3 PROPRIETÀ INTENSIONALI DELL`ATTO COGNITIVO.

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3
PROPRIETÀ INTENSIONALI DELL'ATTO COGNITIVO.
3.3
LE NEUROSCIENZE E LA NOZIONE CLASSICA DI ANIMA.
Il governo degli Stati Uniti ha omaggiato al cervello l'ultima decade del
Novecento, facendo parlare, appunto, di “the decade of the brain”. A tal proposito,
volendo rimanere al passo con i tempi, l'Unione Europea decise di chiamare la
prima decade del nuovo millennio “la decada della mente”. La scelta fatta
dall'Unione Europea fu considerata da molti neuroscienziati un’impresa alquanto
inutile, dato che, per loro, non esiste una mente al di là del cervello. Il dibattito non
si fermò lì; vediamo quindi i suoi sviluppi.
La classica distinzione fra «cervello» e «mente» percorre buona parte della
filosofia occidentale, da Platone ad Aristotele fino ai nostri giorni, passando per
Descartes, Leibniz e Kant1. Secondo molti neuroscienziati, l’idea di una mente
distinta dal cervello è semplicemente il risultato scaturito dalla grande complessità
del sistema celebrale (come quello degli esseri umani). «La mente, la
consapevolezza, la soggettività, sono prodotti irrilevanti dal fatto di avere grandi
cervelli. Esiste una lunga e radicale tradizione a favore di questa posizione» 2.
Questa tradizione comprende pensatori illustri come Charles Darwin,
Thomas Huxley (che una volta disse che la mente sta al cervello come il fischio sta
al treno di vapore) e Stephen J. Gould che ha coniato il termine “spandrel” in
riferimento alla nozione di mente: una struttura inevitabile di un processo, ma non
necessaria per l’insieme (come componenti decorative che non servono per
nessuna funzionalità portante). Ancora più radicali sono Patricia e Paul Churchland
che da sempre hanno sostenuto la posizione più riduzionista che considera la
mente come un’illusione. «Se noi crediamo che abbiamo alcun tipo di libero
arbitrio, o una scelta cosciente sulle nostre azioni indipendentemente dei processi
del cervello, allora siamo sbagliati»3.
La tendenza di ridurre la mente ad un epifenomeno del cervello è – da parte
dei neuroscienziati – comprensibile dal momento che si prende atto dello scopo
delle ricerche neuroscientifiche. Orbene, molti neuroscienziati vorrebbero
produrre una “mappa” completa del cervello, fino ai minimi dettagli, dimostrando
che i fenomeno psichici più complessi quali l'autocoscienza, la consapevolezza, il
senso della spiritualità, ecc., possono essere spiegati in termini, per l'appunto,
1 Per approfondimenti sullo sviluppo del concetto preso in esame cfr. Gianfranco BASTI, “Dal
mente-corpo al persona-corpo: il paradigma intensionale nelle scienze cognitive”, in 2012.
2 Steven ROSE, The Future of the Brain. The Promise and Perils of Tomorrow’s Neuroscience, Oxford
University Press, Oxford 2005, p. 138.
3 Ibidem. Per quanto riguarda Churchland, cfr. il volume (ancora non superato), Patricia Smith
CHURCHLAND, Neurophilosophy. Toward a Unified Science of the Mind/Brain, MIT Press (A
Bradford Book), 19903.
1
neuroscientifici.
Alcuni tra gli scienziati più attenti ai risultati prodotti dalle neuroscienza, ce
ne sono alcuni che propongono una metodologia di analisi definita “ingegneria al
rovescio” (reverse engineering) per capire fino in fondo le relazioni caratterizzanti
il modus operandi dell'intero sistema celebrale. La proposta più seria in questo
campo viene offerta da Ray Kurzweil, nel suo libro molto popolare, La singolarità è
vicina4, dove sviluppa l’argomento nel capitolo quattro, “Achieving the Software of
Human Intelligence. How to Reverse Engineer the Human Brain” (pp. 143-204). Il
livello di competenza scientifica/cibernetica di Kurzweil è impressionante. Noto
pioniere nella programmazione di software, dell'interfaccia tra musica e supporto
digitale (“midi”), del software per riconoscere i caratteri (object character
recognition) e per i gadgets per aiutare i cechi, Kurzweil vanta una carriere
esemplare nel mondo cibernetico. Kurzweil, inoltre, è conosciuto per il successo
che ha nel predire le prossime tendenze informatiche. A tal proposito, Kurzweil,
sostiene che verso l'anno 2040 diventerà una realtà concreta la fusione tra
intelligenza biologica (tipicamente quella trovata nel essere umano) e intelligenza
artificiale (quella appunto della macchina digitale). A quel punto, la coscienza
umana (memoria, personalità, autodeterminazione) potrà essere trasferita dal
soggetto umano a qualche supporto digitale, simile a quanto rappresentato nel film
popolare di Arnold Schwarzenegger, Il sesto giorno (2000) dove il direttore delle
“Replacement Technologies” riesce a clonare gli esseri umani utilizzando il loro
“sim cord” (ossia l’informazione personale estratta dal cervello e conservata su
formato digitale). Tale fusione viene denominata “la singolarità”: il punto critico in
cui gli esseri umani potranno dirsi – secondo Kurzweil – essere liberi dal loro
sostrato biologico. Ciononostante, le previsioni di Kurzweil sono state oggetto di
critica da molti personaggi di rilievo della comunità scientifica del nostro secolo.
Uno dei presupposti principali di Kurzweil circa l’ingegneria al rovescio è quella
di considerare l’organizzazione materiale del cervello come responsabile di tutti i
fenomeni associati alla coscienza umana. Per siffatto motivo, secondo Kurzweil, la
riproduzione della base materiale del cervello potrà spiegare senza margine di errore
l’esperienza cosciente dell'umano.
Sebastian Seung, che è un convinto sostenitore della teoria (o meglio dire
previsione) Kurzweiliana, riporta nel suo recente libro dal titolo “Connectome. How the
Brain’s Wiring Makes Us Who We are” 5(Connectome. Come il cablaggio del cervello
costituisce a noi come noi siamo) alcune tesi a favore del “reverse engineering”.
Seung è uno neuroscienziato computazionale presso la Massachusetts Institute of
Technology che sviluppa le sue teorie con grande serietà. Partendo dall’anatomia
del cervello, ha riscontrato che la base biologica è soltanto una componente
dell’organizzazione del cervello: bisogna aggiungere il “cablaggio” degli stimoli
elettromagnetici per costituire una simulazione dell'intero processo del sistema
4 Raymund Kurzweil, The Singularity is Near. When Human Transcend Biology, Penguin Books,
New York 2005; tr. it.: La singolarità è vicina, Apogeo, 2008.
5 Sebastian Seung, How the Brain’s Wiring Makes Us Who We are, Houghton Mifflin, 2012.
2
celebrale. Siccome nel cervello umano esistono approssimativamente cento
miliardi di neuroni, con connessioni e sinapsi tutte interdipendenti, l’impresa di
una ricostruzione sembra alquanto difficile se non impossibile. Ma per Seung, così
come per altri neuroscienziati, tale simulazione è raggiungibile grazie all'aiuto
offerto dall’informatica. Ciò che prima sembrava impossibile, ora si trova alla
nostra portata. Gli scienziati sono riusciti a mappare il cervello degli ascaridi C.
elegans con 302 neuroni riproducendo con esattezza le sue funzioni. Anche se le
proprietà celebrali tra l’ascaride e il cervello umano differisco per numero e
qualità, ciò non nega la possibilità di una siffatta simulazione.
La convinzione di Seung e degli altri scienziati che come lui sostengono
questa teoria, viene spesso denominata “funzionalismo”; ossia la convinzione che
il fatto di essere coscienti non è altro che una funzione delle operazioni sviluppate
dal cervello umano. Tale funzione potrebbe essere realizzata anche da qualche
altro supporto materiale, come per esempio il silicio nei computers. Per illustrare
la tesi, John Searle propone un caso ipotetico in cui una parte del cervello viene
sostituita da una componente cibernetica: una piccola parte, dove la funzione dei
neuroni danneggiati viene esercitata dal supporto informatico (come nel caso
abbastanza diffuso degli impianti cocleari, che sostituiscono la coclea patologica e
inviano suoni direttamente al nervo acustico. Una vera e autentica neuro-protesi).
Poi, piano a piano, sono tutte le parti del cervello ad essere sostituite dalle
componenti cibernetiche. Anche se oggi, per noi, una simile sostituzione non è
realizzabile tecnicamente, in teoria dovremmo poter dire che il “cervello
cibernetico” può essere cosciente, in modo uguale al precedente – e non più
esistente – cervello biologico.
Riprendendo l’argomento in un saggio scritto come critica della teoria di
Kurzweil, Searle approfondisce ancora il significato di questo esempio.
All'asserzione di Kurzweil che vuole affermare che qualsiasi computer
sufficientemente complesso, potente e veloce, da riprodurre comportamenti
analoghi a quelli umani può essere considerato “cosciente”, Searle avanza una netta
critica a riguardo, scrivendo che: «attuali cervelli umani causano consapevolezza
attraverso una serie di processi specifici neurobiologici nel cervello. Ciò che fa il
computer è una simulazione di questi processi, un modello simbolico dei processi.
Ma la simulazione del computer dei processi del cervello che producono la
consapevolezza sta alla consapevolezza reale come la simulazione del computer dei
processi dello stomaco che producono la digestione sta alla digestione reale» 6. Da
come si può ben intuire, il punto cardine dell'obiezione di Searle è la nozione di
causa.
Searle ha sempre difeso la posizione secondo la quale il fatto di essere
coscienti viene causato da processi biologici del cervello umano, ed è questo il
rapporto causale che il sistema cibernetico dovrebbe duplicare (e non soltanto
6 John SEARLE, “I Married a Computer”, in Jay Richards (ed.), Are We Spiritual Machines? Ray
Kurzweil vs. the Critics of Strong A.I, Discovery Institute, Seattle, WA, 2002, p. 66.
3
simulare) se lo scopo è quello di rendere una macchina “cosciente”. Infatti, «Io
credo che non ci sia un’obiezione di principio alla costruzione di un sistema
hardware artificiale che possa duplicare il potere del cervello e causare la
consapevolezza utilizzando qualche base chimica diversa dei neuroni. Ma per
produrre consapevolezza, qualsiasi sistema simile dovrebbe necessariamente
duplicare il potere attuale causale del cervello» 7. Searle dimostra che veramente il
problema di “consciousness” (ciò che significa essere coscienti) non è tanto un
problema per la neuroscienza, ma un problema prettamente filosofico. È il
problema intorno a ciò che costituisce la causalità dell'essere coscienti. Alla fine,
possiamo dire che Searle è un riduzionista, giacché ha affermato molte volte che
oltre il sostrato biologico del cervello (estremamente complesso), non c’è niente:
né anima, né forma come principio d’essere, né altri dualismi famosi della filosofia
occidentale. Non c’è il “fantasma nella macchina” (ghost in the machine) se
vogliamo dirlo utilizzando le celebri parole di Arthur Koestler.
Ciò che manca alla proposta di Searle (d’altra parte lodevole per le sue
critiche a Kurzweil) è un concetto più robusto di causalità: ciò che produce il fatto
di essere coscienti negli esseri umani non le reti neuronali, ma un principio
superiore che organizza tutti i processi chimico-biologici che producono la
consapevolezza. La nozione classica, nonché aristotelica, di “forma” può essere
utilizzata per spiegare fino in fondo la causalità, perché è la forma, come principio
non materiale, ad esercitare la causalità dei processi neurobiologici. La forma è il
principio vitale del corpo, non come dualismo, ma come dualità (una sostanza, due
principi). Come si sa, il cervello non è l’organo dell’anima. Nei casi della sensibilità,
sempre da un punto di vista aristotelico-tomista, ogni senso esterno ha una facoltà
e un organo. Ad esempio, l’occhio è l’organo della vista (facoltà), l’orecchio è
l’organo del udito, e così via. Ma Tommaso ha fortemente insistito che l’anima
(come forma del corpo) non ha un suo organo. L’anima “contiene” tutto il corpo (e
non è contenuta da esso, come nella prospettiva platonica). Quindi, il cervello
stesso è ilemorfico, il commisto cioè di materia e forma. È per questo che quando si
parla di causalità, la causa materiale (il sostrato biologico del cervello) viene vista
in correlazione alla causa formale.
Un’altra difficoltà (essenzialmente insuperabile) nella “costruzione” di un
cervello cibernetico è quella circa la dinamicità del cervello umano. Steven Rose
scrive che «uguale a tutti i livelli della gerarchia nidificati del cervello, il dinamismo
lo è tutto. Il cervello, come tutte le caratteristiche dei sistemi viventi è tanto
qualche cosa che è come qualche cosa che diviene [Io scriverei: è un costante
divenire], la sua apparente stabilità è una stabilità di processo, e non di architettura
[come struttura]. Il cervello di oggi non è quello di ieri, e non sarà quello di
domani»8.
Il tentativo di ricostruire il sostrato biologico del cervello umano affronta
7 Ivi, 67.
8 Steven ROSE, cit., 147.
4
un'ulteriore sfida: come catturare questo “dinamismo costante” fisico del cervello, e
riprodurlo in formato digitale? Steven Rose sostiene che non è possibile: «[…]
l’esperienza mentale e quella di coscienza non sono riducibili alla biochimica, né
sono pieghevoli a sinapsi individuali o neuroni individuali» 9. In un senso
drammatico, il cervello è in una continua ri-creazione.
Nell'anno 2009, alcuni neuroscienziati americani hanno scoperto come il
cervello di una ragazza di 10 anni si è auto-ristrutturato per compensare l’assenza
della metà destra, che non ha mai avuto. La ragazza non avendo l’emisfero destro
del cervello, non avrebbe dovuto ricevere le informazioni dell'occhio sinistro. Ma le
scansioni del cervello realizzate dall'equipe che ha studiato il caso clinico, spiegano
perché questo non avviene nella ragazza. I nervi retinali che normalmente
dovrebbero connettersi alla metà destra del suo cervello, si sono auto-installati in
due parti della metà sinistra: il talamo e la corteccia visuale 10. Ciò che non riescono
a spiegare è il perché: affermano che il cervello si è auto-cablato in questo modo
per consentire la funzionalità prevista (in questo caso concreto, la funzione della
visione stereottica), ma non riescono a darne una spiegazione causale. Dal punto di
vista della teoria aristotelica dell'ilemorfismo, la spiegazione (filosofica) risulta più
comprensibile: è infatti la forma che organizza il cervello, anche se questo è – come
nel caso in questione – incompleto.
Nel 2010, un’altra ragazza di 10 anni finì sui giornali. Questa volta, il motivo
era un intervento chirurgico in cui i medici della Johns Hopkins University hanno
dovuto asportare la metà del cervello della piccola paziente, Cameron, dovuto alla
rara malattia della sindrome Rasmussen, la stessa che causa il deterioramento
completo di un lato del cervello. Stranamente la ragazza adesso gode di una salute
quasi perfetta; «Cameron adesso conduce una vita normale, è tornata a scuola, ed
aspira ad essere una ballerina quando cresce» 11. Certamente c’è una differenza fra
il cervello di una ragazza di dieci anni e quello di un adulto già pienamente
formato. Ma allo stesso tempo, l’esempio di Louis Pasteur è decisamente
convincente: sappiamo che all'età di 46 anni ebbe un’emorragia cerebrale molto
seria, ma ciò non gli impedì di continuare le sua ricerche scientifiche per ventisette
e più anni. La sua autopsia rivelò che il suo emisfero destro si era atrofizzato.
Comunque, rimane il fatto che il cervello è capace di adattarsi (epigenetica) in
modo straordinario anche quando la metà della” materia grigia” è inesistente,
inutilizzabile o danneggiata.
Nella presenza di questi esempi, alquanto impressionanti, è difficile
concludere che tutta la causalità della consapevolezza umana si possa ridurre al
9 Ibidem. Oltre a ciò, bisogna ricordare che non esistono due cervelli esattamente uguali, come non
esistono due persone esattamente uguali. Possiamo rilevare somiglianze e componenti simili,
ma le differenze sussisteranno sempre e comunque.
10 Proceedings of the National Academy of Sciences, 20 luglio 2009, no. 0809688106.
[http://www.pnas.org/content/106/31/13034.full?sid=a9bc8427-60b2-4167-bb3b1998ee2a1da8]
11 http://technorati.com/women/article/girl-has-half-her-brain-removed/.
5
sostrato biologico del cervello. Con Searle, possiamo sì concludere che
l’organizzazione chimico-biologica del cervello sia la causa dell’esperienza
cosciente nel essere umano; ma c’è una causalità di livello superiore esercitata
dalla forma: la forma organizza la materia, unità sostanziale nell'essere umano.
Un esperimento del tutto singolare è stato realizzato molto recentemente
dal gruppo di Robert Knight dell’università di California a Berkeley. Grazie
all’intervento necessario su alcuni pazienti epilettici, il gruppo era in grado di
posizionare dei sensori (electrodes) cerebrali direttamente sulla corteccia
sottoposta alla terapia. «In questo esperimento, noi abbiamo approfittato delle
procedure neurochirurgiche per la cura dell'epilessia, in cui l’attività neurale è
misurata direttamente dalla superficie corticale e quindi fornisce un’opportunità
unica per capire come il cervello umano realizza il riconoscimento del linguaggio.
Usando queste registrazioni, ci siamo chiesti quali fossero gli aspetti dei suoni
linguistici che potessero essere ricostruiti, o decodificati, delle aree cerebrali di
ordine superiore nel sistema uditorio umano. Abbiamo trovato che le
rappresentazioni continue uditorie, ad esempio, lo spectogramma di linguaggio,
potevano essere accuratamente ricostruite dai segnali neurali. La ricostruzione era
più alta per i suoni più importanti per l’intelligibilità del linguaggio, e permetteva la
decodificazione di parole individuali pronunciate. I risultati […] suggeriscono che
forse è possibile comprendere [informaticamente] il linguaggio intenso
direttamente dall’attività del cervello»12. I neuroscienziati erano riusciti a collegare
la corteccia direttamente al computer che conteneva un programma software che
traduceva i movimenti neuronali in parole effettive, mai però pronunciate dai
pazienti. Ai pazienti, gli facevano sentire certe parole, chiedendogli di “pensare” le
parole senza dirle. Quando sui altoparlanti suonavano le parole pensate, gli stessi
pazienti erano rimasti molto impressionati. Sul sito web della BBC, si possono
ascoltare i suoni riprodotti, insieme con l’intervista a Robert Knight, il direttore
dell'esperimento13. Sebbene la qualità dei suoni fosse ancora rudimentale,
l’esperimento dimostra un passo avanti molto significativo per l’interfaccia
cervello/computer.
Philip Larrey
12 Robert T. KNIGHT et al., “Reconstructing Speech from Human Auditory Cortex”, Public Library of
Science: Biology http://www.plosbiology.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal .pbio.
1001251, 1 feb 2012.
13 Cfr. http://www.bbc.co.uk/news/science-environment-16811042.
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