Contributi pratici Il potenziale zoonosico del virus dell`Influenza aviaria

Contributi pratici
Il potenziale zoonosico
del virus dell’Influenza
aviaria
Alla luce della recente, gravissima
epidemia olandese del 2003 e degli altrettanto gravi risvolti sulla salute umana (quasi un centinaio di persone infette
oltre alla morte di un veterinario) l’influenza aviare è tornata ad essere un
argomento di grande attualità.
Il virus dell’influenza aviaria appartiene al genere Orthomyxovirus, famiglia Orthomyxoviridae. È un virus a
RNA monocatenario, dotato di envelope, di grandezza compresa tra 80 e 100 nm.
Il genoma dei virus
influenzali è segmentato, e questa caratteristica ne condiziona le proprietà biologiche permettendo
il fenomeno del riassortimento genico.
Il genoma codifica per 10 proteine tre
delle quali, comprese
nell’envelope, ricoprono un ruolo importante perché stimolano, in vario grado, la principale risposta immunitaria
neutralizzante dell’ospite, queste sono:
emoagglutinina
(HA), neuraminidasi
(NA) e la proteina di
matrice 2 (M2).
Sulla base della
presenza/assenza di antigeni di gruppo
comuni, i virus dell’influenza possono
essere divisi in tre tipi: A, B e C. Tutti i
virus dell’influenza aviaria sono classificati come tipo A.A loro volta i virus del
tipo A possono essere suddivisi in 15
sottotipi sulla base dell’antigene
emoagglutinante (HA). Si conoscono
inoltre 9 sottotipi di neuraminidasi
(NA) antigenicamente differenti. Tutte
le combinazioni degli antigeni HA e
NA sono state isolate dagli uccelli a testimonianza della estrema variabilità
genetica ed antigenica dell’agente eziologico.
Dal punto di vista della patogenicità i virus dell’influenza aviaria vengono classificati in virus influenzali a
bassa patogenicità (LPAI, dall’inglese
Low Pathogenicity Avian Influenza)
causata dai ceppi virali appartenenti a
tutti i sottotipi di emoagglutinina
conosciuti (H1-H15) e virus ad alta
patogenicità (HPAI,dall’inglese Highly
Pathogenic Avian Influenza) causata
dai soli sottotipi H5 e H7. È stato dimostrato che i virus a bassa patogenicità
appartenenti ai sottotipi H5 e H7 sono
i progenitori dei virus ad alta patogenicità. Ciò avviene attraverso feno-
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Il Progresso Veterinario 1/2004
Anna Toffan, Ilaria Capua
Centro di Referenza Nazionale ed OIE
meni di mutazione genetica che sono il
risultato di un tentativo di adattamento
del virus dall’ospite naturale (uccello
selvatico) all’ospite domestico (pollotacchino).
La forma clinica ad alta patogenicità
è causata solo da alcuni ceppi virali del
sottotipo H5 e H7 che contengono molteplici aminoacidi basici (MBAA) a livello del sito di clivaggio della molecola
della emoagglutinina. Questa glicoproteina è presente nell’envelope del virus
come precursore H0.
Il clivaggio di questa
molecola in due subunità (H1 e H2) è un
passaggio essenziale
per conferire infettività alle particelle virali. La presenza o
l’assenza di MBAA
nel sito di clivaggio
condiziona la scissione enzimatica della
molecola. Infatti, la
presenza di MBAA
permette la scissione
del precursore H0 da
parte di proteasi ubiquitarie (tra cui la
furina) largamente
presenti nei tessuti
dell’ospite. La replicazione virale può
quindi avvenire in
numerosi organi determinando un’infezione generalizzata
che conduce a morte il soggetto. Nei
ceppi virali a bassa patogenicità, i quali,
per definizione non contengono
MBAA nel sito di clivaggio, il precursore H0 può essere scisso solo dalla
tripsina o da enzimi tripsino-simili. Ne
consegue che la replicazione di questi
ceppi virali risulta limitata ai tessuti
dove questi enzimi sono presenti, prin-
Contributi pratici
cipalmente l’epitelio del tratto intestinale e respiratorio. In quest’ultimo caso
la sintomatologia clinica malattia rimane localizzata a questi distretti organici.
È noto da tempo che i virus responsabili delle pandemie influenzali
umane del 1957 e nel 1968 sono originati dal riassortimento genico di virus
dell’influenza umana e dell’influenza
aviaria nel “mixing vessel” rappresentato dal suino. Infatti il suino presenta
una costellazione recettoriale che permette la replicazione sia dei virus aviari
che dei virus dei mammiferi. Attraverso il fenomeno del riassortimento
genico è possibile che se due virus coinfettano la medesima cellula,la progenie
virale possa contenere geni provenienti da ambedue i virus progenitori. Ne
consegue che se un virus è di origine
aviaria e l’altro è di origine umana, si
possa generare una popolazione virale
secondaria contenente alcuni geni di
origine aviaria e i rimanenti di origine
umana.
Fino a pochi anni fa si riteneva che
l’infezione diretta dell’uomo da parte
di virus influenzali aviari fosse una evenienza alquanto inverosimile e solo
recentemente l’infezione diretta dell’uomo da parte di virus influenzali
aviari è stata seriamente presa in considerazione. Fino al 1996, infatti erano
stati riportati in letteratura solo tre casi
di infezione umana provocati da virus
dell’influenza aviaria. Il primo riguardava un virus H7N7 a bassa patogenicità (LPAI) isolato da un paziente
affetto da epatite nel 1959. Il secondo si
è verificato in un tecnico di laboratorio
australiano che sviluppò una forma di
congiuntivite in seguito ad un’accidentale esposizione oculare con un virus
H7N7 a bassa patogenicità. Il terzo
episodio, sempre con un virus H7N7 a
bassa patogenicità (LPAI), è stato legato alla trasmissione di un virus di origine aviaria da parte di una foca ad un
guardiano. In quest’ultimo caso altre
quattro persone venute a contatto con
le foche infette hanno sviluppato forme
di congiuntivite. Data la sporadicità dei
casi, l’infezione dell’uomo da parte di
virus dell’influenza aviaria è stata considerata un evento raro e con poche
conseguenze per la salute pubblica.
Questa opinione è stata ampiamente
supportata da sperimentazioni su vo-
lontari sani, le quali hanno dimostrato
che nell’uomo i virus influenzali di origine aviare causavano solo una lieve e
transitoria infezione.
Recentemente una serie di eventi
ha modificato drammaticamente la
prospettiva delle infezioni umane da
parte di questi virus. Negli ultimi sei
anni, infatti, sono stati segnalati ben
cinque episodi, con quattro diversi sottotipi, di infezioni da virus influenzali
aviari nell’uomo.
Nel 1996 un virus H7N7 a bassa
patogenicità è stato isolato in Inghilterra dalle secrezioni oculari di una
allevatrice di anatre affetta da congiuntivite. Questo virus era pressoché identico ad un virus H7N7 isolato in Irlanda
nel 1995 da tacchini da carne.
Nel maggio del 1997 ad Hong Kong
è stato isolato un virus H5N1 da un
bambino in seguito deceduto e, nel
dicembre dello stesso anno il medesimo virus ha infettato 18 persone, sei
delle quali sono successivamente venute a morte. Nonostante l’elevata
letalità di questo virus, studi retrospettivi hanno dimostrato che il rischio di
trasmissione interumana è stato scarso.
Analisi filogenetiche hanno dimostrato
che i ceppi isolati dalle persone decedute apparivano identici ai virus isolati
nel marzo dello stesso anno dal pollame venduto al dettaglio.
Nel marzo del 1999 sono stati isolati
indipendentemente l’uno dall’altro due
virus H9N2 da due bambine, rispettivamente di uno e di quattro anni, ricoverate ad Hong Kong con sintomi similinfluenzali. In relazione a questi episodi, le autorità cinesi segnalarono altri
cinque casi di isolamento di virus H9N2
nell’uomo relativi all’anno 1998.
Recentemente, nel corso del 2003
ad Hong Kong è stato isolato un virus
H5N1 da un uomo e da suo figlio al
ritorno da un villaggio dell’entroterra
cinese. Entrambi avevano manifestato
Tabella 1: Focolai di LPAI and HPAI causati da virus H5 and H7 negli ultimi anni.
Paese
Anno/i
Sottotipo
Virulenza
Messico
Guatemala,
El Salvador
Pennsylvania
Australia
Hong Kong
1994-2003
2000
2001
1996-1998
1997
1997-2003
H5N2
LPAI/HPAI
H7N2
H7N4
H5N1
LPAI
HPAI
HPAI
n° approssimativo
di animali
infetti/soppressi
Strategia
di controllo
>1.000,000,000
Vaccinazione
2,623,116
310,565
~3,000,000
Depopolamento
Stamping out
Stamping out
vaccinazione
Italia
1997
H5N2
HPAI
7741
Stamping out
Irlanda
1998
H7N7
LPAI
320,000
Depolamento
N. Zelanda
1998
H7N7
LPAI
?
Depolamento
Italia
1998
H5N9
LPAI
2,000
Stamping out
Belgio
1999
H5N2
LPAI
100
Stamping out
Italia
1999-2001
H7N1
LPAI
HPAI
LPAI
17,000,000
Stamping out
Vaccinazione+
stamping out
Germania
2001
H7N7
LPAI
145
Stamping out
Pakistan
USA (NC/VA)
Cile
Italia
2001
2002
2002
2002-2003
H7N3
H7N2
H7N3
H7N3
HPAI/LPAI
LPAI
LPAI/HPAI
LPAI
Vaccination
Stamping out
Stamping out
Vaccinazione+
Olanda
Belgio
Germania
2003
H7N7
HPAI
>10,000,000?
~5,000,000
~1,000,000
>6,000,000
stamping out
30,283,000
2,700,000
419,000
USA (CT)
2003
H7N2
LPAI
2,900,000
Vaccinazione
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Stamping out
Contributi pratici
sintomi respiratori ed il padre è venuto
a morte poco dopo il ricovero ospedaliero.
Nella primavera del 2003 l’Olanda
è stata colpita dalla più devastante epidemia di influenza aviaria che si sia mai
verificata. Sono stati abbattuti oltre 30
milioni di volatili ed il patrimonio avicolo nazionale si è ridotto del 50%.
Durante questa epidemia, causata da un virus H7N7 ad alta patogenicità, sono stati diagnosticati 82
casi di infezione ad esito benigno
provocate dal virus influenzale aviare tra le 260 persone venute a contatto con il virus. La sintomatologia clinica osservata è stata quella di congiuntivite acuta associata o meno a
sintomi simil-influenzali. Come episodio più preoccupante, ci sono stati
inoltre tre casi di trasmissione interumana all’interno di nuclei familiari.
In seguito a questi episodi di malattia
tutte le persone coinvolte nell’emergenza sono state trattate in via profilattica con farmaci antivirali e sottoposte inoltre a vaccinazione contro
l’influenza umana (per ridurre le
possibilità di riassortimento tra virus
umani e virus aviari). Questa epidemia ha anche causato una vittima:
un collega veterinario di 57 anni
impegnato nelle operazioni di polizia
sanitaria in allevamento, il quale non
aveva ricevuto i trattamenti profilattici. La sintomatologia è insorta con
forte mal di testa e febbre, in seguito
si è sviluppata una grave forma di
insufficienza respiratoria e renale per
le conseguenze delle quali è venuto a
morte.
Il virus influenzale H7N7 è stato isolato dal lavaggio bronco-alveolare effettuato nove giorni dopo l’insorgenza
della malattia.
Negli ultimi anni, seppur a carattere
sporadico, è emersa chiaramente la
possibilità che virus aviari infettino
l’uomo. I cinque casi riportati negli ultimi sei anni sollevano importanti interrogativi relativi alla salute pubblica. In
primo luogo, sembrerebbe che i virus
aviari siano in grado di infettare gli
esseri umani con regolarità.
La via principale di infezione sembrerebbe quella congiuntivale, e nonostante l’esito sia - nella maggioranza dei
casi,fausto - si sono verificati alcuni episodi fatali.
È opportuno sottolineare inoltre,
che ad oggi tutti i virus in grado di causare congiuntiviti nell’uomo appar-
tengono al sottotipo H7N7, indipendentemente dalla loro virulenza. Se
questo rappresenti o no una coincidenza non è ancora chiaro.
L’episodio di infezione di H5N1
ad Hong Kong è stato piuttosto allarmante a causa dell’elevato tasso di
mortalità. La preoccupazione maggiore è stata quella che a causa delle caratteristiche di virulenza del ceppo, nell’uomo si potesse manifestare l’infezione sistemica. Infatti, nelle cellule di
tutti i mammiferi, uomini compresi, è
presente la furina, che permette la scissione enzimatica del sito di clivaggio
dell’emoagglutinina dei virus ad alta
patogenicità, e determinare la replicazione virale generalizzata così l’infezione sistemica.
Esiste una importante considerazione da fare, che avrebbe delle
gravissime ripercussioni sulla salute
pubblica. Potrebbe capitare che virus
aviari ed umani infettino contemporaneamente lo stesso individuo. Attraverso il fenomeno del rissortimento genico tra virus di diversa origine
si potrebbe generare un riassorbante
naturale che contenga da un lato i
geni responsabili della trasmissibilità
dei virus umani e dell’altro i geni responsabili della patogenicità e la virulenza dei virus aviari. Inoltre potrebbe possedere le emoagglutinine
dei virus aviari virulenti (H5/H7) nei
confronti del quale la popolazione
umana non è protetta.
Un virus altamente trasmissibile e
virulento per il quale la popolazione
bersaglio è completamente scoperta dal
punto di vista immunitario potrebbe
rappresentare un ottimo candidato per
una nuova pandemia influenzale analogamente a quanto accadde agli inizi
del secolo con la cosiddetta pandemia
“spagnola”.
Essendo l’Italia settentrionale da
considerarsi zona ad alto rischio per
l’introduzione di ceppi di virus influenzali aviari è opportuno che vi sia una
sensibilizzazione della classe veterinaria italiana a questo problema, sia per
l’aspetto prettamente veterinario che
per l’aspetto di sanità pubblica.
La Bibliografia è disponibile presso gli Autori
Allevamento di tacchini riproduttori colpito da influenza aviaria ad alta patogenicità.
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