Seminario “Gli impegni dell`Italia per l`attuazione dell`accordo

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Seminario
“Gli impegni dell’Italia per l’attuazione dell’accordo COP21 di Parigi”
Roma, 17 febbraio, ore 10,30
CNEL – Sala Gialla
Domenico Gaudioso
ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Il mandato per COP21
La Conferenza di Durban (2011), tenendo conto dei rischi per le società umane e per il pianeta legati ai cambiamenti climatici e della necessità di una risposta internazionale all’aumento delle emissioni di gas‐serra…
prendendo atto della distanza tra gli impegni dei diversi Paesi e l’obiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2 ° C o 1.5 ° C rispetto ai livelli pre‐industriali…
decide di avviare un processo per sviluppare un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza di legge ai sensi della Convenzione applicabile a tutti i Paesi…
decide che questo processo dovrà concludersi il più presto possibile e comunque non oltre il 2015, affinché il nuovo strumento legale possa entrare in vigore a partire dal 2020
Impatti futuri dei cambiamenti climatici
Variazione della temperatura globale (relativamente ai valori pre-industriali)
1°C
2°C
3°C
4°C
5°C
0°C
Produzioni
agricole
Calo delle rese agricole in molte aree,
particularmente nei Paesi in via di sviluppo
Calo delle rese in molti
Possibile aumento delle rese agricole
Paesi industrializzati
alle alte latitudini dell’emisfero boreale
Acqua
Significativo calo della disponibilita
Scomparsa dei ghiacciai d’acqua in molte aree, incluso il
alpini – risorse idriche a Mediterraneo e l’Africa
Settentrionale
rischio in molte aree
Aumento del livello del
mare con minaccia per
molte citta`
Ecosistemi
Danni estesi alle
barriere coralline
Numero crescente di specie in estinzione
Eventi
Intensita` crescente di tempeste, incendi forestali, siccita`, alluvioni ed
meteorologici ondate di calore
estremi
Rischio di cambiamenti
irreversibili e repentini
Rischio crescente di feedbacks dannosi e repentini,
cambiamenti del sistema climatico su larga scala
Al fine di garantire la stabilità del sistema climatico, la conferenza di Copenhagen ha
fissato l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a non più di 2°C rispetto ai livelli
dell’era p
pre-industriale
Sulla base dei trend di emissione più recenti, nel 2100 la temperatura media globale
potrebbe essere superiore di 3.2–5.4ºC rispetto ai livelli pre-industriali
Per non oltrepassare i 2°C, è necessaria una riduzione sostanziale delle emissioni
nei prossimi decenni e emissioni di gas-serra vicine a zero entro la fine del secolo.
Per avere almeno i 2/3 di probabilità di raggiungere questo obiettivo, le emissioni
totali cumulate di anidride carbonica da tutte le fonti umane dall'inizio dell’era
industriale dovrebbero essere limitate a circa 1.000 miliardi di tonnellate di carbonio.
Circa la metà di questo quantitativo è già stato emesso entro il 2011.
•
75% delle riserve provate dei combustibili fossili devono rimanere nel sottosuolo se vogliamo avere l’80% delle probabilità di limitare il riscaldamento globale a non più di 2°C (Fonte: IPCC, 2013)
•
Un terzo delle riserve di petrolio, metà di
quelle di gas e l’80% di quelle di carbone
devono rimanere inutilizzate
•
Lo sfruttamento dei giacimenti artici e
l’ulteriore aumento delle produzioni non
convenzionali sono incompatibili con
l’obiettivo dei 2°C (McGlade & Ekins,
Nature, 2015)
L’utilizzo di tutte le riserve di
combustibili fossili libererebbe
nell’atmosfera una quantità di
CO2 pari a tre volte il budget
ammissibile
67% delle riserve provate dei combustibili fossili devono rimanere nel sottosuolo se vogliamo avere il 50% delle probabilità di limitare il riscaldamento globale a non più di 2°C (Fonte: IEA, 2012)
Per contenere l’aumento della temperatura globale a non più di 2°C entro il 2100, le concentrazioni di CO2‐equivalente non dovrebbero superare i 450 ppm. Questo richiede riduzioni delle emissioni di gas‐
serra tra il 40 e il 70% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2010, e livelli di emissioni vicino allo zero nel 2100. Per non oltrepassare 1,5°C di riscaldamento globale entro il 2100, le concentrazioni non dovrebbero superare i 430 ppm. Il budget di emissioni ancora disponibile sarebbe ridotto a circa la metà.
Per ottenere questo risultato, le emissioni dovrebbero ridursi entro il 2050 ad un livello tra il 70% e il 95% al d
i so o del livello del 2010, e quindi azzerarsi entro la fine del secolo. Il principio di equità nella riduzione delle emissioni
Ancora oggi, l’80% delle risorse energetiche mondiali è utilizzato dal 20% della popolazione del pianeta. Ma questo 20% non vive più solo nei Paesi industrializzati. Le emissioni cinesi, ad esempio, sono ormai comparabili a quelle medie europee.
Non c’è dubbio, però, che per risolvere la crisi climatica –
attraverso tagli delle emissioni ora e sempre di più nel futuro –
è necessario che tutte le classi agiate – incluse quelle dei Paesi emergenti – modifichino i propri stili di vita, dovunque esse risiedano.
Le responsabilità comuni, ma differenziate
Il principio delle responsabilità comuni ma differenziate è uno dei pilastri del diritto internazionale ambientale e dello sviluppo sostenibile. Esso riguarda la protezione di risorse comuni globali, o che comunque non ricadano sotto alcuna giurisdizione esclusiva statale, come ad esempio il clima. È emerso nel contesto della Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo tenutasi a Rio nel 1992, il cosiddetto Earth Summit, e attualmente ispira la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite e il Protocollo di Kyoto
Esso afferma che: “[...] In considerazione del differente contributo al degrado ambientale globale, gli Stati hanno responsabilità comuni ma differenziate. I paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile date le pressioni che le loro società esercitano sull'ambiente globale e le tecnologie e risorse finanziarie di cui dispongono”
Che cos’era in gioco alla Conferenza di Parigi
L’architettura del nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici sarebbe stata ispirata al principio delle “responsabilità comuni, ma differenziate”
Gli impegni di limitazione delle emissioni avrebbero dovuto riguardare tutti i Paesi industrializzati, e per la prima volta anche i più avanzati tra i Paesi emergenti
In una prima fase, l’accordo sarebbe stato basato sui contributi offerti dai diversi Paesi (INDC, Intended National Determined
Contributions, che rappresentano quali azioni ciascun paese si impegna a realizzare nel periodo oltre il 2020 nel contesto di un nuovo accordo internazionale)
Gli impegni dell’UE per il 2030
Il Consiglio europeo del 23‐24 ottobre 2014 ha definito attraverso il pacchetto “Unione dell’energia” un quadro di riferimento al 2030 per le politiche su clima ed energia che prevede:
una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990
il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili di almeno il 27% rispetto al consumo totale
un miglioramento del 27% dell’efficienza energetica
il raggiungimento dell’obiettivo del 10% per le interconnessioni elettriche esistenti
Sulla base di questi obiettivi, il 6 marzo 2015 l’UE ha presentato alla UNFCCC la propria Intended Nationally Determined Contribution.
L’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030
Il quadro prevede l'obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 le emissioni nel territorio dell'UE di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990. Ciò consentirà all’UE di:
adottare misure efficaci sul piano dei costi che siano funzionali al conseguimento dell'obiettivo a lungo termine di ridurre le emissioni dell’80‐95% entro il 2050, nel contesto delle riduzioni necessarie da parte del gruppo dei paesi industrializzati
fornire un contributo equo e ambizioso al nuovo accordo internazionale sul clima, che entrerà in vigore nel 2020.
Per raggiungere l’obiettivo di una riduzione almeno del 40%:
i settori interessati dal sistema di scambio di quote di emissione (ETS) dell'UE dovranno ridurre le emissioni del 43% (rispetto al 2005); a questo scopo l'ETS dovrà essere riformato e rafforzato i settori non interessati dall'ETS dovranno ridurre le emissioni del 30% (rispetto al 2005) e ciò dovrà essere tradotto in singoli obiettivi vincolanti nazionali per gli Stati membri.
L’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2050
Il Consiglio europeo del 29‐30 ottobre 2009, in preparazione della Conferenza di Copenhagen, aveva esortato tutte le parti ad aderire all'obiettivo dei 2° C.
In vista dell'obiettivo di conseguire, entro il 2050, una riduzione delle emissioni a livello globale di almeno il 50%, il Consiglio aveva adottato, per l’UE, l'obiettivo di una riduzione delle emissioni di gas‐serra dell'80‐95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990.
Per raggiungere questo obiettivo, l’UE deve compiere ulteriori progressi verso una società a basse emissioni di carbonio. In particolare, il settore della produzione di energia elettrica dovrebbe, entro il 2050, diventare carbon neutral.
Gli obiettivi clima/energia dell’UE al 2020
L’edizione 2015 del rapporto annuale “Trends and projections” dell’EEA conferma che l’Unione Europea è a buon punto verso il raggiungimento dei propri obiettivi clima/energia al 2020:
una quota del 20% di fonti energetiche rinnovabili rispetto al totale dei consumi energetici dell’UE
un miglioramento del 20% dell’efficienza energetica rispetto allo scenario 'business as usual'
una riduzione del 20% delle emissioni di gas‐serra rispetto ai livelli del 1990
Gli Stati Membri verso i propri obiettivi al 2020
24 Stati Membri sono a buon punto rispetto ai propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas‐serra
20 Stati Membri sono a buon punto rispetto ai propri obiettivi sulle fonti energetiche rinnovabili
20 Stati Membri sono a buon punto rispetto all’obiettivo europeo sull’efficienza energetica
13 Stati Membri sono a buon punto rispetto a tutti i propri obiettivi
Il trend delle emissioni di gas‐serra in Italia
700000
Gg 600000
NF3
500000
SF6
400000
PFCs
HFCs
300000
N2O
CH4
200000
CO2
100000
0
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Nel 2014, le emissioni di gas‐serra in Italia sono state del 19,78% inferiori a quelle del 1990
Consumi finali di energia rinnovabile nel 2014
2014
Europe 2020 target
50
40
30
20
10
0
Nel 2014, l’Italia ha già raggiunto la percentuale delle fonti rinnovabili rispetto al totale dei consumi finali di energia fissata come obiettivo per il 2020 (il 17%)
L’UE verso i propri obiettivi al 2030 e al 2050
Nonostante i progressi nella riduzione delle emissioni di gas‐serra, il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e al 2050 richiederà sforzi ulteriori da parte dell’UE e dei suoi Stati Membri
Emissioni specifiche del settore elettrico in Italia
800,00
700,00
600,00
Produzione
termoelettrica lorda
500,00
400,00
Produzione elettrica
lorda
300,00
200,00
Consumi elettrici
100,00
2050
2047
2044
2041
2038
2035
2032
2029
2026
2023
2020
2017
2014
2011
2008
2005
2002
1999
1996
1993
1990
0,00
Le emissioni medie di CO2 per kWh prodotto, scese in media dell’1,9% tra il 1990 e il 2014, dovrebbero calare del 2,8% l’anno tra il 2014 e il 2050, fino ad annullarsi
Scenari di emissione al 2030 per i settori non‐ETS
340
consuntivo
previsione
320
300
280
‐21,7 %
260
‐25,2 %
240
‐26,6 %
‐28,0 %
220
2030
2029
2028
2027
2026
2025
Margine 2%
2024
2023
2022
Margine 1%
2021
2020
2019
Margine 0%
2018
2017
2016
2015
ESD sector‐ scenario coerente con reference 2015 Primes
2014
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
200
‐31,0%
ESD ‐ Target (2030 ‐31%, stima)
Le emissioni dei settori non inclusi nel sistema ETS, scese in media del 2,7% l’anno tra il 2008 e il 2014 (in concomitanza con la crisi economica), dovrebbero continuare a ridursi con un tasso annuale medio pari a circa la metà di quanto osservato in passato, per rispettare l’obiettivo di un calo del 31% nel 2030 rispetto al 2005
Target di emissione al 2030 per i settori non‐ETS
126,5
105,5
97,3
86,0
69,5
58,1
‐23.1%
‐32.4%
Trasporti
Civile
‐37.4%
65,0
33,1
Industria
40,7
‐5.8%
33,1
30,9
24,2
31,2
17,1
9,3
11,7
7,5
7,1
‐51.7%
Agricoltura allevamenti + concimi
‐24.3%
Rifiuti
Totale: ‐28.5%
Agricoltura ‐ trattori
Scenario efficienza civile + trasporti + industria
2000
2005
2010
2015
2020
2025
2030
2035
Il contributo dell’UE in vista di COP21
Sulla base dei documenti già citati, il 6 marzo 2015 l’UE ha presentato alla UNFCCC la propria Intended Nationally Determined Contribution, che prevede un impegno vincolante di una riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas‐serra rispetto ai livelli del 1990.
Il documento conferma che gli impegni di riduzione terranno conto del settore LULUCF (uso del suolo, cambiamenti d’uso del suolo e foreste), anche se non chiarisce quale metodologia sarà utilizzata a questo proposito.
Per il raggiungimento dell’obiettivo non saranno utilizzati crediti di emissione provenienti dal 1°periodo di impegno del Protocollo di Kyoto.
Le emissioni di gas‐serra dall’aviazione internazionale saranno incluse nell’obiettivo, e dovranno esserlo anche quelle dai trasporti marittimi internazionali, anche se non ci saranno progressi su questo argomento a livello internazionale.
L’obiettivo rappresenta un significativo passo avanti rispetto a quello per il 2020 (anche perché non prevede l’uso dei crediti internazionali), ed è in linea con l’obiettivo al 2050.
Punti chiave dell’accordo di Parigi (1)
Temperatura media globale (al 2100)
Mantenere l’innalzamento della temperatura ben al di sotto dei 2 °C cercando il più possibile di limitare l’aumento a 1.5 °C Finanza (2020‐2025)
I Paesi industrializzati devono fornire risorse finanziarie partendo da un ammontare totale di almeno 100 miliardi di dollari all’anno; tale cifra può essere rivista entro il 2025
Differenziazione
I Paesi industrializzati devono continuare a svolgere un ruolo primario nella riduzione delle emissioni dei gas serra
I Paesi in via di sviluppo sono incoraggiati ad aumentare i loro sforzi e ad accelerare il processo di riduzione delle emissioni
Obiettivi emissivi (2050)
Raggiungimento del picco emissivo globale quanto prima
Dal 2050 rapida riduzione delle emissioni fino a raggiungere il bilancio tra emissioni antropogeniche ed assorbimenti Punti chiave dell’accordo di Parigi (2) 
Ripartizione degli oneri I Paesi industrializzati devono fornire risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo. Gli altri Paesi possono fornire supporto su base volontaria. 
Trasparenza Ogni Paese deve fornire regolarmente informazioni su inventario, politiche e misure, impatti, vulnerabilità e adattamento. I Paesi industrializzati devono inoltre fornire informazioni sul supporto fornito ai Paesi in via di sviluppo.

Global stocktake (2023)
Il monitoraggio del percorso intrapreso da tutti i Paesi collettivamente avrà luogo ogni cinque anni. La prima revisione avverrà nel 2023 con l’obiettivo di fornire una guida alla preparazione e all’aggiornamento dei successivi contributi nazionali

Perdite e danno ambientale Si riconosce ai Paesi vulnerabili l’importanza di evitare, minimizzare e affrontare le perdite e i danni associati ai cambiamenti climatici.
161 INDCs presentati, in rappresentanza di 188 paesi, corrispondenti al 98,7% delle emissioni globali
L’impatto degli impegni annunciati
In assenza di politiche, si prevede che il riscaldamento globale possa raggiungere entro la fine del secolo 4.1 ° C ‐
4,8 ° C al di sopra dei livelli pre‐industriali.
Le politiche in atto tutto il mondo per ridurre le emissioni di gas‐serra potrebbero limitare l’aumento di temperatura portare a circa 3,6 ° C al di sopra dei livelli pre‐industriali.
L’attuazione degli impegni annunciati dai governi potrebbe limitare il riscaldamento a circa 2,7 ° C di sopra dei livelli pre‐industriali.
Rimane un divario sostanziale tra ciò che i governi hanno promesso di fare e le azioni effettivamente intraprese fino ad oggi. Inoltre, anche assumendo che quanto annunciato sia realizzato, l’obiettivo di 2°C , e a maggior ragione quello di 1,5°C, rimangono drammaticamente lontani.
Una valutazione complessiva dell’accordo (1)
 L’accordo raggiunto a Parigi risulta più ambizioso di quanto atteso, e coinvolge potenzialmente tutti I Paesi
 L’attuazione degli impegni annunciati non garantisce
comunque il conseguimento degli obiettivi dei 2°C (e a maggior ragione di 1,5°C)
 Risulteranno quindi cruciali la definizione e l’attuazione
dei criteri per la trasparenza dell’attuazione degli impegni
e di quelli per la valutazione del progresso globale
Una valutazione complessiva dell’accordo (2)
 Le prime bozze dell’accordo contenevano un calendario di riduzione per le emissioni globali di gas‐serra
 Il testo finale contiene invece l’impegno per tutti i Paesi a raggiungere un picco globale delle emissioni di gas‐serra
nel più breve tempo possibile, e a intraprendere quindi
rapide riduzioni, in modo da raggiungere un equilibrio tra
emissioni e assorbimenti entro la metà del secolo
 Questo obiettivo va quindi al di là dell’impegno europeo di conseguire entro il 2050 una riduzione delle emissioni
dell’80‐95% L’adattamento nell’Accordo di Parigi
Il quinto Rapporto di Valutazione dell’IPCC ha messo in evidenza che mitigazione e adattamento rappresentano due aspetti complementari delle strategie di risposta ai cambiamenti climatici e che nessuna opzione di intervento è sufficiente da sola ad affrontare le minacce dei cambiamenti climatici.
L’Accordo di Parigi è finalizzato non solo a promuovere la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma anche ad aumentare la capacità di adattamento agli impatti negativi dei cambiamenti climatici ed a promuovere la resilienza climatica, affinchè non sia minacciata la produzione di cibo (art. 2). All’articolo 7 l’Accordo introduce più esplicitamente gli obiettivi delle Parti in merito all’adattamento: esso viene riconosciuto come una sfida globale che va affrontata ai vari livelli di governance (locale, sub‐nazionale, nazionale, regionale ed internazionale), nonché̀ componente chiave della risposta globale di lungo termine, finalizzata a proteggere le persone, i mezzi di sostentamento e gli ecosistemi. La strategia nazionale di adattamento (SNAC)
Coordinamento istituzionale
Ministero per l’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare (MATTM)
Coordinamento tecnico-scientifico
Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (S. Castellari)
Durata
Luglio 2012 – Luglio 2014
Approvazione e adozione
(Decreto Direttoriale MATTM)
Giugno 2015
TAVOLO TECNICO (Coordinamento CMCC, S. Castellari)
Comunità scientifica (CMCC, ISPRA, ENEA, CNR, Università, Fondazioni,…)
TAVOLO ISTITUZIONALE (Coordinamento MATTM)
Ministeri, Regioni, Provincie, Comuni (Coordinamento MATTM)
L’adattamento a livello regionale e locale MILANO
VENEZIA
LOMBARDIA verso un Piano di Resilienza Locale verso una Strategia Climatica Locale
Strategia Regionale di Adattamento ai
PADOVA
Cambiamenti Climatici - SRACC (2014)
verso una Strategia di Adattamento Locale
ROMA verso un Piano di Resilienza
Locale
SORRADILE verso un Piano di
adattamento
Tra le 126 città europee che hanno sottoscritto l’iniziativa Mayors
Adapt, ci sono le seguenti 39 città italiane:
Alessano, Andrano, Bologna, Campi Salentina, Cerenzia, Città di Castello, Corsano, Craco, Crosia, Este, Gagliano del Capo, Giulianova, Lana, La Spezia, Lanusei, Leonforte, Matino, Melissano, Morciano di Leuca, Mosciano
Sant’Angelo, Muro Lucano, Oristano, Palma Campania, Patù, Pineto, Rende, Ruffano, Salerno, Salve, San Benedetto del Tronto, San Giuseppe Vesuviano, Silvi, Sorradile, Tiggiano, Torino, Treviso, Unione dei Comuni della Valle dell’Orco, Vallada Agordina, Vicenza
BOLOGNA
Piano di adattamento ai cambiamenti climatici
(2015)
ANCONA
Piano di adattamento ai cambiamenti climatici
(2013)
ABRUZZO
verso un Piano di Adattamento ai
Cambiamenti Climatici (PACC)
Tra le 20 città europee che hanno segnalato il
proprio interesse nei confronti dell’iniziativa
Mayors Adapt, e hanno avviato il processo di
adesione all’iniziativa, ci sono le seguenti 10
città italiane:
Alba, Ancona, Galtellì, Jesi, Melpignano, Napoli, Palermo,
Predappio, Ravenna, Scurcola Marsicana
Cosa prevede il Prot. 0000086/CLE 16.06.2015
Entro il 31 dicembre 2016 il MATTM definisce:
• ruoli e responsabilità per l’attuazione delle azioni e delle misure di adattamento
nonché strumenti di coordinamento tra diversi livelli di governo del territorio
• criteri per la costruzione di scenari climatici di riferimento alla scala
distrettuale/regionale
• opzioni di adattamento preferibili valorizzando opportunità e sinergie
• stima delle risorse umane e finanziarie necessarie
• indicatori di efficacia delle misure di adattamento
• modalità di monitoraggio e valutazione degli effetti delle azioni di adattamento
Implementazione SNAC ai vari livelli
Livello Nazionale: Piano nazionale di adattamento
Governance
• Definizione degli elementi indispensabili del percorso
di adattamento e supporto/coordinamento dei differenti
livelli
• Ruoli e responsabilità
• Stima risorse finanziarie disponibili
• Indicatori di efficacia
• Sistema di monitoraggio e valutazione
Aspetti tecnico-scientifici
• Definizione del quadro climatico utile per i diversi
livelli: tendenze in corso e scenari futuri
• Individuazione delle priorità nazionali (settori, aree,
etc.)
• Definizione framework metodologico per analisi
vulnerabilità e rischi
• Definizione framework metodologico per le
valutazioni economiche
• Criteri per la selezione delle misure di adattamento
prioritarie
Livello Regionale: Piani regionali di adattamento
Governance
• Ruoli e responsabilità regionali
• Stima risorse finanziarie disponibili
Aspetti tecnico-scientifici
• Analisi di vulnerabilità e rischio
• Individuazione priorità regionali
• Individuazione misure di adattamento
Livello Locale: Piani locali di adattamento
Governance
• Ruoli e responsabilità a livello locale
• Stima risorse finanziarie disponibili
Aspetti tecnico-scientifici
• Analisi di vulnerabilità e rischio
• Individuazione priorità locali
• Individuazione misure di adattamento
Grazie per l’attenzione!
[email protected]
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