Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c legge 662/96 Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001 n.1 estate 2001 Rivista di Informazione sull’HIV Africa: “L’istanza è ritirata.. "Con il consenso di tutte le parti, vorremmo semplicemente chiedere a vostra eccellenza di rilevare che l'istanza è ritirata". C E D I T O R I A L E L A N UOVA R IVISTA D ELTA Panoramica sui nuovi studi e le attuali sperimentazioni pagina 6 IN QUESTO NUMERO AFRICA: “L’istanza è ritirata..” 1 Virus HIV e coinfezione HIV/HCV 4 I NUOVI FARMACI in studio per l’ infezione da HIV RESISTENZE 6 11 L’ADERENZA: fattore associato alla risposta 13 VACCINI più vicini? 14 TERAPIE a passo di tango 16 nizia con l'estate del 2001 la pubblicazione della nuova rivista Delta dell'associazione Nadir ONLUS, sotto la direzione responsabile di Filippo von Schloesser. Rispetto al piano editoriale siamo in ritardo nella pubblicazione del primo numero in quanto, nonostante le promesse fatte nel 1999 di aiutarci per due anni, Glaxo Welcome, che ora è più grande e più forte dopo la fusione con SmithKline Beecham, e sta anche sviluppando due vaccini per l'HIV, ha deciso di sponsorizzare l'iniziativa solo con un 10% rispetto alla precedente edizione della rivista Delta. Ringraziamo gli altri sponsor (Merch, Abbott, BI, BMS, DP, Roche, Virco) che con il costante supporto all’associazione Nadir e da ora anche alla rivista, ci hanno garantito il supporto finanziario e psicologico necessari per intraprendere questa iniziativa. Ci rivolgiamo ora ad un target specifico che include infettivologi, e non solo medici di famiglia come previsto inizialmente, persone ed associazioni interessate in prima persona alle novità sulle terapie per l'HIV. Riteniamo che la rivista possa essere di interesse degli operatori e delle persone a qualsiasi titolo coinvolte: desideriamo informarli sullo stato dell'arte e di quello che ne pensiamo noi dell'associazione. Le terapie per l'infezione da HIV stanno diventando sempre più articolate, gli studi sulla patogenesi mostrano aspetti sempre più complessi, le conferenze a cui partecipiamo noi della Nadir abbracciano campi sempre più vasti. Ci auguriamo di riuscire a tradurre in un linguaggio comprensibile a tutti molto di quanto sta succedendo nel mondo intorno all'infezione e di integrare l’informazione con l’opinione del “community rep”. La Redazione I on queste poche parole il legale delle multinazionali farmaceutiche, ha messo la parola fine al processo che vedeva contrapposti il Governo Sud Africano ed uno dei più potenti cartelli economici che esistano al mondo. La conclusione del processo che fino a ieri ha contrapposto per tre anni 39 case farmaceutiche ed il governo del Sudafrica, colpevole di aver varato nel 1997 il "Medicines Act", una legge in grado di assicurare a prezzi più accessibili i farmaci antiretrovirali ai 5 milioni di sudafricani colpiti dal virus dell'HIV, rappresenta un’importante precedente per molti altri paesi in via di sviluppo. La decisione delle aziende di ritirare l'azione legale contro il governo di Pretoria è incondizionata, e perciò ancora più significativa, e a questo punto non sarà più possibile ostacolare con logiche di mercato il sacrosanto diritto dei governi a garantire l'accesso ai farmaci a chi ne ha bisogno, non solo contro l'Aids, ma anche contro le molte altre malattie infettive e respiratorie che ogni anno uccidono milioni di persone. Si tratta di un’ importante vittoria che costituisce l'ulteriore dimostrazione che la società civile può avere la meglio sulle potenti multinazionali. Molti si chiedono come mai le aziende farmaceutiche si siano imbarcate in quello che è diventato in pochi mesi un vero e proprio disastro di pubbliche relazioni. Il motivo principale è che la causa di Pretoria è stata, fin dall’inizio, uno scontro che andava ben oltre la prospettiva locale. E’ in tale prospettiva che va interpretata la conclusione di una vicenda di cui non è ancora possibile comprendere appieno gli sviluppi. L'intera industria dei medicinali è stata finora basata su un modello apparentemente inattaccabicontinua le: il presupposto secondo il quale la ricerca farmaceutica deve essere sostenuta da un adeguata protezione sui brevetti farmaceutici, che garantiscano alle multinazionali il recupero dei costi di sviluppo e ricerca da poter reinvestire in nuova ricerca. Succede ora che questo sistema ben congegnato e solido viene messo in discussione e mostra crepe vistose. Ricerca - Profitto - Ricerca E’avvenuto per effetto di movimenti di opinione consapevoli, per via di guerre commerciali scatenate dai nuovi entrati e rappresenta un tipico effetto positivo dovuto alla globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni. La causa Sudafricana rappresenta in questo senso uno degli avvenimenti più importanti degli ultimi anni, su cui dovrà necessariamente ridefinirsi la logica ricerca-profitto-ricerca in base alla quale sembrava doversi reggere l’intero ciclo produttivo dei farmaci. Nel 1997 Nelson Mandela, premio Nobel per la pace e primo presidente democraticamente eletto dai sudafricani, firmò una legge che consentiva al suo Paese di importare e produrre una versione più economica e non protetta da brevetto dei farmaci contro l’HIV. Le aziende farmaceutiche impugnarono la legge e riuscirono a bloccarne l'applicazione. Le industrie del farmaco sostenevano che la legge, se applicata, avrebbe concesso al ministero della Sanità sudafricano poteri arbitrari, in violazioni di tutti gli accordi internazionali sul commercio. Gli Accordi TRIPS Le multinazionali si sono appellate ai famigerati accordi TRIPS, una serie di accordi approvati dall’organizzazione mondiale per il commercio che coprono settori strategici come il diritto d’autore, i brevetti industriali, le licenze, il deposito e la protezione dei marchi, estendendosi progressivamente anche alle specie vegetali ed agli organismi geneticamente modificati, così come ai processi biologici, che sono attualmente brevettabili. Rispetto ai farmaci la norma più importante definita dai TRIPS e dagli accordi multilaterali, è la protezione del brevetto relativo ai prodotti farmaceutici per un periodo minimo di 20 anni. L’accordo TRIPS lascia tuttavia aperta una strada, anche per i paesi membri dell’OMC/WTO. I paesi possono cioè applicare, anche se a determinate condizioni, la Registrazione Forzata e l’importazione parallela di farmaci a basso costo, anche contro la volontà dei titolari del brevetto. Questa azione non implica necessariamente la violazione degli accordi TRIPS. Tuttavia molti paesi che potrebbero utilizzare questa facoltà, ed in modo particolare quelli che hanno esplicitamente dichiarato di essere in procinto di farlo, sono tuttora soggetti ad enormi pressioni, rappresaglie e forme di deterrenza a livello economico perché assicurino la protezione dei brevetti sui farmaci. Una delle principali obiezioni delle multinazionali farmaceutiche è che un maggiore utilizzo delle Registrazioni Forzate e delle Importazioni Parallele da parte dei paesi in via di sviluppo può diventare una minaccia per l’investimento di capitali nella ricerca scientifica. Va tuttavia sottolineato che, attualmente, la maggior parte dei costi per la ricerca e lo sviluppo sono ammortizzati dalle vendite nei paesi industrializzati e dalle rendite finanziarie sui titoli. Richard Laing, professore del Dipartimento di Salute Internazionale di Boston sostiene che l’apporto al mercato mondiale farmaceutico dei paesi Africani e del SudEst Asiatico, oppure delle comunità degli Stati Indipendenti, è talmente piccola da risultare irrilevante per il recupero dei costi per la ricerca e lo sviluppo, e che quindi questi paesi non possono rappresentare una seria minaccia per le industrie farmaceutiche. L’IFPMA dichiara invece che attualmente i maggiori rischi economici relativi alla ricerca ed allo sviluppo sono totalmente a carico delle industrie farmaceutiche. Per tale ragione l’unico modo per garantire che questi investimenti continuino, è garantire alle stesse industrie un periodo di totale monopolio sui prodotti. Uno degli studi più dettagliati sul costo dei protocolli di ricerca clinica fu pubblicato nel 1991 dal Journal of Health Economics.. Ricerca e Sussidi Gli autori riscontrarono che il costo totale per lo sviluppo di un nuovo prodotto medicinale può arrivare a 500 milioni di dollari per farmaco. Tuttavia, parlando dei farmaci contro l’HIV, è pratica comune che i governi sostengano parte dei costi della ricerca. Per le case farmaceutiche questo significa la riduzione del prezzo per l’introduzione di nuovi prodotti sul mercato. Secondo la stima dello stesso Governo degli Stati Uniti i costi per ottenere l’approvazione di un farmaco contro l’HIV da parte dell’FDA ammonterebbero a 25 milioni di dollari. Ognuno dei farmaci contro l’HIV attualmente in commercio fu prima scoperto, e poi sviluppato con il sostegno delle Agenzie Governative. Tra questi farmaci vi sono il ddI (Videx), l’AZT (Retrovir), il d4T (Zerit), Ritonavir (Norvir) ed il T-20. Per tale ragione le organizzazioni dei consumatori e gli attivisti hanno messo in dubbio la stessa legittimità dei brevetti. Il Massachusetts Institute of Technology (Mit), di Boston, ha scoperto che dei 14 medicinali dell'ultimo quarto di secolo, par- 2 ticolarmente interessanti per gli industriali, ben 11 provenivano da ricerche finanziate dallo stato. Ad esempio sia Norvir sia Kaletra [sui quali Abbott si è dichiarata disponibile ad applicare una riduzione del 70% sul prezzo] sono stati sviluppati con il Sessione Speciale delle Nazioni Unite su HIV/AIDS Tra il 25 e il 27 giugno ha avuto luogo presso il Palazzo delle Nazioni Unite la Sessione Speciale dell'Assemblea Generale su HIV/AIDS. Le maggiori associazioni del mondo, "The Civil Society", sono state invitate a partecipare e tra di esse, l'EATG, che ha deciso di inviare F. von Schloesser come rappresentante. Come noto, l'ONU, dopo varie controversie, ha raggiunto l'accordo sulla risoluzione di emergenza AIDS. Il testo della risoluzione può essere consultato presso il sito www.unaids.org. Nonostante il conflitto che ha causato l'inserimento del concetto di "uomini che praticano sesso con uomini" tra i paesi arabi ed il rappresentante del Vaticano, la risoluzione è passata nella sua interezza ed attendiamo ora la costituzione del fondo speciale istituito dal segretario generale Kofi Annan per l'inizio delle campagne di prevenzione e per l'invio di terapie ai paesi più svantaggiate. von Schloesser ha riferito che è stato particolarmente toccante il momento in cui Kofi Annan ha dichiarato all'apertura dell'Assemblea …"Non vi sono più loro e noi"… e le parole di Colin Powell, Segretario di Stato USA, il quale ha affermato…"Dobbiamo combattere il virus, non chi ne è colpito". von Schloesser ha anche denunciato che l'Italia, mirante a un ruolo politico internazionale di spicco, non è stata capace di presenziare all'Assemblea Generale con alcun membro del governo, mentre Portogallo, Spagna, Svezia e altri paesi europei sono stati rappresentati dal proprio Presidente della Repubblica o dal Ministro della Sanità. L'Italia, invece, da un funzionario del Ministero degli Esteri. A tale proposito, tutte le associazione italiane hanno aderito alla lettera di protesta inviata da Nadir al governo. David Osorio sostegno di fondi pubblici, e il governo degli Stati Uniti avrebbe il diritto di registrare entrambi i prodotti. Sulla base delle informazioni del sito FDA CDER, tutti i brevetti relativi a Kaletra includono una dicitura secondo la quale "Questa invenzione è stata fatta con il sostegno del governo [contratto numero Al27220 a favore del Africa: L’Istanza è ritirata.. National Institute of Allergy and Infectious Diseases. Il governo degli Stati Uniti detiene alcuni diritti sulla scoperta". Per tale ragione il governo degli Stati Uniti potrebbe consentire all'OMS di utilizzare il brevetto su entrambi i farmaci nei paesi in via co. L'Università del Minnesota prevede invece di incassare oltre 300 milioni di dollari sui diritti relativi al proprio brevetto su Ziagen. Nel 1999 l'università del Minnesota vinse una causa legale relativa alla violazione dei diritti di proprietà da parte di Glaxo Wellcome, che aveva commercializzato farmaci sviluppati con fondi pubblici. L'università del Minnesota sosteneva, infatti, che Ziagen [venduto sul mercato ad oltre 4000 dollari l’anno] facesse parte dei numerosi farmaci brevettati negli anni '80 da Robert Vince, un professore dell'istituto superiore di farmacia dell'università, e che in seguito il farmaco fosse stato registrato illecitamente da Glaxo. Dal 1999, l'università ha ricevuto circa 15 milioni di dollari di diritti e conta di riceverne altri 300 nei prossimi dieci anni. Sulla base di queste informazioni Oxfam, un gruppo di attivisti con sede in gran Bretagna, ha chiesto ufficialmente al preside dell'università del Minnesota, Mark Yudof, di rinunciare al brevetto su Ziagen e di metterlo a disposizione di un organismo internazionale come la World Health Organization, e di versare nelle casse del WHO una parte dei diritti di proprietà già incassati. Gli studenti ed i ricercatori della Yale University hanno convinto la multinazionale Bristol-Myers Squibb Co. a rinunciare, poche settimane prima della ripresa delle udienze, ai diritti sul brevetto relativo a Zerit, un farmaco antiretrovirale prodotto con fondi pubblici. Nelle settimane successive gli attivisti degli altri campus si sono coordinati con gli attivisti che si battono per l'accesso ai farmaci contro l’Aids denunciando che alcune università detengono i brevetti su alcuni farmaci chiave per il trattamento dell'HIV/AIDS. Le Campagne di sviluppo. Alla fine di Marzo gli studenti di Yale hanno denunciato che l’università guadagna 40 milioni di dollari l'anno per i diritti su d4T ma che l'amministrazione avrebbe le mani legate a causa di un accordo firmato con Bristol-Myers Squibb, che darebbe alla compagnia farmaceutica i diritti esclusivi sulla produzione del farma- L'Università di Berkeley ha lanciato recentemente un importante campagna di liberalizzazione dei contributi scientifici in campo biomedico perchè divengano totalmente disponibili, senza alcun laccio o lacciuolo connesso con le limitazioni dellle leggi del copyright di autori ed editori, considerate inaccettabili in un campo di pubblica utilità quale è appunto la circolazione delle idee in questo campo. Il testo dell'appello cui hanno aderito quasi trentamila ricercatori di tutto il mondo recita "Appoggiamo il progetto di stabilire una biblioteca pubblica online, che fornirà integralmente e in modo gratuito gli articoli di ricerca nei settori della medicina, della biologia e delle scienze della vita (...). La presenza di questa biblioteca accrescerà la disponibilità e l'utilità della letteratura scientifica, migliorerà la produttività, e catalizzerà l'integrazione di diversi punti di vista e idee nelle scienze biomediche. 3 Riconosciamo che gli editori delle riviste scientifiche hanno il diritto a un ritorno economico per il loro ruolo nella comunicazione scientifica. Crediamo però che un archivio permanente delle pubblicazioni scientifiche e delle idee non dovrebbe essere posseduto né controllato dagli editori (...). Per spingere gli editori delle riviste a sostenere l'iniziativa, dichiariamo che a partire da settembre 2001 pubblicheremo, revisioneremo, faremo da referee e ci abboneremo soltanto a quelle riviste che hanno accettato di garantire accesso gratuito e senza restrizioni a qualsiasi articolo di ricerca originale, avvalendosi di PubMed Central e di risorse online similari, entro sei mesi dalla data di pubblicazione" I primi firmatari sono Harold Varmus, ora presidente del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, Pat Brown dell'Università di Stanford, e Richard Roberts dei New England BioLabs. Il primo a dare il buon esempio è stato il New England Journal of Medicine, che ha cambiato sia l'aspetto del sito web sia la politica dell'accesso: tutto il materiale sarà gratuito a sei mesi dalla pubblicazione; tuttavia fino a quel momento saranno riservate agli abbonati anche alcune sezioni, come gli editoriali, che finora erano ad accesso libero. Il Diritto alla Salute Il ritiro delle multinazionali farmaceutiche dalla causa di Pretoria sembrerebbe dunque una vittoria delle forme di controllo più avanzate che la società potrebbe esercitare sulle attività economiche e sull’accesso ai propdotti della ricerca biomedica. La vicenda che si è chiusa a Pretoria ha stabilito che il diritto alla salute è un valore prevalente rispetto al diritto di proprietà ed al profitto, e che il farmaci e vaccini vengano inquadrati nei meccanismi del mercato globale non è più sostenibile. E’ necesario comunque ricostruire sistemi sanitari che anni di colonialismo e di cooperazione allo sviluppo non sono riusciti a far crescere. A questo vanno aggiunte anche le importanti responsabilità degli stessi governi africani, che hanno negato per anni l’esistenza di un “problema Aids" e dilapidato le pur limitate risorse in guerre e armamenti. Per questo, quanto sta accadendo in questi giorni non è che un primo, piccolo passo. La gioia che ha salutato nell’aula del tribunale sudafricano, e nel mondo, la risoluzione del conflitto non deve quindi far dimenticare che la vittoria della società civile in Sud Africa ci pone ancora una volta di fronte alla questione fondamentale che riguarda il modello di sviluppo mondiale che vogliamo lasciare in eredità per le generazioni future. Mauro Guarinieri Virus HCVe coinfezione HIV/HCV Epidemiologia ’epatite C è una malattia infettiva che causa uno stato infiammatorio con conseguente danno Lepatico. La principale via di trasmissione dell’HCV è il contatto con il sangue infetto. Il virus è stato isolato nel 1998.Dopo il 1998 è stato possibile produrre i test, riducendo la trasmissione dovuta alle trasfusioni con emoderivati infetti. Da allora la via di trasmissione più comune del virus HCV è lo scambio di aghi e siringhe infette tra i consumatori di droga per via endovenosa. Si calcola che oltre tre milioni di persone abbiano un’infezione cronica da HCV. Le attuali raccomandazioni non precludono i rapporti sessuali non protetti per le coppie eterosessuali in cui uno dei due partner sia positivo al virus HCV in quanto la trasmissione dovuta a rapporti eterosessuali appare molto ridotta. Tuttavia, tra le coppie omosessuali la percentuale sembra essere più’ elevata. Il virus HCV è dieci volte più infettivo dell’HIV. Per tale ragione, nei centri urbani l’incidenza dell’HCV nella popolazione sieropositiva supera il 70%.Alcuni studi condotti su consumatori di sostanze stupefacenti per via endovenosa dimostrano che oltre il 70% dei pazienti sono positivi al virus HCV, ed il 30% sono positivi sia al virus HCV sia al virus HIV. Per tale ragione, vista la diffusione dell’HIV tra i tossicodipendenti, un numero sempre maggiore di persone ha la coinfezione HIV/HCV. Storia naturale dell’infezione da HCV maggior parte dei casi l’HCV non è associato ad Nalcunellasintomo al momento della sieroconversione. Dopo il contatto con il virus, circa il 15% delle persone riesce ad eradicare l’infezione naturalmente. Il restante 85% non svilupperà alcun sintomo per decenni. Normalmente la diagnosi viene fatta attraverso programmi di controllo estensivo sui gruppi a rischio, a seguito dei controlli sulle persone che hanno ricevuto trasfusioni di sangue prima del 1985, oppure a seguito del test dopo che i valori epatici risultano alterati. Considerato il fatto che molte persone rimangono asintomatiche per molti anni dopo l’infezione e che per tale ragione non vengono diagnosticate, esistono una serie di bias rispetto agli studi sul decorso naturale dell’infezione da HCV. Questo succede perché gli operatori sanitari hanno generalmente a che fare con persone gia’ malate, senza considerare il fatto che molte altre persone hanno contratto l’infezione pur non avendo alcun sintomo. Circa il 10% delle persone con infezione cronica andranno incontro a cirrosi epatica ed alle complicazioni dovute alla cirrosi. Circa il 10% delle persone con infezione cronica da HCV andranno incontro a tumore al fegato. Le complicazioni potenzialmente fatali non compariranno prima di 10 o 20 anni dal momento dell’infezione. Una delle maggiori sfide rispetto alla determinazione della percentuale di progressione dell’infezione da HCV e’ il fatto che e’ necessaria la biopsia epatica per determinare il danno e l’infiammazione del fegato. Ne’ gli esami del sangue (SGOT, SGPT) ne’ la carica virale sono associate al danno epatico. I seguenti fattori sono associati al rischio di progressione: eta’, sesso maschile, e consumo di alcool. Trattamento dell’HCV risultati si ottengono utilizzando in combinazione interferoInemigliori e ribavirina utilizzando sia interferone standard sia il nuovo interferone pegilato a lento rilascio (peg-interferon).L’interferone standard viene amministrato tre volte la settimana tramite iniezione sottocutanea, e rimane in circolo nell’organismo per un periodo di tempo molto breve. La somministrazione può essere associata a sintomi di tipo influenzale dopo ogni iniezione, ed è significativamente associato alla depressione. Il Peg-Interferon (pegylated-40K interferon alfa2a) è una formulazione di’Interferone che lo rende più solubile all’acqua, ne aumenta la biodisponibilità permettendo al farmaco di rimanere in circolo più a lungo, consentendo inoltre un rilascio costante e continuo del principio attivo, evitando i “picchi” e le “cadute” tipici della terapia con IFN Standard somministrato a giorni alterni o tre volte la settimana. Il PEG ha la particolarità di poter essere iniettato una sola volta la settimana. Gli effetti collaterali sono sostanzialmente simili a quelli dell’IFN, forse più blandi, proprio per l’assenza dell’effetto “picchi e cadute” di concentrazione ematica. Il farmaco, attualmente utilizzato negli Stati Uniti, è disponibile per la sperimentazione anche nei centri specializzati di Epatologia italiani. In uno studio condotto su 155 persone trattare con il PEG, nel 76% dei casi il virus non era più evidenziabile nel sangue entro le 12 settimane, e nel 36% di questi ultimi il virus ha continuato ad essere “non evidenziabile” anche dopo 34 settimane dalla fine del trattamento. Il Peg Interferon viene somministrato una sola volta alla settimana tramite iniezione sottocutanea, ed è associato ad un profilo di tossicità simile a quello dell’interferone standard. La misura dell’efficacia del trattamento dell’HCV è definita dalla proporzione delle persone che mantengono una carica virale HCV RNA irrilevabile sei mesi dopo il trattamento (risposta sostenuta al trattamento).Alcune evidenze, basate su biopsie che dimostrerebbero una progressione più lenta del danno epatico, suggerirebbero tuttavia che alcune persone potrebbero trarre vantaggio dalla terapia anche in assenza di una risposta sostenuta al trattamento. Inoltre, le persone con cirrosi epatica potrebbero trarre vantaggio dal trattamento con interferone sebbene vengano regolarmente escluse dalla maggior parte degli studi con IFN. Sfortunatamente, la maggior parte degli studi clinici con interferone e ribavirina, e peg-interferon e ribavirina non prevede l’eligibilità delle persone sieropositive. 4 Coinfezione HIV/HCV una stretta correlazione tra infezione Eda siste HIV ed infezione da HCV rispetto alla popolazione dei consumatori di sostanze per via endovenosa. Si calcola che oltre 250.00 persone siano coinfette con HCV/HIV solamente negli Stati Uniti. La prevalenza dell’HCV tra i consumatori di sostanze stupefacenti per via endovenosa è maggiore di quella associata all’HIV, ma il numero delle persone con coinfezione HIV/HCV sta aumentando in modo preoccupante. Diversi riportano una percentuale di coinfezione del 23% rispetto al 75% dei consumatori di sostanze per via endovenosa colpite dall’HCV. Uno studio condotto su 213 persone sieropositive, di cui il 35% con coinfezione HIV/HCV, ha concluso che le persone comprese tra i 40 ed i 49 anni di età corrono un rischio maggiore di contrarre l’infezione da HCV. Non è stata rilevata alcuna associazione con il sesso e con la razza. La presenza dell’infezione da Hiv può ridurre l’attendibilità del test per la ricerca degli anticorpi all’HCV. Esiste infatti un rischio sensibilmente maggiore sia di falsi positivi sia di falsi negativi nelle persone sieropositive. Le attuali linee guida americane per la prevenzione delle infezioni opportunistiche in presone con HIV raccomandano che il test positivo all’HCV sia sempre confermato sia dal test RIBA (recombinant immunoblot assay) sia dalla ricerca dell’HCV-RNA . Inoltre, si raccomanda che le persone negative al test HCV, ma con sofferenza epatica senza apparenti spiegazioni, si sottopongano al test per la ricerca dell’HCV RNA. Diversi studi condotti in epoca precedente all’introduzione degli antiretrovirali hanno dimostrato che, mentre il decorso dell’infe- zione da HIV nelle persone con coinfezione HIV/HCV non cambia, il decorso dell’infezione da HCV è più rapido nelle persone sieropositive. Tuttavia, la questione ancora senza risposta è quale sia l’impatto dell’immunoricostituzione conseguente alla terapia HAART rispetto al decorso dell’infezione da HCV nelle persone con infezione HIV/HCV. Il fatto che l’alcool peggiori la situazione è un dato ormai acquisito. L’indicazione generale è di sospendere l’uso di qualsiasi sostanza alcolica, in caso di infezione da HCV. Inoltre, per persone con infezione da HCV dovrebbero vaccinarsi contro l’epatite B, qualora non risultino già immuni. La ragione è che un’epatite acuta, A oppure B, può peggiorare in modo drammatico il decorso dell’epatite C fino a risultare, in alcuni casi, fatale. Trattamento dell’HCV in caso di coinfezione HIV/HCV Sebbene vi siano diversi dati che dimostrano che le persone con carenza di dati rispetto a tali questioni. Esistono un mucchio di sistemi grazie ai quali le persone con HCV sono escluse dagli studi infezione da HCV corrono maggiori rischi di alterazione delle funzioclinici sulla terapia HAART: limitazioni relative all’esito dei test relane epatiche a causa della terapia HAART, la maggior parte dei clinici tivi alle funzioni epatiche, limitazioni relative al consumo di sostanze concorda sul fatto che in caso di coinfezione sia possibile trattare stupefacenti, sottovalutazione dell’eligibilità delle persone con contemporaneamente sia l’HIV sia l’HCV. Le raccomandazioni sono HIV/HCV negli studi clinici, esclusione delle persone in trattamento di trattare prima l’infezione da HIV, per contare sulle migliori condisostitutivo con metadone ed esclusione esplicita delle persone con infezione da HCV. Il risultato è che non è stato fino ad opra possibile condurre alcuno studio sul controllo Perché la terapia HAART può peggiorare la funzionalità epatica immunologico dell’infezione da HCV e Esistono molte ragioni per le quali gli indicatori della funzione epatica potrebbero risultare sul modo in cui l’HCV produce il alterati nel corso della terapia HAART: danno epatico e la fibrosi. Salvo che non vi siano motivi di carattere scien* Gli inibitori della proteasi possono danneggiare ulteriormente il fegato tifico che giustifichino l’esclusione * La concentrazione plasmatica degli Inibitori della proteasi potrebbe essere troppo alta nelle delle persone con HCV le persone persone con infezione da HCV con Epatite C dovrebbero essere * Un aumento della risposta immunitaria e la comparsa della “sindrome da immunoricostitu arruolate negli studi clinici che prevezione” potrebbero peggiorare il danno epatico dovuto all’infezione da HCV dono l’utilizzo di terapia HAART. * La terapia HAART potrebbe aumentare la replicazione del virus HCV. Il gruppo ACTG (Aids Clinical Trials Group) ha messo in cantiere uno studio che mette a confronto l’interferone standard con il peg-interfezioni immunologiche per il trattamento dell’HCV. Ma la maggior parte ron, sempre in associazione con ribavirina, in persone con coinfeziodelle persone può essere trattata sia per l’una sia per l’altra infezione HIV/HCV. Esistono sino ad ora pochissimi studi che abbiano ne, contemporaneamente, visto che gli effetti collaterali della magvalutato l’efficacia e la tossicità del trattamento contro l’HCV nelle gior parte dei farmaci anti-HIV sono troppo pesanti per un fegato persone sieropositive. I (pochi) dati preliminari sembrano indicare danneggiato dall’infezione da HCV. Esistono inoltre alcune preoccuuna maggiore incidenza di anemia associata all’uso della ribavirina. pazioni rispetto alle potenziali interazioni farmacologiche tra ribaviriPer tale ragione sono attualmente allo studio dosaggi ridotti e l’uso na ed inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI), anche se di farmaci che favoriscono la produzione dei globuli rossi. Sebbene non pare che tali interazioni siano significative da un punto di vista vi sia una temporanea riduzione dei CD4 durante il trattamento clinico. dell’HCV, i valori tornano normali subito dopo l’interruzione del ciclo Esistono inoltre una serie di dati che sembrebbero indicare che l’imdi trattamento. Sfortunatamente, la maggior parte delle persone munoricostituzione associata alla terapia HAART potrebbe favorire con HCV ha il genotipo-1 che è associato alla peggiore risposta al la capacità del sistema immunitario a controllare la replicazione del trattamento. virus HCV ed il danno epatico associato. Benhamou ha riportato Un altro problema è che le persone con HIV/HCV non sono geneche le proiezioni relative all’incidenza del danno epatico decrescono ralmente ammesse al trapianto del fegato. La ragione sarebbe che, significativamente in associazione all’utilizzo di una terapia HAART le potenziali interazioni tra i farmaci immunosoppressivi ed i farmaci con inibitore della proteasi. Non è ancora chiaro per quale ragione contro l’HIV non sono note. Ma le persone in ogni caso muoiono la terapia con IP sia maggiormente associata alla riduzione del perché gli è negato il trapianto, sebbene non esistano ragioni condanno epatico rispetto alla HAART senza IP, che sembrebbe avere crete per escludere le persone sieropositive dai programmi di trala stessa efficacia rispetto alla carica virale ed al numero di CD4. pianto. L’esclusione delle persone positive all’HCV dalla maggior parte degli studi clinici sulla terapia HAART ha prodotto un’inaccettabile 5 I NUOVI FARMACI PER L’INFEZIONE DA HIV a terapia antiretrovirale non ha mai visto un accelerazione tanto importante come quella in atto oggi nello studio dell’efficacia di Lmolecole antiretrovirali. La ricerca del farmaco ideale: potente, tollerabile e facile da assumere, è stato l’obiettivo che da sempre i ricercatori tentano di raggiungere. A differenza di qualche anno fa, oggi il mercato chiede farmaci competitivi sul piano della tollerabilità: pochi effetti collaterali a breve e lungo termine, efficacia antivirale in modo da potere anche essere utilizzati in regimi di semplificazioni terapeutiche. Riamane tuttavia inalterato lo stato di emergenza che da sempre caratterizza la ricerca sui farmaci anti HIV. Attualmente ci sono più di 15000 persone in Europa che necessitano di farmaci nuovi per sopravvivere a virus ormai troppo resistenti. Questo articolo vuole provare a riassumere quali nuovi farmaci sono attualmente in studio in diverse fasi di sviluppo. Inibitori della Trascrittasi Inversa Analoghi Nucleosidici (NRTI) DOTC (BCH-10652) BioChem Pharma è la casa produttrice che ha ideato e sta studiando dOTC, si tratta di un analogo nucleosidico, che dai primi dati a disposizione necessita di due dosi giornaliere per diminuire efficacemente la replicazione virale . E' stato condotto in Sud Africa un piccolo studio in monoterapia per testarne efficacia e tollerabilità. 30 persone sono state randomizzate a dOTC (200mg, 300mg,400 mg die) o placebo. Dopo una settimana di trattamento, il viral load era sceso di 1 log in ogni gruppo di trattamento con dOTC (Wood). Uno studio per stabilire il dosaggio è attualmente in corso negli USA. Profilo di resistenza Alcune valutazioni in vitro predicono l'attività di dOTC contro virus resistenti ad AZT e 3TC quando sono presenti mutazioni sul codone 215 e la M184V. Mutazioni contro dOTC sembrano essere rallentate dalla presenza di 3TC e sono caratterizzate dalla presenza di alterazioni sui codoni 184 e 65, che provocano cross resistenza a 3TC. Bibliografia U De Muys RF et al. Antimicr.Agents and Chemiother. 43 (8):1835-1844, 1999 U Rando RF et al 2° Workshop on Salvage therapy in HIV infection Toronto, ABS 2, 1999 U Smiths F. et al. VI° CROI , Chicago ABS 595, 1999 U Wood R.et al. 39° ICAAC , San Fancisco ABS 503, 1999 DAPD Emitricitabina-FTC (Coviracil) Efficace sia contro HIV che contro HBV, in sviluppo da Triangle DAPD è un dimainopurino dioxolone viene trasformato in DXG (dioxolone guanina) all'interno della cellula diventando un potente inibitore della Trascrittasi Inversa. Anche ad alte concentrazione non sono stati riportati danni cellulari. Studi preliminari in vitro, dimostrano che anche alte cross resistenze tra NRTI, non alterano la sensibilità a DXG. La mutazione L74V conferisce una leggera perdita di sensibilità in vitro . Tale mutazione conferisce cross resistenza tra DAPD e ddI. DAPD è attivo contro virus resistenti a AZT e 3TC, quindi potrebbe essere un farmaco utilizzabile in regimi di salvataggio. DAPD è attivo anche contro le inserzioni a livello del codone 69 e 215Y. Tuttavia l'inserzione su codone 69 e la presenza della Q151M, mutazioni particolarmente temute perchè inducenti una grave cross resistenza a tutti gli NRTI, diminuisce di 400 volte la sensibilità del virus anche a DAPD. Vi è qualche dato sulla possibilità che mutazioni agli NNRTI migliorino la sensibilità a DXG, e che la presenza della mutazione L74V associata a DAPD, possa risensibilizzare il virus all'AZT. Attualmente FTC, 2',3'-dideossi-5-fluoro-3 'thiacytidina , sviluppato dalla Triangle , si trova in fase II/III. In vitro appare efficace contro HIV ed HBV, 10 volte di più del 3TC. Dai dati attuali emerge che FTC e 3TC sono assolutamente cross-resistenti e che la sensibilità del virus diminuisce di molto solo con la presenza della M184V. non può quindi essere considerato una farmaco utile per terapie di salvataggio. Uno studio per la ricerca della dose efficace, ha dimostrato la lunga emivita intracellulare con una dose qd. Il miglior effetto antivirale è stato visto con una dose di 200 mg/die con una diminuzione di 1,7-1,9 log . Tra le persone portatrici di epatite cronica B, in trattamento con FTC, è stata vista è una diminuzione della viremia dell' HBV di 2-3 log (Gish 1999). Attualmente è in studio la dose di 200 mg/die per il controllo dell'HBV. Nello studio FTC 303, 440 persone con viremia <400 copie/ml sono state randomizzate a mantenere la terapia con 3TC o “shiftare” ad FTC. Dopo 48 settimane non vi sono state differenze tra le due popolazioni. Nello studio FTC 302- 468 persone naive sono state randomizzate ad usare FTC o 3TC in associazione con d4T e NVP o EFV. Una rebound viremico, dopo un'iniziale soppressine virologica sotto le 40 copie, si è avuto nel 12% delle persone che assumevano FTC e nel 6% di coloro che assumevano 3TC (p<0,05). Il 60% di coloro che hanno mostrato un rebound viremico con FTC aveva un wild type virus, rispetto al 23% di chi usava 3TC e solo il 15% mostrava la mutazione M184V rispetto al 54% dei pazienti in 3TC (p=0,03). Il farmaco sembra essere ben tollerato, a parte qualche disturbo gastrointestinale. Tuttavia sono stati dimostrati due casi di alterazione della funzionalità renale. Bibliografia U Borroto-Esoda K et al III° International Workshop on HIV Drug resistance and Treatment strategies, San Diego ABS 3, 1999 U Deeks S et al. IV° International Workshop on HIV Drug resistance and TReatment strategies, Sitges ABS O9,2000 U Mewshaw J et al. 39°ICAAC San Francisco ABS 924, 1999 U Richman D et al, VII° CROI , San Francisco ABS 668, 2000 Bibliografia U Delahunty J et al VI° CROI, Chicago ABS 16 ,1998 U Gish RG et al 39 ICAAC , San Francisco ABS 83 , 1999 U Molina JM et al , 38° annula Meeting of Infectious diseases Society of AMerica , NEw Orleans ABS 648, 2000 U MOlina JM et al VII° CROI, San Francisco ABS 518 2000 U Pottage J et al V° CROI, Chicago ABS LB9 , 1998 U Rousseau F et al, VIII° CROI , CHicago ABS 559, 2001 U Rousseau F et al IV° International Congress on Drug Therapy in HIV infection, Glagow ABS UP 7.5, 1998 U Wan der Horst C et al. AIDS Annual Conference on Retrovirus, ABS 18, 2001 U Wang LH et al 38° ICAAC, San Diego 6 Inibitori della Trascrittasi Inversa Analoghi Non Nucleosidici CAPRAVIRINA (NNRTI) TMC120 e 125 Sviluppati dalla Tibotec - Virco, casa farmaceutica che nasce nel 1994 e che si è dedicata in particolar modo allo sviluppo di diagnostici sulle resistenze virali. Si tratta di due molecole in studio NNRTI di seconda generazione perchè capaci di controllare la replicazione di ceppi virali resistenti alla prima generazione di NNRTI (NVP ed EFV) TMC 120 è in fase 1/2, mentre TMC 125 è attualmente ancora in fase preclinica . TMC 120 è stato randomizzato e testato in doppio ceco su 43 persone HIV positive, naive arruolate in Russia e Polonia . A questi pazienti è stata somministrata una dose di 50 mg o 100 mg due volte al giorno o placebo per 7 giorni (monoterapia) seguita poi da una terapia antivirale con farmaci commercializzati (HAART) . Gli studi brevi in monoterapia servono per valutare la potenza antivirale della nuova molecola . Il viral load è diminuito di 1,44 log dopo 7 gg con 50 mg e di 1,51 log con 100 mg. Gli eventi avversi riportati sono stati la sonnolenza o l'insonnia. TMC 120 è attivo contro virus selvaggio (wild type) e contro virus mutati che presentato mutazioni chiave sul genoma della Trascrittasi inversa (TI) capaci di inibire completamente l'uso di NVP ed EFV: K103N ed Y181G nonchè la G190A/S . A Settembre, dopo la valutazione di fase 1 anche per TMC 125, la casa farmaceutica deciderà quale delle due molecole sarà promossa a leader e verrà sviluppata. EMIVIRINA MKC 442 (Coactinon) E' stata scoperta da Mitsubishi Chemical Corporation, attualmente è in sviluppo grazie a Triangle. La struttura chimica dell'Emivirina è molto simile ad un NRTI (analogo nuclesidico della TI). I primi studi di fase 1 hanno dimostrato la capacità di ridurre la viremia di 0.36- 1,19 log dopo una settimana di trattamento. Un altro studio ha dimostrato che, dopo 15 gg di trattamento, la viremia scendeva di 1,3 log. Altri studi condotti in associazione con 2 altri NRTI hanno dimostrato che il farmaco funziona poco in persone con viremie superiori alle 50.000 copie e dolo il 37% dei pazienti aveva raggiunto una viremia minore di 50 copie alla 24° settimana di terapia. Un altro studio che ha usato Emivirina in associazione con ddI e d4t( 2NRTI) ha , invece, dimostrato che circa il 50% di pazienti nello studio aveva raggiunto una viremia inferiore alle 50 copie HIVRNA/ml. Non sembrano esserci differenze tra l'uso di 500 mg o 750 mg/due volte al giorno. Interazioni farmacologiche Uno studio conclusosi nell' Ottobre 1999 ha dimostrato come associare Emivirina ad una terapia con Nelfinavir, non apporti nessun effetto benefico ai pazienti ed aumenti gli effetti collaterali. Dopo tale risultato, Triangle ha dichiarato che Emivirina non va usato in associazione con inibitori della proteasi . In un altro studio dove Emivirina è stato usato in associazione con Efavirenz, si è scoperto che aveva un' interazione tale da diminuire le concentrazioni plasmatiche di EFV tanto da non potere neppure essere corrette da un aumento del dosaggio di EFV stesso. Solo tre di 8 pazienti avevano avuto un miglioramento della viremia. In vitro Emivirina appare sinergica con AZT che sembra aumentare la sua concentrazione plasmatica , ddI, saquinavir. La miglior combinazione ad oggi verificata è con AZT e 3TC . Effetti collaterali Gli effetti collaterali denunciati dai 3/4 dei pazienti che hanno assunto il farmaco sono stati: cefalea, perdita di feci, elevazione delle transaminasi e rash. Alcuni studi di farmacocinetica hanno dimostrato la capacità del farmaco di passare la barriera ematoencefalica. In vitro non sembra avere tossicità mitocondriale. Effetti in gravidanza Dagli studi in corso sembra non avere effetti negativi in gravidanza . In 13 donne che hanno usato Emivirina le ultime tre settimane di gravidanza hanno denunciato stanchezza, rinite e cefalea (Gray 1999). Dei bimbi nati uno è sieroconvertito a 6 mesi ed altri due neonati sono morti per cause non correlabili a farmaco secondo i ricercatori. Profilo di resistenza Emivirina sembra essere utilizzabile dopo l'uso di NNRTI di prima generazione. Tuttavia tale possibilità non è completamente chiara. Il 50% delle persone che falliscono un regime contenente Emivirina possono usufruire di un altro NNRTI. Nel 45% dei casi c'è una cross resistenza con Efavirenz, mentre la cross resistenza per Nevirapina è in studio (Sereni). La mutazione E138Q e la A98S sono associate con Resistenza ad Emivirina, ma non con altri NNRTI. La mutazione K103N si evidenzia durante l'uso sia degli NNRTI di prima generazione, che dopo l'uso di Emivirina. L'uso di Emivirina con 3TC diminuisce la possibilità di sviluppo di cross resistenze con altri NNRTI . Uno studio ha dimostrato come il 40% di coloro che avevano fallito l'associazione d4T/3TC/emivirina avevano sviluppato resistenze agli NNRTI, ma non la K103N che è causa di cross resistenza per la famiglia degli NNRTI. Mentre il 78% di coloro che hanno fallito l'associazione ddI/d4T/Emivirina aveva sviluppato la mutazione K103N (Sereni). Ceppi virali resistenti a Nevirapina venivano ancora controllati da Emivirina anche se a concentrazioni più elevate rispetto a quelle necessarie a bloccare un wild type virus. Bibliografia: U Furman P et al. IV° CROI, Washington ABS 571,1997 U Gathiram V et al. 13° International AIDS Conference, Durban ABS B2334,2000 U Gray G. et al 39th ICAAC, San Francisco, ABS 334,1999 U Grizzle TB et al 38° ICAAC , San Diego ABS I-12,1998. U Hicks C et al. t° Conference on Retrovirus , San Francisco ABS 670,2000 U Johnson D et al . 13° Internatioal AIDS conference , Durban ABS B1240,2000. U McCreedy B et al. 3° International WOrkshop on HIV and Drug resistance and Treatment strategies, San Diego, ABS 13, 1999 U Moxham CP et al IV° CROI, Washington ABS LB1,1997 U Moxham CP et al 37° ICAAC, Toronto, ABS I61,1997 U Piras G et al. AIDS 11(4):469-475-1997 U Reliquet V et al 40° ICAAC, Toronto, ABS 1633, 2000 U Sereni D et al VII° Conference on Retrovirus, San Francisco, ABS 671,2000 U Szech GM et al ANtimicrobial AGents and Chemoter, 44(1):123-140, 2000 7 Si tratta di un altro NNRTI di seconda generazione. E' stato scoperto dalla Shionogi Pharmaceutica, una compagnia giapponese, quindi sviluppato da Agouron- Pfizer. I trial con Capravirina sono stati sospesi a causa della manifestazione di fenomeni vasculitici nei cani. Nonostante nessun caso sia stato segnalato sugli uomini che hanno assunto questo farmaco, tuttavia la FDA ha ordinato ad Agouron-Pfizer di sospendere ogni trial contenete capravirina in corso sugli uomini, tra cui lo studio 504 che stava già arruolando pazienti in molte nazioni europee. Ai pazienti che stavano ricevendo capravina nello studio 509, con viremia negativa, è stata data la possibilità di potere continuare la terapia sperimentale su precisa richiesta . In questo protocollo capravirina + 2 NRTI veniva studiata a in persone NNRTI experienced. Gli studi di farmacocinetica mostrano come capravirina sia 10 volte più potente rispetto agli altri NNRTI alla dose di 2100 mg/bid, con una diminuzione di 1,69 log della viremia dopo 10 giorni di monoterapia. Si tratta di una diminuzione simile a quella che si ottiene normalmente con una tripla terapia (Hernandez). Durante la fase II, persone che avevano fallito un regime con NNRTI erano state randomizzate a ricevere 1 o 2 dosi di capravirina o placebo . Il 50% di coloro che stavano assumendo Capravirina avevano una viremia minore 400 copie dopo la 16° settimana . Nel gruppo dei pazienti che assumeva 2100 mg era scesa di 1,5 log , paragonata a 2 log di chi assumeva 1400 mg . Quindi i 1400 mg apparivano meglio tollerati e più efficaci della dose di 2100 mg. alle 50 copie HIVRNA/ml. Non sembrano esserci differenze tra l'uso di 500 mg o 750 mg/due volte al giorno. Effetti collaterali Durante la fase I capravirina sembrava bene tollerata senza particolari effetti collaterali. Una nausea leggera, vomito e cefalea erano gli effetti indesiderati più frequentemente riportati. Nella fase II si sono evidenziati alte frequenze di nausea forte, vomito e diarrea con il dosaggio massimo. Per questo i 1400 mg è il dosaggio scelto per lo sviluppo non appena vi sarà la certezza di potere arginare gli effetti collaterali. Tuttavia, alcuni ricercatori sono convinti che sia importante testare capravirina per lungo tempo prima di sapere se una persona possa essere intollerante o meno. Profilo di resistenza Attualmente sembra che Capravirina sia attiva solo su ceppi resistenti ad Efavirenz (la resistenza a Nevirapina ( mutazione Y181C) potrebbe non essere soppressa da Capravirina. Capravirina è attiva contro ceppi virali con mutazioni singole come K103N o V106A o L100I. Tuttavia la mutazione sul codone 181 e la doppia mutazione sul codone 103 e 100 conferiscono alti livelli di resistenza a capravirina. Bibliografia U Dezube BJ et al. 12° World AIDS Conference Geneva, ABS 12214,1998 U Hernandez J et al. 7° Conference on Retrovirus, San Francesco ABS 669,2000 U Potts KE et al VI° CROI Chicago, 1999 ABS 12 U Potts KE et al Antiviral Therapy 4(suppl 1): 10-1999B U Wolfe P. et al VIII° CROI ABS 323, 2001 DPC 961-963 Sono due nuovi analoghi non nucleosidici inibitori della trascrittasi inversa di Du Pont Pharma. La ricerca della casa farmaceutica è mirata allo sviluppo di NNRTI di seconda generazione capaci di rispondere alle mutazioni selezionate da EFV e da NVP. Apparentemente i due composti sono in grado di rispondere a ceppi con mutazione K103 in vitro, ma non sembrano particolarmente attivi contro ceppi multi mutati. Un ‘unica dose giornaliera potrebbe essere sufficiente alle 50 copie HIVRNA/ml. Non sembrano esserci differenze tra l'uso di 500 mg o 750 mg/due volte al giorno. BIbliogrfia U Corbett JW et al. Discovery of HIV-1 NNRTI development candidates DPC961 and DPC963. Fourth Congress on Drug Therapy in HIV Infection, Glasgow, abstract P21, 1998. U Erickson-Viitanen S et al. DMP 961, DMP 963: 2nd generation non-nucleoside reverse transcriptase inhibitors active against the RT K103N mutant. Sixth Conference on Retroviruses and OIs, Chicago, 1999, abstract 13. U Jeffrey S et al. New second generation NNRTIs: improved resistance and crossresistance profiles. XIII International AIDS Conference, Durban, abstract TuPpA1145, 2000. U Rayner M et al. Second generation NNRTIs require multiple mutations for selection of highly resistant HIV in vitro. XIII International AIDS Conference, Durban, abstract TuOrA347, 2000. U Analoghi Nucleotidici Inibitori della Trascrittasi Inversa Tenofovir disoproxil fumarate (DF) Tenofovir DF(BisPOC PMPA) è un analogo nucleotidico dell’adenina inibitore della trascrittasi inversa. Sviluppato da Gilead Sciences Attualmente è in corso di programma di accesso allargato lo studio 952 (fase III/b) che verrà condotto in Europa, prevede l’arruolamento di 500 persone in Italia a partire dal Giugno 2001 . In Francia sono in trattamento 445 (regime ATU) , in UH 241 persone attraverso un Named patient program ( programma di trattamento personalizzato su richiesta del medico curante ), In Germania sono previsti 500 trattamenti. La dose giornaliera è di 300 mg QD. Lo studio 902 di fase II ha valutato l’efficacia e la tollerabilità di Tenofovir in pazienti experienced con Viral load medio <100000 copie/ml ed una media di 306 CD4/mm.Un altro studio ha randomizzato 189 pazienti pretrattati, con una terapia stabile da almeno 8 settimane, a ricevere tre diverse dosi di tenofovir (300 mg, 150 mg or 75 mg) o placebo in aggiunta al loro regime terapeutico. Dopo la 24° settimana il gruppo in placebo è stato “shiftato” a tenofovir 300 mg/die . A 24 settimane la viremia si era ridotta di 0,75 log nel braccio con 300 mg/die, di 0,40 log e di 0,45 log con le dosi minori. I pazienti in placebo hanno avuto alla 48° settimana una diminuzione di 0,7 log (Schooley). Effetti collaterali Negli studi per valutare la dose del farmaco sono stati riportati effetti collaterali quali cefalea, malessere, affaticamento. Sono stati osservati due casi di proteinuria di cui uno è capitato ad un paziente in trattamento con placebo. Nelle scimmie si è verificata osteopenia e fratture spontanee dopo 12 mesi con dosi sottocutanee 10-30 volte superiori a quelle previste per gli uomini . Il possibile meccanismo alla base dell’osteopenia potrebbe essere un’alterazione della funzionalità renale con perdita di ioni Calcio. Tuttavia nei trial condotti sugli uomini la valutazione con DEXA, dopo 48 settimane di trattamento, non ha messo in evidenza alcun problema di osteopenia. La tossicità renale è stato l’effetto collaterale grave per cui la sperimentazione con Adefovir (primo analogo nucleotidico sviluppato da Gilead) è stata interrotta. NB Tuttavia è sconsigliato dai ricercatori inserire nello studio di Fase III/b pazienti con alterazioni della funzionalità renale o con alterazione della fosfatemia e della calcemia sierica . Criteri di esclusione dallo studio sono la concomitanza con terapie nefrotossiche. Resistenze Secondo Van Laethem, ceppi muiltiresistenti agli NRTI potrebbero velocemente sviluppare resistenze anche a Tenofovir. Tuttavia la mutazione che tenofovir seleziona è sul codone 65 del gene della TI che crea una moderata cross resistenza a ddC, ddI, 3TC. La mutazione 184 associata a resistenza per 3TC, crea un aumento della sensibilità a tenofovir. Ceppi con la mutazione sul codone 215, spesso presente nelle persone che hanno usato AZT, tende a diminuire leggermente la sensibilità a tenofovir (Miller). Le mutazioni 65R e 69D sono capaci di rendere resistente il virus a tenofovir, secondo attuali studi sembrano abbastanza rare tra gli NRTI experienced , quindi è possibile considerare tenofovir un farmaco utile in regimi di salvataggio. ICAB (italian Community Advisory Board) sta chiedendo insistentemente che venga data la possibilità per i centri clinici che non sono stati inclusi nella ricerca e per tutti coloro che ne necessiteranno, di avere il farmaco in regime compassionevole, su richiesta del medico curante. Tale eventualità è maggiormente auspicabile proprio nella nostra nazione, dove il possibile fabbisogno di tenofovir si aggira circa sulle 3000 persone (500 trattamenti sarebbero insufficienti a coprire la necessità di tenofovir in Italia ). Bibliografia U Balzarini J et al. Activity of the (R)-enantiomers of 9-(2- phosphonylmethoxypropyl)-adenine and 9-(2phosphonylmethoxypropyl)-2,6-diaminopurine against human immunodeficiency virus in different human cell systems. Biochem Biophys Res Commun, 219(2):337-41, 1996. U Barditch-Crovo P et al. Safety, pharmacokinetics, and antiretroviral activity of tenofovir DF when administered as a single dose and for seven consecutive days to patients with HIV infection. 10th International Conference on Antiviral Research, Atlanta, 1997. U Bischofberger N, et al. Antiviral efficacy of tenefovir in macaques chronically infected with SIV. Ninth International Conference on Antiviral Research, Urabandai, Fukushima, Japan, May 19-24, Antiviral Research (Abstract) 30: A42, 1996 U Deeks S et al. (Abstract LB8). 5th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, IL, 1998. U Miller M, et al. HIV-1 RT Mutations in Patients After 24 Weeks of Tenofovir Disoproxil Fumarate (formerly PMPA Prodrug) Therapy Added to Stable Background ART. (Abstract 740a) 7th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, San Francisco, 2000. U Pauwels R, De Clercq E, Development of vaginal microbicides for the prevention of heterosexual transmission of HIV. J Acquired Immune Deficiency Syndromes and Human Retrovirology 11:211-221, 1996. Schooley R, et al. Tenofovir Disoproxil Fumarate (TDF) for the Treatment of Antiretroviral Experienced Patients. A Double Blind, Placebo-Controlled Study. (Abstract 692) 40th ICAAC, Toronto, 2000. U Tsai C-C et al. Prevention of SIV infection in macaques by (R)-9-(2-phosphonylmethoxypropyl)adenine. Science 270(5239):1197-1199, 1995. U Van Laethem K, et al. In vitro selection of high level resistance towards foscarnet and acyclic nucleoside phosphonates using a patient isolate displaying the multinucleoside resistance pattern. (Abstract 358) Seventh European Conference on Clinical Aspects and Treatment of HIV-Infection;1999; Lisbon, Portugal. U Van Rompay KKA, et al. 9-[2-(Phosphonomethoxy)propyl]adenine (PMPA) therapy prolongs survival of infant macaques inoculated with simian immunodeficiency virus with reduced susceptibility to PMPA. Antimicrob Agents Chemother. 1999 Apr;43(4):802-12. 8 I nuovi farmaci in studio per l’ infezione da HIV Inibitori della Proteasi (IP) Bibliografia U Cotton G. Tipranavir: a new class of protease inhibitor. Program and abstracts of HIV DART 2000 -Frontiers in Drug Development for Antiretroviral Therapies; December 17-21, 2000; Isla Verde, Puerto Rico. Plenary Session. U Larder BA, Hertogs K, Bloor S, et al. Tipranavir inhibits broadly protease inhibitor-resistant HIV-1 clinical samples. AIDS. 2000;14:1943-1948. U Wang Y, Daenzer C, Wood R, et al. The safety, efficacy and viral dynamics analysis of tipranavir, a newgeneration protease inhibitor, in a phase II study in antiretroviral-naive HIV-1-infected patients. Program and abstracts of the 7th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections; January 30-February 2, 2000, San Francisco, California. Abstract 673. U Wang Y, Daenzer C, Wood R, et al. The safety, efficacy and viral dynamics analysis of tipranavir, a newgeneration protease inhibitor, in a phase II study in antiretroviral-naive HIV-1-infected patients. Program and abstracts of the 7th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections; January 30-February 2, 2000, San Francisco, California. Abstract 673. U Sabo JP, MacGregor TR, Lamson MJ, Baldwin J, Borin M. Pharmacokinetics of tipranavir and nevirapine: a pharmacokinetic interaction study in healthy volunteers. Program and abstracts of HIV DART 2000 -Frontiers in Drug Development for Antiretroviral Therapies; December 17-21, 2000; Isla Verde, Puerto Rico. Abstract 103. DMP-450 DMP- 450, conosciuto anche con il nome di Mozenavir, è stato scoperto da DuPont Pharma , ma attualmente in sviluppo presso i laboratori di Triangle Pharmaceuticals. Durante la Fase II, DMP450 è stato somministrato con d4T e 3TC e paragonato a Indinavir. Nei pazienti trattati non vi è stata differenza in termini di soppressione virologica tra i due farmaci in 12 settimane. La differenza più evidente è stata una diminuita percentuale di persone con aumento del colesterolo sierico con DMP450 rispetto ad IND . Alla 12° settimana la dose più alta di DMP-450 (1250mg tid) ha portato ad una diminuzione di 3,12 log la viremia rispetto a -2.41 log con 1250 mg BID. DMP 450 sembra inibire il metabolismo del saquinavir, cosa che ptorebbe permettere un uso sinergico dei due farmaci. Resistenze Le mutazioni correlate a resistenza ad IND o RTV (sui codoni 82 e 84) sono associate ad una diminuita sensibilità a DMP- 450 evidenziando come tale IP potrebbe non essere utilizzabile nelle terapie di salvataggio (Ala). Studi sugli animali hanno mostrato effetti collaterali sull’ attività di conduzione cardiaca (prolungamento del QT). BMS-232632 (Atazanavir) Si tratta di un nuovo inibitore della proteasi, sviluppato da Bristol-Myers Squibb. E’ stata conclusa la fase II di studio ed in atto la pianificazione della fase III e dell’expanded access. Stato della ricerca Le ricerche fino ad ora condotte evidenziano come Atazanivir abbia la stessa efficacia e lo stesso spettro di azione di altri IP. In uno studio 98 persone sono state randomizzate per ricevere una delle tre dosi in studio di BMS232632 o nelfinavir tre volte al giorno per le prime due settimane dopo le quali venivano aggiunti ddI QD ed4T BID. Dopo 24 settimane, il 52-65% dei pazienti avevano un viral load minore di 400 copie/ml e 20-35% un viral load minore di 50 copie/ml. La percentuale di soppressione virale era simile tra coloro che stavano assumendo nelfinavir o BMS232632. Una dose di 400 mg mantiene una concentrazione inibitoria oltre le 24 ore. Se assunto con pasto leggero sembra meglio assorbito. La contemporanea somministrazione con d4T, 3TC, ddI, AZT, saquinavir, ritonavir, indinavir, nelfinavir ed amprenavir mostra una certa attività sinergica. Bibliografia U Ala PJ et al. Molecular basis of HIV-1 protease drug resistance: structural analysis of mutant proteases complexed with cyclic urea inhibitors. Biochemistry 36(7): 1573-80, 1997. U Erickson-Viitanen S et al. Cyclic urea inhibitors of HIV protease. 2nd Natl Conf on Human Retroviruses, Washington, abstract 96, 1995. U Sierra J et al. Preliminary profile of the antiviral activity, metabolic effects and safety of DMP-450, a novel cyclic urea protease inhibitor. Fourth International Workshop on HIV Drug Resistance and Treatment Strategies, abstract 6, 2000 Tipranavir E’ un IP dalla storia alquanto complicata. E’ stato sviluppato da PharmaciaUpjohn e quindi comprato da Boehringer Ingelheim. Purtroppo la ricerca di questo promettente nuovo farmaco è stata enormemente ritardata dal complesso passaggio delle tecnologie necessarie a produrlo da una casa farmaceutica all’altra. Si tratta di un inibitore della proteasi virale non peptidico. È molto differente, dal punto di vista molecolare, dagli IP correntemente in uso e si può a buon ragione parlare di IP di “seconda generazione”. Si tratta in teoria di una molecola “flessibile” che potrebbe dotare Tipranavir di una barriera genetica (capacità di selezionare resistenze) molto elevata. L’attività Antivirale di tipranavir è stata studiata in vitro su 105 ceppi, messi a disposizione da Virco ( una della case produttrice leader nello sviluppo di test per le reisistenze virali), cross resistenti a 3 o 4 IP . Il test fenotipo metteva in evidenza una diminuzione di sensibilità di alcuni ceppi superiore alle 10 volte. Tipranavir è stato di gran lunga capace di inibire la crescita di questi ceppi virali con una sensibilità virale totale (definibile come una diminuzione di sensibilità minore di 4 volte) in 95 isolati, la sensibilità rimaneva tra le 4 e le 10 volte superiore alla soglia in 8 isolati ed una bassa sensibilità a Tipranavir (superiore a 10 volte) è stata valutata solo in 2 isolati. Attualmente le caratteristiche di tipranavir sembrano promettenti anche per coloro che hanno fallito non solo gli IP attualmente in commercio, ma anche quelli appena licenziati come Lopinavir/ritonavir. Effetti collaterali La diarrea è stata riportata dal 30% dei pazienti in trattamento con BMS232632 rispetto al 60% dei trattati con NFV. L’iperbilirubinemia è un effetto collaterale comune, simile a quello creato da Indinavir, senza compromissione della funzionalità epatica né rialzo delle transaminasi . Una caratteristica interessante è che, i pazienti trattati in fase II con BMS232632, non hanno avuto rialzo né di colesterolo né di trigliceridi, mentre con NFV tale elevazione si è manifestata come con la maggior parte degli altri IP. La speranza che Atazanavir sia meno lipodistrofizzante di altri potrebbe permettere di usarlo in pazienti con lipodistrofia come terapia di “semplificazione”. Resistenze Virus resistenti ad un solo IP, risultano sensibili a BMS232632 e solo il 5% dei ceppi virali resistenti ad un solo IP è risultato altrettanto poco sensibile ad Atazanavir . Il 30% dei ceppi virali resistenti atre IP mostra ridotta sensibilità al nuovo farmaco ed il 67% degli isolati con una ridotta sensibilità a 4 o più IP non risponde a BMS232632 (Colonno). La mutazione primaria che conferisce resistenza a BMS-232632 appare al codone N88S. Ceppi resistenti a BMS232632 risultano ancora sensibili a Saquinavir, Lopinavir/r e Amprenavir. Bibliografia U Colonno R et al. BMS-232632 sensitivity of a panel of HIV-1 clinical isolates resistant to one or more approved protease inhibitors. Antiviral Therapy 5(3), abstract 8, 2000. U Gong Y-F et al. In vitro resistance profile of the human immunodeficiency virus type 1 protease inhibitor BMS-232632. Antimicrobial Agents and Chemotherapy 44(9):2319-2316, 2000. U O’Mara E et al. BMS-232632: a summary of multiple dose pharmacokinetic, food effect and drug interaction studies in healthy subjects. Seventh Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, San Francisco, abstract 504, 2000. U Robinson et al. Two-drug combination studies on the protease inhibitor BMS-232632 on HIV-1 replication. 38th Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy, San Diego, abstract I-20, 1998. U Sanne I et al. Safety and antiviral efficacy of a novel once-a-day HIV-1 protease inhibitor, BMS-232,632: 24 week results from a phase II clinical trial. 40th Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy, abstract 671, 2000. U Squires K et al. 48-week safety and efficacy results from a phase II study of a once-daily HIV-1 protease inhibitor (PI), BMS-232632. Eighth Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, abstract 15, 2001. Problemi di farmacocinetica I problemi di produzione che le case farmaceutiche, prima e dopo, hanno trovato, riguardano le caratteristiche farmacocinetiche della molecola. Infatti Tipranavir viene metabolizzato tanto velocemente, da non consentire il raggiungimento di un livello terapeutico. Grazie a ritonavir, la clearance del farmaco viene notevolmente ridotta . Se somministrato da solo alla dose di 1350 mg la Cmin risulta minore di 1 micromole , se somministrato con RTV 500 mg la Cmin raggiunge le 50 micromoli. L’ importante aumento della biodisponibilità di tipranavir è correlata ad una drammatica diminuzione (5 volte meno) della AUC del Norvir. Non è ancora chiaro quindi il meccanismo di interazione tra i due farmaci e se vi siano competizioni solo sulle vie epatiche del Citocromo P450, sul sistema dei P 450 gastrointestinali o se si tratti di un’interferenza con le glicoproteine di trasporto plasmatiche. Durante la fase I/II l’attività di tipranavir con Ritonavir sul virus selvaggio (wild type) è stata importante. 15 giorni di monoterapia con tipranavair da solo o con ritonavir in pazienti naïve ha mostrato un’importante efficacia antivirale: 1200 mg di Tipranavir da solo hanno ridotto la viremia di 0,8 log, 300 mg di TPV e 200 mg di RTV l’ hanno diminuita di 1,4 log, 1200 mg TPV e 200 mg di RTV l’ hanno diminuita di 1,6 log. La diarrea è stato l’effetto colatele riportato, risoltosi in 4 settimane. DMP-681 e DMP-684 Si tratta di altri due IP, sviluppati da Du Pont Pharmaceuticals. La caratteristica di questi due composti sembra quella di essere attivi, in vitro, su ceppi altamente mutati sul gene della proteasi virale. La possibilità, quindi, che possano essere usati in pazienti altamente pretrattati con IP, potrebbe essere valida. Ceppi virali con mutazioni sui codoni 10, 63, 71, 82, 84 e 90 mostrano importanti cross resistenze a tutti gli IP compreso Kaletra , ma mostrano solo una parziale riduzione nella sensibilità a questi due composti. Studi su uomini sono previsti in Europa e USA per determinare la dose più efficace e le posologie più utili a garantire efficacia e tollerabilità. Sviluppi futuri I problemi di farmacocinetica stanno prolungando i tempi di studio sulle interazione con le altre molecole, che, chiaramente, risulterebbero indispensabili per creare valide terapie di salvataggio . Quindi BI ha preferito ricostruire il file di Tiprnavir ricominciando con gli studi di farmacocinetica su volontari sani. Tuttavia rimane ancora poco chiara la dose ottimale di Tipranavir/ritonavir che verrà sviluppata. Bibliografia U Erickson-Viitanen S et al. DPC 681 and DPC 684: resistance and cross-resistance profiles of second generation protease inhibitors. Eighth Annual Conference on Retroviruses, abstract 11, 2001. U 9 I nuovi farmaci in studio per l’ infezione da HIV Inibitori della Fusione Virale Si tratta di una famiglia nuova di farmaci capaci di inibire la fusione virale con i recettori cellulari usati come porte d’entrata del virus nelle cellule bersaglio T-20 e T1249 sono le prime due molecole sviluppate da Roche ed attualmente in fase III e I/II, rispettivamente di sviluppo. T-20 (Pentafuside) T- 1249 T-20 è in grado di bloccare la gp 41, proteina fondamentale per l’ancoraggio di HIV alla cellula bersaglio, E’ stata creata da Trimeris Pharmaceuticals, è anche conosciuta con il nome di pentafuside, Roche la svilupperà definitivamente e la produrrà. Attualmente T-20 è in fase III e le fasi preliminari ne hanno studiato l’efficacia e la tollerabilità . Uno studio ha valutato l’efficacia di T-20 in pazienti che avevano fallito indinavir, somministrando il nuovo faramco con EFV ed altri due IP. Questo farmaco , per quanto promettente , ha dei problemi importanti in termini di biodisponibilità. Essendo una molecola peptidica di grosse dimensioni, viene completamente distrutta durante i processi digestivi. L’unica via di somministrazione adeguata per ottenere livelli terapeutici ematici è l’iniezione sottocutanea. Gli studi TRI-001 e 003 hanno dimostrato che un’iniezione due volte al giorno di 100 mg, garantisce una buona soppressione virale. La diminuzione della viremia ha raggiunto i –2log in 14 giorni di monoterapia. T-20 tuttavia non è assolutamente facile da usare, si tratta di polvere solubile che deve essere mescolata in una soluzione di acqua sterile , solo una volta ben sciolta può essere iniettata a livello di sottocute ( braccia, addome, gambe ecc) L’iniezione deve essere eseguita ogni 12 ore e non è consigliabile preparare l’iniezione la mattina per la sera. Un ritardo anche di due ore potrebbe consentire la crescita rapida di resistenze virali. Nei bambini una dose di 60 mg/m2 , iniettata sottocute ogni 12 ore garantisce una buona efficacia antivirale (Kostel) anche se sui bimbi è più frequente assistere a reazioni cutanee nel sito di iniezione oltre a febbre e difficoltà nel respiro. La tollerabilità del farmaco nei bambini deve ancora essere studiata (Church). Si tratta di un altro inibitore della fusione in via di sviluppo. Come T-20, anche T-1249 ha come bersaglio la gp 41, bloccando l’ancoraggio di HIV alla cellula bersaglio. Anche T-1249 verrà prodotto da Roche ed. attualmente, ha superato la fasi di sperimentazione animale e sono iniziate le prime fasi di ricerca sull’uomo. Sebbene sia più facile che T–1249 abbia una diversa via di somministrazione, per il momento viene sperimentato via iniezione sottocute con dosi che vanno da 6.25 mg/die a 50 mg/die una o due volte al giorno. Mostrando un’emivita particolarmente elevata, la speranza è che il nuovo farmaco possa essere somministrato una o due volte la settimana. I primi studi di fase I/II mostrano una diminuzione di 1,3 log alla dose più elevata. Effetti collaterali Il solo effetto collaterale comunemente riportato è la reazione cutanea nel sito di iniezione. E’ presente nei 2/3 dei pazienti che hanno usato T20. La reazione può superare i 2 cm di diametro ed essere caratterizzata da un semplice pomfo ad un vero e proprio livido o nodulo che può permanere anche per più di 15 giorni. Molto raramente si sono sviluppati ascessi. Sul consenso informato per i pazienti vengono enfatizzati anche effetti collaterali sistemici quali nausea, vomito, alterazione della funzionalità epatica e della crasi ematica (anemia svera, diminuzione dei globuli bianchi) , un aumento del livello delle amilasi, disidratazione, alterato stato mentale, rischio di ictus, trombosi vascolare degli arti inferiore e/o splenica, reazione primaria da complesso immune. Tali effetti collaterali non sembrano mai essere stati riscontrati in vivo, tuttavia sono resi teoricamente possibili dalla creazione di complessi Antigene anticorpi scatenati dalla grossa molecola. Stato di sviluppo clinico Lo studio T-20-205 ha arruolato 71 pazienti con una storia antica di malattia e di uso di terapia antivirale. I dati alla 48 settimana sono stati presentati alla 13th International Conference on AIDS a Durban, tenutasi a Luglio 2000. Dopo 48 settimane 30 persone hanno interrotto il trattamento con T-20, aggiunto ad una terapia ottimizzata, seguendo i dati dei test di resistenza, o per volontario abbandono o per fallimento virologico. All‘intent-to-treat analysis di tutti I 71 pazienti, il 13% mostrava una carica virale inferiore alle 50 copie/ml, il 23% sotto le 400 copie/ml ed il 33% aveva ottenuto una riduzione di almeno 1 log dal base line. Da questo studio è emersa una buona tollerabilità del farmaco a parte una lieve moderata reazione cutanea nel sito di iniezione. Il 10% dei pazienti ha sofferto di effetti collaterali di grado 3 forse correlabili al T-20. Un altro studio di terapia di salvataggio con amprenavir/ritonavir/abacavir/efavirenz, con o senza T-20, aveva permesso il raggiungimento di una viremia inferiore alle 400 copie dopo 16 settimane in pazienti pretrattati con PI ed NNRTI naive. Lo studio di fase III attualmente in corso (T-20-302) cercherà di valutare l’efficacia di T 20 nelle terapie di salvataggio in Europa e in Australia. Pazienti con un ‘esperienza superiore ai 3 mesi a tutte e tre le classi farmacologiche ( o resistenti a tutte e tre le classi) potranno essere arruolati nello studio se avranno una viremia > 5000 copie/ml , attraverso un test genotipico e fenotipico verrà ottimizzata la terapia da aggiungere a T 20 o da usare da sola . 2/3 dei pazienti riceveranno T 20 e tutti coloro che nell’altro braccio, andranno incontro ad un fallimento virologico potranno aggiungere T-20 ad una nuova terapia riottimizzata sulla base dei test di resistenza. Lo studio T-20-301, sta studiando l‘efficacia di T 20 in terapia di salvataggio in USA, Canada e America Latina. Persone con più di 6 mesi di utilizzo di tutte e tre le classi antivirali ed almeno 2 IP o con una resistenza documentata a tutte e tre le classi di farmaci , con viremia superiore alle 5,000 copie/ml verranno arruolate. Si tratta quindi di uno studio simile al 302, ma svolto su pazienti più compromessi. Entrambi valuteranno i risultati dopo 48 settimane e arruoleranno circa 525 pazienti. Resistenze Le mutazioni selezionate da T20 non causano una diminuzione di sensibilità a T-1249. Stato della ricerca Nello studio T-1249-101 sono state arruolate 72 persone per valutare la dose migliore a cui somministrare T1249. Tutti i pazienti erano experienced ad almeno 10 antivirali, con più di 5000 copie di carica virale, dopo un periodo di washout (interruzione di terapie precedentemente in uso), sono stati randomizzati con dosaggi diversi del farmaco: 6,25mg una o due volte al giorno,12,5mg una o due volte al giorno, o 25mg una o due volte al giorno . Di 72 pazienti arruolati, 63 hanno ricevuto almeno una dose di T20 e 61 hanno terminato lo studio di 14 giorni in monoterapia. Il viral load basale era in media di 4.955.54 log, con una media di CD4 di 84-146 cell/mm3. Gli effetti collaterali denunciati sono stati (reazione nel sito di iniezione (40%); cefalea (11%); stanchezza (8%); febbre (8%); diarrea (6%). Alla dose di 6.25mg non si è notato nessuna risposta virologica; coloro che hanno assunto la dose più alta due volte al giorno hanno avuto l’effetto virologico maggiore con una diminuzione di 1,3 log tra i 10 ed i 14 giorni di terapia. Bibliografia U Eron J et al. A 14-day assessment of the safety, pharmacokinetics, and antiviral activity of T-1249, a peptide inhibitor of membrane fusion. 8th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, abstract 14, Chicago, February 4-8th, 2001. U Lambert DM et al. HIV-1 isolates from patients treated with T-20 are sensitive to the second generation fusion inhibitor T1249. Third International Workshop on HIV Drug Resistance and Treatment Strategies, San Diego, abstract 10, 1999. UMiralles GD et al. Baseline genotype and prior antiretroviral history do not affect virological response to T-1249. Antiviral Therapy 2001; 6(Supplement 1):4. U Sista P et al. The fusion inhibitors T-20 and T-1249 demonstrate potent in vitro antiviral activity against clade B HIV-1 isolates resistant to reverse transcriptase and protease inhibitors and non-B clades. Antiviral Therapy 2001; 6(Supplement 1):3. Resistenze La resistenza a T 20 emerge molto rapidamente ed è già in studio una molecola chiamata T-1249 capace di rispondere alle mutazioni sollecitate da T 20. Trattandosi di una classe completamente nuova, le mutazioni sui geni della TI e della proteasi non inficiano l’efficacia di questo farmaco. Bibliografia U Bolognesi D et al. Development and clinical evaluation of T-20: the first member of a novel class of anti-retroviral agents that inhibit membrane fusion. Seventh Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, San Francisco, abstract S16, 2000. U Church J et al Safety and antiviral activity of chronic subcutaneous administration of T-20 in HIV-1-infected children. Eighth Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, abstract 681, 2001. U Kilby JM et al. Potent suppression of HIV-1 replication in humans by T-20, a peptide inhibitor of gp41-mediated virus entry. Nature Medicine 4: 1302-1307, 1998. U Kostel B et al. Pharmacokinetics of selected doses of T-20, a fusion inhibitor, in HIV-1- infected children. Eighth Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, abstract 726, 2001. U Lalezari A et al. A controlled phase II trial assessing three doses of T-20 in combination with abacavir, amprenavir, low dose ritonavir and efavirenz in non-nucleoside naïve protease inhibitor experienced HIV-1 infected adults. Eighth Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, abstract LB 5, 2001. U Lalezari J et al. Forty-eight week analysis of patients receiving T-20 as a component of multi-drug salvage therapy. 13th International Conference on AIDS, abstract LBP116, Durban, 9-14 July 2000. U Lalezari J et al. Safety, pharmacokinetics, and antiviral activity of T-20 as a single agent in heavily pre-treated patients. Sixth Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, Chicago, abstract LB13, 1999a. U Lambert DM et al. HIV-1 isolates from patients treated with T-20 are sensitive to the second generation fusion inhibitor T1249. Third International Workshop on HIV Drug Resistance and Treatment Strategies, San Diego, abstract 10, 1999. U Miralles GD et al. Baseline genotype and prior antiretroviral history do not affect virological response to T-1249. Antiviral Therapy 2001; 6(Supplement 1):4. U Saag M et al. Potent suppression of HIV-1 replication in humans by T-20, a peptide inhibitor of gp41-mediated virus entry. Nature Medicine 4(11):1302-1307, 1998. U Sista P et al. The fusion inhibitors T-20 and T-1249 demonstrate potent in vitro antiviral activity against clade B HIV-1 isolates resistant to reverse transcriptase and protease inhibitors and non-B clades. Antiviral Therapy 2001; 6(Supplement 1):3. 10 Paola Nasta Resistenze L’anno scorso la rivista Delta pubblicò un esauriente articolo della D.ssa Paola Nasta sulle resistenze. In questo numero riteniamo utile riassumere i concetti già espressi in quanto il problema delle resistenze è di basilare importanza nel trattamento dell'infezione da HIV, mostriamo la tabella che riporta tutte le mutazioni genotipiche che conferiscono resistenza, un esempio di fenotipizzazione e uno di genotipizzazione. CHE COSA SONO LE RESISTENZE? Il virus dell'HIV si riproduce velocemente creando miliardi di nuove copie di virus ogni giorno. Nella propria riproduzione effettua alcuni errori e quindi ogni nuova generazione di virus è leggermente diversa da quella precedente. Alcuni di questi errori producono copie di virus difettose che non sono capaci di riprodursi ulteriormente e pertanto muoiono. Viceversa, anche se più raramente, alcuni cambiamenti nella struttura del virus possono migliorarne l'abilità di riprodursi anche in presenza di farmaci antiretrovirali. I virus che hanno la capacità di riprodursi nonostante la presenza dei farmaci si dicono resistenti a quei farmaci stessi. Si stima che ogni possibile errore riscontrabile nella struttura dell'HIV avvenga se la replicazione del virus non viene soppressa. Ciò significa che le basi di un virus resistente vengono costruite giorno per giorno e sono proprio quelle che produrranno il virus più resistente mentre si prendono i farmaci. Se non si prendono farmaci, la popolazione virale è influenzata solo dal virus con maggiore capacità di riproduzione. Quando si inizia una terapia combinata, si creano le condizioni per cui i virus resistenti ottengono un vantaggio competitivo sui virus sensibili ai farmaci. Il diagramma T1 spiega come si possa sviluppare la resistenza ai farmaci per l'HIV. La curva rappresenta la carica virale (quantità di virus nel sangue). Inizio del trattamento La carica virale scende con la scomparsa dell’HIV sensibile ai farmaci. farmaco sensibile Ma l'HIV resistente ai farmaci continua a moltiplicarsi nonostante la presenza del trattamento. Nel tempo, la crescita di tale virus può produrre un aumento della carica virale. farmaco resistente COME IL TRATTAMENTO INFLUENZA LE RESISTENZE Quando si prendono gli antivirali, l'HIV vulnerabile ad essi viene soppresso. Nel tempo, il virus HIV nel sangue muta ed include un po' alla volta virus sensibili ai farmaci e virus resistenti. I virus resistenti rappresentano il motivo per cui alcuni farmaci per l'HIV possono avere utilità limitata nel tempo. La carica virale, che normalmente scende quando si inizia il trattamento antiretrovirale, può risalire se emerge una popolazione di virus resistenti. E’ chiaro che lo sviluppo delle resistenze aumenta il rischio di malattie in seguito. E' importante ricordare che l'innalzamento della carica virale in presenza di trattamento è un segno del fatto che si sono prodotte resistenze ai farmaci. Comunque, è certo che la massima riduzione della carica virale produce benefici che si riferiscono alla salute e alla sopravvivenza. RESISTENZE CROCIATE La presenza di resistenze agli antiretrovirali che si stanno assumendo ha implicazioni che possono andare oltre il fallimento della terapia in corso. Ciò accade in quanto i virus resistenti ad un farmaco spesso sono resistenti ad altri farmaci della stessa classe. Potrebbe pertanto essere difficile cambiare schema terapeutico includendo farmaci non utilizzati in quanto potrebbero non riuscire a controllare la carica virale. Tale problema viene chiamato di "resistenze crociate" e sembra influenzare tutti i farmaci per l'HIV in maniera più o meno grave. Per esempio, se un soggetto diventa resistente ad uno dei farmaci non nucleosidici (Nevirapina, Efavirenz, Delavirdina) molto probabilmente è resistente anche agli altri due della stessa classe (nella tavola sulle mutazioni genotipiche, sono specificate le mutazioni primarie e quelle secondarie. 11 Resistenze I TEST DI RESISTENZA ED I LORO LIMITI Sono stati sviluppati dei test che misurano la resistenza del virus ai farmaci. Il fatto di poter oggi controllare se il virus di un paziente è o non è resistente ad un farmaco rappresenta un passo avanti nel trattamento antivirale. Ma vi sono ancora notevoli passi da effettuare per meglio comprendere il significato clinico di tali test i quali non sono ancora validati. Attualmente le linee guida di terapia suggeriscono di effettuare test di resistenza prima di iniziare la terapia e ogni qualvolta vi sia il dubbio che uno schema terapeutico stia fallendo, per poter suggerire al medico una strategia alternativa. IL TEST FENOTIPICO Questa metodica, invece, misura la quantità di farmaco necessaria per evitare che il virus si riproduca. La quantità di farmaco necessaria ad arrestare la riproduzione del virus aumenta con l'aumento della resistenza fenotipica. Ma, è evidente che il corpo umano non può aumentare a dismisura l'assunzione di un determinato farmaco per evitare la resistenza a causa delle tossicità che il farmaco stesso svilupperebbe. Esempio di test Fenotipico HIV-DRUG PHENOTYPING: HIV-1 pGEMHIVAGP ANTIVIROGRAMTM ANALYSIS IL TEST GENOTIPICO Questa metodica ricerca i cambiamenti nei geni dell'HIV associati allo sviluppo di resistenze. Ad esempio, il virus resistente al 3TC (Epivir) mostra sempre la mutazione genetica M184V. Questo significa che nel codone 184 (punto del gene del virus) si è verificata una mutazione negli aminoacidi che compongono il codone stesso (M rappresenta l'aminoacido prima della mutazione, V rappresenta l'aminoacido dopo la mutazione). La presenza di questa mutazione si associa alla resistenza ad un determinato farmaco. Esempio di test Genotipico HIV-1 GENOTYPING - VircoGENTM Report Ambedue le metodiche quindi mostrano limiti. Sono in corso numerosi studi clinici per meglio comprendere l'utilizzo di tali test. Il test genotipico è relativamente semplice, richiede pochi giorni e fornisce il dato sull'emergenza di una resistenza. Il test fenotipico, più complesso, lungo e costoso, fornisce una misurazione più diretta sull'effetto di un farmaco su un determinato virus. Il limite di questo test è dato dal fatto che un virus può mostrare resistenza ad un singolo farmaco, ma potrebbe essere sensibile ad una combinazione di farmaci (ART, HAART). Inoltre le resistenze potrebbero non essere l'unica ragione per cui un trattamento fallisce. Basta pensare allo scarso assorbimento individuale, alla mancata aderenza allo schema terapeutico, alle interazioni tra farmaci ecc.. Inoltre le resistenze non appaiono dopo un mese che non si assume più un determinato farmaco, ingenerando così un'interpretazione erronea. Pertanto il medico che deve interpretare tale informazione, dovrà avere a propria disposizione la storia dei trattamenti a cui è stato sottoposto il paziente per evitare di incorrere in un errore di questo tipo. Vi è da ricordare anche che tali test non sono attendibili se si ha un numero di copie inferiore alle 1000/ml. IL FENOTIPO VIRTUALE La Virco ha sviluppato di recente una nuova metodica detta del fenotipo virtuale. Attraverso il codice genetico di un campione di plasma si interroga un database di 50.000 fenotipi e genotipi basati sulle rilevazioni di altrettanti fenotipi reali con genotipi analoghi ottenendo così una estrapolazione statistica e quindi quantitativa delle resistenze del campione di plasma sottoposto ad analisi. Interessante visitare il sito www.vircolab.com per meglio comprendere tale metodica. Filippo von Schloesser 12 L’ADERENZA, fattore associato alla risposta ’aderenza è, senza ombra di dubbio, una delle tematiche emerse prepotentemente negli ultimi anni. Il ruolo del paziente, rispetto a quel 95% di aderenza, che sembra costituire il limite oltre il quale le garanzie di risposta al trattamento sembrano effettivamente maggiori, è evidente. L Finita la breve luna di miele postVancouver, le preoccupazioni relative agli effetti collaterali a lungo termine, le difficoltà di adesione a trattamenti complessi, da assumere senza interruzioni, probabilmente a vita, la selezione dei mutanti resistenti, la loro diffusione, ed il gran numero di persone che hanno iniziato a fallire il trattamento, per problemi di adesione o intolleranza al trattamento antiretrovirale, hanno stemperato l’entusiasmo dei primi anni post-HAART. Al momento attuale la carica virale viene tuttora considerata il principale marker surrogato, indipendentemente associato alla sopravvivenza ed al decorso della malattia , per determinare il successo del trattamento. L’obiettivo principale rimane dunque, fino a prova contraria, quello di sopprimere stabilmente la carica virale < 50 c/ml . Essendo l’aderenza un fattore direttamente associato alla risposta , la partecipazione attiva del paziente risulta un elemento cruciale. Esistono tuttavia diverse questioni ancora aperte.Oltre alla terapia direttamente osservata (DOT) non esiste, al momento, alcuno standard per la misurazione dell’aderenza. Attualmente, il sistema più utilizzato nella pratica clinica è l’aderenza “auto-riportata” dal paziente (SR). Sebbene l’uso del sistema SR tenda generalmente a sovrastimare l’aderenza , i molteplici vantaggi di questo approccio possono essere massimizzati utilizzando questionari più specifici, con domande che siano in grado di ridurre al minimo le interferenze dovute alla sensazione di un possibile giudizio da parte dell’intervistatore. Diversi studi hanno dimostrato che esiste una correlazione significativa tra aderenza SR e risposta virologica al trattamento . Tuttavia, la mancanza di uno strumento standardizzato per la misura dell’aderenza auto-riportato rende estremamente difficile confrontare i risultati degli studi sino ad ora pubblicati. Un dato interessante, è che la valutazione dell’aderenza riportata da medici ed infermieri non ha alcun valore predittivo. Uno studio ha dimostrato recentemente che, utilizzando come misura di confronto il conteggio “a sorpresa” del numero delle compresse rimaste , e il metodo MEMS , medici ed infermieri sovrastimavano o sottostimavano l’aderenza del paziente del 50% circa. Vale a dire che il personale medico avrebbe le stesse probabilità di valutare correttamente l’aderenza del paziente basandosi sulla propria opinione, oppure lanciando in aria una moneta. Purtroppo, il pregiudizio del medico, rispetto all’aderenza del paziente, può precludere l’accesso al trattamento, o a determinati regimi terapeutici, considerati troppo complessi, per i pazienti giudicati “potenzialmente non-aderenti”. Le evidenze dimostrano tuttavia che qualsiasi decisione basata sul solo giudizio del medico, non dovrebbe essere presa in considerazione rispetto alla decisione di rimandare, negare, o limitare le opzioni di trattamento. Esistono, ad esempio, numerosi studi che dimostrano come l’uso di sostanze illegali per via endovenosa non sia associato all’aderenza . Ciononostante, molti medici tendono a prescrivere trattamenti subottimali alle persone tossicodipendenti, o a restringere le opzioni terapeutiche, per un semplice pregiudizio, relativo alla capacità di adesione al trattamento. Sebbene l’adesione sia un comportamento multifattoriale, l’unico fattore, sino ad ora chiaramente associato alla scarsa aderenza al trattamento è la depressione. Le credenze del paziente rispetto all’efficacia del trattamento antiretrovirale, ed il rapporto con il medico curante, sembrerebbero essere un altro dei fattori associato all’aderenza . I pazienti che hanno fiducia nel proprio medico sembrerebbero avere, infatti, maggiori probabilità di aderire al trattamento; purtroppo la capacità di costruire un buon rapporto con il paziente sembra dipendere dallo stile personale del medico curante , e non dall’apprendimento di specifiche abilità relazionali e/o comportamentali, sulle quali sarebbe opportuno approfondire la ricerca, costruendo modelli di intervento efficaci e, soprattutto, riproducibili. Le preoccupazioni relative agli effetti collaterali, e la gestione dell’effetto collateralo “in atto”, le possibili interazioni farmacologiche (i.e. metadone o rimedi naturali), lo stile di vita e la necessità di adattare il trattamento ad ogni singolo paziente sono tutti fattori da affrontare, e risolvere, all’interno della relazione medico paziente. Le questioni ancora aperte rispetto alla misurazione dell’aderenza, l’impossibilità di identificare pazienti non-aderenti sulla base del solo giudizio dell’équipe curante, la caratteristica multifattoriale delle determinanti associate alla scarsa aderenza al trattamento, e la necessità di individualizzare gli interventi sull’adesione, dimostrano che ci non troviamo certamente di fronte ad una scienza esatta. Vale dunque la pena di accettare la complessità del problema, le infinite variabili individuali da tenere in considerazione, il valore del rapporto medico-paziente, e la necessità di coinvolgere il paziente nelle scelte relative al trattamento che dovrà poi assumere. Nel frattempo è necessario un consenso rispetto agli strumenti di misurazione dell’aderenza, che permetta di confrontare i risultati degli studi clinici, e di includere l’adesione tra le determinati da tenere in considerazione negli studi registrativi. Mauro Guarinieri membro del CAB ICONA 13 VACCINI più VICINI? a Seconda Conferenza Vaccine Development, tenutasi a San Juan, Porto Rico, dal 21 al 25 maggio scorsi, ha confermato lo sforzo che si sta effettuando nella ricerca di un vaccino per l'HIV. Scienziati di molti paesi coinvolti nello sforzo di trovare una soluzione definitiva all'infezione si sono incontrati per spiegare lo stato dell'arte delle proprie ricerche che ancora non hanno individuato una risposta univoca a tale sfida. USA, GB, Francia, Italia, Canada, Indonesia, Svizzera, Botswana, Belgio, Kenia, Australia, sono i paesi che hanno presentato risultati di questi anni di ricerca. La conferenza, ideata e organizzata da IAVI (International AIDS Vaccine Iniziative, associazione non profit) e da International Medical Press, è iniziata con la drammatica presentazione di Wayne Koff (IAVI) sui dati epidemiologici: 60 milioni di persone HIV+ nel mondo dall'inizio dell'epidemia, oltre il 95% colpiti nei paesi in via di sviluppo, 22 milioni di morti, 13 milioni di orfani, 10 infezioni al minuto.Il compito istituzionale di IAVI è quello di identificare nuove strategie per lo sviluppo di vaccini ed accelerare i candidati più promettenti verso risultati clinici utili all'uomo. Nonostante le ricerche in corso in tutto il mondo, Koff ha ricorda to che non è realistico contare su vaccini per i prossimi 8 anni sempre che gli studi in corso forniscano dati promettenti. L Molti ricercatori hanno individuato gli interrogativi a cui bisogna rispondere per potersi avvicinare ad una risposta scientificamente valida ed appropriata per creare uno o vari candidati da associare con l'obiettivo di eliminare definitivamente il flagello dell'AIDS. Ma la maggior parte degli studi presentati alla Vaccine Conference si riferisce a risposte ottenute su animali. Rhesus macacus, scimmie, ratti, conigli, sono state le parole più ricorrenti nei giorni di Porto Rico. Alcune delle strategie per lo sviluppo di un vaccino, finora indirizzate ai primati, indicano che anticorpi neutralizzanti e risposte citotossiche dei linfociti T (CTL) sono associati alla protezione dall'infezione e al miglioramento della malattia. L'involucro dell'HIV è composto da proteine poco immunogeniche e gli studi recenti hanno dimostrato che l'interazione tra la gp 120, gp41 e le cellule ospiti è complessa. Fino ad oggi nessuno dei vaccini candidati ha provato la propria capacità di sollecitare risposte a livelli umorali e cellulari alle proteine dell'HIV-1. Altro problema è quello della ricerca dei vettori. Finora, secondo L. Corey (University of Washington, Seattle, USA), i vettori competenti nella replicazione, come nei vaccini ricombinanti, e i vettori incompetenti nella replicazione, come il vaiolo del canarino, sollecitano risposte specifiche CTL. Pertanto strategie di vaccini combinati che contengano diversi tipi di vaccino, sono il modo migliore di affrontare lo sviluppo di un regime che fornisca risposte CTL e anticorpali. Ma il problema, adesso, secondo Corey, è capire quali sono i criteri per effettuare studi sull'efficacia. Anche RA Gruters (Erasmus Universitaat, Rotterdam, Olanda) centra la propria ricerca sulle risposte CTL, studiando in particolare la reazione delle proteine dell'involucro del virus. Secondo S. Rowland-Jones (John Radcliffe Institute, Oxford, GB), un vaccino efficace dovrebbe sollecitare una forte ed ampia risposta immunocellulare al virus. Nell'infezione vengono generate forti risposte CTL frequentemente supportate dalla secrezione di interferone gamma. In seguito però, la maggior parte dei pazienti smette di produrne progredendo verso l'AIDS. La Rowland-Jones si chiede dunque, quali siano i fattori chiave per cui si arrestano queste risposte interferone gamma nella persona HIV e per migliorare tale situazione con lo sviluppo di vaccini. Da questo punto di vista, lo sviluppo di nuove strategie si basa più sulla risposta immunitaria protettiva e cerca di capire che cosa si possa imparare dagli studi di donatori esposti ma apparentemente non infettati. M Mwau (John Radcliffe Institute, Oxford, GB), sostiene che è ormai chiaro che i volontari HIV+ rispondono ai peptidici gag HIV e agli epitopi gag e ciò significa che i peptidici codificati nel suo studio possono essere processati da cellule antigeniche, mentre gli HIV- non riconoscono i peptidici gag. 14 TIPI DI VACCINI Tra i più importanti che seguono i criteri citati, vi sono: 1 2 ALVAC (in sviluppo da Aventis - Pasteur): si basa su un virus chiamato il canarypox (vaiolo del canarino, innocuo sugli essere umani) nel quale sono stati inclusi frammenti di HIV. Vi sono attualmente 853 pazienti in studio di fase I con diversi vettori ed i primi risultati saranno resi noti nel corso del 2002. Vaccini DNA e MDA che utilizzano sequenze genetiche del sottotipo A. Questa tipologia uti- lizza l'idea di iniettare frammenti di DNA che non si replicano e non proteine (come AIDSVAX) o virus interi (come ALVAC). I vaccini DNA mirano a rinforzare una parte del sistema immunitario, cosiddetto delle cellule T killer, che attaccano il virus distruggendo le cellule che questo ha già infettato. 3 Particolare menzione merita lo studio della Merck, in fase I, che mira ad attaccare i geni dell'HIV ad un altro virus: l'adenovirus. Normalmente l'adenovirus causa raffreddore e influenza, ma in questo caso è neutralizzato. L'utilizzo di questo virus per trasferire i geni HIV nelle cellule, aumenta la quantità di cellule T killer che aggrediscono l'HIV. La Merck, nel suo studio, sta associando i due criteri: il primo rinforza il sistema immunitario con il vaccino DNA ed il secondo rinforza la risposta con l'adenovirus (ci si chiede se le persone con anticorpi all'adenovirus possano annullare l'efficacia del vaccino stesso). 4 Ha suscitato molto interesse anche la presentazione di J Lisziewicz e Franco Lori, del Research Institute for Genetic and Human Therapy di Washington. I ricercatori hanno presentato un vaccino transcutaneo DNA per l'induzione di risposte immunitarie T. Dopo aver sottoposto le scimmie a STI, hanno applicato un cerotto (il Dermavir) sulla pelle il quale induce risposte immunitarie T. Dopo l'immunizzazione con tale cerotto la carica virale delle scimmie è scesa durante i cicli di interruzione da una media di 4.292.260 a 200 copie/ml. I risultati mostrerebbero che vi sono speranze di indurre un controllo virale in qualsiasi momento dopo l'infezione con il retrovirus. Tale schema di vaccino DNA transcutaneo, secondo i ricercatori, potrebbe anche essere sviluppato per la prevenzione dell'infezione da HIV. 5 Vaccini chiamati “REPLICON” basati sul sottotipo C e sviluppati da ricercatori sudafricani in collaborazione con ALPHAVAX. Questo sistema chiamato replicon utilizza un virus VEE (Venezuelan Equine Encephalopathy) che avvolge completamente l'esterno del virus portando con sé il vaccino nelle cellule che il virus infetterebbe in modo da neutralizzarlo con materiale genetico che cresce nella cellula. L'idea base è quella di creare una forte risposta immunitaria. 6 7 8 9 Vaccini AAV (adeno-associated virus): sono vaccini che in questa fase di studio hanno utilizzato il virus SIV adottando un nuovo sistema di vettore basato su virus ricombinanti adeno-associati. L'AAV è un parvo virus non patogenico e ha replicazione difettosa. I vettori rAAV mancano dei geni AAV e consistono esclusivamente del gene d'interesse. Gli studi effettuati utilizzando questo criterio mostrano che gli animali immunizzati con una singola dose di rAAV/SIV hanno risposte antigeniche specifiche citotossiche T suggerendo che i vettori rAAV stimolano una forte risposta contro il SIV (P. R. Johnson, Children's Research Institute, Columbus, Ohio). Un criterio differente (G. K. Lewis. Divison of Research, Institute Of Human Virology, Biltmore, USA) è quello di creare un vaccino da assumere per via orale utilizzando il batterio della salmonella attenuato, che solleciti anticorpi ampiamente neutralizzanti oltre alle risposte cellulari CD8. La parte immunogenica in questi studi è fornita da una proteina chimerica a catena semplice creata collegando la gp120 con la D1D2 del CD4 umano. Tale immunogeno è definito come FLSC e cioè Full Lenght Single Chain Chimera. La creazione di questa molecola deriva da studi su macachi e la rende un candidato promettente nella strategia di studio prime-boost e di immunogenicità. Altro candidato a passare alla fase di studi sull'uomo è il vaccino ricombinante che contiene la gp120, l'antigene proteico di fusione NgTaT ed un adiuvante (ASO2A) che ha dimostrato la propria efficacia nella prevenzione della malaria. I componenti di tale vaccino sono stati studiati da GSK su gruppi di scimmie. Tutti gli animali immunizzati con la combinazione di gp120 e di proteine regolatorie hanno mantenuto il livello di CD4 e di carica virale stabili per oltre 18 mesi. Si prevede che GSK inizi gli studi sull'uomo con un vaccino sottocutaneo entro il 2001 in persone HIV- ed entro il 2002 in persone HIV+. Anche Aaron Diamone AIDS Research Institute di New York sta concentrando le proprie ricerche sullo sviluppo di un vaccino per l'HIV e valuta in modo comparativo le forme dell'involucro delle proteine HIV monomeriche (gp120) e oligomeriche (gp140) per la capacità che mostrano di indurre risposte anticorpali neutralizzanti. Gli studi, fatti in associazione con la Chiron (I.K. Srivastava), per il momento sono stati effettuati solo su conigli. essere sperimentati in combinazione, tali tempi su allungano ulteriormente. Altro ostacolo è certamente rappresentato dal fatto che i ricercatori dovranno dialogare ed intercambiare risultati ed opinioni. Queste le basi su cui si orienta la ricerca di vaccini preventivi e curativi per l'HIV, presentate alla Conferenza di Porto Rico, ma, come sottolineato da Wayne Koff, per lo sviluppo di un vaccino si necessitano altri 8 anni dal momento in cui vi sono evidenze di efficacia. Se si pensa poi che due o tre vaccini dovranno David Osorio 15 RIVISTA DI INFORMAZIONE SULL’HIV n.1 estate 2001 Terapie a passo di tango Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/c legge 662/96 Reg.Trib. Roma n.373 del 16.08.2001 Direttore Responsabile Filippo Schloesser Redazione Mauro Guarinieri Paola Nasta David Osorio Comitato scientifico recente Conferenza dell'IAS a Buenos Aires abbiamo assistito ad un vio Alentolla flusso di informazioni, spesso contraddittorie con quelle che ci venivano fornite fino a pochi mesi fa. o scenario sta mutando. E che stia mutando lo ha dimostrato anche Julio Montaner (medico argentino che lavora a Vancouver) il quale, all'apertura del Congresso di Buenos Aires ha dichiarato che start early, hit hard è una parola d'ordine superata. Suggerisce infatti di iniziare la terapia solo quando il paziente ha raggiunto il traguardo dei 200 CD4, per diminuire l'insorgenza di effetti collaterali (sic!) e per diminuire i costi (sic!). Vi ricordate quando il governo italiano diceva: lavorare poco, lavorare tutti? In questo caso si può tradurre in: curare meno, curare tutti. Montaner però non ha minimamente affrontato il problema della risposta individuale alla terapia. E se il paziente che inizia il trattamento a 200 CD4 non risponde subito e bene? O se, ad esempio, ha una reazione di ipersensibilità che lo allontana dalla terapia per un ulteriore periodo? Alcuni studi riportano che la migliore strategia terapeutica, quella a cui il paziente risponde meglio, è la seconda e non la prima. Ma un paziente con 200 CD4 e magari un rischio di intolleranza al primo schema terapeutico, può davvero aspettare il secondo senza rischiare di compromettere il proprio sistema immunitario in maniera irreversibile? Da anni i migliori medici e i più attenti ricercatori del mondo, tra cui molti italiani, ci hanno insegnato che la terapia antiretrovirale efficace si otteneva combinando molecole di classi diverse (PI+NRTI+NNRTI o 2NRTI+PI o 2NRTI+NNRTI). Anche qui lo scenario potrebbe cambiare in seguito allo studio CNA3014. Tale studio conclude che ABC+COM (3 NRTI) è equivalente a IDV+COM (2 NRTI+ PI) in pazienti non pretrattati e che garantisce una migliore aderenza (72% vs 45%). Ma tale studio (gli studi che utilizzano combinazioni di farmaci prodotti dalla stessa casa farmaceutica vengono detti incestuosi) era stato effettuato per studiare come migliorare l'aderenza in alcuni casi specifici. Ci auguriamo che il "take home message" sia molto cauto sui risultati di questo studio a 48 settimane. Infatti, qualsiasi combinazione a tre farmaci in pazienti non pretrattati funziona, ma poi? Quando dovesse fallire, quali altri NRTI avrebbe a disposizione il paziente per creare una combinazione? Solo il ddI. O qualcuno dei farmaci della combinazione, sempre che al paziente sia possibile effettuare un test di resistenze. Ma quanti pazienti in Italia hanno accesso ai test di resistenza? E' stato presentato un poster (il 342) elaborato dal San Matteo di Pavia. Anche tale studio mirava a diminuire le difficoltà degli schemi terapeutici. Si sono paragonati in uno studio di farmacocinetica l'assunzione di lamivudina (3TC, Epivir) una volta al giorno (QD 300 mg) e due volte al giorno (BID 150 mg) come attualmente prescritta. Lo studio non ha mostrato alcuna differenza significativa nei valori medi di concentrazione tra i due regimi di dosaggio. I livelli di AUC e trough erano rispettivamente più alti e più bassi. Anche in questo caso ci poniamo delle domande: come mai gli studi di farmacocinetica effettuati dall'industria farmaceutica nelle prime fasi non hanno evidenziato tale equivalenza che avrebbe semplificato la terapia? O forse era conosciuta, ma il 3TC BID facilitava l'immissione nel mercato del Combivir che comunque andava somministrato BID? Sono solo ipotesi, naturalmente. Abbiamo comunque assistito ad un numero sempre crescente di studi che tengono in conto i problemi del paziente, quali l'aderenza e gli effetti collaterali. Pochi sono gli strumenti per migliorare tali aspetti, ma almeno gli studi ne parlano… lo scenario sta proprio cambiando. Grazie IAS! Filippo von Schloesser 16 Dr. Ovidio Brignoli Dr. Raffaele Bruno Dr. Claudio Cricelli Francois Houyez (F) Dr. Martin Markowitz (USA) D.ssa Paola Nasta Dr. Filippo Schloesser Prof. Fabrizio Starace Dr. Stefano Vella Grafica e coord. editoriale Gianluca Longo Stampa Romagrafik - Roma Editore Nadir Onlus via Panama 88 - 00198 Roma [email protected] Hanno collaborato: Valentina Biagini Iuri Bedini Roberto Biondi Per ricevere una copia della rivista scrivere, ritagliare il riquadro e compilerlo in ogni voce e spedirlo al seguente indirizzo: Nadir Onlus, via Panama 88 - 00198 Roma nome ____________________________________________________ cognome ____________________________________________________ indirizzo ____________________________________________________ cap città _________ ___________________________________ pr ____ desidero ricevere copia del n° __________ del ______________ E' possibile iscriversi alla mailing list inviando una e-mail a: [email protected]. E' inoltre possibile inviare qualsiasi notizia alla redazione utilizzando l'indirizzo e-mail: [email protected] Il numero 1/2001 di DELTA è dedicato alla memoria di HECTOR PELLEGRINI architetto Buenos Aires, 14 settembre 1948 - 14 marzo 1994