sentiero dei tubi - CAI di Finale Ligure

GITA SENTIERO DEI TUBI - ISTRUZIONI PER L'USO 7 aprile 2013
GITA PARCO DI PORTOFINO - SENTIERO DEI TUBI
Vi aspettiamo...
7 APRILE 2013
Foto di Carla Viola
Direttori di gita POGGI M. VITTORIA - VOLPE GIANCARLO
CAI Finale Ligure
Testi di Poggi M.V. – Volpe G.
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GITA SENTIERO DEI TUBI - ISTRUZIONI PER L'USO 7 aprile 2013
Il SENTIERO DEI TUBI è uno spettacolare itinerario
che si sviluppa lungo il tratto di acquedotto che dalla
SORGENTE CASELLE porta in località BATTERIE e fa
parte del più articolato percorso che seguiremo.
L'itinerario che attraversa il cuore del Parco di
Portofino, è composto di tratti che costituiscono
ognuno già un itinerario completo con peculiari
caratteristiche:
SAN ROCCO – GAIXELLA – PIETRE STRETTE SORGENTI CASELLE – SENTIERO DEI TUBI –
BATTERIE – PUNTA CHIAPPA – SAN ROCCO.
Il Sentiero dei Tubi é affrontato in senso contrario
rispetto al percorso classico e al termine (dopo aver
fatto una deviazione alla casermetta del Bricco, un
punto panoramico incredibile) si giunge in località
Batterie.
Visiteremo alcuni bunker della II guerra mondiale e
comunque sarà possibile fare il nuovo sentiero che
scende a Punta Chiappa.
Foto di Carla Viola
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SAN ROCCO - GAIXELLA
Il primo tratto che parte dal borgo di San Rocco Di Camogli
davanti alla Chiesa omonima per terminare in località
GAIXELLA, attraversa la parete nord - occidentale del Monte
di Portofino e risale il crinale roccioso che dalla vetta del
monte scende a Camogli terminando con l'altura del
Castellaro.
Lasciate le Case Galletti si procede tra orti e fasce coltivate
a olivo, accompagnati dal susseguirsi delle edicole in pietra
e ceramica, dedicate ai Misteri del Rosario e probabilmente
facenti parte di un’antica Via Crucis.
I terreni ancora lavorati lasciano gradualmente il posto
quelli ormai abbandonati e poi al bosco misto. Inoltrandosi
all'interno della valle attraversata dal Rio Gentile, aumenta
progressivamente il numero dei castagni, un tempo coltivati
e ormai destinati, senza un intervento atto a recuperarne il
valore, a lasciare il posto al bosco misto.
Dopo aver oltrepassato il castagneto, s’incontrano i primi
affioramenti di conglomerato sovrapposti ai Calcari del
Monte Antola che impedendo all'acqua che scorre nelle
fratture del conglomerato di penetrare ulteriormente danno
origine alla sorgente dell'Acqua Fredda che dà il nome alla
località omonima dopo la quale in breve si raggiunge
località GAIXELLA.
Scolopendria Comune (foto grande) Poggi M.V. – Asplenio ed epatica (foto piccola) W. Nesti
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GAIXELLA - PIETRE STRETTE
Arrivati in località Gaixella siamo accolti da alcuni esemplari di cipresso di
Lawson, una specie esotica.
Si percorre il bosco mesofilo peculiare di ambienti freschi e umidi;
proseguendo diventa evidente il passato utilizzo come bosco ceduo,
riconoscibile per le ceppaie costituite da numerosi polloni non più selezionati
dal taglio.
Come nell'ultimo tratto del percorso precedente ci troviamo nella zona dove
il calcare e il conglomerato sono venuti a contatto.
In località Fogliacci, situata in una zona ombrosa e umida, il terreno è
colonizzato dall’edera e durante la fioritura primaverile avremo anemoni,
epatica e scilla.
In prossimità dell'arrivo Il sottobosco, è occupato dal rovo, a dimostrazione
di come in passato si facesse largo uso dell'’incendio controllato e dopo un
tratto di castagneto si presentano i grandi blocchi di conglomerato che danno
il nome alla località Pietre Strette.
Scilla (nella foto grande) - Epatica (foto piccola)
Foto Walter Nesti
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DA PIETRE STRETTE a SORGENTI CASELLE
Da Pietre Strette un sentiero tortuoso che segue a
tratti il corso di un torrente conduce attraverso in
una valle ombreggiata con scorci panoramici
verso il mare.
Sempre accompagnati dagli affioramenti di
conglomerato e dal bosco misto, si giunge alle
Sorgenti Caselle. I ruderi ricoperti di rovi e i resti
dei terrazzamenti ormai colonizzati dalla macchia
testimoniano come il luogo sia stato abitato e
coltivato sino ai primi anni del novecento.
Tra la macchia composta da erica arborea e
corbezzolo compare la lisca, una pianta usata
anticamente per la realizzazione delle reti da
pesca.
.
La leggenda narra che nella notte di san Giovanni Battista a Pietre Strette si radunino gli spiriti tutti gli amanti che il destino non
volle lasciare unire.
…
Foto di Carla Viola
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La località Sorgente Caselle prende il nome dalle
cinque sorgenti che approvvigionavano l'acquedotto
di Camogli e che adesso ormai dismesso rifornisce
soltanto l'abitato di Fruttuoso L'ente Parco, ha
convogliato una parte delle acque per alimentare la
ristrutturazione delle Batterie.
L'ACQUEDOTTO E LA VIA DEI TUBI
.
I lavori per la costruzione, iniziati il primo ottobre del 1897 furono
eseguiti dalla ditta f.lli Mandrini e Magrini di Firenze che ne curò
anche il progetto. Fu terminato nel1899 e inaugurato nello stesso
anno.
L'itinerario che si snoda sul conglomerato, comprende oltre a
diversi passaggi esposti, l'attraversamento di quattro gallerie tra cui
una di circa 200 metri dalle cui pareti pendono alcune stalattiti e
dove sono presenti anche concrezioni.
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BATTERIE - PUNTA CHIAPPA
Il percorso prevede, procedendo in senso contrario, l’originario sentiero fino a poco tempo fa
inaccessibile e recentemente recuperato che da Punta Chiappa portava al complesso delle batterie.
BATTERIE ARTIGLIERIA di PUNTA CHIAPPA.
La postazione difensiva di Punta Chiappa era dotata di tre
cannoni con calibro 152/45 mm, essi erano posizionati a
cielo aperto “ a Barbetta” su piattaforme di calcestruzzo
armato. Il cannone aveva le seguenti caratteristiche:
peso kg.16.000; lunghezza: oltre 7 metri; gittata 19.400
metri; peso del proietto kg.47; cadenza di tiro un colpo
ogni 75 secondi.
Queste difese costiere, danneggiate dai soldati della
MILMART, furono fortificate, da parte dei tedeschi
dell’organizzazione Todt, con la creazione dei bunker,
dopo l’8 settembre 1943 ed entrarono a fare parte del
cosiddetto” Vallo Ligure”, la più grossa opera di difesa
tedesca in Italia.
Foto Carla Viola
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PUNTA CHIAPPA – PORTO PIDOCCHIO – SAN ROCCO
Asplenio - Foto Walter Nesti
Foto grande - Carla Viola
Giunti a Punta Chiappa, costituita da un enorme blocco di conglomerato, si raggiunge Porto Pidocchio, l’imbarcadero per
Camogli o San Fruttuoso. Dal sentiero che fiancheggia la costa, si osserva il tratto di mare, dove ancora si pratica la pesca e
dove esiste ancora una tonnara (tonnarella). Si prosegue verso il borgo di San Nicolò, caratterizzato dalla chiesetta
medievale. Il piazzale antistante è pavimentato con un mosaico a ciottoli chiamato”rissëu”. Qui ci troviamo nuovamente in
una zona in cui il calcare e il conglomerato entrano a contatto facendo emergere le acque sotterranee. Poco più avanti
sgorga, infatti, la sorgente del Fosso dei Bruchi. Procedendo verso San Rocco si attraversa un bosco di lecci e gradualmente
ricompaiono gli orti coltivati intorno al borgo si San Rocco.
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IL CASTELLARO DI CAMOGLI
Informazioni in merito ai primissimi abitanti di Camogli ci sono pervenute grazie agli scavi archeologici del Castellaro, un insediamento occupato dalla media età del
bronzo e adesso incluso nella proprietà dell’ albergo Cenobio dei Dogi.
Gli scavi effettuati dal 1969 al 1977 rivelarono almeno sette fasi di utilizzo del sito e consentirono il ritrovamento di tre capanne di età preistorica, di cui una datata
tra il XIV e il XIII secolo a.C., mentre la più recente tra la fine
del XIII e il XII secolo a.C.
I 9200 reperti portati alla luce, di cui circa 6000 sono frammenti
di vasi in ceramica e circa 2000 frammenti ossei, ci danno un
quadro quasi completo di come potesse essere la vita nella
comunità prima della conquista romana della Liguria e ci
riferiscono che nonostante la vicinanza con il mare, la comunità
lì insediata, non fosse dedita in alcun modo alle attività collegate
al mare, ma praticasse la caccia come risulta dai resti di cervo e
orso, l’agricoltura e la pastorizia. I pesi da telaio e le fusaiole
raccontano come si praticasse la tessitura della lana.
Macine e macinelli in rocce non locali, vasi bollitori e avanzi di
pasti tra cui carne suina e bovina oltre ad ovina e l’analisi dei
pollini ritrovati nel terriccio dei vari strati di scavo testimoniano
l’allevamento quale pratica consolidata, nonché l’utilizzo di
cereali, granaglie e latte e una già elaborata preparazione degli
alimenti.
RICOSTRUZIONE GRAFICA DEL CASTELLARO DI CAMOGLI (ARCHIVO ISCUM)
I resti di vasi in ceramica di provenienza massaliota ed etrusca dimostrano i contatti e gli scambi
con altre culture.
La Pelvis, proveniente dall’Etruria meridionale, è un largo bacile con l'orlo
ingrossato, il piede ad anello e un beccuccio su di un lato. Era uno
strumento da mensa e serviva probabilmente per miscelare il vino denso
con l’acqua.
Certamente il sito fu abbandonato nel II secolo a.C. e probabilmente gli abitanti si trasferirono nei
pressi dell’attuale porto.
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QUATTROCENTO E CINQUECENTO
Il primo nucleo della città di Camogli, fu edificato attorno all’anno mille
sull’isola ora collegata alla terraferma dal basso ponte ottocentesco e si
sviluppò intorno al Castello e
alla pieve. Le prime case furono edificate fra il millequattrocento e il
millecinquecento. La scarsità di superficie edificabile e gli altissimi costi che
richiedevano lo sbancamento della collina retrostante per ricavare spazio,
sortirono quale risultato edifici altissimi quasi appoggiati l’uno all’altro.
Quale fosse la densità abitativa nel millecinquecento, lo descrive Agostino Giustiniani nella Descrittione della Lyguria: ... “et
seguita la villa della Pieve di Camogli pur distinta in quattro parti, il primo quarto nominato Versura, sotto la
montagna nominata rua di Camogli con solamente quattro foghi, il quartiere della fabrica della predetta pieve
con undeci foghi, et il borgo di Camogli con foghi settanta uno il quartiere Maggiolo con foghi sessanta uno la
villa della Serra qual comprende trenta nove foghi, ...”
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CAMOGLI - IL NOME
La ricerca delle origini del nome ha impegnato nei secoli molti
ricercatori, generando diverse ipotesi più o meno probabili.
Verosimilmente il nome potrebbe provenire da VILLA CAMULI il
cui nome è citato già in documenti del sesto secolo e pare derivi
da Camulio, dio etrusco della guerra e identificabile in Marte o da
Camolio, divinità solare Gallo-Celtica.
Un’altra teoria fa riferimento a Plinio che definisce gli abitanti del
luogo prima della conquista romana “Casmonati” o abitanti di
CASMONA.
Alcuni studiosi teorizzano che il nome abbia origine greco - ligure:
da "cam"= in basso e da "gi"= terra, quindi "terra in basso" o
insediamento abitato situato in basso, lungo la costa rispetto al
valico della "rua" (Ruta).
Il nome attuale di Camogli comparve per la prima volta in un inno
liturgico del basso medioevo (1018–1045) in onore di S. Giovanni
Bono. Da allora e sempre più frequentemente dal XII secolo, il
nome di Camogli apparve nelle cronache genovesi e negli atti
notarili a conferma della crescente importanza della città.
Più recenti e divertenti ma del tutto fantasiose le ipotesi che
vogliono Camogli derivare dal dialetto genovese: Cà de Moggee
o casa delle mogli, per indicare che le donne erano sole a
presidiare la città poiché gli uomini erano sempre per mare
oppure Cà a Muggi o case a mucchi, per le caratteristiche case
dipinte con colori pastello, addossate l’una all’altra e chiaramente
identificabili da chi provenisse dal mare.
MILLE BIANCHI VELIRI
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MILLE BIANCHI VELIERI
La storia di Camogli è legata alla sua vocazione marinara e al mare deve il suo sviluppo, anche se i
Camogliesi hanno sempre integrato le attività marinare con quelle contadine.
Nonostante che sino al mille settecento i Camogliesi navigassero, occupandosi di commercio costiero in
primavera e in estate, tirando a secco le navi in inverno, solo nella seconda metà del settecento la
marineria locale estese le sue attività al Mediterraneo. In epoca napoleonica, sull’esempio delle
marinerie inglesi e francesi che nell’epoca cominciavano a solcare il Mediterraneo con grandi
imbarcazioni, iniziò la costruzione di navi atte a navigare tutto l’anno e che consentissero di uscire dal
Mediterraneo. L’evoluzione nella marineria Camogliese proseguì portando uomini e navi in supporto alla
spedizione in Egitto di Napoleone all’inizio dell’ottocento e nel 1821 in Algeria. Dal 1853, inizio della
guerra di Crimea, le navi appoggio camogliesi navigarono per il Regno di Piemonte, gli Inglesi e i
Francesi rifornendo le truppe combattenti di armi e vettovaglie e facendo conquistare a Camogli il nome
di “Città dai Mille Bianchi Velieri”. Nel 1880 nonostante il 60% di analfabetismo e soli 12.000 abitanti di
cui moltissime donne, Camogli vantava 500 diplomati Capitani e poteva a buon diritto essere chiamata
una città moderna.
Sino alla fine dell’ottocento i cantieri costruirono navi a vela che solcavano i mari di tutto il mondo, tanto
che nel momento di massimo sviluppo Camogli poteva vantare trentasei navi più di Genova e attività
commerciali, praticate in ogni porto del mondo. L’evoluzione terminerà solo con l’imporsi delle nuove
navi a vapore, novità che gli armatori Camogliesi sottovalutarono, sino a progressivamente indebolirsi
finanziariamente.
Il benessere economico derivato dalle attività portò alla realizzazione di palazzi,dell’ospedale, delle ville
degli armatori e dei capitani che vollero anche la costruzione di un Teatro e infine inizio la costruzione
dell’acquedotto che è l’oggetto della nostra escursione.
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CALCARE DEL MONTE ANTOLA
La parte più settentrionale del promontorio di Portofino è costituita da strati di rocce
calcareo - marnose alternate ad argille e arenarie facenti parte di un più estesa formazione
flyshoide detta del Monte Antola che oltre alla superficie del parco omonimo occupa la
costa genovese da Sampierdarena a Chiavari.
Queste rocce si sono formate nel Cretaceo superiore (circa 75 milioni di anni fa), a
seguito di frane sottomarine (correnti di torbida) i cui detriti si depositarono sul fondo
dell'Oceano della Tetide.
Le rocce in prevalenza di colore grigio sono segnate da evidenti righe bianche costituite
da fratture riempite dal calcare in epoche successive alla formazione.
GEOLOGIA
Nel
Parco
di
Portofino
coesistono
fondamentalmente tre formazioni geologiche
tutte sedimentarie che si sono formate in
epoche geologiche diverse: il Calcare del
Monte Antola, il conglomerato e coperture
quaternarie.
Queste ultime presenti soprattutto nella zona
di contatto tra i calcari e il conglomerato si
sono formate circa due milioni di anni fa per la
deposizione di detriti, depositi alluvionali e
frane.
LE PIEGHE
I vari strati che costituiscono le rocce del Parco sono deformati in scenografiche pieghe originate
dalla compressione cui sono state sottoposte durante l'orogenesi alpina e appenninica cioè ai
movimenti tettonici che hanno portato alla formazione delle Alpi e degli Appennini.
Secondo il tipo di convessità con cui si presentano, sono definite:
pieghe antiformi: quando la convessità è rivolta verso l'alto - pieghe sinformi: quando la
convessità è rivolta verso il basso
Se le rocce più antiche si trovano vicine al nucleo della piega sono chiamate anticlinali, se si
trovano accanto al nucleo rocce più recenti la piega è definita sinclinale.
Foto Ente Parco
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IL CONGLOMERATO DI PORTOFINO
Da Punta Chiappa a Portofino, la costa è costituita da una roccia
sedimentaria che si è formata circa 35 milioni di anni fa (tra Eocene
e Oligocene) per la deposizione di sedimenti trasportati sino, come
ipotizzano studi recenti, a una piana deltizia semicoperta dall’acqua
marina.
La particolarità di questa roccia detta conglomerato poligenico,
consiste nell’essere composta di clasti di origine diversa provenienti
da altre rocce sedimentarie come calcari marnosi e arenacei,
calcareniti, diaspri, ma anche da rocce magmatiche quali i basalti e
gabbri o metamorfiche come scisti cristallini o le ofioliti che si sono
formate a seguito dei processi di trasformazione di rocce
magmatiche o lo gneiss le cui rocce di provenienza sono
magmatiche e sedimentarie.
I ciottoli arrotondati sono cementati da matrice calcarea
Foto di Carla Viola
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IL FLYSCH A ELMINTOIDI
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Osservando attentamente alcune delle rocce calcaree del parco è
possibile imbattersi in tracce fossili che ricordano la forma di un
labirinto.
Questi particolari segni risalenti al Cretaceo superiore sono stati
lasciati da un particolare organismo, l'Helminthoidea labirintica, che
si muoveva sul fondale marino nutrendosi di fango.
Non è mai stato trovato nessun resto fossile di questo organismo e
nessuna traccia di arti, si è dedotto quindi che potrebbe trattarsi di
un verme privo completamente di struttura scheletrica.
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FONTI
www.parcoportofino.it
www.comune.camogli.ge.it
www.actaplantarum.org
Le rocce della Liguria – Eugenio Poggi
I liguri e la Liguria. Storia e archeologia di un territorio prima della conquista romana - Giannattasio Bianca M.
Guida al Parco di Portofino - Alberto Girani
Dati sull’ambiente antropizzato della Liguria appenninica prima della romanizzazione - Tiziano Mannoni
GRAZIE MILLE A:
Walter Nesti (ONC – OrTAM)
Prof. Giuseppe Vicino
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