UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA _______________________________________ DOTTORATO DI RICERCA IN MEDICINA, PREVENZIONE E PERINATOLOGIA XII ciclo Sviluppo post-natale del recettore della Sostanza P (NK1) nella corteccia somatosensoriale del ratto Tesi di Dottorato di: Emanuela Mensà Triennio 2011-2013 Relatore: Prof. Paolo Barbaresi RIASSUNTO Il recettore NK1 è ampiamente distribuito nel sistema nervoso centrale e periferico dei mammiferi; nel SNC regola le funzioni respiratoria e cardiovascolare, è implicato nell’attivazione del riflesso emetico, in varie risposte comportamentali e nella regolazione della sopravvivenza e degenerazione neuronale. Nel presente lavoro, al fine di estendere le attuali conoscenze sul recettore NK1, si sono studiate la presenza, la distribuzione e l’espressione di tale recettore nella corteccia somatosensoriale di ratto durante lo sviluppo post-natale, mediante reazioni di immunocitochimica e biochimico-molecolari. Il recettore NK1 è presente nella corteccia parietale di ratto sin dalla nascita e la sua distribuzione varia durante lo sviluppo post-natale. Gli studi di immucitochimica hanno permesso di evidenziare che a P0 e P5 i neuroni positivi per l’NK1 sono di piccole dimensioni e tutti localizzati nella sub-cortical plate; a partire da P10 fino a P30, invece, i neuroni sono più grandi, numerosi e si distribuiscono in tutti i sei strati della corteccia, in percentuali diverse; negli strati infragranulari sono più numerosi raggiungendo percentuali che oscillano tra il 57 ed il 60% (in media il 35% nel VI strato e il 24% nel V strato), mentre negli strati sovragranulari (II - IV strato), la percentuale dei neuroni NK1 positivi oscilla tra il 36 e il 39%. Un esiguo numero di neuroni è presente nel primo strato con percentuali che variano tra il 2 e il 4%. Tale risultato coincide con quanto ottenuto con il Western Blotting in cui si è osservato un aumento dell’espressione proteica dell’NK1 in funzione dell’età. Questi risultati, rivelano quindi un’ampia distribuzione di tale recettore nella corteccia somatosensoriale di ratto, in accordo con i dati ottenuti mediante autoradiografia. I INDICE Capitolo I : La corteccia cerebrale 1.1 Il neurone 1.1.2 Tipi cellulari 3 3 1.1.2.1 Neuroni piramidali 5 1.1.2.2 Neuroni non-piramidali 6 1.2 Laminazione della corteccia cerebrale 6 1.3 L’isocorteccia del ratto 8 1.3.1 Sviluppo pre-natale e post-natale della corteccia cerebrale di 9 ratto 1.3.2 Formazione della corteccia cerebrale 10 1.3.3 Migrazione dei neuroni 13 1.3.4 Crescita post-natale della corteccia cerebrale 14 1.3.5 Asimmetria cerebrale durante lo sviluppo post-natale 15 1.3.6 Sviluppo post-natale dei dendriti corticali 16 1.3.6.1 Coni di accrescimento 16 1.3.6.2 Spine dendritiche e somatiche 20 1.4 Corteccia parietale 21 Capitolo II: Le tachichinine 2.1 Struttura delle tachichinine 23 2.2 Localizzazione 28 2.3 Azioni farmacologiche delle tachichinine 32 II Capitolo III: La sostanza P 3.1 Scoperta della SP 35 3.2 Sintesi e metabolismo della SP 36 3.3 Distribuzione della SP 38 Capitolo IV: L’ NK1 4.1 Struttura del recettore 40 4.2 Distribuzione e funzioni dell’NK1 43 Capitolo V: Scopo del lavoro 47 Capitolo VI: Materiali e metodi 6.1 Animali 49 6.2 Immunocitochimica 49 6.2.1 Anticorpi utilizzati 50 6.2.2 Procedura 50 6.3 Colorazione di Nissl 51 6.4 Analisi dei dati 51 6.5 Raccolta dei campioni di corteccia cerebrale per analisi biochimiche - 52 molecolari 6.6 Preparazione degli estratti proteici da tessuto 52 6.7 Determinazione della concentrazione proteica 53 6.8 Western Blotting sui tessuti di corteccia 53 6.8.1 Elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) 53 III 6.8.2 Trasferimento su membrana di nitrocellulosa 54 6.9 Preparazione e sviluppo delle lastre 55 6.10 Densitometria 55 6.10.1 Analisi statistica 55 Capitolo VII: Risultati 7.1 Distribuzione corticale dei neuroni positivi per il recettore NK1 57 7.2 Morfologia dei neuroni 62 7.3 Western Blotting dei tessuti di corteccia cerebrale 69 7.4 Analisi semiquantitativa dell’NK1 70 Capitolo VIII: Discussione 71 Bibliografia 75 IV INTRODUZIONE Capitolo I LA CORTECCIA CEREBRALE La corteccia cerebrale, detta anche neocorteccia o isocorteccia, rappresenta la porzione più esterna del cervello; essa consta di uno strato sottile ed altamente convoluto di sostanza grigia. Le circonvoluzioni originano da solchi e giri che permettono all’ampio volume di sostanza grigia di poter essere contenuto all’interno della scatola cranica. La corteccia cerebrale che ha uno spessore variabile in relazione alla localizzazione rappresenta la regione più evoluta del cervello e l’ultima che si è sviluppata, svolge le funzioni cerebrali più elevate e notevolmente evolute in quanto ci permette di poter avere percezioni relative all’ambiente che ci circonda, di formulare pensieri, vivere esperienze emozionali, ricordare eventi passati ed infine rappresenta l’area da cui partono tutti i comandi per l’esecuzione dei movimenti. Per svolgere tutte queste funzioni, la corteccia agisce come un centro integratore in quanto riceve molti segnali sensoriali di differente origine, li elabora e li utilizza per formulare pensieri ed azioni. Ciascun emisfero cerebrale è diviso in quattro regioni note come lobi. Il lobo frontale rappresenta la parte anteriore del cervello; posteriormente ad esso si trova il lobo parietale. Questi due lobi sono separati dal solco centrale, che percorre ciascun emisfero del cervello. Localizzato posteriormente ed inferiormente al lobo parietale vi è il lobo occipitale. Il lobo temporale è localizzato inferiormente ai lobi frontali e parietale del cervello; esso è separato dal lobo frontale da un profondo solco, il solco laterale o scissura di Silvio. All’interno di ciascun lobo, la corteccia cerebrale è suddivisa in aree specializzate per differenti funzioni. Il lobo occipitale è anche noto 1 INTRODUZIONE come corteccia visiva, in quanto l’elaborazione dei processi visivi avviene a tale livello. Un altro esempio di specializzazione funzionale è fornito dalla corteccia uditiva, un’area localizzata nella porzione superiore del lobo temporale dove si svolgono le elaborazioni delle funzioni uditive. Nel lobo parietale vi è un’altra area specializzata, definita come corteccia somatosensoriale primaria, implicata nei processi relativi all’elaborazione delle informazioni sensoriali somatiche, associate con sensazioni tattili, del prurito, della temperatura, del dolore (definite come sensazioni somestesiche); alla corteccia somatosensoriale primaria arrivano anche informazioni della tensione muscolare, sui legamenti e sulla posizione degli arti (propriocezione). Il lobo frontale contiene la corteccia motoria primaria coinvolta nella generazione di comandi discendenti che producono i movimenti volontari ed anche aree implicate nella funzione del linguaggio, nella progettazione di compiti motori e nella determinazione della personalità. Molte aree della corteccia cerebrale sono organizzate topograficamente in base alla loro funzione. Esempi di organizzazione topografico-funzionale sono rappresentati dalla corteccia motoria primaria nel lobo frontale, dalla corteccia somatosensoriale primaria nel lobo parietale, dalla corteccia visiva e da quella uditiva. Le mappe dell’organizzazione somatotopica di queste due aree corticali, in cui parti del corpo vicine sono rappresentate sulla superficie corticale in regioni vicine, sono definite come omuncolo motorio e omuncolo sensoriale. Negli omuncoli la rappresentazione del corpo appare grottesca e sproporzionata. In quello sensitivo alcune regioni, soprattutto la mano e la bocca, sono ingrandite, perché la grandezza di una regione è proporzionale al numero di recettori cutanei in essa presenti; allo stesso modo in quello motorio mano e volto sono ingranditi proporzionalmente al numero di placche motorie, che permettono un movimento più fino. 2 INTRODUZIONE 1.1 Il neurone I neuroni, le cellule del sistema nervoso, hanno un corpo cellulare (denominato anche soma o pericario) e almeno due processi: un assone o neurite e uno o più dendriti. Il pericario dei neuroni per diversi aspetti assomiglia a quello delle altre cellule del corpo; contiene un nucleo, il citoplasma, diversi organuli come mitocondri e apparato del Golgi. Attraverso il citoplasma dei neuroni si notano sottili filamenti denominati neurofibrille. Microtubuli e microfilamenti sono componenti addizionali del citoscheletro del neurone. Oltre a fornire il supporto strutturale, il citoscheletro dei neuroni forma una sorta di “binario” utilizzato per il rapido trasporto di molecole da e per le parti terminali di un neurone. Il reticolo endoplasmatico ruvido (RER) del corpo cellulare ha dei ribosomi che si presentano in forma di strutture marcatamente colorabili, denominate corpi di Nissl, che forniscono le molecole proteiche necessarie alla trasmissione degli impulsi nervosi da un neurone ad un altro e forniscono le proteine utili per mantenere e rigenerare le fibre nervose. I dendriti ramificano dal pericario e conducono gli impulsi nervosi verso il pericario. L’assone è un processo singolo che ha inizio da una parte assottigliata del pericario denominata cono di emergenza dell’assone e conduce gli impulsi in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare. 1.1.2 Tipi cellulari Tradizionalmente, i neuroni della corteccia cerebrale sono stati classificati sulla base di criteri strettamente morfologici: forma del loro corpo, lunghezza dell’assone, ampiezza e distribuzione spaziale dell’albero dendritico. Sotto un profilo prettamente morfologico è possibile classificare i neuroni in base a: 3 INTRODUZIONE 1) Numero e modalità di ramificazione dei prolungamenti: -Neuroni unipolari: se presentano un tipo di prolungamento. Nei suddetti neuroni il prolungamento ha valore di assone e il pirenoforo ha valore di sito recettore. Esempi di neuroni unipolari sono i neuroni embrionali e i neuroni sensitivi primari (olfattivi e visivi) nell'adulto. -Neuroni bipolari: se presentano un assone e un solo dendrite. I due prolungamenti si dipartono dagli antipodi del soma e dunque si parla più correttamente di neuroni oppositopolari. -Neuroni multipolari: se presentano un assone e molteplici dendriti, questi ultimi di solito presentano aspetto arborescente. A questa classe appartengono anche i neuroni di tipo I e II del Golgi. -Neuroni pseudounipolari: se sembrano presentare un solo tipo di prolungamento. Essi derivano da un neurone oppositopolare in cui si è verificato un accrescimento eccentrico del pirenoforo con conseguente confluenza del prolungamento assonico e dendritico, i quali continuano a mantenere la propria individualità (da qui il termine pseudounipolare), e la caratteristica forma a "T". Esempi di neuroni pseudounipolari sono i neuroni gangliari. 2) Aspetto formale (sono descritti solo i tre tipi più rappresentativi): -cellule piramidali: a forma di piramide, i dendriti alla base si distribuiscono in senso orizzontale, mentre il dendrite apicale si sviluppa in altezza. L'assone in genere si dirige verso le zone più interne della corteccia, entrando nella sostanza bianca sottocorticale, raggiungendo aree distanti del SNC. Collaterali dell’assone rimangono invece all’interno della corteccia. Queste cellule, infatti, si comportano sia come neuroni di proiezione che come interneuroni. -cellule stellate: a forma di stella, definite anche granuli, i dendriti si ramificano nelle 4 INTRODUZIONE immediate vicinanze del soma e l'assone può contattare cellule adiacenti oppure finire in uno strato inferiore o superiore della corteccia cerebrale. -cellule fusiformi: a forma di fuso con alle estremità due ciuffi dendritici. L'assone in genere abbandona la corteccia, ma in alcuni casi può ascendere a strati più superficiali. Numerosi altri parametri sono stati successivamente utilizzati, come per esempio la sede di terminazione dell’assone, il tipo di terminale sinpatico, la presenza o l’assenza di spine dendritiche, il neurotrasmettitore prodotto e liberato, l’espressione di altre molecole attive alla sinapsi (come i neuropeptidi) e di recettori per i neurotrasmettitori e infine, le loro proprietà biofische. Schematicamete tutti i neuroni della corteccia cerebrale possono essere distinti in due grandi famiglie, quella dei neuroni piramidali e quella dei neuroni non piramidali. 1.1.2.1 Neuroni piramidali Evidenziati mediante impregnazione argentica secondo il metodo di Golgi, ampiamente utilizzato da Cajal, i neuroni piramidali costituiscono circa tre/quarti di tutti i neuroni della corteccia e sono localizzati quasi esclusivamente negli strati II/III e V-VI. Morfologicamente i neuroni piramidali sono caratterizzati da un corpo triangolare a base inferiore, un dendrite apicale di lunghezza variabile che nella maggior parte dei casi raggiunge gli strati superficiali e dendriti basali che emergono dal corpo e si dirigono orizzontalmente. Dai dendriti dei neuroni piramidali possono emergere numerose spine che rappresentano siti di contatti sinaptici. Gli assoni dei neuroni piramidali rappresentano il canale efferente della corteccia cerebrale poiché proiettano a regioni lontane del SNC; prima di uscire dalla sostanza grigia, emettono numerosi rami collaterali che rimangono all’interno dell’area corticale. I terminali 5 INTRODUZIONE assonici dei neuroni piramidali formano esclusivamente contatti sinaptici di tipo asimmetrico (sinapsi eccitatorie) e utilizzano l’aminoacido glutammato come neurotrasmettitore. 1.1.2.2 Neuroni non-piramidali I neuroni non-piramidali si suddividono a loro volta in due gruppi, quelli provvisti di spine (le cosiddette cellule stellate spinose) e quelli che ne sono sprovvisti (neuroni non-piramidali senza spine). I neuroni non-piramidali senza spine costituiscono un gruppo eterogeneo di cellule, formano sinapsi simmetriche e liberano GABA come neurotrasmettitore; sono perciò interneuroni inibitori; in molti casi producono e liberano anche un neuropeptide (per esempio sostanza P, colecistochinina, somatostatina o polipeptide intestinale vasoattivo). 1.2 Laminazione della corteccia cerebrale La particolarità più evidente della neocorteccia è la sua laminazione in sei differenti strati le cui diverse caratteristiche sono rilevate con l’utilizzo di differenti metodi di colorazione, come illustrato in figura 1. I sei strati, dalla periferia al centro, sono così definiti: -I strato (strato molecolare): è situato immediatamente al di sotto della pia, è spesso chiamato anche strato acellulare. Infatti come si può osservare dalla colorazione Nissl esso contiene poche cellule. Questi neuroni sono tutti inibitori e fanno sinapsi principalmente su dendriti di neuroni degli strati più profondi. Le principali strutture trovate nel I strato sono dendriti ed assoni dei neuroni degli strati più profondi; 6 INTRODUZIONE -II strato (strato granulare esterno): è costituito da cellule piccole e fittamente addensate; alcune sono piramidali (con dendrite apicale diretto verso l’alto), altre rotondeggianti o stellate; -III strato (strato piramidale esterno): è costituito prevalentemente da cellule di forma piramidale (con dendrite apicale verso l’alto) e di medie dimensioni; le più grosse sono situate nella parte più profonda; Figura 1 Laminazione della corteccia cerebrale. -IV strato (strato granulare interno): è l’esclusiva locazione di una classe di piccole cellule eccitatorie chiamate cellule stellate spinose. Esso contiene anche una varietà di cellule inibitorie. Questo è il principale strato che riceve segnali afferenti che dal talamo entrano nella neocorteccia; -V strato (strato piramidale interno): è costituito prevalentemente da cellule piramidali di medie o grosse dimensioni con ampie arborizzazioni dendritiche basali e dendriti apicali che ascendono verso il primo strato e da una piccola popolazione di cellule inibitorie: le cellule a candelabro. Queste sono cellule inibitorie che fanno connessioni sinaptiche solo con gli assoni di altri neuroni. -VI strato (strato multiforme): strato eterogeneo che contiene cellule di varie forme, piramidali, piramidali invertite (con dendrite apicale diretto verso il basso), rotondeggianti, stellate e fusate. Sono spesso distinguibili uno strato VIa (esterno e più ricco di cellule) e uno strato VIb (interno e scarsamente popolato) che gradualmente si fonde con la sostanza bianca. 7 INTRODUZIONE 1.3 L’isocorteccia del ratto L’isocorteccia del ratto è stata oggetto di numerosi studi (Burwell, 2001; Droogleever Fortuyn, 1914; Krieg, 1946a, b; Paxinos e Watson, 1986; Paxinos et al., 1999; Schober, 1986; Svetukhina, 1962; Swanson, 1992, 1998; Von Volkmann, 1926; Zilles, 1985, 1990; Zilles e Wree, 1985; Zilles et al., 1980). Comunque le mappe risultanti differiscono considerevolmente per il numero e la dimensione delle aree corticali identificate. Esistono considerevoli discrepanze riguardo la nomenclatura delle regioni isocorticali. Un metodo contiene numerosi termini formulati in accordo con la classificazione della corteccia umana di Brodmann (Krieg, 1947). Sebbene non sono state dimostrate omologie tra il cervello di un primate e quello di un ratto, l’uso dei termini come aree “striate” e “peristriate” (Montero, 1973, 1981; Montero et al., 1973) suggerisce similitudini architettoniche tra le aree corticali dei primati e dei roditori. Zilles e Wree (1985), hanno proposto, per l’isocorteccia del ratto, una divisione topografica in regione frontale (Fr), parietale (Par), temporale (Te) e occipitale (Oc), che a loro volta possono essere suddivise in parecchie aree, designate da un numero. Molte di queste aree possono essere inoltre ulteriormente suddivise, come per esempio la corteccia visiva primaria Oc1, che viene divisa nei sottogruppi monoculare e binoculare Oc1M e Oc1B (Zilles et al., 1984). Le mappe di studio sono basate su diversi metodi che includono il trasporto assonale, l’elettrofisiologia e l’immunoistochimica. Comunque, gli studi classici si sono affidati per lo più su osservazioni dettagliate di sezioni contenenti corpi cellulari marcati e su criteri citoarchitettonici. Di recente, l’autoradiografia quantitativa in vitro del recettore è stata dimostrata essere un potente strumento di mappaggio (Zilles et al., 2002a, b). Recettori per il GABA, glutamato, acetilcolina, 8 INTRODUZIONE noradrenalina e serotonina sono eterogeneamente distribuite in tutta la corteccia cerebrale e mostrano differenze regionali sia per quanto riguarda la loro densità che per quanto riguarda la distribuzione laminare. Inoltre, l’autoradiografia rivela l’organizzazione chemoarchitettonica del cervello che è correlata con la sua cito e mieloarchitettonica così come con la sua organizzazione funzionale (Zilles et al., 2002a). Dato che un singolo neurone esprime molti sottotipi recettoriali relativi a diversi sistemi neurotrasmettitoriali, una singola area architettonica potrà contenere molti sottotipi diversi di recettore. L’isocorteccia del ratto è caratterizzata dalla tipica organizzazione laminare in 6 strati che corrono parallelamente alla superficie corticale, come descritto al paragrafo 1.2. Aree con funzioni motorie sono caratterizzate da un sviluppo minimo o quasi assente dello strato granulare interno (Brodmann, 1909); al contrario, le aree sensoriali hanno un cospicuo strato granulare interno che è il bersaglio di numerose afferenze di nuclei talamici specifici. 1.3.1 Sviluppo pre-natale e post-natale della corteccia cerebrale di ratto Una serie di affascinanti processi portano allo sviluppo della corteccia cerebrale, struttura vitale per l’integrazione degli input sensoriali e per le funzioni cognitive e comportamentali. Sebbene la corteccia cerebrale possa essere divisa, sulla base delle caratteristiche strutturali e funzionali, in differenti aree corticali, la sua generale uniformità e composizione cellulare tra regioni e specie è cospicua (Rockel et al., 1980). Le differenze tra le aree corticali sembrano essere basate principalmente sulle variazioni nei modelli di connettività che inducono differenze nelle funzioni. Nei primi anni settanta si pensava che si sapesse quasi tutto sulla formazione morfologica degli strati corticali (Boulder Committee, 1970); negli ultimi due decenni invece, 9 INTRODUZIONE diverse sono state le scoperte da parte dei ricercatori, grazie all’utilizzo di tecniche morfologiche e molecolari. 1.3.2 Formazione della corteccia cerebrale Differenti definizioni sono utilizzate in letteratura per indicare i tempi dello sviluppo pre-natale del ratto. Molti studi riguardo lo sviluppo pre-natale del sistema nervoso, definiscono la notte dell’accoppiamento come E0 e il giorno seguente, per esempio, il giorno in cui lo sperma è visto per la prima volta negli strisci vaginali, come E1 (Hicks e D’Amato, 1968; König et al., 1975; Chronwall e Wolff, 1981; Raedler e Raedler, 1978; Van Eden, 1986; Miller, 1987; Cavanagh e Parnavelas, 1988; Kalsbeek et al., 1988). Un altro sistema di descrizione, usato meno frequentemente nella neuroembriologia del ratto, è quello proposto da Witschi (1962). Questo sistema in cui l’età è espressa in giorni dopo quello della fecondazione, è stato utilizzato da altri autori come Derer (1979), Beaudoin (1980), Gardette et al. (1982) e Floeter e Jones (1985). In questo sistema la conta comincia 8 ore dopo la copulazione, e, di conseguenza, il giorno in cui si trova la presenza di sperma per la prima volta negli strisci vaginali è chiamato E0. La neocorteccia di un ratto adulto contiene circa 34 milioni di neuroni , che sono prodotti principalmente durante gli ultimi dieci giorni di gestazione (Rickmann et al., 1977; Raedler et al., 1980; Miller, 1988). È stato stimato che in media si formano circa 2400 neuroni corticali al minuto nella seconda metà del periodo pre-natale, sebbene l’attività mitotica nel telencefalo durante questo periodo non è costante (Raedler et al., 1980). La struttura dell’ectoderma specializzata dalla quale origina il sistema nervoso centrale è la piastra neurale. Da E10 a E11 la piastra neurale nel ratto comincia a fondersi per formare il tubo neurale che si chiude a E12 (Witschi, 1962). La corteccia 10 INTRODUZIONE cerebrale origina dalla parete del tubo neurale come un’estensione delle due vescicole telencefaliche. Durante i primi stadi dello sviluppo del telencefalo, la parete del tubo neurale mostra una struttura omogenea. I fusi mitotici delle cellule germinali in divisione sono visibili vicino al ventricolo o alla membrana interna (Sauer, 1935). Dopo la sintesi del DNA, il nucleo delle cellule germinali ritorna al ventricolo, per cominciare la configurazione dei fusi mitotici. Questo movimento nucleare è chiamato migrazione intercinetica nucleare. Il ciclo cellulare delle cellule germinali corticali della corteccia cerebrale del ratto dura 11 ore ad E12 e aumenta gradualmente a circa 19 ore a E18 e così via (Waechter e Jaensch, 1972). Sulla base di questi dati si stima che nel ratto il numero di cellule germinali richieste per la produzione di 2400 neuroni corticali al minuto deve essere da circa 1,5 milioni a 2,8 milioni. Da E13 la parete neurale del telencefalo perde la sua struttura omogenea e si sviluppa la laminazione fetale. A E13 il plexiform primordium (PP), anche chiamato preplate (Rickmann e Wolff 1981; Smart 1983; Stewart e Pearlman, 1987), inizia a formarsi nella parte più laterale della parete neurale del telencefalo (Fig. 2), che delimita lo sviluppo dello striato e della paleocorteccia. In Figura 2 Schema di quattro differenti stadi nella laminazione fetale della corteccia cerebrale. V = zona ventricolare; PP = plexiform primordium (preplate); IZ = zona intermedia; MZ = zona marginale; CP = cortical plate; SP (SCP) = subplate; SV = zona sub ventricolare. questa zona esterna della parete cerebrale, fibre tangenziali entrano poco prima dell’arrivo dei primi neuroni corticali (Marin-Padilla 1971; Raedler e Raedler, 1978). Il PP è separato in due zone, la zona marginale (MZ) e la sub-cortical plate (SCP) (Kostović e Molliver, 1974) dalla formazione della 11 INTRODUZIONE cortical plate (CP) da E15 a E17. A E15 le prime vere cellule della CP sono visibili nella parte più laterale della corteccia e due giorni dopo, a E17, nella parete mediale del telencefalo. Dalla CP si formeranno più tardi gli strati corticali dal VIa al II. Prima che la CP diventi visibile, la zona sub-ventricolare (SV) è discernibile sopra la VZ, approssimativamente a E15 (Raedler et al., 1980; Rakic, 1982). La zona intermedia (IZ), più tardi, diventa la sostanza bianca sottocorticale, anche chiamata sostanza bianca fetale, sebbene la mielinizzazione non cominci se non a parecchi giorni dopo la nascita. Inizialmente la IZ ha una densità cellulare leggermente inferiore a quella della SV e della VZ. In aggiunta ai neuroni che migrano radialmente, essa contiene corpi cellulari orientati che sono piuttosto piccoli rispetto a quelli della SV e della SP e fibre che corrono tangenzialmente. Le cellule della CP iniziano ad essere prodotte ad E13, con un picco da E16 a E17 (Berry e Rogers, 1965; Raedler et al., 1980; Miller, 1988). Molti Figura 3 Tempo di origine dei neuroni di proiezioni cortico-corticali nella corteccia visiva di ratto, determinato da tecniche di double-labeling. studi neurogenesi dettagliati della della corteccia cerebrale di ratto (Berry e Rogers, 1965; Hicks e D’Amato, 1968; Brücker et al., 1978; Raedler et al., 1980, Miller, 1985) hanno riportato che i neuroni che sono generati prima sono depositati negli strati più bassi della CP, mentre quelli prodotti più tardi, negli strati più superficiali (con l’eccezione del I strato) (Fig. 3). Quasi tutti i neuroni corticali del ratto sono prodotti prima della nascita con la sola eccezione di pochi neuroni nello strato IV (Kaplan, 1981). Nei primati tutti i neuroni neocorticali sono generati molto prima della nascita (Rakic, 1988), nella corteccia cerebrale di 12 INTRODUZIONE ratto, invece, si generano anche molte cellule gliali. Le cellule della glia radiale sono generate nei primi mesi dello sviluppo pre-natale insieme ai neuroni corticali (Rickmann e Wolff, 1985; Gadisseux e Evrard, 1985); gli astrociti non radiali vengono prodotti poco più tardi. Il numero degli astrociti, mentre nella sostanza grigia corticale aumenta fino alla seconda o terza settimana dopo la nascita (Ling e Leblond, 1973; Parnavelas et al., 1983), nella sostanza bianca aumenta continuamente (Sturrock, 1986). Gli oligodendrociti sono l’ultimo tipo di cellule gliali che compaiono e crescono in numero significativo nel corpo calloso 12 giorni dopo la nascita, immediatamente prima dell’inizio della mielinizzazione (Valentino e Jones, 1982; Sturrock, 1976). 1.3.3 Migrazione dei neuroni I neuroni migrano dalla VZ verso la loro destinazione nella corteccia cerebrale. Queste cellule si pensa che si muovano lungo le fibre della glia radiale (Rakic, 1972; 1988) più o meno radialmente (Fig. 4). La migrazione diretta radialmente dei neuroni corticali è stata recentemente discussa da Sane (1989) sulla base dei recenti studi che hanno utilizzato la tecnica di trasferimento genico mediata da retrovirus. Fibre afferenti da diversi siti sottocorticali e da altre aree corticali stanno temporaneamente nella SCP e nella MZ prima di entrare nella CP (Molliver et al., 1973; Kristt e Molliver, 1976; König e Marty, 1981; Lund e Mustari, 1977; Wise e Jones, 1978; Schlumpf et al., 1980; Crandall e Caviness, 1984; Van Eden, 1986). 13 INTRODUZIONE Figura 4 Migrazione dei neuroni secondo l’ipotesi di Rakic (1988) e Smart e McSherry (1982). A questo stadio i neuroni che migrano verso gli strati superiori della CP passano questo sistema di fibre afferenti. L’ipotesi dell’unità radiale (Smart e McSherry, 1982; Rakic, 1988) postula che le unità proliferative (ad esempio un piccolo numero di cellule staminali) producono coorti di neuroni che migrano lungo la glia radiale; queste unità proliferative, inoltre, guidano queste coorti di cellule all’interno della corteccia. Quello che ne consegue è la parcellazione corticale in differenti aree citoarchitettoniche, legata molto probabilmente anche a differenze negli input afferenti. 1.3.4 Crescita post-natale della corteccia cerebrale La crescita post-natale della corteccia cerebrale di ratto, escludendo l’ippocampo, è mostrato in figura 5. 14 INTRODUZIONE Figura 5 Sviluppo della corteccia cerebrale (peso in relazione all’età). Si può notare che a 30 giorni c’è una chiara differenza di peso della corteccia sia per quanto riguarda i ratti maschi che i ratti femmina e c’è un piccolo cambiamento dopo il 60° giorno quando si raggiungono i valori dell’adulto. Quando si comparano i dati della corteccia cerebrale con il peso del corpo si notano 3 fasi: la prima fase di rapida crescita (dalla nascita fino all’ottavo giorno), la fase di transizione (dall’ottavo giorno al diciassettesimo) e la fase matura (dal diciassettesimo giorno al centoottantesimo). 1.3.5 Asimmetria cerebrale durante lo sviluppo post-natale La corteccia cerebrale del ratto appare asimmetrica (Diamond, 1987; Kolb et al., 1982) sia durante lo sviluppo, che in età adulta. Per esempio Diamond (1987) ha trovato che i ratti maschi Long-Evans mostrano un maggiore significativo spessore nell’emisfero destro rispetto a quello sinistro e che questa differenza è visibile dal sesto giorno. Nelle femmine Long-Evans invece non sono state trovate differenze nello spessore tra i due emisferi, né durante lo sviluppo, né durante l’età adulta (Diamond 1987). Questo dimorfismo sessuale nello spessore corticale è stato 15 INTRODUZIONE confermato da Stewart e Kolb (1988) per i ratti Sprague-Dawley. Inoltre gli studi condotti da Stewart e Kolb (1988) e da Fleming e colleghi (1986) indicano che nel periodo pre-natale, gli ormoni testicolari, impediscono l’aumento dello spessore della corteccia cerebrale sinistra, causando differenze destra-sinistra nello spessore corticale dei ratti maschi. 1.3.6 Sviluppo post-natale dei dendriti corticali Molto del volume della corteccia cerebrale è occupato dai dendriti. Alla nascita le cellule corticali piramidali e non, hanno un piccolo albero dendritico. La maturazione dei dendriti dei neuroni è principalmente un fenomeno postnatale. D’altra parte i neuroni corticali piramidali di proiezione hanno dei lunghi processi assonali che discendono da molte aree corticali come per esempio dalla corteccia visiva (Stanfield e O’Leary, 1985) e prefrontale (Van Eden et al., 1990; Joosten e Van Eden., 1989), ad altre regioni, midollo spinale e tronco encefalico. Differenti ipotesi possono essere proposte sullo sviluppo dendritico: neuroni localizzati in strati ontogeneticamenete più vecchi, maturano più precocemente, neuroni di proiezione (piramidali) maturano più precocemente dei neuroni del circuito locale (nonpiramidali), o il fatto che cellule più grandi si differenziano prima di quelle piccole (Jacobson, 1978; Lund, 1978). 1.3.6.1 Coni di accrescimento Terminata la fase di generazione delle cellule nervose, gruppi di neuroni devono interconnettersi per costituire i circuiti nervosi alla base delle funzioni del sistema nervoso. Il primo passo di questo processo porta al differenziamento di assoni e dendriti sulle cellule nervose neoformate. Il fatto che fin dall’inizio in un neurone si 16 INTRODUZIONE formi tipicamente un singolo assone e molteplici dendriti dipende dalla polarizzazione cellulare, un processo che, a sua volta, dipende dall’interazione tra proteine presenti in regioni diverse del citoscheletro di un neurone. Una volta che gli assoni si sono formati, crescono per raggiungere gli appropriati bersagli cellulari, situati in prossimità o a distanza, e giunti a destinazione, iniziano a stabilire le connessioni sinaptiche che formeranno i circuiti nervosi. Il corretto orientamento dell’accrescimento degli assoni e il riconoscimento degli appropriati bersagli sinaptici dipendono dalle funzioni delle strutture apicali specializzate dell’assone, i coni di accrescimento. Questi coni sono strutture specializzate, presenti transitoriamente durante lo sviluppo neuronale, responsabili della crescita degli assoni e del loro orientamento verso i relativi bersagli. La principale caratteristica morfologica di un cono di accrescimento è un’espansione laminare della punta dell’assone detta lamellipodio. Quando i coni di accrescimento vengono esaminati in vitro, si nota che dalla superficie dei lamellipodi, chiaramente visibili, si estendono numerosi esili prolungamenti, detti filopodi (Bunge, 1973). Le proprietà di motilità dei coni di accrescimento permette loro di avvicinare, selezionare o evitare un bersaglio grazie alle funzioni dell’actina e dei microtubuli del citoscheletro modulate da numerosi meccanismi di segnalazione, molti dei quali comportano cambiamenti di concentrazione del Ca2+ intracellulare. Le istruzioni che regolano queste risposte dei coni di accrescimento sono dettate da molecole ad azione adesiva, chemiotropica, chemiorepellente e trofica, presenti nella matrice extracellulare, sulle superfici cellulari o sono secrete per diffondere negli spazi extracellulari. Una possibile spiegazione per la crescita preferenziale dei dendriti all’interno della zona marginale proviene dall’osservazione che la predominante, anche se non esclusiva, risorsa di potenziali elementi presinaptici nella regione dei neuroni motori, 17 INTRODUZIONE durante il primo periodo della sinaptogenesi, è localizzato nella zona marginale (Vaughn e Grieshaber, 1973; Vaughn et al., 1975). La relazione temporale tra le proporzioni dei contatti sinaptici che coinvolgono i coni di accrescimento dendritici e i dendriti differenziati possono essere interpretati nel senso che gli assoni presinaptici, in maniera predominante, fanno sinapsi con i filopodi non appena la crescita dendritica entra nella zona marginale e che, non appena le sinapsi si formano, i dendriti motori continuano a crescere lateralmente lasciando le sinapsi neoformate dietro sui loro segmenti progressivamente più differenziati. Questo tipo di crescita dendritica potrebbe avvenire con questa sequenza: un filopode dendritico contattato sinapticamente si espande mediante un flusso protoplasmatico dal suo stesso cono di accrescimento e non appena questo filopode diventa un nuovo cono di accrescimento, l’originale inizia a sviluppare le caratteristiche di un dendrite differenziato. Il nuovo cono di accrescimento formato, poi, dà luogo a nuovi filopodi e la ripetizione di questi eventi produce sinapsi che inizialmente sono localizzate sui filopodi, poi sui coni di accrescimento e quindi sui dendriti differenziati senza cambiare le loro posizioni nella zona marginale (Fig. 6). Inoltre, nei primi stadi Figura 6 Rappresentazione della sequenza temporale per la formazione di giunzioni sinaptiche sui dendriti di neuroni motori. I numeri indicano la stessa giunzione sinaptica a differenti stadi della crescita dendritica. della crescita dendritica in una determinata regione sinaptogenica, si dovrebbero trovare più sinapsi sulle parti di dendriti in crescita, mentre molti meno dovrebbero essere i dendriti differenziati. 18 INTRODUZIONE I dendriti neuronali motori appaiono crescere nella zona marginale in associazione con le fibre della glia radiale. Comunque, una volta che essi arrivano nel campo sinaptogenico fornito dalla zona marginale, molti dendriti si ramificano lontano dai processi della glia radiale. Questo potrebbe essere causato da un contatto sinaptico con un filopode dendritico che si estende lontano dai processi radiali, permettendo così ad esso di diventare un nuovo cono di accrescimento, con seguente crescita, deviata lontano dai procesi della glia radiale (Henrikson e Vaughn, 1974). Se, al contrario, un filopode sondando il piano dei processi radiali, è il primo a ricevere un contatto sinaptico, esso potrebbe diventare il nuovo cono di accrescimento e la crescita dendritica potrebbe continuare lungo i processi gliali. Una combinazione di questi due eventi che si verificano nello stesso momento potrebbe portare ad una ramificazione dendritica, con un ramo che viene deviato dai processi della glia radiale e l’altro che continua lungo il piano radiale (Fig. 6). Cajal (1909) ha notato che i coni di accrescimento contengono neurofibrille rese visibili con nitrato di argento. Studi successivi di microscopia elettronica condotti da Bodian (1966), Bodian et al. (1968) e da Del Cerro e Snider (1968) danno maggiore enfasi ai coni di accrescimento di assoni e dendriti. Essi hanno notato la presenza di complessi del reticolo endoplasmatico liscio ma hanno dato poca attenzione ai filopodi che sono stati scoperti solo recentemente da Tennyson (1970). Le sue varicosità con estensioni simili a dita sembrano corrispondere a ciò che è stato descritto da Cajal come “giganteschi coni di accrescimento” sebbene le punte più sottili dei filopodi sono al di sotto del potere di risoluzione di un microscopio ottico. Lo studio di Kawana et al., (1971) in ratti e gatti è in pieno accordo con le scoperte di Tennyson. I coni di accrescimento sono 19 INTRODUZIONE stati osservati nei pericaria così come nei processi nervosi di crescita e consistono in un gonfio citoplasma dal quale sporgono sottilissimi filopodi. Come dimostrato in colture di tessuto nervoso da Pomerat et al., (1967) i coni di accrescimento contengono cospicue quantità di vacuoli. 1.3.6.2 Spine dendritiche e somatiche Molte sinapsi nel cervello coinvolgono piccole protrusioni delle ramificazioni dendritiche note come spine; queste possono anche essere presenti sul soma. Le spine si distinguono per la presenza di estremità globulari chiamati corpi delle spine, connessi allo stelo principale dei dendriti attraverso sottili connessioni chiamate peduncoli delle spine. Appena al di sotto del sito di contatto tra i peduncoli e i corpi del spine, ci sono strutture intracellulari definite addensamenti postsinaptici. Il numero, la grandezza e la forma delle spine dendritiche sono molto variabili e possono, almeno in alcuni casi, cambiare dinamicamente nel tempo. Dalla prima descrizione di queste strutture da parte di Santiago Ramón y Cajal verso la fine del diciannovesimo secolo, le spine dendritiche hanno affascinato generazioni di neuroscienziati, generando molte supposizioni sulla loro funzione. Una delle ipotesi iniziali era che lo stretto peduncolo della spina isolasse elettricamente le sinapsi dal resto nel neurone. Dal momento che le dimensioni dei peduncoli delle spine si possono modificare, questo meccanismo potrebbe far sì che le singole sinapsi possano cambiare fisiologicamente nel tempo, fornendo quindi un meccanismo cellulare per forme di plasticità sinaptica (Bhatt et al., 2009). Attualmente un’altra teoria, concettualmente più attendibile dal punto di vista funzionale, sostiene che le spine possano costituire compartimenti biochimici. Quest’idea è basata sulla supposizione che il peduncolo della spina possa prevenire 20 INTRODUZIONE la diffusione di segnali biochimici dal corpo della spina al resto del dendrite. Diverse osservazioni sono a favore di questo concetto. Innanzitutto prove sperimentali mostrano che il peduncolo della spina serve effettivamente da barriera alla diffusione; inoltre le spine sono presenti solo sulle sinapsi eccitatorie dove è noto che la trasmissione sinaptica genera molti segnali che diffondono il Ca2+ (Sabatini et al., 2002). Un’altra e meno controversa teoria è che le spine abbiano un significato di serbatoio dove possono essere concentrate proteine segnale come i bersagli molecolari del Ca2+, dell’IP3 e della ras. A sostegno di questa ipotesi, sui corpi delle spine, è presente un’elevata concentrazione di recettori del glutammato e l’addensamento post-sinaptico è costituito da dozzine di proteine coinvolte nella trasduzione del segnale intracellulare (Sheng e Kim, 2002). 1.4 Corteccia parietale La corteccia parietale comprende quattro aree: Par1, Par2; FL (area dell’arto inferiore), e HL (area dell’arto posteriore) (Zilles, 1985; Zilles e Wree, 1985). Queste aree sono circondate medialmente dalla corteccia motoria primaria (Fr1, Fr3), rostralmente dalla corteccia visiva secondaria (Oc2ML, Oc2L), caudalmente dalla corteccia uditiva e basalmente dalla corteccia insulare. La regione parietale ha uno strato granulare interno altamente visibile e rappresenta la corteccia somatosensoriale. Par1, FL e HL costituiscono l’area primaria e Par2 l’area somestesica seconda (Welker, 1971, 1976; Welker e Sinha, 1972; Woolsey e LeMessurier, 1984). Le aree parietali ricevono input dai meccanocettori (Welker 1971, 1976) ed hanno collegamenti associativi e callosali con le aree motorie e 21 INTRODUZIONE somatosensoriali (Akers e Killackey, 1978; Ivy e Killackey, 1981; Jacobson, 1970; Wise, 1975). 22 INTRODUZIONE Capitolo II LE TACHICHININE 2.1 Struttura delle tachichinine La famiglia delle tachichinine (TKs) rappresenta una delle più vaste famiglie di peptidi descritte negli animali. Finora sono state isolate più di 40 tachichinine dagli invertebrati (insetti, vermi e molluschi), protocordati e dai tessuti dei vertebrati (pelle, tratto gastrointestinale, sistema nervoso centrale e periferico). La sostanza P (SP), isolata in forma pura dall’ipotalamo bovino nel 1931 e la cui struttura è stata definita molti anni dopo il chiarimento della struttura dell’eledoisina dai tessuti di mollusco (Anastasi e Erspamer, 1962; Erspamer e Falconieri Erspamer, 1962) e della fisalemina dalla pelle degli anfibi (Anastasi et al., 1964; Erspamer et al., 1964), potrebbe essere considerata il prototipo delle tachichinine. Altre 19 tachichinine sono state isolate dal tegumento degli anfibi e altri 8 peptidi sono stati isolati dallo stomaco e dal cervello degli anfibi. Per quanto riguarda le tachichinine del mammiferi finora solo tre ne sono state isolate e sequenziate: SP, NKA (neuromedina L, neurochinina e sostanza k) e NKB (neurochinina e neuromedina k). L’NKA è presente anche in altre due forme: neuropeptide K e neuropeptide γ (Tabella 1). Le tachichinine, tuttora definite come peptidi avente il caratteristico pentapeptide all’estremità C terminale Phe-Xaa-Gly-Leu-Met-NH2, sono state identificate come “tachichinine aromatiche” quando Xaa è un residuo aminoacidico aromatico (Phe o Tyr) e come “tachichinine alifatiche quando Xaa è un residuo aminoacidico alifatico (Val o Ile). 23 INTRODUZIONE Peptide/ Fonte SP Ipotalamo bovino NKA Midolllo spinale porcino NKB Midollo spinale porcino Neuropeptide –γ Intestino del coniglio Neuropeptide K Cervello porcino Struttura primaria Arg-Pro-Lys-Pro-Gln-Gln-Phe-Phe-GlyLeu-Met-NH2 His-Lys-Asp-Ser-Val-Phe-Gly-Leu-MetNH2 Referenza Chang et al., 1971 Asp-Met-His-Asp-Phe-Phe-Val-Gly-LeuMet-NH2 Kangawa et al., 1983 Asp-Ala-Gly-His-Gly-Gln-Ile-Ser-HisLys-Arg-Lys-Asp-Ser-Val-Phe-Gly-LeuMet-NH2 Asp-Ala-Asp-Ser-Ser-Ile-Glu-Lys-GlnVal-Ala-Leu-Leu-Lys-Ala-Leu-Tyr-GlyHis-Gly-Gln-Ile-Ser-His-Lys-Arg-HisGly-Gln-Ile-Ser-His-Lys-Arg-Lys-AspSer-Val-Phe-Gly-Leu-Met-NH2 Kage et al., 1988 Kimura et al., 1983 Tatemoto et al., 1985 Tabella 1 Sequenze aminoacidiche delle tachichinine dei mammiferi. Tutte le tachichinine naturali sono amidate al loro C terminale e questa caratteristica è fondamentale per la loro attività biologica. I peptidi deamidati sono praticamente inattivi (Erspamer, 1994). Gli studi sulla relazione struttura/attività hanno stabilito che il pentapeptide al C terminale è essenziale ma non sufficiente per l’attività biologica delle tachichinine. Per garantire l’attività la catena deve avere una lunghezza minima di 6 aminoacidi. Studi hanno anche riconosciuto cruciali per l’attività biologica, il residuo Phe in posizione 5 dall’estremità C-terminale e l’amidazione al C-terminale, presenti entrambi in tutte le tachichinine dei vertebrati e degli invertebrati. L’attività biologica delle tachichinine dipende dalla loro interazione con tre recettori accoppiati a proteine G: l’NK1, l’NK2 e l’NK3 piccole proteine di 350-500 residui aminoacidici, che condividono una notevole omologia strutturale che riflette il loro comune meccanismo di azione. La maggiore affinità per la SP è data dal recettore NK1, mentre i recettori NK2 e NK3 mostrano una più alta affinità rispettivamente per l’NKA e l’NKB. Quindi tutte le tachichinine potrebbero agire come agonisti su tutti e 24 INTRODUZIONE tre i tipi di recettore, sebbene qualche volta con considerevoli differenti affinità (Regoli et al., 1987, 1994; Maggi et al., 1993). Biosaggi paralleli su un numero di sistemi isolati e test in situ, utilizzando le tachichinine naturali e analoghi selettivi sintetici, studi di legame con radioligandi e l’uso di antagonisti con crescente potenza e selettività hanno portato alla conclusione che tutti e tre i principali recettori sono entità eterogenee con sottotipo NK1, NK2 e NK3 (Maggi et al., 1993; Quartara e Maggi, 1997, 1998). Il principale sistema di secondo messaggero accoppiato per attivare i tre recettori conosciuti, è la stimolazione della fosfolipasi C, che porta alla rottura del fosfoinositolo e all’aumento del calcio intracellulare (Guard e Watson, 1991). Ad alte concentrazioni di tachichinine, potrebbero entrare in gioco anche la stimolazione dell’adenilato ciclasi e la formazione dell’cAMP (Nakajima et al., 1992). I loops extracellulari di questi recettori accoppiati alla proteina G probabilmente hanno la specifica funzione di selezionare un ligando, mentre l’interazione del ligando con i domini transmembrana è responsabile dell’attivazione del recettore. Le tachichinine quindi, presumibilmente, contengono una sequenza che interagisce con i loops extracellulari del recettore e una sequenza che interagisce con i domini transmembrana. Uno studio recente ha permesso di chiarire l’importanza cruciale e l’influenza di molti aminoacidi chiave nella sequenza delle tachichinine sulla selettività e attività del recettore (Severini et al., 2000): -residui occupanti la posizione 7 dall’estremità C terminale: dall’estremità C terminale l’aminoacido in posizione 7 sembra dirigere il peptide ligando verso il recettore. La SP e le tachichinine con un residuo neutro o basico in questa posizione hanno una preferenza per il recettore NK1. I residui neutri sono generalmente 25 INTRODUZIONE idrofilici e la prolina in posizione 8 dal C terminale può aumentare l’affinità per il recettore NK1. Le tachichinine con un residuo acido in posizione 7 o una coppia di residui acidi in posizione 6 e 7 dal C terminale dirigono i peptidi verso i recettori NK2 e NK3. In modo interessante il secondo loop extracellulare ha 4 residui acidici e 4 residui basici nel recettore NK1 del ratto, tre acidici e due basici nel recettore NK2 e uno acidico e 5 basici nel recettore NK3; -residui occupanti la posizione 4 dal C-terminale: in tutte le tachichinine naturali la posizione 4 dal C terminale è occupata da un aminoacido aromatico (Phe, Tyr) nelle tachichinine aromatiche o da uno alifatico (Val, Ile) nelle tachichinine alifatiche. La presenza di un residuo aromatico, invariabilmente, determina la selettività o l’aumento della selettività del peptide verso il recettore NK1. Questo è vero non solo quando un residuo aminoacidico neutro o basico occupa la posizione 7 dal C terminale ma anche quando un residuo acidico occupa la posizione 7. La coppia di residui aromatici (Phe-Tyr o Phe-Phe) presente nel “message domain” delle tachichinine determina il legame specifico con il dominio transmembrana del recettore NK1; -residui occupanti la posizione 6 dal C terminale: la presenza di un residuo di prolina in posizione 6 dal C terminale causa una profonda diminuzione dell’attività biologica; -residui di prolina nella sequenza N terminale: nella maggior parte delle tachichinine che preferiscono il legame con l’NK1 è presente un residuo di prolina nella posizione 8, adiacente al cruciale residuo neutro o basico occupante la posizione 7. La prolina 26 INTRODUZIONE in questa posizione potrebbe modificare la conformazione della sequenza C terminale delle tachichinine e aiutare ad aumentare la loro affinità e selettività per il recettore NK1. Cascieri ad altri (1992) hanno suggerito che tutte le tachichinine contenenti la prolina in posizione 8 dal C terminale, come per esempio la SP, riducono di gran lunga l’affinità per i recettori NK2 e NK3 e hanno attribuito questo comportamento al fatto che i peptidi contenenti prolina hanno una conformazione preferita per l’NK1 e sfavorevole per i recettori NK2 e NK3. Le tachichinine dei mammiferi derivano da due geni (preprotachichinine): il gene PPT-A che codifica per la SP, NKA, neuropeptide K e neuro peptide-γ e il gene PPTB che codifica per l’NKB (Nawa et al., 1983; Kotani et al., 1986; Bonner et al., 1987; Krause et al., 1987). Le tachichinine vengono liberate dai loro precursori in seguito all’azione di specifiche proteasi. I tipici punti di rottura sono Lys-Arg, ArgArg, Arg-Lys e il taglio è effettuato da sei gruppi di enzimi proteolitici chiamati convertasi (Chretien et al., 1989; Steiner et al., 1992; Marcinkiewicz et al., 1993). L’amidazione del terminale COOH dopo il taglio è prodotta dalla sequenza precursore Gly-Leu-Met-Gly-Lys-Arg, in cui la glicina agisce da donatore. Come tutti i neurotrasmettitori conosciuti, anche le tachichinine neuronali sono rilasciate dalla fibra nervosa dopo un meccanismo calcio-dipendente in risposta all’applicazione di stimoli fisiologici e non (stimolazione elettrica, depolarizzazione con potassio o dopo legame con la capsaicina) (Maggi et al., 1993). Per quanto concerne il rilascio, due sono i punti fermi stabiliti. Il primo punto è il fatto che, come le amine biogene che sono considerate “trasmettitori rapidi” e che in certe condizioni possono essere rilasciate massivamente, il rilascio dei neuropeptidi, considerati “trasmettitori lenti” o modulatori, è probabilmente discreto e duraturo. Il 27 INTRODUZIONE secondo punto fermo è che, a livello dei terminali delle fibre, specialmente nel cervello e nel sistema nervoso autonomo, il rilascio di un singolo trasmettitore è improbabile e in ogni caso, deve rappresentare un’eccezione. Il concetto di corilascio di differenti peptidi, amine, aminoacidi e purine, ora, è generalmente accettato dopo la dimostrazione immunoistochimica dell’accumulo di più sostanze attive nel materiale granulare dei singoli neuroni (Hökfelt et al., 1986). Una volta rilasciate, le tachichinine potrebbero essere attaccate, tagliate e inattivate da numerosi enzimi proteolitici che comunque agiscono con intensità considerevolmente differenti sulle diverse tachichinine. Il peptide più vulnerabile sembra essere la SP, mentre i peptidi che hanno al loro N-terminale il residuo pGlu sembrano essere molto più resistenti all’attacco enzimatico. Nella degradazione proteolitica della SP, tre enzimi sembrano avere un ruolo predominante: dipeptidilamino peptidasi, endopeptidasi postprolina e catepsina D. (Regoli et al., 1994). 2.2 Localizzazione Le tachichinine possiedono un’ampia distribuzione nel SNC e nel SNP che è decisamente la maggior sorgente di questi peptidi. Comunque le tachichinine hanno anche, come numerosi altri peptidi e come tutte le amine biogene, una distribuzione limitata e specie-dipendente, ma non trascurabile nelle strutture non neuronali in cui essi dimostrano funzioni più o meno conosciute. Nella prima localizzazione (cellule neuronali) i composti attivi agiscono come neurotrasmettitori/neuromodulatori, nella seconda (cellule non neuronali) come regolatori autocrini, paracrini o endocrini. Per molti anni, le tachichinine sono state considerate quasi esclusivamente come peptidi di origine neuronale. L’NKB è presente nel sistema nervoso centrale e nel midollo spinale (Kangawa et al., 1983; Moussaoui et al., 1992; Goubillon et al., 2000; 28 INTRODUZIONE Patacchini et al., 2000), mentre la SP e la NKA sono state trovate nel sistema nervoso centrale ed anche nei neuroni primari afferenti sensoriali fornendo un numero di tessuti periferici (Holzer, 1988; Maggi e Meli, 1988; Lundberg, 1996; Patak et al., 2000). La SP e l’NKA sono rilasciati dai terminali nervosi sia nel midollo spinale che a livello periferico e agiscono da neurotrasmettitori eccitatori (Lembeck e Holzer, 1979; Maggi, 1991a; Otsuka e Yoshioka, 1993; Meini e Maggi, 1994; Patacchini et al., 1998; Patak et al., 2000). I dati sulla distribuzione e localizzazione delle tachichinine neuronali nel SNC e in periferia, sono state ottenute con una combinazione di HPLC e saggi radioimmunologici e/o tramite tecniche di immunoistochimica (Hökfelt et al., 1975, 1977; Pernow, 1983; Maggio, 1985). La distribuzione delle tachichinine nel SNC è stata ampiamente studiata solo nel ratto (Otsuka e Yoshioka, 1993). I dati riguardo le altre specie sono scarsi. Come ci si aspettava la SP è generalmente cosintetizzata, colocalizzata e cosecreta con l’NKA. I valori della SP immunoreattiva nelle varie aree cerebrali sono (Kanazawa e Jessell, 1976; Douglas et al., 1982) : tubercoli olfattori amigdala nucleo caudato globo pallido setto ipotalamo abenula neuroipofisi nucleo talamico substantia nigra PAG locus ceruleus nuclei parabrachiali medulla oblungata corno dorsale del midollo spinale corno ventrale del midollo spinale 300 pmol/g di tessuto secco 383 pmol/g di tessuto secco 247 pmol/g di tessuto secco 332 pmol/g di tessuto secco 116 a 405 pmol/g di tessuto secco 208 a 626 pmol/g di tessuto secco 377 pmol/g di tessuto secco 489 pmol/g di tessuto secco 25 pmol/g di tessuto secco 1725 a 2580 pmol/g di tessuto secco 590 a 994 pmol/g di tessuto secco 332 pmol/g di tessuto secco 546 pmol/g di tessuto secco 65 a 436 pmol/g di tessuto secco 1070 pmol/g di tessuto secco 134 pmol/g di tessuto secco 29 INTRODUZIONE Nei ratti, sia la densità che la distribuzione dei neuroni contenenti la SP cambia durante lo sviluppo. Le cellule e le fibre presentano alti livelli di SP tra P5 e P15. Poi la loro densità generalmente decresce (Inagaki et al., 1982; Sakanaka et al., 1982). La distribuzione dell’NKA è meno conosciuta e nel cervello del ratto sembra essere simile a quella della SP, comunque con diversa localizzazione in parecchie regioni. Come rilevato tramite immunistochimica i corpi cellulari contenenti NKB sono detectabili nel bulbo olfattivo principale e in quello accessorio, in alcune regioni corticali, nel tubercolo olfattorio, nel nucleo accumbens, nel setto, nel neostriato, in parecchi nuclei ipotalamici, nel collicolo superiore, nella sostanza nigra, nella formazione reticolare della medulla e nel nucleo caudato esterno (Kanazawa et al., 1984; Merchenthaler et al., 1992). L’NKB è anche localizzato nel midollo spinale, principalmente nel corno dorsale, mentre è presente in quantità trascurabili nei gangli delle radici dorsali e nelle radici dorsali (Ogawa et al., 1985). Nel cervello umano le aree più ricche in SP sono: l’amigdala, da 25 a 340 pmol/g di tessuto secco, il nucleo caudato, da 113 a 370 pmol/g di tessuto secco; il putamen da 81 a 380 pmol/g; il globus pallidus da 518 a 1800 pmol/g; l’ipotalamo da 125 a 135 pmol/g; la sostanza nigra da 1264 a 4720 pmol/g e il locus ceruleo 199 pmol/g (Gale et al., 1978; Emson et al., 1980; Cooper et al., 1981). Le principali fonti di tachichinine nel tratto gastrointestinale sono i neuroni enterici intrinseci del plesso mienterico, i neuroni enterici intrinseci del plesso sottomucoso e le fibre estrinseche afferenti primarie. La più importante fonte quantitativa delle tachichinine nel tratto gastrointestinale è il sistema nervoso enterico (Holzer e Holzer-Petsche, 1997 a, b) che ha le stesse cellule nella parete dell’intestino e provvede a tutti i sistemi effettori gastrointestinali. Il tratto gastrointestinale dei 30 INTRODUZIONE mammiferi contiene sia la SP che NKA e diverse forme estese di queste tachichinine. In molte specie, le più alte concentrazioni di tachichinine nel tratto gastrointestinale sono state trovate nel piloro, nel fondo gastrico, duodeno e digiuno (Pearse e Polak, 1975; Lazarus et al., 1980; Hunter et al., 1985; Gates et al., 1989). Per quanto riguarda l’NKB, il peptide è generalmente ritenuto assente nell’intestino dell’uomo, del maiale della Guinea e del ratto. Metodi RIA e immunoistochimici hanno dimostrato la presenza della SP e dell’NKA in fibre del tratto respiratorio di diversi mammiferi. Nella trachea e nei bronchi le fibre positive alla SP sono state trovate nello strato di muscolatura liscia e intorno alle cellule locali gangliari. Nell’albero bronchiale molte delle fibre positive alla SP sono di origine vagale, ma nel polmone le fibre sono sia di origine vagale che spinale toracica (Nilsson et al., 1977; Lundberg et al., 1983; Saria et al., 1985; Manzini et al., 1989). Le distribuzioni della SP e dell’NKA sono state ampiamente studiate nella pelvi renale e nell’uretere e specialmente nella vescica urinaria di diverse specie (Sharkey et al., 1983; Gibbins et al., 1985; Maggi et al., 1987). Il trattamento con la capsaicina porta ad una quasi totale scomparsa di fibre immunoreattive alle tachichinine, suggerendo che la maggior risorsa di tachichinine nella vescica urinaria sono fibre sensoriali (Maggi e Meli, 1988; Maggi et al., 1988). Nella pelle dell’uomo l’immunoreattività alla SP e all’NKA è presente nei terminali liberi dei nervi nelle papille dermiche e nell’epidermide (Dalsgaard et al., 1985; Bjorklund et al., 1986). Fibre immunoreattive alla SP sono state trovate anche nella pelle di ratto e gatto (Hökfelt et al., 1977). La SP appare essere presente anche in differenti tipi di cellule infiammatorie ed immunitarie dell’uomo, del ratto e del topo (Aliakbari et al., 1987; Pascual e Bost, 31 INTRODUZIONE 1990; Ho et al., 1997; Lai et al., 1998). La SP e/o l’NKA sono anche espresse in cellule enterocromaffini (Simon et al., 1992), cellule epiteliali (Chu et al., 2000), fibroblasti (Bae et al., 2002), cellule muscolari lisce intestinali e delle vie respiratorie (Khan e Collins, 1994; Maghni et al., 2003) e in vari tipi di organi riproduttivi femminili (Patak et al., 2003; Pintado et al., 2003). Studi recenti hanno anche indicato la presenza dell’mRNA dell’NKB nella placenta dell’uomo e del ratto (Page et al., 2000) e nell’utero (Pinto et al., 2001; Patak et al., 2003) così come in altri tipi di cellule riproduttive non neuronali dei topi (Pintado et al., 2003). Inoltre, i nuovi membri della famiglia emochinina 1 (HK-1) e i suoi ortologhi umani HK-1 e le endochinine (EKs) A, B, C, e D sono primariamente espresse in cellule non nervose (Zhang et al., 2000; Kurtz et al., 2002; Page et al., 2003). 2.3 Azioni farmacologiche delle tachichinine Le tachichinine dimostrano diverse potenti azioni farmacologiche sia in periferia (sistema cardiovascolare, tratto gastrointestinale, secrezioni, sistema respiratorio, tratto urogenitale, sistema immunitario) che nel SNC. Nel sistema cardiovascolare agiscono da agenti ipotensivi nel cane (Erspamer, 1981; Bertaccini et al., 1965), nel coniglio (Bianchi Porro et al., 1965; Holzer-Petsche et al., 1985) e nell’uomo (Sicuteri et al., 1963; Eklund et al., 1977; Evans et al., 1988). Nel tratto gastrointestinale dei vertebrati le tachichinine inducono, con rare eccezioni, una risposta contrattile. Gli effetti motori eccitatori sono evidenti in tutte le sezioni del tratto gastro-intestinale, dall’esofago al retto e in tutti gli strati muscolari, incluso il muscolo longitudinale, circolare e la muscolaris mucosae. Comunque, gli effetti motori sono differenti nelle varie specie animale, in zone 32 INTRODUZIONE diverse del tratto gastrointestinale, in relazione ai differenti tipi di recettore attivati e al meccanismo implicato nella risposta motoria (Holzer-Petsche, 1995; Holzer e Holzer-Petsche, 1997a, 1997b; Maggi et al., 1997). Per quanto riguarda le secrezioni, il potente effetto sialogico della SP (Haefeli e Hurlimann, 1962) e delle tachichinine degli anfibi (Bertaccini e De Caro, 1965; Emmelin e Lenninger, 1967), è stato riconosciuto parecchi anni prima del principio sialogico nell’estratto ipotalamico bovino identificato poi come sostanza P da Chang e Leeman (1970). Le tachichinine influenzano anche altre secrezioni come quella intestinale nei cani (McFadden et al., 1986) nei felini (Brunsson et al., 1995) e la secrezione pancreatica nei cani (Bertaccini et al., 1967) e nei ratti (Thulin e Holm, 1977; Konturek et al., 1981). Nel sistema respiratorio di molte specie animali (ratto, porcellino d’India, furetti, criceti e uomo) (Frossard e Advenier (1991)), le tachichinine contribuiscono in qualche misura alla regolazione del tono della muscolatura delle vie aeree. Nel tratto urogenitale le tachichinine esogene, a concentrazioni extrafisiologiche, stimolano la muscolatura liscia, specialmente quella della vescica urinaria e agiscono in maniera differente sia nelle diverse specie animali, sia nei vari segmenti del tratto urinario (Maggi e Meli, 1986; Maggi et al., 1986a, b; Maggi 1991b). Studi neurofisiologici hanno dimostrato che nel SNC questi peptidi svolgono un ruolo come neurotrasmettitori/neuromodulatori (Otsuka e Yoshioka, 1993). Nel SNC le tachichinine si trovano particolarmente in aree coinvolte nel controllo centrale di parecchie funzioni autonome (pressione sanguigna, respirazione, minzione, motilità gastrointestinale, ecc.), di importanti funzioni affettive/emotive (comportamenti stereotipati, motilità, ansietà, aggressione e dolore) e di più alte funzioni cerebrali 33 INTRODUZIONE (comprensione e memoria). Recenti scoperte nel campo delle tachichinine hanno considerevolmente aumentato l’interesse per questa famiglia di peptidi. Un ruolo patofisiologico dell’NKB è stato largamente studiato, ma un report recente ha stabilito una correlazione tra l’eccessiva secrezione placentare dell’NKB e la pre-clampsia (Page et al., 2000). Altri studi suggeriscono che le tachichinine potrebbero facilitare la crescita delle cellule cancerose (Singh et al., 2000; Friess et al., 2003). Studi in topi knockout SP/NKA o in topi in cui il recettore delle tachichinine è stato eliminato, hanno confermato l’importante ruolo di questi neuropeptidi come mediatori dell’infiammazione neurogenica (Cao et al., 1998; De Felipe et al., 1998). La disponibilità del modello knockout SP/NKA ha dimostrato che l’espressione della tachichinina, sia nei neuroni sensoriali, che nelle cellule ematopoietiche, è necessaria per lo sviluppo dell’infiammazione (Chavolla-Calderon et al., 2003). Le tachichinine sembrano essere coinvolte nella regolazione dell’ematopoiesi (Rameshwar et al., 1993; Rameshwar, 1997; Zhang et al., 2000; Bandari et al., 2003a,b), inoltre i livelli di TK sono aumentati nei macrofagi e nei linfociti in pazienti HIV (Ho et al., 2002). Molti studi hanno dimostrato l’influenza delle tachichinine sul sistema immunitario (Hartung e Toyka, 1989; McGillis et al., 1990; Eglezos et al., 1991; Maggi, 1997). 34 INTRODUZIONE Capitolo III LA SOSTANZA P 3.1 Scoperta della Sostanza P La sostanza P (SP), identificata per la prima volta nella prima parte del secolo scorso, è stata isolata inizialmente come estratto crudo dal cervello e dall’intestino equino ed è stato scoperto essere un potente ipotensivo ed avere proprietà contrattile della muscolatura liscia (Von Euler e Gaddum, 1931). Gaddum e Schild (1934) hanno chiamato questa nuova sostanza, sostanza P, dove P si riferisce alla polvere ottenuta dopo la procedura di estrazione. Il lavoro all’avanguardia di Lembeck (1953) ha portato alla proposta che la SP fosse un neurotrasmettitore sensoriale associato alla trasmissione del dolore, dovuto all’alta concentrazione di questo agente localizzato nella radice dorsale del midollo spinale. Prove ulteriori riguardo il suo ruolo, sono state effettuate più avanti con studi da parte di Otsuka e Konishi (1976) che hanno mostrato che l’immunoreattività della SP aumentava nel perfusato ottenuto da midollo spinale di ratti appena nati, dopo l’applicazione di stimoli elettrici. L’espressione della SP è confinata al SNC e al SNP. Oggi è pienamente riconosciuto che la SP è liberata dai terminali dei neuroni afferenti primari sia centrali che periferici e funziona da neurotrasmettitore (Otsuka e Konishi, 1976). La SP è la neurochinina più abbondante nei mammiferi ed è ampiamente distribuita nel sistema nervoso centrale, periferico ed enterico di molte specie (Pernow, 1983; Severini et al., 2002). 35 INTRODUZIONE 3.2 Sintesi e metabolismo della SP Nel 1971 Chang et al (1971) hanno identificato nell’ipotalamo bovino la struttura aminoacidica di questo undecaptide come H-Arg-Pro-Lys-Pro-Gln-Gln-Phe-PheGly-Leu-Met-NH2 (Fig. 7). La sequenza C terminale della SP è essenziale per l’affinità, il minimo frammento della SP che conserva una buona affinità per il recettore NK1 è la SP 6-11 (Lee et al., 1986). Dieci anni dopo essa è stata introdotta come appartenente alla famiglia delle tachichinine (Erspamer, 1983), insieme con la neurochinina A (NKA) e la Figura 7 Struttura della sostanza P. neurochinina B (NKB) con ognuna delle quali condivide la stessa sequenza carbossiterminale, Phe-X-Gly-LeuMet-NH2 dove X è Phe o Val. La conformazione della SP sembra dipendere fortemente dal solvente utilizzato e dall’ambiente lipidico in cui il peptide si trova. In metanolo la struttura contiene una mescolanza di conformazioni beta-turn, sebbene in acqua c’è una estesa struttura a catena (Sumner et al., 1990). Con l’utilizzo della spettroscopia magnetica nucleare appaiono le seguenti caratteristiche: un core ad alfa elica da Pro a Phe che è stabilizzato da due legami idrogeno tra Phe-NH/Lys-CO, Phe-NH e Pro-CO; un’estesa parte terminale altamente flessibile e un turn centrale sulla Gly (Lavielle et al., 1988; Regoli et al., 1994). La SP dei mammiferi deriva dal gene della pre-protachichinina-A (PPT-A), che origina da un comune gene ancestrale mediante duplicazione (Carter e Krause, 1990). Il gene PPT-A codifica anche per altre tachichinine, inclusa la neurochinina A, il neuropeptide K (NPK) e il 36 INTRODUZIONE neuropeptide (NPγ) (Carter e Krause, 1990). Meccanismi di splicing alternativo del trascritto del gene PPT-A risulta in tre distinti mRNA (Carter e Krause, 1990). Tutti e tre questi mRNA codificano per la sequenza precursore della SP, anche se la sequenza precursore dell’NKA è presente solo sugli mRNA αPPT-A e βPPT-A, NPK e NPγ sono con l’N terminale derivati estesi dell’NKA che appare essere il prodotto finale nel processo post-traduzionale di αPPT-A e βPPT-A (Nakanishi., 1987) (Fig. 8). Ogni mRNA del PPT-A differisce per l’esone corrispondente alla regione codificante la proteina: l’mRNA del gene βPPT-A contiene tutti i 7 esoni del gene PPT-A, mentre l’αPPT-A e il γPPT-A mancano rispettivamente del sesto e del quarto esone (Carter e Krause, 1990). Il gene PPT-B origina anche dallo stesso gene comune ancestrale come PPT-A. Comunque il gene PPT-B codifica solo per l’NKB (Nakanishi., 1987). SP NKA NPK Geni 2 1 3 4 5 6 7 PPTA mRNAs Peptidi αPPT-A (CNS) S P βPPT-A (CNS/PNS ) SP/NKA/NP K PPT-B (CNS/PNS) γPPT-A (CNS/PN S) SP/NKA/NP γ NK B Figura 8 Rappresentazione schematica della biosintesi della SP e dei relativi peptidi L’espressione della SP e dei suoi mRNA è molto abbondante sia nel SNC che in quello periferico. L’espressione dell’mRNA del PPT (Noguchi et al., 1988) e l’mRNA del recettore della SP (McCarson, 1999) è upregolato nella periferia durante 37 INTRODUZIONE la stimolazione nociva o l’infiammazione neurogenica. La SP è rilasciata dallo stesso precursore mediante l’azione di proteasi chiamate convertasi che agiscono sul gene PPT a livello di residui cationici. La sintesi della SP si verifica nei ribosomi (Harmar et al., 1980; Harmar et al., 1982) ed è confinata nel citoplasma. La SP è poi messa in vescicole di immagazzinamento (Merighi et al., 1988; Plenderleith et al., 1990) e trasportata lungo l’assone ai terminali. Studi biochimici (Takahashi et al., 1975) e immunoistochimici (Harmar e Keen 1982) hanno dimostrato che la SP è trasportata lungo i rami centrale e periferico dei neuroni sensitivi primari. La maggior parte della SP è prodotta nelle cellule gangliari sensitive e trasportata verso le regioni terminali dei nervi periferici del sistema periferico ad una velocità media di 5-6 mm/H mediante un meccanismo di trasporto assonale. 3.3 Distribuzione della SP Le prime descrizioni sulla distribuzione della SP nel cervello dei mammiferi risalgono agli anni 70 (Hökfelt et al., 1975; Ljungdahl et al., 1978). Questi risultati iniziali hanno utilizzato anticorpi diretti contro la sequenza carbossiterminale del peptide, condivisa da tutte le neurochinine, e perciò ci si doveva aspettare una cross reazione con le altre neruochinine. Studi successivi eseguiti usando anticorpi che riconoscevano solo la SP, hanno fornito una descrizione più precisa della localizzazione dei corpi cellulari, fibre e terminali nel SNC dei mammiferi (Shults et al., 1984; Ribeiro-da-Silva e Hökfelt, 2000). Alti livelli di immunoreattività della SP sono state identificate in aree conosciute essere implicate nella modulazione delle reazioni di stress e ansia come la corteccia cingolata, il caudato putamen, il nucleo accumbens, il setto, l’ippocampo, l’amigdala, varie aree ipotalamiche come la PAG, il nucleo dorsale del rafe, il lucus ceruleus, i nuclei parabrachaiali e nel nucleo del 38 INTRODUZIONE tratto solitario. In queste regioni, la SP frequentemente coesiste nello stesso neurone con altre neurochinine e con “classici” neurotrasmettitori come la dopamina, l’acetilcolina, la serotonina, la noradrenalina, il GABA e il glutammato o neuropeptidi come l’ormone rilasciante la tireotropina e l’encefalina (Pickel et al., 1979; Hökfelt et al., 1982; Kachidian et al., 1991; Nicholas et al., 1992; Dean et al., 1993). 39 INTRODUZIONE Capitolo IV L’ NK1 4.1 Struttura del recettore Analisi comparative delle proprietà farmacologiche della SP, dell’NKA e dell’NKB ha portato all’identificazione di tre distinti recettori NK, ognuno con un ligando preferito: la SP lega preferenzialmente il recettore NK1, mentre l’NKA e l’NKB mostrano preferenze rispettivamente per l’NK2 e l’NK3 (Hökfelt et al., 2001, Saria, 1999). Comunque, ogni NK possiede proprietà opposte a tutti e tre, ma l’attività biologica di questi sistemi appare essere governata dalla co-localizzazione e dall’affinità delle varie NKs a differenti recettori NK (Saria, 1999). Il recettore NK1, originariamente definito sulla base dei criteri farmacologici, è stato strutturalmente identificato come il prodotto di un singolo gene che codifica una proteina di lunghezza variabile in varie specie di mammiferi; il prodotto del gene maturo del recettore NK1 può essere considerato un membro della superfamiglia dei recettori accoppiati a proteine G (Yokota et al., 1989; Hershey e Krause., 1990). In accordo con la nomenclatura di Montreal, il recettore NK1 è il mediatore di attività biologiche codificato dalla sequenza C-terminale delle tachichinine per il quale la SP è l’agonista più potente rispetto alla neurochinina A (NKA) o neurochinina B (NKB). Sebbene la SP è il ligando preferito dei recettori NK1 (affinità 0,05-0,5 nM) (Regoli et al., 1994), tutte le tachichinine che condividono la stessa sequenza aminoacidica all’estremità carbossiterminale che essenzialmente dètta la loro attività biologica, mostra molti gradi di cross-reattività verso i recettori delle tachichinine (Hardwick 40 INTRODUZIONE et al., 1997) (Fig. 9). La sequenza dei recettori NK1 clonata mostra un alto grado di omologia con quella di diverse specie tra cui l’uomo, il topo, il ratto e il porcellino d’India (Gerard et al., 1993). Il sequenziamento del recettore NK1 umano e del ratto mostra un grado di Figura 9 Rappresentazione schematica del recettore NK1 umano (adottato da Regoli et al.(1994). similarità tra le due specie del 92% (Gerard et al., 1991). Comunque, quando si utilizzano antagonisti selettivi dell’NK1 ci sono discrete variazioni tra le specie. Queste variazioni riguardano la posizione 116 e la posizione 290 che contengono Val e Ile nel recettore umano e Leu e Ser in quello del ratto e del topo (Fong et al., 1992; Sachais et al., 1993). L’analisi del grado di restrizione del DNA genomico da cellule ibride topo e uomo indica che il recettore NK1 è localizzato in singola copia sul cromosoma umano 2 (Gerard et al., 1991). Il recettore NK1 ha una regione non trascritta 5’ relativamente lunga rispetto a quella degli altri recettori delle tachichinine, che è preceduta da una singola sequenza TATAAA (Hershey e Krause, 1990). L’analisi della regione 5’ non trascritta rivela un elemento responsivo all’AMP ciclico (CREB) legante il calcio a 625 paia di basi, che è adiacente alla sequenza TATAAA. La stimolazione del recettore NK1 conduce al turnover dell’inositolo 1,4,5- trifosfato intracellulare con conseguente aumento del calcio intracellulare. Così, l’elemento CREB/calcio potrebbe portare i geni a rispondere agli elevati livelli di calcio o AMP ciclico con aumento della trascrizione genica (Regoli et al., 1994). Questa sequenza potrebbe giocare un ruolo importante nell’intensa o prolungata stimolazione dell’NK1, mentre le risposte dell’NK1 sono rapidamente desensibilizzanti e perciò potrebbe esistere un elemento risensibilizzatore. Studi di radiolabelling e mutagenesi 41 INTRODUZIONE suggeriscono che l’estremità carbossiterminale contiene una sequenza idrofobica, GLM-NH2, in base a cui la SP si inserisce nella tasca di legame del ligando idrofobico (transmembrana II e VII) tra il dominio transmembrana e la superficie extracellulare e il centro del doppio strato fosfolipidico (Huang et al., 1994). Il resto della molecola della SP interagisce con gli aminoacidi sulla superficie extracellulare del recettore. Cellule CHO trasfettate con i recettori NK1 dimostrano che questo recettore si accoppia a proteine Gq/11, Gαs e Gα0 (Roush e Kwatra, 1998). Approssimativamente il 30% dei residui dell’estremità carbossi-terminale citoplasmatica del recettore NK1 sono serine e treonine. Questi sono potenziali siti per la fosforilazione dei recettori accoppiati alla proteina G (Nakanishi, 1991). La stimolazione del recettore NK1 attiva la fosfolipasi Cβ che porta ad un incremento transiente dell’ IP3 e della concentrazione citosolica del calcio, la fosfolipasi A2 induce un incremento nella mobilizzazione dell’acido arachidonico (Garcia et al., 1994) e l’adenilato ciclasi evoca l’accumulo della adenosina ciclica monofosfato (Takeda et al., 1992). Comunque non appare esserci un cross-talk tra accumulo di cAMP e formazione di IP3 (Sagan et al., 1996). Nel sistema nervoso centrale l’espressione dei recettori NK1 è più alta nel putamen-caudato e nel collicolo superiore con moderati e bassi livelli di recettori NK1 trovati nel collicolo inferiore, bulbo olfattivo, ipotalamo, ippocampo, sostanza nigra e corteccia cerebrale, setto striato, ipotalamo, mesencefalo e corna dorsale del midollo spinale (Dam e Quirion, 1986; Shults et al., 1984). Recentemente è stata utilizzata una nuova tecnica che combina l’immunoistochimica con la fluorescenza e il microscopio confocale per identificare la localizzazione del recettore NK1. In questi studi la SP può indurre l’internalizzazione nei neuroni dei recettori NK1 nelle lamine I, II, X e un numero di neuroni nelle lamine III-V del midollo spinale dorsale. Nel sistema nervoso 42 INTRODUZIONE periferico l’espressione dei recettori NK1 è stata dimostrata nel ratto (Dray e Pinnock, 1982; Li e Zhao, 1998) e topo DRGs (Andoh et al., 1996), nei neuroni intrinseci dell’intestino (Sternini et al., 1995) e in assoni non mielinizzati nella pelle glabra (Carlton et al., 1996). La discrepanza tra l’espressione della SP e i suoi siti di legame potrebbe indicare la coesistenza di altre tachichinine e dei loro rispettivi recettori nello stesso tessuto. 4.2 Distribuzione e funzioni dell’NK1 Il recettore NK1 delle tachichinine è ampiamente distribuito sia nel sistema nervoso centrale che in quello periferico. Nel SNC questi recettori sono coinvolti in molte risposte comportamentali (Sivam et al., 1989; Humpel et al., 1990; Shibata et al., 1990; Shirayama et al., 1996) e nella regolazione della sopravvivenza e della degenerazione neuronale (Narumi e Fujita, 1978; Narumi e Maki, 1978; Iwasaki et al., 1989; Calvo et al., 1996; Jonsson e Hallman, 1982; Heath et al., 1995; De Felipe et al., 1995; Taoka et al., 1996); inoltre regolano la funzione cardiovascolare (Unger et al., 1988; Itoi et al., 1992; Saigo et al.,1993; Culman et al., 1995; Culman et al., 1997; Kalia et al., 1984; Lindefors et al., 1986; Feldman, 1995) e respiratoria (Chen et al., 1990; Rampin et al., 1993; Srinivasan et al., 1991; Yamamoto et al., 1992) e sono implicati nell’attivazione del riflesso emetico (Ladic e Bunchan, 1996; Boissonade e Davison, 1997; Gardner et al., 1994; Watson et al., 1995; Andrews et al., 1996; Tattersall et al., 1996; Rupniak et al., 1997). A livello del midollo spinale sono attivati durante la trasmissione sinaptica, specialmente in risposta a stimoli nocivi applicati al campo recettivo di neuroni afferenti primari (Kuwahara et al., 1987; Stucky et al., 1994; Hanesch et al., 1995; Schafer et al., 1993; McCarson e Krause, 1994; Abbadie et al., 1996; Yashpal et al., 43 INTRODUZIONE 1994; Manthy et al., 1995; McCarson e Krause, 1996). Prove neurofisiologiche e comportamentali supportano un ruolo di questi recettori spinali nella trasmissione del dolore (Lembeck, 1953). I recettori NK1 spinali modulano anche i riflessi autonomi (Charlton e Helke, 1985a, b; Buck et al., 1986; Yashpal et al., 1990), incluso il riflesso della minzione (Maggi, 1991b; Kawatani et al., 1993; Lecci et al., 1993). Nel sistema nervoso periferico sono ampiamente espressi nel tratto respiratorio (Maggi et al., 1995; Bowden et al., 1996), genitourinario (Maggi, 1993; Maggi et al., 1992; Alm et al., 1978; Hua et al., 1987; Maggi et al., 1992) e gastrointestinale (Bartho’ e Holzer, 1985; Holzer e Holzer-Petsche, 1997a, b; Burcher et al., 1984; Burcher et al., 1986; Rothstein et al., 1991; Mussap e Burcher 1993; Mantyh et al., 1989; Sternini et al., 1995) e anche da parecchi tipi di cellule infiammatorie e immunitarie (Maggi, 1997; Baluk et al., 1995; Matsuda et al., 1989; Yano et al., 1989; Lotz et al., 1988; Laurenzi et al., 1990). Nel sistema cardiovascolare mediano la vasodilatazione endotelio-dipendente (Pacicca et al., 1992; Zhang et al., 1994; Kuroiwa et al., 1995) e l’extravasazione delle proteine plasmatiche (Jancsò et al., 1967; Jancsò et al., 1968). A livello del respiratorio mediano l’infiammazione neurogenica che è specialmente evidente dopo esposizione delle vie aeree a sostanze irritanti (Maggi et al., 1995). Nel glomo carotideo mediano la risposta ventilatoria all’ipossia (Prabhakar et al., 1993; De Sanctis et al., 1994). Nel sistema gastrointestinale, mediano la contrazione della muscolatura liscia (Bartho’ e Holzer, 1985; Holzer e Holzer-Petsche, 1997a, b), regolano la secrezione di acqua e ioni (Parsons et al., 1992; Brown et al., 1992; Reddix e Cooke, 1992; Cox et al., 1993) e mediano la comunicazione neuro-neuronale (Bartho’ e Holzer, 1985). Nel tratto genitourinario, sono ampiamente distribuiti nella pelvi renale, uretere, vescica urinaria e uretra e mediano la contrazione della muscolatura liscia e l’infiammazione in risposta a 44 INTRODUZIONE stimoli nocivi (Maggi, 1993). Basandosi sulle conoscenze riguardo la loro distribuzione e i loro ruoli patofisiologici è stato anticipato che gli antagonisti del recettore NK1 potrebbero essere utilizzati per produrre analgesia (Nagahisa et al., 1992), come antiemetici (Kris et al., 1996) e per il trattamento di certe forme di incontinenza urinaria a causa di iperreflessia del detrusore (Lecci et al., 1993; Ishizuka et al., 1995). Nel sistema nervoso periferico, gli antagonisti dei recettori NK1 potrebbero essere utilizzati in parecchie infiammazioni incluse l’artrite, disordini infiammatori intestinali e cistiti. La distribuzione dei recettori NK1 che preferiscono la SP, nel sistema nervoso centrale dei mammiferi, è stata studiata tramite autoradiografia (Shults et al., 1982; Manthy et al., 1984, 1989; Saffroy et al., 1988, 2003), studi di ibridazione in situ per valutare l’espressione dell’mRNA che codifica per il recettore (Maeno et al., 1993; Caberlotto et al., 2003) e tramite immunoistochimica (Nakaya et al., 1994, Barbaresi, 1998) portando prove per un’ ampia ma distinta distribuzione dei recettori NK1 nel cervello dei mammiferi. I recettori NK1 sono stati identificati in aree coinvolte nel controllo dell’ansia e delle risposte a stress, come la corteccia prefrontale, l’ippocampo, il caudato putamen, il setto laterale, il nucleo accumbens, l’amigdala e vari nuclei ipotalamici, così come la PAG (Barbaresi, 1998), l’abenula, il rafe dorsale e il locus ceruleus. Sebbene in molte di queste aree c’è buon accordo tra distribuzione delle fibre contenenti la SP e i recettori NK1, un aspetto interessante è un apparente disaccordo tra SP e recettori NK1 in molte aree (Shults et al., 1984; Nakaya et al., 1994). Più particolarmente, nella sostanza nigra la concentrazione della SP è estremamente elevata, mentre l’espressione dei recettori NK1 è veramente bassa. Le ragioni per questi mismatches potrebbero essere fattori tecnici o l’esistenza di sottotipi ancora sconosciuti dei 45 INTRODUZIONE recettori delle neurochinine (Herkenham, 1987). Un’altra spiegazione per questa discontinuità anatomica tra i siti di rilascio e i potenziali bersagli dovrebbe essere l’esteso rilascio e la capacità neuromodulatoria dei neuropeptidi. In confronto ai classici trasmettitori, i neuropeptidi possono essere rilasciati non sinapticamente da multipli siti della membrana neuronale (inclusi i dendriti) e sembra persistere nel fluido extracellulare relativamente per lunghi periodi di tempo. Perciò, dovrebbero essere capaci di diffondere a distanze considerevoli e agire su bersagli relativamente distanti (Landgrafe Neumann, 2004). 46 SCOPO DEL LAVORO Capitolo V SCOPO DEL LAVORO Come si è visto, la SP è un neuropeptide che esercita i suoi effetti attraverso il legame con il recettore Neurokinina 1 (NK1). Dati gli effetti neuromodulatori e l’ampia distribuzione della SP nel cervello di molte specie, il sistema SP/NK1 è uno tra i più studiati. Nell’ultimo decennio, numerosi studi hanno dimostrato il coinvolgimento del sistema SP/NK1 nella regolazione dello stress e dell’ansia. Fino a poco tempo fa la SP era considerata il principale neurotrasmettitore/ neuromodulatore nella trasmissione del dolore. Ultimamente si è osservato come la diffusa e divergente distribuzione del sistema SP/NK1 nel cervello possa servire a modulare le risposte fisiologiche e comportamentali a stimoli nocivi e che generano stress. Prove evidenti suggeriscono che stimoli stressori portano ad un’intensa espressione della SP in aree cerebrali fondamentali nel modulare le risposte a tali stimoli e nel regolare comportamenti affettivi come l’amigdala, il setto, l’ipotalamo, l’ippocampo, lo striato, il nucleo accumbens, la PAG e il nucleo del rafe. La distribuzione della SP nel SNC, generalmente corrisponde a quella del suo recettore, anche se con delle eccezioni (Saria, 1999; Quartara e Maggi, 1998; Nakaya et al., 1994), come per esempio nella corteccia cerebrale. Numerosi sono gli studi di autoradiografia e di immunoistochimica che hanno evidenziato la presenza del recettore NK1 nella corteccia cerebrale di diverse specie: ratti, gerbilli, porcellini d’India e scimmie (Rigby et al., 2005; Saffroy et al., 2003; Kaneko et al., 1994), ma non è stato ancora visto come questo recettore varia durante lo sviluppo post-natale. 47 SCOPO DEL LAVORO Per questo motivo nel mio studio, ho indagato la presenza, la distribuzione e l’espressione del recettore NK1 mediante reazioni di immunocitochimica e biochimico-molecolari, nella corteccia somatosensoriale di ratto a diverse età. 48 MATERIALI E METODI Capitolo VI MATERIALI E METODI 6.1 Animali In tutti gli esperimenti sono stati utilizzati ratti albini (Sprague-Dawley; Charles River, Milano, Italia) di diversa età: di meno di 24 ore (P0), di 5 giorni (P5), 10 (P10), 15 (P15), 20 (P20) e 30 giorni (P30). In totale sono stati utilizzati sei ratti per ogni età: tre per reazioni di immunocitochimica e tre per analisi biochimicomolecolari (Western Blotting). La gestione e la cura degli animali sono state approvate dalla Commissione Etica per la Ricerca Animale dell’Università Politecnica delle Marche. Gli esperimenti sono stati condotti in accordo con la Direttiva 86/609 del Consiglio della Comunità Europea (24 Novembre, 1986) e approvati dal servizio veterinario locale. Tutte le procedure sperimentali seguite nel trattamento e sacrificio degli animali sono state condotte in accordo con le linee guida del National Institute of Medical Reserch statunitense e approvate dal comitato etico dell’Università Politecnica delle Marche. Gli animali sono stati alloggiati in gabbie con illuminazione regolata in modo automatico in cicli di 12 ore di luce e 12 ore di buio; l’accesso all’acqua era libero. 6.2 Immuocitochimica Gli animali sono stati anestetizzati con un’iniezione intraperitoneale di cloralio idrato al 12% in tampone fosfato (PB) (0,1M, pH 7.4) e perfusi per via transcardiaca con una soluzione fisiologica seguita da una soluzione fresca di paraformaldeide al 4% e acido picrico al 50% in PB. 49 MATERIALI E METODI Successivamente, i cervelli sono stati rimossi, post-fissati per 12 ore a 4°C nella stessa soluzione usata per la perfusione, posti in soluzioni crescenti di crioprotettore (soluzioni di saccarosio in PB al 10, 20, 30%) e quindi tagliati al microtomo congelatore in sezioni adiacenti di 60 e 90 μm di spessore. Le sezioni di 60 μm di spessore sono state colorate con la tecnica di Nissl (blu di toluidina all’1% in soluzione acquosa) (vedi paragrafo 6.3) mentre quelle da 90 μm sono state usate per la visualizzazione immunocitochimica dell’NK1. 6.2.1 Anticorpi utilizzati Per l’immunocitochimica si è utilizzato l’anticorpo contro il recettore NK1 che ci è stato gentilmente fornito dal Professor R. Shigemoto (Nationl Institute for Physicological Sciences, Okazaki, Japan). La produzione, la purificazione e la caratterizzazione di questo siero diretto ai residui aminoacidici , 349–407 della porzione intracellulare all’estremità C-terminale dell’NK1 clonato sono state riportate precedentemente (Shigemoto et al.,1993). Per il Western Blotting invece, si è utilizzato l’anticorpo Anti-substance P receptor, pain della Millipore (Billerica, MA). 6.2.2 Procedura Le sezioni da 90 μm utilizzate per l’immunocitochimica sono state dapprima sottoposte ad un trattamento con acqua ossigenata (0,3% in tampone fosfato salino; PBS, 0,1M, pH 7,6; 30 minuti) per rimuovere l’attività della perossidasi endogena e quindi lavate in PBS (5 minuti x 3). Per eliminare legami aspecifici, le sezioni sono state successivamente incubate in Normal Goat Serum (NGS al 2% in PBS) con 0,3% Triton X-100 (1 ora; temperatura ambiente) e quindi poste in anticorpo 50 MATERIALI E METODI primario disciolto in NGS all’1%, per 2 ore a temperatura ambiente e poi per 12 ore a 4°C. Il giorno successivo le sezioni sono state più volte lavate in PBS (5 min x 3), poste in NGS al 10% (30 minuti; temperatura ambiente) e poi incubate per 1 ora in anticorpo secondario biotinilato anti-coniglio preparato in capra, diluito 1:100 in PBS (bGAR, Vector, Burlingame, CA, BA-1000). Dopo altri lavaggi in PBS, le sezioni sono state incubate in una soluzione contenente il complesso Avidina-BiotinaPerossidasi (ABC, Vector Laboratories) per un’ora a temperatura ambiente e dopo molti e prolungati lavaggi (10 min x5 ) sono state fatte reagire con una soluzione di DAB (3’3’diaminobenzidinatetraidrocloruro; Sigma, St Louis, MO, USA) 0,05% in Tris 0,05M con 0,03% di acqua ossigenata. Le sezioni sono state montate su vetrini cromallumati, lasciate asciugare all’aria, e disidratate. I vetrini sono stati poi coperti con coprioggetto utilizzando la soluzione di Eukitt (Kindler GmbH e Co.,Freiburg,Germany). Le sezioni sono state infine esaminate al microscopio ottico Leitz Orthoplan (Wetzlar, Germany). 6.3 Colorazione di Nissl Le sezioni di 60 μm adiacenti a quelle utilizzate per l’immunocitochimica sono state colorate con la tecnica di Nissl che consiste nell’utilizzo di un colorante basico, la tionina all’1% in soluzione acquosa che colora di blu gli acidi nucleici, in particolare l’RNA citoplasmatico contenuto nei ribosomi liberi e nel RER. Questa tecnica permette così di studiare la citoarchittetonica neuronale, permettendo di discriminare i sei strati della corteccia cerebrale (Fig. 1a). 6.4 Analisi dei dati La distribuzione dei neuroni NK1 positivi e lo studio della loro morfologia sono state 51 MATERIALI E METODI effettuate mediante l’ausilio di una camera lucida posta su un microscopio Leitz Dialux che montava obiettivi 4x,10x,40x e 100x. i primi 3 obiettivi sono stati utilizati per la distribuzione mentre il 100x per la morfologia. I disegni sono stati scannerizzati (risoluzione. 300 DPI) con uno scanner Epson perfection 3170 (Epson, Nagano), collegato ad un computer HP (Microsoft). 6.5 Raccolta dei campioni di corteccia cerebrale per analisi biochimichemolecolari Sono stati prelevati chirurgicamente 3 campioni di corteccia cerebrale per ogni età (P0, P5, P10, P15, P20, P30), posti poi in un tampone di lisi formato da saccarosio 0,32M, EDTA 1mM e inibitori delle proteasi (Protease Inhibitor Cocktail, SIGMAALDRICH,Milano,Italia), prima di essere trattati come segue (Paragrafo 6.6). 6.6 Preparazione degli estratti proteici da tessuto Essendo la nostra proteina di interesse (NK1) un recettore, i campioni sono stati trattati secondo il seguente protocollo (modificato da Danbolt et al., 1990). I tessuti, una volta prelevati, sono stati pesati e omogenati, con omogeneizzatori tipo Potter (Fig. 10) in sei volumi di Figura 10 Potter utilizzato per l’omogenizzazione dei tessuti. tampone di lisi e centrifugati a 1000g per 10 minuti a 4°C. Il sopranatante ottenuto da ogni campione è stato centrifugato a 27000g per 20 minuti a 4°C. Il pellet neoformato è stato risospeso in 10 volumi di buffer ipotonico (EDTA 1mM, Tris-HCl 1mM, pH 7,4) e poi centrifugato di nuovo a 27000g per 20 minuti a 4°C. I pellet neoformati sono stati risospesi in 6 volumi di tampone di omogeneizzazione e centrifugati a 27000g per 20 minuti a 4°C. I pellet formati 52 MATERIALI E METODI (Frazioni Crude di Membrane Plasmatiche Sinaptiche) sono stati risospesi in tampone di omogeneizzazione e conservati a -80°C fino all’uso. 6.7 Determinazione della concentrazione proteica La concentrazione delle proteine è stata misurata con il metodo di Bradford (Bradford,1976). Il reattivo è costituito da Blu Brillante di Coomassie G-250 allo 0,01%, in etanolo al 4,7% ed acido fosforico all’8,5%. Tale colorante, in seguito al legame con il materiale proteico, sposta il suo massimo di assorbimento da 465nm a 595nm. La D.O. a 595nm del complesso proteina-reattivo è direttamente proporzionale alla quantità della proteina nell’intervallo 2-10mg. Costruendo una retta di taratura (nel range 2-10mg) tramite l’utilizzo di una proteina standard, la siero albumina bovina, è possibile risalire, dalla D.O. a 595nm, alla sua concentrazione proteica. Tale procedura è stata ripetuta per 3-4 volte con quantità diverse di ciascun estratto, per poi fare la media dei valori ottenuti. 6.8 Western Blotting sui tessuti di corteccia 6.8.1 Elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) Per ciò che riguarda la preparazione dei campioni, aliquote da 50μg (una per ogni campione di corteccia) sono state unite a Sample Buffer 1X (Tris-HCl 1M, pH6,8 con β-mercaptoetanolo 1%, glicerolo 10%, SDS 2%, e blu di bromofenolo 0,03%) e poi fatte bollire per 5 minuti. Tutti i campioni, una volta raffreddati, sono stati quindi caricati, assieme allo standard (Kaleidoscope Prestained Standards, Bio-Rad Laboratories, Hescules, CA), in un gel di poliacrilamide al 10% montato in una cella elettrolitica (Mini- 53 MATERIALI E METODI PROTEAN II Electrophoresis Cell, Bio-Rad) posta in ghiaccio. I campioni sono stati quindi sottoposti ad una corsa elettroforetica a 110mV per circa 3 ore (in tampone Tris 0,1M, pH 8,3 con glicina 0,9M e SDS 0,017M). 6.8.2 Trasferimento su membrana di nitrocellulosa Terminata la corsa elettroforetica è stato effettuato il trasferimento delle proteine dal gel ad una membrana di nitrocellulosa (Trans-Blot, Bio-Rad Laboratories, 0,2 μm). Il gel è stato immerso nel tampone di trasferimento (Tris-base 20mM, glicina 150mM, metanolo 20%) con le spugne e i pezzi di carta da filtro precedentemente tagliati della loro stessa dimensione. La membrana di nitrocellulosa, tagliata anch’essa della stessa dimensione del gel, è stata prima immersa in acqua e poi mantenuta nel buffer di trasferimento. Si è quindi proceduto con l’assemblaggio del sistema di trasferimento. Il trasferimento è stato protratto per 3 ore a voltaggio costante (36V) (Mini Trans-Blot Electrophoretic Transfer Cell, Bio-Rad Laboratories). Per verificare la presenza delle proteine sulla membrana di nitrocellulosa, quest’ultima è stata immersa in un colorante per proteine (Rosso Ponceau 0,2%, acido tricloroacetico 3%) per 1 minuto e lavata in acqua distillata. La membrana decolorata è stata posta poi in PBS-T (PBS + Tween 0,1%) e successivamente incubata, sotto agitazione, prima con un tampone di bloccaggio (PBS-T + DFM 5%) per 2 ore e poi con l’anticorpo primario (Anti-substance P receptor, pain; Millipore, Billerica, MA) diluito 1:1000 per tutta la notte a 4°C. Per la visualizzazione della banda della β-actina, proteina utilizzata quale housekeeping per la normalizzazione dei dati, le membrane sono state incubate con l’anticorpo primario monoclonale anti-β-actina (SIGMA) per tutta la notte a 4°C. il giorno successivo, dopo 8 lavaggi di 8 minuti ciascuno con il PBS-T la membrana è 54 MATERIALI E METODI stata incubata con l’ anticorpo secondario anti IgG coniugato con la perossidasi di rafano (PI-1000, Vector) diluito 1:1000 in PBS-T + BSA 5% per 2 ore. La membrana dopo l’incubazione con l’anticorpo secondario è stata ancora lavata 8 volte in un’ora con PBS-T e poi con H2O deionizzata. 6.9 Preparazione e sviluppo delle lastre La membrana è stata incubata per 5 minuti con il substrato chemiluminescente (SuperSignal West Pico RPN 21089, Rockford, IL). Si è proceduto poi allo sviluppo tramite il programma Quantity One (BIORAD). 6.10 Densitometria Con il programma Quantity One inizialmente si sono definite le bande sulle immagini, in modo che esse avessero una larghezza corretta ed una esatta altezza. Il programma trasforma ogni banda in una gaussiana in cui nell’asse delle x viene riportata l’altezza della banda in millimetri calcolata lungo la linea verticale di corsa del campione e in quello delle y il valore medio di intensità (in scala di grigio) di tutti i pixels compresi in ciascun millimetro di altezza in cui la banda può essere scomposta. Dall’opportuno aggiustamento della linea di base, l’area sottesa dalla curva è la misura della densità della banda e quindi della quantità corrispondente di proteina, espressa in intensità per millimetro. 6.10.1 Analisi statistica I risultati ottenuti sono stati presentati come media + deviazione standard (SD). L’analisi statistica dei livelli proteici dell’NK1 è stata effettuata utilizzando il programma ANOVA (PRISM version 4 for windows: GraphPad Software Inc, San 55 MATERIALI E METODI Diego, CA); p ≤ 0.05 significatività bassa (*), p ≤ 0,01 significatività media (**) e p ≤ 0,001 (***) significatività alta. 56 RISULTATI Capitolo VII RISULTATI 7.1 Distribuzione corticale dei neuroni positivi per il recettore NK1 Le reazioni di immunocitochimica nella corteccia parietale di ratto hanno evidenziato una diversa distribuzione dei neuroni positivi per l’NK1 in funzione dell’età. In figura 11 si possono osservare sezioni rappresentative di corteccia parietale di ratto, da P0 a P30, trattate per la reazione di immunocitochimica per l’NK1 (Fig. 11 A- F) e quelle adiacenti controcolorate con tionina (Fig. 11 A’- F’). L’analisi delle lamine corticali eseguita nelle sezioni controcolorate, ha rivelato che la corteccia cerebrale dei ratti a P0 è composta da tre strati orizzontali. Il primo, immediatamente al di sotto della pia è privo di cellule e viene definito zona marginale (MZ). Sotto la zona marginale c’è un’ampia banda di cellule che si estende fino alla sostanza bianca e appare divisa in due strati; lo strato superiore è altamente ricco di cellule strettamente ammassate e viene definito cortical plate (CP) per la somiglianza con la cortical plate visibile nel cervello dei ratti nel periodo fetale. Lo strato sottostante la cortical plate, in cui i somi sono più radi e grandi, corrisponde alla porzione esterna della zona intermedia nella terminologia della Boulder Committee e viene denominato sub-cortical plate (SCP) (Kristt D.A. 1978). A P5 le osservazioni al microscopio ottico delle sezioni controcolorate hanno rivelato che gli strati corticali sono qualitativamente simili a quelli osservati in P0. A partire da P5 la corteccia cerebrale va incontro a profonde trasformazioni tanto che a P10 si inizia a distinguere la tipica laminazione corticale (I, II/III, IV, V e VI strato). 57 RISULTATI Figura 11 La figura mostra sezioni di corteccia cerebrale a P0-P5-P10-P15-P20-P30 reagite con l’NK1 (A, B, C, D, E, F) e sezioni adiacenti controcolorate con tionina (A’, B’, C’, D’, E’, F’). Gli asterischi indicano gli stessi vasi sanguigni. Taratura: 250 µm. 58 RISULTATI Figura 11 59 RISULTATI Figura 12 Distribuzione laminare (A) e relative percentuali (B) dei neuroni NK1 positivi a diverse età di sviluppo post-natale. Taratura: 250µm. 60 RISULTATI Comparando le sezioni reagite con l’immunocitochimica con quelle controcolorate si nota che tra P0 e P5 il 93 - 94% dei neuroni NK1 positivi sono localizzati nella subcortical plate (Fig. 12). Da P10 in poi la distribuzione laminare dei neuroni NK1 positivi cambia; sebbene in percentuali diverse, detti neuroni, sono presenti in tutti gli strati corticali. Nell’intervallo P10 - P30 la laminazione dei neuroni NK1 positivi rimane abbastanza simile. I neuroni sono più numerosi negli strati infragranulari dove raggiungono percentuali che oscillano tra il 57% ed il 60% (in media il 35% nel VI strato e il 24% nel V strato; Fig. 12). Un discreto numero di neuroni è stato riscontrato nel II/III strato con percentuali che oscillano tra il 23 e il 26% e percentuali che variano tra il 13 - 14% sono state trovate nel IV strato (Fig. 12). Pertanto negli strati sovra granulari (II - IV strato), la percentuale dei neuroni NK1 positivi oscilla tra il 36 e il 39% (Fig. 12). Un esiguo numero di neuroni è presente nel primo strato con percentuali che variano tra il 2 e il 4% (Fig. 12). Il numero dei neuroni presenti in ogni strato nelle diverse età e le relative percentuali sono espresse nella Tabella 2. 61 RISULTATI MZ N(%) P0 P5 0 0 CP N(%) 19 (6,69%) 31 (5,12%) SCP N(%) 265 (93,31%) 574 (94,55%) P10 P15 P20 P30 I N(%) II/III N(%) IV N(%) V N(%) VI N(%) TOTALE 284 605 50 (2,21%) 188 (4,01%) 63 (3,43%) 131 (3,57%) 523 (23,11%) 1095 (23,41%) 449 (24,46%) 953 (25,99%) 331 (14,63%) 617 (13,19%) 243 (13,24%) 480 (13,09%) 563 (24,88%) 1092 (23,35%) 415 (22,60%) 914 (24,93%) 796 (35,17%) 1685 (36,03%) 666 (36,27%) 1189 (32,42%) 2263 4677 1836 3667 Tabella 2 Numero (N) e relativa percentuale (%) dei neuroni presenti in ogni strato della corteccia alle diverse età. 7.2 Morfologia dei neuroni Nelle figure 13a e 13b viene mostrata la morfologia di alcuni dei neuroni positivi per l’NK1 rappresentativi di ogni età. Dalle osservazioni eseguite è stato possibile notare che nei ratti a P0 e P5 (Fig. 13a: A, B, C, D, E) i neuroni hanno un soma circolare o ovale molto piccolo (con un diametro di circa 10 µm) e talvolta di forma irregolare. Dal soma di questi neuroni si dipartono uno o più dendriti molto spessi (dendriti principali) che si assottigliano a mano a mano che si allontanano dal corpo cellulare (Fig. 13a: A, B, C, D, E) e da cui si diramano dendriti molto più sottili (dendriti secondari) alla cui estremità, in molti casi, sono state osservate formazioni digitiformi denominate coni di accrescimento (in figura 14a sono evidenziati con una freccia). Lungo i dendriti secondari sono state inoltre osservate delle varicosità e in alcuni casi piccole estroflessioni tubulari interpretate come protospine (Fig. 14a: A-P0, neuroni 1, 2, 3). A partire da P5 il diametro dei somi delle cellule NK1 positive va progressivamente aumentando e da P10 in poi le dimensioni di questi neuroni non sembrano subire ulteriori incrementi. Le morfologie dei somi dei neuroni NK1 positivi cambiano con l’età, le forme irregolari da P10 in poi vanno scomparendo e i dendriti principali diminuiscono di 62 RISULTATI spessore; solo in rare occasioni e in età comprese tra P10 e P20, sono stati osservati neuroni dal cui soma si staccava un dendrite molto spesso (Fig. 13b: B, E e Fig. 14b: A-P15 neuroni 1 e 2 e B-P20 neurone 1). All’aumentare delle dimensioni dei somi corrisponde anche un aumento delle dimensioni dell’area occupata dall’albero dendritico (Fig. 13a: G - H – I - L - M e Fig. 13b), da P10 a P30 i dendriti si assottigliano, aumentano di numero ed è possibile notare un incremento nel numero delle spine dendritiche (Figura 15: A’’, B, D, E e G’’) e la comparsa di spine somatiche (Figura 15: C, F e G’) 63 RISULTATI Figura 13a Esempi di neuroni a P0, localizzati nella SCP (A, B, C); esempi di neuroni a P5 (C, D, E), tutti presenti nella CP; esempi di neuroni a P10, presenti nel V strato (L) e VI strato corticale (G, H, I, M). Taratura: 25µm. 64 RISULTATI Figura 13b A: striscia di corteccia parietale a P15 con la divisione in strati. Taratura 50 µm. Esempi di neuroni a P15, tutti nel II/III strato (A’, B); esempi di neuroni a P20, presenti nel II/III strato (C, D, E, F) e nel VI (G); esempi di neuroni a P30, presenti nel II/III strato (H), nel VI (I) e nel IV (L). Taratura: 25µm. 65 RISULTATI Figura 14a Camera lucida di alcuni neuroni corticali positivi per l’NK1: P0 (A), P5 (B) e P10 (C). Le frecce indicano i coni di accrescimento. Taratura 100 µn. 66 RISULTATI Figura 14b Camera lucida di neuroni corticali positivi per l’NK1: P15 (A), P20 (B) e P30 (C). Taratura 100 µm. 67 RISULTATI Figura 15 Spine e coni di accrescimento. Neuroni a P10 che mostrano coni di accrescimento (A’), varicosità (A’’, B), spine dendritiche (A’’, B) e somatiche (C); spine dendritiche a P15 (D, E); spine dendritiche (G’) e somatiche (G’’) a P30. Taratura 25 µm. 68 RISULTATI 7.3 Western Blotting dei tessuti di corteccia cerebrale La figura 16a mostra un’immagine rappresentativa dell’espressione proteica del recettore dell’NK1 (sequenza troncata che corrisponde a 23 aminoacidi dall’estremità COOH) sui campioni di tessuto di corteccia cerebrale (da P0 a P30) ottenuta mediante Western Blotting. Il peso molecolare di tale forma troncata è di circa 35 KDa (Fig. 16a). Come si può osservare la banda dell’NK1 mostra differenze quantitative tra i campioni; a P0 è flebile e poco rilevabile, poi diventa sempre più nitida e scura. Quindi si nota un aumento di espressione dell’NK1 che è direttamente proporzionale all’aumentare dell’età. Nella figura 16b è invece riportata l’espressione proteica in Western Blotting della βactina negli stessi lisati di tessuto cerebrale. La β-actina è stata utilizzata come controllo di caricamento ed i suoi valori di espressione, ottenuti dall’analisi densitometrica, sono stati usati per normalizzare i dati densitometrici relativi all’espressione dell’NK1. Figura 16a Figura 16b Figura 16 Espressione proteica dell’NK1 (a) e della β-actina (b) nei tessuti di corteccia cerebrale nello sviluppo post-natale del ratto. 69 RISULTATI 7.4 Analisi semiquantitativa dell’NK1 Con la densitometria (vedi paragrafo 6.10) sono stati calcolati i valori di intensità (in scala di grigio) dell’NK1 in tutti i campioni cerebrali. I valori ottenuti rapportati ai corrispondenti valori della β-actina, sono stati riportati in grafico come media + deviazione standard (Fig. 17): Intensità NK1 Intensità β-actina Figura 17 Analisi semiquantitativa dell’NK1 nello sviluppo post-natale della corteccia di ratto. *: bassa significatività; **: media significatività; ***: alta significatività. Dall’analisi semiquantitativa dell’NK1, sono risultate differenze di espressione nelle diverse età. Le più significative riguardano P15 - P20 - P30 in confronto sia a P0 che a P5 e P20 - P30 con P10. 70 DISCUSSIONE Capitolo VIII DISCUSSIONE Da questi esperimenti è risultato che il recettore NK1 è presente nella corteccia parietale di ratto sin dalla nascita e che la sua distribuzione varia durante lo sviluppo post-natale. A P0 e P5 i neuroni NK1 positivi sono di piccole dimensioni e tutti localizzati negli strati più profondi; da P10 a P30 invece si distribuiscono in tutti i sei strati della corteccia. Tale risultato, ottenuto in immunocitochimica, è in accordo con quanto ottenuto con il Western Blotting in cui si è osservato un aumento dell’espressione proteica dell’NK1 in funzione dell’età; infatti a P0 e P5 la quantità di NK1 espressa è poca, probabilmente dovuta alle piccole dimensioni dei somi dei neuroni; da P10, invece, l’espressione del recettore aumenta fino a P20 e P30, quando l’espressione proteica rimane pressocchè costante. A P0 e P5 si è detto che i neuroni sono tutti localizzati nella sub-cortical plate; questo perché i neuroni corticali nel ratto sono generati prima della nascita ma non raggiungono la loro posizione finale se non parecchi giorni dopo la nascita (Berry e Rogers, 1965; Lund e Mustari, 1977). Studi recenti suggeriscono che i neuroni della SCP inclusi quelli che si trovano nella sostanza bianca giocano un ruolo chiave durante le prime fasi dello sviluppo della corteccia cerebrale coordinando la formazione delle connessioni talamocorticali e corticocorticali (Friedlander e Torres-Reveron, 2009). Le cellule della SCP provengono dalla zona ventricolare sotto la corteccia cerebrale, migrando verso la cortical pre-plate (Stewart e Pearlman, 1987) che poi viene divisa nella MZ e nella 71 DISCUSSIONE SCP. Mentre i neuroni della CP danno origine alla maggior parte degli strati corticali (dal II al VI strato), i neuroni della MZ formano il primo strato; i neuroni della SCP diventano cellule interstiziali della sostanza bianca ed inoltre formano un compatto strato lungo il fondo del VI strato. Comunque, sebbene molte di queste cellule muoiono presto dopo l’innervazione della CP da parte degli assoni talamici, il 1020% sopravvive (Chun e Shatz, 1989; Torres-Reveron e Friedlander, 2007). Queste cellule rimangono per tutto lo sviluppo fino all’adulto, come una compressa banda sotto il VI strato (Valverde et al., 1989; Vandevelde et al., 1996; Reep e Goodwin, 1988; Clancy e Cullier, 1999). Queste cellule generano potenziali di azione e ricevono segnali sinaptici sia inibitori che eccitatori (Torres-Reveron e Friedlander, 2005); inoltre, conservano un fenotipo neuronale, ricevono segnali sinaptici da altri neuroni e innervano gli strati corticali. Torres-Reveron e Friedlander hanno anche dimostrato che queste cellule forniscono segnali sinaptici eccitatori glutamatergici ai neuroni del VI strato. Quindi, nonostante non si conosca ancora il ruolo di questi neuroni della SCP all’interno della corteccia matura, è dimostrato che questi svolgono importanti funzioni durante lo sviluppo della corteccia cerebrale e che una parte di queste cellule organizza una rete funzionale che potrebbe contribuire alle funzioni corticali (Friedlander e Torres-Reveron, 2009). La SP è uno dei neuropeptidi più conosciuti ed è ampiamente distribuito nel SNC dei mammiferi (Ohtsuka e Yoshioka, 1993). È implicata in diversi processi fisiologici e patofisiologici; studi recenti hanno dimostrato il suo ruolo nei meccanismi della nocicezione, in particolare nel midollo spinale (Hill, 2000), altri hanno stabilito un suo ruolo nelle funzioni del sistema nervoso, come nello stress (Ebner e Singewald, 2006; Commons 2010). Sono ancora scarse le prove per un coinvolgimento della SP nella regolazione del ciclo sonno-veglia (Nishino e Fujiki, 2007). Le prime 72 DISCUSSIONE discussioni riguardo la distribuzione della SP nel cervello dei mammiferi risalgono agli anni 70 (Hökfelt et al., 1975; Ljungdahl et al., 1978). In questi studi iniziali si utilizzavano anticorpi contro la sequenza carbossi-terminale del peptide, comune a tutte le neurochinine. Studi seguenti, invece, hanno utilizzato anticorpi che riconoscevano solo la SP ed hanno quindi permesso di determinare la localizzazione delle cellule, delle fibre e dei terminali positivi alla SP nel SNC dei mammiferi (Shults et al., 1984; Ribeiro-Da-Silva e Hökfelt, 2000). Un’intensa marcatura per la SP è stata osservata in aree che sono conosciute essere implicate nella modulazione dello stress e nella risposta a stimoli stressori come l’amigdala, il locus ceruleus, l’ipotalamo e la sostanza nigra, mentre una moderata marcatura è stata rilevata nel caudato putamen, nel nucleo accumbens e nel rafe, così come nella I lamina del midollo spinale. D’altra parte, bassi livelli di SP sono stati identificati nella corteccia cerebrale, cervelletto e ippocampo (Brownstein et al., 1976; Ljungdahl et al., 1978; Nakaja et al., 1994). La distribuzione dei recettori NK1 nel SNC dei mammiferi è stata studiata mediante autoradiografia (Rigby et al., 2005; Shults et al., 1982; Manthy et al., 1984, 1989; Saffroy et al., 1988, 2003), da studi di ibridazione in situ che analizzano l’espressione dell’mRNA codificante per il recettore (Maeno et al., 1993; Caberlotto et al., 2003) e da immuistochimica (Nakaya et al., 1994) che portano prove evidenti per un’ampia ma distinta distribuzione dei recettori NK1 nel cervello dei mammiferi. Una corrispondenza tra la distribuzione dei recettori NK1 e quella della SP è dimostrata da studi di elettrofisiologia, autoradiografia, immunoistochimica e di espressione dell’mRNA (Manthy et al., 1984; Nakaya et al., 1994; Maeno et al., 1993) nell’amigdala, nell’ipotalamo, nell’ippocampo, nel nucleo del rafe, nel tronco encefalico, nel locus ceruleus e nella PAG. In altre regioni come la sostanza nigra e il 73 DISCUSSIONE nucleo laterale interpeduncolare, invece, un’intensa marcatura della SP non appare essere accompagnata dalla co-espressione dei recettori NK1 (Saria, 1999; Quartara e Maggi, 1998; Nakaya et al., 1994). Questa discrepanza appare anche nella corteccia cerebrale. Zhang e Harlan (1994), infatti, utilizzando tecniche di immunocitochimica e ibridizzazione in situ hanno dimostrato che l’mRNA della SP e le cellule SP sono presenti in corteccia sin dalla nascita e sono molto abbondanti nel VI strato e nell’adiacente sostanza bianca; da P5 a P15 il loro numero decresce gradualmente, i neuroni si espandono lateralmente verso il V strato della corteccia parietale e temporale. Inoltre questi studi hanno dimostrato la presenza di un esiguo numero di cellule positive nel II strato. Al contrario, dai nostri esperimenti e da quelli di altri (Rigby et al., 2005; Dittrich et al., 2012) il recettore NK1 in corteccia è ampiamente espresso. Una ragione di queste discrepanze potrebbe essere l’esistenza di sottotipi di recettori delle neurochinine non ancora scoperte (Herkenham, 1987). Un’altra spiegazione per questa anatomica discontinuità tra i siti di rilascio e i potenziali bersagli potrebbero essere il diffuso rilascio e la capacità neuromodulatoria dei neuropeptidi comparata con i classici trasmettitori. I neuropeptidi possono essere rilasciati sinapticamente da siti mulipli della membrana neuronale (inclusi i dendriti) e sembrano persistere nel fluido extracellulare per lunghi periodi di tempo; inoltre sono in grado di diffondere a considerevoli distanze ed agire su bersagli lontani dalle zone di rilascio (secrezione paracrina) (Landgraf e Newmann, 2004; Shults et al., 1984; Liu et al., 1994). Inoltre come è stato detto da Herkenham è probabile che i neuroni che esprimono il recettore NK1 in regioni povere di SP potrebbero ricevere la SP rilasciata da terminali assonici di vari sistemi afferenti. 74 BIBLIOGRAFIA Abbadie, C., Brown, J. L., Mantyh, P. W., Basbaum, A. I. (1996). 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