Caratteri dell’età controriformistica 10 Capitolo10 Economia, società e guerra 1560-1648 1. L’indipendenza olandese 2. Mediterraneo e Atlantico 3. Un secolo di guerre religiose (1560-1648) 4. La crisi del Seicento: demografia, vita materiale, orizzonti di esistenza RIF La pace tra le religioni Economia, società e guerra Questo capitolo, come il precedente, è dedicato per la maggior parte al tema dei conflitti religiosi. Anche dopo la pace di Augusta, infatti, questi continuarono a insanguinare l’Europa. Anzi, dalla Germania, dove soprattutto si erano concentrati nella prima metà del Cinquecento, si estesero a molte altre parti del continente. Per tutto un secolo, che non a caso è stato definito dagli storici come il secolo delle guerre di religione, eserciti fanaticamente istruiti a distruggere il nemico con ogni mezzo devastarono città e villaggi. Il nemico non si identificava soltanto con i componenti di eserciti avversari: era invece, molto spesso, la gente comune; la popolazione che professava una fede diversa da quella di chi, inquadrato militarmente, la passava a fil di spada o di picca, senza risparmiare donne, anziani, bambini. Le guerre di religione di questo secolo, tuttavia, che poco aggiunsero a quanto già sappiamo sotto il profilo dell’elaborazione dottrinaria e teologica, furono al tempo stesso guerre politiche ed economiche. Da esse scaturì un nuovo assetto territoriale dell’Europa, che la pace di Vestfalia (1648) stabilizzò nelle sue linee fondamentali. È di questo, in primo luogo, che ci interessa ora occuparci. 1. L’indipendenza olandese I motivi dell’inquietudine Protesta religiosa e protesta fiscale: furono questi i motivi che spinsero una parte della popolazione dei Paesi Bassi a iniziare negli anni Sessanta del Cinquecento una lotta contro il dominio spagnolo, che si concluse nel 1609 con il riconoscimento ufficiale da parte di Filippo III di Spagna dell’indipendenza delle sette Cornelis de Vos, Ritratto di famiglia, particolare, XVII secolo, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo. Una ricca famiglia olandese si fa ritrarre dal pittore “alla moda” per trasmettere ai contemporanei e ai posteri la gloria della propria opulenza, riflesso della benedizione divina (secondo gli insegnamenti del calvinismo). Ritratto insieme concreto e ideale di una società che è conscia della propria forza economica, orgogliosa dei propri risultati, e che aspira alla conservazione del proprio prestigio e della consolidata ricchezza. I Paesi Bassi spagnoli GRONINGA FRISIA OLANDA Haarlem MARE DEL NORD Leida L'Aja Amsterdam UTRECHT Utrecht Rotterdam Arnhem OVERIJSSEL GHELDRIA Re no ZELANDA BRABANTE Ostenda Dunkerque FIANDRE Gand LIEGI Bruxelles Lilla ARTOIS Arras Il laboratorio dello storico BORGHESIA E PITTURA IN OLANDA IMPERO GERMANICO Anversa Bruges HAINAUT Liegi Aquisgrana LIMBURGO NAMUR Cambrai Cateau-Cambrésis REGNO DI FRANCIA Paesi Bassi spagnoli Territori ecclesiastici LUSSEMBURGO Lussemburgo Unione di Arras (1579) Unione di Utrecht (1579) Caratteri dell’età controriformistica 10 province settentrionali, la cui componente più importante era rappresentata dall’Olanda, e che nel 1648, con la Pace di Vestfalia, poterono costituirsi in Repubblica con il nome di Province Unite. Durante la prima metà del Cinquecento i Paesi Bassi, situati al crocevia tra l’oceano Atlantico e il mar Baltico e favoriti dal forte sviluppo della navigazione oceanica seguito alle scoperte e alle esplorazioni di fine Quattrocento, si erano imposti come una delle aree più ricche d’Europa, affiancandosi in tal senso all’Italia centro-settentrionale. L’ascesa dei Paesi Bassi Per i porti di Anversa e di Rotterdam passava ormai la metà del traffico mondiale a lunga distanza e le due città erano divenute i più fiorenti centri bancari del continente. Da queste sue ricche province, sotto forma di prelievo fiscale, Filippo II di Spagna (1527-1598, re di Spagna dal 1556) ricavava proventi pari a sei o sette volte quelli riscossi nelle Americhe, che, proprio nella stessa epoca, stavano conoscendo il momento più felice sotto il profilo della redditività delle miniere di oro e di argento. Si trattava, peraltro, di province che Filippo II percepiva ormai in gran parte come estranee, almeno sotto il profilo geografico, rispetto al cuore del suo dominio. Se suo padre, Carlo V, era stato infatti un sovrano privo di specifici radicamenti territoriali (→ cfr. cap. 8 par. 3), Filippo, che dopo la pace di Cateau Cambresis s’era assicurato l’egemonia in Italia e qualche decennio dopo anche la corona del Portogallo, si sentiva ancorato soprattutto al mondo mediterraneo. Stabilitosi a Madrid, che era stata fino a quel momento null’altro che un piccolo villaggio, aveva fatto della Spagna l’autentico baricentro del suo potere territoriale e a partire da lì si era impegnato nella strenua difesa dell’ortodossia cattolica, rinnovando una tradizione che aveva profonde radici nella penisola iberica, sin dai tempi della reconquista. La spedizione del duca d’Alba e il sacco di Anversa Filippo II rispose alla ribellione inviando nei Paesi Bassi un potente esercito, guidato dal duca d’Alba (Alvarez de Toledo, 1507-1582). Quest’ultimo condusse a partire dal 1567 una repressione talmente crudele e sanguinaria da suscitare la riprovazione della stessa grande nobiltà fiamminga di fede cattolica, sin lì fedele alla Spagna. Molti cattolici, malgrado la differenza di fede, si unirono così ai protestanti, con l’obiettivo comune di affermare l’autonomia della loro terra (e dei loro traffici) rispetto alla Spagna. La guida dell’insurrezione venne assunta da Guglielmo I d’Orange (1533-1584), il quale, durante alcune convulse fasi in cui parve che gli Spagnoli riuscissero ad avere il sopravvento, trovò riparo e protezione in Inghilterra. Durante gli anni Settanta la guerra si svolse a correnti alterne. Nel 1576 le truppe spagnole si resero tristemente protagoniste dell’orribile sacco di Anversa; due anni dopo, quando Alessandro Farnese (duca di Parma, 1545-1592), che guidava l’esercito di Filippo II, riuscì a produrre una divisione tra gli insorti riportando le province meridionali all’obbedienza, la rivolta parve definitivamente domata. Nascita di una repubblica Ma nel 1581 gli Stati generali delle province settentrionali riaccesero la lotta, dichiarando Filippo II decaduto e costituendo la Repubblica delle Province Unite. La Spagna si rifiutò, naturalmente, di riconoscere il nuovo Stato, ma non fu in grado, nei lustri seguenti, di rioccuparne i territori. Nel 1609 si giunse così alla stipulazione di una tregua, di cui si fissò la durata in 12 anni. Come vedremo tra breve, il conflitto avrebbe conosciuto una nuova fase durante la guerra dei Trent’Anni (1618-1648). Ma intanto le Province Unite avevano di fatto conquistato l’autonomia per la quale avevano lungamente lottato. Le agitazioni degli anni Sessanta Franz Hogenberg, Espulsione dei gesuiti da Anversa nel 1578, Bibliothèque publique et universitaire, Ginevra. Ma in quei ricchi Paesi, così lontani dalla Spagna, a partire dal 1530 si erano insediate robuste comunità, prima di anabattisti poi di calvinisti (→ cfr. cap. 9 par. 3), tanto le une quanto le altre particolarmente attive nella conduzione dei traffici mercantili e degli affari di banca. Né la repressione dei regnanti (prima Carlo V, poi Filippo II), che tra il 1523 e il 1566 comminarono in quest’area ben milletrecento condanne a morte per motivi religiosi, era riuscita a fermare l’ulteriore espansione delle fedi riformate. Negli anni Sessanta l’insofferenza delle popolazioni locali per il fiscalismo e per la persecuzione religiosa imposta dalle autorità spagnole giunse al culmine. Nel 1566 una folla guidata dalla piccola nobiltà, strato sociale sul quale il calvinismo, con il suo principio di dottrina per il quale bisognava esercitare il diritto di resistenza contro un sovrano iniquo, mostrava di fare particolarmente presa, diede l’assalto al palazzo della reggente, Margherita d’Austria (1522-1586, duchessa di Parma e Piacenza e governatrice dei Paesi Bassi), sorellastra di Filippo II. Poco più tardi, in diversi altri luoghi dei Paesi Bassi, la popolazione di fede riformata seguì quell’esempio e insorse, devastando monasteri, chiese, conventi. Economia, società e guerra GRONINGA Allegoria del governo del duca d’Alba, XVI sec. La percezione della condizione di oppressione esercitata dal governo spagnolo è significata là dove le Province olandesi sono rappresentate come donne incatenate ridotte nella più umiliante delle schiavitù. Nascita delle Province Unite (1581-1648) FRISIA OLANDA Haarlem MARE DEL NORD Leida L'Aja OVERIJSSEL Amsterdam UTRECHT Utrecht Rotterdam Arnhem GHELDRIA Re no ZELANDA BRABANTE Ostenda Anversa Bruges Dunkerque FIANDRE LIEGI Bruxelles Lilla ARTOIS Arras Maastricht Gand HAINAUT IMPERO GERMANICO Liegi LIMBURGO NAMUR Province Unite (1581) Territori conquistati dalle Province Unite (1626-1648) LUSSEMBURGO REGNO DI FRANCIA Paesi Bassi spagnoli Lussemburgo Vescovado di Liegi Caratteri dell’età controriformistica 10 Il Paese della tolleranza g Censitario Derivante da procedure di selezione basate sul censo, cioè sulla ricchezza, e organizzate in modo tale da escludere gli strati di popolazione meno abbienti. g Talmudico In lingua ebraica talmud significa “dottrina”, “studio”, “lezione” e così è chiamata, in particolare, la raccolta di trattati giuridici e religiosi del III-IV secolo dopo Cristo nei quali è condensata la dottrina giudaica post-biblica. Attorno alle attività praticate nei grandi porti di Rotterdam e Amsterdam nasceva così un Paese nuovo, contraddistinto dalla forma repubblicana del governo – esercitato congiuntamente dalla nobiltà e dalla grande borghesia dei traffici – e dalla tolleranza religiosa. Si trattava di una federazione di sette province, ciascuna delle quali munita di una assemblea rappresentativa censitaria (Stati provinciali) presieduta da un Gran Pensionario, affiancato da un luogotenente militare denominato Statolder. I vari Stati provinciali nominavano rappresentanti presso gli Stati generali, riuniti a L’Aja e muniti di potere legislativo, anche se destinati a rivestire un ruolo di secondo piano in caso di pericolo militare, quando gran parte dei poteri venivano trasferiti nelle mani dello Statolder dell’Olanda, la maggiore delle sette province. Calvinisti, luterani, anabattisti, cattolici, israeliti (questi ultimi affluiti a migliaia durante il Cinquecento e provenienti essenzialmente dalla penisola iberica, da dove erano stati scacciati alla fine del Quattrocento) convivevano pacificamente in una società nella quale gli odi e i fanatismi religiosi erano stati accantonati, al fine di privilegiare un interesse comune: quello mercantile. Lo sviluppo mercantile Alla metà del Seicento, quando anche la Spagna si rassegnò infine a riconoscere la Repubblica delle Province Unite(l’indipendenza delle province era stata riconosciuta nel primo decennio del secolo), la flotta mercantile olandese vantava un numero di imbarcazioni pari a quello di Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra messe insieme. Durante le loro perlustrazioni dei mari d’Oriente, gli Olandesi avevano scoperto prima l’Australia (1606), poi anche la Nuova Zelanda (1642). scheda35. La comunità ebraica in Olanda L’insediamento di una comunità di Ebrei sefarditi (cioè provenienti dalla penisola iberica e quindi distinti dagli Ebrei ashkenaziti, insediati in Germania e nell’Europa orientale) nei Paesi Bassi cominciò a prendere corpo a fine Quattrocento, quando prima la Spagna (1492), poi anche il Portogallo (1496) espulsero gli israeliti dai rispettivi territori nazionali. Grazie alla tolleranza religiosa praticata nelle Province Unite, l’afflusso proseguì nel secolo successivo, così che a fine Cinquecento Amsterdam era divenuta il principale centro culturale ed economico dei sefarditi europei. Lo rimase sino alla fine del Settecento. La comunità ebraica di Amsterdam, ric- ca di migliaia di membri, era la più fiorente del continente. Vi si parlava un dialetto iberico integrato con alcuni vocaboli di derivazione ebraica. Pur essendo inserita in un contesto civile che attribuiva grande valore alla tolleranza religiosa, la comunità degli Ebrei olandesi si mantenne tuttavia strettamente aderente a una ortodossia che non tollerava manifestazioni di devianza. Il filosofo Baruch Spinoza (16321677), di origine portoghese, venne ad esempio espulso dalla comunità nel 1656 e costretto a trasferirsi altrove. Si era infatti avvicinato a una forma di libero pensiero – sarà tra i padri del laicismo moderno – che lo situava lontano rispetto ai canoni a cui era stato educaAert de Gelder, La sposa ebrea (Ester si fa agghindare), 1684, Alte Pinakothek, Monaco. Della grande espansione del traffico oceanico, insieme all’Olanda, l’altra grande protagonista, tra la seconda metà del Cinquecento e l’inizio del Seicento, fu l’Inghilterra. E dalla comune ascesa di questi due Paesi a padroni delle grandi rotte che collegavano l’Europa all’America e all’Asia derivarono due importanti conseguenze: da un lato il declino della potenza economica della Spagna, dall’altro il ridimensionamento del ruolo tradizionalmente svolto dal Mediterraneo e dai Paesi che si affacciavano su di esso. 2. Mediterraneo e Atlantico La sfida inglese alla Spagna Nell’ultima parte del Cinquecento la Spagna, che insieme al Portogallo era stata il primo Paese a costruire un impero coloniale oltreoceano e a trarne ricchi profitti (→ cfr. cap. 7, par. 2 e 3), vide prima messo in discussione e poi annullato il monopolio sui traffici transoceanici di cui aveva goduto fino a quel momento. Anche l’Inghilterra e l’Olanda, divenuta indipendente, si dotarono infatti di flotte ben attrezzate. Elisabetta I, sovrana di uno Stato ormai passato alla Riforma (→ cfr. cap. 9 par. 3) favorì lo sviluppo del proprio Paese in direzione commerciale e giunse ad autorizzare l’esercizio della pirateria da parte dei propri sudditi; tra questi, il famoso Francis Drake (1540-1596), terrore delle flotte spagnole impegnate nelle rotte transoceaniche. Elisabetta, regina d’Inghilterra to presso la scuola talmudica, quando i suoi genitori ancora pensavano di destinarlo all’esercizio della professione di rabbino, cioè di ministro del culto. Economia, società e guerra Elisabetta era figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena e, come abbiamo visto, nel 1558 era salita al trono alla morte della sorellastra Maria la Cattolica, moglie di Filippo II di Spagna. La sua orgogliosa riconferma dell’autonomia della Chiesa anglicana da quella di Roma le costò, nel 1570, la scomunica da parte del papa di Roma Pio V. Da quel momento in poi ella inasprì la persecuzione dei cattolici in Inghilterra e fornì sistematicamente aiuto agli ugonotti in Francia e in Olanda. Sia i contrasti in materia religiosa sia la concorrenza sul piano commerciale e coloniale resero inevitabile il conflitto militare tra l’Inghilterra elisabettiana (teatro di una straordinaria fioritura letteraria e scientifica, legata tra l’altro ai nomi di William Shakespeare e di Francesco Bacone) e la Spagna di Filippo II. Causa scatenante di questo conflitto fu la condanna a morte nel 1587 di Maria Stuart (15421587, regina di Scozia dal 1561, già imprigionata nel 1568), legata a doppio filo alla Spagna, da parte di Elisabetta. La sconfitta dell’Invincibile Armata Educata in Francia, di cui aveva sposato il re, Francesco II, nel 1558, dopo la morte di quest’ultimo, due anni più tardi, Maria Stuart era tornata in Scozia e vi aveva avviata una politica filocattolica con il sostegno del re di Spagna. Carta de “la discesa delle Indie” di Francis Drake, XVI sec. I successi del corsaro e pirata inglese ne fecero un eroe leggendario. Nutriva un odio feroce soprattutto nei confronti degli Spagnoli, che avevano attaccato la sua nave nel 1568. Federico Zuccari, Elisabetta I, fine XVI secolo. Musèe du Château, Versailles. La sovrana proseguì con determinazione le linee di politica religiosa tracciate dal padre Enrico VIII: al di sopra di tutto, le sue scelte furono orientate alla salvaguardia del regno da ingerenze esterne (fossero queste spagnole o pontificie) e dall’esigenza di garantire la più ampia autonomia di manovra alla monarchia e al governo del Paese. In tal senso, la scelta del campo protestante fu confermata essenzialmente per ragioni di politica interna e internazionale, rafforzando il più possibile il ruolo del sovrano come capo della Chiesa d’Inghilterra, con ampie deroghe rispetto al condizionamento delle dottrine luterana e calvinista. Caratteri dell’età controriformistica 10 Essendo legittima discendente della casa Tudor (mentre Elisabetta era stata dichiarata nel 1536 figlia illegittima di Enrico VIII), Maria era poi divenuta a partire dal 1568, (anno in cui era stata scacciata dalla Scozia in seguito a una rivolta degli aristocratici di quel paese, che l’avevano dichiarata decaduta), l’ideale “antiregina”, contrapposta dai cattolici inglesi a Elisabetta, che la fece giustiziare per stroncare un complotto ai propri danni. Nel 1588 Filippo II inviò la sua flotta militare, la così detta Invincibile Armata, fin nel cuore del canale della Manica. La sua intenzione era duplice: da un lato difendere gli interessi economici spagnoli dalla concorrenza britannica, dall’altro infliggere una dura lezione all’Inghilterra elisabettiana, che, oltre a segnalarsi in chiave anticattolica, stava appoggiando gli sforzi degli Olandesi per conseguire l’emancipazione dalla Spagna. Ma l’Invincibile Armata dopo quella spedizione, dalla quale uscì dimezzata, non poté più dirsi tale. Essa venne infatti sonoramente sconfitta dalla marina inglese. G. Walsheim Graesner, La battaglia di Lepanto, 1641, National Galerie, Berlino Inizio del declino spagnolo Cumulandosi con gli scacchi patiti da Filippo II nei Paesi Bassi, così come con quelli – di cui tratteremo tra breve – inflittigli nel Mediterraneo orientale per opera dei Turchi, la disfatta dell’Invincibile Armata rappresentò il simbolico spartiacque tra un Cinquecento dominato, sul piano delle relazioni internazionali, dalla Spagna, e un Seicento che fu invece contraddistinto dalla progressiva ma inarrestabile decadenza tanto economica quanto politica di questa potenza. Sulle rotte oceaniche sorgente primaria delle mitiche “spezie” sin lì giunte in Europa attraverso il Mediterraneo. Nel 1600 venne fondata la Compagnia inglese delle Indie orientali; due anni dopo la sua omologa olandese. Fecero, per tutto il secolo, affari d’oro, sia commerciando in proprio, sia, soprattutto quella olandese, noleggiando a mercanti di altri Paesi le imbarcazioni capaci di affrontare rotte così lunghe e rischiose. Il Mediterraneo degli Ottomani Philippe Jacques de Louthebourg, La disfatta dell’Invincibile Armata a opera della flotta inglese, XVI sec., National Maritime Museum, Greenwich. La flotta armata da Filippo II contro Elisabetta era tra le più formidabili della cristianità: una enorme “massa d’urto” costituita da centotrenta vascelli, grandi galeoni potentemente armati, che si opponevano a un numero molto inferiore di navi inglesi. Tuttavia la vittoria arrise nel 1588 alla flotta britannica: sia per le avverse condizioni atmosferiche e le cattive condizioni del mare; sia per la cattiva conoscenza dei mari settentrionali e la disorganizzazione dei comandanti spagnoli; sia per gli stratagemmi da “guerriglia del mare” messi in atto dagli Inglesi (che per esempio diressero contro le navi nemiche piccoli vascelli incendiari, carichi solo di esplosivo); sia per la grande maneggevolezza delle navi di Elisabetta, rispetto ai pesanti e lenti galeoni spagnoli. La bandiera di Henry Avery, XVII sec. La bandiera del pirata inglese(1665 ca.-1728) è il classico esempio delle bandiere pirata, con il minaccioso teschio su campo nero. La Spagna, intanto, era impegnata anche su un altro fronte: quello mediterraneo, dove i Turchi ottomani per tutto il corso del Cinquecento avevano continuato a espandere i propri domini, incorporando in essi anche larghi tratti della costa nord-africana (→ cfr. cap.5 par2). Anche qui il conflitto politicoeconomico si intrecciava con quello religioso. Ma in questo caso per il fronte cattolico, guidato da Filippo II e da Venezia e Genova, tradizionali mediatrici dei traffici con l’Oriente, l’avversario era rappresentato dall’Islam e non dalla Riforma. Nel 1571 la battaglia di Lepanto, vinta da una flotta cattolica multinazionale guidata da don Giovanni d’Austria (1545-1578), figlio naturale di Carlo V, arrestò provvisoriamente lo slancio della conquista turca delle acque del Mediterraneo. Ma già negli anni seguenti esso riprese, anche se con minor forza. Nel 1573 i Turchi strapparono l’isola di Cipro a Venezia. La pirateria Da questo momento in poi Inglesi e Olandesi assunsero il controllo dei traffici oceanici; non solo quelli che congiungevano Europa e America, ma anche quelli che transitavano per la rotta del Capo, che costeggiava il bordo occidentale dell’Africa per poi dirigersi, attraverso l’oceano Indiano, verso l’Asia orientale, la Economia, società e guerra Nell’ultimo quarto del Cinquecento il Mediterraneo era divenuto un mare insicuro, conteso tra più padroni e soggetto alle scorrerie dei pirati (→ cfr. Cap. 5 scheda 21)(per lo più musulmani), che eseguivano spesso aggressive puntate sulle coste italiane e spagnole. Nell’ultimo decennio del secolo le sue acque cominciarono a essere intensamente frequentate anche da Inglesi e Olandesi, decisi a ritagliarsi anch’essi una porzione dei profitti derivanti dall’esercizio del commercio sulle sponde di quel mare. Fu l’ultimo momento di splendore per quello specchio d’acqua, che per millenni aveva costituito il tramite principale dei contatti economici e culturali tra Oriente e Occidente, tra Asia e Europa. La decadenza mediterranea e l’ “economia-mondo” La vera decadenza, che comportò il contestuale declino delle città italiane più fiorenti (oltre a Venezia e a Genova, anche Milano e Firenze), fino a quel momento forse i luoghi più ricchi d’Europa, iniziò nel secolo seguente, in seguito al consolidamento delle rotte oceaniche e alla fondazione delle compagnie inglese e olandese delle Indie orientali. Da quel momento in poi, infatti, gran parte degli scambi commerciali con l’Estremo Oriente transitò per la rotta del Capo; e come terminali europei di quelle correnti di traffico si imposero i porti atlantici dell’Europa nord-occidentale, gli stessi dai quali si irradiavano le rotte che portavano in America. A fronteggiarsi, sul Mediterraneo, in condizioni di instabile equilibrio, rimasero gli Spagnoli, gli Ottomani e, in posizione sempre più defilata, i Veneziani; ma l’economia che poteva svilupparsi nello specchio di questo mare era ormai Tiziano, Filippo II in armatura, 15481551, Museo del Prado, Madrid. Caratteri dell’età controriformistica 10 limitata a una dimensione locale. I grandi mercati europei, situati al di là delle Alpi, erano infatti stati distolti dal Mediterraneo e attratti invece dalle dinamiche di quella che alcuni storici hanno di recente definito l’“economia-mondo”; l’insieme, cioè, delle correnti di traffico che, muovendo dalle coste asiatiche e americane, si affidavano alle capienti stive dei navigli olandesi e inglesi in navigazione sulle superfici oceaniche distese tra i quattro continenti conosciuti. FOCUS I Economia-mondo Il termine economia-mondo, coniato negli anni Settanta del Novecento da storici come Fernand Braudel o da sociologhi come Immanuel Wallerstein (Il sistema mondiale dell’economia moderna. L’agricoltura capitalistica e le origini dell’economia-mondo europea nel XVI secolo, 1978), allude alla preminenza del fattore economico rispetto a quello politico-militare nel favorire la coesione e la compenetrazione tra le diverse aree del pianeta. Secondo Braudel e Wallerstein si può parlare di economia-mondo a partire dal Quattrocento, quando per la prima volta si venne delineando una trama di transazioni commerciali basata su un sistema di divisione del lavoro e della produzione operante su scala pluricontinentale. Ad attivare quel sistema furono, ancor più che i singoli Stati impegnati nella costruzione di imperi transoceanici, gli operatori economici di alcuni Paesi europei, capaci di tessere una rete di interscambi commerciali a lunga distanza distesa su spazi che vennero a formare rispettivamente le periferie e le semiperiferie rispetto a un centro economico costituito dall’Europa. All’epoca dell’ascesa olandese il sistema raggiunse un livello di profonda integrazione, dal momento che inglobò al proprio interno numerosi sottosistemi preesistenti: quello dell’Europa nord-occidentale e baltica, quello del Mediterraneo, quello americano, quello nord-africano e quello dell’Estremo Oriente. Non tutte queste aree erano soggette al dominio politico europeo; tutte però erano reciprocamente collegate da una rete di contatti economici, i cui fili si riannodavano all’epoca tutti ad Amsterdam. Il sistema dell’economia-mondo, avviato dai Portoghesi ancor prima della scoperta dell’America e poi consolidatosi nei secoli seguenti con l’ascesa dell’Olanda e in seguito con quella dell’Inghilterra, è fenomeno parallelo a quello della graduale affermazione in Europa del capitalismo e della sua logica di profitto. L’economia-mondo cominciò infatti a divenire percepibile contestualmente all’avvio del declino del sistema feudale, che era teso a favorire l’autoconsumo e a limitare drasticamente, di conseguenza, l’interscambio economico tra le singole aree regionali o locali. La Spagna di Filippo II MARE DEL NORD INGHILTERRA Londra Amburgo L'Aia REGNO DI POLONIA PAESI BASSI Re l vit a Fr to an rie cia sp ag no le Cateau-Cambresis 1559 Parigi Loir a Lisbona - Madrid A Milano Venezia 1656 IMPERO OTTOMANO Genova SPAGNA RI HE G CHAROLAIS CONTEA r 1535 ue : g FRANCIA 59 UN re PORTOGALLO 56 15 Besançon STATO DELLA CHIESA Saragozza Barcellona nubio León Vienna FRANCA Roma Possedimenti spagnoli Sacro Romano Impero e possedimenti degli Asburgo d'Austria Imprese vittoriose Siviglia SARDEGNA Granada Tangeri gu il co erre co nt ntro MAR llo d ro i Tu el M rc MEDITERRANEO edi hi Melilla ter ran eo Orano per Napoli REGNO DI NAPOLI SICILIA 3. Un secolo di guerre religiose (1560-1648) Il calvinismo “nobiliare” in Francia Un altro dei grandi scenari caratteristici dei conflitti religiosi divampati in Europa tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento fu costituito dalla Francia. Qui il calvinismo aveva incontrato una certa diffusione, soprattutto in alcune regioni (Guascogna, Delfinato, Linguadoca, Normandia, il Sud e l’Ovest del Paese) e soprattutto presso l’aristocrazia, di cui circa la metà dei membri aveva aderito a questa fede. In essa infatti gli aristocratici trovavano un forte motivo di legittimazione per la propria insofferenza nei confronti dei monarchi. Tra il 1562 e il 1570 si assistette a una prima sanguinosa fase di conflitti in nome della fede, durante la quale si segnalarono come campioni dell’ortodossia cattolica i membri della famiglia dei Guisa. Questi ultimi, appoggiati esternamente dalla Spagna e dalla Chiesa di Roma, controllavano in quell’epoca l’esercito reale e lo mobilitarono a più riprese contro gli ugonotti, come abbiamo visto, denominazione francese dei calvinisti, organizzando spietati massacri degli aderenti alla fede riformata. Tuttavia anche costoro godevano di forti appoggi internazionali, sia in Inghilterra, sia nelle province settentrionali dei Paesi Bassi, che avevano allora avviato la propria lotta di emancipazione dalla Spagna. Guisa contro Borbone Nel 1570 Caterina de’ Medici (1519-1589), reggente di Francia dopo la morte del marito Enrico II (1519-1559, re di Francia dal 1547), che era interessata ad affermare il proprio potere e ad evitare che il regno cadesse preda dei conflitti tra le fazioni nobiliari, riuscì a imporre una provvisoria pacificazione. Ma questa non durò a lungo. Nel 1572 Enrico di Borbone, rampollo di una delle principali famiglie ugonotte del Paese, aveva sposato Margherita di Valois (1552-1615), figlia di Caterina, ponendo così una sorta di ipoteca sulla successione al trono di Francia. Temendo la possibilità che salisse al trono un ugonotto, i Guisa tornarono alla carica. Pochi giorni dopo le nozze, tra il 23 e il 24 agosto, venne organizzato il massacro della notte di San Bartolomeo in cui perirono circa tremila ugonotti accorsi a Parigi per il matrimonio. Da co nt ro OCEANO ATLANTICO annesso nel 1580 Tago no L’eredità più pesante che Filippo II ricevette dal padre Carlo V fu la necessità di continuare a impegnarsi in lunghi ed estenuanti conflitti per conservare e difendere i territori della corona. Enormi risorse, soprattutto quelle provenienti dai ricchissimi possedimenti americani, furono così profuse per conservare le Fiandre e il ducato di Milano, per fronteggiare gli inglesi sui mari, per arginare la minaccia ottomana nel Mediterraneo. Lepanto 1571 Economia, società e guerra La rivolta degli ugonotti A questo punto insorsero le province del Sud-Est della Francia, dove maggiormente il calvinismo si era radicato, e si proclamarono Repubblica indipendente. In nome della religione (ma anche, indubbiamente in ragione del conflitto per una eventuale successione al trono dei Valois, i cui discendenti maschi erano minorati mentali) la Francia si era dunque spaccata in due. E, sullo sfondo di uno scenario contraddistinto dalla guerra civile, tale rimase fino alla morte di Caterina de’ Medici, la quale, pure, nella parte finale del suo regno non risparmiò gli sforzi per far cessare l’anarchia nobiliare scaturita dal conflitto tra i cattolici Guisa e gli ugonotti Borbone. Ambroise Dubois, La strage della notte di san Bartolomeo, fine XVI sec., Museo cantonale delle belle Arti, Losanna. Nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 oltre tremila ugonotti vennero massacrati dai cattolici a Parigi. Nell’immagine il pittore, protestante, ritrae la cruentissima strage. Confrontando l’iconografia francese del periodo, si constata una tragica uniformità di rappresentazioni: le fonti visive prodotte da ugonotti e cattolici rendono evidenti le più efferate violenze da parte degli avversari. Ne ricaviamo così un’immagine purtroppo fedele della realtà storica del periodo, quella cioè di migliaia di morti civili sacrificati alla ragion di Stato e agli interessi delle fazioni, troppo spesso celati da motivazioni religiose. Caratteri dell’età controriformistica 10 Economia, società e guerra La Francia nel periodo delle guerre di religione Valognes Carentan Pontorson BRETAGNA Pontivy Domfront Clermont La Ferté Vidame Blain Dourdan Troyes ANGIÒ Orléans Loira Saumur Thouars Sully Loudun Baugy BORGOGNA La Francia dei politiques St-Amand Mont-Rond Chàtellerault Maillezais Poibers Poitiers Marans Montcenis La Rochelle Niort Melle-sur-Beronne Argenton- BORBONESE sede della resistenza St-Jean-d'Angely sur-Creuse MARCHE ugonotta nel 1572 Taillebourg Royan Pons St-Seurin Rod ano Talmont OCEANO AT L A N T I C O POITOU Essonnes na Nantes CHAMPAGNE Houdan Rozoy Laval La Roche-Bernard Province della Lega Cattolica (Guisa) Martes-la-Jolle Parigi Rohan Josselin Beauvoir-sur-Mer LeGarnache Province degli ugonotti Si assisteva così all’affermazione di un principio di libertà di coscienza dei singoli (a dispetto della religione di Stato), che la pace di Augusta, con il suo motto cuius regio, eius religio, aveva a suo tempo drasticamente escluso. Ora l’appartenenza alla comunità nazionale non dipendeva più dalla religione da ciascuno professata. Facendo propria questa nuova visione, la Francia riconquistava così la propria pace interna e usciva politicamente rafforzata dal bagno di sangue della guerra di religione. Rouen NORMANDIA Sen Si rileva una corrispondenza tra i territori a maggioranza protestante o cattolica e i feudi controllati dai principi ugonotti da una parte e dai Valois dall’altra. Si tratta cioè della versione francese del principio cuius regio eius religio, affermato nei territori tedeschi fin dai tempi della pace di Augusta (1555). Lione Caustillon Ste-Foyla-Grande Calvinet PÉR Castets Monsegur AUVERGNE Grenoble Barraux Belin Albiec Monflanguin GUIENNA Le Pouzin Tournam Exilles Casteljaloux Figeac Marvejost Livron DELFINATO Claxac Privas Briançon Capdenac Tartas Nerac Die Gap Alais Vezins Montelimar LectoureCastelsagrat Embrun Mont-de-Marsan Uzes Millau Bruniquet Nimes Nyons Serres Tallard Sauveterre Orthez Eauze Mauvesin Tolosa Aimargues Villeneuve-lés-Avignon Berlats Navarrenx GUASCOGNA Gignac Caumont l'Isle Jourdain Castres Mauleon Montpellier Loumarin Montaut Puylaurens ClermontFort de Peccais Oloron Nay Varilhes l'Hérault PROVENZA Foix LINGUADOCA Montgaillard Tarascon Bourg Province neutrali Città colpite dalla strage della notte di S. Bartolomeo (1572) EDITTO DI NANTES (1598) Piazzeforti ugonotte Città ugonotte Sedi dei parlamenti ugonotti Bordeaux MAR MEDITERRANEO L’editto di Nantes La conciliazione si produsse nel 1593, con una soluzione imprevista. Il trono di Francia andò a Enrico di Borbone (1553-1610), che assunse il nome di Enrico IV, ma questi, all’atto di salirvi, abiurò la propria fede, convertendosi al cattolicesimo. La Francia, del resto, era un Paese che a dispetto della presenza di nutriti nuclei calvinisti era rimasto sostanzialmente cattolico. Alla fine del Cinquecento solo il 5%o dei sudditi francesi praticava la fede elaborata dal riformatore di Noyon ed era impensabile che il sovrano del restante 95% potesse essere un calvinista. Pur abbandonando la fede nella quale era cresciuto, Enrico IV riuscì comunque a offrire protezione ai suoi ex correligionari. Con l’editto di Nantes (1598) agli ugonotti venne infatti accordata una serie di diritti (quello di praticare il proprio culto, tranne che a Parigi e in qualche altro luogo, e quello di allestire militarmente un centinaio di piazzeforti, a tutela della propria libertà religiosa) che resero di fatto possibile e rispettata sul suolo francese una pratica di fede diversa da quella cattolica. La sanzione di nuovi principi Malgrado la ripresa sporadica di una persecuzione antiugonotta (assedio della piazzaforte ugonotta di La Rochelle, nel 1628, → cfr. vol 2, cap. 1) ai tempi di re Luigi XIII (1601-1643, re di Francia dal 1610), almeno sino alla fine del Seicento la Francia si sarebbe segnalata come un Paese nel quale, pur essendo il cattolicesimo la fede ufficiale, ai calvinisti veniva assicurata la possibilità di vivere religiosamente secondo i dettami della propria coscienza. Insieme al suo ministro, l’ugonotto duca di Sully (1559- 1641), Enrico IV si accingeva dunque a modellare lo stato monarchico, trasformandolo in strumento ordinatore dell’assetto politico francese; una funzione che esso avrebbe assolto tanto negli anni del suo regno quanto in buona parte del secolo seguente. Per certi versi, la sua politica rappresentava la traduzione in pratica di principi che già nei decenni precedenti i così detti politiques – soprattutto magistrati e funzionari che identificavano nell’interesse dello Stato il valore basilare, da mettere al riparo rispetto alle minacce provenienti dal conflitto religioso – avevano espresso, e dei quali l’opera I sei libri dello Stato , pubblicata nel 1576 dal grande giurista Jean Bodin (1530-1596), costituiva una sorta di sintetica summa destinata a sopravvivere a lungo al suo tempo. Il calvinismo nell’Europa centro-orientale: Germania, Polonia, Boemia Ma il calvinismo (e, in misura minore, il luteranesimo) intanto continuava a fare proseliti anche altrove. Si era affermato infatti anche in alcune aree della Germania (il Palatinato, in particolare) e più ancora nell’Europa centrale e orientale; sia all’interno delle regioni che formavano il dominio degli Asburgo d’Austria (Austria, Boemia, Ungheria) sia all’interno del regno di Polonia, all’epoca, sotto il profilo territoriale, il più vasto d’Europa. Questo regno nella seconda metà del Cinquecento si segnalò per qualche decennio come un Paese contraddistinto da grande tolleranza, dal momento che nel 1573 vi era stata sancita la piena libertà di culto tanto per i luterani quanto per i calvinisti. L’iniziale tolleranza asburgica Anche gli Asburgo d’Austria, del resto, nelle persone di re Massimiliano II (15271576, sovrano d’Austria e imperatore dal 1564) e re Rodolfo II (1552-1612, sovrano d’Austria e imperatore dal 1576), avevano assunto un atteggiamento tollerante nei confronti delle fedi riformate, che nei loro territori avevano incontrato un forte radicamento soprattutto tra le fila dell’aristocrazia, per gli stessi motivi che si sono poc’anzi illustrati in relazione al caso francese. Rodolfo II, in particolare, nel 1609 aveva riconosciuto ufficialmente la libertà di culto per i nobili e per i cittadini della Boemia, di cui buona parte era passata al calvinismo. Tuttavia, proprio nell’anno in cui questa decisione del sovrano austriaco pareva lasciar intravvedere la possibilità di un superamento del principio cuius regio, eius religio, in Germania, dopo decenni di relativa quiete, il conflitto religioso si faceva avvertire di nuovo cupo e minaccioso. Il tempio riformato di Lione, edificato in seguito alla promulgazione dell’Editto di Nantes (1598) che garantiva libertà di culto agli ugonotti, XVII secolo. Caratteri dell’età controriformistica 10 Economia, società e guerra La processione della Lega in Place de Greve, fine XVI sec., Museo Carnavalet, Parigi. Quest’immagine descrive efficacemente il clima di fortissima tensione civile e religiosa che caratterizzò la Francia sino alla fine del XVI sec. La situazione rimase immutata a livello europeo anche nei decenni immediatamente successivi: l’esasperazione del confronto tra cattolici e protestanti, che nascose sempre altri interessi e conflitti, esplose infine nel sanguinoso svolgimento della guerra dei Trent’anni. Espansione protestante e controffensiva cattolica Nelle città dell’Impero, là dove essa esisteva, la coesistenza tra le fedi da tempo non era più pacifica. I protestanti avanzavano, esercitando nuove pressioni per chiudere conventi e luoghi di culto cattolici. I cattolici, dal canto loro, cercavano di organizzare una controffensiva, affidandosi all’opera dei gesuiti, molto attivi, a partire dall’inizio del Seicento, anche in Polonia. Trionfo del protestantesimo o ricattolicizzazione? Era questa l’alternativa di fronte alla quale sia la Germania, sia le province soggette al diretto dominio degli Asburgo d’Austria, sia infine la Polonia si trovavano alla fine del primo decennio del Seicento. Unione evangelica contro Lega cattolica Che non si trattasse di una alternativa ipotetica lo dimostrava il fatto che tra il 1608 e il 1609 tanto i riformati quanto i cattolici avevano provveduto a collegarsi con patti militari sostenuti ciascuno da una parte degli altri Stati europei. Nel 1608 era stata fondata l’Unione evangelica, guidata dai principi riformati e appoggiata esternamente dalla Francia (in funzione, come nel secolo precedente, antiasburgica, malgrado la Francia fosse prevalentemente cattolica) e dalla nobiltà austriaca e boema. L’anno dopo era stata istituita la Lega cattolica, diretta dal re di Baviera e forte del sostegno del Paese che, come abbiamo visto, si segnalava come il difensore a oltranza del cattolicesimo: la Spagna. Dieci anni più tardi all’interno dell’Impero divampò un conflitto che, sulla base di motivazioni religiose e politiche (la ripresa del conflitto religioso in Germania; l’aspirazione di alcune potenze europee a ridefinire a proprio vantaggio i rapporti di forza nel continente), coinvolse pressoché tutte le potenze e devastò la Germania, scenario principale della guerra, fino al punto di causare lo sterminio di quasi il trenta per cento della sua popolazione. Solo nel 1750 essa sarebbe tornata ai livelli demografici che aveva raggiunto nel 1618, alla vigilia della così detta guerra dei Trent’anni. scheda36. La Polonia tra Cinquecento e Seicento Il regno di Polonia era venuto prendendo forma a partire dalla metà del Trecento e si era poi esteso nel secolo seguente assorbendo territori già appartenenti all’Ordine Teutonico (→ cfr. cap. 5). Nel Cinquecento la sua superficie era immensa, ma la sua popolazione (circa otto milioni di persone) estremamente sparsa sul territorio e divisa in comunità linguistiche e culturali diverse. Oltre che da Polacchi, il regno era popolato da Lituani, Lettoni, Bielorussi, Ruteni, Tedeschi, Ucraini. Alla varietà et- nica corrispondeva una marcata varietà religiosa: cattolici, cristiano-ortodossi, luterani, calvinisti, israeliti, per non ricordare che i raggruppamenti più significativi sotto il profilo numerico. La grande estensione del territorio, da un lato, la poliedricità delle sue componenti culturali e religiose, dall’altro, fecero della Polonia un Paese difficilmente governabile. Qui, più ancora che in altri territori europei, l’aristocrazia (tra il 7 e l’8% della popolazione, dunque eccezionalmente numerosa, visto che altrove raramente superava la percentuale dell’1%) era lo strato dominante della società. Essa riuscì a impedire il consolidamento della monarchia in istituzione ereditaria e mantenne il privilegio di procedere in prima persona all’elezione del re. Dopo il 1573, quando si estinse la dinastia degli Jagelloni, sul Paese regnarono prima Enrico d’Angiò (divenuto però re di Francia l’anno seguente), poi il principe transilvano Stefano Bathory (1575-1586), infine lo svedese Sigismondo III Vasa (1586-1632). La “defenestrazione” di Praga e la guerra dei trent’anni Mattia d’Asburgo (1567-1619, imperatore dal 1612), erede di Rodolfo, si era rifiutato di confermare la politica di tolleranza religiosa praticata dal suo predecessore e aveva inviato in Boemia (la cui corona era di fatto appannaggio degli Asburgo, ma che formalmente risultava elettiva, e dunque soggetta al gradimento di chi la indossava da parte dell’aristocrazia locale) due rappresentanti incaricati di ricondurre le popolazioni di quel Paese all’obbedienza e soprattutto di domare l’aristocrazia del Paese, compattamente calvinista. La risposta dei Boemi fu quella di gettare da una delle finestre del palazzo imperiale di Praga gli inviati di Mattia, i quali peraltro si salvarono. L’anno seguente a Mattia successe Ferdinando II (1578-1637, imperatore dal 1619), deciso a seguirne l’esempio e a cercare dunque di ricattolicizzare il Paese. Ma l’assemblea dei ceti di Boemia, nella quale l’aristocrazia costituiva la forza dominante, si rifiutò di riconoscere come re del Paese il nuovo imperatore e investì della corona del regno Federico V del Palatinato (1596-1532), che era di fede calvinista. La vittoria cattolica alla Montagna Bianca Da questa sfida scaturì un conflitto che oltre alla Boemia interessò anche vaste aree della Germania. La Lega cattolica si schierò infatti accanto a Ferdinando e contro Federico del Palatinato, il quale – a sua volta – chiese e ottenne il sostegno dell’Unione evangelica. Nel 1620 i cattolici inflissero una rovinosa sconfitta ai protestanti presso una località denominata la Montagna Bianca: ne conseguì la ricattolicizzazione forzata della Boemia, dalla quale centocinquantamila persone (compresa tutta l’alta nobiltà) furono costrette a emigrare verso altri Paesi. La battaglia della Montagna Bianca, dipinto del XVII secolo. Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma. Caratteri dell’età controriformistica 10 La guerra dei Trent’anni Economia, società e guerra La Svezia entra in campo 1618 La Boemia si ribella all’Impero: defenestrazione di Praga. 1619 Inizio del conflitto. 1620 Intermezzo italiano 1627 Muore Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova: la Spagna e l’Impero si oppongono alla successione dell’erede designato, Carlo, principe di GonzagaNevers, sostenuto da Richelieu. 1635 Pace di Praga: la Svezia abbandona il conflitto. Fase francese 1635 Presa di Mantova da parte degli Imperiali. Richelieu dichiara guerra agli Asburgo di Spagna e Austria Lega anti-asburgica di Francia, Olanda, Parma, Mantova e Savoia. La Svezia sostiene la Lega. 1631 1642-43 Ferdinando II d’Austria sconfigge i Boemi. Federico V, elettore del Palatinato schiera l’Unione protestante a fianco dei rivoltosi boemi. Battaglia della Montagna Banca. Ripresa della guerra fra Spagna e Province Unite: alleanza fra gli Asburgo di Spagna e Austria. Imperiali e Spagnoli occupano il Palatinato. 1630 Fase danese 1625-1629 Gustavo II Adolfo di Svezia dichiara guerra all’Impero. La Danimarca si allea con i protestanti. Il generale Albrecht von Wallenstein (1583-1634) guida alla vittoria gli Imperiali contro le armate dell’Unione protestante. Ritiro dalla guerra della Danimarca. Pace di Lubecca. 1632 Trattato di Cherasco, favorevole alla Francia. Fase svedese 1630 Battaglia di Lützen: morte di Gustavo Adolfo e sconfitta di Wallenstein. 1634 Assassinio di Wallenstein. Mazzarino diventa primo ministro; reggenza di Anna d’Austria per Luigi XIV. Vittoria francese sugli Spagnoli a Rocroi. 1644 Negoziati di Münster-Osnabrück. 1648 Vittoria francese a Lens. Pace di Vestfalia. Francia e Spagna proseguono la guerra fino al 1659 (pace dei Pirenei). Ripresa del conflitto tra Spagna e Olanda La Lega cattolica, intanto, trionfava anche in Germania, dove le sue truppe avevano invaso il Palatinato e la Vestfalia, sterminando le popolazioni locali di fede riformata. Le condizioni di sbando in cui si vennero a trovare i principati tedeschi riformati, presso i quali le Province Unite nei decenni precedenti avevano trovato appoggio, indussero a questo punto la Spagna a cogliere l’occasione per tentare una riconquista dell’Olanda; tanto più che proprio nel 1621 scadeva la tregua di dodici anni concordata nel 1609. Per tutto il corso degli anni Venti sia in Germania sia in Olanda si guerreggiò aspramente. A soccorso delle Province Unite contro gli Asburgo di Spagna si erano subito schierate l’Inghilterra e la Danimarca, oltre ad alcuni principi protestanti tedeschi; poi, con la consueta intenzione di indebolire gli Asburgo, anche la Francia cattolica. Ma nel frattempo gli Asburgo d’Austria, dopo aver piegato la Boemia nel 1620 sulla Montagna Bianca, alle porte di Praga, invadevano insieme alla Lega cattolica anche la Germania del Nord, cercando di imporre la restituzione alla Chiesa di Roma dei beni a essa sottratti in precedenza e secolarizzati dopo il 1552. La ricattolicizzazione era dunque imminente? Ma, a questo punto, sollecitata dalla Francia, entrò in gioco anche un’altra potenza protestante: la Svezia del luterano Gustavo II Adolfo Vasa (1594-1632, re di Svezia dal 1611). Già in precedenza il Paese si era trovato sotto la minaccia di essere ricattolicizzato forzatamente a opera di un ramo della dinastia dei Vasa, che deteneva anche la corona di Polonia, e dopo aver respinto il tentativo polacco si stava avviando a diventare lo Stato dominante del mar Baltico. Nel 1630 gli Svedesi invasero la costa orientale tedesca e di lì discesero fino a Monaco di Baviera. Le armate di Gustavo Adolfo, e di Wallenstein, cui nel frattempo erano state di nuovo affidate le truppe di Ferdinando II, percorsero per un anno la Germania affrontandosi con alterne vicende e devastando ciò che trovarono lungo il loro cammino con la stessa ferocia mostrata negli anni precedenti dalle truppe cattoliche che avevano invaso i Paesi protestanti. La battaglia del 1632 a Lützen, conclusasi con la vittoria svedese, segnò tuttavia un vantaggio per le truppe di Ferdinando, in quanto in questa data perse la vita Gustavo Adolfo. La guerra continuò fino al 1634, quando gli Svedesi furono sconfitti dai cattolici a Nordlingen e l’anno seguente, con la pace di Praga, si giunse a una provvisoria composizione del conflitto, che già era costato alla Germania impressionanti perdite materiali e umane. Mentre i principi protestanti giurarono nuovamente sottomissione all’imperatore, quest’ultimo dal canto suo si impegnò a rinunciare, almeno per il momento, a imporre loro la restituzione dei beni della Chiesa. L’intervento francese: Luigi XIII e Richelieu Allegoria della potenza e della giustizia del re di Francia, assistito da Richelieu, stampa, Bibliothèque Nationale, Parigi. Il cardinale è il “centro geografico” di questa illustrazione: emerge con chiarezza, anche nell’iconografia, il suo ruolo di attore principale della macchina politica francese, di “potere dietro al trono” che muove i fili dell’azione regia nell’interesse dello Stato e della monarchia. Aristocrazia di spada/ Ma il conflitto era solo apparentemente concluso. A questo punto, infatti, fu la Francia di Luigi XIII (1601-1643, re di Francia dal 1610) e del suo influente ministro, il cardinale Richelieu (1585-1642), a prendere l’iniziativa e a dichiarare guerra agli Asburgo, stipulando contemporaneamente un’alleanza militare con la Svezia. Così, tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta la Germania, ancora una volta principale scenario delle ostilità, conobbe nuovi orrori. Mentre gli Svedesi vincevano nella Germania settentrionale, impedendo il tentativo di ricattolicizzazione in corso, i Francesi dilagarono nella Germania meridionale, mettendola a ferro e fuoco. g di toga Con aristocrazia di spada si indicano i nobili che detenevano vasti poteri come titolari di feudi. In epoca moderna si distinguono dagli appartenenti all’aristocrazia di toga che traevano invece il loro potere dall’esercizio di cariche pubbliche talvolta acquistate con moneta sonante. scheda37. Richelieu Richelieu (Armand-Jean du Plessis duca di) nacque nel 1585, figlio cadetto di una famiglia nobile che lo aveva inizialmente destinato alla carriera militare, ma che si risolse in seguito ad avviarlo a quella ecclesiastica. Vescovo a soli 19 anni (diocesi di Luçon), mise in luce le proprie qualità politiche in occasione degli Stati Generali del 1614 e nel 1616, grazie ai favori della regina, fu nominato Segretario di Stato alla guerra e agli affari esteri. Nel corso degli anni Venti si conquistò l’incondizionata fiducia di Luigi XIII (che lo fece nominare cardinale nel 1624) e ne guidò la politi- ca, come primo ministro, fino alla morte. Richelieu anticipò le linee di fondo di quella politica assolutistica che si sarebbe sviluppata in Francia soprattutto durante il regno di Luigi XIV. Nel 1628 (assedio di La Rochelle) sferrò un duro attacco contro la minoranza ugonotta, riducendone prerogative e immunità, e nei lustri seguenti contrastò con decisione sia l’aristocrazia di spada sia quella di toga, rafforzando l’autorità dei funzionari regi sul territorio. Negli anni Trenta represse le rivolte contadine causate dall’aumento della pressione fiscale, resa necessaria dalla crescita dell’impegno militare francese sullo scacchiere internazionale in occasione della parte finale della guerra dei Trent’anni, quando la Francia scese in campo insieme alle potenze protestanti per contrastare i piani d’espansione degli Asburgo di Spagna e d’Austria. Alla morte di Richelieu (1642) la Francia si avviava a entrare nel novero delle potenze vincitrici del lungo conflitto, ma la sua situazione interna era vicina al collasso. Le rivolte passate alla storia come “la Fronda” (di cui ci occuperemo nel prossimo volume) lo avrebbero presto evidenziato. Caratteri dell’età controriformistica 10 La pace di Vestfalia Il trattato di pace di Westfalia. Qualche anno più tardi la pace di Vestfalia (una serie di accordi separati tra le varie potenze siglati tra il 1645 e il 1648, ai quali non presero però parte Francia e Spagna, che continuarono a fronteggiarsi militarmente fino al 1659) fissò un quadro politico-territoriale che teneva conto dei nuovi rapporti di forza maturati in cent’anni di guerre di religione. Uscivano sconfitti gli Asburgo di Madrid, costretti a riconoscere ufficialmente l’indipendenza delle Province Unite; e insieme a loro anche gli Asburgo di Vienna, ridimensionati dalla vittoriosa resistenza dei principi protestanti e costretti ad accettare la presenza istituzionale della Chiesa calvinista all’interno dell’Impero, pur avendola distrutta in Boemia. La Germania risultava divisa in più di trecentocinquanta Stati e Staterelli, nei quali veniva in linea di massima riconosciuto il diritto di praticare un culto diverso da quello ufficiale professato dal principe. Contemporaneamente si assisteva al tramonto del disegno centralizzatore perseguito dagli Asburgo e si confermava per la Germania un assetto policentrico, destinato, per certi versi, a durare fino alla Prima guerra mondiale. La palma della vittoria spettava invece in primo luogo alla Francia di Richelieu, che si assicurò significative acquisizioni territoriali oltre il Reno, raccogliendo l’eredità spagnola di grande potenza continentale; inoltre alla Svezia, che si garantì una porzione cospicua della costa nord-orientale tedesca e rafforzò il proprio dominio sul Baltico, divenuto ormai una sorta di “lago” svedese; infine, naturalmente, alla Danimarca e all’Olanda. La nuova coesistenza delle fedi Economia, società e guerra 4. La crisi del Seicento: demografia, vita materiale, orizzonti di esistenza Crisi demografica ed economica in Germania Qualsiasi viaggiatore che, dopo essere stato prima del 1618 nei luoghi teatro di guerra, tornasse a visitare la Germania trent’anni dopo, poteva facilmente constatare gli effetti devastanti della guerra sul territorio e sugli assetti sociali. La popolazione, come si è accennato, si era ridotta in quei trent’anni di quasi un terzo. E in seguito al calo della pressione demografica si era assistito a un arretramento delle terre coltivate, un tempo dissodate e lavorate e ora tornate allo stato di pascolo. Pestilenze e carestie nell’area mediterranea La flessione demografica, per altro, in quegli stessi decenni non aveva colpito solo la Germania. Qui, infatti, a mietere milioni di vittime era stata essenzialmente la guerra, accompagnata dalla sua tradizionale scorta di distruzioni, fame e pestilenze. Ma queste ultime avevano colpito gravemente anche altrove; per esempio nell’intera Europa mediterranea, che tra l’inizio e la fine del Seicento vide calare la propria popolazione da 23,6 a 22,7 milioni di abitanti. L’Italia, per esempio, era stata appena sfiorata dal flagello della guerra dei Trent’anni (solo uno degli scenari periferici di quel conflitto, la cosiddetta guerra di Mantova e del Monferrato, nel 1629, si era svolto nella penisola, vedendo contrapposti da un lato i Francesi, dall’altro gli Spagnoli, gli imperiali e i sabaudi), ma le epidemie di peste non l’avevano affatto risparmiata. L’Europa nel 1648 dopo la pace di Vestfalia REGNO DI SVEZIA REGNO Helsinki Oslo DI REGNO Reval IA ON DANIMARCA DI SCOZIA Stoccolma EST E Edimburgo LIVONIA Riga IRLANDA MARE NORVEGIA CURLANDIA Copenaghen DEL A York Dublino RB NORD REGNO DUC. DI GRANDUCATO MA Amburgo PRUSSIA D'INGHILTERRA DI Brema Stettino L'Aia PROV. Bristol LITUANIA RA UNITE H. DI B RUSSIA CO Nel cuore dell’Europa continentale, cattolicesimo e protestantesimo conservarono così ciascuno un proprio ruolo, coesistendo nei decenni e nei secoli seguenti secondo le regole fissate dalla pace di Augusta (1555), con le correzioni e i temperamenti apportati però ad esse dai patti di Vestfalia. L’Europa che conosceva finalmente la pace religiosa era tuttavia, in molte sue parti, un territorio profondamente segnato dal lungo conflitto. ND EB . LT I Mosca OCEANO Plymouth Londra MARC Varsavia Poznam PR. DI SASSONIA S Rouen PAESI BASSI SP. L Magonza Francoforte Dresda ESIA REGNO Parigi Treviri Norimberga Praga Cracovia R. DI Verdun ATLANTICO Nantes Bruxelles Berlino Colonia DI POLONIA DUC.DI BOEMIA Avignone Torino Roma Sardegna PRINC.DI MOLDAVIA PRINC. DI TRANSILVANIA Belgrado Spalato N E Z Ragusa SERBIA IA Cattaro Venez. REGNO GRAND.DI TOSCANA Napoli Azo QANATO DI CRIMEA Kaffa PRINC.DI Bucarest VALACCHIA E DELLA CHIESA Corsica IMPERO MAR NERO Costantinopoli OTTOMANO DELLE DUE SICILIE Sicilia Confini degli Stati dopo la pace di Vestfalia (1648) Confini del Sacro Rom. Imp. nel 1648 Possedimenti degli Asburgo d'Austria Possedimenti degli Asburgo di Spagna Territori dei vassalli dell'Imp. ottomano Territori occupati dagli Svedesi ALBANIA Salonicco Terre delle comunità di Kazan e delle tribù nomadi autonome dello Stato russo Palermo Algeri Tunisi MAROCCO V Gibilterra Ceuta Melilla Orano I Port. Genova Firenze Marsiglia Lucca STATO Valencia I. Baleari Granada Tangeri SAVOIA D P. Siviglia Venezia RE Tolosa REGNO DI ANDORRA REGNO PORTOGALLO Saragozza DI Lisbona Madrid SPAGNA REG NO D' U Digione Strasburgo BAVIERA Vienna IA REGNO ER GH Monaco ARC. FRANCA DI CONTEA Berna CONF. D'AUSTRIA N SVIZZERA Budapest FRANCIA Lione DUC.DIMilano Gerard ter Borch, Il trattato di pace di Münster, XVII secolo, Rijksmuseum Amsterdam. Con il giuramento degli ambasciatori europei nel municipio di Münster, il 24 ottobre 1648, si concluse la pace di Vestfalia che pose fine alla terribile guerra dei Trent’anni. COSAC DEL D Isole Ioniche Atene ALGERIA Capitali degli Stati MAR MEDITERRANEO Creta Cipro Caratteri dell’età controriformistica 10 Ve ne era stata una nel 1629-1630 (quella narrata da Alessandro Manzoni nei Promessi sposi), che aveva colpito per lo più le regioni settentrionali, e un quarto di secolo più tardi, nel 1656, una seconda si era abbattuta nelle regioni del Meridione. Nel 1648-1649, infine, anche la Castiglia, cuore della Spagna, era stata colpita dal medesimo flagello. L’Italia sotto il dominio spagnolo La Spagna e l’Italia sembravano essere divenute ormai parti di un medesimo sistema. Dopo la pace di Cateau Cambresis, infatti, la corona di Spagna dominava direttamente quasi la metà della penisola italiana (i regni di Napoli, di Sicilia e Sardegna, il ducato di Milano, qualche altro territorio minore) per mezzo di vicerè o governatori, ed esercitava comunque un forte controllo egemonico anche sugli altri Stati, che ne dipendevano finanziariamente (è questo il caso, ad esempio, della Repubblica di Genova) o politicamente (come i territori dei papi, i quali per l’attuazione della Controriforma facevano speciale affidamento sul sostegno della corte di Madrid). Domenico Gargiulo, Piazza Mercatello a Napoli durante la peste del 1656, Museo di San Martino, Napoli. L’immagine assai realistica delle durissime condizioni di vita in “tempo di pestilenza” è testimonianza esplicita di come la cultura del tempo colleghi il quotidiano alla dimensione religiosa. Sulla città degli uomini si distende lo sguardo misericordioso del Cristo e l’azione mediatrice della Vergine Maria, invocata nella speranza di ottenere la fine del flagello. Flagello percepito, al tempo stesso, come punizione per i peccati degli uomini e come prova della fede dei credenti. Questo tipo di sensibilità è impensabile, in Europa, al di fuori dell’area mediterranea. Dalla città alla campagna L’Italia spagnola conobbe, specie nella prima metà del Seicento, una profonda trasformazione economica, che si espresse nel netto ridimensionamento della produzione manufatturiera, sconfitta dalla concorrenza esercitata dai Paesi dell’Europa nord-occidentale, e nella contestuale riconversione degli investimenti verso il settore agrario. In un’atmosfera resa cupa tanto dai vuoti demografici determinati dalle pestilenze (che risultarono più vistosi nelle città che nelle campagne), quanto dal pesante fiscalismo esercitato dalla corona spagnola specie a partire dalla guerra dei Trent’anni, la penisola si avviava così a smarrire quella vocazione borghese-mercantile di cui i suoi ceti dirigenti urbani erano andati fieri durante i secoli precedenti, e a imboccare la strada di una ruralizzazione alla quale non tardarono ad associarsi fattori come l’espansione della feudalità e della mentalità aristocratica a essa connessa. La “piccola” glaciazione del Seicento: sue conseguenze produttive e sociali momento in cui si sono occupati prevalentemente dei fatti politici (storia politica), esso è stato evidenziato da un nuovo settore della ricerca (storia del clima) solo di recente: la cosiddetta “piccola” glaciazione del Seicento, che comportò l’abbassamento di un grado della temperatura media dell’Europa, causando ritardi nei raccolti e cali nelle rese, con il conseguente peggioramento delle prestazioni della produzione agricola. Questo fu un fenomeno che interessò l’intero continente e che ebbe al tempo stesso drammatiche conseguenze sotto il profilo sociale. In particolare nell’Est europeo, a partire dalla Prussia per giungere fino alla Russia, nelle aree in cui il feudalesimo continuava più che altrove a costituire la base strutturale della vita rurale, lo sfruttamento esercitato dai signori sui contadini si fece infatti più duro e oppressivo. L’Europa cambia baricentro Eppure, malgrado l’insieme dei fattori sopra ricordati, è difficile parlare del Seicento come di un secolo uniformemente contraddistinto dalla crisi. Mentre infatti aree come la Germania e il Mediterraneo conobbero un regresso, Paesi come l’Inghilterra, l’Olanda, la Svezia furono protagonisti di uno slancio che ne accrebbe la ricchezza e che contribuì allo sviluppo di un orientamento esistenziale improntato all’iniziativa e all’ottimismo. Il Seicento europeo fu insomma un secolo a luci e ombre, durante il quale si assistette a una riformulazione globale dei rapporti di forza su scala continentale. Se alla fine del Cinquecento il Mediterraneo cattolico poteva ancora essere considerato come l’autentico fulcro della civiltà europea, già mezzo secolo più tardi era evidente che il baricentro di questa si era spostato altrove, verso le coste nord-occidentali, le cui acque brulicavano dei navigli olandesi e inglesi in arrivo da Paesi lontani o in partenza verso uno di essi. È una prospettiva quest’ultima, che avremo modo di approfondire anche nel prossimo capitolo, dedicato a ripercorrere in chiave storico-culturale i decenni che qui abbiamo analizzato sotto il profilo dei conflitti politico-economici e politico-religiosi. Altri fattori, oltre quelli di cui abbiamo parlato, contribuivano a proiettare sul Seicento, in tutta Europa, l’ombra cupa della crisi e del regresso. Ne ricordiamo in particolare uno, dal momento che, sostanzialmente ignorato dagli storici fino al Novaja Zemlja TERRITORI CONQUISTATI CORIACHI dal 1533 al 1598 dal 1598 CIA DA L MAR C ASP IO Ob isei Jen a russa e da rivolte contadine (gli anni tra il 1610 e il 1613 furono detti “anni dei torbidi”), nel 1613 venne eletto zar Michele III, capostipite dei Romanov. I suoi discendenti riuscirono in seguito nella non facile operazione di trasformare la monarchia russa da elettiva – quale sostanzialmente era stata fino a quel momento – in ereditaria. La dinastia dei Romanov sarebbe stata deposta dal trono solo nel 1917, in occasione della Rivoluzione bolscevica. Anadirsk 1649 ˇ Zasiversk Verchne Kolymsk al 1618 1639 1647 Obdorsk 1595 dal 1618 SIBERIA * SAMOIEDI al 1689 Berezovo Zigansk Mosca Ust-Viljujsk ORIENTALE 1593 1632 SIBERIA Mangazeja I 1630 1601 EVENKI OCCIDENTALE nel 1650-60 Kamciatka Verchoturje Pelym Turuchansk 1598 1592 OSTIACHI Okhotsk Jakutsk MAR DI 1607 TUNGUSI SIBERIA IACUTI Surgut dal 1689 1649 1632 Turinsk TARTARI CENTRALE OKHOTSK 1594 al 1800 1600 Olekminsk Lena Tobolsk 1635 Tiumen 1587 * abbandonati nel 1689 Orenburg OSTIACHI Narym per il trattato di Nercinsk ˇ 1586 1743 Ienisejsk Tara LAMUTI 1598 ˇ Isim con la Cina EVENKI 1619 1594 1570 Kirensk KAZAKI Tugursk Gurev 1631 Verchne Angarsk territorio soggetto Krasnojarsk 1652 Tomsk 1647 all'impero russo 1628 Kosogorsk Sakhalin CIUKCI,... Popolazioni indigene 1604 Albazinsk 1655 Vercholensk Tungirsk 1651 Ostrog (forti Bratsk 1642 1647 e stazioni commerciali) 1630 Kuznetzk Kumarsk con data di fondazione Nercinsk ˇ Barguzinsk 1618 1654 Balagansk Lago 1648 Silsk 1658 1654 d'Aral OCEANO 1654 Irkutsk Udinsk CINA PACIFICO 1652 GIAPPONE 1647 lg Vo feroci tendenze autoritarie; la riprese con decisione a fine secolo Boris Godunov, prima tutore del figlio di Ivan IV, Fedor I (1584-1598), poi zar in prima persona (1598-1605). Durante il suo regno ebbe luogo l’esplorazione e l’occupazione russa di vaste aree asiatiche e venne avviata la colonizzazione della Siberia. Dopo il quindicennio iniziale del Seicento, contraddistinto da virulenti conflitti interni tra le varie fazioni della nobiltà Nizne ˇ Kolymsk 1644 Sredne Kolymsk 1643 Jamal Impero russo nel 1533 CAM scheda38. La Russia tra Cinquecento e Seicento MAR DI LAPTEV La Russia tra Cinquecento e Seicento CIUKCI MAR GLACIALE ARTICO MAR DI BARENTS MAR DI KARA Tra Cinquecento e Seicento i contatti della Russia (Moscovia) con l’Europa occidentale furono relativamente scarsi e rapsodici. Essi si limitarono, sostanzialmente a una serie di conflitti ingaggiati con la Polonia e con la Svezia allo scopo di ottenere uno sbocco sul mar Baltico. Vigorosa, invece, fu in quei decenni l’espansione del dominio degli zar (→ cfr. cap. 5, par. 3) verso Oriente. La perseguì durante il Cinquecento Ivan IV (15331584), detto Ivan il Terribile per le sue Economia, società e guerra Caratteri dell’età controriformistica IL TEMA IL DOCUMENTO Ricavare Informazioni dalle Fonti Ricavare Informazioni dalle Fonti Economia, società e guerra La pace tra le religioni Art. III – Noi ordiniamo che la religione cattolica apostolica e romana sia restaurata e ristabilita in tutti i luoghi e L’Editto di Nantes i distretti del nostro Regno e delle terre sotto il nostro dominio, nei quali la sua pratica è stata interrotta, così che vi sia professata in pace e liberamente, senza disordini od opposizione. […] Enrico, per grazia di Dio Re di Francia e di Navarra, a tutti i presenti e i posteri, salute. Tra le infinite grazie che a Dio è piaciuto dispensarci, una delle più significative e notevoli è quella di averci dato la forza e il po- 5 diviso in tanti partiti e fazioni, che la più giusta di esse era in minoranza, e di averci nondimeno fortificati in tal modo contro que- la loro coscienza riguardo alla religione o di essere per tal causa perseguiti nelle loro case e distretti, dove deside- sta afflizione, che infine la superammo e ora abbiamo raggiunto il porto della salvezza e della quiete di questo Stato. […] rano vivere, a patto che essi si conducano per il resto secondo le clausole del nostro rpesente editto. Avendo veracemente e felicemente trionfato per grazia di Dio (nella guerra civile) ed essendo state da tutti deposte le armi e le Art. IX – Concediamo pure a quelli della suddetta religione di realizzarne e continuarne la pratica nelle città e di- tenzioni, e il premio che noi desideriamo per tutte le tribolazioni e le fatiche, che abbiamo sostenute nel corso della nostra vita. Art. XIII – Proibiamo espressamente a tutti gli appartenenti alla suddetta religione di professarla, per quanto ri- Delle suddette faccende, nelle quali è stato necessario portare molta pazienza, una delle più importanti sono state le lagnanze, guarda ministero, regola, disciplina o pubblica istruzione dei ragazzi o altro, in questo nostro Regno e nei nostri che abbiamo raccolte da molte delle nostre province e città cattoliche, in merito al fatto che la pratica della religione cattolica domini, in materie concernenti la religione, fuori dei luoghi permessi e concessi dal presente editto. 45 Art. XXIII – Ordiniamo che non vi sia alcuna differenza o distinzione, a causa della suddetta religione, nell’accet- no state rivolte suppliche e rimostranze dai nostri sudditi della cosiddetta religione riformata, sia per la mancata applicazione di tazione degli studenti in università, collegi e scuole, o dei malati e poveri in ospedali. Infermerie e pubbliche isti- quanto loro garantito nei suddetti editti, che per quanto essi desiderano sia a ciò aggiunto per la pratica della religione suddet- tuzioni di carità. ta, per la loro libertà di coscienza e per la sicurezza delle loro persone e beni; essi dichiarano di aver buoni motivi per nuovi e Art. XXVII – Al fine di riunire più efficacemente le volontà dei nostri sudditi, come è nostra intenzione, e di evi- maggiori timori a causa dei recenti disordini e correnti, che sono sorti sul pretesto e il fondamento della loro rovina. tare ogni futura lagnanza noi dichiariamo che tutti coloro che professeranno la suddetta religione riformata, pos50 sono tenere ed esercitare ogni posizione pubblica, onore, carica e servizio qualsiasi, reale, feudale o altre cariche mulgazione di leggi, noi abbiamo sempre rimandato tale compito da un’occasione all’altra. Ma ora che a Dio piace di dar- nelle città del nostro Regno, paesi, terre e signorie a noi soggetti, nonostante ogni altro giuramento contrario, e ci un poco più di pace, abbiamo giudicato di non poterla meglio impiegare che nell’occuparci di quanto concerne la glo- devono esservi ammessi e accolti senza distinzioni; sarà sufficiente per le nostri Corti di parlamento e per gli altri ria del suo Santo Nome e il suo servizio e nell’assicurarci che Egli possa essere venerato e pregato da tutti i nostri sudditi; e giudici, indagare e accertarsi sulla vita, le abitudini, la religione e l’onesto comportamento di coloro, che sono e se non gli è piaciuto concedere che ciò avvenga in una sola e comune religione, avvenga almeno in un solo intendimento e saranno destinati alle cariche, sia di una religione che dell’altra, senza esigere da essi altro giuramento che non sia 55 quello di servire bene e fedelmente il re nell’esercizio delle loro funzioni e nel mantenimento delle disposizioni, Per queste ragioni, […] proclamiamo, dichiariamo e ordiniamo: secondo il solito uso. Art. I – In primo luogo che sia estinto e soppresso il ricordo di qualsiasi azione compiuta dalle due parti dal principio del E per maggiore garanzia del comportamento e della condotta, che ci attendiamo in seguito a questo editto, Noi vo- mese di marzo 1585, sino alla nostra accessione alla Corona e durante gli altri precedenti disordini e al loro scoppio, come gliamo, ordiniamo e desideriamo che tutti i governatori e i luogotenenti generali delle nostre province, i balivi, si- se nulla fosse mai accaduto. […] niscalchi e altri giudici ordinari nelle città del Regno suddetto, immediatamente dopo aver ricevuto questo editto, Art. II – Noi proibiamo a tutti i nostri sudditi di qualsiasi rango o condizione essi siano, di rinnovare il ricordo di tali fatti, di 30 stretti sotto il nostro dominio, in cui era stata istituita e messa in atto pubblicamente parecchie distinte volte nell’anno 1596 e nell’anno 1597, sino alla fine del mese di agosto, nonostante ogni decreto o sentenza in contrario. con un tale accordo, che non vi siano più disordini o tumulti tra di loro. […] 25 40 re in tal modo al consolidamento di una buona pace e di una perfetta quiete, che è stata sempre la meta di tutti i nostri voti e in- Per non sovraccaricarci di troppi affari in una volta e poiché la violenza delle armi non è per nulla compatibile con la pro- 20 cediamo a quelli della suddetta religione riformata di vivere e risiedere in tutte le città e i distretti del nostro Regno e dei nostri domini, senza che siano importunati, disturbati, molestati o costretti a compiere alcunché contro non è stata ovunque ristabilita secondo gli editti, precedentemente emanati per la pacificazione delle contese. Similmente ci so- 15 35 tere di non soccombere ai terribili turbamenti, confusioni e disordini, che esistevano quando salimmo al trono di questo Regno, ostilità nel regno intero, ci conforta la speranza di avere un eguale successo in tutti gli altri affari da sistemare ancora e di arriva- 10 Art. VI – E al fine di eliminare ogni causa di discordie o contese tra i nostri sudditi noi abbiamo concesso e con- 60 giurino di farlo mantenere e osservare, ognuno nel suo proprio distretto; e parimente i sindaci, gli sceriffi, capita- attaccare, osteggiare, ingiuriare o provocare vicendevolmente a rivendicazione del passato. […] Ma esortiamo tutti a con- ni, consoli e magistrati delle città, annuali o perpetui. Noi inoltre ingiungiamo ai nostri suddetti balivi, siniscalchi, tenersi e a vivere in pace come fratelli, amici e concittadini, sotto pena di essere passibili di punizione come perturbatori del- ai loro luogotenenti e agli altri giudici di far giurare ai più eminenti cittadini di ambedue le religioni nelle sud- la pace e della quiete pubblica. dette città, di rispettare il presente editto, a partire immediatamente dalla sua pubblicazione. […] Caratteri dell’età controriformistica DESCRIZIONE DEL DOCUMENTO/FONTE Ricavare Informazioni dalle Fonti Repertorio bibliografico L’Editto di Nantes è riportato in Chiesa e Stato attraverso i secoli. Documenti raccolti e commentati da Sidney Z. Ehler e John B. Morrall, introduzione di Giovanni Soranzo, Vita e pensiero, Milano 1958. Tipo di testo L’editto è un atto emanato da una pubblica autorità. Il termine deriva dal diritto romano. In questo caso si tratta di un editto regio, in cui Enrico IV di Francia si pronuncia in materia religiosa concedendo la libertà di culto alla minoranza ugonotta a precise condizioni. Non si tratta di un atto unilaterale del sovrano, ma della sanzione giuridica dei risultati di una complessa trattativa che tiene conto delle richieste avanzate dagli ugonotti. Anche i sovrani che precedono Enrico IV, (Carlo IX e Enrico III) utilizzano atti analoghi per regolamentare la stessa materia. Il presente Editto consta di un preambolo e novantacinque articoli, ai quali poco dopo se ne aggiungono altri cinquantasei, e due “brevetti” che integrano il testo con concessioni ulteriori. Lingua originale Il testo originale è in francese e si trova in J. Dumont, Corps universel diplomatique du droit des gens, tomo V, parte I, Amsterdam-Aja, 1728. Datazione Il 13 aprile del 1598 Enrico IV firma l’Editto di Nantes, dopo due anni di negoziati con gli ugonotti. È questo il momento conclusivo di un lunghissimo periodo (quasi quarant’anni) di terribili scontri fra le opposte fazioni dei cattolici e degli ugonotti; alla firma della pacificazione religiosa segue di poco la fine della guerra con la Spagna, grande alleata del partito cattolico: il 21 maggio Filippo II firma la Pace di Vervins. Soggetto emittente Enrico di Borbone Navarra, capo, dal 1576, della fazione ugonotta, designato nel 1589 da Enrico III a succedergli al trono, fra il 1593 e il 1594 abbandona pubblicamente il calvinismo, viene consacrato re a Chartres e accolto finalmente a Parigi, avendo rimosso, con la sua conversione al cattolicesimo, la opposizione della capitale schierata durante le guerre di religione su posizioni decisamente anticalviniste. Scopo e contenuto generale Scopo dell’Editto è di regolare pacificamente la coesistenza delle due confessioni religiose concedendo alla minoranza ugonotta la libertà di culto nei luoghi dove questo era stato tradizionalmente praticato, con l’esclusione di Parigi e di un limitato numero di centri controllati dalla Lega cattolica. A garanzia della pacificazione, vengono date agli ugonotti in custodia più di un centinaio di piazzeforti e tribunali civili e penali autonomi. ANALISI DEL TESTO La guerra civile Tutto il testo dell’Editto è percorso dal ricordo della drammatica guerra civile appena conclusa e dal timore del riaccendersi della violenza. Almeno formalmente il documento si pone super partes, gli articoli I e II che impongono la fine delle passate lotte, implicitamente sostengono che è indistricabile l’intreccio dei torti e delle ragioni delle due parti. A analizzare con più attenzione si scopre però che nell’articolo I l’intero periodo delle guerre di religione rimane sullo sfondo, mentre l’arco temporale che viene preso a ri- ferimento va solo dal 1585 al 1594 (riga 25) e corrisponde al periodo in cui, prospettandosi ormai chiaramente la successione dell’ugonotto Enrico di Navarra al trono di Francia, il partito cattolico si concentra sul tentativo di escludere Enrico dal trono che fu di san Luigi. Questo getta una luce speciale sulla “sanatoria” lanciata dall’Editto che non riguarda soltanto la divisione religiosa in generale, ma anche il riconoscimento o meno del titolo di re a Enrico, quasi un doppio atto di riconciliazione: fra il re e i suoi oppositori cattolici e fra le due confessioni. La concezione del potere sovrano L’Editto fin dalla premessa rivela quale ruolo re Enrico si attribuisce e enuncia una concezione generale del potere del sovrano. L’obiettivo che Enrico persegue, dopo aver concluso positivamente il conflitto armato, è la pacificazione politica. Già venti anni prima, uno dei più importanti teorici dell’assolutismo, Jean Bodin, nel pieno delle guerre di religione, per uscire da quella condizione intollerabile, aveva sostenuto la necessità di una “monarchia regia”, un governo autorevole, forte ma temperato dalle leggi, capace, non tanto di ridurre il Paese ad una unica religione (secondo l’antico motto “una fede, una legge, un re”) ma di pacificarlo costruendo la nuova forza della monarchia sulla convivenza di confessioni diverse. Nel testo dell’Editto di Nantes il re è il perno dell’unità nazionale, ha come meta (riga 8) il «consolidamento di una buona pace e di una perfetta quiete». Per questo dichiara di dover mediare fra le «lagnanze» delle province e città cattoliche, che rivendicano la piena restaurazione del cattolicesimo e le «suppliche e rimostranze» dei sudditi riformati, preoccupati per l’insorgere di nuove minacce (riga 10 e 13). L’Editto vuole garantire gli uni e gli altri, dare risposte a entrambi, collocarsi in una posizione agnostica, a metà strada fra le due opposte ragioni. La libertà di coscienza Stando alla Premessa (riga 15) uno degli obiettivi dell’Editto è il riconoscimento della «libertà di coscienza», espressione ripresa alla riga 34-35. Tuttavia, pur cercando, non troveremo una definizione della libertà di coscienza così come si era precisata nella riflessione filosofica e teologica del tempo. La scelta della soluzione «politica» significa che il sovrano o lo Stato rinunciano a disciplinare le coscienze, si limitano a intervenire sui comportamenti, regolamentando l’esercizio del culto. Il passo su cui si regge la rinuncia dello Stato a distinguere fra vera e falsa religione è assai interessante: obiettivo del potere regio è quello di fare in modo che Dio possa essere pregato e venerato da tutti i sudditi; poiché a Dio non è «piaciuto concedere che ciò avvenga in una sola e comune religione» (riga 21) (le differenze confessionali non sono il frutto di errore, inganno del diavolo, ma quasi un fatto della Provvidenza), il sovrano fa in modo di preservare almeno l’unitarietà della intenzione: l’importante è che i sudditi adorino Dio, comunque esso venga rappresentato. Questo passo rappresenta un primo, rilevante elemento di rottura rispetto alla politica della Controriforma che, con il Tribunale dell’Inquisizione, mirava a scrutare nelle coscienze e divideva la religione vera dalle false credenze. La libertà di culto Gli articoli IX e XIII ci mostrano che cosa intende l’Editto per libertà di culto. La Francia da tempo era divisa in due aree: quella in cui si era diffuso il calvinismo e quella tradizionalmente controllata dalla Lega Cattolica. Nelle città e nei distretti (riga 39-40) in cui in passato era ammesso pubblicamente il culto calvinista, viene concessa la libertà di culto e quindi si determina una situazione di pluralismo religioso, negato invece nell’altra parte di territorio francese (limitata alla fine alla città di Parigi e dintorni). La coesistenza delle due confessioni religiose è senza dubbio un fatto importante, significa il superamento della la territorialità della religione sancita dalla pacificazione di Augusta e la caduta del principio del cuius regio eius religio, per cui i sudditi sono costretti a seguire la religione del principe. Questo principio, come si vede dall’art. XIII soffre tuttavia di limitazioni. La limitazione della libertà di culto a regioni sia pur estese ma che non coincidono con l’intero territorio dello Stato francese è il segno della condizione di discriminazione di cui soffre la minoranza ugonotta rispetto alla maggioranza cattolica, e di di- Economia, società e guerra suguaglianza delle due chiese, per cui il culto riformato si dice che è “tollerato”. I diritti di cittadinanaza Gli individui di cui l’Editto regola i comportamenti religiosi sono sudditi (riga 27, 34, 48 ecc.) in quanto sono sottomessi tutti egualmente alla legge del sovrano, ma, rispetto ai cattolici, non soffrono di esclusioni (come invece capita agli ebrei). Gli articoli XXIII e XXVII attribuiscono loro il diritto di accedere all’università e all’istruzione in generale, di usufruire della pubblica assistenza, di esercitare qualsiasi professione e ricoprire qualsiasi carica pubblica; i criteri di selezione non sono quindi l’appartenenza religiosa bensì la lealtà (fedeltà al sovrano) e la capacità personale (riga 54-55). Gli ugonotti sono quindi cittadini a tutti gli effetti. Ma il lungo elenco di attività e cariche a cui possono accedere ci dice qualcosa di più: alcune funzioni sono legate al tradizionale assetto feudale, più che attività risultano essere privilegi. Il concordato fra re e ugonotti non fissa sulla carta solo dei diritti ma riconosce nello stesso tempo la possibilità di accedere a privilegi. A rafforzare questa condizione, il secondo Brevetto emanato in coda all’editto concede «tutte le piazze, città e castelli che essi occupavano alla fine del mese di agosto scorso, nelle quali ci sarà guarnigione…». L’ottica entro cui si muove l’Editto è ancora quella della società divisa in corpi e della pluralità dei poteri. Lo Stato moderno rivendicherà invece a sé il controllo dell’ordine interno e della forza e non consentirà che i cittadini dispongano di armi proprie, piazzeforti e città fortificate. IL LABORATORIO DELLO STORICO Borghesia e pittura in Olanda 1 2 1. Harmenszoon Van Rijn Rembrandt, Un banchiere olandese, 1639, incisione, Bibliotheque Nationale, Parigi. 2. Harmenszoon Van Rijn Rembrandt, Bue squartato, 1655, Museo del Louvre, Parigi. 3. Harmenszoon Van Rijn Rembrandt, Ritratto di Nicolaes Bruyningh, 1652, Staatliche Kunstsammlungen, Kassel. 4. Jan Vermeer, Fanciulla e due cavalieri, 1660 ca., Buckingham Palace, Londra. 5. Harmenszoon Van Rijn Rembrandt, Anatomia del Dottor Joan Deyman, 1656, Rijksmuseum, Amsterdam. 6. Frans Hals, Ritratto di coppia, 1622, Rijksmuseum, Amsterdam. 7. Paul Bloot, Lo studio di un avvocato nei Paesi Bassi, XVII sec., Rijksmuseum, Amsterdam. Non un santo, né una figura uscita da un passo biblico o evangelico; bensì un banchiere, che, mentre con la mano destra consegna a un uomo inginocchiato accanto a lui un sacchetto di denaro in prestito, con la sinistra annota sul registro il nome del debitore e l’importo della somma 1 : la civiltà mercantile e finanziaria sorta in Olanda tra fine Cinquecento e inizio Seicento ebbe una sua inconfondibile impronta anche nel campo delle arti figurative. Mentre nel resto d’Europa in quegli stessi decenni la pittura restava infatti prevalentemente ancorata a temi di carattere religioso o mitologico – i primi prediletti nelle chiese, i secondi nel mondo delle corti – nelle Province Unite prese forma un nuovo tipo di arte. Le sue caratteristiche vengono descritte così da Arnold Hauser: «Le opere dei pittori olandesi si possono trovare dappertutto, salvo nelle chiese; e del resto il quadro di devozione non esiste nell’ambiente protestante. Le storie bibliche hanno un posto relativamente modesto accanto ai soggetti profani […]. I temi preferiti sono invece quelli tratti dalla vita quotidiana: il quadro di costume, il ritratto, il paesaggio, la natura morta, la scena d’interno, lo studio di architettura. Mentre nelle monarchie cattoliche il genere prevalente è ancora il quadro di storia, sacra e profana, in Olanda si sviluppano in piena autonomia i motivi sinora considerati accessori. Le scene di genere, i paesaggi, le nature morte non sono più semplici particolari di composizioni bibliche, storiche o mitologiche, ma acquistano un valore autonomo: i pittori non hanno più bisogno di un pretesto per trattarli. E quanto più immediato, evidente e quotidiano è un tema, tanto più grande è il suo valore per l’arte […]. Argomento dell’arte diventa innanzitutto ciò che è proprietà dell’individuo, della famiglia, della comunità, della nazione: la stanza e l’andito, la casa e il cortile, la città e i suoi dintorni». Ed ecco, nelle opere di Rembrandt (1606-1666), uno dei grandi maestri della pittura olandese del Seicento, visualizzarsi immagini sino a quel momento senz’altro inconsuete, e improntate a un approccio estremamen- te realistico con l’ambiente circostante. Con la sua raffigurazione di un bue squartato e appeso 2 l’artista ci introduce all’interno di una bottega di macellaio; poi 5 ci offre la possibilità di entrare in uno studio chirurgico, dove un gruppo di medici è al lavoro su un cadavere; infine ci consegna il ritratto gaudente di un esponente della borghesia mercantile 3 . Un pittore come Rembrandt viveva stabilmente immerso nel mondo che raffigurava; le scene di vita borghese e professionale che affiorano dalle sue tele erano infatti quelle caratteristiche dell’ambiente dei suoi committenti. E questi ultimi volevano, per l’appunto, vedere ritratti e rispecchiati essenzialmente se stessi, i propri luoghi, i propri scenari. Nell’Olanda di quei decenni si manifestò un fatto nuovo non solo sotto il profilo dei soggetti – profani, e non più sacri o mitologici – ma anche sotto quello del rapporto tra l’opera d’arte e la sua collocazione spaziale. Come abbiamo visto, infatti, le opere non erano più destinate alle chiese, anche perché le fedi riformate – diversamente da quella cattolica – non attribuivano alla raffigurazione pittorica una funzione importante nel culto, dal momento che tendevano a favorire lo sviluppo di una religiosità tutta interiore. I luoghi sacri, dunque, non esercitavano più quel ruolo di committenza semiesclusiva che per secoli era stato da essi assolto e che per gli artisti aveva rappresentato al tempo stesso un’occasione per sopravvivere e un forte vincolo sotto il profilo tematico. Ad accogliere le creazioni dei pittori sarebbero state invece ora prevalentemente abitazioni private: case di mercanti, imprenditori, professionisti, che nel mercato dell’arte individuavano tanto una opportunità di investimento quanto lo strumento per dare – per così dire – un “tono” alle proprie dimore. Non c’era, praticamente, in Olanda casa borghese senza quadri. Dalla grande pittura decorativa (affreschi, tele di enormi dimensioni) caratteristica della committenza ecclesiastica e di corte, si passò così ai dipinti di piccolo formato, ai così detti quadri di gabinetto, adatti a essere ospitati su una delle pareti domestiche e a rifrangere, quasi come uno specchio, le scene che ogni giorno si svolgevano negli spazi contigui. Oltre a Rembrandt, due furono i grandi maestri della pittura borghese olandese di quest’epoca. In una tela di piccolo formato dipinta dal primo di essi, Jan Vermeer (1632-1675), si può apprezzare compiutamente quell’affermazione del realismo pittorico di cui abbiamo parlato poc’anzi 4 . La scena raffigurata ha un tono spiccatamente profano e l’ambientazione è ricca di quegli arredi domestici, colti fin nei minimi particolari, di cui la borghesia olandese andava tanto fiera. Si notino gli abiti delle tre figure, raffinati ed eleganti, ma privi della pomposità aristocratica. L’illustrazione 6 è anch’essa emblematica del baldanzoso piacere di vivere ostentato dagli strati elevati della società. Questo ritratto di coppia, opera di Frans Hals (1580 circa1666) – il terzo grande maestro della pittura olandese – è ambientato sullo sfondo di un parco e sembra alludere a un’atmosfera di festa, la festa del giorno di riposo dopo un’intera settimana spesa nel lavoro: un lavoro ricco di profitti, a giudicare dallo sfarzo dell’abbigliamento dell’uomo e della donna, la cui serenità di espressione pare riflettere la salda coscienza di sé e del proprio ruolo sociale. Ed eccoci infine 7 in uno studio professionale. Questa immagine ci riconduce al punto da cui siamo partiti 1 ; a un mondo, dunque, fatto non solo di persone di successo, ma anche di poveri diavoli. Come nel debitore inginocchiato accanto al banchiere, così anche in questa dimessa fila di persone in attesa del proprio turno di ricevimento, riconosciamo i tratti di un’umanità male in arnese, che forma i ceti medio-bassi della società mercantile olandese. Accanto all’Olanda dei grandi borghesi, c’è insomma anche quella dei piccoli borghesi e dei contadini; tutti convivono però all’interno di un ambiente contraddistinto da valori fortemente profani e mondani, quelli che variamente questo percorso nella pittura locale del Seicento ci ha illustrato. 3 5 7 4 6 Strumenti per lo studio e la scrittura Il tema storico Il tema storico va antichi diritti. La discesa di Carlo fu travolgente e lungo il cammino percorso dal suo esercito si assistette allo scatenarsi di una serie di conflitti tra fazioni cittadine, alcune delle quali sollecitarono l’aiuto di Carlo e dei suoi armati per mettere a tacere le altre, mettendo così a nudo la precarietà dei poteri costituiti in molti degli Stati italiani. A Milano un dissidio interno alla dinastia ducale degli Sforza culminò nell’ascesa al potere di Ludovico il Moro (1452-1508), che sarebbe rimasto duca dal 1494 al 1500, il quale colse l’occasione rappresentata dall’arrivo dei francesi per appoggiarsi in un primo momento a loro e eliminare il nipote, il quale gli contendeva lo scettro. A Firenze, dove Piero de’ Medici aveva appoggiato PER SAPERE 1. Cos’è il tema storico Il tema storico, così come quello letterario, scientifico, di attualità ecc., è un testo d’uso scolastico consistente nello svolgimento di un dato argomento per verificare le conoscenze e le abilità espositive dello studente. Caratteristiche comuni a tutti i tipi di tema sono la coerenza dell’organizzazione del testo e la pertinenza all’argomento assegnato. Il tema storico si qualifica in particolare per essere narrazione di eventi, descrizione e analisi di processi, interpretazione e argomentazione di tesi. ● Carlo VIII, dopo il passaggio delle truppe la popolazione insorse, venne cacciata la dinastia signorile e proclamata la Repubblica. A Napoli, conquistata dalle truppe francesi nel 1495, i baroni del regno si schierarono a favore del nuovo venuto e non esitarono a tradire la corona d’Aragona. Poco dopo essersi impadronito di Napoli, tuttavia, temendo di venire bloccato al fondo della penisola dalla lega che Venezia, Milano, Firenze, l’Impero, la Spagna e lo Stato pontificio avevano formato contro di lui e che cercò di sbarrargli la strada nella battaglia di Fornovo, Carlo VIII si affrettò a ripercorrere a ritroso il tragitto e tornò in Francia alla fine dello stesso anno. Qui morì nel 1498. Testo descrittivo Capitolo 8, paragrafo 1 La permanenza delle strutture tradizionali: l’Impero 2. Le abilità richieste La nuova situazione peraltro riguardava solo una parte d’Europa. Altrove l’antico mosaico territoriale di formazione medievale restava ancora sostanzialmente intatto. Nominalmente l’intera area distesa tra il Reno e la Polonia risultava far parte di un nesso unitario, quello del Sacro Romano Impero, che inglobava anche parte dell’Italia settentrionale. Ma alla dignità di imperatore, elettiva anche se ormai quasi sempre assegnata a un membro della dinastia degli Asburgo, insediata in Austria, non corri- Per svolgere al meglio questo tipo di prova si dovranno attivare principalmente le seguenti capacità: 1. capacità di leggere e analizzare la traccia delimitando l’argomento e individuando le eventuali interpretazioni proposte. 2. capacità di selezionare tra le proprie conoscenze quelle pertinenti e adeguate all’argomento proposto. spondeva l’esercizio di un potere diretto su quei territori. I sette “grandi elettori”, cui spettava il compito di nominare il nuovo imperatore ogni volta che quello in carica moriva (il re di Boemia, i principi di Sassonia, Brandeburgo, Palatinato, i vescovi di Magonza, Treviri, Colonia) vedevano in lui una sorta di arbitro chiamato a comporre i conflitti tra le quasi mille diverse unità territoriali che formavano l’Impero, ma non il titolare di un dominio paragonabile a quello esercitato dalle teste coronate delle monarchie nazionali. 3. capacità di utilizzare fonti e materiale storiografico per la trattazione dell’argomento e a sostegno delle proprie tesi interpretative. 4. capacità di costruire un testo coerente e organico. 5. capacità di scegliere la tipologia testuale più adatta alla trattazione o alle sue diverse parti e di utilizzare un lessico appropriato. 3. Le tipologie testuali per lo svolgimento Il tema storico utilizza le tipologie testuali espositivo-narrativa, descrittiva e argomentativa, che possono trovarsi nello stesso testo poiché ciascuna ha una precisa funzione, necessaria per la comprensione della storia. Vediamo alcuni esempi tratti dal manuale. ● ● Testo interpretativo/argomentativo Capitolo 8, apertura Da un lato le leggi, strumento di controllo dell’ordine interno di ciascun Paese; dall’altro la forza, il mezzo per conquistarne altri, sia con la violenza degli eserciti (il lione) sia con le astuzie della diplomazia (la golpe): tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento la storia politica di alcuni Paesi europei fu contraddistinta dalla felice combinazione di questi elementi. Accadde soprattutto nei territori che a fine Quattrocento, come abbiamo visto (vedi cap. 3), si erano costituiti in monarchie nazionali, dotandosi di una burocrazia (le leggi), di un esercito permanente (il lione), di un ben organizzato corpo diplomatico (la golpe). È soprattutto in considerazione degli sviluppi occorsi in quei Paesi (la Francia, la Spagna, l’Inghilterra) che è invalso l’uso di considerare questi decenni come il periodo di avvio della cosiddetta età moderna, un’epoca che convenzionalmente si fa terminare con il 1815, data del crollo del sistema napoleonico. Testo espositivo/narrativo Capitolo 8, paragrafo 2 La discesa di Carlo VIII La vulnerabilità italiana si manifestò chiaramente nel 1494 quando il re di Francia, Carlo VIII (1470-1498, re dal 1483) varcò le Alpi con circa ventiquattromila uomini ben armati, un’e- sercito formidabile per quell’epoca, deciso a conquistare il regno di Napoli, patrimonio della corona spagnola d’Aragona, ma sul quale la casa d’Angiò, di cui Carlo era discendente, vanta- I tre testi sono tratti dallo stesso capitolo del manuale (cap. 8, La formazione dell’Europa moderna); il primo narra la discesa di Carlo VIII in Italia; l’ordine in cui sono disposti i fatti è cronologico. Il secondo descrive l’Europa orientale, analizzando la trasformazione subita dal Sacro Romano Impero. Il terzo interpreta l’avvio dell’età moderna in relazione al costituirsi degli Stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra) che si danno leggi, burocrazia e un corpo diplomatico come strumenti di esercizio del potere. Strumenti per lo studio e la scrittura Nel primo brano vediamo la storia in movimento, attraverso una successione di fatti, come se guardassimo un film; nel secondo la storia si è come fermata in un luogo e in un tempo precisi, cosi da farci vedere la differenza tra Europa occidentale e Europa orientale, come se guardassimo un quadro; nel terzo troviamo la chiave interpretativa dell’intero periodo, “l’età moderna”, come se fossimo invitati a guardare dall’alto e la nostra visuale si allargasse, perdendo di vista i particolari, ma ampliando la visione a tutto l’insieme (tra la fine del Quattrocento e l’inizio dell’Ottocento). Ciascuna di queste forme di scrittura ha dunque una sua funzione specifica, ma tutte sono importanti sia per la comprensione sia per la scrittura storica. La scrittura espositivo-narrativa e la scrittura descrittiva hanno la funzione prevalente di riferire al lettore fatti, azioni, situazioni, fenomeni ecc., senza che su di essi chi scrive esprima un giudizio esplicito. La scrittura interpretativa ha invece come obiettivo principale quello di presentare una tesi sostenendo un’opinione che richiede di essere accompagnata da argomentazioni, ossia ragionamenti e prove che permettano di dimostrarne la validità. 4. La periodizzazione Per la scrittura storica è bene avere presente che la storia è oggetto di suddivisione in periodi a cura degli studiosi. Non sempre tali periodizzazioni coincidono per tutti gli storiografi e quindi potranno risultare in parte diverse a seconda dei manuali. Inoltre è necessario tener conto che il passaggio da un periodo all’altro non può essere datato in modo preciso e netto, poiché si tratta, il più delle volte, di trasformazioni lente, in cui qualche cosa del passato rimane (o si trasforma) anche quando si afferma il nuovo. Inoltre bisogna ricordare che le periodizzazioni che noi seguiamo, ancorché con alcune opzioni differenti, valgono solo per la civiltà occidentale e non possono pertanto essere riferite alle storie di altri continenti, quali per esempio quello asiatico o africano. La periodizzazione è molto utile per identificare le caratteristiche di un unico fenomeno storico che si manifesta in più fasi. Dovendo ad esempio trattare un argomento quale “La figura del monaco da san Benedetto all’ordine monastico-cavalleresco teutonico” è bene avere come sfondo temporale i secoli che vanno dal VI al XII. Infatti, se da un lato san Benedetto da Norcia fondò il suo monastero a Montecassino intorno alla metà del VI secolo, dall’altro l’ordine teutonico nacque alla fine del XII secolo nell’Europa nordorientale. Com’è evidente si tratta di due periodi storici ben diversi tra loro (→ Cfr. Lessico del Medioevo e Scenario della Parte seconda, La crisi del Medioevo) ed è proprio da queste specificità di contesto che si possono evincere e argomentare le trasformazioni della figura del monaco. 5. Il lessico La storia, come la maggior parte delle discipline, si caratterizza per avere un lessico specifico; pertanto per scrivere di storia è importante tenere presente che termini d’uso comune spesso assumono nel discorso storico significati specifici. Qui di seguito ti indichiamo i principali casi in cui il linguaggio storico si differenzia da quello comune e altri a cui dovrai prestare attenzione per non incorrere in errori durante la scrittura. ● Termini che sono realmente esistiti nel periodo del passato oggetto di studio e che, nel corso dei secoli, hanno cambiato significato. Esempio: “parlamento” (→ cfr. cap.4, par. 2). ● Termini che sono stati coniati in un’epoca successiva a quella oggetto di studio allo scopo di descriverne aspetti, fenomeni, concetti ecc. Esempio: “feudalesimo” (→ cfr. Lessico del Medioevo , par. 1). Il tema storico Termini usati abitualmente anche oggi nel linguaggio comune, ma che possono risultare imprecisi e generare confusione quando vengono usati in ambito storico. Ad esempio il termine “omaggio”, che nell’accezione d’uso comune significa “prodotto distribuito in regalo a scopo pubblicitario”, mentre nel linguaggio storico indica, in riferimento all’epoca medioevale, “l’atto costitutivo del rapporto vassallatico” (→ cfr. Lessico del Medioevo, Glossario dei termini istituzionali). ● Termini indicanti una periodizzazione che a seconda dei luoghi può variare nei limiti cronologici. Esempio: “Rinascimento” (→ cfr. cap. 7 Gli ideali dell’Occidente: Umanesimo e Rinascimento.). ● Termini che indicano luoghi geografici i cui confini sono diversi a seconda delle epoche (ad esempio “Europa”) o che, addirittura, cessano di esistere nella realtà a partire da un dato momento storico (ad esempio “Prussia”). Nell’elaborazione di un tema storico sarà quindi necessario fare attenzione all’uso delle parole, evitando la genericità che è spesso fonte di errori, cercando di non proiettare sul passato i significati odierni delle parole, e inoltre indicando, in caso di possibili ambiguità, il periodo o l’ambito geografico corrispondenti all’uso del termine. Esempio: L’Europa del X secolo (o di altro secolo); oppure: Il Rinascimento italiano (o europeo, o inglese). ● 6. Le fonti e i testi storiografici Nell’elaborazione di un tema storico, specie se di natura argomentativa, si può far riferimento sia a fonti sia a testi storiografici a sostegno della tesi interpretativa proposta in relazione all’argomento assegnato. Per esempio un tema che abbia come argomento la formazione degli Stati moderni dal titolo: “La violenza degli eserciti e le astuzie della diplomazia sono, tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento, insieme alla burocrazia e alle leggi, gli strumenti propri degli Stati moderni” enuncia una tesi che può essere documentata ricorrendo alle seguenti fonti presenti nel manuale: ● Documento contenuto nella RIF Un sistema di relazioni internazionali (Minuta del verbale del Consiglio di Stato, Valladolid), cap. 8. ● Materiali contenuti nel Laboratorio dello storico dal titolo Diplomazia e guerra nel Cinquecento, cap. 8. Il richiamo alle fonti non è sempre necessario nello svolgimento di un tema storico; è tuttavia molto utile perché esse sono gli argomenti fondamentali che lo storico usa per costruire la sua interpretazione. Così il citare una fonte equivale a usare “gli strumenti del mestiere” e dà forza alle argomentazioni. Talvolta l’argomento di un tema storico può essere formulato ricorrendo a una citazione tratta da un testo storiografico oppure può chiedere di porre a confronto due tesi opposte di una controversia storiografica. Una controversia è qualcosa di più forte rispetto alle differenze di interpretazione dello stesso fenomeno storico da parte di due o più orientamenti storiografici. Le diversità d’interpretazione, il disaccordo e le controversie sono salutari per la crescita della ricerca storica, come in qualunque altro campo del sapere. Strumenti per lo studio e la scrittura Il tema storico PER SAPER FARE ● Tema su un fenomeno visto nel suo sviluppo (ad esempio: Lo sviluppo della borghesia mercantile tra il ‘300 e il ‘400 a Firenze) - quali sono i limiti cronologici di tale fenomeno? - in quale territorio si è sviluppato? - quali sono le sue cause principali? - quali sono le sue linee di sviluppo? - quali sono i suoi aspetti più rilevanti? ● Tema su un personaggio (ad esempio: “Lorenzo il Magnifico e la politica dell’equilibrio nell’Europa della metà del ’400”) - chi è il personaggio in questione? - quali sono le sue principali caratteristiche? - con quale/i evento/i storico/i va messo principalmente in relazione? - qual è tale relazione? 1. Qualche esercizio preliminare Prima di farti cimentare nella scrittura guidata di un tema storico ti proponiamo alcuni esercizi per autovalutare la tua comprensione degli argomenti finora affrontati. 1. Individua la tipologia di scrittura del seguente brano tratto dal manuale: Capitolo 5, paragrafo 3 La struttura politica e sociale dell’Europa centro-orientale Nel corso del Trecento, mentre nell’Europa occidentale si consolidarono intorno all’autorità del sovrano gli Stati nazionali, in Boemia, Ungheria, Polonia e Lituania si costituì un sistema politico denominato “democrazia nobiliare”: una democrazia parlamentare che si limitava alla rappresentanza di un unico ceto, quello dei nobili. La nobiltà dell’Europa centrorientale presentava però caratteri differenti da quella dell’Europa occidentale. Numericamente più consistente, era molto composita: c’erano nobili grandi possidenti terrieri e signori di interi villaggi, altri con proprietà più piccole e sparse lavorate da un numero più o meno elevato di contadini; infine i nobili “nudi”, così denominati perché privi di terre. a testo espositivo-narrativo b testo descrittivo c testo interpretativo 2. Il tuo manuale ha diviso la storia in periodi: identificali attraverso l’indice. 3. Spiega perché in un tema avente un argomento riferito all’età medievale o moderna è opportuno usare i termini “parlamento” e “democrazia” specificandone il significato. 4. Nel capitolo 1 (Lessico del medioevo, Il laboratorio dello storico) La cattedrale: enciclopedia del Medioevo è una fonte utile per argomentare una tesi interpretativa in un tema storico avente come argomento: a b c d lo sviluppo dell’architettura gotica la crisi del potere imperiale l’affermarsi delle nuove società cittadina e mercantile la storia del sapere e della cultura medievale 2. Fasi di stesura del tema storico Leggere e analizzare la traccia del tema. La lettura della traccia ti permette di identificare l’argomento principale e quindi di verificare le tue personali conoscenze. A seconda della tipologia dell’argomento proposto dalla traccia poniti delle domande sul modello dello schema seguente: ● Tema su un evento o un fenomeno specifico (ad esempio: “Le caratteristiche sociali, politiche ed economiche del Comune nell’Italia del 1300”) - in che periodo si colloca tale evento? - in quale territorio? - quali sono le sue cause principali? - a quali altri eventi contemporanei si può collegare? - di quali successivi eventi storici è stato causa o origine? - quali sono i suoi aspetti più rilevanti? ● Tema su un confronto tra più eventi o fenomeni o personaggi (ad esempio: “L’economia del Comune e quella della Signoria”) - quali sono gli eventi, i fenomeni, i personaggi da confrontare? - sotto quali aspetti vanno confrontati? - qual è il periodo di riferimento? - qual è il territorio di rifermento? - dal confronto emergono più somiglianze o differenze? Valuta quindi se la traccia richiede uno sviluppo interpretativo (ad esempio: “Tra gli eventi tragici del XX secolo emerge l’Olocausto degli ebrei. Ricostruiscine il contesto mettendone in luce le cause, ripercorrine le fasi e gli eventi, ricordane gli esiti; sviluppa le tue riflessioni servendoti anche di conoscenze extra-scolastiche: testimonianze, letture, film, documentari”) o se consente di trattare l’argomento assegnato anche solo in forma descrittiva (ad esempio: “Illustra le conseguenze della peste del Trecento nell’Europa del tempo, indicando i mutamenti economici e sociali che contrassegnarono la ripresa del XV secolo”). Raccogliere e selezionare le conoscenze. In questa fase è opportuno che tu raccolga in forma di appunti o di mappa i dati storici (date, personaggi, eventi ecc.) che conosci sull’argomento. Stendere la scaletta. Metti in ordine logico e coerente le conoscenze e le idee che hai raccolto, sapendo che puoi fare ancora qualche modifica, aggiungendo o scartando a seconda della rilevanza o della scarsa significatività dei dati. Nella stesura della scaletta puoi indicare la successione delle parti narrative, analitico-descrittive, argomentative, così da variare la tipologia di scrittura in rapporto agli aspetti diversi del tema. Nella redazione della scaletta, in fase iniziale, occupati più del corpo centrale dello svolgimento che della introduzione e della conclusione: queste dipendono dal testo e possono essere scritte anche dopo. I punti della scaletta che avrai elaborato saranno le parti fondamentali del testo e corrisponderanno ai paragrafi in cui esso verrà organizzato. Sviluppare la scaletta. Attenzione all’equilibrio delle parti e ai passaggi logici tra una e altra; poni sempre attenzione all’argomento principale; se introduci anche argomenti minori, non dare a questi eccessivo spazio; se scegli un taglio interpretativo, ossia proponi una tua tesi personale riguardo il fenomeno storico oggetto del tema, ricorri a interpretazioni storiografiche e a fonti pertinenti di cui sei a conoscenza. Scrivi quindi l’introduzione, che ha lo scopo di presentare in modo globale l’argomento, e la conclusione, che deve riassumere il contenuto e gli scopi del testo talora introducendo ulteriori considerazioni. Esercitazioni CAPITOLO 10 - Economia, società e guerra CAPITOLO 10 Economia, società e guerra nevano lo Stato come valore superiore rispetto alle confessioni religiose, motivo perenne di discordia e di instabilità politica, ed emanò l’.........., con il quale veniva concessa libertà di culto agli ugonotti. LESSICO E CONCETTI CHIAVE 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1 Il Gran Pensionario era il presidente dell’assemblea rappresentativa di ciascuna delle sette province che costituivano la federazione della Repubblica delle Province Unite. V F 2 La comunità ebraica olandese era costituita in gran parte da ebrei sefarditi. V F 3 L’Unione evangelica era l’unione di tutte le Chiese nate dalla Riforma costituitasi con l’intento di formulare rituali religiosi comuni. V F 4 L’assemblea rappresentativa di cui era dotata ognu- na delle Province Unite era di carattere censitario. V 3. Rispondi alle seguenti domande (3/5 righe). 1 Chi era lo Statolder? 2 Che cos’è il Talmud? 3 A quale esercito veniva attribuito l’appellativo di “Invincibile Armata”? 4 Che cosa significa aristocrazia di spada? Boemi, che avevano aderito al calvinismo, agli emissari del papa che volevano ricondurre il Paese alla religione cattolica. V F CAP. 10 a b c d 4. Sviluppa gli argomenti indicati (15 righe). 1 L’Inghilterra di Elisabetta I. 2. Completa il seguente testo con gli 3 Il massacro di san Bartolomeo. inserimenti opportuni. 4 La Polonia tra Cinquecento e Seicento. 5 La Russia tra Cinquecento e Seicento. CRONOLOGIA 5. Segna quale, tra le possibilità indicate, è quella corretta. a nel 1572 b nel 1598 c nel 1610 d nel 1592 2 Il sacco di Anversa a opera dell’esercito spagnolo avvenne: a nel 1566 b nel 1576 c nel 1581 d nel 1600 V F 5 La Svezia uscì dalla guerra dei Trent’anni nel 1635 nel 1573 nel 1648 nel 1555 nel 1571 con la Pace di Praga. V F 4 I cattolici, nella guerra dei Trent’anni, sconfissero i protestanti nella battaglia della Montagna Bianca: a b c d nel 1618 nel 1626 nel 1620 nel 1635 NESSI E RELAZIONI 8. Segna quale, tra le possibilità indicate, è quella corretta. 5 La Pace di Westfalia che pose fine alla guerra dei Trent’anni venne firmata: a b c d 1 Le Province Unite furono uno Stato nuovo nel panorama politico europeo della prima metà del Seicento soprattutto per: nel 1650 nel 1648 nel 1641 nel 1659 a lo straordinario sviluppo commerciale e manifat- turiero unito a una grande forza militare. b il carattere competitivo dei suoi centri finanziari e lo sviluppo della cultura giuridico-economica. c la forma repubblicana di governo e la tolleranza date indicate a lato. 1 insurrezione dei Paesi religiosa. a 1568 d le dimensioni del suo impero coloniale. Bassi contro la reggente Margherita d’Austria 2 cacciata di Maria Stuart dalla Scozia in seguito a una rivolta di aristocratici 3 concessione della li- 2 Il filosofo olandese Baruch Spinoza venne espulso dalla comunità ebraica d’Olanda per: a le sue posizioni laiche e la sua teorizzazione della b 1566 libertà di pensiero, che lo allontanavano dall’ortodossia. b la paura che le sue posizioni laiche e libertarie fornissero il pretesto per nuove persecuzioni a danno della comunità ebraica. c le pressioni del governo olandese, preoccupato dalle opinioni democratiche del filosofo. d la sua adesione a una versione dottrinale dell’ebraismo diversa da quella praticata dagli ebrei sefarditi. c 1588 bertà di culto ai Boemi da parte dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo 4 sconfitta dell’Invincibi- d 1609 le Armata 5 pace dei Pirenei 1 L’Editto di Nantes venne emanato: 4 L’intermezzo italiano nella guerra dei Trent’anni si aprì nel 1627 e si concluse nel 1631. 7. Collega gli eventi proposti con le 2 Il concetto storiografico di “economia mondo”. I Paesi Bassi dalla metà circa del Cinquecento alla metà del Seicento furono la prima potenza commerciale d’Europa e uno dei centri più importanti di diffusione del ........... L’insurrezione contro la dominazione .........., dovuta sia alla persecuzione religiosa sia all’eccessivo fiscalismo, sfociò in una lunga lotta per l’indipendenza guidata da .........., nel corso della quale gli Stati generali delle province settentrionali dichiararono decaduto Filippo II e proclamarono la ........... Ogni provincia della federazione del nuovo Stato possedeva un’assemblea rappresentativa, gli .........., che nominava suoi rappresentanti agli Stati generali, l’assemblea con potere legislativo che si riuniva a L’Aja. Anche la Francia fu attraversata, nella seconda metà del Cinquecento, da conflitti religiosi. In diverse regioni il calvinismo si era diffuso soprattutto presso i .......... e aveva trovato sostegno anche presso la potente famiglia dei .......... Quando la lotta ebbe termine e salì al trono di Francia Enrico IV, ugonotto convertitosi al .........., questi mise in atto, insieme al suo ministro Sully, i principi sostenuti dai .........., che po- flotta cattolica multinazionale avvenne: 5 Che cosa significa aristocrazia di toga? F 5 La “defenestrazione di Praga” fu la risposta dei 3 La battaglia di Lepanto contro i Turchi vinta da una e 1659 6. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. ziare Maria Stuart perché: a Maria aveva tentato una restaurazione del cattoli- 1 Nella lotta dei Paesi Bassi contro la Spagna la gran- de nobiltà di fede cattolica si unì ai protestanti dopo il 1567. V F 2 La Spagna riconobbe ufficialmente l’indipendenza dalle Province Unite nel 1581. 3 La regina Elisabetta d’Inghilterra fece giusti- V F 3 Nel 1632 le truppe imperiali guidate da Wallenstein vennero sconfitte dagli svedesi nella battaglia di Lützen. V F cesimo in Inghilterra. b Elisabetta temeva di essere sostituita sul trono da Maria, sostenuta dai cattolici inglesi e dai suoi oppositori. c la Scozia di Maria aveva sostenuto la lotta per l’indipendenza delle Province Unite contro la Spagna, alleata dell’Inghilterra. d Maria aveva tentato di sottomettere l’Inghilterra alla Scozia, Paese di cui era regina. CAP. 10 Esercitazioni CAPITOLO 10 - Economia, società e guerra 4 Nel corso del secondo Cinquecento molti espo- nenti della nobiltà europea, in Francia come in Boemia, aderirono al calvinismo perché: 1 Perché fallì l’opera di ricattolicizzazione dell’Europa sizione al potere dei sovrani. b trovarono nel calvinismo la legittimazione di un ordine sociale fortemente gerarchizzato di cui essi si sentivano parte integrante. c videro nel calvinismo l’espressione di un cristianesimo più puro e vicino alle origini, libero da ogni forma di mondanizzazione. d apprezzarono il principio moderno della separazione del potere religioso da quello politico presente nel calvinismo. e si giunse piuttosto a una coesistenza tra cattolicesimo e protestantesimo? Paese a prevalenza cattolica, si unì alla coalizione dei Paesi protestanti perché: a non voleva entrare in conflitto con la popolazione di fede calvinista presente sul suo territorio, temendo il ripetersi delle guerre di religione del secolo precedente. b era legata ai paesi protestanti, Svezia e Inghilterra soprattutto, da forti interessi commerciali. c temeva che una completa ricattolicizzazione dell’Europa avrebbe dato troppo potere alla Chiesa. d l’interesse politico, cioè la volontà di contrastare i piani di espansione degli Asburgo d’Austria e di Spagna, era più forte della motivazione religiosa. 9. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. LEGGERE E INTERPRETARE LE FONTI (3/5 righe). a trovarono nel calvinismo uno strumento di oppo- 5 Durante la guerra dei Trent’anni la Francia, 2 Perché in Italia, nella prima metà del Seicento, si eb- be una riconversione degli investimenti verso il settore agrario? 3 Perché Richelieu attaccò la fortezza ugonotta di La Rochelle? 4 Perché non possiamo parlare del Seicento come di un secolo interamente contrassegnato dalle crisi? 5 Quali conseguenze ebbe la “piccola glaciazione” del Seicento? 11. Sviluppa gli argomenti indicati (15 righe). 5 12. Esamina l’immagine indicata e rispondi alle domande. 1 Immagine 5 Il Laboratorio dello storico, p. x del manuale. 1. Che cosa rappresenta la scena dipinta? 2. In quale atteggiamento sono raffigurati i personaggi? 3. Quali sono le caratteristiche dell’ambiente? 4. Perché è importante conoscere anche le dimensioni del quadro? 5. A quale categoria di persone era destinato questo tipo di produzione artistica? 6. Che relazione c’era tra il soggetto di questi quadri e le persone a cui erano destinati? 1 Un secolo di guerre di religione. 2 Lo sviluppo economico della Repubblica delle Pro- RIELABORARE E ARGOMENTARE vince Unite. 3 Le conseguenze dell’ascesa commerciale e maritti- ma dell’Olanda e dell’Inghilterra. 4 L’alternativa tra protestantesimo e ricattolicizzazio- ne alla fine del primo decennio del Seicento in Polonia e nelle province dell’Impero. 5 Demografia ed economia nel Seicento. Il tema storico La guerra dei Trent’anni ridisegnò la mappa politica dell’Europa, stabilendo una nuova coesistenza delle fedi. Mostra come si giunse a questo risultato, illustrando le cause della guerra e l’intreccio tra politica e religione che fu una delle caratteristiche salienti del conflitto. Il saggio breve 1 La pace di Vestfalia segnò il tramonto del disegno centralizzatore perseguito dagli Asburgo, confermando in Germania un assetto policentrico destinato a durare a lungo. V F 2 Le guerre di religione si intrecciarono con i contrasti di natura politica ed economica tra gli Stati europei. V F 3 La flessione demografica registrata in Germania al- la metà del Seicento era stata provocata essenzialmente da una serie ininterrotta di carestie e di pestilenze. V F 4 Nella prima metà del Seicento l’Italia trasse molti CAP. 10 10. Rispondi alle seguenti domande benefici dalla dominazione spagnola, perché approfittò dei vantaggi derivanti dall’essere parte integrante di un vasto Impero. V F 5 La Lega cattolica costituita nel 1609 era una coali- zione militare tra tutti gli Stati cattolici d’Europa guidata dalla Francia. V F Argomento L’indipendenza olandese. Documenti ● DOC. 1 La dichiarazione d’indipendenza olandese «È a tutti evidente che un principe è posto da Dio al governo di un popolo per difenderlo dall’oppressione e dalla violenza, come il pastore il suo gregge; e Dio non creò il popolo schiavo del suo principe, per obbedire ai suoi ordini a ragione e a torto, ma creò piuttosto il principe per il vantaggio dei sudditi (senza i quali egli non potrebbe essere principe) e per reggerli secondo giustizia, per amarli e aiutarli come il padre i suoi figli, o il pastore il suo gregge, e per difenderli e proteggerli finanche a costo della vita. E quando egli non si comporti così, ma al contrario, li opprime, tentando di violare loro antiche consuetudini e privilegi esigendo la loro servile ubbidienza, allora egli non è più un principe, ma un tiranno e i sudditi non devono considerarlo in altro modo. E in particolare, quando ciò è fatto deliberatamente, senza autorizzazione degli Stati [Generali], essi possono non soltanto rifiutarsi di riconoscere la sua autorità ma procedere legittimamente alla scelta di un altro principe per la loro difesa. CAP. 10 Esercitazioni Questa è la sola via lasciata ai sudditi, le cui umili petizioni e rimostranze non riuscissero a persuadere il loro principe, o a dissuaderlo da provvedimenti tirannici; e questo è ciò che la legge di natura impone per la difesa della libertà che noi dobbiamo trasmettere ai posteri anche a costo della nostra vita [...]. Non avendo alcuna speranza di riconciliazione e non trovando alcun altro rimedio, noi siamo stati costretti in conformità della legge di natura, a nostra difesa e per mantenere i diritti i privilegi le libertà dei nostri concittadini, delle nostre mogli e dei nostri figli e dei nostri discendenti, siamo stati costretti per non essere resi schiavi dagli Spagnoli, a rifiutare l’obbedienza e sudditanza al Re di Spagna e a prendere le misure che ci sembreranno opportune per conservare le nostre antiche libertà e privilegi. Sia noto a tutti con questa dichiarazione, che essendo stati ridotti a questo estremo, come si è detto innanzi noi abbiamo unanimemente e formalmente dichiarato, e con questo atto presente dichiariamo che il Re di Spagna ha perduto, ipso iure, ogni diritto ereditario alla sovranità di questi paesi, e siamo decisi d’ora innanzi a non riconoscere la sua sovranità e giurisdizione né alcun suo atto relativo ai territori dei Paesi Bassi, né a far uso del suo nome come principe, né a sopportare che altri lo faccia. In conseguenza noi dichiariamo anche che tutti gli ufficiali, giudici, signori, gentiluomini, vassalli e tutti gli altri abitanti di questo paese di qualsiasi qualità e condizione sono d’ora innanzi sciolti da ogni giuramento e obbligo nei confronti del Re di Spagna come sovrano di questi paesi». In Gaeta-Villani, Documenti e testimonianze, Principato, Milano 1978. ● CAPITOLO 10 - Economia, società e guerra ● DOC. 3 Jan Vermeer, Il soldato e la fanciulla che ride, 1657. DOC. 2 La Compagnia delle Indie orientali CAP. 10 «Il commercio che gli Olandesi svolgono in Italia è vasto e importante; essi vi portano molte mercanzie dalle Indie, dal Nord e dalle loro manifatture; e esportano molta seta, stoffe di seta, e alcune derrate del paese; commerciano principalmente nei porti di Genova, di Livorno, di Venezia, di Napoli e di Messina. Queste cinque piazze sono, per così dire, i depositi di tutte le merci che il resto dell’Italia fornisce agli stranieri, dove questi portano le loro, che sono poi distribuite in tutta l’Italia. Genova è senza dubbio la città dove si svolge la maggior parte del commercio, non solo perché le manifatture vi sono fiorenti e commercia molto con proprie navi presso gli stranieri, soprattutto in Ispagna, ma anche perché il commercio di tutta la Lombardia con gli stranieri passa di là. Gli Olandesi si procurarono tutte queste merci per lungo tempo a Lisbona, dove quelle si trovavano in abbondanza; se non che, essendo stata unita nel 1580 la corona del Portogallo a quella di Castiglia, le persecuzioni che seguirono contro di loro negli Stati sotto la dominazione di Filippo II, li obbligarono ad abbandonare questo commercio, e furon causa che essi iniziassero la ricerca per loro conto nelle Indie di quelle mercanzie che erano abituati a prendere dai Portoghesi. [...] Agli inizi niente contribuì tanto al loro buon successo quanto l’accoglienza favorevole che ricevettero presso diversi principi indiani, nemici segreti dei Portoghesi. Poiché l’orgoglio di questi, la loro tirannia, lo zelo indiscreto dei loro missionari avevano suscitato contro i Portoghesi un gran numero di nemici, che da lungo tempo attendevano soltanto l’occasione per dichiararsi contro di loro. Un Inglese dice che gli Olandesi mantennero una condotta molto prudente, e non fecero nulla contro gli Indiani, ai quali non hanno mai imposto contribuzioni, come facevano i Portoghesi, contentandosi di stabilire il loro commercio sulla rovina di quello portoghese. Varie compagnie olandesi commerciarono separatamente con le Indie fino all’anno 1602, quando gli Stati Generali giudicarono opportuno di unirle insieme affinché fossero in grado di resistere agli attacchi degli Spagnoli e dei Portoghesi e di attaccarli a loro volta, se fosse stato necessario. Fu da queste diverse compagnie che fu creata la Compagnia Generale delle Indie Orientali, che, sola, poteva navigare per la durata di venti anni al di là del Capo di Buona Speranza e dello Stretto di Magellano. Il suo patrimonio, che fu di circa 6 500 000 fiorini, è stato così bene amministrato da questi abili mercanti, che hanno distrutto il grande impero e il grande commercio di cui i Portoghesi godevano nelle Indie, tanto che si sono impadroniti dell’uno e dell’altro e vi hanno fondato uno stato la cui potenza può essere paragonata a quella della loro repubblica in Europa». in E. L. Coornaert, Le istituzioni economiche europee e il nuovo mondo, in Storia economica Cambridge, vol. IV Torino, Einaudi 1992 Consegna Tenendo presente le tue cono scenze relative alle motivazioni e ai momenti della lotta per l’indipendenza delle Province Unite, leggi e analizza i documenti proposti. I tre documenti ti saranno utili per sviluppare e approfondire alcuni aspetti del problema: la questione del fondamento del potere politico, la particolare realtà economica dell’Olanda e il significato dell’affermarsi di una identità nazionale. L’elaborato, che avrà come destinazione una rivista specialistica, non dovrà superare la lunghezza di quattro colonne di foglio protocollo. Guida allo svolgimento ● Lettura e analisi dei documenti proposti DOC. 1 - Nel documento del 1581 in cui si dichiara decaduto Filippo II è evidente il richiamo alle idee calviniste che legittimano la ribellione al potere quando questo ha un carattere oppressivo nei confronti dei sudditi. C’è in questo testo l’espressione di un processo politico che è andato maturando in alcuni decenni, creando una precisa coscienza della propria identità di popolo come comunità politica che intende autogovernarsi. DOC. 2 - Il secondo documento ci parla dell’Olanda commerciale e marittima, mostrandoci come essa, con i suoi potenti strumenti quali la Compagnia delle Indie orientali, abbia allargato la rete dei propri traffici e abbia soppiantato il commercio portoghese in India. Viene sottolineato il diverso rapporto degli olandesi con i popoli delle Indie, esclusivamente commerciale e lontano dall’oppressione economica e dallo zelo missionario portoghesi, segno, anche questo, di una diversa civiltà. DOC. 3 - Il quadro di Vermeer del 1657, letto come documento storico, ci attesta la consapevolezza dell’identità nazionale olandese in un particolare che è divenuto emblematico: la carta geografica dell’Olanda appesa alla parete alle spalle dei due personaggi. Si tratta di un motivo che il pittore ripropone anche in altri suoi quadri, come la Signora in azzurro che legge una lettera e l’Allegoria della pittura. La raffigurazione dell’Olanda, con i suoi porti e le navi che affollano il golfo, è la traduzione visiva di una consapevolezza civile che ha nella propria terra e nella visibilità dei suoi commerci il principale motivo di orgoglio. Il fatto stesso che le ricche famiglie olandesi avessero spesso nelle proprie case la carta geografica del proprio Paese è una testimonianza significativa di questa realtà storica e politica. CAP. 10 Moduli tematici operativi Economia e società fra XIV e XV secolo DOC. 1 Le epidemie di peste ridussero drasticamente la popolazione europea. Si calcola, ad esempio, che in Inghilterra gli abitanti siano diminuiti di circa un terzo, passando da 3.125.000 a 2.250.000. Una così massiccia perdita di popolazione non poteva non provocare ripercussioni in campo economico e sociale. La borghesia delle città si sforzò di controllare il commercio e i prezzi dei prodotti agricoli; i contadini e i lavoratori urbani più poveri cercarono di ottenere miglioramenti delle condizioni di lavoro, pensando di avere una maggior forza rivendicativa essendo meno numerosi. La crisi si fece sentire anche da una parte della nobiltà feudale, poiché si erano ridotte le coltivazioni a causa dello spopolamento delle campagne e di interi villaggi. Gli aristocratici cercarono di trasformare in denaro i canoni di affitto (prima in natura e manodopera), aumentandone anche l’entità. In alcune zone la crisi della nobiltà favorì il trasferimento dei beni terrieri alla borghesia cittadina, allentando i vincoli feudali. In Inghilterra la rivolta contadina più estesa ebbe luogo nel 1381. Uno dei suoi capi fu John Ball, un prete della diocesi di Canterbury, sostenitore di un ideale di uguaglianza sociale. La rivolta iniziò come una protesta contro la poll-tax, una nuova tassa imposta sulle persone, e si diffuse velocemente per quasi tutta l’Inghilterra. Scopo della rivolta era l’abolizione della servitù e degli obblighi personali imposti dai signori feudali. Il movimento fu sconfitto dalla reazione dei nobili guidati dal vescovo Henry Despencer e dall’intervento militare della monarchia. Tuttavia la situazione delle campagne inglesi era destinata a cambiare da lì a pochi anni per effetto delle recinzioni (enclosures) delle antiche terre comuni adibite a pascoli. Sulla rivolta contadina vi presentiamo due brani tratti dall’opera del cronista francese Jean Froissart. In Inghilterra e in molti altri paesi c’è la consuetudine che i nobili hanno grande franchigia sui loro uomini e li tengono in servitù: ciò vuol dire che per diritto e per usanza questi devono arare i campi dei signori, mietere il grano e portarlo al castello [...] e fare altri lavori del genere; e devono quegli uomini fare tutto questo per servitù ai signori, che in Inghilterra sono più numerosi che altrove, laici ed ecclesiastici che devono essere serviti, e specialmente nelle contee di Kent, Essex, Sussex e Bedfordshire ce ne sono più che nel resto dell’Inghilterra. Quei malvagi nelle regioni che ho nominate cominciarono a sollevarsi perché dicevano che li si teneva in troppo grande servitù e che all’inizio del mondo non c’erano servi e signori [...] e che essi erano uomini come i loro signori ma erano tenuti come bestie, cosa che essi non volevano e non potevano sopportare, ma volevano essere tutti uniti, e, se aravano o facevano qualche altro lavoro per i loro signori, volevano ricevere il salario. Una predica di John Ball Buona gente, le cose non possono andar bene in Inghilterra né andranno bene finché le proprietà non saranno messe in comune e non ci saranno più né villani né nobili, e saremo tutti uguali. A che scopo quelli che noi chiamiamo signori hanno più potere di noi? Come l’hanno meritato? Perché ci tengono in servitù? E, se è vero che noi veniamo tutti da un solo padre e una sola madre, Adamo ed Eva, in che cosa si può dire o mostrare che sono migliori di noi? Forse perché ci fanno guadagnare col nostro lavoro ciò che essi spendono? Essi sono vestiti di velluti e di stoffe di seta foderati di vaio e di petit-gris, mentre noi indossiamo miseri panni. Essi hanno i vini, le spezie, il buon pane e noi abbiamo la segale, il grano mediocre, la paglia e l’acqua. Essi posseggono dimore e bei castelli e noi abbiamo la fatica, il lavoro, la pioggia, il vento nei campi. Non può che venire da noi e dal nostro lavoro ciò che essi posseggono. Siamo chiamati Oeuvres de Froissart, a cura di K. de Lettenhove, Devaux 1869 1. Scrivete un breve testo mettendo in luce i seguenti punti dei due documenti: a. Le rivendicazioni dei contadini. d. La richiesta di uguaglianza. b. Il giudizio che il cronista esprime sulle loro lotte. e. La fiducia nella monarchia. c. La condanna della servitù espressa da John Ball. ATTIVITÀ A. La rivolta dei contadini in Inghilterra mati servi e che sono tenuti in servitù ci seguiranno per essere liberati. E quando il re ci vedrà o ci ascolterà, per amore o per forza, una soluzione la troverà. B. Un contratto toscano di mezzadria Nell’Italia del Nord e del Centro, come in Francia e in Inghilterra, la crisi demografica intensificò il cambiamento sociale nelle campagne. L’indebitamento dei piccoli proprietari con usurai, monasteri e uomini d’affari di città favorì il trasferimento di terre alla borghesia. La proprietà venne organizzata in poderi, appezzamenti di terra vicini che facevano riferimento a una casa rurale isolata nella campagna. Qui risiedeva la famiglia contadina che lavorava la terra con un contratto di mezzadria in cui venivano stabiliti gli obblighi del contadino, specificando i prodotti da consegnare e le scadenze definite. Vi presentiamo una parte di un contratto toscano del 1417. MCCCCXVII (MCCCCXVIII). Sia manifesto a qualunque persona leggerà o udirà leggere la presente scrita, come oggi questo dì primo di marzo anno 1417 io Piero di Giovanni fattore della Badia di Pasignano, con volontà di messer l’abate e di Giovanni Gianfigl(i)azzi, alluogho a Bartolo di Miglorato et a Giovanni et Berto suo’ figliuoli un podere posto nel popolo di (Sant’Andrea a) Poggialvento, luogho detto Campo a Sole, co’ suoi veri e usati confini, per tempo e termine d’anni cinque. E essi debbono incominciare a llavorare per detto podere o tornarvi su ora al presente, e finisce come seguita. E prometto- no di lavorare il detto podere bene et diligentemente e a uso di buoni lavoratori. Et nnoi gli doviamo dare ogn’anno, per seme sul detto podere, di grano staia otto [circa 135 kg] et fave staia quattro. Et essi debbono dare a mezzo quello e quanto vi si ricoglerà su. Et debbono dare ogn’anno de’ detti cinque anni i vantaggi soscritti. In prima: per la festa di San Giovanni Ghualberti paia due di chapponi. Nella detta festa serque sei d’uova. in G. Cherubini, Agricoltura e società rurale nel Medioevo, Sansoni, Firenze 1977 1. Rispondete alle seguenti domande: a. Qual è la scadenza del contratto? b. L’uso del contratto a termine vi sembra una pratica tipica del sistema feudale o il frutto di una mentalità borghese? Motivate la vostra risposta. DOC. 2 Economia e società fra XIV e XV secolo servi e siamo battuti se non serviamo rapidamente; e non abbiamo sovrano presso cui lagnarci e che ci voglia ascoltare o che lo debba fare. Andiamo dal re, egli è giovane, parliamogli della nostra servitù e diciamogli che le cose devono andare diversamente, altrimenti troveremo noi un rimedio. Se ci andiamo effettivamente tutti insieme, tutti coloro che sono chia- c. Quale impegno si assume il possessore del podere? d. Quale classe sociale trae vantaggio dai contratti mezzadrili? ATTIVITÀ TEMA 1 Moduli tematici operativi Economia e società fra XIV e XV secolo C. La rivolta dei ciompi 1. Scrivete un testo argomentativo sul seguente tema: “Le lotte contadine nel XIV secolo”. ATTIVITÀ DOC. 3 Poi, si chiamarono i sindachi, uno per arte, delle minore e delle maggiori. E sì diliberarono d’accrescere l’arti minute: là dov’erano XIIII (cioè le cinque arti medie e le nove arti minori dell’ultimo Duecento), che le fossono XVII, a ciò che fossino più forti; e così si fece. La prima arte nuova si furono ciascuno che stava ad arte di lana: cioè fattori, lanini, istamaiuoli, garzone ch’andasse a la tinta, o a tiratoio, o a telaia, rivenditori, isciglitori, divettini, iscamatini, vergheggiatori, iscardassieri, pettinatori, e apenichini, e tessitori. Tutti costoro erono insieme a un’arte collegati; erono per numero d’uomini novemila. D’arme questi portavano, per loro insegna, l’agnolo colla spada in mano e colla croce. La seconda arte nuova si furono: tintori, e purgatori, e cardatori, e cardaiuoli, e tessitori di sciamiti, e di drappi. Questi furono tutti a un’arte. E sì portarono, per loro segnia, un braccio con una spada in mano, e scritto nella detta spada: Giostizia; e questo braccio è bianco nel campo vermiglio. La terza arte si furono: cimatori, e rimendatori, e tiratoiai, e lavatori, e farsettai, e sarti e calzaiuoli, e banderai. Tutti costori, collegati a un’arte, portarono per loro insegna un braccio del nostro Signore, vestito, ch’uscìa di cielo e teneva in mano un ramo d’ulivo. E così s’accrescerono l’arti minute 13 migliaia d’uomini. I signori priori e tutto il collegio diliberarono d’ardere tutti gli scuittini (scrutini) del comune; e così si fe’. E sì si fece il nuovo. E si divisono gli ufici per questo modo: che l’arti nuove avessoro altri tre priori; e confalone della giostizia andasse in catuna parte una volta; e così tutti gli altri ufici andassoro per terzo; e così rimasono d’accordo. in Il tumulto dei Ciompi, a cura di G. Scaramella, Zanichelli, Bologna 1934 1. Scrivete un breve testo articolato secondo i punti che seguono: a. Il contesto storico in cui si sviluppa il tumulto dei Ciompi. b. Le rivendicazioni dei Ciompi. c. Il ruolo delle corporazioni. d. La differenza tra Arti maggiori e Arti minori. e. Il significato simbolico delle insegne scelte dalle nuove tre Arti minori. Potete utilizzare i due testi relativi alle lotte contadine in Inghilterra, dopo aver ricostruito il contesto economico e sociale in cui si collocano. 2. Scrivete un testo argomentativo sul seguente tema: “Le trasformazioni economiche e sociali tra XIV e XV secolo”. a. Potete avvalervi del contratto toscano di mezzadria che attesta il mutamento delle relazioni sociali nelle campagne dell’Italia centrale. Un segno implicito della rilevanza assunta dalle attività economiche commerciali nella società europea del tempo è la loro presenza nelle arti figurative: potete dunque utilizzare i due testi figurativi che hanno per soggetto il commercio e l’importanza dello studio della matematica. b. Potete rivolgere la vostra attenzione a un unico episodio, la rivolta dei Ciompi a Firenze. Le trasformazioni sociali ed economiche conducono, in questo caso, a un tentativo, fallito, di ridistribuzione del potere. Potete inserire il documento all’interno della storia di Firenze, ripercorrendola sotto il profilo politico-istituzionale. RIELABORAZIONE Nella Firenze della seconda metà del Trecento erano esclusi dal governo cittadino i salariati e i piccoli artigiani che non erano ancora organizzati in Arti. Per questo motivo essi cercarono di conquistare il diritto di associarsi in corporazioni autonome e di avere accesso alla vita politica. Il patriziato si oppose a questa rivendicazione, impedendo ogni tentativo associazionistico e ricorrendo anche alla pena di morte. Nel 1378, i ciompi, lavoranti nell’industria laniera, si impadronirono con le armi del governo di Firenze, mantenendolo per oltre un mese. Si unirono a loro anche operai, garzoni, lavoranti a cottimo che svolgevano mestieri legati alla lavorazione della lana. Ottennero di associarsi in tre nuove corporazioni (tintori, farsettai e ciompi) e imposero un sistema elettorale che permetteva loro di controllare, insieme alle Arti minori, due terzi delle cariche pubbliche. La reazione dell’oligarchia che dominava a Firenze fu particolarmente dura: la rivolta fu repressa e nell’arco di tre anni circa trecento persone furono condannate, di cui un decimo a morte. Vi presentiamo una testimonianza di come vennero istituite le tre nuove Arti, portando il numero delle Arti minori da quattordici a diciassette. Per i ciompi fu questa una conquista importante, perché era proprio attraverso le Arti (o corporazioni) che era possibile esercitare un’influenza politica sulla città, stabilendo la partecipazione alle cariche pubbliche e la presenza negli organismi di direzione politica della città. Ogni Arte raggruppava più mestieri affini, aveva diritto a una propria insegna e associava migliaia di persone che si sentivano così protette e rappresentate nei loro interessi. Il sentimento religioso Moretto da Brescia, Allegoria della Fede, 1520-1530, Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. La Chiesa è raffigurata nelle sembianze di una sposa giovane e bella (ne sono simboli l’abito arancio-vermiglio, la cintura e il velo leggero che sembra scivolarle dal capo), nell’atto di sollevare il calice dell’Eucarestia e di abbracciare la croce. Il cartiglio avvolto attorno ai fiori riporta una citazione dai Salmi: «Iustus rex vivit», cioè “il re giusto vive”, riferito all’esistenza di Cristo. Dipinti di tale genere erano di facile lettura agli occhi dei contemporanei e, posti di norma nelle chiese, servivano a illustrare i sermoni dei religiosi. O ggi ci è difficile comprendere a pieno quanto pervasivo sia stato, nell’Europa di Antico Regime, il ruolo svolto dalla religione, attraverso le sue varie forme di espressione, nel modellare l’identità individuale e collettiva degli esseri umani e nel fissarne gli spazi e i modi di interrelazione e di socializzazione. Qui cercheremo di mettere a fuoco, a titolo di esempio e senza alcuna pretesa di esaustività, alcune delle numerosissime manifestazioni della centralità del sentimento religioso nella vita quotidiana di quei secoli, ricorrendo a una casistica tratta soprattutto dai Paesi di fede cattolica. Dopo la Riforma protestante il cattolicesimo restava infatti, comunque sia, il credo più diffuso tanto in Europa quanto nel Nuovo Mondo situato al di là dell’Oceano. 91 Le conoscenze Il sentimento religioso Gli spazi delle fedi Il cattolicesimo dominava in Italia, in Francia, nella penisola iberica, nell’America spagnola e portoghese, nella vasta area dei domini degli Asburgo di Vienna, in Polonia; ma conservava una robusta presenza anche in Gran Bretagna – specialmente in Irlanda – e in Germania. All’interno dei confini attuali dell’Europa si davano le seguenti altre fedi: quella cristiano-ortodossa (gran parte della penisola balcanica e Russia); quelle variamente derivanti dal ceppo riformato; quella ebraica, praticata da comunità sparse in vari Paesi d’Europa, dove esse venivano tollerate, salvo subire periodicamente manifestazioni di insofferenza e brutali atti di aggressione da parte della rispettiva comunità cristiana ospitante; quella islamica, in numerose porzioni della parte europea dell’Impero ottomano. Fede e potere Nei Paesi cattolici – ma, per molti versi, anche in quelli riformati – prima ancora di essere suddito di un potere temporale, ciascun individuo era un membro della comunità ecclesiastica. Lo stesso potere temporale, del resto, traeva la parte più importante della propria legittimazione da quella che i contemporanei chiamavano l’investitura per grazia divina. I sovrani si autoraffiguravano come gli unti del Signore, chiamati a esercitare sulla terra un potere di deri- Il tempio di Gerusalemme, luogo sacrale della religione ebraica, così come raffigurato in un’incisione del XVIII secolo. Stanziati in varie regioni d’Europa, dalla Polonia, all’Italia, alla Spagna, gli ebrei subirono ricorrenti persecuzioni nel corso del Medioevo e della prima età moderna. La loro condizione migliorò nel Settecento, sulla scia della diffusione dei princìpi illuministi che promuovevano la tolleranza religiosa. 92 vazione celeste. Il compito più importante che avevano era quello di proteggere le comunità loro affidate, garantendo in primo luogo l’osservanza delle prescrizioni cristiane. Erano i supremi dispensatori di una giustizia in cui il confine tra il reato e il peccato – cioè l’insieme dei comportamenti sanzionati dalla Chiesa – si faceva assai labile, fin quasi a scomparire. Così, nella prassi penale di ogni giorno, la giustizia secolare si presentava spesso come il braccio armato incaricato di comminare una punizione ecclesiastica. Ciò non impediva, per altro, ai sovrani di trovarsi periodicamente in conflitto con la Chiesa, a causa delle numerose prerogative e immunità di cui essa godeva. In gran parte dei Paesi cattolici il patrimonio fondiario ecclesiastico era immenso, dal momento che poteva raggiungere estensioni pari alla metà e più della superficie coltivata, ed esso sfuggiva, in quanto beneficio fruito da un ceto privilegiato – quale era quello costituito dai chierici – alla fiscalità ordinaria, ovvero allo strumento che consentiva ai sovrani di incassare le risorse necessarie all’esercizio dell’azione di governo. Autorità civile e autorità ecclesiastica Ma, del resto, quell’azione risultava per lo più indiretta e incompleta. Per gran parte dei sudditi, infatti, era piuttosto l’autorità ecclesiastica a farsi garante dei loro rapporti istituzionali con il mondo esterno. Enrico IV di Borbone nell’atto di ricevere l’unzione. Egli era stato capo dei calvinisti francesi dal 1569, ma aveva dovuto abiurare la sua fede e abbracciare il cattolicesimo quando nel 1584, rimasto unico successore al trono di Francia, si rese conto che la conversione era l’unica maniera per ottenere il potere. G. Antonio Pessina, Possessioni dei canonici lateranensi attorno al Naviglio grande all’altezza di Bernate, 1660, Milano, Archivio di Stato. La mappa descrive in modo assai dettagliato i beni dei canonici: ciascun campo è colorato in modo diverso a seconda del tipo di coltivazione praticata. Nei dintorni del convento sorgono alcuni edifici di pertinenza dei canonici, tra cui cascine, un torchio e un mulino. L’insieme trasmette un’immagine di campagna ordinatamente coltivata e sfruttata, e certo fonte di buone rendite. Per i contadini, ad esempio, che costituivano almeno il 90 per cento della popolazione europea di Antico Regime, era il parroco (o, nelle aree protestanti, il pastore) a rappresentare la figura primaria di riferimento sia nel ritmo ripetitivo della vita quotidiana, sia, e a maggior ragione, nei momenti centrali di scansione dell’esistenza. Si cominciava a frequentare la Chiesa in occasione del battesimo, che costituiva il momento di presentazione ufficiale di ogni nuova vita alla comunità, e che veniva celebrato prestissimo, dato che la fortissima incidenza della mortalità infantile induceva a cautelarsi per tempo. Insieme al rito battesimale, Sulle variegate possibilità il parroco celebrava una fundi interferenza delle norme zione che in tempi a noi più vie delle regole ecclesiastiche con quasi ogni aspetto della cini sarebbe stato invece l’ufficio dell’anagrafe ad assolvere. vita quotidiana durante l’Antico Regime si diffonde Provvedeva, cioè, alla registralo storico del diritto canoni- zione dei nati in appositi regico Gabriel Le Bras. stri. Ogni qual volta una perstoriograf ia 2 sona avesse poi avuto bisogno di documentare la propria identità, era alla porta del parroco che avrebbe dovuto bussare, per farsi rilasciare la prova della propria esistenza, la fede di battesimo. Il ruolo della Chiesa nelle comunità locali Oltre naturalmente al matrimonio, anche il rito del fidanzamento veniva celebrato quasi sempre in chiesa, in presenza dell’intera collettività paesana, e riceveva la benedizione del sacerdote. Accanto alle mura parrocchiali, e affidato alla sorveglianza ecclesiastica, sorgeva Pietro Longhi, Il battesimo, metà XVIII secolo, Venezia, Pinacoteca Querini Stampalia. Il battesimo è un sacramento essenziale, somministrato ai bambini appena nati. La scena raffigurata dal Longhi è priva di sfarzo: il parroco battezza il bimbo alla presenza di pochi familiari. La madre assiste da dietro le colonne, in disparte perché le leggi ecclesiastiche considerano la puerpera impura. infine in ogni villaggio il cimitero, un luogo di importanza straordinaria in una società protesa a un intensissimo rapporto con un aldilà, reso sempre assai prossimo e incombente dalla precarietà delle condizioni di vita, e per questo intimamente bisognosa di un contatto quotidiano con il mondo dei morti, popolato dalla presenza dei molti familiari defunti. Per raggiungerli, con la preghiera, era ancora il curato a fare da guida. Attraverso la fabbriceria parrocchiale, istituzione che faceva da ponte tra il mondo dei chierici veri e propri e quello dei fedeli, passava la rete di assistenza che garantiva la sopravvivenza ai membri disagiati di ogni comunità. Questi riconoscevano, dunque, in essa un’ideale sponda di riferimento, la provvidenziale irradiazione istituzionale di una sensibilità collettiva incline a identificare nel povero una figura sacra, deputata a offrire una replica dell’esempio di Cristo, simbolo, con la sua sofferta testimonianza esistenziale, di una speranza di salvezza per tutti. Così pure, consegnati alle cure ecclesiastiche erano gli ospedali, luoghi concepiti – né v’è da stupirsene, in considerazione della modesta efficacia della scienza medica del tempo – più come avamposti verso l’aldilà, snodi di transizione spirituale tra la vita e la morte, che come le cittadelle della ricostituzione terapeutica e della riconquista della salute. Religione scritta e religione delle immagini In un mondo quasi totalmente analfabeta, inoltre, quel poco di rudimentale acculturazione che filtrava verso il mondo rurale era tutto veicolato dai chierici, del resto anch’essi, in misura crescente tra la fine del Seicento e la cessazione dell’Antico Regime, spesso prove- Teodor Helmbreker, Distribuzione della minestra ai poveri, 1681, collezione privata. Un domenicano distribuisce un pasto ai poveri che gli si affollano attorno. Si noti una donna, sofferente e debilitata, che riceve il piatto mentre il bambino accanto a lei tende le braccia. Lo spettro della fame, causato da carestie e guerre, perseguitava i poveri nel Seicento, costringendoli ad affollare le città in cerca di elemosine. 93 Le conoscenze nienti dalle fila di quel mondo popolare che era affidato alle loro cure. Se prima della rivoluzione francese, come è stato calcolato, l’80 per cento dei libri in circolazione era costituito da opere di argomento religioso – raccolte di preghiere, sermoni, vite di santi –, tale percentuale nelle scarne biblioteche doÈ difficile parlare, per l’e- mestiche di campagna tendepoca che stiamo consideran- va a convertirsi nella totalità. do, dell’esistenza di un netto Quei pochissimi contadini che confine tra arte profana e avevano appreso, da un prete, arte sacra, come si evince osservando tanti esempi di ad avventurarsi nel mondo pittura apparentemente delle parole scritte, ne veniva“mondana”, nei quali la tematica religiosa affiora qua- no a conoscere uno esclusivasi di soppiatto. fonte21 mente religioso. Anche i temi e i soggetti della pittura – questi, sì, accessibili a chiunque, con il solo beneficio della vista – erano tutti o quasi sacri e i dipinti si trovavano prevalentemente nelle chiese o in altri edifici religiosi. Il controllo religioso sul comportamento Sottrarsi alle norme comportamentali sancite dalla morale religiosa era quasi impossibile. La fede non era un’opzione, bensì un obbligo, all’interno di una società che in linea di principio si reggeva su un insieme di doveri, e non su un corpo di diritti. Così, rifiutarsi di frequentare la messa, schivare la confessione, evitare di comunicarsi equivaleva al chiamarsi fuori dalla comunità e privarsi del sostegno del prossimo, in un mondo in cui il singolo, preso per sé, contava poco o nulla. 94 Rembrandt, Sacra Famiglia, particolare, 1645, Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. Maria è colta nell’atto di volgersi, distogliendo gli occhi da un libro di preghiere che appare un po’ consunto e inspessito dall’uso frequente. La lettura di testi sacri era una delle attività dell’intelletto che le donne potevano svolgere tra le mura domestiche, nei momenti di tranquillità. Il sentimento religioso Ateismo e agnosticismo furono, di conseguenza, fenomeni quasi completamente sconosciuti nell’Antico Regime. Poterono permettersi di farsene banditori – e solo nel Settecento, quando il processo di secolarizzazione, La società di Antico Regisi reggeva, dunque, in cioè di laicizzazione della so- me primo luogo sull’interiorizcietà, conobbe grazie al conte- zazione dell’obbedienza al sto illuministico una forte ac- canone religioso e rifiutarsi celerazione – unicamente al- di accettarla equivaleva a sfidare lo stesso ordine cocuni intellettuali sorretti da stituito. fonte22 una solida rete di protezioni ufficiali. Per l’uomo o per la donna comune l’indifferenza in materia di fede – un sentimento che, pure, sotto la crosta del conformismo religioso, pure dovette esistere – non fu, invece, un atteggiamento ostensibile. L’ambiguità del soprannaturale L’ossessione conformistica e l’attitudine all’esercizio di un serrato e quasi fanatico controllo sul comportamento religioso dei singoli fu uno dei tratti caratteristici della Chiesa della controriforma, assai meno incline di quella che l’aveva preceduta all’esercizio della tolleranza e per questo stabilmente in allarme nei confronti di quelle manifestazioni del sacro, per esempio i miracoli, che sfuggivano alla mediazione dell’istituzione ecclesiastica e che per certi versi parevano riproporre la drammatica ambiguità della presenza diffusa sulla terra non solo di Dio, ma anche del suo doppio, il Demonio, anch’egli padrone dell’ambito del soprannaturale. Certo, poteva accadere che coloro ai quali venivano Jean-Baptiste Greuze, Una visita al prete, 1786, Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. Un prete rimprovera una giovane, davanti alla madre e ai fratelli. La ragazza porta una mano al petto in atteggiamento preoccupato e sottomesso, mentre la madre approva le parole del religioso. I fratelli più piccoli, invece, appaiono distratti e annoiati. Si coglie nel dipinto un atteggiamento moralista, ma soprattutto esso ci mostra come il ricorso alle severe parole di un uomo di Chiesa fosse considerato lo strumento più efficace per moderare le irrequietezze giovanili. attribuite dalla popolazione – a torto o a ragione – capacità soprannaturali, fossero, al termine di un lungo e tortuoso processo di verifica e di canonizzazione, dichiarati santi dalla Chiesa. Ma nei confronti di gran parte di essi quest’ultima provvedeva a far sì che venisse steso un velo di silenzio e di oblio, interpretandone le doti eccezionali come fraudolente, Molti di coloro che dichia- sortite allo scoperto di Satana ravano di possedere capanel regno di Dio. cità “miracolose” erano sottoposti al vaglio dell’Inquisi- È all’interno di questa chiave zione e su di essi veniva eser- di lettura che deve essere insecitata la pratica dell’esorcirito quel fenomeno di isteria smo, cioè del tentativo di collettiva che va sotto il nome liberarli dalla possessione di caccia alle streghe. diabolica. fonte23 La sopravvivenza dell’antico Tuttavia, malgrado il suono delle campane della chiesa del villaggio scandisse la percezione del tempo della comunità, così come il calendario ecclesiastico, con le sue numerosissime festività, fissava i ritmi e i modi del lavoro, la “conquista” clericale della spiritualità popolare – specie nel mondo rurale – non poté mai dirsi completa. Nei riti agrari di fertilità, così come nelle processioni per i raccolti che essa inglobò all’interno della propria liturgia, sopravvivevano infatti i riverberi di una più antica tradizione pagana, che la Chiesa tal- Si trattava di una tradizio- ne che attribuiva grande importanza alle forze della natura, alle quali i contadini di tutta Europa continuarono a tributare forme di devozione che contenevano molti elementi di sapore pagano. fonte24 Gian Lorenzo Bernini, Estasi di santa Teresa, 1647-1652, Roma, Santa Maria della Vittoria, Cappella Cornaro. Fondatrice dei carmelitani scalzi, la spagnola Teresa d’Avila morì nel 1582 e fu proclamata santa nel 1622. A pochi anni dalla sua consacrazione il Bernini le dedicò questa imponente scultura nella quale è messa in evidenza l’esperienza mistica della donna: lo sguardo della santa è rivolto all’alto ed ella pare sospesa su una nuvola. L’effetto drammatico della scena è sottolineato dalla luce naturale che proviene da una finestra nascosta. volta chiamò superstizione, ma con la quale in linea di massima preferì convivere, a rischio di esporsi alle critiche di ispirazione razionalistica che nel Settecento le vennero rivolte con crescente intensità. Secolarizzazione e individualismo religioso Anticipata per un verso dalla protesta illuminista, animata da una percezione fondamentalmente materialista e utilitaristica della vita umana, e rafforzata dalle politiche livellatrici promosse dai sovrani illuminati, interessati a disarticolare quella società per ceti di cui il clero costituiva uno dei perni più importanti, la secolarizzazione trovò, a fine Settecento, il suo momento culminante nella rivoluzione francese, che la interpretò, per breve tempo, nei termini estremi della scristianizzazione. Ma quest’ultima fu un’esperienza transitoria. L’avocazione allo Stato di molte delle funzioni che la Chiesa aveva sino ad allora esercitato, inducendo nelle persone un sentimento di appartenenza primaria alla comunità cristiana, più ancora che a quella nazionale, rappresentò, invece, un tratto duraturo del processo di laicizzazione caratteristico dell’età contemporanea. Esso, però, a sua volta, ebbe per La prevalenza di un senso risvolto la spinta alla forte spi- di appartenenza a una picritualizzazione di un sentimen- cola comunità, quella locale incorniciata dall’istituto delto religioso ora consegnato alla la parrocchia, piuttosto che libera discrezionalità dei singo- allo Stato, costituiva un’ulli, e non più imposto dalla teriore, importante variante di questo atteggiamento. struttura autoritaria dell’Anti- storiograf ia 1 co Regime. Dal De Lamiis, XVI sec. L’incisione raffigura una strega nell’atto di compiere un maleficio colpendo un uomo al piede. Gerrit Berckheyde, Il groote Markt di Harleem, 1693, Firenze, Galleria degli Uffizi. La chiesa, a prescindere dalla sua imponenza monumentale, è uno dei fulcri della vita sociale sia nei Paesi cattolici, sia in quelli protestanti. 95 Le fonti Le coordinate ●Il ruolo che le tematiche di ispirazione religiosa interpretano nella storia dell’arte è difficilmente sopravvalutabile. Nel Medioevo sostanzialmente non esisteva pittura che non fosse sacra e gli artisti dipingevano quasi soltanto su riflesso della committenza religiosa, nelle sue varie forme: quella esplicitamente clericale e quella sostenuta da laici i quali, a titolo personale o collettivo (si pensi agli altari e alle cappelle mantenuti nelle chiese da parte delle confraternite, le istituzioni che affiancavano a fini devozionali le corporazioni d’arti e mestieri), decidevano di investire una somma di denaro, destinandola alla realizzazione di una tela, di una pala d’altare, di un affresco. ●Anche nei primi secoli dell’età moderna l’arte di ispirazione religiosa, che tematizzava e figurava passi della Bibbia, del Vangelo, della storia dei santi, rimase predominante. A essa se ne venne accostando una di sapore mitologico e allegorico, così come una ritrattistica a carattere privato. Ma l’una era destinata per lo più ai grandi palazzi, l’altra alla ideale galleria familiare di casate nobiliari o altoborghesi. La gente comune aveva scarse occasioni di ammirarle, mentre, per converso, l’arte sacra era collocata in luoghi – le chiese – intensamente frequentati e accessibili a tutti. ●Per gli illetterati che costituivano la gran parte della popolazione, le immagini di vita religiosa restituite dalle pareti delle chiese fungevano da illustrazione di un racconto, denso di simboli oggi per noi inintellegibili senza un’adeguata preparazione, ma allora assai più facilmente percepibili. Il sentimento religioso fonte21/l’iconograf ia L A RELIGIONE DOMESTICA Murillo e Chardin dipingono la famiglia 1 2 Leggere la fonte 96 Modello in legno per la facciata della chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri, 1593, Pisa. Il modello fu eseguito secondo i disegni di don Giovanni de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I. Le chiese, così come le cappelle, sorgevano per volontà di confraternite, famiglie, personaggi illustri. In questo caso, il committente fu l’ordine cavalleresco dei cavalieri di Santo Stefano, fondato da Cosimo I de’ Medici nel 1557 e assai potente fino alla metà del Settecento. I due dipinti che qui presentiamo (La Sacra Famiglia, 1650, Madrid, Museo del Prado e Benedicite, 1744, Pietroburgo, Museo dell’Ermitage), testimoniano di un’evoluzione rispetto al quadro che abbiamo appena delineato. Sono stati realizzati rispettivamente nel Seicento e nel Settecento, dunque in un’epoca durante la quale un canone secolarizzato aveva ormai affiancato quello religioso nell’ambito dell’espressione artistica. La loro destinazione furono, invece, le mura domestiche dei ricchi committenti che ne avevano predisposto l’esecuzione. Dobbiamo immaginarcele collocate, rispettivamente, in una signorile dimora spagnola secentesca e in un’elegante casa parigina del Settecento. I due autori, Bartolomé Esteban Murillo (Siviglia, 1618-1682) e Jean Baptiste Siméon Chardin (Parigi, 1699-1779), predilessero un’arte intensamente realistica, popolata di personaggi usciti dalla vita di ogni giorno, e di spiccate caratteristiche civilborghesi. Eppure, a ben vedere, anche le icone domestiche e intimistiche uscite dalla tavolozza dei due artisti sono a pieno diritto da considerare come appartenenti al genere della pittura religiosa. La famiglia di Murillo, raffigurata in panni domestico-scherzosi, è in realtà una Sacra Famiglia, mentre il rito della tavola fermato sulla tela da Chardin è un Benedicite, consiste, cioè, nella preghiera domestica di una madre e delle sue due figlie appena prima di prendere il pasto. Le due tele ci raccontano dei modi nei quali il sentimento religioso si insinuò nello spazio della pittura profana; e di come, nell’Antico Regime, la vita secolare continuò a essere, per molti aspetti, vita religiosa. 97 Le fonti Le coordinate ●Il mondo antico, che pure era stato intensamente pervaso, nell’accezione politeista, dall’incombenza della religione, aveva conosciuto e tollerato manifestazioni di ateismo (ossia il rifiuto di credere nell’esistenza di entità trascendenti quella degli esseri umani). Esplicitamente atei erano stati alcuni filosofi greci, come Protagora e Crizia; Epicuro, dal canto suo, aveva affermato che gli uomini dovevano comportarsi presupponendo l’inesistenza degli dèi, pur senza giungere a negarne recisamente l’esistenza. ●Affermatosi in Europa il cristianesimo, per tutto il Medioevo non si erano avuti casi di ateismo dichiarato. Si cominciò, in buona sostanza, a sentirne di nuovo parlare soltanto nel Settecento illuminista, quando filosofi francesi od operanti in Francia come Julien Offroy de La Mettrie (1709-1751), Claude-Adrien Helvétius (1715-1771), Paul Henri Dietrich barone d’Holbach (1723-1789), sulla base di presupposti di carattere materialista o sensista, lanciarono il guanto della sfida alla morale corrente, attirandosi, talvolta, le critiche perfino degli esponenti di punta dello stesso movimento illuminista, come Voltaire, che non ne condivideva l’irreligiosità assoluta. ●La Mettrie, in particolare, il primo ateo dichiarato del Settecento francese, fu costretto nel 1747 a fuggire prima in Olanda poi presso la corte prussiana di Federico II, dopo aver pubblicato, nel 1745, la sua Storia naturale dell’anima, opera per la quale era stato condannato all’arresto dal Parlamento di Parigi postosi al servizio dell’ortodossia religiosa. ●Trent’anni più tardi, tuttavia, il clima si presentava mutato e pensatori come Helvétius e D’Holbach, pur duramente attaccati dalle autorità tanto secolari quanto ecclesiastiche, non corsero gli stessi rischi ai quali La Mettrie era faticosamente riuscito a scampare. 98 Il sentimento religioso fonte22/il documento L A CHIESA DI FRONTE ALL’ATEISMO L’ammonimento dei vescovi di Francia [...] Ma Dio riservava ai suoi ministri nuovi combattimenti. Egli ha permesso che una congiura senza precedenti si levasse ai giorni nostri contro il Signore e contro il suo Cristo. Non è qui la Divinità che si moltiplica e si figura; l’ateismo vuole annientarla [...]; non è il testo né il senso della Rivelazione che si altera; una ragione superba non ammette la Rivelazione; in una parola, non si tratta di sapere se tra tutte le religioni quella di Gesù Cristo, professata nella Chiesa cattolica, sia la vera; l’empietà chiede se ve ne sia una che lo sia, e risponde che non può esservi. Nei secoli passati ci sono stati talvolta degli empi, ma senza partito e senza seguito; ci sono stati dei libri che insegnavano l’empietà, ma oscuri e in piccolissimo numero. Oggi gli increduli formano una setta, divisa, così come doveva essere, negli oggetti della sua credenza, unita nella rivolta contro l’autorità di una Rivelazione. Non ci sono energie che non faccia muovere per affermarsi e perpetuarsi. Le opere che continua a pubblicare da molti anni, scritte in una lingua familiare a tutti i lettori, riprodotte in mille forme diverse, distribuite con una rapidità che supera ogni limite, spargono a larghe onde in questo regno il veleno di cui sono gonfie [...]. La terra, dicono gli incredubili, è stata disgraziata solo per aver voluto occuparsi del cielo. L’uomo, non ha bisogno che di ciò che cade sotto i suoi sensi: considerazioni soprannaturali non servono che a tormentarlo o ad abbatterlo. Ecco tutta l’autorità delle leggi ridotte, con questo metodo, alla potenza dei legislatori. Se costoro non ne hanno alcuna che sia veramente giusta, se esercitano un potere usurpato, le leggi perdono il loro [imperio] o non conservano se non quello della forza e della violenza. Ora, questa è la dottrina insegnata da molti scrittori increduli [...]. Il loro odio per il potere sovrano, esercitato da uomini, non si limita alla monarchia. Se sono sinceri, riconosceranno che il diritto di legiferare, in qualsiasi modo lo si eserciti, ripugna essenzialmente alla eguaglianza che vogliono introdurre tra gli uomini; e senza che essi lo riconoscano, questa eguaglianza lo mette in evidenza. Eguaglianza di natura [...], eguaglianza imprescrittibile che nessun uso, nessuna legge, nessun bisogno ha potuto alterare; cui nessun uomo ha potuto rinunciare; eguaglianza perciò indipendente da ogni potere umano [...]. La religione cristiana ha ben differenti [principi] riguardo alle leggi. Essa riconosce nelle potestà terrene il diritto di stabilirle, non un diritto imperioso di conquista, ma un diritto la cui origine è pura così come l’uso ne è salutare. Essa rispetta, e molto più di una filosofia puramente umana, l’eguaglianza che dei comuni titoli pongono tra gli uomini. Quale prova più autentica di tale eguaglianza che uno stesso Creatore, un’anima della stessa natura, uno stesso tronco, uno stesso Redentore, lo stesso retaggio celeste! Nonostante questa eguaglianza esistono nella società umana dei ranghi e dei gradi conformi ai disegni della Provvidenza, necessari alla conservazione dell’ordine pubblico: la religione li approva e li conserva. Così essa prescrive la sottomissione come assolutamente necessaria [...]. La necessità di cui si tratta non è solo quella di evitare la collera del sovrano; è la necessità di compiere una obbligazione e un dovere di coscienza [...]. Tutto ciò che propongono gli autori increduli, per costituire tra i sovrani e i sudditi un reciproco legame, è di rappresentar loro che vi sono tutti interessati. Ma il modo con cui trattano questo interesse rivela lo spirito sedizioso da cui sono animali [...]. Unitevi in spirito, carissimi fratelli nostri, voi che sapete ciò che può il coro delle voci che gemono presso Dio; unitevi per domandargli la conservazione della fede cristiana in questo Regno; è la fede di Clodoveo, di Carlo Magno, di San Luigi; è quella di tutti i nostri re; è sempre stata quella della nazione. Essa ha abbattuto, in così lunga serie di secoli, le più pericolose eresie. Dio la lascerebbe soccombere agli attacchi della incredulità? in M. Rosa, Politica e religione nel ’700 europeo, Sansoni, Firenze 1974 Leggere la fonte Adolf von Menzel, Tavola rotonda di Federico II il Grande a Sans-Souci, 1850, Berlino, Alte Nationalgalerie. Il sovrano è raffigurato insieme a vari esponenti dell’Illuminismo, tra i quali La Mettrie e Voltaire. Alla metà del Settecento, la corte prussiana era diventata luogo d’accoglienza di filosofi e pensatori che avevano osato esprimere apertamente il proprio ateismo e il dissidio nei confronti della Chiesa. Carlo Maratta, Giuseppe Chiari, Andrea Procaccini e Giuseppe Passeri, Madonna col Bambino e i santi Eusebio e Giovannni Battista, particolare di Sant’Eusebio, 1701-1708, Torino, San Filippo. Gli artisti scelsero di rappresentare il santo, vescovo di Vercelli nel IV secolo, in sontuose vesti settecentesche, come un presule loro contemporaneo. Clodoveo re dei Franchi in una miniatura quattrocentesca. Il sovrano si convertì al cattolicesimo nel 496 dopo il matrimonio con Clotilde, nipote del re di Borgogna e lei stessa professante la stessa fede. La conversione costituì uno stretto vincolo tra i Franchi e la popolazione gallo-romana, già dedita al cattolicesimo, e contribuì a rafforzare il regno. Per tale motivo, la figura di Clodoveo ebbe grande rilievo nella storiografia francese. Le gerarchie ecclesiastiche reagirono spesso con durezza alle elaborazioni illuministe in materia religiosa, le quali, anche nella versione deistica propugnata da Voltaire, minavano comunque alla base la legittimazione delle istituzioni religiose. Contro gli esponenti dell’ateismo la loro presa di posizione fu violentissima. Quelli di cui qui ascoltiamo qualche risonanza sono alcuni passaggi del documento preparatorio redatto dai vescovi nel 1775, in occasione dell’Assemblea generale del clero di Francia tenutasi a Parigi. Esso era esplicitamente indirizzato «ai fedeli di questo regno, a proposito dei benefici che provengono dalla religione e degli effetti perniciosi della incredulità». Si noti, nel testo, la netta distinzione che viene tracciata tra le fedi concorrenti con quella cattolica – certo esecrate, ma comunque riconosciute come appartenenti a pieno titolo all’ambito della religione – e l’ateismo, di cui è avvertita la minaccia ben altrimenti radicale. Le dirigenze del clero francese sanno di trovarsi di fronte a un fenomeno nuovo, frutto di quella che chiamano la “superbia” della ragione. E nella seconda parte del loro “avvertimento” vanno alla ricerca di un’alleanza con il potere secolare, ricordando il ruolo nevralgico che la religione assolve in relazione al mantenimento «deli ranghi […] e gradi conformi ai disegni della provvidenza», che sono il presupposto per la «conservazione dell’ordine pubblico». La sfida razionalista e ateista – sembrano voler dire – non è rivolta solo contro i ministri del culto, ma, più in generale, contro i regnanti tutti, chiamati all’appello evocando uno scenario che parte dal mitico Clodoveo, simbolo della tradizione francese della regalità e della religione. 99 Le fonti Le coordinate ●Nevralgiche in tutta la costruzione dell’immaginario cristiano, le figure dei santi, cioè degli esseri umani ai quali, in virtù dell’eccezionalità religiosa della loro vita, la Chiesa conferiva l’attributo – santo, per l’appunto – usualmente riservato a Dio, erano (e, del resto, sono tuttora) destinatarie di un culto particolarmente intenso e partecipato a livello popolare. ●Ai santi erano intitolati i giorni dell’anno; e ogni corporazione d’arti e mestieri aveva il suo santo protettore, oggetto di una speciale devozione da parte della rispettiva confraternita. Così pure, ogni villaggio se ne sceglieva uno e nel giorno a lui (o a lei) dedicato si celebrava la festa del paese, annuale momento di socializzazione comunitaria. ●Oltre che per la specchiatezza morale della propria esistenza, santi e sante erano famosi soprattutto per i loro miracoli. Si pensi, per non ricordare che un esempio molto noto, alla f igura di san Francesco e alla sua vita “miracolosa”, restituitaci da splendidi cicli di affreschi. Il miracolo, cioè l’accadimento soprannaturale, veniva del resto considerato dalla Chiesa come una diretta manifestazione della volontà divina, una prova tangibile della sua esistenza. Ma si trattava, al tempo stesso, di un fenomeno ambiguo. Si riteneva, infatti, che talvolta attraverso la chiave del soprannaturale, e delle persone attraverso le quali esso, per così dire, transitava, a rendersi visibile fosse in realtà il Demonio. Per questo esse venivano quasi sempre sottoposte a esorcismi. Altre volte, infine, sorgeva il legittimo sospetto che dietro ai miracoli ci fosse una ben costruita simulazione, tesa a sfruttare tanto la fede quanto la credulità popolare. 100 Il sentimento religioso fonte23/il fatto giudiziario SANTI E “SANTOLILLI” Il caso di Francesco Bartolomeo Belli Die 9 mensis decembris 1675 Neapoli, in Tribunali Sancti Offici Curiae Archiepiscopalis, coram admodum Reverendo Domino Horatio Maltacena [...], assistente admodum Reverendo Domino Canonico Don Josepho Rodoerio, advocato fiscali ecc. Vocata et examinata Ursola Ciaccia, neapolitana, [...] Respondit: Il suddetto Francesco mio figlio quando stava nelle fascie non volse mai succhiar latte da me né da altra donna nei giorni di venerdì e benché io li facessi forza con ponerli la zizza in bocca non fu mai <possibile> che volesse pigliarla tan vero che mio marito m’ingiuriava dicendo che questa creatura pateva e le mie zizze si gonfiavano et io ritornava a far le diligenze anco in presenzia sua et <sempre> il figliuolo stava ostinato et non voleva pigliarla, anzi si lagnava et faceva forza scostandosi dalla zizza e così continuò fino a che lo smammai che era di diece mesi [...]. Et molte volte la notte s’alza et credo che facci oratione avanti detto altare e però detto figliuolo mai lo vuol dire dicendo che fa qualche bisogno o beve. Di più molte volte detto figliuolo ha fatti atti come contrastasse col demonio dentro la casa mia et fuora, particolarmente una volta nella chiesa di San Pietro Martire dove si faceva la protesta della morte alla quale detto figliuolo andò a toccare una crocetta che solea portare appesa a lato e li demoni cominciorno a fare gran strepito dicendo: ancora stai nella età dell’innocenza e ci vuoi tormentare però ti castigaremo prima di martedì; conseguente in effetto seguì, atteso in detto giorno di martedì seguente essendosene ritornato detto mio figlio dalla scola fece un gran moto di spavento et restò come morto per lo che io mandai a chiamare molti medici quali me lo disperorno. Et hessendo stato così molte hore, venne un prete a casa mia quale stava a San Nicoliello alla Vicaria il quale è buon servo di Dio et si chiama fra Giovan Battista et in vederlo disse che il demonio lo haveva spaventato et havendoli cominciato a parlare et dimandandoli che cosa havea visto il figliuolo subito rivenette e rispose d’haver veduto un cervo grande a cinque corna che lo haveva spaventato, così da man in mano stiede meglio. [...] Un’altra volta mio marito comprò uno tomolo di farina et havendone cominciato a far pane veniva negro del che me ne lagnai col medesimo mio marito. La seconda volta poi mio marito assectava la detta farina di quella medesima, cioè del medesimo forno, et havendone pigliati diece piatti, mentre stava attendendo s’accorse che detto figliuolo secretamente vi fece sopra il segno della croce et in un medesimo instante dice che vidde crescere detta farina. Et havendo vista detta farina assectata, me ne lamentai dicendo come vole fare tanto pane et detto mio marito per allhora non vuolse dirmi cosa alcuna, se non che havendosi levata la camisa, si pigliò la disciplinella che tiene detto mio figlio con la quale si batte ogni sera et cominciò detto mio marito a piangere e disciplinarsi avanti detto altarino con la faccia per terra. Et la mattina poi io feci il pane et ne feci quattordeci pezzi assai grossi, deinde detti quattordeci pezzi mezzani io li mandai al forno a cocere, ma poi il fornaio mi portò quattordeci pezzi grossi assai de pane bianco come una neve et io havendolo veduto restai attonita et contrastavo con esso che non era il mio. Però detto Francesco mio figlio disse: pigliatello ch’è lo tuo. [...] Un mese fa incirca, essendo smorzata la matina una lampa che tenemo accesa avante detta statua di San Francesco et altri santi nell’altarino di detto figliuolo, il medesimo mi disse che ci havesse posto oglio et l’havesse accesa, del che io mi disturbai dicendoli: m’hai tormentato con questa lampa, et altre parole per le quali il detto figliuolo si fe rosso rosso et voltandosi a detto altarino disse: San Francesco mio, se vuoi la lampa falla allumare tu, perché la mamma mia non la vuole allummare. Et a capo di poco tempo, essendomi voltata facie di detta lampa, <la vidi> piena d’oglio accesa, del che io restai assai meravigliata. Et havendo dimandato tutte le parti della casa se l’havessero allummata et postoci oglio dissero di non et questa lampa così accesa senza ponervi altro oglio durò ventiquatro hore accesa dove prima l’istessa quantità d’oglio soleva durare diece hore. Un’altra volta si comprò in casa nostra un barrile di vino secondo il solito, et dove prima l’altri barrili ci erano durati 25 o 26 giorni, quello ci durò due mesi e diece giorni a causa che, disse mia madre ava di detto figliuolo haver visto far da quello sopra del vino il segno della croce, in <voc>ando il nome del buon Gesù. Et con il segno della croce similmente guarì dal dolore di stom<aco et di> testa una nostra vicina chiamata Ann<a>, et un’altra mia figlia, chiamata <Arcangela>, che stava con pasterna al collo. P. Scaramella, I Santolilli. Culti dell’infanzia e santità infantile a Napoli alla fine del XVII secolo, Edizioni di storia e letteratura, Roma 1997 Leggere la fonte Pieter Paul Rubens, Il miracolo di sant’Ignazio di Loyola, ca. 1617-1618, Vienna, Kunsthistorisches Museum. La miracolosa guarigione degli epilettici viene rappresentata con grande realismo. I gesti sofferenti dei malati, l’uso intenso del colore, il contrasto tra la pelle livida di una malata e il tendaggio rosso alle spalle del santo, la monumentalità della scena sono elementi che contribuiscono a conferire drammaticità del dipinto e, insieme, energia e forza evocativa. Jusepe de Ribera, Matrimonio mistico di santa Caterina, 1648, New York, Metropolitan Museum of Art. L’artista visse a lungo a Napoli dove trasse ispirazione per i suoi quadri più celebri. Nella tela qui sopra, Gesù è ritratto senza la consueta aureola. Tuttavia, benché a un primo sguardo possa apparire come un bambino qualsiasi, è il gesto di venerazione di santa Caterina, china a baciargli la mano, a trasmettere la sacralità del personaggio. Giulio Cesare Penna, Giuseppe Zimbalo e Giuseppe Cino, chiesa di Santa Croce e monastero dei celestini, metà XVII sec., Lecce. Nel Seicento i monasteri erano considerati luogo ideale per l’educazione dei figli, sia per le famiglie più abbienti, sia per quelle di umile condizione che vi affidavano i figli nella prospettiva di un miglioramento sociale. Talvolta, come nel caso del “santolillo della fonte”, le famiglie consegnavano i bambini affinché la loro esistenza fosse occultata. Questa fonte, la deposizione resa dalla madre di un “santolillo” davanti al Tribunale del Sant’Uffizio di Napoli in occasione dell’inchiesta da questo condotta sul caso del piccolo Francesco Bartolomeo Belli, ci conduce nel cuore di un fenomeno ambiguo e affascinante: quello del rapporto tra infanzia e santità. Santolilli erano chiamati a Napoli i bambini ai quali venivano attribuite capacità soprannaturali. Ma nel culto a essi tributato avevano modo di emergere due aspetti entrambi basilari della dottrina cattolica, che non era facile conciliare l’uno con l’altro. Da un lato, infatti – ha scritto Piero Scaramella, l’autore dello studio da cui è tratta questa fonte – «in epoca moderna il bambino è percepito come possibile veicolo della grazia divina», per la sua prossimità alla dimensione dell’innocenza, che richiama le atmosfere dell’infanzia di Cristo; dall’altro la religiosità della Controriforma, densa di aspirazioni disciplinatorie e pedagogiche, stenta ad accettare l’idea che «individui non ancora giunti al pieno della ragione potessero esercitare le (così dette) virtù eroiche, condizione indispensabile per essere annoverati nella ristretta cerchia dei santi venerati dalla Chiesa di Roma». La catena dei “miracoli” – talvolta anche molto semplici e scarsamente mirabolanti, come si deduce leggendo la deposizione – che videro protagonista il fanciullo napoletano, figlio di un pescatore, alimentò nei quartieri popolari della città a fine Seicento un culto spontaneo e incontrollabile, che indusse le autorità ecclesiastiche, propense a interpretare i fatti alla stregua di un caso di possessione diabolica, a correre ai ripari. Sottratto alla famiglia a cinque anni, Francesco Bartolomeo fu consegnato a un monastero. Di lui, da quel momento, si perdono le tracce documentarie. 101 Le fonti Le coordinate ●Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo in Europa non si esaurì nel momento in cui, durante i secoli tra la caduta dell’Impero romano e la costituzione del Sacro Romano Impero, i regnanti della parte occidentale del continente aderirono ufficialmente alla fede cristiana, imponendola al tempo stesso ai loro rispettivi sudditi. ●Soprattutto nelle campagne, infatti, dove il controllo tanto dei poteri temporali quanto di quelli spirituali si rivelava in quei secoli problematico e discontinuo, una porzione consistente della popolazione rimase intimamente fedele alle forme di religiosità tradizionali e continuò a celebrare sacrifici e riti in onore delle vecchie divinità pagane, oppure aderì solo esteriormente ai dettami della nuova religione, riempiendone, per così dire, le forme con contenuti che rappresentavano in realtà la replica di quelli antichi. ●In quest’ultima fattispecie, tale fenomeno continuò a riproporsi per gran parte dell’età moderna e, a partire dal XVI secolo, conobbe un nuovo scenario di irradiazione anche al di là dell’oceano, dove alla conquista militare del Nuovo Mondo e allo smantellamento delle locali religioni precolombiane si accompagnò uno sforzo massiccio di evangelizzazione delle popolazioni indie. Questa dovette tuttavia adattarsi alla constatazione che i vecchi riti erano inestirpabili e che conveniva, pertanto, inglobarli all’interno delle liturgie cattoliche, smussandoli degli aspetti più conflittuali. Ma, mentre i missionari nel Nuovo Mondo cercavano di convertire al cristianesimo le popolazioni locali, nel cuore stesso d’Europa, a distanza di ormai un millennio dall’affermazione di tale religione, “altre Indie”, come le chiamarono predicatori e frati impegnati nel rafforzamento dell’evangelizzazione interna, mostravano buone capacità di sopravvivenza. 102 Il sentimento religioso fonte24/la testimonianza L A SOPRAVVIVENZA DELL’IDOLATRIA L’amara ironia di un curato francese Jay dice che gli abitanti della Sologne sono più superstiziosi che devoti. Chi potrebbe negarlo, vedendoli osservare tanto scrupolosamente moltissime pratiche di culto che sono al tempo stesso deplorevoli e ridicole, e che servono soltanto ad allontanarli da quella che è la vera pietà? Cominciamo col dire che penserebbero di offendere il Signore se setacciassero la farina il giorno di S. Tommaso; una falsa credenza che circola tra di loro sostiene infatti che questo santo apostolo è stato martirizzato con un setaccio. Tanto è vero che ne hanno tratto un proverbio: «Il giorno di S. Tommaso, Dio non vuole che si setacci!». Quando soffrono di qualche malattia, implorano soprattutto S. Sulpicio, che chiamano S. Supplizio, perché lenisca il supplizio che li tormenta. Si rivolgono invece a S. Mauro quando hanno malati che deperiscono a poco a poco o sono in agonia, perché li faccia vivere oppure morire subito. Pregano poi Santa Perpetua perché dia il latte alle puerpere che si sono inaridite e Santa Cornelia se sono macilenti, scuri e deformi, per assonanza del nome con quello della cornacchia, un uccello scarno, magro e tutto nero. Non c’è poi alcuna malattia del loro bestiame, per la quale non facciano pellegrinaggi: invocando volta a volta, S. Giovanni Battista se si tratta di pecore, perché il santo è rappresentato in compagnia di un agnello; S. Paxent, che chiamano S. Pascolo, quando le loro bestie sono inappetenti e non vogliono più brucare; St. Yves, che chiamano St. Yvre, se le loro pecore si comportano in modo balordo; S. Firmino, che chiamano S. Febbrino, se le loro bestie tremano per la febbre. Quando invece si diffonde qualche epidemia tra i bovini, invocano S. Aubin, e fanno fare al bestiame tre volte il giro della chiesa, comin- ciando dalla parte sinistra e pretendendo che il curato lo asperga di acqua benedetta – la qual cosa è stata dichiarata pura superstizione da parte di Monsignor di St. Beuve e di altri dottori. Inoltre fanno voti di continuo, per ogni genere di malattia, sia che colpisca le persone sia che colpisca gli animali. Non basta, a Natale conservano il pane benedetto durante la messa di mezzanotte, per farlo mangiare alle loro vacche, perché credono che sia un antidoto contro le malattie. La domenica innalzano croci di paglia e rami ai quattro angoli di ogni loro appezzamento. Potremo rivolger loro, giustamente, lo stesso rimprovero che l’apostolo Paolo rivolgeva ai Galati: voi adorate i giorni e i mesi, le stagioni e gli anni. E infatti, essi credono che i loro figli morirebbero entro l’anno se li si battezzasse il sabato precedente la Pasqua o la Pentecoste, ed è completamente impossibile strapparli a questa folle credenza. Sostengono anche che le mogli sarebbero infedeli, se i matrimoni avvenissero di mercoledì o di venerdì, giorni in cui, tra l’altro, sarebbe pericoloso che la puerpera si alzasse per la prima volta dopo il parto. E ancora, ritengono una colpa punibile in questa vita bruciare un timone di aratro e si è assistito spesso a poveri malati che se ne fanno mettere uno sotto il cuscino, mentre agonizzano nel loro letto, perché temono di averne fatto legna da ardere per sbaglio. Evitano poi scrupolosamente di fare il bucato se capita che un malato abbia ricevuto l’estrema unzione. Dubitano della salvezza eterna di una persona che muoia rivolta verso quel breve spazio che si trova tra il letto e il muro, pretendendo che il diavolo vi si trovi appostato di sentinella per impadronirsi dell’anima di chi esali l’ultimo respiro in questa posizione. Insomma, sono vittime di ogni sorta di superstizione, tra le quali non va omessa la credenza che le loro campane abbiano la virtù particolare di disperdere gli ammassi di nubi pericolose, e si offendono terribilmente se si cerca di spiegar loro che le nubi si disperdono per cause del tutto naturali, e che le campane non possono far altro che comprimere l’aria con il loro suono. Possiamo perciò ben dire, dopo tutto quello che abbiamo riferito, e senza sbagliarci, che in molte cose essi non sono altro che idolatri battezzato. P. Goubert, D. Roche, L’Ancien Régime. Cultura e società, Jaca Book, Milano 1987 Leggere la fonte Inferno, scuola portoghese, prima metà del XVI secolo, Lisbona, Museo Nazionale dell’Arte Antica. Tra i diavoli, alcuni sono rappresentati come indios del Brasile. Tale rappresentazione è significativa dell’impatto che il contatto con il Nuovo Mondo ebbe su alcune fasce della cultura europea. La diversità religiosa equivaleva infatti al Male. Festa tradizionale dei Misteri a Campobasso, metà XIX secolo L’incisione mostra la sopravvivenza di tradizioni remote e di infiltrazioni pagane: le processioni dei “misteri” di Campobasso (strutture lignee che trasportano bambini e adulti, e sono a loro volta trasportate a braccia da altri uomini), sono assimilabili a manifestazioni simili che si svolgevano in Inghilterra fino al principio dell’età moderna e contro le quali la Chiesa prese posizione nei concili del XVI secolo. Joseph Heintz il Giovane, Festa popolare in piazza San Marco, metà XVIII secolo, Roma, Galleria Doria Pamphilj. Durante il Carnevale, la principale piazza veneziana è luogo di svago per eccellenza: la animano personaggi mascherati, spettacoli di musica e di danza, cantastorie e perfino una caccia al toro. Anche in città, infatti, restano tracce delle ritualità pagane contro cui si scagliava una parte del clero. «Idolatri battezzati» è l’appellativo che l’autore di questa testimonianza, scritta al confine tra il serio e il faceto, riserva a coloro che compongono il suo stesso gregge, i contadini di una secentesca profonda campagna francese. Il curato passa in rassegna, una per una, le forme di superstizione che affollano le giornate e la fantasia dei suoi parrocchiani e li sorprende intenti a celebrare riti e scaramanzie che affiorano da un lontano, ma non ancora sopito, passato pagano, popolate da forze benigne o maligne che si tratta, rispettivamente, di evocare o di scongiurare. L’adorazione dei «giorni e i mesi», delle «stagioni e gli anni»: questo il rimprovero mosso dal prete di Sologne ai frequentatori della sua chiesa, che vede divisi tra la perdurante adesione al pensiero magico proprio del mondo pagano e il vorace abbeveramento alle credenze più ambiguamente scabrose che allignano all’interno della stessa religione cristiana, come quella del Diavolo e nella sua pervasiva presenza sulla terra; magari proprio nell’intercapedine posta tra il letto di un ammalato e il muro che si trova di fronte ai suoi occhi, pronto a impadronirsi dell’anima del moribondo. Per questo prete di campagna, al quale del cristianesimo preme evidentemente di valorizzare soprattutto gli aspetti razionalistici, nei quali riconosce i presupposti di un’autentica adesione cosciente alla fede, il villaggio di cui gli è affidata la cura spirituale resta insomma pervicacemente immobile (così recita il titolo dell’opera in cui per la prima volta è stata riprodotta questa fonte), se non addirittura irrimediabilmente attratto dai fili del passato. 103 La questione storiograf ica Il sentimento religioso Il sentimento religioso tra ideologia e accertamento storiografico La storia religiosa è stata molto influenzata dalle grandi contrapposizioni ideologiche otto-novecentesche. La storiografia di impostazione laico-liberale l’ha considerata essenzialmente nella chiave del prolungato conflitto fra Stato e Chiesa e ha denunciato la tendenza, da parte delle istituzioni ecclesiastiche, per un verso a occupare ambiti che dal tardo Settecento in avanti sono divenuti monopolio statale, per l’altro a soggiogare le coscienze, comprimendo la libertà individuale. La storiografia marxista non è stata certamente più benevola, considerando la religione come «oppio dei popoli». Infine, la storiografia di matrice propriamente confessionale – quella che, fino a tempi recenti, maggiormente si è occupata dell’argomento – ha in genere offerto una lettura apologetica e agiografica della storia ecclesiastica, presentando la Chiesa come una quasi astorica fonte del bene, minacciata dalla irreligiosità dei sovrani, dalle “presunzioni” del razionalismo settecentesco e dal materialismo opposto, ma complementare, del capitalismo e del comunismo. Oggi si può invece dire che, generalmente, l’approccio si è emancipato da orientamenti moralistico-ideologici, per proporre una spiegazione della religiosità di età moderna in tutta la sua complessità, come fenomeno in primo luogo storico. Antropologia e storia religiosa Pierre Goubert e Daniel Roche, nell’opera da cui è tratto questo brano, hanno cercato di offrire, in relazione al caso francese, il ritratto di una civilizzazione costitutivamente diversa da quella contemporanea, perlustrandone senza pregiudizi i fondamenti materiali, mentali, psicologici. In queste pagine dimostrano un approccio sfaccettato al tema, capace di tenere insieme una prospettiva antropologica e una storica, facendole convergere in direzione di una ricostruzione della religiosità di Antico Regime quanto più possibile aderente al profilo della mentalità collettiva dell’epoca. Se si vuol capire in che momento una società intera ha cessato di essere una funzione espressiva, un linguaggio, della religione, è utile chiedersi quando e come si è consolidata questa sua vocazione al religioso. Capire che nella concezione cristiana della vita ogni azione umana è sottoposta a una regola di carattere religioso, significa anche capire in che modo quasi senza avvedercene ne siano usciti. Questo tipo di approccio rifiuta l’anacronismo e rompe probabilmente con due pregiudizi: il primo vuole che gli uomini del XVII e XVIII secolo abbiano avuto un modo di pensare diverso dal nostro, impossibile da capire, e considera come un modo arcaico di ragionare ciò che ha invece una sua precisa motivazione culturale; il secondo pretende che nei tempi passati abbia regnato una mentalità più primitiva della nostra, mentre ciò che cambia è soltanto il contesto sociale e culturale. Se, in altri termini, si crede meno all’astrologia oggi che ai tempi di Newton, ciò non è dovuto a una nostra maggiore disposizione alla razionalità, ma al fatto che scuola e cultura hanno imposto – non sempre con pieno successo – un modo di pensare razionale che prima era appannaggio soltanto di alcuni. Lo storico non deve fare del religioso l’arena di scontro tra razionale e irrazionale, ma deve 104 ammetterne una certa irriducibilità sia all’uno che all’altro, come ha dimostrato Kolakovski (Chrétiens sans Èglise). La religione non è soltanto «l’oppio del popolo», ma una dimensione, un insieme di valori, in cui l’equilibrio dell’uomo nel suo universo e la manifestazione della gloria di Dio non sono ancora, per il momento necessariamente antagonisti. Se i comportamenti religiosi si inscrivono, con la loro specificità, nell’ambito dei comportamenti sociali, si deve anche ammettere che essi possano essere modi di percezione e di appropriazione messi in atto dai diversi soggetti sociali, e che quindi siano comprensibili sia in loro stessi che geneticamente, nel loro intreccio cioè con tutto il resto del sociale. Una storia religiosa in pieno rinnovamento ci permette oggi di sviluppare a fondo questo tipo di riflessione. Essa rompe con una duplice tradizione che ne faceva spesso il prolungamento dell’apologetica e della polemistica: quella di una storia politica e cronachistica e quella di una storia teologica e letteraria. Come storia politica in senso lato, la storia religiosa è restata per lungo tempo una storia di vertici, in cui venivano ostentati le grandi azioni e i grandi uomini della Chiesa, e in cui il conflitto secolare tra Stato e Chiesa veniva rappresentato conformemente a una sensibilità spesso antilaica. Appannaggio di dotti ecclesiastici e di cardinali accademici, essa trovava nello studio della teologia il puntello per una concezione del progresso che conferiva all’ortodossia il posto centrale, sia nelle idee che nei comportamenti pratici: la contrapposizione tradizionale, tra fede riconosciuta e superstizione, era pienamente imperante. Tuttavia, l’enorme contributo degli storici delle idee e dei sentimenti religiosi, da Sainte-Beuve a Bremond non va sottostimato. Sebbene questi storici della spiritualità si interessassero soprattutto ai testi e trascurassero gli archivi, sebbene guardassero innanzitutto alle grandi figure spirituali e tendessero a valorizzare le influenze unificanti, essi ci hanno lasciato qualcosa di più che un tipo di approccio: ci hanno lasciato la percezione di un clima, la cui analisi, tenuto conto delle odierne ambizioni della ricerca storica, permette di impostare meglio il dibattito sul funzionamento passato del linguaggio sociale in materia religiosa e sulle leggi che l’organizzano. Questo dibattito ha un duplice obiettivo: da una parte, metter fine allo scontro religioso-antireligioso che, ai tempi delle necessarie lotte per la laicità, dava per presupposta la possibilità di una distinzione trasparente fra le due sfere; dall’altra, ricollocare il fenomeno religioso nell’ambito del sociale privandolo di ogni posizione privilegiata. Questo significa non solo spogliarlo della presunzione di verità che, nella società antica, gli conferiva il primato del teologico, ma permettere inoltre alla nostra storia di non essere più una storia santa, dato che la nostra società non ha più bisogno di concepire se stessa in conformità al modello religioso. P. Goubert, D. Roche, L’Ancien Régime. Cultura e società, Jaca Book, Milano 1987 Il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche nella vita quotidiana Gabriel Le Bras è stato uno dei più importanti storici del diritto ecclesiastico del dopoguerra. Influenzato dalle suggestioni fortemente “umanizzanti” della scuola storica parigina dell’epoca, ha radicalmente innovato le prospettive di una disciplina limitata a un ambito tecnico-erudito. Nel brano illustra la rilevanza del ruolo svolto dalle istituzioni ecclesiastiche in molti aspetti della vita quotidiana dell’età moderna, evidenziando una parabola di lunga durata, che sembra quasi confondersi con le letargiche inerzie e i prolungati immobilismi consuetudinari propri della psicologia di massa. All’interno della famiglia l’individuo; al di sopra delle nazioni la cristianità, sono sottomessi alla Chiesa. L’esistenza quotidiana di ogni fedele, come i rapporti fra gli imperi, dipendono dal diritto canonico. Poniamoci successivamente alle due estremità della piramide, per osservare la vita di ogni uomo e la vita del mondo cristiano. [...] Ad ogni istante della sua vita l’uomo occidentale subisce (il più delle volte inconsapevolmente) le direttive della legge canonica. Ognuna delle tre parti del campo che abbiamo descritto contiene settori in cui il comportamento personale riceve ordini quotidiani: posizione nella Chiesa, relazioni con gli altri, prescrizioni liturgiche. Qual è, su ogni punto, il grado di ubbidienza? Un’osservazione del pubblico, una semplice introspezione ci procurerebbero piccanti ed istruttive sorprese. Per facilitare questo lavoro (raccomandabile quanto una ricerca di procedura) gettiamo uno sguardo sui modi di vita e sui rapporti sociali. [...] La Chiesa assegna ad ogni fedele un domicilio. Lo fa, in una diocesi, cittadino di una parrocchia, sede dei suoi diritti e dei suoi doveri. Si dovrà prendere in considerazione la parte di questo statuto giuridico nell’esistenza dei cristiani. Nel medioevo, la parrocchia fu, con la famiglia, il “conservatorio” della religione e del costume. La Chiesa locale era, insomma, l’abitazione comune: ha mantenuto questo privilegio nelle regioni fedeli. Non mancheremo di rivolgerci ai sociologi per conoscere le conseguenze storiche del fenomeno sulla solidarietà e sulla stabilità della popolazione. Come lo spazio, il tempo è sottoposto alle prescrizioni del diritto, che impone la lista delle festività, l’ordine della settimana e dei giorni. Adottando questo calendario, la società civile costringe i suoi membri a rispettare un ritmo fissato al momento della sua adesione al cristianesimo, che essa ha mantenuto, dopo sforzi vani per infrangerlo. Una così lunga vittoria dell’ordine canonico, che si ripercuote su ciascuno di noi, ci interessa nella stessa misura dell’esegesi dei testi trionfanti. Sappiamo che tutta la compagine sociale è imposta: lo Stato, la famiglia, la gerarchia; o quanto meno proposta: corporazione, confraternita. Il diritto cnonico tende a stabilizzare il cristiano. Nutrimento, vestiti, svaghi, esso prevede tutte le condizioni nella vita materiale. In quale modo viene obbedito? Il calendario ci interessa maggiormente in quanto prescrive un regime alimentare. Nel capitolo del digiuno, il nostro compito è spiegare l’interdetto e le sanzioni, ma ci piacerà immaginarci i digiunatori, la loro propozione, la loro tavola ed il loro spirito. Ascetismo o abitudine? Persino nell’abbigliamento, ritroveremo i rigori del diritto. Quanti testi prendono di mira la tenuta dei chierici! Monaci, religiose, beghine, portano l’abito della loro professione. Gli stessi laici sono soggetti alle regole della «modestia», insegnate dal Decreto, ed oggi ribadite dai vescovi. «Né trucco, né amuleti!», con questa invettiva agostiniana Graziano concludeva la sua opera. «Né scollature, né maniche corte», leggiamo nelle ordinanze episcopali del ventesimo secolo. Il canonista dotato di normale percezione non disdegnerà di osservare le reazioni delle praticanti. Osservando lo spettacolo domenicale, si chiederà quale parte abbia avuto il canone Ut dominicis diebus nella sospensione della vita corrente a favore delle chiese, degli stadi e dei ritrovi. Non è davvero umiliare una disciplina il constatare che essa interessa oltre qualche decina di specialisti, tutti gli europei. Quanti usi si sono formati per ubbidienza alle leggi canoniche, che dettano atteggiamenti nei riguardi della vita e della morte. Il diritto canonico presiede i quattro grandi avvenimenti: nascita, prima comunione, matrimonio ed ultimo trapasso.Tutto lo svolgimento di ciascuna di queste solenni circostanze è previsto dai concili e dai sinodi: protagonisti e testimoni, ordine delle cerimonie, comportamenti. Intorno all’avvenimento, le tradizioni popolari hanno dato origine ad una rete di abitudini ed anche di superstizioni a cui il diritto canonico, pur non incoraggiandole, ha fornito il pretesto: dovranno essere sorvegliati i suoi rapporti con il folklore. [...] Il diritto canonico è stato sempre considerato una disciplina così rude da tutti coloro che ne fanno oggetto di studio come da coloro che esso governa, che ci augureremmo che venissero messi sulla bilancia i suoi rigori e i suoi benefici. Non per pronunciare una sentenza, ma perché si possano intravedere le pene e le gioie, di cui gli è stato debitore il mondo cristiano. G. Le Bras, La Chiesa del diritto. Introduzione allo studio delle istituzioni ecclesiastiche, il Mulino, Bologna 1976 105 Le conclusioni Laboratorio di scrittura CONCLUSIONI E NUOVE PROSPETTIVE L a storia del sentimento religioso è, a ben vedere, storia della società di Antico Regime tutta intera. O, meglio, essa costituisce uno dei possibili angoli visuali – e forse il più importante – a partire dai quali delineare una storia “globale” di tale società, capace di rendere conto tanto del ritmo quotidiano dell’esistenza quanto delle cesure epocali. Della prolungata centralità della dimensione religiosa nel legittimare gli assetti di potere della società ci hanno parlato in termini eloquenti i vescovi francesi alle prese con l’inedita sfida dell’ateismo e, dietro a esso, del razionalismo che è alla base della civiltà contemporanea. Mentre della presenza totalizzante della religione nella vita di ogni giorno e nella dimensione domestica ci hanno offerto una suggestiva dimostrazione i dipinti di Murillo e di Chardin. I brani storiografici, a loro volta, ci hanno guidato nella perlustrazione delle valenze giuridiche e istituzionali della liturgia, mostrandoci quali e quante funzioni oggi assolte dal potere secolare siano state un tempo esercitate da quello ecclesiastico. Il sentimento religioso, che tuttavia la Chiesa si sforzava con ogni mezzo di instillare e canalizzare entro i binari dell’ortodossia, rivelava però una forte ambiguità di fondo. Da un lato, infatti, al suo interno – come lamentava un parroco francese di campagna – continuava ad allignare una percezione del sacro tributaria del paganesimo, un naturalismo religioso non completamente assoggettabile ai canoni del monoteismo. Dall’altro – e ce ne siamo accorti leggendo la deposizione in tribunale della madre del “santolillo” napoletano – in esso trovava accoglimento una devozione popolare che, con la sua comprensibile aspettativa nell’evento miracoloso, visto come viatico per l’alleviamento delle molte e quotidiane sofferenze terrene, pareva alle gerarchie ecclesiastiche pericolosamente incline a spingere i fedeli nelle braccia dell’Anticristo, quel Demonio che tormentava i sonni di inquisitori ed esorcisti. Di conseguenza, non si può dire che il processo di conquista della spiritualità popolare si sia effettivamente completato, malgrado la centralità della presenza e degli interventi ecclesiastici nella vita quotidiana di quei secoli. Vista la pervasivisità del sacro nella mentalità collettiva dell’Antico Regime europeo, è francamente difficile sopravvalutare l’importanza che la secolarizzazione ha rivestito nel processo di formazione della società contemporanea, contraddistinta da un orientamento esistenziale soprattutto di timbro mondano che è per molti versi antitetico rispetto a quello prevalente nell’Antico Regime. Bibliograf ia e non solo da leggere G. Le Bras, La Chiesa del diritto. Introduzione allo studio delle istituzioni ecclesiastiche, il Mulino, Bologna 1976 Storia d’Italia Einaudi. Annali, vol. IX, La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini e G. Miccoli, Einaudi, Torino 1986 M. Rosa (a cura di), Clero e società nell’Italia moderna, Laterza, Roma-Bari 1992 A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi, Torino 1996 ● Pietro Maurizio Bolckman, L’ostensione della Sindone in Piazza Castello a Torino, 1686, Racconigi (Cn), Castello. Il dipinto descrive in modo accurato e realistico uno spaccato di vita cittadina di fine Seicento. L’enorme interesse suscitato dall’ostensione del Sacro Lino, in cui la tradizione identifica il sudario di Cristo, conduce in piazza un numero immenso di persone. Ve ne sono ovunque, gremiscono spazi pubblici e privati, affollano i balconi e giungono ad arrampicarsi sui tetti. 106 da vedere I diavoli, G. B. 1971, di Ken Russell Mission, G. B. 1986, di Roland Joffé ● da visitare L’architettura religiosa d’Europa in tutte le sue espressioni ● Il sentimento religioso Il tema storico 1.Nell’Europa d’Antico Regime la religione svolge un ruolo importante nell’orientare i processi di socializzazione e di interazione sociale nelle loro varie forme, culturali e politiche. Mostra la centralità di questo sentimento nei Paesi cattolici, richiamandoti a fonti pertinenti e a riflessioni storiografiche opportune. Guida allo svolgimento ● Lettura e analisi della traccia La traccia è costituita dall’esposizione di una tesi di cui si chiede l’illustrazione attraverso prove documentarie, le fonti e i brani storiografici. La tesi consiste nel sostenere l’importanza della religione nelle relazioni sociali, nei loro molteplici aspetti, e quindi nella formazione dei processi di identità. Il problema viene circoscritto ai Paesi cattolici, ma è implicito che si possa fare cenno anche a Stati nei quali siano presenti altre confessioni religiose, benché tale limitazione possa essere assunta come criterio per selezionare le fonti. ● Selezione delle informazioni e delle idee Al fine di impostare l’analisi della religione sotto l’aspetto politico risultano utili i paragrafi Fede e potere, nel quale si mette a fuoco il concetto di legittimazione del potere dei sovrani come investitura divina, e Il controllo religioso sul comportamento, in cui si illustra l’obbligo del rispetto delle norme rituali religiose imposto dall’autorità ecclesiastica. I paragrafi Autorità civile e autorità ecclesiastica, Il ruolo della Chiesa nelle comunità locali e Religione scritta e religione delle immagini sono particolarmente utili per l’impostazione dell’aspetto culturale della presenza della religione nella vita quotidiana. Tra le fonti è opportuno fare riferimento alla fonte 21 La religione domestica. Murillo e Chardin dipingono la famiglia, utile per provare la persistenza di una mentalità religiosa anche di fronte al mutamento dei soggetti della pittura, da sacri a profani. Sono poi fondamentali entrambi i brani storiografici: quello di Pierre Goubert e Daniel Roche che, in chiave antropologico-culturale, ricostruisce la mentalità religiosa dell’Antico Regime, e quello di Gabriel Le Bras il quale analizza il tema religioso sotto l’aspetto giuridico-istituzionale. ● Proposta di scaletta 1. Introduzione. Nella mentalità collettiva dell’Antico Regime, così come negli assetti politico-istituzionali, la religione svolge un ruolo di primaria importanza, tale da non apparire un fenomeno storico tra gli altri, ma piuttosto una prospettiva da cui guardare all’insieme di quella società. 2. La religione nella vita politica: – l’individuo sentiva di appartenere più a una comunità ecclesiastica che a una comunità nazionale; – la stessa legittimazione del potere politico traeva il suo fondamento dalla religione, in quanto i re erano tali per investitura divina; – l’autorità religiosa aveva anche la funzione di sanzionare i comportamenti errati o pericolosi, così da far quasi coincidere il concetto di reato con quello di peccato; – il controllo sul comportamento era in buona parte compito dell’autorità ecclesiastica che si assicurava l’osservanza dei doveri cristiani da parte di tutti i membri della comunità pena l’esclusione del singolo da parte del gruppo; – ne consegue che anche se autorità politica e autorità ecclesiastica potevano avere motivi di dissenso nell’esercizio del potere, si trovavano in sintonia nell’opera di integrazione sociale del singolo rendendo socialmente intollerabili comportamenti estranei alle norme stabilite. 3. La religione nella vita culturale: – la vita quotidiana era scandita, nei tempi e nei modi, dall’autorità ecclesiastica, attraverso il ruolo del parroco che era la figura istituzionale di riferimento; – il rito sottolineava in modo esclusivo tutti i momenti di passaggio della vita: nascita, battesimo, fidanzamento, matrimonio e morte avevano ciascuno cerimonie e rituali che coinvolgevano l’intera comunità; – i temi che alimentavano il mondo dell’immaginario collettivo nel mondo contadino erano anch’essi di ispirazione religiosa, sia che fossero trasmessi attraverso una cultura scritta, peraltro rarissima nelle campagne, sia che fossero veicolati attraverso immagini, senz’altro più diffusamente presenti; – la persistenza di una mentalità religiosa si coglie tuttavia non solo tra i contadini, ma anche nel mondo aristocratico e borghese dei secoli XVII e XVIII, come appare evidente nei quadri di Murillo e Chardin che benché profani quanto al soggetto, mostrano nella composizione alcuni elementi che possono esseri intesi alla luce di un sentimento religioso allora dominante. 4. La storiografia contemporanea ci offre una chiave di lettura idonea a penetrare il significato storico dell’esperienza religiosa nell’epoca dell’Antico Regime, al di fuori di ogni anacronistica contrapposizione tra religioso-antireligioso o di un altrettanto obsoleto primato del religioso nei confronti di altre forme di esperienza. Una prospettiva dalla quale è stato affrontato dagli storici contemporanei il problema del sentimento religioso è stata quella suggerita dal diritto canonico in base al quale si può analizzare: – il comportamento individuale; – i rapporti sociali nella comunità; – i rapporti tra le Nazioni. Conclusione. Il diritto canonico, le arti figurative, le ricerche storiografiche contemporanee ci offrono un importante materiale di analisi e riflessione per ricostruire il tema religioso tra i secoli XVII e XVIII, sottolineando le permanenze e mostrando i molteplici nessi che collegano il quotidiano con le norme e le strutture delle istituzioni. 2.Nell’Illuminismo fa la sua comparsa, in campo culturale, il tema dell’ateismo. Analizzane i caratteri fondamentali, illustrando la posizione dell’autorità ecclesiastica a questo proposito e mettendo in luce il complesso delle argomentazioni messe in campo dalla Chiesa al fine di combatterlo. Il saggio breve Argomento1. Il soprannaturale nel sentimento religioso dell’Antico Regime. Documenti ● Santi e santolilli. Il caso di Francesco Bartolomeo Belli (doc. 1, fonte 23, p. 100) ● La sopravvivenza dell’idolatria. L’amara ironia di un curato francese (doc. 2, fonte 24, p. 102). 107 Laboratorio di scrittura Guida allo svolgimento ● Consegna e indicazioni per la stesura Per sviluppare l’argomento interpreta e confronta i documenti; svolgi quindi su questa base la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Puoi ipotizzare, supponendo come destinazione del saggio una rivista storica a carattere divulgativo, un titolo che unifichi i due aspetti presenti nei documenti proposti: Il soprannaturale tra ambiguità e sopravvivenza dell’antico. ● Lettura e analisi dei documenti La fonte Santi e santolilli è la deposizione resa dalla madre di un “santolillo” davanti al tribunale del Sant’Uffizio di Napoli in occasione dell’inchiesta condotta sul caso del piccolo Francesco Bartolomeo Belli. La madre racconta una serie di episodi relativi alla vita del figlio con l’intento preciso di difendere la santità, attestata da poteri “miracolosi” quali il fare durare più a lungo del solito l’olio di una lampada o un barile di vino, miracoli che rispondevano ai bisogni più semplici della vita quotidiana di una famiglia di peccatori. Il documento La sopravvivenza dell’idolatria è la testimonianza resa, nel Seicento, da un curato francese che definisce «idolatri battezzati» i contadini della sua parrocchia; tale appellativo è giustificato dalle superstizioni che affondano le loro radici nel lontano passato pagano attestando le tenaci resistenze dell’antica cultura che hanno impedito alla spiritualità cristiana di affermarsi pienamente, ancora dopo secoli. ● Proposta Argomento2. Il sentimento religioso attraver- so le immagini. Documenti ● L’arrivo Conclusione. Sostenere la pervasità del soprannaturale nei comportamenti religiosi dell’Antico Regime non è sufficiente per ricostruire il profilo religioso di quella società. Ciò che serve è sottolineare le ambiguità, le differenze di livello di questo tipo di percezione che esprimono modalità culturali diverse a seconda dei contesti sociali, a seconda dei filtri mentali che dipendono dalla cultura, dallo strato sociale, dalla sedimentazione culturale nel tempo. del cardinale Spinola a Bologna (doc. 1, vedi sotto) ● Carlo Saraceni, Il miracolo di san Benno (doc. 2, vedi sotto) ● Francisco De Zurbaran, La Vergine bambina in preghiera (doc. 3, vedi sotto) doc. 1 di scaletta 1. Introduzione: i documenti proposti possono essere letti come fonti storiche sotto un duplice aspetto: dalla parte del mondo popolare e contadino e dalla parte dell’autorità ecclesiastica. 2. Il primo documento: – sotto l’aspetto della mentalità contadina, è una testimonianza del bisogno del miracolo, dell’evento straordinario che rende possibile ciò che non si osa sperare quale evento normale inserito nella uniforme catena dei fatti quotidiani; – dalla parte della Chiesa che si avvale dell’intervento del Sant’Uffizio è una prova della diffidenza dell’autorità ecclesiastica nei confronti della santità attribuita ai bambini i quali, per la loro età, non possono avere seguito il magistero della Chiesa, ma al contrario potrebbero essere vittime del demonio. 3. Il secondo documento rivela: – la persistenza di credenze pagane, sotto la patina di un rituale cristiano acquisito solo in superficie; – l’alto grado di cultura e di consapevolezza del parroco, il quale critica fortemente l’evocazione di forze della natura benigne, nonché gli scongiuri nei confronti di forze considerate fonte di mali e di pericoli; – l’esistenza di livelli culturali diversi nell’esperienza religiosa, più arcaica e contaminata tra vecchio e nuovo nelle campagne, più innovativa e spiritualizzata tra i sacerdoti colti. 108 Il saggio breve doc. 2 doc. 3