Autunno 2011 Gelida notte in vetta alla Motta di Scais nelle Alpi Orobie. Per realizzare questa immagine ho utilizzato iso 800, f 8.0 e una esposizione di 9 minuti, in cui per 90 secondi è stata accesa la luce all’interno della tenda (23 novembre 2011, foto Beno). - 1/49 ©Le montagne divertenti Localizzazione di luo g h i e itin era ri Zillis Wergenstein Bergün Parsonz Sufers 2115 da Arquino al pizzo Scalino 13 Alta Valle 3210 17Cech Campodolcino 3183 Mese Prata Camportaccio Gordona S. Cassiano Le Tre Mogge Dongo 3032 Cima del Desegnigo 2845 17 Verceia 21 Caspano Dubino Mantello Mello Traona Còlico S. Martino Bùglio Ardenno Colorina Caiolo Albaredo Tartano Geròla Bellàno Taceno 28 Pescegallo Pizzo dei Tre Signori 2554 Bellagio Introbio Lierna Ornica Barzio Carona Cùsio Piazzatorre Cassiglio Olmo al Brembo Pizzo Campaggio 2502 Pizzo del Diavolo di Tenda 2829 Le Prese 3136 Ponte in Valt. Teglio Chiuro Tresenda Arigna Pizzo Redorta 3039 TIRANO Bianzone Adda Pizzo Rodes 2829 Carona Pizzo Coca 3050 Valbondione Gandellino Gromo Mazzo Vezza d'Oglio Tovo Lovero Sernio Aprica Corteno Malonno Monte Sellero 2743 Monte Gleno 2883 Passo del Vivione 1828 Monte Fumo 3409 Garda Berzo Paisco Loveno Saviore Valle Capo di Ponte Vilminore Colere Passo del Tonale 1883 Adamello 3554 Sonico Palone del Torsolazzo 2670 Pezzo Ponte di Legno Edolo Passo dell'Aprica Monte Torena 2911 Corno dei Tre Signori 3359 Monte Tonale 2694 Incudine Monno Cortenedolo Vione Punta S. Matteo 3678 Passo del Gavia 2621 Punta di Pietra Rossa 3212 Adda Prasomaso Fumero Sondalo Grosotto Brusio 17 S. Caterina Le Prese sanatori Monte Masuccio 2816 Schilpario Branzi Roncorbello 3323 Albosaggia Foppolo Mezzoldo Valtorta Pasturo Monte Cadelle 2483 Passo San Marco 1985 Cepina Grosio Vetta di Ron Tresivio Tremenico Premana Sondrio T. V enin a Dervio Postalesio Berbenno Castione Talamona Bema 3 Lanzada Caspoggio Chiesa in Valmalenco Torre di S. Maria Corni Bruciati 3114 Sirta Delébio Rògolo Còsio Regolédo Primolo 3678 Pizzo Ligoncio Monte Legnone 2610 Lago di Como Monte Disgrazia Bagni del Màsino Pizzo Scalino Monte Cevedale 3769 Monte Confinale 3370 frana di Val Pola Malghera Poschiavo S. Antonio BORMIO Valdisotto 34 S. Carlo Sasso Nero 2917 T. Livrio via “Tracce di Sangue” al monte Foscagno. a T. Coder MORBEGNO 44 Alta Valle Cima di Castello Oga Cima Saoseo 3263 Gran Zebrù 3851 Bagni di Bormio Premadio Eita T. Mallero 38Valmalenco 25 3378 Novate Mezzola Lago di Novate 38 44 T. Roasco Chiareggio T. Caldenno Cime di Montemezzo Livo Gera Dosso d. Liro Lario Redasco (m 3139) Somaggia 3308 4050 Passo del Muretto 2562 Vicosoprano Bondo Villa di Chiavenna Pizzo Badile Pizzo Bernina La Rösa i od Lag chiavo Pos S. Pietro Samòlaco Era Pizzo Martello 2459 Soglio Castasegna CHIAVENNA 34 Alta Valle Pizzo Galleggione 3107 Passo del Bernina Piz Palù 2323 3906 Ortles 3905 Isolaccia Cima Piazzi 3439 T. Fo ntana Torrione Mezzaluna per la crepa N Passo del Maloja 1815 Casaccia o T. Masin Maloja 13 Arnoga Forcola di Livigno 2315 Sils Solda Valdidentro Passo del Foscagno 2291 Piz Languard 3268 Silvaplana Juf Prosto d’Entova (m 3329) 28Orobie Bivio Trepalle Pontresina Julierpass Pizzo Stella Pizzo Quadro 3013 25Valmalenco Spigolo SO della Sassa Cresta Lag 3180 hi d i Ca nca no 1816 3057 Fraciscio Mera Prati Nestrelli Livigno Pianazzo Cima del Desenigo (m 2845) 21Cech Madesimo Isola Cima la Casina Samedan Piz Nair 3392 Pizzo d'Emet Cime di Plator (m 2910) 3378 Piz Piatta Montespluga Pizzo Tambò 3279 Sur Mera Mulegns Stelvio S. Maria Lago del Gallo T. La nte rna 3062 Innerferrera Passo dello Spluga Inn Montechiaro Müstair 3159 Piz d'Err Piz Grisch Lago di Lei 3Valmalenco Curtegns 1864 Zuoz Albulapass 2312 Reno Ausserferrera Piz Quattervals 3418 Julia Splügen Medels Piz Kesch Cunter Andeer Villa Làveno Monte Re di Castello 2889 © Beno 2010 - riproduzione vietata ©Le montagne divertenti - 2/49 Cresta monte foppa - pizzo Scalino 6) 0 28 Pizzo Scalino (3323) ( 0) ra g 77 e 2 n Monte Cavaglia p( ua u q c (2728) iC eA td t n n Mu Mo Monte Palino (2686) Monte Foppa (2463) La lunghissima cresta che va dal monte Foppa al pizzo Scalino è qui vista da Primolo. Il tratto più difficile della traversata, fatta in queste condizioni di innevamento, è stato tra il monte Cavaglia e il monte Acquanegra (28 ottobre 2011). ©Le montagne divertenti - 3/49 Bellezza Partenza: Arquino (m 470) Itinerario automobilistico: Montagna Arquino (imbocco strada per la val di Togno) Fatica Pericolosità Itinerario sintetico: Arquino (m 475) - Mialli (m 800) - Portola - Cao (m 1160) - Prato - Castelasc - monte Foppa (m 2463) - bocchetta di Dagua monte Palino (m 2686) - bocchetta di Cavaglia monte Cavaglia (m 2775) - munt di Cup (m 2748) bocchetta di Acquanegra - monte Acquanegra (m 2806) - passo degli Ometti - pizzo Scalino (m 3323) - alpe Painale - alpe Carbonera - Arquino. Tempo previsto: 20 ore. Attrezzatura richiesta: (con neve) piccozza, ramponi, corda (50 m), imbrago, fettucce, cordini, qualche protezione veloce o chiodo. Difficoltà/dislivello: 5+ su 6 / oltre 3600 m. Dettagli: AD+. Ho trovato passi su roccia fino al IV e molto esposti, forse aggirabili da N per cengette percorribili solo senza neve e ghiaccio. L’ho giudicata AD+ in virtù dello sviluppo lunghissimo, l’assenza di punti di appoggio e le rocce a tratti infime. Consiglio di percorrerla senza neve residua o si rischia di perdere davvero tanto tempo su alcuni passaggi. Vi racconterò brevemente del percorrimento della cresta che da Arquino raggiunge il pizzo Scalino, un cresta ben visibile da tutti i paesi della Valmalenco, ma decisamente poco percorsa, pure nella sua variante breve, quella che parte da Caspoggio e tocca come prima vetta il monte Palino. La gita da Arquino è davvero una super ravanata, una cresta lunghissima che inizia dopo un avvicinamento lunghissimo e richiede un lunghissimo tragitto per tornare a casa una volta giunti in vetta al pizzo Scalino. Non ho trovato compagnia, ma sono stato felice di percorrerla da solo come Fausto aveva fatto nel 2008, raccontandomi che in alcuni passaggi aveva dovuto usare i 7 metri di corda per stendere i panni che aveva portato con sé. Certamente la presenza di neve ha complicato molto le cose, costringendomi a arrampicare su gradi che non avrei mai pensato di incontrare. Non avrei mai detto, inoltre, che lo sviluppo fosse così faticoso. Indicherò le tempistiche per l’alpinista medio (400 metri di dislivello l’ora qualora non vi siano difficoltà tecniche) e non i miei tempi di quel giorno perché tra pisolini e tratti fatti correndo, gli intertempi risultano completamente falsati. Ed eccomi, il 18 ottobre alle 5 e qualcosa del mattino, con tre ore di sonno e la strada illuminata dalla luna piena che salgo da Arquino. Ascoltando un po’ di musica per avre compagnia e non continuarmi a voltare spaventato dai frequenti rumori di rami spezzati dalle belve selvatiche (cervi sputafuoco e scoiattoli mangiabambini credo), passo Mialli, Portola - dove con piacere vedo che i terreni adiacenti alla ©Le montagne divertenti - 4/49 contrada sono stati recentemente bonificati da spine e infestanti - e Cao. Il cielo comincia a rischiararsi e l’alba, dopo una breve pausa per bere al Prato, mi coglie al Castelasc, dopo oltre 1500 metri di dislivello in salita. I camosci, approfittando dell’assenza dei proprietari delle baite, brucano davanti alle case come animali domestici. Appena si accorgono però che sto estraendo la macchina per fotografarli, se la danno a gambe levate. Con passo da vacca stanca, visto che non devo sudare (non c’è acqua lungo il percorso) raggiungo la vetta del monte Foppa, dopo aver nuovamente riso per la targhetta posta assieme ad una croce gigante oltre ogni buon senso sul massone di quota 2444 (punto trigonometrico fondamentale) con scritto m 2500 circa . Non ho nulla contro gli addobbi religiosi, ma credo che portar su con l’elicottero a Notte a Mialli (18 ottobre 2011). La contrada Cao a m 1150 colorata dalla mano dell’autunno (28 ottobre 2011). ©Le montagne divertenti - 5/49 L’alba al Castelasc. fatica zero un gigantesco scheletro metallico abbia molto meno valore simbolico e di devozione che portarsi su a spalla e con fatica un manufatto più minuscolo. Il valore simbolico delle azioni, purtroppo, pare oggigiorno valutato proporzionalmente a quanto queste siano visibili da tutti, e così è per lo scheletro metallico su questa anticima, simile a quanto vien fatto sulle vicine cimette del lecchese dove questi vengono addirittura illuminati come decorazioni natalizie. Ed eccomi scendere dalla vetta (monte Foppa, m 2463, ore 5) , appoggiandomi alla traccia che taglia il versante erboso della montagna. Arrivato alla bocchetta del Palino (o bocchetta di Dagua), ©Le montagne divertenti - 6/49 La contrada Musci vista dalla vetta del monte Foppa: pare di stare su un elicottero! ©Le montagne divertenti - 7/49 mi abbasso a una seconda breccia che però non permetterebbe la discesa nel vallone di Dagua. Il sentiero bollato e con catene messe a protezione del pascolo (!?) si sposta sul versante malenco. Saiti oltre il secondo risalto roccioso della cresta, quando la via segnalata taglia decisamente a sx, mi riporto in cresta e senza alcun problema sono in vetta al monte Palino (m 2686, ore 1:30), dove - e ci sta anche la rima - mi faccio un bel pisolino. Scendendo tra rocce rotte e chiazze di neve (via bollata) arrivo alla bocchetta di Cavaglia. I colori dell’autunno dominano le parti alte dei monti malenchi. La val di Togno, invece, è talmente brulla e povera di alberi, da apparire di un marrone monotono e senza stagione. Impressionanti sono gli scorci sulle lottizzazioni Sguardo sulla cresta Foppa - Scalino a pochi metri dalla vetta del monte Foppa (18 ottobre). che hanno reso il fondovalle della valmalenco un campo di condomini e seconde case. Oramai Chiesa, Caspoggio e Lanzada sono diventati un tutt’uno. E, come se non bastasse, i continui boati delle cave ribadiscono lo scarso rispetto del territorio e dell’ambiente naturale. Getto uno sguardo verso il Curlo, frazione di Chiesa in Valmalenco - dove pare che si sia già ©Le montagne divertenti - 8/49 edificato tutto il possibile - e vedo chiaramente un nuovo, l’ennesimo, piano di lottizzazione. Appoggiandomi alla cresta e alle scarpate erbose lato val di Togno, dopo qualche su e giù, sono in vetta al monte Cavaglia (m 2728, ore 1:30), addobbato con un misero ometto di pietra. In discesa dal Cavaglia alla pietrosa bocchetta di Sciaresa (m 2651) si inizia ad arrampicare, ma i problemi veri e propri sono nella traversata del mont di Cup, 5 torri e altrettanti intagli che devo superare senza potermi appoggiare al ghiacciato versante N. Ne seguono passi di IV e III molto esposti, anche su placche e rocce instabili. È faticoso, ma sono talmente intento a osservare le reazioni del mio corpo e della mia mente di fronte ai continui scenari di pericolo, che quasi non mi accorgo di starli effettivamente attraversando. La corda risposa nello zaino: è molto tardi e se mi mettessi a fare soste e calate prenderei sicuramente notte in cresta. Obbiettivamente esistono vie di fuga per alcune vallecole che si gettano in val di Togno, ma non ho mai la tentazione di prenderle. Un tratto su roccia biancastra preannuncia la vetta principale. Appena sotto quella che pare essere la vetta del mont di Cup trovo un piccolo ricovero realizzato con un muretto a secco per proteggere il riparo naturale offerto da un grosso masso spiovente. L’avrà usato qualcuno degli alpinisti che ha tentato questa traversata Chiesa, Caspoggio e Lanzada - e purtroppo anche i nuovi quartieri di Primolo- sono la prova di una scriteriata edificazione che ha rovinato il paesaggio malenco. ©Le montagne divertenti - 9/49 A sx la discesa dal monte Cavaglia alla bocchetta di Sciaresa e la frastagliata cresta che raggiunge la vetta del mont di Cup. ©Le montagne divertenti - 10/49 in invernale? In merito ho sentito della spedizione di Elia Negrini e, prima di pubblicare l’articolo sulla rivista, lo vorrei intervistare per avere il suo racconto di quella pazza avventura invernale su questa dorsale dimenticata e temuta. Coi nervi a fior di pelle scendo dal munt di Cup e, dopo l’ennesima successione di spuntoni impressionanti che devo scalare e avrei volentieri aggirato, scendo alla bocchetta di Acquanegra (m 2709). Per comodo prato con liste rocciose sono alla croce di vetta del monte Acquanegra (m 2806, ore 3:30). Sono le 17: disastro. Sul pizzo Scalino voglio comunque arrivarci e così inizio a correre. Sceso per comoda via, tocco il passo degli Ometti (m 2758) per seguire il crinale evitando le zone più impervie della cresta. Ad un certo punto questa si impenna e con facile arrampicata (max III-) dove si alternano i colori dei vari strati ricciosi della montagna, eccomi in vetta (pizzo Scalino, m 3323, ore 2:30). Sono le 18:30 e il tramonto è magnifico. Dal basso un lago di nebbia rossa irrompe nella val di Togno. In lontananza l’intera dentatura delle Alpi saluta il giorno. È uno spettacolo magnifico che La vetta del monte Acquanegra, pizzo Painale e punta di Vicima. mi fa dimenticare che manca ancora un sacco di cammino per arrivare alla macchina e che, ora che il giorno è finito, dovrò vagare nelle tenebre per questa valle, tradizionalmente covo di orchi e streghe. Il rientro è traumatico: vengo mangiato dalla nebbia e, sceso per il versante S nella piana dell’alpe Painale, mi perdo tra paludi e dossoni: visibilità 1 metro, dato che la luce della lampada a manovella che ho con me mi si riflette tutta indietro. Qui non ci si può orientare nemmeno seguendo l’acqua che defluisce, essendo la zona acquitrinosa e pianeggiante. Con un po’ di culo esco dalla trappola laddove la nebbia finisce e inizia il sentiero. Bagnato fradicio inizio a corerre come un disperato. Alle 22:30 sono alla macchina stanco morto (Arquino, m 475, ore 5). Pizzo Scalino, versante SO. ©Le montagne divertenti - 11/49 Il lago del Mufulé e Acquanegra visti dal monte Acquanegra. Tramonto dalla vetta del pizzo Scalino. ©Le montagne divertenti - 12/49 Cime di Plator (quota 2910) Bellezza Fatica Pericolosità 24 ottobre 2011: una bella salita da metà sponda settentrionale del lago di Cancano per un canalone che ci ha portato sulle quote 2910 e 2898 delle cime di Plator. Condizioni quasi invernali, ma poca neve per sciare. Bellissimo il disegno a sfoglia rocce. divertenti - 13/49 ©Ledelle montagne La cime di Plator sono la lunga costiera rocciosa di oltre 5 km che separa la valle di Cancano da quella di Trela e la cui vetta culminante è alta m 2934 . Partenza: lago di Cancano. Itinerario sintetico: lago di Cancano - quota 2910 delle cime tratti su roccia fino al II. Nella variante verde (incengiata) abbiamo trovato passi di IV. di Plator per il canale N. Tempo previsto: 3 ore e mezza per la vetta. Attrezzatura richiesta: scarponi, corda, piccozza, ramponi, imbraco, fettucce. Difficoltà/dislivello: 3.5 su 6 / circa 1000 matri. Dettagli: PD+ in condizioni invernali. Canali nevosi fino a 45°, ©Le montagne divertenti - 14/49 Oggi è molto freddo e c’è anche vento, così optiamo per una salita lampo per lo spettacolare versante N delle cime di Plator. La morfologia di queste stratificazioni di rocce calcaree rende l’ambiente magico. Sembra di salire una gigantesca pasta sfoglia, dove le sfoglie sono spesse vari metri e i paesaggi trasmettono un forte senso di verticalità, tant’è che da Cancano pare impossibile poter superare la parete senza arrampicare. ©Le montagne divertenti - 15/49 Dopo varie incegiate troviamo la soluzione al versante: un ripido canale di misto che sbuca alla sella tra le quote 2898 e 2910. Qui mi vedete in cima alla prima, la seconda (alla mia dx) la raggiungiamo per breve e facile cresta. Ultimate le vette scappiamo a Bormio per scongelare gli arti nella piscina termale. ©Le montagne divertenti - 16/49 Cima del Desenigo (m 2845) Bellezza Fatica Pericolosità Partenza: Poira di Civo (m 1200). Itinerario sintetico: Poira - Pre Socc - alpe Visogno - bivacco Bottani - passo di Malvedello cima del Desenigo - Poira. Tempo previsto: 5 ore e mezza per la vetta. Attrezzatura richiesta: da escursionismo. Difficoltà/dislivello: 2+ su 6 / oltre 1700 m. Dettagli: EE. Zoomata sul bivacco Bottani e, alle sue spalle, le cime della val Gerola (1 novembre 2011). ©Le montagne divertenti - 17/49 La salita alla cima del Desenigo da Poira è una bella gita autunnale che porta su una delle vette più panoramiche della Valtellina. Lo sviluppo è un po’ lungo, ma non offre difficoltà di alcun genere. Perla della gita è anche il bivacco Bottani, posto su un gradino panoramico sopra l’alpe Vesogno e i tre Cornini, bizzarre formazioni rocciose della costiera dei Cech. Lungo il tracciato - bollato fino al passo di Malvedello, quindi, una volta individuata la vetta, ovvio - abbiamo incontrato molte capre fin troppo domestiche. Ne abbiamo munta una che probabilmente aveva perso il capretto e abbiamo giocato con le altre vestendole con guanti e fascetta tecnica. Loro si devono essere affezionate a noi e ci hanno seguito fin quasi al passo. Dal Desenigo si ha una vista a 360° che spazia dalle cime della valle dei Ratti, con sua maestà Sasso Manduino, alle testate di Valmasino e Valmalenco, all’intera catena delle Orobie, senza dimenticare che siamo su un punto di vedetta sul fondovalle da Sondrio ad Ardenno, ma anche sulla bassa valle. Le lontane vette dell’alta Valtellina e dei gruppi di Bianco e Rosa, oltre che di remote catene Svizzere, chiudono questo quadro pregevole in cui, in basso sotto i nostri piedi, fanno capolino il minuscolo lago dello Spluga, e, nell’opposta direzione, i laghi di Como e Novate. ©Le montagne divertenti - 18/49 Panoramica dalla vetta del Desenig e, sotto, due zoommate. L’autunno colora Frasnedo nella valle dei Ratti. Mentre all’alpe Granda è ancora quasi tutto verde. ©Le montagne divertenti - 19/49 Panorama sulla conca a N del bivacco Bottani. Vesogno. Sullo sfondo le vette della val Tartano. Pozza all’alpe Vesogno. Sullo sfondo le vette della val Gerola. ©Le montagne divertenti - 20/49 Passeggiata sopra Cino Bellezza Fatica - Partenza: Cino (m 550). Itinerario automobilistico: da Morbegno prendere la SS 38 in direzione Colico fino a Rogolo (7 km), alla rotonda prendere la prima a dx. Raggiungere Mantello. Dal paesino parte la strada che sale a Cino (5 km). A O di Cino prendere la strada a dx che sale al campo di calcio. Pericolosità Itinerario sintetico: Cino (m 550) - prati dell’O (m 1150) - prati Nestrelli (m 1178) - Cino. - Tempo previsto: 3 ore e mezza. Attrezzatura richiesta: scarponi utili. Difficoltà/dislivello: 2 su 6 / 670 m. Dettagli: E. Sentieri facili ma non segnalati. Mappe consigliate: “Costiera dei Cèch” 1: 25000, C.M. Valtellina di Morbegno, ed. 2007 ; “Kompass” n. 92 1: 50000. Approfondimenti: Mario Gianasso, Guida Turistica della Provincia di Sondrio, B.P.S. II Edizione, Sondrio 2000 A. Gogna, G. Miotti, A piedi in Valtellina , B.P.S. e I.G.D.A. Officine Grafiche, Novara 1985 I prati dell’O dalla strada per i prati Nestrelli (9 novembre 2011). Quella di oggi è una passeggiata propedeutica all’articolo curato da Nicola Giana che troverete descritto nel prossimo numero della rivista: un percorso, ad anello, che passa per i maggenghi di prati dell’O e prati Nestrelli lungo le antiche mulattiere che salivano da Cino. Sfruttati sino al recente passato dalle mandrie che vi si fermavano per qualche settimana dirette o di ritorno dall’alpeggio della Bassetta, sono oggi quasi interamente votati a luoghi di villeggiatura, ove la pastorizia si vede ridotta ai minimi termini, fatto denunciato anche dall’avanzamento degli arbusti e del bosco ai margini dei prati. ©Le montagne divertenti - 21/49 La parrocchiale di Cino a sx e due scatti nei pressi dei prati dell’O. ©Le montagne divertenti - 22/49 Il lago di Como dai prati Nestrelli. Cino dal sentiero per i prati Nestrelli. ©Le montagne divertenti - 23/49 Sassa d’Entova Bellezza spigolo SO in condizioni pseudoinvernali Partenza: Braciascia (m 1550) Itinerario sintetico: Braciascia - alpe Entova - rifugio Longoni (m 2450) - Sassa d’Entova per spigolo SO (m 3329) - ex rifugio Scerscen Entova - alpe Entova -Braciascia. Tempo previsto: 7 ore per la vetta. Attrezzatura richiesta: ramponi, corda, piccozza, imbraco, corda 50 m, Fatica protezioni veloci, un paio di chiodi. Difficoltà/dislivello: 4.5 su 6 / oltre 1900 m. Dettagli: AD. Tratti su roccia e misto fino al III+ e pendii innevati ripidi. Pericolosità È una gita in condizioni invernali che mi piace ripercorrere in ricordo della bellissima salita che avevamo fatto nel 2009 col nostro amico Fausto, scomparso poche settimane dopo quell’ascensione chiusa con successo nonostante le condizioni proibitive. Abbiamo messo sulla vetta una croce a lui dedicata, un libro coi pensieri che gli amici hanno scritto e oggi risalgo sulla Sassa d’Entova per lo spigolo SO per riportarvi assieme a Lele la scatola col libro dopo che ne è stata riparata la chiusura. In foto sono impegnato sul primo tiro della via, il più rognoso, anche perché si arriva all’attacco stanchi per i ben 1400 metri di dislivello con la neve che non porta dappertutto (11/11/11). ©Le montagne divertenti - 24/49 Partenza alle 3 da Montagna per arrivare a incontrare l’alba poco sopra la Longoni. Qui un bellissimo scorcio su cima di Rosso e di Vazzeda. Lele sul I tiro. ©Le montagne divertenti - 25/49 Lele sull’ultimo tiro. Dopo una fascia di rocce bianche, una barra più scura guida fino in vetta. La discesa è da dietro, per il ghiacciaio dello Scerscen. Arriva però la nebbia e rischiamo di rimanere tutta la notte a vagare per il ghiacciaio. Per fortuna la navigazione strumentale (visibilità 3 m) ci fa raggiungere il rifugio da cui poi non ci si può più perdere. ©Le montagne divertenti - 26/49 Torrione Mezzaluna (m 2333) crepa nord con neve e ghiaccio Bellezza Fatica Pericolosità La crepa N del Torrione Mezzaluna è un labirinto di camini e cunicoli che permette, se si trova la giusta combinazione, di uscire in vetta al poderoso monolita roccioso della val Gerola. Partenza: Pescegallo (m 1454). Itinerario sintetico: Pescegallo (m 1454) - valle di Tronella - base del torrione Mezzaluna (m 2200 ca) - torrione Mezzaluna per crepa N (m 2333) - Pescegallo. Tempo di percorrenza previsto: 8 ore. Attrezzatura richiesta: corda (60 m), imbraco, piccozza, ramponi, protezioni veloci, chiodi, cordini e fettucce. Difficoltà: 5- su 6. Dislivello in salita: circa 900 metri. Dettagli: AD. Passi su roccia fino al V. Con neve e ghiaccio si tribola un po’. ©Le montagne divertenti - 27/49 13 novembre 2011 Della neve non c’è traccia, almeno non ce n’è ancora per sciare. L’altro ieri sulla Sassa d’Entova ho potuto apprezzare alla grande la cresta spolverata. Queste sono le condizioni che preferisco per salire le montagne: colori fantastici e un po’ più di impegno che d’estate. Ho proposto a Paolo e Alex di andare a fare una bella cima assieme. Paolo che ha un ginocchio marcio mi chiede una cosa senza avvicinamento, lui che avrebbe voluto andare a Lecco a arrampicare nella ressa. Bella e senza avvicinamento. Io aggiungo: particolare e sorprendente. Così si va al torrione Mezzaluna in val Gerola, un monolita roccioso alto oltre 100 metri e appoggiato allo spertiacque tra la val Tronella e la valle di Trona. Partiamo all’alba dal parcheggio a Pescegallo. Lì incontriamo anche Ricky Scotti, l’unico lupo mannaro che a quest’ora e in questa stagione può trovarsi qui senza una doppietta in mano. Raggiunta la val Tronella, ci separiamo dal sentiero per la diga di Trona e puntiamo diretti al colletto tra il torrione Mezzaluna ( a sx) e il pizzo del Mesdì (a dx). C’è una traccia di sentiero che corre su per la scarpata e serpeggia tra mughi, sassi, ghiaccio e rocce. Raggiunti alcuni ruderi sulla sx orografica della valle, pieghiamo a sx (S) e rimontiamo la cresta tra Mezzaluna e Mesdì a pochi metri dalla base settentrionale del torrione. La mia idea è quella di salire la normale, quindi di aggirare il monolita dal lato O. La neve crostosa, tuttavia, non ci ha fatto perder tempo e investo l’anticipo sulla tabella di marcia per entrare coi miei compagni nella crepa N a curiosare. Lasciamo fuori gli zaini e i vestiti perché si tratterà solo di una breve visita. Tuttavia portiamo la corda perché se c’è ghiaccio può servirci L’avvicinamento. ©Le montagne divertenti - 28/49 11/07/2004. Il torrione Mezzaluna e la val Tronella. Foto Stefano Sansi. L’origine del toponimo “Mezzaluna”, che significa spianata, o pianetta (“mesa”) a forma di luna è una piccola valle che si stende ai piedi del complesso della Mezzaluna, a S, sul versante bergamasco, e che ospita una baita solitaria, la baita della Mezzaluna. Una vallecola dimenticata, quasi fuori dal mondo: l’altra faccia del corno che si disgrega sotto l’occhio sovranamente distaccato del cielo. per uscire. L’imbraco e i ferri li abbiamo già addosso per la normale. Si entra! Da subito c’è un salto di tre metri che va affrontato strisciano dentro a un cunicolo verticale ghiacciato. Battezziamo questo passaggio “il parto”, specialmente dopo aver visto la fatica che fa Alex per passarci; del resto è una fessura su misura per gente del Biafra. Da qui ammiriamo già l’interno del torrione. Un labitinto di cunicoli e camini. In fondo a qualcuno c’è la luce, altri sembran ciechi. La parete NO del pizzo Painale. ©Le montagne divertenti - 29/49 Racconto agli altri quanto scrive la Guida ai Monti d’Italia: E’ curiosamente spaccato al suo interno e le fratture gigantesche permettono d’addentrarsi nelle sue viscere in un ambiente strano che ha del labirinto e del castello incantato . E mentre parlo ci addentriamo nella crepa, che piega bruscamente a sx al di sopra di un buco alto 4 metri. Una spaccata, un incastro alla buona con le piccozze ed eccoci ad un camino verticale e buio, alto 5-6 metri e moto stretto (V). Lo superiamo con la tecnica del bruco. Alle imprecazioni si alternano le scitille dei ramponi che grattano contro la roccia avara di appigli. Segue un corridio orizzontale incassato fra altissime pareti e su cui pendono grandi blocchi incastrati. Da uno di questi penzola pure un cordino, che scoprirò essere usato per la folkloristica calata diretta dalla vetta. Pochi metri e siamo di fronte ad un salto verticale costituito da massoni incastrati e sporchi di neve e ghiaccio (7 m, IV). Sbuco su un nuovo coridoio nei pressi di una finestra da cui si vede la val Tronella e da lì giù fino a Morbegno. Qui si trovano un po’ di cordini e c’è molta più luce. Attorno a noi lame di roccia, placche e camini. Dove passare? Proseguiamo nel corridoio e saliamo ad un piano intermedio (sulla dx c’è una crepa che porta a sbalzo sulla valle di Trona). Qui Alex, goloso di placche, tenta di rimontarne una ghiacciata che sbucherebbe direttamente sulla cresta sommitale. Nulla da fare. Le alternative sono un lunghissimo camino/fessura o un diedro di difficoltà insuperabili per noi con gli scarponi, così vado in esplorazione proseguendo un corridoione che pare portarsi su un precipizio del lato E ... ma oltre al precipizio (sono proprio accanto al becco giallastro che si vede dalla valle di Tronella) c’è una facile cengia che conduce alla base del placcone sul lato S che conclude la via Normale. Meraviglioso! Chiamo così gli altri, ma alla gioia dell’enigma risolto segue un boato: Alex stacca dei massi che cadono proprio sulla matassa della corda e la tagliano in tre parti. Dal cocuzzolo so che c’è una calata di 30 metri molto esposta, ed ora anche molto pericolosa se si sbaglia la manovra! Fatto sta che, con la corda giuntata, supero l’aerea placca di roccia ruvida e compatta e il diedrino che regala la vetta (30 m, IV+). Uno sguardo attorno al paesaggio severo e innevato è d’obbligo, ma la sosta è breve: non abbiamo nè da mangiare nè da bere. Buttiam giù Paolo (la prima calata è già attrezzata), poi Alex scende sul moncone di corda singola che arriva fino alla base della placca, si lega in vita l’atra metà di corda (quella rattoppata) è lascia scendere me facendomi da zavorra. Riusciamo così a recuperare la preziosa fune con cui, rientrati nella crepa, con 2 doppie e un po’ di disarrampicata, siamo di nuovo agli zaini, felici di una esplorazione che si è imprevedibilmente conclusa con la vetta e la soluzione del labirinto del Mezzaluna. Mentre torniamo a casa ironizzo sulle vecchie intenzioni di Paolo e Alex: Bello il viaggio in auto sulle gallerie del lago per raggiungere le pareti affollate e di unto calcare di Lecco! Certo è che se la gli arrampicatori conoscessero il torrione Mezzaluna tutti devierebbero con la loro auto per la val Gerola ancor prima di immettersi sulla strada del lago, anche perché oltre a questa salita esistono numerose vie di roccia, per lo più tracciate da Savonitto (“il Gigante”) , che contemplano difficoltà fino al 6b. ©Le montagne divertenti - 30/49 La crepa N del Torrione Mezzaluna. In spaccata sopra il buco, dove la crepa devia decisamente a sx. ©Le montagne divertenti - 31/49 Un camino molto ostico a inizio labirinto (15 m, V). La placca finale (30 m, IV+). ©Le montagne divertenti - 32/49 L’aerea placca finale. £0 metri, IV+. In vetta al torrione, di fronte a noi la cima di Mezzo. Prepariamo l’ultima calata. ©Le montagne divertenti - 33/49 Cime di Redasco Bellezza Fatica Pericolosità La Pozza ghiacciata e, sullo sfondo, le cime di Redasco (18 novembre 2011). Partenza: limite di transitabilità consentita nei pressi di Fiec (m 1450 ca). Itinerario automobilistico: Da Sondalo si sale all’opedale, quindi alla pineta di Sortenna, a Caprimale, a Meler e si seguita verso le cave di quarzo fino al limite consentito di transitabilità. Ci sono molte deviazioni non segnalate, per cui si va un po’ a tentativi. Itinerario sintetico: Fiec (m 1500) - Le Motte - Moregn - La Pozza (m 2358) - Le Pozze (m 2390) - Cime di Redasco (punta Maria per il versante orientale, m 3139). Tempo di percorrenza previsto: 5 ore emezzo per la vetta. Attrezzatura richiesta: corda, cordini, un paio di friend medio piccoli, piccozza e ramponi in caso di neve, casco e acquasanta. Difficoltà: 5 su 6 - tutte concentrate negli ultimi 100 metri Dislivello in salita: circa 1700 metri. Dettagli: PD+. La difficoltà non è data tanto dal grado su cui si deve arrampicare (III+ max), ma all’inconsitenza delle rocce, friabili e pericolosissime. Le cime di Redasco appartengono a quella categoria di vette che si vedono benissimo dal fondovalle, ma che nessuno sale. Da Sernio a Bormio quelle due guglie di roccia incombono sopra Sondalo monopolizzando tutti gli sguardi. Esteticamente sono davvero belle, il dislivello è accettabile, ma una cappa di terrore le circonda. Sono pericolose, si sà, sono pericolose è ciò che tutti raccontano, specialmente chi le ha viste da vicino, chi conosce degli incidenti avvenuti lassù su quelle rocce marcissime. Ironizzando con Fabio Meraldi dopo questa nostra salita gli ho detto: “il modo più sicuro per raggiungere le cime di Redasco è mettersi a Le Pozze (dove ha la baita Adriano Greco) e aspettare che la montagna crolli per poterne toccare la vetta senza scalare”. ©Le montagne divertenti - 34/49 La via di salita dal dossone su cui si trova La Pozza. ©Le montagne divertenti - 35/49 La punta Maria, la maggiore delle cime di Redasco, vista dalla sua anticima orientale. Da qui hanno inizio le vere difficoltà. Qui, mi ha detto Fabio, si fermano praticamente tutti. Su queste cime anche Duilio Strambini ebbe un grave infortunio. Vi assicuro che proseguire oltre mette un grosso nodo in gola perché vien giù tutto. È stato così anche oggi, sebbene il ghiaccio tentasse di consolidare i blocchi di roccia che le infiltrazioni di acqua continuamente staccano dalla montagna. ©Le montagne divertenti - 36/49 18 novembre 2011 Dopo ben 3 anni che, per impegni vari, non facevamo più salite assieme, mi risento al telefono con Fabio Meraldi e organizziamo una gita in alta valle su cime che lui ben conosce e che io, da quando mi sono occupato di val Grosina per la rivista, sono diventate un mio chiodo fisso. Sto parlando delle cime di Redasco, quei due denti di roccia che dalla val Grosina ricordano quasi il Dente del Gigante. Hanno una linea davvero intrigante, ma tutti, senza alcuna eccezione, ne ribadiscono la pericolosità. Da Sondalo, dopo una buona colazione in compagnia anche di Giacomo, un bel numero di bivi non segnalati, siamo al tornante dove vi è il divieto di transito ai non autorizzati. Di lì la strada proseguirebbe fino a L’Alto. Noi la percorriamo a piedi, poi a Le Motte deviamo per Moregn dove saliamo tra i pascoli (NO) fino in cima al dossone dov’è La Pozza, oggi ghiacciata sebbene non faccia certo freddo. Abbiamo 3 anni di avventure da raccontarci, così il paesaggio e il dislivello scorrono veloci. Attraversata la conca della pozza N, superiamo per un canale la ripida fascia rocciosa che porta nella conca ai piedi dell’anticima orientale della punta Maria, la più alta delle cime di Redasco. Per rottami e rocce instabili siamo sull’anticima senza particolari problemi, ma da qui la situazione cambia. La vista sulla punta Maria è impressionante: due torri di roccia marcia ci separano dalla breccia oltre cui vi è la rampa finale. Fabio mi dice che oltre questo punto non va quasi nessuno: e lo credo bene! Poi aggiunge che con la neve almeno le rocce sono cementate e si rischia un po’ meno. Già, oltre che infime queste rocce sono esposte e il versante meridionale è decisamente più frantumanto in blocchetti di varia dimensione che aspettano con poca pazienza il loro turno per rotolare a valle. Con 20 metri di corda e 2 friend ci lanciamo sulla cresta. Aggirata la prima torre per il lato S, scendiamo per una rampa gelata (II) a una breccia. La attraversiamo su blocchi appoggiati e saliamo da sx in cima al secondo torrione. Una disarrampicata non facile (10m, III+) e sul cui successo dubiterebbe chiunque guardasse giù da questa torretta, ci consegna l’ultima rampa innevata per la vetta. Siamo sulla punta Maria (m 3139, ore 5:30), paesaggio molto bello e ampio. Vorrei proseguire nella traversata in cresta, ma Fabio deve andare a fare una lezione d’arrampicata e allora giù di corsa fino alla macchina chiaccherando sulle bellezze e sulle perversioni dello sport vissuto da agonisti, cosa che entrambi abbiam fatto. Certamente l’incapacità di apprezzare la bellezza del contesto naturale, oltre ad una malata ricerca di attrezzature inutili e pericolose, sono gli aspetti peggiori che nascono nella cerchia dello scialpinismo e delle skyrace e che fanno confondere mezzi e finalità dello sport. Alle 14 siam già alla macchina. In vetta alla punta Maria (m 3139). ©Le montagne divertenti - 37/49 Le Tre Mogge Bellezza Fatica Pericolosità “La Valle Malenco si apre immediatamente alle spalle di Sondrio ed il suo ingresso è vigilato, come quelle cattedrali che hanno davanti al pronao due leoni accovacciati, dalle rupi di Triangia e di Masegra. E’ questa valle, profonda, cupa, petrosa, nel primo tratto, stringendosi i monti l’un sopra l’altro, addossati quasi accorrenti, sul canalone della valle, e nella penombra e nell’ombra che occupa questo gran taglio, si scorgono laggiù, a nord, le torrette delle Tremogge vestite di neve, che splendono come lumi, cime emergenti in un mondo tutto in luce”. P. Rombi. . Partenza: alpe Braciascia (m 1550 ca). Itinerario automobilistico: da Sondrio si sale in Valmalenco lungo la SP 15. Giunti a Chiesa in Valmalenco (km 12) si prende la biforcazione occidentale della valle. Per ripidi tornanti si arriva a S. Giuseppe dove si sale fino al piazzale degli impianti (rifugio Sasso Nero) e da lì si prosegue sulla strada asfaltata fino ai prati della Braciascia (indicazioni per il rifugio Longoni), dove si trova il divieto di transito e la strada diviene ad uso escusivo di cavatori, alpeggiatori e rifugista. Itinerario sintetico: S. Giuseppe (Braciascia) - rifugio Longoni (m 2450) - Passo Tremogge (m 3014) - pizzo Tremogge per spigolo SO (m 3441) - pizzo Malenco (m 3438) - Sassa d’Entova discesa per il versante O - rifugio Longoni - Braciascia. Tempo di percorrenza previsto: 12-14 ore. Attrezzatura richiesta: da escursionismo. Utile uno spezzone di corda. Difficoltà: 4.5 su 6. Dislivello in salita: oltre 2000 metri. Dettagli: AD. Passi su roccia fino al IV (cresta SO Tremogge) e pendii glaciali impegnativi e ripidi (oltre 50° discesa dal versante O della Sassa d’Entova. ©Le montagne divertenti - 38/49 1 dicembre 2011 Ci sono scalate che ti restano impresse e non vedi l’ora di andarle a ripetere. Così è stato nell’ottobre 1997 quando ho salito il pizzo Tremogge dallo spigolo SO col papà, Danilo Pedrotti e altri 2 amici. È stata la mia prima via d’arrampicata in ambiente e, sebbene le difficoltà non fossero elevatissime, mi ricordo che ero arrivato in cima molto stano. Un po’ per l’esposizione dell’ultimo tratto, un po’ perché ero salito tutto slegato. Sono passati ben 14 anni. Non ho mai trovato nè la compagnia nè il momento giusto, ma oggi, che è quasi inverno, devo mostrare ad un amico di Bormio, Giorgio Urbani, una delle mie montagne. Lui mi ha portato a fare la mitica cresta Sinigalia alla cima Piazzi, e io non posso certo rispondergli con qualcosa di meno sorprendente, così punto a rifare quello spigolo del Tremogge, una vera e propria arrampicata su un musueo di geologia! Ieri sera, accompagnati dalla luna piena, siamo arrivati qui in Longoni dove abbiamo dormito su pavimento della veranda. Notte tutto sommato tranquilla, se non fosse per un maledetto topolino che mi girava attorno per entrarmi nel sacco a pelo. Le stelle che addobbavano i vetri della veranda si sono trasformate in un cielo rosso fuoco. È la fantastica coreografia della nostra colazione e, anche se non facessimo alcuna salità, questa nottata e quest’alba basterebbero già per un ricordo indelebile. Lasciato il rifugio alle 8 passate ci dirigiamo al passo Tremogge per il sentiero segnalato. C’è un po’ di neve che infastidisce, ma alle 10 siamo al valico. Il sole è caldo, l’aria frizzante. Inizia la via. Sono eccitato all’idea di ritestarmi su difficoltà che un tempo mi erano parse alte, specialmente oggi che la cresta è innevata, quindi più impegnativa. Stando davanti un po’ per uno superiamo il primo settore della cresta, Arrampicata sulla seconda delle prime tre torri della cresta ENE del pizzo Ventina. ©Le montagne divertenti - 39/49 e siamo sulla torre scura dove il filo piega a N. Ha inizio un tratto tra spigoli e camini di roccia scura e eccellente, dove ci divertiamo un sacco. Dopo una bizzarra arrampicata sul dorso un grosso masso appoggiato alla cresta (nell’intercapedine fra i due si vede il pizzo Scalino), arrivati alla grande torre nera, la aggiriamo in discesa per una cengia obliqua sul suo lato orientale. Siamo al colletto a cui culmina un canalone che sfocia nella conca tra Malenco e Tremogge. Un tratto su sfasciumi verticali ed esposti conduce alla zone di rocce chiare: il terzo settore della cresta, quello delle torrette. I contrasti di colore e l’ambiente severo sono unici. In cima alla prima torre e ci leghiamo per affrontare la seconda. Qui la neve fodera tutto il versante NO e, dato il precipizio verticale di 200 metri, non si può girare da SE. Una cengia lato NE mi fa contornare lo spuntone, quindi salgo la terza torre da SE (fessura splendida di ruvido calcare, IV). Alternandoci da capo cordata, senza particolari difficoltà e appoggiandoci sempre al versante svizzero, completiamo il tratto pianeggiante e vinciamo l’ultima rampa per la vetta (pizzo Tremogge, m 3441). Scesi alla forcola Malenco, tocchiamo per ghiacciaio la sommità del pizzo Malenco, per ridiscentere (N) nel ghiacciaio dello ©Le montagne divertenti - 40/49 Alba su Vazzeda e cima di Rosso. ©Le montagne divertenti - 41/49 Scerscen inferiore, proseguire a E lambendo i contrafforti del Malenco e salire la Sassa d’Entova (m 3329) da N per il pendio glaciale. Finalmente posso firmare il libro di vetta che abbiamo portato su giusto pochi giorni fa! Volendo fare la bravata scendiamo lungo lo spigolo SO, ricalcando le vecchie impronte mie e del Lele, ma oltre la fascia di rocce bianche, facciamo un’improvvisata sul versante O: chissà se si scende. Traversiamo per neve ripidissima fino sotto alle rocce della cresta che unisce Malenco e Sassa d’Entova, quindi pieghiamo nuovamente a S e ci abbassiamo nella conca sottostante. Da lì, puntando la vetta del Malenco raggiungiamo il canalone più a N della conca. Lo scendiamo per oltre cento metri, poi questo s’interrompe su un alto salto di rocce (oltre 100 metri). C’è un attimo di panico: sta per diventare buio perciò non possiamo più risalire, la roccia è marcia per effettuare le calate e poi abbiamo solo 50 metri di corda. Tentiamo comunque di abbassarci per cenge e piccoli salti da disarrampicare. Un po’ alla volta così perdiamo dislivello finché non esiste più possibilità di proseguire, ma culo vuole, che la corda da 50 metri arrivi giusta giusta alla base della barra rocciosa. Una calata in corda doppia con sosta su un blocco staccato (tra l’altro la sosta lavorava solo se tirata in diagonale) ci porta fuori pericolo, non prima però che un grosso masso mi dia una bella botta ad una spalla. Il tramonto s’incendia come l’alba ed è ancora la notte illuminata dalla luna ad accompagnarci lungo la rotabile per la Braciascia. Arrampicata sul masso staccato. ©Le montagne divertenti - 42/49 Dalla vetta del Tremogge. A dx il Malenco. Il pizzo Tremogge dalla vetta del Malenco. La nostra linea di discesa dalla Sassa d’Entova. ©Le montagne divertenti - 43/49 Tramonto sul pizzo Rachele. ©Le montagne divertenti - 44/49 Monte Foscagno: Tracce di Sangue Monte Foscagno (3058) Il triangolo nero del monte Foscagno e le linee di salita e discesa (foto G. Meneghello). Sul versante settentrionale del monte Foscagno si trova uno scuro avancorpo roccioso dalla forma pressochè triangolare, solcato da un diedro e da un grosso camino su cui oggi (6 dicembre 2011) Fabio Meraldi (che ha tirato tutti i tiri duri) e io abbiamo salito una via nuova di misto. Visto tutto il sangue che ho perso perché mi si è riaperta una vecchia ferita su un ginocchio, ho deciso di battezzarla “Tracce di sangue”. Sono 5 tiri da 60 metri, considerando anche quello finale pianeggiante sulla cresta. Difficoltà fino all’M8 (I e II tiro). La via è ben proteggibile con friend, cordini e nut. Si parte da una grotta alla base del canalone-camino. ©Le montagne divertenti - 45/49 Bellezza Fatica Pericolosità Partenza: tornante che guarda la Vallaccia Corta lungo la strada del passo del Foscagno (m 2140). Itinerario automobilistico: dalla piazza di Isolaccia, Valdidentro, si segue la strada SS 301 del passo del Foscagno in direzione Livigno. Percorsi una decina di chilometri si trova la prima di una serie di gallerie aperte, e poco più avanti si vede aprirsi sulla sx la Vallaccia Corta, in concomitanza con un ampio tornate che precede l’ingresso in una nuova galleria (13,2 km). All’esterno del tornante vi è lo spazio per parcheggiare. Qualora ci si fosse attardati a partire e il parcheggio fosse stato preso d’assalto dai lettori de LMD è possibile tornare indietro alcune centinaia di metri lungo la strada percorsa e utilizzare una delle piazzole presenti sulla sx. Tempo previsto: 2-4 ore per la salita. Attrezzatura richiesta: casco, corda da 60m, ramponi, piccozze, set di friend e di nut, cordini e fettucce.. Difficoltà/dislivello: 5.5 su 6 / 800 m. Dettagli: TD. Arrampicata su misto fino all’M8. 5 tiri. Mappa consigliata: Kompass n.72 - Parco Nazionale dello Stelvio, 1:50000 ©Le montagne divertenti - 46/49 Dalla grotta all’inizio della via. La linea di “Tracce di sangue”. ©Le montagne divertenti - 47/49 Dalla grotta si affronta un delicato strapiombo (5 m, M8) e si esce su un canalone di neve a metà del quale si fa la sosta. Il secondo tiro supera sulla dx una liscia fascia rocciosa (30 m, M8) molto faticoso. Il terzo tiro è su neve ripida (50°, 80 m) e porta all’ultimo tiro nel camino. Facile la prima parte, quindi un’uscita delicata su cengia obliqua porta in cresta (M6). Una lunghezza sul filo di neve e roccia deposita in cima al canalone (sx) da cui si scende a valle. L’entrata nella grotta. L’uscita dalla grotta. ©Le montagne divertenti - 48/49 La barra rocciosa del II tiro. La cresta finale. ©Le montagne divertenti - 49/49