Il sistema linfatico Tra una cellula e l’altra esistono sottilissimi spazi (spazi interstiziali): non tutto il liquido che esce dal capillare vi ritorna, una minima parte (linfa) rimane tra cellula e cellula e ritorna al cuore attraverso un secondo sistema “venoso” denominato “apparato linfatico”. È sostanzialmente formato da una rete di microscopiche “vene” che si uniscono formando vasi di calibro maggiore: nel punto di incontro è presente un ingrossamento (nodulo linfatico) costituito sostanzialmente da un tessuto spugnoso ricco di globuli bianchi. Una importante funzione accessoria infatti, oltre a quella di drenaggio, è di valido presidio contro le infezioni batteriche e soprattutto virali. Nota.In Africa centrale, Asia del Sud e isole più tipi di zanzare trasmettono un tipo di filariosi, ovvero larve di microscopici vermi che vanno a vivere nei linfatici ostruendoli e determinando una stasi del liquido che lentamente fa ingrossare la parte (tipicamente gli arti) in modo enorme (elefantiasi). Oggi ci sono le cure. Nota: La funzione di filtro attivo dei noduli linfatici li porta ad essere estremamente importanti nelle neoplasie. Nelle prime fasi di formazione del tumore le cellule “impazzite” formano un'unica masserella che si accresce e, nel caso di “malignità”purtroppo, libera pacchetti di cellule tumorali che, trasportate dal sangue, si fermano in altre sedi formando tumori secondari (metastasi). Per la loro funzione di filtro i noduli linfatici vicini al tumore primario sono la sede ideale per formare metastasi, per questo ogni intervento per togliere un tumore primario viene completato da una asportazione e controllo dei noduli vicini. Sono anche il primo grosso bersaglio dell’HIV. Infatti nei primi periodi dopo l’entrata del virus si registra un loro ingrossamento dovuto ad una ipertrofia per cercare di eliminare i patogeni. Ma la “battaglia” viene rapidamente persa e in seguito i noduli degenerano e riducono notevolmente il volume e soprattutto la loro capacità di filtro/eliminatore dei patogeni. A.I.D.S. 1 di 2 ασ Il virus HIV (tipo 1, il più diffuso e pericoloso, tipo 2, più diffuso nell’Africa occidentale, sembrerebbe meno attivo) probabilmente deriva dai SIV, ovvero virus delle scimmie, ed è stato trasmesso all’uomo secoli fa e, per la particolarità dell’azione, è rimasto ignorato. È un retrovirus, ovvero a filamento di DNA. Sostanzialmente è formato da una capsula sferica proteica con una “envelope”(strato) esterna di tipo lipidico derivata dalla membrana della cellula che lo ha generato. Lo strato esterno porta un complesso glicoproteico (GP120) che agisce come “chiave” per riconoscere e aprire la membrana cellulare delle cellule da attaccare (che possiedono sulla membrana il recettore CD4, sostanzialmente globuli bianchi, come i monociti e un tipo di linfociti T (T4), e, in misura minore, cellule dell’apparato nervoso e digerente). I linfociti T4 interessati sono purtroppo cellule capostipiti della reazione immunitaria, ovvero sono quelle che riconoscono i patogeni ed attivano le reazioni di difesa umorale (ovvero mediante anticorpi) e cellulare (ovvero linfociti che direttamente attaccano i patogeni. Il virus “apre la cellula con la “chiave” GP120, inserisce all’interno il filamento genico e due molecole enzimatiche che attivano la trascrizione (copia) dell’RNA in DNA che si integra (provirus) con quello cellulare e ordina la costruzione di 50/100 nuovi virus che escono uccidendo la cellula. Al momento dell’uscita si “avvolgono” di una “envelope”, capsula di membrana cellulare: il virus che esce quindi è in parte diverso da quello che entra e ciò complica ulteriormente la lotta antivirale. Al momento dell’entrata i virus vengono attaccati e in parte distrutti dai T4: s icrea quindi una risposta immunitaria tramite anticorpi che però non sono sufficienti a eliminareto talmente il virus. La presenza di anticorpi può però essere rivelata dal test “ELISA” che fornisce la diagnosi di “sieropositività”.Tipicamente tra l’entrata del virus e la comparsa degli anticorpi vi è un periodo “finestra” che può arrivare a tre mesi, dopo di che, senza medicine, lentamente il numero dei T4 diminuisce rendendo l’organismo sempre più debole nei confronti delle infezioni, in particolar modo gli attacchi di un fungo (Pneumocistis Carini) facilita l’insorgenza di forme tumorali (specie il sarcoma di Kaposi, tumore muscolare). I farmaci oggi agiscono fondamentalmente sulla trascrizione virale intracellulare e sull’ingresso nella cellula ma nessuno è in grado di eradicare i virus. Oggi la via di contagio sanguigna (trasfusioni, emoderivati, scambio di siringhe..) è quasi assente (maggiori controlli pubblici e attenzione privata), anche il passaggio madre sieropositiva-feto è ridotto per i progressi medico-chirurgici (in gravidanza il virus non oltrepassa la barriera placentare ma al momento del parto occorre una grande attenzione a non mescolare sangue materno e fetale): rimane il passaggio attraverso rapporti sessuali non protetti. In Italia sono presenti circa 120000 sieropositivi ed il numero aumenta di circa 3000 unità all’anno. 2 di 2 ασ