Distribuzione dei patogeni della vite in Puglia

Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
Distribuzione dei patogeni della vite in Puglia
Digiaro M. 1, S. Pollastro2, D. Boscia2, N. Vovlas3, P. La Notte2, A. Abbatecola2,
V. Simeone1
1
2
Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano-Bari
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari
3
Istituto di Nematologia Agraria, CNR Bari
Riassunto
Sono state approntate le mappe di distribuzione sul territorio regionale dei principali
patogeni (funghi, nematodi e virus) della vite pregiudizievoli alla qualità del materiale di
propagazione, che trovano in esso la principale, se non esclusiva, via per la loro diffusione e ne
compromettono l’utilizzazione finale.
Tra le malattie fungine l’attenzione è stata rivolta a peronospora e oidio perché responsabili del
deprezzamento del prodotto, e a escoriosi, mal dell’esca e marciumi radicali perché direttamente
trasmissibili con il materiale di propagazione. Le mappe sono state redatte sulla base dei dati
sintomatologici rilevati nel biennio 1999-2000 in vigneti ad uva da tavola e ad uva da vino e in
vivai. Per oidio, peronospora ed escoriosi sono state determinate la gravità media e l’intensità media
ponderata della malattia (o indice di McKinney); per mal dell’esca e marciumi radicali è stata
calcolata, invece, la diffusione della malattia. I risultati ottenuti indicano chiaramente che i patogeni
fungini sono tutti ovunque presenti sul territorio regionale e la loro maggiore o minore incidenza è
da porsi in correlazione con i fattori ambientali, per peronospora e oidio, con quelli varietali, per
oidio ed escoriosi e con l’età della coltura, per mal dell’esca. Riguardo al marciume radicale, la sua
reale diffusione è di gran lunga superiore a quella accertata con i rilievi, sia per la polifagia degli
agenti causali, sia perché le piante morte vengono spesso rimosse senza che ne sia accertata la
causa.
Relativamente alle virosi, le mappe sono state disegnate determinando la diffusione dei
singoli agenti delle malattie, spesso presenti in forma latente, saggiando in ELISA oltre 4.000
campioni nell’arco dell’ultimo quinquennio. Fra gli agenti di accartocciamento fogliare, GLRaV-3
risulta il più diffuso, seguito da GLRaV-2 e GLRaV-1. Più contenuta e associata a particolari
cultivar risulta invece la diffusione di GLRaV-6 e GLRaV-7. L’agente responsabile della
degenerazione infettiva (o arricciamento) della vite, GFLV, è presente nel 13% delle piante, con
percentuali di infezione sensibilmente più alte (fino anche al 50%) nelle aree dove è stabilmente
insediato il suo nematode vettore Xiphinema index. Per due degli agenti responsabili del legno
riccio, GVA e GVB, le percentuali d’infezione medie sono risultate rispettivamente del 44% e 14%.
Le mappe sono state realizzate anche per GFkV, l’agente della maculatura infettiva della vite, una
malattia non ritenuta “pregiudizievole alla qualità” in senso stretto, ma comunque molto importante
per la specie e risultata molto diffusa nelle viti pugliesi (66%).
Riguardo ai nematodi, l’attenzione è stata incentrata sul nematode X. index, riconosciuto vettore
di GFLV. Come atteso, le aree viticole invase dal nematode ricalcano piuttosto fedelmente quelle ad
elevata diffusione di GFLV.
Introduzione
Con i suoi 156.000 ettari di vigneti, la Puglia vanta un invidiabile primato nazionale nella
produzione viticola. Circa 47.000 ettari sono destinati alla coltivazione di uva da tavola, per una
produzione di oltre 10 milioni di quintali, mentre i restanti due terzi ospitano numerosi vitigni ad
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uva da vino che producono più di 11 milioni di quintali di prodotto, per un valore economico
complessivo, nel triennio 1996-98, di circa 1.300 miliardi di lire.
Considerate le particolari favorevoli condizioni pedo-climatiche ed orografiche della Puglia, la
vite è presente in tutto il territorio regionale con una distribuzione abbastanza omogenea per l’uva
da vino e una maggiore concentrazione nelle province di Bari e Taranto per l’uva da tavola (Tab. 1).
Tabella 1. Coltivazione della vite in Puglia (Dati dell’Assessorato all’Agricoltura e Foreste
della Regione Puglia, Anno 1999).
Provincia
Uva da vino
Uva da tavola
Superficie (ha)
Produzione (q.li)
Superficie (ha)
Produzione (q.li)
Bari
26.905
2.405.000
19.530
3.535.000
Brindisi
19.950
1.850.000
1.883
306.000
Foggia
27.100
4.240.000
6.400
1.204.000
Lecce
14.540
948.661
361
13.610
Taranto
20.506
2.024.810
18.906
5.870.490
Puglia
109.001
11.468.471
47.080
10.929.100
L’antica origine e coltivazione della vite, le modalità utilizzate per la sua propagazione
(taleaggio, innesto), gli intensi scambi cui è stata sottoposta anche a fini di miglioramento genetico,
la particolare suscettibilità alle infezioni, soprattutto virali (sono oggi noti almeno 47 diversi virus
in grado di infettare la vite in natura) (Martelli, 2000), la latenza di alcune malattie, in particolare
nelle viti americane largamente utilizzate come portinnesti, l'incompleta conoscenza della eziologia
di malattie anche molto diffuse, sono solo alcune delle possibili cause del degrado sanitario in cui
versa questa coltura nel mondo, Italia inclusa, nonostante i 30 anni dall’avvio del programma di
certificazione.
Alcune fra le malattie più gravi trovano nel materiale di propagazione la principale, se non
l’esclusiva, via di diffusione. In constatazione di ciò è stato effettuato uno studio per valutare la
distribuzione sul territorio regionale di funghi, virus e nematodi vettori di virus che, oltre a
pregiudicare la qualità dei prodotti vivaistici, assumono un ruolo di rilievo nel quadro patologico
della specie.
Sono state quindi redatte le mappe di distribuzione di oidio e peronospora, malattie causate
rispettivamente da Uncinula necator (Schw.) Burrill e Plasmopara viticola (B. et C.) Berl. et De
Toni, per i forti deprezzamenti che possono determinare al prodotto destinato alla
commercializzazione, e di mal dell’esca, escoriosi e marciumi radicali per la loro trasmissibilità
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attraverso il materiale di propagazione. Il mal dell’esca è una sindrome complessa, la cui eziologia
non è ancora del tutto chiara e i cui patogeni coinvolti nel determinismo della malattia risentono
anche della localizzazione geografica e dell’età degli impianti (ad es.: Larignon, 1991; Graniti et al.,
1999; Pollastro et al., 1999). Le osservazioni sino ad ora effettuate nell’ambito del territorio
pugliese indicano, fra i principali microrganismi coinvolti, il basidiomicete lignicolo Fomitiporia
punctata (P. Karst.) Murril [= Phellinus punctatus (Fr.) Pilàt], i funghi mitosporici Phaeomoniella
chlamydospora (W. Gams, Crous, M.J. Wingf. et L. Mugnai) Crous et Gams e Phaeoacremonium
spp., e alcuni Ascomiceti del genere Botryosphaeria (Contesini, 1991; Graniti, 1960; Pollastro et
al., 1999; 2000). Frequentemente, dai tessuti alterati di piante mostranti i tipici sintomi della
malattia, sono stati però isolati Phomopsis viticola (Sacc.) Sacc. ed Eutypa lata (Pers.: Fr.) Tull. et
C. Tul., due funghi noti per il ruolo eziologico in altre malattie della vite, escoriosi ed eutipiosi, di
cui la prima largamente diffusa in Puglia (Piglionica, 1981). Armillaria mellea (Vahl:Fr.) Kummer
e Rosellinia necatrix Prill. sono invece agenti causali di marciume radicale di molte colture arboree,
vite inclusa.
In campo virologico, i progressi compiuti negli ultimi due decenni hanno permesso di poter
identificare gli agenti responsabili di numerose malattie. Considerato che tutte le affezioni virali
trovano nel materiale di propagazione la via principale di diffusione, in questo studio l’attenzione è
stata rivolta in particolare agli agenti ritenuti più importanti per la specie. E’ stata redatta la mappa
di distribuzione per GFLV (Grapevine fanleaf virus = virus della degenerazione infettiva della vite),
l’unico fra i nepovirus del complesso della degenerazione infettiva ad essere rinvenuto in Puglia,
per i principali agenti dell’accartocciamento fogliare, del legno riccio e per GFkV, l’agente della
maculatura infettiva. Al complesso dell’accartocciamento fogliare sono oggi associati almeno otto
diversi virus filamentosi del genere Closterovirus, denominati con la sigla GLRaV-1 a 8 (Grapevine
leafroll associated virus-1 to 8 = virus associati all’accartocciamento della vite, da 1 a 8). Per alcuni
di essi (GLRaV-1, GLRaV-3 e GLRaV-7) è stato ampiamente provato il diretto coinvolgimento
nella malattia (Belli et al., 1995; Choueiri et al., 1997). Meno chiara, da un punto di vista
eziologico, è la situazione del complesso del legno riccio. Il saggio su indicatori legnosi permette di
distinguere per questa malattia almeno quattro diverse sindromi (Martelli, 1993), verosimilmente
indotte da agenti virali diversi. Per alcune di esse, quali la scanalatura del legno di Kober 5BB e la
suberosi corticale, sembrano ormai definitivamente riconosciuti gli agenti responsabili
rispettivamente nei vitivirus A (GVA) (Chevalier et al., 1993; Garau et al., 1994) e B (GVB)
(Boscia et al., 1993) della vite (Grapevine virus A and Grapevine virus B). Per le altre,
l’associazione virus-malattia è invece al momento ritenuta altamente probabile, come nel caso del
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virus associato alla butteratura della Rupestris (GRSPaV = Grapevine rupestris stem pitting
associated virus) con la sindrome omonima (Meng et al., 1999).
Considerato il ruolo non trascurabile dei vettori naturali nella trasmissione degli agenti virali, è
stata redatta la mappa di distribuzione di Xiphinema index, un nematode che, oltre ad essere un
parassita diretto della vite sulle cui radici provoca la formazione di ingrossamenti apicali,
distorsioni e necrosi, è soprattutto un efficiente vettore naturale di GFLV.
MATERIALI E METODI
Patogeni fungini
Sono stati eseguiti sopralluoghi in oltre 230 fra aziende viticole produttrici di uva da tavola o
da vino e vivai produttori di materiale di propagazione. Le aziende, che erano distribuite in 53
comuni (33 impianti erano localizzati in provincia di Foggia, 88 in provincia di Bari, 24 in
provincia di Brindisi, 19 in provincia di Lecce e 69 in provincia di Taranto), sono state visitate
perché segnalate per la presenza di alterazioni. I vivai sono stati invece selezionati per essere
rappresentativi delle diverse tecniche di produzione del materiale di propagazione.
Nelle aziende viticole sono stati eseguiti, nel periodo compreso fra maggio e dicembre, 2-3
sopralluoghi in dipendenza di vari fattori, quali cultivar e zona di produzione. Nei vivai invece i
sopralluoghi, eseguiti nello stesso periodo, sono stati effettuati ogni 20-25 giorni. Le osservazioni
sono state effettuate nel biennio 1999-2000.
In tutti gli impianti sono stata rilevati eventuali sintomi ascrivibili a peronospora, oidio, mal
dell’esca, escoriosi e marciumi radicali, su tutte le piante presenti.
Per l’elaborazione statistica dei dati si è fatto ricorso a scale empiriche opportunamente
individuate per ciascuna malattia. L’adozione delle scale empiriche ha permesso di calcolare: a) la
diffusione della malattia; b) la gravità media della stessa; c) l’intensità media ponderata della
malattia o Indice di McKinney (indice che esprime la gravità del danno in valore percentuale
rispetto a quello massimo possibile). Per mal dell’esca e marciumi radicali è stata invece valutata
solo la percentuale di piante infette (diffusione della malattia).
Piante con sintomi di mal dell’esca, marciumi radicali ed escoriosi o loro porzioni sono state
prelevate e portate in laboratorio, ove si è proceduto all’isolamento in coltura e alla identificazione
della micoflora associata all’alterazione.
I dati ottenuti sono stati elaborati ed impiegati per approntare le “mappe di rischio”.
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Virus e virosi
Le mappe sono state realizzate sulla base dei risultati ottenuti saggiando con la tecnica
ELISA oltre 4.000 campioni provenienti da circa 300 diverse aziende viticole, raccolti nell’arco
degli ultimi 5 anni. Poiché parte dei saggi sono stati effettuati prima dell’avvio di questo progetto,
per finalità diverse dal monitoraggio del territorio, i criteri di raccolta dei campioni non sempre
hanno coinciso con l’esigenza di rappresentare fedelmente la “popolazione” viticola regionale. Ne
consegue, pertanto, che il numero dei campioni di vitigni ad uva da tavola esaminato risulta doppio
rispetto a quello dei vitigni da vino (il rapporto degli stessi in regione è invece inverso) e il rapporto
numerico dei campioni per ciascuna varietà non rispecchi fedelmente la reale diffusione delle
stesse. Un’indagine più mirata condotta negli ultimi due anni ha cercato, in parte, di correggere
questa incongruenza, interessando così tutte le principali aree viticole regionali e le cultivar di vite
più rappresentative della nostra regione.
La scelta dei campioni è stata, nella stragrande maggioranza dei casi, effettuata secondo criteri
di casualità (a “random”), prelevando una pianta ogni due disposte lungo la linea diagonale
principale, o, in campi di dimensioni più grandi, lungo una spezzata a forma di “doppia v” (W). In
genere, da ciascun campo prescelto sono stati prelevati in media da 10 a 30 campioni (in funzione
dell’estensione del campo) per ciascuna delle varietà coltivate. Sporadicamente, la scelta dei
campioni è ricaduta su piante mostranti sintomatologie di sospetta origine virale.
Nematodi
Per la realizzazione delle mappe di distribuzione di X. index sono stati esaminati circa 400
campioni di terreno provenienti dalla rizosfera di piante di vite. Questi sono stati prelevati alla
profondità di 30-40 cm, conservati in sacchetti di plastica e trasferiti in laboratorio per le analisi.
L’estrazione degli esemplari del nematode in essi contenuti è avvenuta con il metodo dei setacci e/o
con quello della centrifugazione. L’osservazione microscopica è stata poi effettuata su esemplari di
preparati temporanei e/o permanenti infiltrati in glicerina.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Patogeni fungini
Come atteso, le osservazioni dei sintomi effettuate su oltre 100.000 piante hanno
confermato che le alterazioni oggetto di indagine sono largamente diffuse su tutto il territorio
regionale e che la loro presenza/assenza è strettamente condizionata da vari fattori, quali andamento
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climatico, cultivar, età dell’impianto, coltura precedente, sistema di conduzione, trattamenti
fitosanitari eseguiti e modalità di esecuzione. L’abbondante piovosità registrata nella primavera del
1999 ha favorito la diffusione di escoriosi e peronospora e contenuto invece quella di oidio. E’ da
sottolineare poi che tutti gli impianti visitati erano regolarmente sottoposti a programmi di
protezione da oidio e peronospora. È logico ritenere, pertanto, che la presenza dei patogeni in
oggetto, riscontrata in talune aziende piuttosto che in altre, sia da attribuire all’efficacia degli
interventi eseguiti piuttosto che alla loro localizzazione sul territorio. Per la peronospora, tuttavia,
la zona a ridosso fra la provincia di Brindisi e Taranto è quella che, su tutto il territorio regionale, è
risultata più sistematicamente interessata dagli attacchi del patogeno (Mappa n. 1). Per l’oidio
invece, sebbene le zone più prossime al litorale possono essere più esposte al rischio di infezioni
(Mappa n. 2), non è da trascurare l’influenza che, sulla diffusione del patogeno, può avere la
suscettibilità varietale. È infatti accertato che cultivar come ‘Malvasia bianca’, ‘Italia’, ‘Baresana’ e
‘Uva di Troia’ sono più frequentemente e più pesantemente esposte ad infezioni da parte del
patogeno (Santomauro et al., 1995).
Una marcata suscettibilità varietale è stata accertata anche nei confronti dell’escoriosi
(Piglionica, 1991; Faretra e Piglionica, 1995). Infatti, cultivar già note come ‘Regina bianca’,
‘Cardinal’, ‘Alphonse Lavalleè’, ‘Matilde’, ‘Michele Palieri’, ‘Ohanez’ e ‘Sangiovese’ o di più
recente introduzione come ‘Victoria’, ‘King’s Ruby’, ‘Perlon’ e ‘Red Globe’ sono risultate molto
suscettibili all’infezione sia in termini di diffusione (47-100%) che di intensità media ponderata
(22-82%), quando, come nel 1999, si sono verificate le condizioni ambientali favorevoli allo
sviluppo della stessa. La cv. Italia è risultata invece decisamente poco suscettibile alle infezioni;
infatti, laddove presente, la malattia era generalmente limitata a poche piante (diffusione quasi
sempre inferiore al 7%) e solo quando gli impianti confinavano con cultivar pesantemente infette
(Mappa n. 3).
Nel caso del mal dell’esca, la malattia, considerata sino a pochi anni addietro esclusiva o
prevalente in impianti molto vecchi, ha di recente cominciato ad interessare anche impianti molto
giovani (due-tre anni) (Mappa n. 4). Anche se al momento non è stata accertata una differente
suscettibilità varietale, le cvv. Italia, Victoria, Regina bianca, Primitivo e Negromaro sono sembrate
più frequentemente interessate dalla malattia.
Per escoriosi e mal dell’esca, in particolare, c’è da considerare che la loro diffusione è in buona
parte dovuta all’impiego di materiale di propagazione infetto.
In pochissimi impianti è stata anche accertata la presenza di piante morte per azione degli agenti
di marciumi radicali (Mappa n. 5). In realtà le segnalazioni riguardo a tali alterazioni sono
risultate sporadiche e questo perché spesso le piante morte vengono rimosse senza che ne siano
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effettivamente accertate le cause. Di certo, quindi, la diffusione rappresentata nella mappa non
esprime la reale distribuzione dei patogeni sul territorio. È altresì doveroso sottolineare che tali
agenti non sono specifici della coltura ma possono attaccare numerose altre specie arboree e quindi
le osservazioni condotte nei soli impianti viticoli non possono essere da sole utilizzate come indice
della loro diffusione sul territorio regionale.
Nei vivai, invece, non è stata mai rilevata la presenza di infezioni di oidio o peronospora sulle
piante madri o sulle barbatelle franche; al contrario, sulle barbatelle innestate le alterazioni hanno
seguito un andamento analogo a quanto osservato nei vigneti. In questo caso le osservazioni hanno
riguardato le sole uve da vino poiché per le uve da tavola gli innesti vengono generalmente
effettuati direttamente in campo. Non sono stati inoltre osservati sulla chioma sintomi ascrivibili a
mal dell’esca o escoriosi, né sulle barbatelle innestate e né sulle piante madri, anche se per queste
ultime è stata rilevata in un campo la presenza di evidenti processi di carie e di basidiocarpi prodotti
da F. punctata e di infezioni latenti dovute a P. viticola. In questi casi è logico ritenere che la
presenza dei patogeni sia da attribuire alle modalità di allevamento e alla vicinanza ad impianti
commerciali pesantemente infetti.
In conclusione, si può affermare che per i patogeni fungini le “mappe di distribuzione dei
patogeni pregiudizievoli alla qualità”, risultando dipendenti dall’azione congiunta di svariati fattori,
debbano essere considerate con molta prudenza.
VIRUS E VIROSI
La situazione riscontrata per ciascuna malattia è la seguente:
- GFLV, agente causale della degenerazione infettiva o complesso dell’arricciamento
(fanleaf), presenta ceppi cromogeni, che inducono il noto “giallume infettivo”, e ceppi che inducono
malformazioni ai vari organi vegetali (laciniatura e asimmetria fogliare, germogli con internodi
raccorciati, rami a zig zag, nodi doppi, ecc.). Ai sintomi sulla vegetazione è in genere associata una
riduzione della vigoria, acinellatura e colatura dei grappoli e ridotta produzione. Oltre che con il
materiale di propagazione, il virus è trasmesso in natura dal nematode X. index. In Puglia questo
virus è risultato presente nel 13,1% delle piante saggiate, maggiormente nei vitigni ad uva da vino
(21,5%) rispetto a quelli ad uva da tavola (9,6%). Proprio nelle aree a più lunga tradizione vitivinicola, come nella pianura di Manduria e di Massafra, nei territori collinari di Ostuni, Fasano,
Alberobello, Locorotondo e Martina Franca, nella Murgia di Gioia del Colle e di Andria, nella
pianura di S. Ferdinando e Margherita di Savoia, la presenza del virus è risultata più marcata,
attestandosi su valori oscillanti fra il 30 e il 50% (Mappa n. 6), verosimilmente per la difficoltà di
eradicare i nematodi vettori dai suoli non sottoposti ad opportune rotazioni.
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- All’accartocciamento fogliare (leafroll) sono associati diversi virus filamentosi del
genere Closterovirus. A partire dall’estate le piante infette manifestano tipicamente il ripiegamento
dei margini fogliari verso il basso, accompagnato da decolorazioni o arrossamenti internervali
(rispettivamente in varietà a bacca bianca o nera) che si intensificano con l’avanzare della stagione.
A questa sintomatologia può accompagnarsi uno scarso vigore vegetativo e la produzione di
grappoli piccoli ed irregolarmente colorati. L’accartocciamento fogliare è senz’altro la malattia
virale più diffusa in Puglia, potendosi riscontrare in alcune aree anche sul totale delle piante. Alla
sua diffusione ha certamente contribuito in maniera preponderante il materiale di propagazione
infetto, in particolare gli ibridi americani utilizzati come portinnesto su cui l’infezione è latente.
Non trascurabile è però anche il ruolo svolto dai vettori naturali, quali le cocciniglie cotonose (dei
generi Planococcus e Pseudococcus) e con scudetto (gen. Pulvinaria) (Fortusini et al., 1997). Le
mappe riportano la distribuzione dei virus al momento ritenuti più significativi nella determinazione
della malattia, quali GLRaV-1, GLRaV-2 e GLRaV-3.
GLRaV-3 è stato rinvenuto nel 70,6% delle piante saggiate, con prevalenza nei vitigni ad uva da
vino (80,5%) rispetto a quelli ad uva da tavola (66,4%). In alcune aree il virus era presente sul totale
(in alcuni comuni della provincia di Lecce), o comunque su percentuali superiori al 90%, delle
piante saggiate (nel Brindisino, nelle pianure di Manduria e di Barletta, nelle colline litoranee di
Castellaneta) (Mappa n. 7). Meno diffusi sono risultati invece GLRaV-2 (31,9%) e GLRaV-1
(13,7%), l’incidenza dei quali è risultata maggiore nei vitigni ad uva da tavola (39,8% e 15,9%)
rispetto a quelli ad uva da vino (11,6% e 8,3%) (Mappe n. 8 e 9).
L’indagine ha interessato anche altri due agenti minori dell’accartocciamento fogliare,
GLRaV-6 e GLRaV-7, scarsamente diffusi nei vigneti pugliesi così come in altre parti del mondo
(Digiaro et al., 2000) e dei quali quindi non sono state riportate le relative mappe. GLRaV-7, in
particolare, è stato rinvenuto in percentuali significative solamente in viti di cv. Victoria (9,4%), il
cui materiale originario, com’è noto, era stato introdotto clandestinamente dalla Grecia, dove invece
il virus, come in tutti i Paesi balcanici, sembra essere più diffuso (Choueiri et al., 1996).
Analogamente, GLRaV-6 è presente in Puglia in percentuali significative soltanto nelle cvv.
Cardinal (52%) e Red Globe (26%), ma è quasi del tutto assente nelle altre varietà (Boscia et al.,
2000).
Il legno riccio (rugose wood), segnalato per la prima volta in Puglia agli inizi degli anni ’60
(Graniti e Ciccarone, 1961) è risultato poi diffuso praticamente in tutti gli areali viticoli del mondo.
Il sintomo caratteristico è evidente sulla faccia cambiale del legno del nesto e/o portinnesto, previa
rimozione della corteccia, sotto forma di butterature e/o scanalature più o meno profonde. Non di
rado le stesse piante presentano anomali ispessimenti della corteccia e irregolarità al punto
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d’innesto (differenze di diametro fra nesto e portinnesto, ingrossamenti). Le piante affette hanno in
genere una crescita più stentata ed una sensibile riduzione della produzione. Mediante saggio
biologico legnoso è possibile distinguere almeno quattro differenti sindromi della malattia (Martelli,
1993). Sebbene non del tutto conclusive, le esperienze svolte finora sembrano confermare il ruolo
attivo dei virus del genere Vitivirus nella induzione di alcune sindromi della malattia. GVA, in
particolare, è largamente diffuso in Puglia (44%), senza differenze significative fra uve da tavola ed
uve da vino (Mappa n. 10). Meno diffuso appare invece GVB (13,6%), a cui sono però
generalmente associati sintomi più gravi in campo (Mappa n. 11). Come è ben evidente nelle
mappe, picchi di diffusione superiori al 70% si riscontrano per GVA nella pianura di Barletta,
Copertino e Manduria, mentre percentuali prossime o superiori al 30% si riscontrano per GVB sulle
Murge di Gioia del Colle e di Andria, sulle colline di Castellaneta e nella pianura di Brindisi. Un
nuovo potenziale agente della malattia, appartenente allo stesso genere Vitivirus e denominato GVD
(grapevine virus D), è stato segnalato in Puglia (Abou-Ghanem et al., 1997). Per esso è stato messo
a punto un corredo diagnostico che ha permesso di effettuare una prima ricognizione sulla sua
diffusione nei vigneti pugliesi e di verificarne il grado di associazione con la malattia. Stando ai
risultati preliminari su poche centinaia di campioni, GVD è presente in circa il 30% delle viti
pugliesi, ma resta ancora sconosciuto quale sia il suo preciso ruolo eziologico (Boscia et al., 2001).
Si è ritenuto opportuno redigere anche la mappa di distribuzione di Grapevine fleck virus
(GFkV) agente responsabile della maculatura infettiva (fleck). La malattia, generalmente latente
sulle varietà di Vitis vinifera e alcune viti americane, è invece sintomatica su V. rupestris e alcuni
suoi ibridi. L’agente, rilevato su due terzi delle viti pugliesi (66,6%) con leggera prevalenza nelle
uve da tavola (70,2%), è praticamente ubiquitario, con punte di infezione superiori al 90% nei
vigneti della Murgia di Bitonto (Mappa n. 12).
Il quadro sanitario dei vigneti regionali che emerge dall’analisi delle mappe di distribuzione dei
virus della vite è sconfortante e riflette la scarsa attenzione rivolta sinora ai problemi virologici di
questa specie, come testimonia l’ancora abbondante ricorso dei viticoltori regionali al materiale di
categoria “standard”. La situazione, purtroppo, non migliora nemmeno per le virosi non
diagnosticabili mediante ELISA, per le quali non sono state predisposte le relative mappe. È il caso,
ad esempio, della butteratura del legno di V. rupestris, una sindrome del complesso del legno riccio,
per la quale mancano dati di diffusione precisi ma che, stando ai risultati dei saggi legnosi effettuati
per diverse decine di vitigni pugliesi, o a quelli molecolari miranti a rilevare la presenza di
GRSPaV, il suo potenziale agente, sembra essere particolarmente diffusa (superiore all’80%)
(Boscia et al., 2001); o della necrosi delle nervature, anch’essa presente in elevate percentuali in viti
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pugliesi saggiate su indicatori legnosi.
Nematodi
Nella Mappa n.13 sono state evidenziate le aree regionali in cui i ritrovamenti di X. index
sono risultati positivi. Gli areali comunali non segnalati cromaticamente sono invece da considerarsi
esenti dal nematode. È interessante segnalare la quasi perfetta sovrapponibilità delle aree più
fortemente virosate da GFLV con quelle in cui è presente il suo nematode vettore.
L’indagine realizzata ha permesso di accertare che altri nematodi potenziali vettori di virus, fra
cui in particolare X. diversicaudatum, sono assenti e ciò in parte contribuisce a motivare l’assenza
delle infezioni da altri nepovirus su vite nella nostra regione.
Conclusioni
Le mappe di distribuzione qui presentate confermano, come atteso, la notevole diffusione
dei patogeni sottoposti ad indagine sul territorio regionale, anche se con frequenza variabile e di
certo dipendente da diversi fattori, quali la cultivar, il portinnesto o le condizioni climatiche. Non di
rado su una stessa pianta possono riscontrarsi infezioni multiple da più patogeni che influiscono
pesantemente sulla stato vegetativo e sulla produzione. Non mancano, tuttavia, anche i casi di
infezioni latenti, che sfuggono ad ogni controllo visivo e contribuiscono, in modo subdolo, a
favorire la diffusione delle malattie, data la consuetudine fra i viticoltori di utilizzare per gli innesti
le marze prelevate in impianti commerciali non assoggettati ad alcun controllo fitosanitario. Tale
rischio è solo in parte scongiurato per i portinnesti, per i quali sono ormai largamente disponibili
barbatelle certificate. Anche per il materiale certificato però, va precisato, la vigente normativa
prevede l’esenzione solo da alcune virosi, mentre trascura del tutto le altre malattie, fra cui quelle
fungine, non senza conseguenze per la loro diffusione.
Salvo poche eccezioni (ad esempio, la diffusione di GFLV in aree pesantemente infestate da
nematodi vettori), la diffusione dei virus della vite nei diversi areali regionali, più che dalla
trasmissione per mezzo dei vettori, appare fortemente influenzata dallo stato sanitario del materiale
di partenza. Non è poi da escludere che la recrudescenza osservata negli ultimi anni rispetto ad
alcune malattie fungine, come ad esempio per il mal dell’esca, sia proprio da attribuire all’impiego
di materiale di propagazione originariamente infetto.
Tutto ciò deve indurre gli operatori del settore ad assumere una posizione più chiara nei
riguardi del materiale di propagazione. Non vi è dubbio che sono da attendersi notevoli
miglioramenti sanitari solo semplicemente utilizzando materiale certificato o, qualora questo non
fosse disponibile, materiale con standard sanitario minimo garantito.
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
L’elevata percentuale di viti infette rilevata dovrebbe scoraggiare quanti ancora, fra vivaisti e
viticoltori, si ostinano a prelevare gemme per gli innesti dai campi commerciali, senza che sia stato
effettuato alcun controllo fitosanitario, confidando semplicemente in proprie presunte particolari
capacità selettive. È auspicabile che prevalga un atteggiamento di maggior fiducia verso i risultati
della ricerca, che devono trovare a loro volta opportuna traduzione ed applicazione in normative al
passo con i tempi e possibilmente di chiara ed inequivocabile interpretazione.
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
GLRaV-3
FOGGIA
BARI
N
Diffusione del GLRaV-3
<5%
5 - 25%
25% - 50%
50% - 75%
>75%
Aree non visitate
50
0
BRINDISI
W
E
S
LECCE
TARANTO
50
100
150 Kilometers
Mappa n. 7
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
GLRaV-2
FOGGIA
BARI
N
Diffusione del GLRaV-2
<5%
5% - 25%
25% - 50%
50% - 75%
>75%
Aree non visitate
50
0
BRINDISI
W
E
S
LECCE
TARANTO
50
100
150 Kilometers
Mappa n. 8
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
GLRaV-1
FOGGIA
BARI
N
Diffusione del GLRaV-1
<5%
5% - 10%
10% - 30%
50% - 75%
>75%
Aree non visitate
BRINDISI
W
E
S
LECCE
TARANTO
Mappa n. 9
50
0
50
100
150 Kilometers
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
Mappa n. 10
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
GVB
FOGGIA
BARI
N
Diffusione del GVB
<5%
5% - 25%
25% - 50%
50% - 75%
>75%
Aree non visitate
50
0
BRINDISI
W
E
S
LECCE
TARANTO
50
100
150 Kilometers
Mappa n. 11
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Progetto POM A32 – Risultati di due anni di attività – Termoli (CB), 1 e 2 Marzo 2001
GFKV
FOGGIA
BARI
N
Diffusione del GFKV
<5%
5% - 25%
25% - 50%
50% - 75%
>75%
Aree non visitate
50
0
BRINDISI
W
E
S
LECCE
TARANTO
50
100
150 Kilometers
Mappa n. 12
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Mappa n. 13
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