Virus e cancro uniti nella buona e nella cattiva sorte

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THE FUTURE OF SCIENCE
Venezia 2010, la minaccia dei virus
In questo articolo:
virus oncogeni
vaccini anticancro
biologia molecolare
Virus e cancro
uniti nella buona
e nella cattiva sorte
Sebbene il cancro non sia una malattia contagiosa,
alcuni virus possono favorirne la comparsa modificando
il patrimonio genetico della cellula. I virus sono però
anche armi per distruggere il tumore dall’interno
a cura di FABIO TURONE
uando un tumore colpisce,
in un caso su cinque c’è lo
zampino di un virus. Questa osservazione basterebbe da sola a spiegare il
grande interesse che il mondo della ricerca oncologica riserva a questi microrganismi, perché contrastare o bloccare l’infezione può significare prevenire il cancro. Ma lo studio dei virus
promette addirittura qualcosa in più: con l’aiuto della
biologia molecolare, infatti,
alcuni virus possono diventare ottimi alleati nella lotta
contro i tumori.
A questi microrganismi
mille volte più piccoli dei
batteri, che vivono e si riproducono solo all’interno delle
cellule, è stata dedicata la
sesta edizione della conferenza internazionale “The Future of Science”, organizzato
come di consueto a Venezia
dalla Fondazione Umberto
Veronesi, dalla Fondazione
Cini, dalla Fondazione Silvio Tronchetti-Provera e in cui una sessione curata
dall’AIRC – moderata dall’oncologo
Luigi Chieco-Bianchi dell’Università di
Padova e da Lisa Vozza della direzione
Q
Venezia
ospita da
sempre la
conferenza
internazionale
20 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2010
scientifica di AIRC – ha fatto il punto
proprio sulla relazione tra virus, cancro e terapia, con alcuni tra i massimi
esperti dell’argomento.
Non contagio,
ma favoreggiamento
“Sono convinto che lo sviluppo
della ricerca sui virus ci svelerà molte
informazioni sull’origine della malattia tumorale” ha spiegato Umberto
Veronesi. “Questo non vuol dire che
il cancro sia contagioso come l’influenza, ma che alcuni virus creano
nell’organismo le condizioni favorevoli allo sviluppo del tumore. Capire
l’origine significa trovare la cura;
così è successo per il tumore del
collo dell’utero, provocato dal papillomavirus, per cui è stato trovato di
recente il vaccino. Poter prevenire
con un vaccino un tipo di cancro così
diffuso è uno dei progressi fondamentali dell’oncologia moderna”.
“Il primo ad avanzare l’ipotesi di
una causa infettiva per un tumore fu
il chirurgo ed epidemiologo Domenico Rigoni Stern, il quale nel 1842, a
Verona, osservò che le suore erano
colpite dal tumore del seno più delle
donne sposate, ma non sviluppavano
mai il tumore dell’utero, facendo supporre che quest’ultimo fosse associato
a qualche forma di contagio legata all’attività sessuale” ha raccontato
Robin Weiss, docente di oncologia virale allo University College di Londra,
sul palco della Fondazione Cini, nella
meravigliosa isola di San Giorgio.
Ci sarebbero voluti ancora parecchi decenni prima che venissero scoperti i primi virus oncògeni – così si
chiamano quelli capaci di indurre il
cancro – mentre l’ipotesi che alcuni
tumori potessero avere una causa infettiva faticava a trovare ascolto
nella comunità scientifica. Finché furono scoperti prima alcuni virus capaci di favorire i tumori nell’animale
(a partire dal pollo, nel 1911) e successivamente, negli ultimi 50 anni,
quelli nocivi per l’uomo, tra cui il papillomavirus, l’Epstein-Barr e i virus
dell’epatite B e C.
Un’azione congiunta
Weiss ha sottolineato il fatto che la
relazione tra virus e tumore assume
molte forme: in gran parte dei casi,
l’infezione costituisce un elemento di
un quadro più complesso, che richiede l’azione di più fattori – genetici o
ambientali – per indurre la malattia.
“Alcune infezioni virali potrebbero
addirittura aver avuto in passato un effetto benefico per il genere umano,
proteggendo l’organismo da altre minacce” ha detto l’oncologo inglese. In
L’ARTICOLO IN BREVE...
el quadro della conferenza internazionale sui virus organizzata
dalla Fondazione Veronesi, dalla Fondazione Cini e dalla Fondazione Silvio Tronchetti-Provera l’AIRC ha discusso con alcuni dei massimi esperti il ruolo dei virus nel cancro. In un caso di tumore su cinque,
infatti, vi è una pregressa infezione virale che, in presenza di un determinato substrato genetico e ambientale, facilita la comparsa della malattia.
La prevenzione delle infezioni è quindi uno strumento efficace anche nella
riduzione dell’incidenza di tumori.
N
“
I QUATTRO
VIRUS ONCÒGENI
PIÙ DIFFUSI
particolare, il virus responsabile del
sarcoma di Kaposi è da tempo molto
diffuso nelle regioni africane in cui la
malaria è endemica, e sembra proteggere chi è infetto dalle forme di malaria più gravi, che colpiscono il cervello.
Solo con la comparsa del virus HIV,
che a partire dagli anni Ottanta ha
modificato il quadro, questo sarcoma
è diventato più aggressivo, complice
l’immunodeficienza.
Un altro caso esemplare è stato
presentato dalla virologa Genoveffa
Franchini, a capo della sezione del National Cancer Institute americano che
si occupa di modelli animali e vaccini
retrovirali. Franchini ha descritto
il ruolo dei virus HTLV-I nel
linfoma/leucemia a cellule T: “Tra infezione e malattia in genere passano
molti anni, perché una cellula infetta
può sopravvivere davvero a lungo” ha
spiegato alla platea composta in gran
parte da giovani studenti provenienti
da tutta Italia, descrivendo le ricerche
in corso per interferire a vari livelli
con l’attività che il virus svolge all’interno della cellula. “Solo il due-tre per
cento delle persone positive per il
virus sviluppa poi la malattia”.
Similmente accade con il tumore
del fegato, di cui a Venezia ha parlato
il virologo dei National Institutes of
Health, Harvey Alter, che nel 1988 ha
contribuito a scoprire proprio il virus
dell’epatite C: “La trasformazione maligna dura decenni, e su 100 persone
che hanno l’infezione da virus C circa
80 svilupperanno l’epatite cronica, 20
la cirrosi e una sola il carcinoma” ha
raccontato, sottolineando il ruolo di
altri fattori tra cui in primissimo
piano quello del virus dell’epatite B.
“La vaccinazione contro il virus B si è
già dimostrata efficace nel ridurre il
numero di portatori cronici dell’infezione, e quindi l’incidenza del carcinoma del fegato”.
Virus come cura
Come si è detto i virus non sono studiati solo in quanto possibile bersaglio
per un vaccino: “Alcuni possono anche
essere indirizzati contro il cancro per
la loro capacità di entrare nella cellula”
ha ricordato Luigi Naldini, direttore
dell’Istituto Telethon San Raffaele per
la terapia genica di Milano, dopo aver
illustrato i lusinghieri risultati delle
proprie ricerche sulla terapia genica in
una forma rara di immunodeficienza.
L’approccio della terapia genica vera e
propria, che usa un virus per portare
nella cellula malata un gene terapeutico, nel cancro si è dimostrato meno ef-
”
Papillomavirus (HPV)
Nel mondo sono circa 440 milioni le
persone infettate da questo virus, che
ogni anno causa circa mezzo milione di
casi di cancro della cervice uterina
Epatite B (HBV)
Sono circa due miliardi i portatori del
virus B, coinvolto nell’insorgenza del
carcinoma del fegato
Epatite C (HCV)
Circa 170 milioni di persone sono colpite
dall’infezione da HCV, che può provocare il
carcinoma epatocellulare
Epstein-Barr (EBV)
Secondo le stime dell’OMS nove abitanti
del pianeta su dieci sono portatori del
virus, ma per fortuna solo un’esigua
minoranza è destinata a sviluppare un
tumore, tipicamente un linfoma di Burkitt
ficace di quanto si sperasse qualche
anno fa, ma i risultati che si stanno ottenendo sono ugualmente promettenti: “Di particolare interesse sono i virus
detti oncolitici, perché per loro natura
colpiscono preferenzialmente le cellule tumorali, le infettano e le distruggono” ha spiegato Naldini. Le ricerche in
corso, che impiegano virus resi incapaci di causare la malattia, sono ancora
nelle fasi preliminari, ma hanno già
fornito le prime indicazioni incoraggianti in alcune forme di tumori profondi non operabili. I ricercatori
hanno utilizzato virus modificati e selezionati per essere ancor più precisi
nel colpire solo le cellule tumorali,
rendendole più facilmente preda del sistema immunitario.
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