I MITI DEL MARKETING E IL “TUNNEL VISION MARKETING” Il marketing è diventato parte essenziale della nostra esistenza, attività dai risvolti talvolta…ancora misteriosi che influenza profondamente le nostre vite: e, come avviene in tutti i tempi e tutte le civiltà, si creano e si tramandano dei miti e delle leggende. Questo si spiega, secondo la scienza, con “il bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere una contraddizione della natura, la spiegazione di un rito, di un atto formale che corrisponde ad esigenze della tribù, è struttura delle credenze di un gruppo, di un etnos” (da Wikipedia). Nella mia attività di consulente spesso - molto più spesso di quanto non si possa credere - mi scontro con dei miti, nel mio caso i miti del marketing: quello della “pubblicità gratis”, del “prodotto che si vende da solo”,del “male o bene basta che se ne parli”, delle “pubbliche relazioni fatte con le cene”, giusto per citarne alcuni. E costituiscono dei grossi problemi per il business, nel momento in cui l’ interlocutore a questi miti … crede, o, peggio ancora, ne viene intrappolato, causando la sindrome aziendale del "Tunnel Vision Marketing" (vale a dire la cecità nei confronti della realtà aziendale, sindrome che si manifesta con il gestire il business “alla sopravvivenza” tollerando performance marginali, rinunciare al pensiero strategico “perché abbiamo troppo da fare a mandare avanti al baracca tutti i giorni”, perdita della visione globale di quello che si sta facendo, pensare che “il mio prodotto si vende da solo”. L' esame di alcuni dei miti ricorrenti del marketing con la lente del pragmatismo vuole essere un piccolo contributo all' identificazione dei problemi prima che degenerino in qualcosa di più grave, in definitiva un piccolo aiuto verso il miglioramento del nostro lavoro. ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it “ Nella pubblicità stampa bisogna usare testi brevi perché altrimenti la gente non li legge” In realtà la gente legge i libri di centinaia pagine, gli articoli lunghi, le lunghe lettere: si legge qualunque cosa interessi veramente, e più si è interessati, più si legge. Nel marketing si è registrato un fenomeno che può essere sintetizzato così: se si da’ alla gente più dati di quanti gliene servano, continuerà a comperare (o a non comperare) il nostro prodotto o servizio. Ma, se si trasmetteranno meno informazioni, i nostri potenziali clienti non compereranno i nostri prodotti / servizi. Alcuni studi effettuati nel corso degli anni dimostrano che la maggior parte dei lettori voltano pagina all’ incirca dopo aver letto le prime 50 parole di un annuncio pubblicitario, ma quelli veramente interessati si soffermano dopo le prime 50, anzi, arrivano a leggere sino a 500 parole. In pratica, i consumatori che non appartengono al nostro target gireranno le pagine ad alta velocità, ma quelli che appartengono al target leggeranno ogni singola parola cercando di avere quante più informazioni possibili sulla proposta commerciale che presenteremo. Il trucco? Non esiste: è vitale la corretta identificazione del nostro target di riferimento (Vale a dire: bisogna saper applicare correttamente le conoscenze e le competenze di marketing relative alla gestione dei target e dei pubblici di riferimento)! “Se l’ idea di marketing è veramente buona funziona istantaneamente” Nella realtà, i saldi funzionano istantaneamente, così come le offerte commerciali limitate nel tempo, le promozioni: il marketing che funziona – però - non è fatto solamente con offerte speciali (che hanno tra l’ altro il problema di attrarre clienti difficilmente fidelizzabili perché spesso in cerca essenzialmente dell’ affare al prezzo più conveniente). Il grande marketing è quello che crea un bisogno per il nostro prodotto/ servizio nella mente dei consumatori / utilizzatori in target (che POI potranno essere “premiati” con offerte speciali / esclusive). Generalmente programmi di marketing che promettono di portare risultati (profitti) immediati falliscono, al contrario di quelli risultanti da una ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it attenta pianificazione: Marlboro, Vodka Absolut, Coccolino ammorbidente, giusto per citarne alcuni…. “Il mio prodotto non ha bisogno di pubblicità: si vende da solo” Il mito del prodotto creativo, “outstanding” che balza all’ occhio per le sue caratteristiche è duro da affrontare e scalzare in un Paese come il nostro dove lo zoccolo duro dell’ imprenditoria è formato da micro aziende esplose a seguito di idee di prodotto innovative e colme di creatività. Ma purtroppo la realtà dei mercati ci dice che il problema oggi non è mettere sul mercato prodotti buoni o eccezionalmente innovativi, il problema è trovare dei clienti e fidelizzarli! I prodotti, per quanto innovativi possano essere, verranno copiati nel giro di qualche mese, mentre in tutti i settori, dal largo consumo ai beni industriali, vediamo aziende con troppi prodotti alla caccia di…pochi clienti! Come afferma l’ intramontabile guru del marketing Philip Kotler, le imprese devono passare da una filosofia definita “produci-e-vendi” alla filosofia “ascolta-e-rispondi”, mirando a soddisfare le esigenze dei clienti nel modo più comodo ed efficace, minimizzando il tempo e le energie che il cliente stesso deve dedicare alla ricerca, all’ordine e al ricevimento di beni e servizi: un procedimento complesso, costoso, che ha alla sua base la comunicazione. Se i mercati non conoscono l’ opportunità che la mia azienda offre, come potranno richiedermela? Banale? Certamente sì, però sorprendentemente disatteso: nessuno mi potrà conoscere se non mi presento, e se mi presento male, sarò perdente! E, soprattutto, non illudiamoci: ammesso che sia mai esistito il tempo del prodotto che si vende da solo, i clienti oggi non ci vengono (e non ci verranno) più a cercare! “La pubblicità deve divertire ed intrattenere per essere memorabile” Il marketing deve vendere, gli spettacoli e lo show business in generale devono intrattenere e divertire! Spesso i creativi di agenzia sostengono che una campagna che contenga umorismo o sorprese è più memorabile di altre più tradizionali: in certi ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it casi è vero, ma l’ abuso di battute, effetti speciali, jingle sofisticati, tormentoni, spesso “cannibalizza” il prodotto che dobbiamo vendere. Troppo spesso capita che si ricordi perfettamente – ad esempio –la situazione dello spot, l’ attore protagonista, la foto divertente o particolarmente sofisticata ma…non il prodotto pubblicizzato. Un collega consulente statunitense, facendo mostra del grande pragmatismo tipico dei suoi connazionali, in occasione di un festival di advertising affermò (ghignando sardonico) che “… gli effetti speciali si devono vedere nell’ ultima riga del bilancio, alla voce “profitti” …!! E allora potrò anche ridere, nel caso!” (Qualcuno si sente di dargli torto?) “La strategia di marketing dovrebbe essere cambiata regolarmente per evitare di annoiare il target” Più a lungo la strategia lavora e si consolida, più facilmente si raggiungeranno gli obiettivi: secondo me, la massima “squadra che vince non si cambia” ha un più che solido fondamento. E’ facile, soprattutto di questi tempi, essere tentati di lasciare perdere la direzione presa a fronte di risultati non in linea con le previsioni, ma bisognerà tenere duro, se si crede nel lavoro svolto: nel caso, saranno le tattiche ad essere variate, non la strategia di base che dovrà avere il tempo di lavorare a fondo. “La strategia di marketing ha successo se presenta una comunicazione memorabile” Il marketing ha successo se porta il nostro prodotto o servizio a registrare profitti! E la memorabilità c’ entra poco! Alcuni studi recentemente commissionati dimostrano che non esiste una relazione diretta tra memorabilità e propensione all’ acquisto. Personalmente, considerando che il problema principale che le aziende devono affrontare è la scarsità di clienti piuttosto che di buoni prodotti (e che il secondo grande problema è la fidelizzazione del cliente!) credo maggiormente nel costruire desiderabilità per un prodotto/servizio, propensione al riacquisto, anziché impulso di una singola occasione. ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it “Non mi interessa che la gente parli bene o male della mia azienda, basta che ne parli” Oscar Wilde disse una volta “I due punti più deboli della nostra epoca sono la mancanza di principi e la mancanza di immagine”: effettivamente i suoi concittadini ci hanno dimostrato con una ricerca passata alla storia che un cliente soddisfatto parla bene del nostro prodotto / servizio/azienda a circa 3,5 persone, ed uno insoddisfatto a circa 7,8 ! Una cattiva comunicazione causa danni irreparabili che si estendono nel tempo per un periodo che è impossibile calcolare, è esattamente come quelle mine galleggianti dimenticate negli oceani dopo la seconda guerra mondiale che ogni tanto esplodono contro la nave malcapitata : sappiamo che ci sono, ma non se funzionano ancora e per quanto potranno ancora funzionare, l’ unica cosa certa è che sono pericolose e spesso esplodono….E allora perché farsi del male? “Vendere, vendere, vendere, fare il budget” Ovvero il mito del vendere i frigoriferi agli eschimesi: a parte il fatto che un frigo posizionato bene in termini di marketing e di comunicazione potrebbe anche incontrare le esigenze dei simpatici abitanti polari (il target group, altro mito, anzi, chimera!), il mito si infrange per via della abitudine di molte aziende a considerare la vendita del prodotto, il “fatturato”, prioritario, ed a valutare la consegna del prodotto come una semplice funzione di supporto, mentre nei mercati difficili ed aggressivi di oggi la consegna diventa un fattore competitivo decisivo (Peter Drucker ha scritto interessantissimi libri e tenuto conferenze a questo proposito). Sempre di più – anche grazie al’ affermarsi dell’ e-commerce – il cliente si rivolgerà a quelle aziende che non solo gli praticano dei “buoni prezzi”di vendita, ma soprattutto verso quelle aziende che garantiscono la disponibilità del bene acquistato in tempi che ritiene ragionevoli. E questo fenomeno non è limitato ai beni di largo consumo: oggi anche le case automobilistiche di lusso - ad esempio - si impegnano in consegne “just in time”, anzi, fanno della consegna rapida un punto di forza del prodotto. L’ esclusività e lo “snob- ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it appeal” di una costosa auto sportiva non risiede più per il cliente nel fatto che debba attenderne per 6/7 mesi la consegna, ma dal fatto che possa usarla per andarci in giro a fare bella mostra di se. Per non citare il caso dei beni strumentali, che vengono acquistati contando sulla loro disponibilità pianificata nei minimi dettagli in sintonia con le altre attività strategiche aziendali. Il paradosso del calabrone, ovvero il mito del mercato “peculiare” Il calabrone è un animale molto famoso e citato per via del paradosso che prende il suo nome: in due parole, è un animale che non potrebbe mai volare. Però, nonostante sia una…negazione delle leggi dell’ aerodinamica (grosso, pesante, con delle ridicole alucce), a dispetto degli scienziati vola. Potente, non particolarmente elegante, rumoroso, ma vola: probabilmente non sa che tecnicamente non potrebbe volare, (e se lo sa non gliene importa nulla…!). Che c’ entra con il marketing? Quante volte ci siamo fermati di fronte ad un progetto, un problema, una opportunità per via delle “peculiarità” , delle caratteristiche particolari di quel mercato? Fece scalpore negli anni Ottanta la consulenza portata a termine da un gruppo di dirigenti di albergo per un ospedale di Philadelphia che si stava impegnando a meglio comprendere e trattare i propri degenti: cosa ne sapevano i direttori di albergo di come si gestisce un ospedale? Niente, forse. Ma all’ Albert Einstein Medical Center i dirigenti di albergo diedero importantissimi consigli per migliorare le condizioni di ricevimento, permanenza, gestione di clienti così particolari come i pazienti, migliorando notevolmente il servizio e la gestione dell’ ospedale - oltre che con la riscrittura dei menu - anche con consigli su come indicare in modo più semplice ed intuitivo la direzione per l’ ufficio informazioni, o dare indicazioni interne comprensibili. Quante volte è capitato che il prodotto dell’ azienda X si venda bene su tutto il territorio nazionale tranne che in una zona? Il venditore responsabile dell’ area sicuramente avrà fatto presente alla direzione commerciale le difficoltà di vendere tenendo conto “delle peculiarità della zona”: poi, un giorno, subentra un nuovo agente ©BRAND EQUITY 2007 – White Papers - www.brandequity.it ed il prodotto raggiunge risultati inaspettati. Un venditore eccezionalmente bravo? Non è detto, probabilmente non era stato avvertito delle peculiarità, delle forti particolarità distintive dell’ area di riferimento che lo avrebbero ostacolato, ed ha venduto il prodotto… Così come il calabrone l’ agente, i direttori di albergo non sanno che non possono volare, e…volano! La spiegazione più semplice (nel marketing c’è! ) è che le differenze tra prodotti, mercati riguardano più l’ applicazione delle regole che i principi su cui si basano. In altre parole, una mente aperta e buone competenze ed esperienze permettono di contribuire con innovatività e creatività al successo del prodotto /azienda. Marcello Zeppa Brand Equity eroga consulenze ottimizzate dal punto di vista economico per consentire alla Vostra Azienda di ottenere risultati di eccellenza con un investimento proporzionato alle vostre reali necessità ed obiettivi. 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