Calypso! O nella galleria degli orrori. Sarebbe il massimo.» Questo deve spiegarlo. Nel 1966, durante la ventiquattresima Festa della musica svizzera ad Aarau, il cadetto Läuppi La giostra Calypso ha 50 anni in più della Playstation, dell’X-Box o dell’iPod. Ma sopporta la loro concorrenza con disinvoltura. SWISSLIFE Autunno 2013 Nei primi anni ’60 la giostra Calypso ha svegliato la passione di Paul Läuppi per questa attività itinerante. A Swiss Life // 53 doveva presentare con una chicca il brano musicale della polizia «La Landwehr de Fribourg» al festival. Ma dove si era cacciato il cadetto Läuppi? Era in piedi, esterrefatto e affascinato davanti alla nuova stella rotante del firmamento del luna park: la giostra Calypso. Questa era stata costruita dalla ditta Mack di Waldkirch ed era stata utilizzata per la prima volta nel 1958 all’Oktoberfest di Monaco. Un successo incredibile. È stato necessario utilizzare funi di sbarramento per trattenere la gente. «Calypso» era il nome della giostra perché allora Harry Belafonte era molto popolare con le sue canzoni. Läuppi parla con entusiasmo: «Il ritmo dolce della musica si adattava perfettamente ai movimenti circolari della giostra che girava.» Nel 1963 anche in Svizzera era in funzione una nuova giostra Calypso. E nel 1965 la ditta Müller rilevò la giostra «La vita interiore della galleria degli orrori è un mistero. Svelo solo che insieme a scheletri ed effetti spaventosi, la pelle d’oca è garantita anche dalla presenza di una strega, di animali selvatici e di Frankenstein.» con Martha Müller come vera anima dell’azienda: «Seguii la Calypso. Comprai gettoni, altri gettoni e ancora gettoni, finché la signora Müller mi lasciò salire gratis.» A Lenzburg Läuppi girò sulla Calypso dalle 21.30 all’1.30 senza sosta: «Senza scendere. Se ti siedi nel modo giusto e ti concentri, non stai male.» Al «Knabenschiessen» (gara di tiro) di Zurigo Läuppi guadagnò i gettoni per girare tre giorni sulla giostra per aver sostituito un aiutante con dei foruncoli sul didietro: «Logicamente con la mia musica. Con i Boney M.» E a Wädenswil la signora Müller dovette assentarsi per andare alla toilette e Läuppi diventò per la prima volta responsabile della giostra e della cassa. In più c’era sempre la scuola. Nel 1989 la Calyspo era in condizioni così pessime che un anno più tardi Läuppi la rilevò, senza pensarci troppo, la restaurò con degli amici e da allora la fa girare portandola in ogni angolo del paese. «Non è stato così facile: ho dovuto SWISSLIFE Autunno 2013 imparare a guidare anche l’autocarro. E poi ho dovuto trovare anche un capannone dove poter mettere al riparo la giostra durante l’inverno. Läuppi ci riuscì. Ma vivere solo con i guadagni della giostra era un’illusione. «Nel profondo del mio cuore sono un insegnante: Läuppi appartiene all’aula scolastica», ammette ma non può abbandonare la sua passione per l’attività itinerante. E arriviamo alla galleria degli orrori. Il suo ultimo progetto a lungo termine. «Anche quella era in condizioni terribili», ricorda. Negli anni ’30 era ancora in giro in Austria con il nome «Viaggio nella giungla», andò in tour, venne trasformata in una galleria degli orrori a due piani che dal 1952 iniziò il suo viaggio per tutta la Svizzera. Poco prima del passaggio al nuovo millennio la giostra scomparve dalla scena. «I visitatori del luna park mi chiedevano spesso notizie dell’affascinante vecchia galleria degli orrori», racconta Läuppi, che essendo un giostraio da molto tempo e un nostalgico conosce perfettamente l’ambiente. Finché nel 2005 conobbe l’attuale proprietario della galleria degli orrori, Pascal Steiner. Quando tre anni fa Läuppi affittò il capannone nel quartiere di Torfeld ad Aarau, chiamò subito Pascal Steiner e gli disse semplicemente: «Lasciaci iniziare il restauro.» Dal settembre 2011 Läuppi (pur sempre insegnante all’80%!), Steiner e un’intera squadra lavorano ogni settimana per più di 20 ore alle due giostre. La facciata, le figure e le piccole vetture ammaccate sono state restaurate a mano con l’ausilio di vecchie foto e il supporto della pittrice in pensione Gertrud Sommer di Neuhausen. «Ma lei aveva già quasi 80 anni, così abbiamo portato i pezzi più piccoli della facciata e le otto vetture da Aarau a Neuhausen.» Oggi la giostra è pronta a tornare in funzione ed è stato sistemato tutto: oltre alla madre di 88 anni di Läuppi, Hildy, che vende i gettoni per la Calypso alla cassa, il meccanico Alois Steiner si occupa della manutenzione della giostra e il mago degli impianti elettrici Beat Ranalder è finora riuscito a riparare ogni guasto. I rappresentanti delle autorità che hanno ispezionato la galleria degli orrori restaurata hanno voluto due tappe al buio in meno, perciò due fantasmi in più: nessun problema per Läuppi e la sua squadra. E se gli ubriachi fanno gli stupidi, il padrino della galleria degli orrori ha un sistema molto semplice: «Posizioniamo lì due aiutanti e, se i passeggeri fanno gli stupidi, gli puntiamo una luce direttamente in faccia. Questo li spaventa così tanto che torna subito la quiete tra i fantasmi.» «Sì, sì», dice Läuppi accarezzandosi la pancia, «la galleria degli orrori del Prater di Vienna sarà proprio il pezzo forte alla Fiera d’autunno di Basilea che si terrà dal 26 ottobre al 10 novembre 2013. Un vero e proprio gioiello.» Les Diablerets, Cantone di Vaud Ciao, ti possiamo svelare i nostri consigli segreti? Ovvio che dimostrano le loro capacità di preferenza sulla pista. Ma nessun altro che i nostri maestri di sci conosce meglio l’inverno svizzero. Ordina l’opuscolo «myTop10 – I consigli segreti dei maestri di sci svizzeri» al sito MySwitzerland.com /inverno o chiamando lo 0800 100 200 – gratis ovviamente. Guarda i film con l’app Swiss Extend Il vostro tablet rabbrividisce durante l’inno nazionale svizzero? Scopritelo con l’app SWISSLIFE per tablet e smartphone nell’App Store e su Google Play o al sito www.swisslife.ch/rivista I piaceri della tavola // 57 Un saluto dal mare, dal frutteto e da un prato di zafferano. Il connubio tra terra e mare, dolce e salato, croccante e morbido: nel piatto arriva una portata dal sapore meraviglioso e dall’aspetto ancora più straordinario. Georges Lelièvre sulla sua cucina aromatica Ingredienti per 4 persone: 300 g di granciporro, 2 mele Granny Smith, germogli (p. es. crescione, portulaca o rucola), 1 bouquet garni (1 carota, 1 cipolla, 1 foglia di alloro, timo), 100 g di cipolla tagliata a dadini, olio di oliva, 10 g di foglie di timo, 150 g di maionese, 1 mazzetto di coriandolo, 1 lime, 5cl di aceto balsamico bianco, farina, sale, pepe appena macinato, riduzione di balsamico. Per la spuma allo zafferano: 1 capsula di gas, 250 g di panna, pistilli di zafferano, sale. Georges Lelièvre gestisce insieme alla moglie Céline l’hotel «Auberge de l’Union» ad Arzier (VD). Per la sua arte culinaria è stato insignito con 15 punti Gault Millau e nel 2013 è stato acclamato come «Rivelazione dell’anno in Romandia». www.auberge-arzier.ch Illustrazioni: Sylvia Geel Millefoglie di mela e granciporro con spuma allo zafferano Sbollentare il granciporro per 20 minuti in acqua aromatizzata con un bouquet garni, passare in acqua ghiacciata, dividere a metà ed estrarre la polpa // Saltare le cipolle in olio d’oliva a fuoco vivo per 5 minuti, aggiungere il timo // Spuma: far sobbollire 250 g di panna con un pizzico di sale e i pistilli di zafferano per 10 minuti, filtrare, riempire il sifone, inserire la capsula del gas e mettere in fresco // Mescolare la maionese con il granciporro, la cipolla e il timo, il coriandolo tritato, il succo di lime, l’aceto balsamico bianco, un po’ di farina, sale e pepe // Estrarre il torsolo della mela Granny Smith, tagliare a fette dello spessore di 3 o 4 mm, immergere in acqua aromatizzata con il lime // In un piatto da portata disporre le fette di mela e il granciporro su tre strati // Aggiungere la spuma allo zafferano sull’ultima fetta di mela // Guarnire con pistilli di zafferano, foglioline di erbe aromatiche e riduzione di aceto balsamico Desidero combinare tutti gli ingredienti migliori che crescono in abbondanza nel mio territorio con prodotti straordinari provenienti da tutto il mondo. La ricerca per trovare i prodotti migliori è lunga; si tratta di una missione che dura tutta la vita e rende il nostro lavoro così interessante, affascinante e sorprendente. In questa ricetta la mela acidula Granny Smith riveste un ruolo centrale. Questa mela, molto diffusa anche nella nostra regione, grazie alla sua consistenza croccante è ideale da abbinare alla tenera carne del granchio con il suo sapore discreto e quasi dolciastro. I molteplici aromi racchiusi in un pistillo di zafferano danno vita a un condimento dalle più svariate sfumature. Nel piatto il tenue color rosso arancio dello zafferano, abbinato al verde delle giovani foglioline di erbe aromatiche, conferisce il tocco finale alla portata creando un meraviglioso effetto cromatico. Una cucina aromatica fresca e semplice. SWISSLIFE Autunno 2013 Ovunque in Svizzera è facile accedere al piacere del vino. Se desiderate gustare vini speciali anche in occasioni non speciali, Martel è l’azienda che fa per voi: quale impresa a conduzione familiare giunta alla quinta generazione coltiviamo una cultura vinicola che abbina tradizione e classicità a innovazione e creatività. Grazie ai nostri lunghi rapporti d’amicizia con i viticoltori, da noi troverete rarità che cercherete invano altrove. Lasciatevi rapire dalla varietà e dal sensuale piacere del vino − e venite semplicemente a trovarci: www.martel.ch Illustrazioni: Sarah von Blumenthal Beni Frenkel // 59 Quante esperienze del passato restano impresse nella memoria? Se si considera normale il mio cervello, allora quasi nessuna. Le rare brevi sequenze del passato che mi tornano in mente sono storie caratterizzate dal fattore pelle d’oca. Tutto il resto è molto confuso nella mia testa. Devono essere trascorsi ormai poco meno di 25 anni da quando ho partecipato a questo campo per ragazzi. Era stato organizzato dalla Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI). Mi ricordo veramente poco di ciò che abbiamo fatto in quell’occasione. Abbiamo dovuto trascorrere due settimane in un bunker sotterraneo, vicino a una scuola elementare, da qualche parte nel Canton Argovia. Tutto è confuso ed è un peccato. È come se fossi stato ubriaco per due settimane. E avevo solo 11 anni. Probabilmente abbiamo giocato a calcio e a ping pong per due settimane. C’era un programma? Non lo ricordo proprio. Mi ricordo solo due cose. E me le ricordo come se fossero accadute ieri. Una volta è venuto a trovarci un vecchio rabbino. Eravamo un gruppo di bambini atei che non aveva niente da spartire con la religione. Ma i nostri genitori volevano rafforzare la nostra identità ebraica e per questo ci hanno mandato in quel bunker che puzzava di muffa. Così è venuto quel rabbino e ci ha chiesto di formare un grande cerchio. Poi ci ha detto che avrebbe intonato una melodia. Se tutti avessimo canticchiato a bocca chiusa e avessimo continuato a farlo anche a casa, allora Israele sarebbe stato presto liberato e finalmente sarebbe arrivato il Messia degli ebrei! Oggi non sono più sicuro se il rabbino ci avesse effettivamente raccontato questa stupida storia. Ma a undici anni si crede a qualsiasi cosa. La melodia aveva un suono bellissimo. Quando le nostre cento giovani voci intonarono quel canto insieme al rabbino, il mio corpo fu attraversato da brividi. Molte ragazze chiudevano gli occhi e si lasciavano dondolare al ritmo della melodia. Il testo era un semplice «Lalalalala», ma quando il rabbino tirò fuori la chitarra e noi cantammo ancora più SWISSLIFE Autunno 2013 forte «Lalalala», fu come se il cielo si aprisse un po’. Stranamente, oggi quando mi capita di ascoltare alla radio «Ich bin der König von Mallorca» penso a quel canto di liberazione. «Non dimenticate questo canto!», ci gridò subito dopo il rabbino, mentre noi ci lanciavamo all’assalto del pranzo. Mi ricordo ancora che fischiettai quel canto dedicato al Messia per tutto il giorno. Pensai che la liberazione non doveva fallire a causa mia. Naturalmente il giorno dopo avevo dimenticato la melodia. La mia seconda esperienza indimenticabile è stata Chantal. Ultima sera. Chantal mi superava in altezza di mezza testa e aveva già un accenno di seno. I direttori del campo ebraico ebbero l’idea di formare le coppie di ballo tirando a sorte. E io fui il ballerino assegnato a Chantal. Un’esperienza che fino a oggi non ho dimenticato: il modo in cui mi guardava intensamente negli occhi e si avvicinava a me. Pelle d’oca. Era come «Dirty Dancing», con la differenza che Chantal era l’insegnante di ballo e io quello che inciampava. Non avevo la minima idea di come e dove dovevo toccare la mia partner e cosa dovessi fare con le gambe. Sapevo solo che in quel momento avrei preferito avere al mio fianco John Travolta, piuttosto che il Messia. Da allora è passato molto tempo. Non ho mai più ballato. E il Messia degli ebrei aspetta ancora la mia canzoncina. Ma queste sono le due piacevoli esperienze che mi tornano volentieri alla mente. Quelle che racconterò ai miei nipoti. Molte volte. Beni Frenkel è maestro elementare e lavora come giornalista freelance tra l’altro per l’NZZ am Sonntag. Per SWISSLIFE descrive esperienze quotidiane indimenticabili. Vincete 495 CV e otto cilindri per una settimana. La vista lascia senza fiato. Appena si avvia il motore un brivido freddo corre lungo la schiena. La nuova Jaguar F-TYPE è una macchina sportiva purosangue con motore V8 da cinque litri dotato di compressore di alimentazione, 495 CV, 625 Nm e tutto ciò che serve per godersi una guida senza limiti. Con un po’ di fortuna potrete aggiudicarvi questa fantastica auto sportiva per una settimana. Tutto ciò che vogliamo sapere è come si chiama la leggendaria Jaguar, di cui il modello F-TYPE è il degno successore anche nel nome? In bocca al lupo! Concorso // 61 Che rumore fanno 495 CV? Scopritelo con l’app SWISSLIFE. Per facilità basta rispondere online alla domanda (www.swisslife.ch/rivista). Oppure inviateci la cartolina di risposta allegata con la vostra soluzione (scheda della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è il 7 dicembre 2013. I vincitori saranno resi noti nella prossima edizione di SWISSLIFE. Congratulazioni a Valentina Bilalovic di Oberrohrdorf per aver vinto l’ultimo concorso di SWISSLIFE. SWISSLIFE Autunno 2013 62 // Fuoriprogramma Chris von Rohr dei Krokus sulla canzone Dög Song «Siamo ancora dei cuccioli che amano giocare» All night long – you gimme what I need All night long – the world is at your feet «Siamo lieti che con l’album «Dirty Dynamite» registrato negli Abbey Road Studio di Londra abbiamo dato vita alla più riuscita produzione svizzera del 2013. Questo non è scontato, ma la gente si rende conto che hanno collaborato a questa produzione i musicisti più adatti e lo fanno con immenso piacere. La band si è ritrovata ed è andata in tour partecipando a festival in tutto il mondo e riempiendo le sale. Il prossimo anno toccherà a Sudamerica e Asia. In realtà il brano «Dög Song» è stato realizzato molto rapidamente; ci siamo passati la palla a vicenda, Fernando e il sottoscritto: lui arriva con un riff, io sviluppo la melodia, il ritornello, dopodiché scrivo il testo con Marc e il pezzo è pronto. Una semplice hit estiva, niente di più e niente di meno. Molto più interessante è stata in realtà la realizzazione del video per questa canzone. Volevamo fare un videoclip in cui non comparisse la band. Questa idea è nata già con la copertina. Per il nostro 17° album in studio volevo una copertina che non riproducesse di nuovo un teschio e mi sono consultato con il mio manager che ha proposto l’idea: esiste una copertina famosa di classe A con un cane? Non esisteva niente di simile o perlomeno non qualcosa di cui il grande pubblico si ricordi. Così abbiamo optato per questa immagine che riproduce un divertente bulldog inglese dall’aspetto cool che fuma, un’immagine che si presta perfettamente anche come soggetto scenografico. Ma abbiamo voluto andare oltre: noi «Krokus» siamo ancora dei cuccioli che amano giocare. Non rinunciamo mai a divertirci. Allora ci siamo detti: facciamo scatenare a Los Angeles questo folle bulldog di nome «Da dög» al nostro posto, lasciamo che provi tutto lo splendore e la tristezza, le mode all’ultimo grido, le crisi di astinenza, la velocità e l’avventura nella La La Land. Questo probabilmente è l’unico video rock al mondo girato con un cane in cui quattro zampe riveste il ruolo principale per tutta una canzone, fa un viaggio di scoperta esplorando questa L.A. dall’animo trash. L’autore del video, Martin Häusler, ha poi prodotto il pezzo, impresa per niente facile dato che gli americani sono terribilmente puritani e il video è stato bloccato più volte semplicemente perché si vedeva un seno nudo o chissà per quale altro motivo. Ci hanno messo i bastoni tra le ruote, al momento si è creato un ghetto gigantesco di esclusi tra case discografiche e YouTube, quindi eliminano il pezzo e tu ricominci da zero clic. Ma sapete, noi abbiamo sempre amato il vento contrario, ci mantiene freschi. E oggi è ancora più bello apprendere che la canzone è stata richiesta per l’app «Pinball Rocks» venduta milioni di volte. Penso che la clip abbia il potenziale per diventare un video di culto che sarà scoperto negli anni a venire anche da persone che non sono fan dei «Krokus», perché è divertente e fa un gran casino, offrendo della buona musica rock. Della serie: rimanete rilassati n’ keep on rocking in a free world!» Da quasi 40 anni il gruppo dei «Krokus» è sinonimo di onesto hard rock. La rock band svizzera di maggiore successo ha già venduto oltre 14 milioni di dischi, ha viaggiato per tutto il mondo vincendo dischi d’oro e di platino anche negli Stati Uniti e in Canada. Dalla reunion della formazione originale avvenuta nel 2008 e dalla successiva pubblicazione dei due album «Hoodo» e «Dirty Dynamite», numero 1 nelle classifiche, la band di Soletta sta portando di nuovo la sua musica rock su tutti i maggiori palchi del mondo. Durante l’ultima gara di sci di Didier Cuche La sinfonia n. 4 di Anton Bruckner Quando guardo mio figlio fare sport Pensare alle mie nozze Alla notizia che mio nonno è morto Quando persone importanti dicono che mi amano Il mio primo amore www.swisslife.ch/rivista Stampato su carta certificata FSC X-Per, opaca, 200 g/m2, impreziosita da stampa a rilievo puntinata.