1 ARTICOLI ORIGINALI Alla ricerca della “perfetta” compliance: un modello ottimale di gestione del programma sport-terapeutico – III Atto Luigi D’Andrea, Antonello D’Andrea, Paola Romano, Vittorio Panetta Centro di Cardiologia Preventiva A.S.L. NA 1, Napoli,Cattedra di Patologia Clinica, Università degli Studi “Federico II”, Napoli RIASSUNTO La compliance alla sport-terapia è necessaria per il successo dei programmi sia individuali sia comunitari. Le motivazioni alla partecipazione sono identificate e si sottolinea l’importanza del carattere estroverso od introverso nella interazione medico prescrittore/ tecnico somministratore e personalità del soggetto. Viene presentato il modello gestionale sperimentato dagli A.A., che prevede la collaborazione di due componenti: la medico-diagnostica con la tecnico-operativa. I tre tempi della prescrizione, somministrazione e controllo di efficacia sono intergrati da: 1) colloquio con il medico sul rapporto costo/benefici; 2) relazione interpersonale con il laureato in Scienze motorie sulle caratteristiche dell’allenamento; 3) colloquio con il laureato in Biologia sul rapporto dieta/esercizio fisico. Viene presentato il Questionario sulla compliance elaborato e sommnistrato, dal gennaio 2005 al dicembre 2006, a 100 ultraquarantenni presso centri benessere e/o palestre evidenziando la prevalenza del sesso femminile (79%) alla iscrizione, con una partecipazione del 66% ad 1 anno. La “percezione” del problema da parte degli operatori sanitari interessati alla somministrazione, conferma la prevalenza delle donne con una frequenza “percepita” del 60% ed una compliance del 67% “percepita” a distanza di 1 anno. Parole chiave: sport.terapia, compliance, modelli di gestione. INTRODUZIONE Uno dei problemi pratici maggiori che si incontrano nella programmazione sport-terapeutica in un adulto sedentario o in un cardiopatico stabilizzato e con anamnesi negativa per attività sportiva praticata in giovane età, è quello di ottenere il consenso e la complicità o compliance alla prescritta rivoluzione del suo stile di vita1-3. Esistono responsabilità dei singoli e della comunità sociale nel condizionare lo scarso interesse nella civiltà industrializzata per l’allenamento fisico. Le motivazioni alla partecipazione ai programmi sport-terapeutici, indicate in tabella 1, sono molteplici: Anche i più ottimistici studi però, evidenziano una relativamente bassa compliance ai programmi sport-terapeutici sia negli adulti sedentari apparentemente sani che nei cardiopazienti in corso di riabilitazione cardiologica; la Indirizzo per corrispondenza: Prof. Luigi D’Andrea C.so Europa, 72 - 80127 Napoli Tel/Fax 0817145205 Cell. 3356653414 E.mail: [email protected] percentuale di compliance varia dal 17% al 89% nel primo gruppo e dal 12% al 60% nel secondo (Fig. 1). Il motivo principale addotto per il drop out è la mancanza di tempo”, anche se spesso è evidente che il soggetto dispone di tempo libero. Una importante variabile della compliance è l’interazione tra la personalità del partecipante ed il leader del gruppo che si esercita o del medico prescrittore e supervisore del programma di allenamento. A nostro avviso è importante anche la convinzione del terapeuta nella bontà ed utilità del trattamento proposto, che dovrà essere disegnato al fine di ottenere il massimo rinforzo verso lo stile di vita attivo, quando sopravviene il disagio dell’allenamento ed il paziente deve scoprire le ricompense interne di un più attivo stile di vita. D’altro lato il miglioramento della compliance ai programmi di sport-terapia è utile, non solo per il successo dei trattamenti individuali, ma anche per migliorare il rapporto costi/benefici nei programmi comunitari. Infatti esiste un impatto positivo dell’incremento dell’attività fisica abituale sul costo delle cure mediche (sia per le malattie acute che per le croniche degenerative cardiovascolari e geriatriche) ed i calcoli del risparmio che si ottiene sono basati su 2 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 Fig. 1 – Compliance with exercise programs. Compliance ai programmi di esercizio fisico (R. J. Shepard. Sports Medicine 1985; 2: 348). una percentuale di partecipazione ai programmi di allenamento del 20%, percentuale che dovrebbe aumentare con più efficaci tecniche di reclutamento e con una migliore tecnica di sostegno della compliance all’esercizio fisico. La più importante variabile della compliance a nostro avviso, è l’interazione tra la personalità del partecipante ed il leader del gruppo che si esercita in particolare del medico prescrittore e del tecnico somministratore del programma di allenamento. Deve essere sottolineata, secondo noi, l’importanza della “convinzione” del terapeuta sulla bontà ed utilità del trattamento, che deve essere disegnato su misura (tailored sport-therapy) per ottenere il massimo rinforzo verso lo stile di vita attivo quando sopravviene il disagio dell’allenamento ed il paziente deve scoprire le ricompense interne di un più attivo stile di vita1-5. Noi riteniamo che si possa descrivere la Triade delle tre “M” (Medico, Malato, Malattia) che caratterizza le componenti che interagiscono nella realizzazione di una perfetta compliance. La natura della malattia influenzerà la compliance in relazione alla ripercussione dei sintomi e segni patologici sulla qualità di vita (sulle sue componenti somato-fisiologiche, psicologiche, sociali). Le caratteristiche psicologiche del malato condizioneranno un atteggiamento diversificato in relazione al carattere estroverso od introverso del soggetto. Nella nostra espe- Tab. 1 – Questionario sulla percezione del ruolo delle Linee Guida Tab. 2 – Comportamenti differenziali in relazione al carattere estroverso e introverso Estroversi Comportamenti Introversi ITEM 1 Favoriscono comportamenti basati su “efficacia” ed “efficienza ↓ Autovalutazione e monitorizzazione di segni e sintomi ↑ ITEM 2 Mortificano l’autonomia e la libertà decisionale ↓↑ Rispetto della prescrizione medicamentosa: posologia e schema di somministrazione ↑ ↓↑ Rispetto della prescrzione non farmacologica: dieta, abolizione del fumo, riduzione dello stress ↑ ↓↑ Rispetto degli appuntamenti ai controlli medici ↑ ↓↑ Autocontrollo del trattamento farmacologico: diuretici, anticoagulanti, ACE inibitori, ecc. ↑ ↓↑ Autocontrollo del trattamento non farmacologico: controllo del peso, restrizione del sale, esercizio fisico ↑ ITEM 3 Sono strumenti di tutela della professionalità ITEM 4 Impoveriscono il ragionamento clinico ITEM 5 Migliorano l’assistenza ITEM 6 Provocano medicina di basso profilo ITEM 7 Diminuiscono i costi dell’assistenza medica ITEM 8 Aumentano i costi per inserimento di procedure scientifiche sequenziali per problemi minori risolvibili con “arte e senso clinico” Il simbolo ↓ significa atteggiamento negativo ed il simbolo ↑ atteggiamento positivo L D’Andrea, A D’Andrea, P Romano, V Panetta – Alla ricerca dela “perfetta” compliance… rienza i soggetti estroversi con le caratteristiche psicologiche degli Highlanders (immortali) sono i più resistenti nell’accettazione passiva del programma sport-terapeutico, mentre i soggetti introversi, presentano una migliore accettazione delle raccomandazioni (Tab. 2, dati non pubblicati). I medici possono rappresentare il maggiore ostacolo ad una perfetta compliance quia mali, quia mala, quia male (Fig. 2). IL NOSTRO MODELLO DI GESTIONE: DALLA “INTUIZIONE” FISIOPATOLOGIA ALLA “REALIZZAZIONE” SUL TERRITORIO L’équipe da noi proposta e sperimentata nel nostro Centro di Cardiologia Preventiva e dello Sport, dal 2000 ad oggi, è costituita dalle seguenti figure professionali che costituiscono una “doppia anima” che integra la componente medico-diagnostiva con la componente tecnico-operativa: A. 2 Medici, specialisti in Cardiologia e Medicina dello Sport, esperti di Eco-cardiografia ed Ergometria in Cardiologia dello Sport; B. Laureta in Scienze motorie, specialista in Attività Motoria Adattata e Master in Sport-terapia; C. Biologo, specialista in Patologia clinica, esperto di Bioenergetica Muscolare; D. Tecnico di cardiologia, esperto di cicloergometria. 6, 7. La dotazione strumentale del nostro Centro integra quella prevista dalla Giunta Regionale Campania con: – Ecocardiografo; – Sistema per il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa; – Sistema per il monitoraggio elettrocardiografico secondo Holter e per lo studio dei potenziali tardivi; – Cicloergometro a freno elettromagnetico. Tutti i soggetti da inserire in un programma sport-terapeutico sono sottoposti ad una serie di accertamenti integrati in tre tempi: I° tempo: la prescrizione II° tempo: la somministrazione III° tempo: controllo di efficacia periodico. 3 Il sostegno alla migliore compliance è ottenuto con una serie di accorgimenti8-12: I. Colloquio con il Medico prescrittore, il quale espone con chiarezza: a. i benefici derivanti dalla sport-terapia; b. i rischi legati ad eventuali controindicazioni cardiologiche, metaboliche, neuro-sensoriali, osteoarticolari; c. gli svantaggi che scaturiscono dalla non partecipazione al programma. II. Relazione inter-personale con il laureato in Scienze Motorie, che illustra le caratteristiche biomeccaniche del programma, rendendolo il più adatto alla cultura, ai bisogni, alle caratteristiche antropometriche e funzionali del soggetto, ai suoi eventuali precedenti sportivi, alle sue preferenze nei riguardi delle attività fisiche, al comportamento motorio durante la prova cicloergometrica, elaborando un adatto supporto “emotivo”, che superi il disagio iniziale, legato all’ansia da prestazione. III. Colloquio con il laureato in Scienze Biologiche, che chiarisca il costo energetico dell’esercizio proposto e le sue relazioni con l’introito calorico dietetico. La nostra équipe multidisciplinare elabora il programma sport-terapeutico “su misura” valutando: – i punti di vista e le preferenze del paziente; – la comprensione del partner e del nucleo famigliare; – la durata, la convenienza, i costi, l’accessibilità e gli orari; – le caratteristiche demografiche e personali. Le due “anime” dell’équipe: quella medico-diagnostica e quella tecnico-applicativa si impegnano: – per una chiara comunicazione; – per un supporto emotivo che possa alleviare i sentimenti di paura ed ansia da prestazione nei riguardi dell’esercizio fisico; – per un programma “fattibile” e “compatibile” con i valori del paziente, le sue preferenze, i suoi bisogni culturali, sociali ed economici; – per una integrazione del programma sport-terapeutico con la dieto-terapia e con la farmaco-terapia, assicurando la continuità assistenziale senza transizione tra una cura e l’altra, tra uno specialista e l’altro. Fig. 2 – Le tre “M” dei Medici. Mali: non conoscono o non sono aggiornanti sulla fisiopatologia dell’esercizio e/o sulla prescrizione dell’esercizio fisico in ambito cardiologico come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, efficace ed a basso costo, approvato nel Documenti di Consenso delle principali Società Scientifiche Nazionali ed Internazionali. Mala: non prescrivono il programma di sport-terapia più adatto (in door et out door, in qualità ed in quantità personalizzata al caso specifico). Male: somministrano il programma sport-terapeutico secondo uno schema di allenamento meno adatto e senza nessun sostegno alle difficoltà psicologiche, ambientali e sociali. 4 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 Il nostro motto è: – evitare errori per eccesso di valutazione (Sindrome di Ponzio Pilato); – evitare errori per difetto di valutazione (Sindrome di Cristo Supremo Giudice); – evitare la peregrinazione dissennata tra i vari specialisti ( Sindrome del doctor shopping). IL QUESTIONARIO SULLA COMPLIANCE ALLA SPORT-TERAPIA Abbiamo elaborato un Questionario per la valutazione della Compliance alla Sport-terapia utilizzabile per la popolazione sana sedentaria e prevalentemente applicabile a soggetti affetti da patologie croniche e degenerative (Tab. 3). Il Questionario sulla Compliance, somministrato all’inizio e dopo un programma di sport – terapia effettuato sul territorio, oltre ai dati anagrafici del paziente (Nome, Cognome, sesso, età) prende in esame sia i diversi parametri che caratterizzano la capacità funzionale di un soggetto sedentario o affetto da patologia cronica degenerativa (dati di laboratorio e dati cardiologici), sia le caratteristiche pscicologiche-motivazionali (motivazioni) ed il tipo di esercizio fisico che si preferirebbe utilizzare come sport-terapia (programma di sport-terapia desiderabile). Il Questionario si conclude cercando di definire la volontà del paziente, protratta nel tempo, alla pratica di un programma di esercizio fisico, cercando di evidenziare e far descrivere le motivazioni causali e/o temporali di un’eventuale interruzione al proseguimento del programma stesso; in altre parole, di chiarire le cause principali della cosiddetta non-compliance alla sport-terapia13,14. Abbiamo pensato di testare il nostro Questionario sulla Compliance alla Sport-terapia somministrandolo ad un campione di 100 ultra-quarantenni con età media 56 ± 7 presso diversi Centri-Benessere e/o palestre (79% femmine e 21% maschi), da gennaio 2005 a dicembre 2006. I dati raccolti dimostrano che le donne sono sia in prevalenza (79% del campione, Fig. 3) sia i soggetti più rispettosi delle caratteristiche e della durata del programma. In particolare il 66% dei soggetti di sesso femminile prosegue la sport-terapia dopo un anno dalla prescrizione, contro il 18% dei maschi (Fig. 4). Per verificare la percezione del problema da parte degli operatori sanitari interessati nella somministrazione dei programmi sport-terapeutici, abbiamo inoltre intervistato 32 laureati in Scienze Infermieristiche e/o in Scienze Motorie, iscritti al XV Congresso Nazionale ANCE – Cardiologia del Territorio in Roma (ottobre 2005), durante un dibattito interattivo sul tema “Farmaci e Sport-terapia alleati nella lotta alle dislipidemie”. I soggetti erano un campione rappresentativo delle Regioni italiane (4 del Lazio, 10 del Piemonte, 6 della Sardegna, 4 dell’Abbruzzo, 2 della Lombardia, 2 della Calabria, 2 della Toscana, 2 delle Marche). Tab. 3 – Questionario Compliance alla Sport-terapia Nome: _________________ Cognome _________________ Età _____________ M/F Abitudine al fumo: SI NO Peso (Kg): _____ Altezza (cm) ______ B.M.I.: ___________ DATI DI LABORATORIO Ultimo valore della glicemia: Normale .......................... Anormale ........................ Ultimo valore della colesterolemia totale: ...................... Ultimo valore del colesterolo HDL: ................................ Ultimo valore dei trigliceridi: .......................................... mg% mg% mg% mg% mg% DATI CARDIOLOGICI Ultimo valore pressione arteriosa ___________________ Ultimo E.C.G.: Normale SI NO Anormale Aritmia cardiaca SI NO Danno miocardio SI NO Ipertrofia miocardica SI NO Pregresso infarto SI NO MOTIVAZIONI Precedenti sportivi: SI (Quale sport?) _____________ NO Carattere: Estroverso Introverso Grado di autostima: Insufficiente Sufficiente Desiderio di socializzazione Prescrizione medica: SI NO PROGRAMMA DI SPORT-TERAPIA DESIDERABILE Camminare: jogging, marcia in piano SI NO Nuotare: nuoto di fondo, in piscina SI NO Pedalare: ciclismo in pianura SI NO Sciare: sci di fondo SI NO Vogare: voga longa SI NO Da quanti anni pratichi programmi di esercizio fisico? ______ Hai mai smesso? SI NO Perche’?_________________________________________ ________________________________________________ Quando? ________________________________________ L D’Andrea, A D’Andrea, P Romano, V Panetta – Alla ricerca dela “perfetta” compliance… 5 Fig. 3 – Frequenza in Centri Benessere e palestre. Fig. 4 – Aderenza al programma di sport-terapia dopo un anno dalla prescrizione. Fig. 5 – Frequenza “percepita” da operatori sanitari. Fig. 6 – Compliance “percepita” da operatori sanitari. Venivano posti 2 quesiti: 1) I Centri di benessere fisico e/o palestre protette sono frequentati in prevalenza da uomini o donne? 2) A distanza di un anno dalla iscrizione, chi continua a frequentare i suddetti Centri? A maggioranza assoluta, gli intervistati hanno indicato il sesso femminile prevalente ed interessato, con maggiore compliance, a distanza di un anno, ai programmi di sportterapia rispetto al sesso maschile (Figg. 5 e 6). Tutti i dati riferiti rappresentano la nostra esperienza-pilota e saranno ulteriormente verificati, validati ed arricchiti con una adeguata valutazione statistica con il procedere della esperienza sul campo della nostra équipe multidisciplinare sport-terapeutica nella prevenzione e riabilitazione cardiologica a lungo termine. BIBLIOGRAFIA: 1. D‘Andrea L. La vocazione preventiva e riabilitativa della cardiologia dello sport. L’informaz. Cardiol. 1992; 2: 26-30. 2. D’Andrea L. La prescrizione sport-terapeutica per la qualità di vita del cardiopatico ischemico. Int J Sports Cardiol 1993; 2: 201-204. 3. D’Andrea L, D’Andrea A. Possiamo prescrivere al cardiopatico stabilizzato un’attività non protetta in palestra? Int J Sports Cardiol 1999; 8: 173-179. 4. Guiducci U, D’Andrea L. Prescrizione dell’esercizio fisico nel soggetto sano e nel cardiopatico: principi generali. Consensus Task Force Multisocietaria Med Sport 2006; 59: 209-13. 5. American College of Sports Medicine (A.C.S.M.). A.C.S.M.’s Guidelines for Exercise Testing and Prescription. Baltimore, MD: Williams and Wilkins 1995. 6. D’Andrea L., D’Andrea A, Romano P, Panetta V. The right times of sport-therapeutical programme: cycloergometric schedule for “prescription”. J Sports Cardiol in press 2007. 7. D’Andrea L, D’Andrea A, Romano P, Panetta V. Exercise prescription in Cardiology (E.P.I.Card) as sport-therapy: from “intuition” to territorial “reality”. Ital J Practice Cardiol 2007; 1: 60. 8. Miller NH, Hill MN, Kottke T, Ockene IS. The multilevel compliance challenge: recommendations for a call to action. A statement for healthcare professionals. Circulation 1997; 95: 1085-90. 9. Burke LE, Dunbar-Jacob JM, Hill MN, Hill MN. Compliance with cardiovascular disease prevention strategies: a review of the research. Ann Behav Med 1997; 19: 239-63. 10. Oldridge NB. Compliance and dropout in cardiac rehabilitation. J Cardiac Rehab 1984; 4: 166-77. 11. Epstein LH, Cluss PA. A behavioural medicine prospective on adherence to long-term medical regimens. J Consult Clin Psycol 1982; 50: 950-71. 12. Sotile WM, Sotile MO, Ewen GS, Sotile LJ. Marriage and family factors relevant to effective cardiac rehabilitation: a review of risk factor literature. Sports Med Training Rehabil 1993; 4:115-28. 13. Donavan JL, Blake DR. Patient non- compliance: deviance or reasoned decision-making? Soc Sci Med 1992; 34: 507-13. 14. Andrew GM, Oldribdge NB, Parker JO et al. Reasons for dropout from exercise programs in post-coronary patients. Med Sci Sports Exerc 1981; 13: 164-8. 6 Extrasistolia sopraventricolare e idoneità sportiva Daniele D’Este Unità Operativa di Cardiologia, Ospedale Civile di Dolo (Venezia). Le extrasistoli sopraventricolari sono di frequente riscontro in una popolazione di atleti. In questi soggetti l’ECG dinamico secondo Holter evidenzia battiti ectopici sopraventricolari isolati, per lo più meno di 250 nelle 24 ore, in oltre il 30% dei casi e aritmie atriali più complesse (battiti ripetitivi, brevi runs di tachicardia atriale) in circa il 3% dei soggetti 1 . Quando invece si esamini con ECG dinamico una popolazione di atleti sintomatici per cardiopalmo oppure con aritmie atriali documentate o ancora con patologia cardiovascolare acquisita o congenita, la probabilità di osservare aritmie atriali aumenta considerevolmente. In una popolazione di atleti così selezionata Caselli e coll.2 osservarono all’ECG dinamico battiti ectopici sopraventricolari in circa il 60% dei casi. Una percentuale non trascurabile (oltre lo 8%) di questi soggetti presentava battiti ectopici sopraventricolari frequenti (>100/24 ora) isolati e oltre il 9% forme complesse, intese come battiti ripetitivi non occasionali o brevi runs di tachicardia sopraventricolare o di fibrillazione atriale. È opinione comune, suffragata dalla esperienza personale ed espressa anche nei protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 2003 (COCIS 2003) 3 che, in un soggetto asintomatico e con cuore normale all’esame obiettivo, il semplice riscontro ad un ECG di base, peraltro normale, di battiti prematuri sopraventricolari isolati, sporadici e che non aumentano con lo step test non deve rappresentare motivo di non idoneità. Al contrario, quando i battiti sopraventricolari siano molto frequenti (un limite arbitrario ma plausibile potrebbe essere 100/ora) e soprattutto quando si evidenzino delle forme complesse come sopra definite (battiti ripetitivi non occasionali, brevi runs di tachicardia sopraventricolare o di Indirizzo per corrispondenza: Daniele D’Este Unità Operativa di Cardiologia, Ospedale Civile di Dolo (Venezia) Riviera XXIX Aprile, 2 30031 Dolo (Venezia) Tel 0415133332 e-mail: [email protected] fibrillazione striale) è opportuna una valutazione più approfondita volta ad escludere una patologia organica, specialmente se il soggetto è sintomatico per cardiopalmo. Le indagini hanno in questo contesto due fondamentali obiettivi: 1) escludere la presenza di una patologia strutturale cardiaca; 2) valutare il rapporto tra l’esercizio fisico e la comparsa delle aritmie; 3) escludere che le aritmie osservate all’ ECG di base o durante la registrazione Holter siano l’epifenomeno di aritmie sopraventricolari “maggiori” (in particolare tachicardia atriale, flutter e fibrillazione atriale e tachicardie parossistiche sopraventricolari) o di una malattia del nodo del seno. Quanto al primo punto, una delle patologie che più spesso si associa alle aritmie atriali complesse è il prolasso mitralico, in cui aritmie sopraventricolari sono descritte in percentuale variabile dal 3 al 32% 4. Altre forme di cardiopatia congenita o acquisita sono descritte da Caselli e coll 2 in circa il 4% dei soggetti con battiti prematuri atriali. Va inoltre presa in considerazione la eventualità, anche se rara, che alla base di questo reperto vi possa essere una patologia infiammatoria (miocardite o pericardite) che perciò deve essere ricercata con attenzione. Quanto al secondo e al terzo punto, un test ergometrico massimale potrà chiarire se lo sforzo possa svolgere il ruolo di “trigger” delle aritmie osservate in condizioni basali e soprattutto se l’esercizio favorisca l’innesco di tachicardie o tachiaritmie sostenute. Un ECG dinamico, qualora non fosse stato già eseguito, potrà fornire informazioni sulla funzione del nodo del seno, per escludere una malattia atriale con sindrome bradicardia-tachicardia, e, specie se prolungato per 48 ore, può consentire di evidenziare eventuali forme aritmiche atriali “maggiori”. A questo proposito va ricordato che in molti casi di fibrillazione atriale parossistica si riscontrano, all’ ECG basale o all’ECG dinamico, battiti ectopici atriali con aspetto “P on T” che spesso originano dalle vene polmonari (specialmente quelle superiori) e che rappresentano il “trigger” della fibrillazione atriale 5. Infine, in casi selezionati, si potrà prendere in considerazione anche l’esecuzione di uno studio elettrofisiologico transesofageo o endocavitario D. D’Este – Extrasistolia sopraventricolare e idoneità sportiva che, soprattutto nei soggetti sintomatici per cardiopalmo sostenuto, rappresenta il “golden standard” e possiede una elevata sensibilità e specificità 6. La nostra personale esperienza 7 riguardante soggetti con aritmie atriali praticanti attività sportiva si riferisce ad una analisi condotta su oltre 5000 soggetti sottoposti a visita medica per idoneità allo sport nel corso dell’anno 2001 presso il centro di Medicina dello Sport dell’Ospedale di Noale. In 15 di essi (0.3%), di età compresa tra 18 e 45 anni, l’ ECG basale evidenziò battiti prematuri sopraventricolari frequenti o complessi. Solo uno di essi era sintomatico per cardiopalmo extrasistolico e nessuno lamentava episodi di cardiopalmo sostenuto. In uno di questi soggetti, asintomatico, l’ ECG basale mostrava una preeccitazione ventricolare da via anomala atrio-ventricolare tipo Kent. Un successivo ECG dinamico evidenziò alcuni runs di tachicardia atriale a frequenza non elevata condotti esclusivamente attraverso il nodo atrio-ventricolare. La stessa aritmia, non sostenuta, venne riprodotta con la stimolazione atriale transesofagea che consentì inoltre di definire la via anomala come non a rischio potenziale. In un altro di questi soggetti l’ecocolordoppler cardiaco evidenziò la presenza di un lieve prolasso della valvola mitrale. Un terzo soggetto presentò durante il test da sforzo massimale, in fase di recupero, un breve run di fibrillazione atriale con QRS stretto e venne perciò avviato all’esecuzione di una stimolazione atriale transesofagea che consentì di indurre, durante sforzo, un episodio non sostenuto di tachicardia sopraventricolare verosimilmente da rientro attraverso una via anomala occulta a frequenza di poco superiore a quella spontanea e soggettivamente non avvertito. Negli altri soggetti le ulteriori indagini risultarono sostanzialmente negative. Va sottolineato che tutti questi soggetti, compresi quelli con una qualche evidenza di patologia, vennero peraltro giudicati idonei allo sport e non presentarono problemi di rilievo nel successivo follow-up. Questi dati confermano dunque che le extrasistoli sopraventricolari numerose o complesse non rappresentano di norma un problema per l’attività sportiva e ribadiscono che nella maggior parte dei casi esse non sono associate a una patologia evidenziabile con le comuni indagini strumentali (ECG, Holter, test ergometrico). Considerata, dunque, la scarsa rilevanza clinica delle extrasistoli atriali complesse e l’esiguo numero di soggetti con queste caratteristiche che giunge poi all’esecuzione di uno studio elettrofisiologico, sono rari, per non dire assen- 7 ti, gli studi sistematici volti a studiare il substrato elettrofisiologico di queste aritmie nei soggetti in cui non vi sia alcuna anomalia strutturale cardiaca né sia evidente una patologia elettrofisiologica (ad esempio una malattia del nodo del seno o una preeccitazione ventricolare). Alcuni anni fa il nostro gruppo ha pubblicato dei dati al riguardo 8, utilizzando come strumento di indagine elettrofisiologica la stimolazione atriale transesofagea. In quell’occasione vennero sottoposti a stimolazione atriale transesofagea 18 soggetti di età compresa tra 15 e 33 anni con battiti prematuri sopraventricolari complessi riscontrati all’ECG basale e/o durante test da sforzo e/o durante registrazione dell’ ECG dinamico per 24 ore, individuati tra un campione di 2061 soggetti esaminati dal Centro di Medicina dello Sport di Noale nel corso del 1991, escludendo però dalla indagine i soggetti con anomalie riconoscibili sulla base dell’ECG, dell’Holter e dell’ecocardiogramma (soprattutto preeccitazione ventricolare, bradicardie significative, prolasso mitralico ed altre anomalie ecocardiografiche maggiori o minori). 8 di questi soggetti erano sintomatici per cardiopalmo a riposo (6 soggetti) o durante esercizio (2 soggetti). Come gruppo di controllo vennero utilizzati 15 soggetti della stessa età con ECG basale, ECG dinamico, test da sforzo ed ecocardiogramma normali, ma nei quali la stimolazione transesofagea venne eseguita per sospetta (e successivamente esclusa) preeccitazione ventricolare (9 soggetti), per sincope (2 soggetti), per cardiopalmo durante sforzo (2 soggetti), per sospetta (e successivamente esclusa) malattia del nodo del seno (1 soggetto). In tutti i soggetti del gruppo in studio la funzione del nodo del seno risultò normale, mentre in 9/18 la curva di funzione del nodo A-V risultò compatibile con la presenza di una doppia via nodale. In 3 casi (tutti con doppia via nodale) il protocollo per la valutazione della vulnerabilità atriale indusse una fibrillazione atriale non sostenuta. I 2 soggetti sintomatici per cardiopalmo da sforzo, e con studio transesofageo basale negativo, vennero anche sottoposti a stimolazione durante esercizio che consentì di diagnosticare in entrambi la presenza di una tachicardia da rientro attraverso una via anomala occulta. Nel gruppo di controllo la funzione del nodo del seno risultò in tutti normale, mentre la presenza di una doppia via nodale venne identificata in solo un soggetto. Nei soggetti di questo gruppo il protocollo per la valutazione della vulnerabilità atriale indusse una fibrillazione atriale sostenuta in 3 casi, e in particolare in entrambi i soggetti sottoposti allo studio per cardiopalmo da sforzo. 8 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 Complessivamente dunque, lo studio transesofageo evidenziò una qualche anomalia in 10/18 (55.5%) dei soggetti con extrasistoli atriali complesse e in 4/15 (26.6%) dei non aritmici. Questi dati suggeriscono che, quando si escludano altre cause strutturali, le extrasistoli sopraventricolari complesse possano in qualche modo essere correlate con la presenza di una doppia via nodale o, meno spesso, di una via anomala occulta atrio-ventricolare. Ma, soprattutto, queste osservazioni suggeriscono di valorizzare non solo e non tanto la presenza di extrasistoli atriali complesse quanto invece in modo particolare il sintomo cardiopalmo da sforzo. Infatti, in tutti e 4 i soggetti di entrambi i gruppi che riferivano questo sintomo la stimolazione transesofagea indusse aritmie sostenute (tachicardia parossistica sopraventricolare o fibrillazione atriale). BIBLIOGRAFIA 1. Notaristefano A, Notaristefano S: Criteri di idoneità alle diverse forme di attività sportive. In: Trattato di Cardiologia. Excerpta Medica Milano, 2000 vol. 3:29272946 2. Caselli G, Biffi A, Spataro A et al.: The “epidemic” of arrhythmias in sports cardiology: emotional and rational messages. Int J Sports Cardiol 1992:1:15-18 3. Comitato Organizzativo Cardiologico per l’Idoneità allo Sport (COCIS). CESI Roma, 2003:35 4. Panebianco R, Coplan NL: Atrial arrhythmias in athletes. Am Heart J 1994;127:471-474 5. Jais P, Haissaguerre M, Shah DC et al. : A focal source of atrial fibrillation treated by discrete radiofrequency ablation. Circulation 1997;95:572-576 6. Santini M, Ansalone G, Cacciatore G, Turitto G: Transesophageal pacing. PACE 1990;13:1298 7. D’Este D, Noventa D, Merlo L, Sarto P: dati personali non pubblicati 8. D’Este D, Noventa D, Meneghello MP: Sudio elettrofisiologico transesofageo in giovani sportivi con aritmie ipercinetiche sopraventricolari complesse. Int J Cardiol 1994;3:155-160 9 Studio mediante ecocardiocolordoppler negli atleti di endurance. Esperienza personale. Luigi Ferritto Dipartimento di Medicina Generale; Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport; Clinica “Athena” Villa dei Pini, Piedimonte Matese (CE). RIASSUNTO INTRODUZIONE: Gli intensi allenamenti a cui si sottopongono gli atleti agonisti portano a dei cambiamenti strutturali del cuore. Il nostro studio propone la valutazione, mediante ecocardiocolordoppler, della morfologia e della funzionalità cardiaca negli atleti di endurance. MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati nello studio un gruppo di 16 atleti di endurance (età tra 24 e 37 anni), praticanti intensa attività fisica, e un gruppo di 16 soggetti sedentari (età tra 26 e 37 anni). Abbiamo valutato il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, il diametro atriale sinistro e la funzionalità delle valvole cardiache. RISULTATI: Nel gruppo degli atleti il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro, il diametro atriale sinistro e il riscontro di rigurgiti valvolari mitralici, tricuspidalici e polmonari è significativamente maggiore rispetto al gruppo dei soggetti sedentari. La frazione di eiezione del ventricolo sinistro è risultata sostanzialmente uguale nei due gruppi. CONCLUSIONI: L’allenamento induce un aumento delle dimensioni e della massa cardiaca. Il nostro studio ha evidenziato che la differenza, tra il gruppo degli atleti e il gruppo dei sedentari, raggiunge anche il 25% per quanto riguarda la massa cardiaca. INTRODUZIONE Gli intensi allenamenti a cui si sottopongono gli atleti che praticano attività sportiva agonistica portano a dei cambiamenti strutturali del cuore che, pur sconfinando verso valori simili a quelli patologici, sono espressione dell’adattamento fisiologico dell’apparato cardiovascolare allo sforzo 1. L’impegno nell’esercizio di tipo dinamico o isotonico determina un sovraccarico di volume e comporta un aumento della frequenza cardiaca, un aumentato ritorno venoso ed una caduta delle resistenze vascolari periferiche soprattutto nel distretto muscolare 2,3. Il modello di adattamento morfologico centrale comporta un aumento del volume telediastolico del ventricolo sinistro con lieve ipertrofia parietale (ipertrofia eccentrica). Infatti l’aumento dello stress di parete muscolare, dovuto alla dilatazione della cavità ventricolare sinistra, viene normalizzato attraverso un moderato incremento dello spessore parietale in accordo alla legge di Laplace 4,5. MATERIALE E METODI Presso l’ambulatorio di cardiologia dello sport della Clinica Athena “Villa dei Pini” abbiamo studiato la morfologia e la funzionalità cardiaca, mediante ecocardiocolordoppler “G E Vivid 3”, di un gruppo di 16 atleti master praticanti sport agonistico di endurance (ciclismo) Indirizzo per corrispondenza: Dott. Luigi Ferritto Dipartimento di Medicina Generale Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport Clinica “Athena” Villa dei Pini - Piedimonte Matese (CE) e-mail: [email protected] [email protected] e di un gruppo di 16 soggetti sedentari o per lo più dediti ad attività sportiva ludico-ricreativa. Il gruppo degli atleti aveva un’età compresa tra i 24 e i 37 anni, una frequenza cardiaca a riposo compresa tra i 37 e i 48 b/min’, valori pressori sistolici a riposo di 110±10 mmHg 10 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 e diastolici a riposo di 75±5 mmHg, una SpO2 del 99%. Essi praticavano settimanalmente 12-20 ore di intensa attività sportiva e tutti erano risultati idonei all’attività agonistica. Il gruppo dei soggetti sedentari aveva un’età compresa tra i 26 ed i 37 anni, una frequenza cardiaca a riposo compresa tra i 60 e gli 80 b/min’, valori pressori sistolici a riposo di 120±10 mmHg e diastolici a riposo di 80±5 mmHg, una SpO2 del 98%. Essi svolgevano 2-3 ore la settimana di attività fisica non strenua. Abbiamo valutato per entrambi i gruppi il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro in diastole, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, il diametro atriale sinistro mediante metodica M-mode, e la funzionalità delle valvole mediante color-doppler. RISULTATI Il ventricolo sinistro in diastole è risultato di dimensioni comprese tra 54 mm e 62 mm nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 47 mm e 52 mm. Lo spessore del setto interventricolare in diastole è risultato compreso tra 11 mm e 13 mm negli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 8 mm e 10 mm. Lo spessore in diastole della parete posteriore del ventricolo sinistro è risultato compreso tra 11 mm e 13 mm nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultata compresa tra 9 mm e 10 mm. La frazione di eiezione è risultata essere tra il 60% e il 70% nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari tra il 70% e l’80%. Il diametro atriale sinistro antero-posteriore in asse lungo parasternale sinistro è risultato compreso tra 37 mm e 41 mm nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 24 mm e 35 mm. Abbiamo poi valutato la funzionalità delle valvole, prestando particolare attenzione alla continenza, premesso che le strutture valvolari erano anatomicamente normali in tutti i soggetti. Un rigurgito della valvola mitrale è stato riscontrato nel gruppo degli atleti in 11 soggetti (69%), mentre nel gruppo dei sedentari solo in 5 soggetti (31%). Questo jet sistolico era caratterizzato negli atleti da colore blu omogeneo con poca componente di varianza, si estendeva in atrio sinistro per una lunghezza inferiore a 2 cm dall’anulus mitralico e con velocità massima registrabile intorno a 4,5 m/s, mentre nei sedentari la lunghezza non andava oltre 1 cm, con una velocità massima intorno a 2 m/s. Un rigurgito della valvola tricuspide è stato riscontrato in 12 soggetti del gruppo degli atleti (75%), e in 8 soggetti sedentari (50%). Dott. Luigi Ferritto – Studio mediante ecocardiocolordoppler negli atleti di endurance. Esperienza personale. 11 DISCUSSIONE biche, si verifica un aumento dei diametri telediastolico e telesistolico del ventricolo sinistro; lieve aumento degli spessori parietali; significativo aumento della massa miocardia; aumentato rapporto massa/volume. La contrattilità del ventricolo sinistro non è risultata differente nei due gruppi , malgrado il gruppo degli atleti presentasse una maggiore massa ventricolare. Tuttavia come dimostrato in alcuni studi 8-9, la dinamica ventricolare sinistra durante l’esercizio è differente negli atleti rispetto ai sedentari. Infatti all’acme dello sforzo il cuore negli atleti riesce, mediante un più rapido rilasciamento ventricolare con conseguente diminuzione del tempo di riempimento diastolico, ad aumentare il volume sistolico . Proprio i parametri di una migliore funzionalità diastolica sono associati, nell’atleta, ad un incremento delle dimensioni e della performance ventricolare: non è raro che durante l’esercizio la velocità del flusso transmitralico superi quella transvalvolare aortica 10. Il ventricolo nell’atleta esprime un elevato coefficiente di distensibilità nella fase protodiastolica in cui sembra completarsi quasi interamente il riempimento ventricolare stesso 11. Tutti gli studi sulla funzione diastolica nel cuore fisiologicamente ipertrofico hanno dimostrato velocità massime d’incremento delle dimensioni del ventricolo sinistro e di assottigliamento parietale normali o superiori alla norma. Il miglioramento dei parametri di funzionalità diastolica si associa ad un aumento delle dimensioni e delle performance ventricolari. Il rilasciamento isovolumetrico è prolungato nelle forme patologiche d’ipertrofia, mentre è sempre nell’ambito della normalità nell’ipertrofia fisiologica 12,13. Dal nostro studio si evince che il diametro diastolico del ventricolo sinistro, lo spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro, sono aumentati nell’atleta di endurance rispetto al soggetto sedentario. Questo rimodellamento nell’atleta di resistenza è spiegabile dalla necessità di mantenere elevata, per un lungo periodo di tempo, la portata cardiaca (che durante lo sforzo supera i 30 l/min) e la pressione arteriosa sistolica (che durante lo sforzo supera i 200 mmHg) e, per far fronte a questa necessità, la risposta fisiologica dell’organismo è l’aumento del volume e della massa cardiaca 6. I dati del nostro studio concordano con i dati della letteratura. Studi ecocardiografici effettuati su 1309 atleti elite italiani, presso l’istituto di Medicina dello Sport del CONI, tra cui ciclisti ed altri atleti di endurance ( Pelliccia A., Maron B.J et al 1999) 7, hanno evidenziato che negli atleti,ed in particolare in quelli praticanti discipline aero- La prevalenza dei rigurgiti a carico della valvola mitrale, tricuspidale e polmonare è maggiore nel gruppo degli atleti rispetto al gruppo dei sedentari: ciò sembra associato all’aumento delle cavità cardiache, maggiore negli atleti di endurance rispetto a quelli praticanti sport di potenza, e a un conseguente allargamento dell’anulus valvolare, sempre in modo limitato, però, rispetto a ciò che avviene nella cardiomiopatia dilatativa. Utilizzando il mappaggio Color-Doppler, Douglas et al. 14 hanno osservato che in 45 atleti estremamente allenati il 69% presentava un’insufficienza mitralica, il 76% un’insufficienza tricuspidale e il 73% un’insufficienza alla valvola polmonare. In soggetti meno allenati, il reperto di un’insufficienza valvolare era meno frequente, anche se il 27% presentava un’insufficienza mitralica e il 15% un’insufficienza tricuspidalica. Anche questo jet sistolico era visualizzato dal color doppler in blu, con una piccola componente di varianza, con un’estensione in atrio destro abbastanza ampia, fino a 4 cm dall’anulus valvolare negli atleti e fino a 2 cm nei sedentari, massima in protosistole. Un rigurgito della valvola polmonare è stato riscontrato nel gruppo degli atleti in 11 soggetti (69%), mentre nel gruppo dei sedentari in 7 soggetti (44%). Al color-doppler il rigurgito era rappresentato da colore rosso omogeneo che si estendeva in ventricolo destro per non più di 2 cm, occupando quasi interamente la diastole. In nessun soggetto di entrambi i gruppi si sono riscontrati rigurgiti aortici. 12 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 In definitiva, il riscontro di rigurgiti di minima entità al Doppler in atleti, ma anche in soggetti normali 15, in assenza di alterazioni morfologiche valvolari e di elementi clinici, sono molto comuni e non deve essere fonte di allarme, perché sono dovuti ad un incremento volumetrico, “fisiologico”, delle cavità cardiache secondario all’allenamento 16. Un ringraziamento speciale per la costante collaborazione al Dott. Francesco Vitale, responsabile dell’ambulatorio di Cardiologia dello Sport della Clinica “Athena” Villa dei Pini. CONCLUSIONI Il cuore, essendo un muscolo, subisce delle variazioni come risposta funzionale alle sollecitazioni dell’allenamento. Grazie ai meccanismi dell’anabolismo proteico, in seguito ad un allenamento costante si ha una prevalenza dell’anabolismo sul catabolismo, con un conseguente aumento delle strutture fondamentali del cuore, le miofibrille, e quindi, indipendentemente dall’età e dal sesso, l’allenamento induce un ingrandimento delle dimensioni cardiache ed un aumento della massa cardiaca. Il nostro studio ha messo in evidenza che la differenza, tra il gruppo degli atleti e quello dei sedentari, raggiunge anche il 25%, per quanto riguarda la massa cardiaca, con un conseguente miglioramento delle performance aerobiche. BIBLIOGRAFIA: 1. Ferritto L, De Risi L. : “Il Cuore d’Atleta, oltre i limiti della natura…”; tratto da www.ambrosiafitness.it sezione medicina sportiva-articoli scientifici, cardiologia (2008). 2. Bevegard B., Shephard J.; “Regulation of the circulation during exercise in man “(1967). 3. Venerando A.: “Aggiustamenti cardiocircolatori nell’esercizio fisico” in “Cardiologia dello sport” Venerado A., Zeppilli P. 4. Colon G.D., Sanders G.P.;”Left ventricular structure and function in elite athletes with physiologic cardiac hypertrophy” JAACC6 (1985). 5. Pelliccia A, Maron BJ, Spataro A, Proschan MA, Spirito P.:” The upper limit of physiologic cardiac hypertrophy in highly trained elite athletes”. New Engl J Med 1991, 324: 295-301. 6. A. Pelliccia “la cardiologia dello sport attualità e prospettive” atti congressuali del 3° convegno Mediterraneo di Medicina dello Sport, Trapani. 7. Pelliccia A, Di Paolo F, Maron BJ: “Physiologic Left Ventricular Cavity Dilatation in Elite Athletes” Ann.Intern Med 1999, 5 Jenuary, vol.130, number 1. 8. Fisman EZ, Embon P, Pines Aet al. Comparison of left ventricular function using isometric exercise Doppler echocardiography in competitive runners and weightlifters versus sedentary individuals. Am J Cardiol 1997; 79: 355-9. 9. D’Andrea A., Zeppilli P, Caso P, D’Andrea L, Scherillo M, Calabrò R; Il contributo del Doppler Myocardial immaging nello studio del cuore d’atleta Italian Heart J Vol 4 Agosto 2003. 10. S. Iliceto, J.R.T.C. Roelandt, G.R. Sutherland, D.T. Linker in “Cardiac Ultrasound”cap. 89 Ecocardiografia nello studio del “cuore d’atleta” L.M. Shapiro. 11. Spirito P., Maron B.J., et al.; “Non invasive assessment of left ventricular diastolic function: comparative analysis of pulsed Doppler ultrasound and digitized M-Mode echocardiography” (1986). 12. Spirito P., Vecchio C.:”Ruolo dell’ecocardiografia Doppler nella valutazione della funzione diastolica ventricolare” (1987). 13. Sciomer S.,et al.: “Left ventricular diastolic function and myocardial Hypertrophy in athletes” (1987). 14. P.S. Douglas, Reichek N. in “Prevalence of multivalvular regurgitation in athletes, Am J Cardiol. 1989 Jul 15;64(3):209-12. (1989). 15. Choong CY, Abascal WM, Weyman AE.:” Prevalence of valvular regurgitation by Doppler echocardiography in patients with structurally normal hearts by two-dimensional echocardiography”. 16. K. Wrzosek,M., W. Brasator, M. Dluzniewski : “Echocardiographic evalutation of valve function in athlete’s hearts- 24- months of follow-up”, (2002). Immagini tratte da “Atlas of echocardiography”e da Ambulatorio Cardiologia dello Sport Clinica “Athena”. 13 Valutazione non invasiva della riserva coronarica: quale indicazione nell’ipertrofia ventricolare dell’atleta? ???????????????? ????????????????????????? La valutazione ecocardiografica della riserva coronarica, è una procedura diagnostica semplice, fattibile e riproducibile per la diagnosi non invasiva delle stenosi coronariche epicardiche e delle disfunzioni del microcircolo. Sebbene non venga utilizzata in modo routinario nella valutazione e nella selezione dell’atleta agonista, la sua fattibilità e le caratteristiche di non invasività la rendono applicabile anche allo studio di condizioni non patologiche come l’ipertrofia fisiologica del soggetto sportivo. FISIOPATOLOGIA DEL CIRCOLO CORONARICO Dal punto di vista fisiopatologico, il flusso coronarico è un sistema complesso regolato da numerosi fattori che ne condizionano l’emodinamica. I segmenti vascolari che lo costituiscono hanno varia estensione, dimensioni, diramazione e capacità di “autoregolazione”. Quest’ultima caratteristica, in condizioni di normalità anatomica e funzionale, consente, anche in condizioni di ampia variazione della pressione di perfusione, un flusso miocardico costante. Le coronarie epicardiche prossimali, per la loro struttura, sono vasi di “capacitanza”, condotti di flusso che contribuiscono alla resistenza vascolare nella misura del 5%. Il microcircolo coronarico arteriolare distale, invece, è la sede dove maggiormente si esprime la capacità di autoregolazione coronarica contribuendo al 95% della resistenza vascolare totale. Il flusso coronarico nel soggetto normale aumenta da 4 a 6 volte per adeguarsi alla domanda miocardica di ossigeno nelle condizioni di aumentata richiesta metabolica dell’organismo (es. esercizio fisico) prevalentemente attraverso variazioni del tono vasomotorio del distretto arteriolare coronorarico (vasodilatazione massi- male). Il concetto di riserva coronarica (RFC) proposto sperimentalmente da Lance K Gould nel 1974, rappresenta la capacità delle arteriole coronariche di dilatarsi come conseguenza dell’aumentato bisogno metabolico del cuore o di uno stimolo vasaoattivo ed è espressa dal rapporto tra il flusso coronarico massimale dopo stimolo iperemico e il flusso coronarico in condizioni basali (figura 1). Esiste, pertanto, una stretta correlazione tra l’integrità delle coronarie epicardiche e del microcircolo e la capacità di vasodilatazione essendo quest’ultima totalmente abolita nelle stenosi coronariche gravi (> 90%). La valutazione della riserva coronarica, in un primo momento calcolata in modo invasivo in corso di coronarografia (Doppler flow wire), nelle indagini scintigrafiche di per fusione (PET) e successivamente per mezzo dell’ecocardiogramma transesofageo, con l’avvento di tecniche ecocardiografiche sempre più avanzate, è attualmente eseguibile in modo non invasivo attraverso l’ecocardiogramma transtoracico nel laboratorio di ecostress 1,2 . Figura 1 - Diagramma di Gould: CFR: coronary flow riserve (riserva coronarica). Stenosi non significative (<40%): CFR > 2,5 (normale) Stenosi coronarica moderata (40-70%) CFR 2-2,5 (bordeline-normale) Stenosi coronarica severa (> 90%) CFR < 1 (anormale) Gould KL Am J Cardiol, 1974 DESCRIZIONE DELLA METODICA Indirizzo per corrispondenza: ???????????????? ??????????????? ??????????????? Negli anni ’70, Weiman e Feingenbaum descrissero per primi la possibilità, inizialmente limitata al tronco comune e con risultati apprezzabili solo in una percentuale limitata di pazienti, di identificare in vasi coronarici con le comuni 14 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 sonde impiegate per l’esame ecocardiografico tradizionale. La corretta valutazione non invasiva della riserva coronarica presuppone la conoscenza anatomica, da parte dell’operatore, delle relazioni spaziali esistenti tra la coronaria in esame e le strutture adiacenti che rappresentano i riferimenti anatomici per il riconoscimento del vaso. Inizialmente la metodica è stata applicata per visualizzare l’arteria discendente anteriore attraverso proiezioni dedicate in sequenze cardiache logiche a seconda del segmento vascolare da identificare e da esaminare e successivamente estesa alle coronarie discendente posteriore e circonflessa. Il tratto prossimale dell’arteria discendente anteriore è, usualmente, visualizzato attraverso la proiezione asse corto parasternale livello grandi vasi (aorta e polmonare), mentre il tratto medio-distale viene evidenziato attraverso la proiezione tre camere apicale modificata per il solco atrio-ventricolare anteriore. La coronaria discendente posteriore va cercata in approccio due camere apicale ruotando in senso antiorario il trasduttore e focalizzando il solco atrio-ventricolare posteriore. La coronaria circonflessa viene di regola evidenziata dalla proiezione quattro camere apicale angolando il trasduttore posteriormente e avendo come riferimento la punta dell’auricola sinistra. La ricerca anatomica delle arterie, oltre alla conoscenza e all’esperienza dell’operatore, presuppone l’utilizzo di strumentazione adeguata (ecocardiografo dotato di seconda armonica, trasduttori con tecnologia “phase array” multifrequenza (1,6-7 MHz). Il segnale di flusso (analisi spettrale attraverso il Doppler pulsato) va cercato, su guida del Doppler a codice di colore e mantenendo la “pulse repetition frequency” (PRF) al di sotto delle velocità medie normali del flusso coronarico (15-30 cm/sec). L’utilizzo di mezzi di contrasto di ultima generazione, specie nella fase di apprendimento della metodica, facilità la ricerca dei vasi aumentando la fattibilità dell’esame. La visualizzazione dell’arteria discendente anteriore è, teoricamente possibile, dopo adeguato periodo di apprendimento, nel 90% dei soggetti, meno fattibile per la discendente posteriore (dal 50 al 70%) e in meno del 50% dei soggetti per la circonflessa. L’utilizzo, in mani esperte, di una strumentazione adeguata consente di visualizzare segmenti vascolari il più possibile distali ed evita che il campionamento di flusso avvenga al di sopra dei segmenti stenotici. Una volta acquisiti i dati relativi al flusso coronarico in condizioni basali e dopo somministrazione di adenosina o dipiridamolo (vasodilatazione massimale del distretto arteriolare distale) il rapporto tra la velocità di flusso coronarico in questa fase e la velocità di flusso in condizioni di base rappresenta la Riserva Coronarica (CFR= coronary flow reserve). L’esame viene, usualmente, eseguito, in corso di ecostress di cui rappresenta il naturale completamento diagnostico consentendo la ricerca contestuale delle alterazioni cinetiche, delle stenosi delle coronarie epicardiche e delle alterazioni del microcircolo 3, 4, 5. L’iperemia indotta dal vasodilatatore provoca un aumento di flusso nelle arterie epicardiche con conseguente riduzione della pressione di perfusione a valle della stenosi e abolisce il meccanismo di autoregolazione attraverso il cosiddetto “furto coronarico transmurale”. Il flusso subendocardico che è proporzionale all’entità della stenosi, subisce una riduzione critica e si verifica, quindi, l’ischemia miocardica. INDICAZIONI AD ESEGUIRE LA RISERVA CORONARICA I principali meccanismi di regolazione del flusso coronarico sono di natura endoteliale – neuroumorale (ossido nitrico, prostaglandine, endotelina), metaboliche (adenosina) e di origine intrinseca muscolare (contrazione e rilassamento delle fibre muscolari lisce delle pareti vascolari). In base a queste considerazioni si comprende come al di là delle classiche indicazioni (sospetta coronaropatia, stratificazione della prognosi nel post-infarto, studio dei graft venosi e arteriosi, angina microvascolare), il calcolo della riserva coronarica trova applicazione nella valutazione delle cardiopatie “non ischemiche” (miocardiopatia dilatativa e ipertrofica) e in numerose malattie di interesse internistico con coinvolgimento cardiaco. L’alterazione del microcircolo coronarico rappresenta il risultato dell’interazione tra cause anatomiche e cause funzionali in malattie come il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, le arteriti e le vasculiti immunitarie, l’amiloidosi e la sclerodermia). Le alterazioni morfologie e strutturali comuni in queste patologie comprendono l’iperplasia fibromuscolare, l’ipertrofia della media e la disfunzione endoteliale: esse determinano la riduzione della capacità del microcircolo a dilatarsi e sono responsabili dell’ischemia miocardica e dell’angina pectoris pur in assenza di stenosi significative delle coronarie epicardiche. Lo studio della riserva coronarica nell’ipertrofia miocardica “non patologica” come quella presente nel cuore d’atleta, effettuato in primo momento con indagini invasive e successivamente con l’ecocardiogramma transtoracico ha dato risultati sorprendenti e soprattutto differenti rispetto a ?????????????????? - Valutazione non invasiva della riserva coronarica... quelli riscontrati nei cuori ipertrofici “patologici” (ipertensione arteriosa, stenosi valvolare aortica e miocardiopatia ipertrofica) 1,2,3,4. MECCANISMI FISIOPATOLOGICI DELL’IPERTROFIA L’ipertrofia ventricolare sinistra rappresenta un meccanismo di adattamento attraverso il quale il cuore normalizza lo stress di parete preservando integra la funzione di pompa. L’ipertensione, la stenosi aortica, la miocardiopatia ipertrofica e l’esercizio fisico possono indurre ipertrofia ventricolare sinistra. Studi “in vitro” hanno consentito di identificare i meccanismi recettoriali che attivano le risposte cellulari e molecolari (endotelina, angiotensina II, insulin-like growth factor I) alla base dell’ipertrofia (aumento delle dimensioni dei miociti, maggiore espressione di geni embrionali, differente organizzazione delle proteine contrattili e dell’interstizio). A ciascuno di questi meccanismi corrisponde un’azione specifica e un determinato tipo di risposta cellulare. Per esempio, nell’ipertrofia concentrica ed eccentrica “patologica” si è osservata maggiore espressione dei geni che codificano per i peptici natriuretici cosa che non si verifica nelle forme di ipertrofia provocata da stimolo biomeccanico 5. Nell’ipertrofia da allenamento fisico si osserva un aumento simmetrico e armonico del diametro e dello spessore dei ventricoli e degli atri di grado variabile e dipendente da fattori genetici, dall’età e dall’epoca di inizio dell’attività sportiva, dal tipo e dell’intensità dei programmi di allenamento. Negli sport di resistenza (prevalentemente aerobici) la progressiva riduzione delle resistenze periferiche, determina un aumentato ritorno venoso verso il cuore, l’aumento del volume telediastolico ventricolare e della gettata sistolica. Le modifiche anatomo-funzionali peculiari di questo tipo di allenamento sono rappresentate dell’incremento del volume cardiaco proporzionale a quello della massa miocardica per verosimile apposizione in parallelo delle miofibre (ipertrofia eccentrica). Negli sport di potenza, in cui il gesto atletico è caratterizzato dal prevalente lavoro muscolare statico con impegno energetico prevalentemente anaerobio, l’aumento della massa miocardica è conseguenza dell’aumento dello spessore di parete con minimo coinvolgimento del diametro cavitario (rimodellamento-ipertrofia concentrica). In questa condizione, al contrario di quella precedentemente descritta, le resistenze periferiche aumentano e il cuore viene sottoposto a brusco 15 aumento del post-carico e conseguente sovraccarico pressorio 6. Mentre nell’ipertrofia indotta da stimolo biomeccanico rimangono inalterate le caratteristiche di rilasciamento diastolico dei ventricoli, l’ipertrofia “patologica”, in virtù del coinvolgimento “globale” della struttura cardiaca, modifica profondamente il profilo di riempimento ventricolare espressione dell’aumentata rigidità diastolica dei ventricoli. Nel soggetto allenato, salvo forme estreme, il grado di ipertrofia è sempre minore rispetto a quello osservato nelle forme gravi di miocardiopatia ipertrofica (setto interventricolare > 20 mm, ipertrofia spesso distribuita in modo asimmetrico) sebbene alcune forme di miocardiopatia ipertrofica siano caratterizzate da un più modesto grado di ipertrofia (spessore settale compreso tra 13-15 mm) e da una distribuzione simmetrica dell’ipertrofia ventricolare molto vicina morfologicamente alle forme “fisiologiche”. In questi casi controversi, eseguire l’ecocardiogramma dopo un periodo di decondizionamento fisico, può essere dirimente, ma, a volte, può essere necessario ricorrere ad indagini diagnostiche di livello superiore 7. La conseguenza di questo processo di rimodellamento globale riguarda non solo i miociti ma anche tutte le altre strutture cardiache (interstizio e vasi) e, nelle forme patologiche (ipertensione arteriosa, ostruzione valvolare, miocardiopatia ipertrofica) si associa frequentemente ad un aumentato rischio coronarico. Al di là dell’esistenza di stenosi delle coronarie epicardiche associate (sono spesso presenti, negli ipertesi, fattori di rischio aterogeno), l’aumento della massa miocardica e il sovvertimento dell’architettura cellulare e interstiziale sono causa di disfunzione del microcircolo che perde o semplicemente modifica la capacità di vasodilatazione in condizioni di aumentata richiesta metabolica. Alcuni studi infatti, hanno dimostrato che in condizioni di “ipertrofia” patologica, le coronarie epicardiche non sono di maggior calibro sebbene il flusso coronarico in condizioni basali sia aumentato come conseguenza del lavoro cardiaco, dello stress di parete e della massa del ventricolo sinistro. Ciò che invece è significativamente ridotta è la capacità di vasodilatazione massimale dopo stimolo iperemico 8, 9, 14. Nell’ipertrofia ventricolare indotta da stimolo biomeccanico, l’aumento della massa miocardica avviene parallelamente all’aumento della densità dei capillari coronarici. Infatti, studi eseguiti negli anni ’90, prevalentemente su modelli animali hanno dimostrato come l’esercizio fisico rappresenti uno stimolo alla “crescita” delle ramificazioni coronariche e all’aumento dell’area di sezione dei vasi coronarici. Gli adattamenti strutturali e le variazioni del 16 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 tono vasomotorio indotti dall’esercizio fisico eserciterebbero un effetto protettivo sulla circolazione coronarica. Studi successivi eseguiti su atleti in confronto a sedentari e a ipertesi, sebbene su campioni di popolazione numericamente inadeguati, hanno confermato ciò che era stato precedentemente osservato. L’arteria coronarica sinistra prima della biforcazione, è di calibro significativamente maggiore negli atleti che non nei soggetti sedentari e negli ipertesi. Il flusso coronarico basale non è differente nell’atleta e nel sedentario, mentre aumentato nell’iperteso. La capacità di vasodilatazione coronarica sia nei vasi di resistenza che nei vasi di capacitanza è significativamente superiore nell’atleta 8,9,10,11,12,13. POSSIBILI INDICAZIONI AD ESEGUIRE LO STUDIO DELLA RISERVA CORONARICA NELL’ATLETA La rivoluzione verificatasi alla fine degli anni ’90 quando è stato introdotto e successivamente validato l’approccio ecocardiografico transtoracico per la visualizzazione dapprima del segmento medio-distale della discendente anteriore e successivamente della discendente posteriore e della circonflessa ha consentitola sua applicazione in corso di ecostress per la valutazione contestuale delle alterazioni della cinetica regionale indotte dallo stress farmacologico e per testare la capacità di vasodilatazione dei vasi di capacitanza (coronarie epicardiche) e di resistenza (microcircolo). La sua unicità nella valutazione non invasiva dell’integrità del microcircolo, l’ha successivamente estesa allo studio di alcune malattie non ischemiche del cuore (miocardiopatie, ipertensione). Nella valutazione dell’atleta da selezionare per le discipline agonistiche, la riserva coronarica non è tra le metodiche routinariamente usate. Il metodo non è stato estesamente applicato se non negli studi sperimentali, ma oltre all’indicazione classica della ricerca di ischemia, nei casi sospetti, può essere considerata un metodo promettente e un’utile corollario alla diagnosi differenziale tra cuore d’atleta e ipertrofia patologica 14. BIBLIOGRAFIA: 1. Pawe_ Petkow Dimitrow Transthoracic Doppler echocardiography – non invasive diagnostic window for coronary riserve assessment Cardiovascular Ultrasound 2003 1:4. 2. Rigo F, Murer B, Ossena G., Favaretto E. Transthoracic Echocardiographic imaging of coronary arteries: tips, traps and pitfalls. Cardiovasc Ultrasound, 2008 feb 1; 6:7. 3. Rigo F. Coronary flow riserve in stress echo-lab. From pathophysiologic toy to diagnostic tool. Cardiovascular Utrasound, 2005, 3: 8 4. Picano E., Rigo F., Lovenstein J. 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Grassi ASL RMD DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE La sincope si definisce come una transitoria perdita di coscienza associata a caduta a terra e a risoluzione rapida e spontanea causata da una riduzione del flusso ematico cerebrale 1. Nella tab 1 è riportata la classificazione delle perdite di coscienza (ESC) e delle sincopi propriamente dette. Nella tab 2 è riportata la classificazione delle sincopi neuromediate. EPIDEMIOLOGIA E PROGNOSI La sincope è un sintomo comune nella popolazione generale. Nei giovani con meno di 18 anni ha una prevalenza del 15% che sale al 20-25% nei militari tra i 17 e 46 anni (1). L’incidenza è intorno al 6,2 ‰ nella popolazione generale e 2,6‰ e 4,7‰ rispettivamente negli uomini e nelle donne tra i 20 e i 29 anni.2 In letteratura non sono riportati dati epidemiologici rilevanti sull’incidenza della sincope nello sportivo. Nella popolazione generale la sincope di natura neuromediata soprattutto vasovagale o situazionale è la più frequente (56%). I pazienti affetti da tali forme hanno una prognosi benigna con mortalità sovrapponibile alla popolazione generale non affetta da sincope 2. La seconda causa di sincope è da cause cardiache (23%) (cardiopatie strutturale congenite o acquisite (3%) e/o aritmie potenzialmente letali (20%)) con prognosi notevolmente peggiore. In questi casi la sincope può annunciare una morte cardiaca improvvisa 3-4-5. Nel 18% dei casi la sincope rimane indeterminata nonostante tutti gli accertamenti di routine. (Vedi tabella 3 e 4) Indirizzo per corrispondenza: Dott. Fabrizio Ammirati Dipartimento di Medicina Generale Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport Clinica “Athena” Villa dei Pini - Piedimonte Matese (CE) e-mail: [email protected] [email protected] L’età rappresenta sicuramente un fattore prognostico rilevante. Nei giovani infatti la causa più frequente di sincope è vasovagale o situazionale a prognosi benigna e più raramente è cardiaca. Con l’invecchiamento la probabilità di sincope cardiaca aumenta (cardiopatie, aritmie) e inoltre si manifestano altre forme di sincope tipiche della terza età ( sindrome del seno carotideo, ipotensione ortostatica da disautonomia etc..). Quando si manifesta in un soggetto giovane la sincope è spesso considerata un evento benigno che quando avviene durante le normali attività quotidiane, in molti casi, non viene nemmeno sottoposta alla valutazione del medico. La sincope che si manifesta nei giovani atleti desta invece particolare allarme sia perché avviene in contesti ludici frequentati, in genere, da persone considerate sane sia perché viene vissuta con maggiore apprensione. Inoltre, la grande risonanza mediatica che hanno avuto le morti improvvise sul campo di atleti professionisti rendono ancora più viva l’attenzione quando si assiste ad un episodio sincopale sui campi sportivi. In questo contesto, due sono i problemi rilevanti tra loro strettamente connessi: una corretta valutazione clinica per l’identificazione delle cause di sincope per la salute dell’atleta e gli aspetti medico-legali. Come è noto, la legislazione Italiana prevede che il medico certifichi un giudizio di idoneità sportiva di cui è responsabile a tutti gli effetti affidandosi alla propria valutazione clinica e ai protocolli COCIS 6. Per quanto riguarda la sincope, i protocolli COCIS riportano la seguente indicazione : …“sino a quando non viene individuata la causa dei sintomi, il giudizio di idoneità deve essere sospeso soprattutto nelle attività sportive ad alto rischio intrinseco”. Dunque, identificare la causa di sincope permette una valida gestione clinica, una giusta valutazione prognostica e un corretto giudizio di idoneità. In caso contrario, il rischio è l’esclusione dallo sport di un soggetto sano con una forma benigna (es: vasovagale, situazionale, da ipotensione ortostatica) con comprensibili e gravi conseguenze 18 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 psicologiche o, all’opposto, la concessione di idoneità ad un atleta con sincope a prognosi infausta da causa cardiaca con comprensibili gravi conseguenze sia cliniche che medico-legali. LA DIAGNOSI DI SINCOPE Lo sport ormai rappresenta un mondo variegato non particolarmente differente dal mondo reale che comprende varie discipline con diverso impegno fisico e mentale e praticate a svariate età non necessariamente giovanili. Pertanto le linee guida diagnostico-terapeutiche della sincope dell’ESC sono sicuramente applicabili anche per la valutazione dell’atleta.. È dimostrato che una corretta applicazione delle linee guida riduce notevolmente le sincopi di natura indeterminata (18% circa) e aumenta il numero di diagnosi di certezza 7-8. L’algoritmo diagnostico per le perdite di coscienza dell’ESC propone come primo approccio tre domande chiave: - la 1° domanda ( “Siamo in presenza di una Sincope?”) identifica la perdita di coscienza da ipoperfusione cerebrale transitoria, in genere dovuta a cause cardiocircolatorie; - la 2° domanda ( “ Si rilevano in anamnesi dati che suggeriscono la diagnosi?”) e la 3° (“È presente una cardiopatia?”) orientano verso un’ ipotesi diagnostica ed un’immediata stratificazione del rischio. Appare evidente che l’obiettivo principale è il riconoscimento di una sincope cardiaca. Pertanto, anche soltanto l’ipotesi della presenza di una causa cardiaca obbliga ad un approfondimento diagnostico, trattandosi, in tal caso, di pazienti potenzialmente a rischio maggiore di mortalità e sicuramente non idonei all’attività sportiva. La valutazione clinica iniziale, in questo ambito, deve comprendere l’anamnesi, l’esame obiettivo, l’ECG e gli esami ematici (anemia, disionie etc..). I dati derivati dalla valutazione iniziale, di per sè, possono risultare sufficienti per ottenere un giudizio di idoneità Il secondo step previsto dalle linee-guida, permette la precisazione della diagnosi seguendo una ipotesi diagnostica scaturita dalla valutazione iniziale. Il tilt test sarà privilegiato nell’ipotesi di una sincope neuromediata. L’ecocardiogrammma deve essere effettuato quando alla valutazione iniziale si sospetta una cardiopatia strutturale congenite e/o acquisiste. Il test ergometrico in caso di sincope correlata allo sforzo (durante o dopo sforzo); l’Ecg dinamico 24H e lo studio elettrofisiologico sono utili per stratificare il rischio aritmico e la probabilità di morte improvvisa. (tab.5) VALUTAZIONE INIZIALE 1. L’Anamnesi È ormai ampiamente dimostrato che l’Anamnesi rappresenta il migliore strumento per ottenere la diagnosi eziologia della sincope con una performance che oscilla tra 45% e 85%. Se non conclusiva l’anamnesi permette, comunque, la formulazione di un’ipotesi diagnostica che è fondamentale per orientare un appropriato percorso clinico. Un episodio di perdita di coscienza in seguito ad un evento scatenante ben riconoscibile (vista del sangue, dolore, paura, tosse, deglutizione, defecazione, minzione etc..) preceduto da prodromi e non correlato allo sforzo depone per una natura neuromediata della sincope. Se la sincope si presenta senza prodromi, senza un fattore scatenante identificabile, correlata allo sforzo e preceduta da palpitazioni è indicato un approfondimento diagnostico volto ad identificare eventuali cause cardiache. Una prognosi peggiore deve essere sospettata in caso si rilevi uno dei seguenti criteri (vedi tab.6): - età > di 65 anni; - anamnesi familiare positiva per malattie cardiovascolari o per morte cardiaca improvvisa; - anamnesi personale positiva per pregresse malattie cardiovascolari (compresa ipertensione); - sincope preceduta da palpitazioni; - sincope correlata allo sforzo (soprattutto se si manifesta durante lo sforzo); - sincope in posizione supina; - assenza di prodromi; - recente insorgenza con basso numero di ricorrenze (< 2 episodi di sincope). 2. L’esame obiettivo Il rilievo di soffi cardiaci patologici o di segni di scompenso cardiaco (III° tono, ritmo di galoppo, stasi polmonare, ecc….) stratificano una sincope a prognosi peggiore. Il rilievo di ipotensione ortostatica durante la misurazione della pressione arteriosa in ortostatismo identifica un problema più collegato ad una scarsa qualità di vita piuttosto che ad una pessima prognosi. 3. L’ECG Èdi facile acquisizione e di fondamentale importanza per effettuare una valutazione ed una stratificazione del paziente con sincope. Un Ecg alterato può, con buona attendibilità, esprimere la presenza di una cardiopatia. L’associazione dei criteri anamnestici su riportati con alte- F. Ammirati - La Sincope nello sportivo. razioni dell’ECG ha un significativo valore predittivo nel riconoscere i pazienti ad alto rischio. In Tabella 7 vengono riportate le alterazioni fortemente suggestive di presenza di cardiopatia e/o di sincope aritmica. Non sono da trascurare, però, alterazioni Ecg minori che, non rientrando nella norma, possono essere suggestive di cardiopatie sottostanti quali ad esempio: disturbi di conduzione intraventricolari lievi, blocchi fascicolari, alterazioni aspecifiche della ripolarizzazione di grado minore (tab.8). In sostanza, un Ecg non normale deve alimentare il sospetto di una cardiopatia sottostante ed indirizzare verso un approfondimento diagnostico. ESAMI DI II° LIVELLO TILT TEST Il Tilt Test viene effettuato nell’ipotesi di una sincope di natura neuromediata. Il “protocollo italiano” 9 ha una positive rate del 56% e una specificià del 90%. Alcuni esperienze sembrano indicare negli atleti una maggiore positive rate e una minore specificità, cioè una maggiore induzione di sincope al test con più falsi positivi. Questo sarebbe dovuto all’ipertono vagale derivante dall’allenamento che predisporrebbe ad una maggiore facilità all’induzione delle sincopi neuromediate. Altre esperienze hanno confutato tali osservazioni, dimostrando risultati sovrapponibili tra gli atleti e sedentari. In sintesi si può affermare che: • Un Tilt Test positivo in assenza di segni di cardiopatia indica una prognosi benigna. • Il Tilt Test positivo in presenza di segni di cardiopatia può assumere un valore prognostico differente che va valutato caso per caso in rapporto all’entità della cardiopatia. • Un Tilt Test negativo in presenza di segni clinici e strumentali di cardiopatia, obbliga ad un approfondimento diagnostico volto alla ricerca di una possibile sincope di natura cardiaca. L’Ecocardiogramma Deve essere sempre effettuato dopo la valutazione iniziale in presenza di segni e sintomi suggestivi di possibile cardiopatia per identificarne la natura e l’entità. Una tipica applicazione negli atleti è, per esempio, la valutazione degli spessori parietali del ventricolo sinistro e il calcolo del gradiente aortico in caso di ipertrofia cardiaca frequente nello sportivo, ecc. 19 Tecniche di Monitoraggio ECG Il monitoraggio ECG di breve durata 24-48h ha scarso potere diagnostico (19% circa) nell’identificare possibili aritmie causa di sincope, mentre il potere diagnostico di una registrazione di lunga durata (loop recorder esterno o impiantabile) (59-88%) 10-11-12 è notevolmente più elevato nei pazienti con sincope indeterminata. Allo stato attuale non ci sono esperienze consolidate sull’utilità diagnostica del loop recorder impiantabile e sul suo potere diagnostico nello sportivo. Il test ergometrico Il test ergometrico condotto al cicloergometro e/o al tapis roulant deve essere massimale e, se possibile, sovramassimale per riprodurre la sincope da sforzo. La fase di recupero deve essere seguita attentamente soprattutto dopo interruzione brusca dello sforzo quando si può innescare un riflesso vasovagale o tachiaritmie. Lo Studio Elettrofisiologico Il ruolo dello SEF nella stratificazione dell’atleta con sincope è molto dibattuto a causa della notevole variabilità in sensibilità e specificità a seconda dell’ambito clinico in cui viene effettuato. Viene proposto per escludere aritmie potenzialmente letali (tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, ecc) ma anche per identificare forme aritmiche minori possibili causa di sincope. In generale, si può affermare che: - nella identificazione di eventuali bradiaritmie lo SEF è scarsamente utile per la bassa sensibilità e specificità e in tale ambito clinico viene ormai raramente utilizzato; - nella ricerca di tachiaritmie ha una sensibilità e specificità variabile a secondo del contesto clinico, raggiungendo una performance diagnostica maggiore e più attendibile in pazienti con sincope indeterminata e alterazioni Ecg e/o cardiopatia sottostante; - l’induzione durante SEF di tachicardia ventricolare polimorfa rappresenta una risposta aspecifica (SEF dubbio); - l’induzione di una tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta, soprattutto se associata a sincope, è da considerarsi un risultato indicativo di un alto rischio di possibile mortalità aritmica (SEF positivo); - in soggetti affetti da cardiopatia dilatativa non ischemica (probabile pregressa miocardite), lo SEF non è utile nella stratificazione prognostica; in tale ambito la sincope di per sé predice la morte improvvisa ad un anno nel 28.45 % dei casi soprattutto nei pazienti con FE inferiore a 25-30%; - nella cardiomiopatia ipertrofica la sincope rappresenta un fattore predittivo di mortalità soprattutto se si manifesta 20 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 in pazienti giovani e se è correlata all’esercizio fisico; in tale ambito lo SEF non è utile nella stratificazione e prognostica. - Nel W-P-W l’induzione di una fibrillazione atriale con rr minimo <240 msec o <220 msec dopo sforzo allo studio elettrofisiologico transesofageo identifica una via anomala a rapida conduzione e potenzialmente a rischio. NOSTRA ESPERIENZA Poiché in letteratura i dati epidemiologici sulla sincope negli atleti sono alquanto scarsi e non conclusivi, nel 2004 abbiamo condotto uno studio che avesse lo scopo di valutare l’incidenza e le implicazioni prognostiche della sincope nei giovani praticanti sport agonistico 13. Sono stati arruolati 7568 giovani atleti, prevalentemente maschi, età media 16±2 anni sottoposti a visita di idoneità eseguita secondo i criteri della legislazione italiana (anamnesi, esame obiettivo, esame urine, Montoya test). L’anamnesi, in particolare, è stata rivolta alla rilevazione di episodi sincopali negli ultimi 5 anni precedenti la valutazione di idoneità, e alla modalità di insorgenza, cioè se indipendentemente, durante o dopo l’attività fisica e alle modalità di recupero, anche intervistando eventuali testimoni. In accordo con le linee guida COCIS, gli esami di II livello (ecocardiogramma, monitoraggio ECG 24h, prova da sforzo massimale) sono stati effettuati in caso di anomalie rilevate alla valutazione iniziale. Almeno 1 episodio sincopale nei 5 anni precedenti è stato riferito da 474/7568 atleti. La prevalenza di sincope in generale è stata di 6,2%, maggiore nelle femmine rispetto ai maschi (il 7,3% vs 5,7% p<0.01) con un numero di episodi superiore (7±9 vs 1,1±0,4 p<0.001). In 411/474 (87%) la sincope non era correlata con l’esercizio bensì con le normali attività quotidiane. Nel 12% dei casi gli episodi sono stati riferiti alla fine dello sforzo, nel 1% (5M, 1F) durante sforzo. In tutti gli atleti che hanno perso coscienza durante le normali attività quotidiane è stata diagnosticata, sulla base di rilievi anamnestici, una sincope vasovagale (362/411 88%) ed una sincope situazionale (49/411 12%). Negli atleti che hanno riferito sincope dopo sforzo (57/474 12%) è stata posta diagnosi di sincope da ipotensione ortostatica. In nessun caso c’è stata morsicatura della lingua, contrazioni tonico-cloniche, anomalie all’esame obiettivo, all’ECG e al test ergomatrico massimale che potessero far pensare ad una causa cardiaca. Alla luce di tale valutazione, a questi atleti è stato concesso di continuare gli allenamenti e l’attività sportiva. Gli atleti con sincope da sforzo (6/474 1%) sono stati sot- toposti ad una valutazione più approfondita con ecocardiogramma, ECG dinamico 24h, test ergometrico, studio elettrofisiologico e tilt test. In un atleta maschio l’ecocardiogramma ha permesso di identificare una cardiomiopatia ipertrofica di alto grado (con spessore >16mm). Battiti ventricolari prematuri e numerosi episodi (8/244) di tachicardia ventricolare non sostenuta sono stati rilevati in un altro atleta maschio all’ECG dinamico con induzione allo studio elettrofisiologico di tachicardia ventricolare ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo dx. Ad entrambi non è stata concessa l’idoneità allo sport. Nei rimanenti 4 atleti tutti gli esami sono risultati negativi tranne il tilt test che ha indotto sincope con bradicardia e ipotensione. A questi ultimi atleti è stato permesso di continuare l’attività sportiva. In sintesi solo 2/474 (0,4%) dei casi di sincope da sforzo è associata ad anomalie degli accertamenti di base sono stati dichiarati non idonei. Durante il follow-up in media di 6,2 anni 58/411 atleti con sincope non correlata allo sforzo hanno avuto almeno 1 ricorrenza di sincope (tempo medio alla prima ricorrenza 7 anni), 6 hanno avuto 2 ricorrenze e 9 traumi non gravi. Almeno una ricorrenza hanno manifestato 9/57 atleti con sincope dopo sforzo. Nella tab.9 è riportata la ricorrenza di sincope negli atleti con sincope non correlata allo sforzo e dopo sforzo che non mostra differenze significative nella ricorrenza di sincope.tra le due forme. L’unico fattore predittivo di ricorrenza è stato il numero assoluto di episodi sincopali in anamnesi (vedi tabella 10). Nessun altro fattore compresi l’età, il sesso, il tipo di sport praticato è risultato predittivo. Al follow-up di 6 anni un solo atleta ha avuto sincope da sforzo senza evidenza di cause cardiache, ma con dimostrazione di sincope vasovagale al tilt test. In sintesi, i 472 atleti con sincope non hanno avuto eventi cardiovascolari maggiori nel follow-up pur continuando l’attività sportiva agonistica. COMMENTI Gli atleti con sincope rappresentano un problema clinico rilevante dal momento che la sincope può rappresentare sia un evento vasovagale benigno che un sintomo di malattia cardiaca grave potenzialmente letale. La nostra esperienza ha considerato un numeroso gruppo di atleti competitivi con sincope confermando che la maggioranza delle sincopi sono di natura neuromediata duran- F. Ammirati - La Sincope nello sportivo. te le normali attività quotidiane e che la maggior parte delle sincopi dopo sforzo sono dovute ad ipotensione ortostatica. La diagnosi, in questi casi, è stata ottenuta con la valutazione iniziale. Una particolare attenzione deve essere invece riservata alle sincopi da sforzo. Infatti anche se più rare (1% di tutte le sincopi e 0,08 di tutta la popolazione del nostro studio), in questi casi gli atleti devono essere sottoposti ad una valutazione più completa allo scopo di identificare una possibile causa cardiaca che più frequentemente si correla con la sincope da sforzo. La ricorrenza di sincope negli atleti, nella nostra esperienza, è stata bassa come nella corrispondente popolazione generale di età giovanile. Tutti gli atleti (tranne 2) che hanno continuato l’attività sportiva hanno avuto una prognosi benigna senza eventi cardiaci maggiori in 6 anni di follow-up. In questi atleti infatti non era stata rilevata nessuna evidenza clinica ed elettrocardiografia di cardiopatia che rap- 21 presenta un criterio per identificare le forme a prognosi peggiore sia nei giovani atleti che nella popolazione sedentaria. CONCLUSIONI La sincope è un sintomo piuttosto frequente negli atleti giovani anche se a bassa ricorrenza e nella maggioranza dei casi è di natura neuromediata. La gestione clinica della sincope negli atleti è simile a quella della popolazione sedentaria dal momento che presenta caratteristiche cliniche e prognostiche simili ai soggetti sedentari di pari età. Una sincope che si manifesta durante le normali attività quotidiane non correlate allo sforzo è in genere associata ad una prognosi benigna. La sincope da sforzo invece deve essere valutata con estrema attenzione per la possibile prognosi infausta. Il rilievo dall’anamnesi, l’esame obiettivo e l’ECG di anormalità deve comunque spingere ad un completo approfondimento diagnostico con esami di II livello. Tabella 3 Tabella 1 Tabella 2 Tabella 4 - Prognosi delle differenti forme di sincope. La sincope da causa cardiaca ha una maggiore mortalità rispetto ad altre forme. La sincope vasovagale ha la stessa mortalità della popolazione senza sincope. Soteriades New Engl J Med 2002; 347: 878-885 22 Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008 Alterazioni ECG suggestive di probabile cardiopatia sottostante e/o sincope aritmica: - BBolx; - EAS; - extrasistolia sopraventricolare e ventricolare frequente; - tachiaritmie sopraventricolari; - alterazioni lievi della ripolarizzazione ventricolare; - alterazioni della ripolarizzazione ventricolare – V1-V2 (Sospetta Sindrome di Brugada). Tabella 5 Tabella 8 Tabella 6 Tabella 9 Alterazioni ECG fortemente suggestive di cardiopatia sottostante e/o di sincope aritmica: - blocchi seno-atriali; - blocchi atrio-ventricolari; - blocchi bifascicolari (BBS; BBdx + EAS; BBdx + EPS; ecc.); - tachicardie ventricolari sostenute e non; - segni di ipertrofia del ventricolo sinistro; - alterazioni significative del tratto ST (sopra e sottoslivellamento); - QT lungo; - Sindrome di W-P-W. Tabella 7 Tabella 10 F. Ammirati - La Sincope nello sportivo. 23 BIBLIOGRAFIA 1-Brignole M, Alboni P, Benditt D et al Guidelines on the Management of Syncope EHJ 2001; 22: 1256-1306 2-Soteriades ES, Evans SC, Larson MG et al Incidence and prognostic of Syncope New England J Med 2002; 347: 878-885 3-Kapoor WN, Hanusa B Is Syncope a risk factor for poor outcomes? Comparison of patient with and without syncope Am J Med 1996; 100: 646-655 4-Mc Kewna W, Deanfield J, Fanqui A et al Prognosis in Hypertrofic Cardiomiopathy: role of age and clinical, electrocardiografic and hemodynamic features Am J Cardiol 1981; 47: 532-538 5-Delal P, Fujisic K, Hupart P et al Arrhytmogenic right ventricular dysplasia. 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