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ARTICOLI ORIGINALI
Alla ricerca della “perfetta” compliance:
un modello ottimale di gestione
del programma sport-terapeutico – III Atto
Luigi D’Andrea, Antonello D’Andrea, Paola Romano, Vittorio Panetta
Centro di Cardiologia Preventiva A.S.L. NA 1, Napoli,Cattedra di Patologia Clinica, Università degli Studi “Federico II”, Napoli
RIASSUNTO
La compliance alla sport-terapia è necessaria per il successo dei programmi sia individuali sia comunitari. Le motivazioni alla partecipazione sono identificate e si sottolinea l’importanza del carattere estroverso od introverso nella interazione medico prescrittore/ tecnico
somministratore e personalità del soggetto.
Viene presentato il modello gestionale sperimentato dagli A.A., che prevede la collaborazione di due componenti: la medico-diagnostica
con la tecnico-operativa. I tre tempi della prescrizione, somministrazione e controllo di efficacia sono intergrati da: 1) colloquio con il
medico sul rapporto costo/benefici; 2) relazione interpersonale con il laureato in Scienze motorie sulle caratteristiche dell’allenamento;
3) colloquio con il laureato in Biologia sul rapporto dieta/esercizio fisico.
Viene presentato il Questionario sulla compliance elaborato e sommnistrato, dal gennaio 2005 al dicembre 2006, a 100 ultraquarantenni presso
centri benessere e/o palestre evidenziando la prevalenza del sesso femminile (79%) alla iscrizione, con una partecipazione del 66% ad 1 anno.
La “percezione” del problema da parte degli operatori sanitari interessati alla somministrazione, conferma la prevalenza delle donne con
una frequenza “percepita” del 60% ed una compliance del 67% “percepita” a distanza di 1 anno.
Parole chiave: sport.terapia, compliance, modelli di gestione.
INTRODUZIONE
Uno dei problemi pratici maggiori che si incontrano nella
programmazione sport-terapeutica in un adulto sedentario
o in un cardiopatico stabilizzato e con anamnesi negativa
per attività sportiva praticata in giovane età, è quello di
ottenere il consenso e la complicità o compliance alla prescritta rivoluzione del suo stile di vita1-3.
Esistono responsabilità dei singoli e della comunità sociale nel condizionare lo scarso interesse nella civiltà industrializzata per l’allenamento fisico. Le motivazioni alla
partecipazione ai programmi sport-terapeutici, indicate in
tabella 1, sono molteplici:
Anche i più ottimistici studi però, evidenziano una relativamente bassa compliance ai programmi sport-terapeutici
sia negli adulti sedentari apparentemente sani che nei
cardiopazienti in corso di riabilitazione cardiologica; la
Indirizzo per corrispondenza:
Prof. Luigi D’Andrea
C.so Europa, 72 - 80127 Napoli
Tel/Fax 0817145205 Cell. 3356653414
E.mail: [email protected]
percentuale di compliance varia dal 17% al 89% nel primo
gruppo e dal 12% al 60% nel secondo (Fig. 1).
Il motivo principale addotto per il drop out è la mancanza
di tempo”, anche se spesso è evidente che il soggetto
dispone di tempo libero. Una importante variabile della
compliance è l’interazione tra la personalità del partecipante ed il leader del gruppo che si esercita o del medico
prescrittore e supervisore del programma di allenamento.
A nostro avviso è importante anche la convinzione del
terapeuta nella bontà ed utilità del trattamento proposto,
che dovrà essere disegnato al fine di ottenere il massimo
rinforzo verso lo stile di vita attivo, quando sopravviene il
disagio dell’allenamento ed il paziente deve scoprire le
ricompense interne di un più attivo stile di vita.
D’altro lato il miglioramento della compliance ai programmi di sport-terapia è utile, non solo per il successo dei
trattamenti individuali, ma anche per migliorare il rapporto
costi/benefici nei programmi comunitari. Infatti esiste un
impatto positivo dell’incremento dell’attività fisica abituale sul costo delle cure mediche (sia per le malattie acute
che per le croniche degenerative cardiovascolari e geriatriche) ed i calcoli del risparmio che si ottiene sono basati su
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Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
Fig. 1 – Compliance with exercise programs.
Compliance ai programmi di esercizio fisico (R. J. Shepard. Sports Medicine 1985; 2: 348).
una percentuale di partecipazione ai programmi di allenamento del 20%, percentuale che dovrebbe aumentare con
più efficaci tecniche di reclutamento e con una migliore
tecnica di sostegno della compliance all’esercizio fisico.
La più importante variabile della compliance a nostro
avviso, è l’interazione tra la personalità del partecipante
ed il leader del gruppo che si esercita in particolare del
medico prescrittore e del tecnico somministratore del programma di allenamento.
Deve essere sottolineata, secondo noi, l’importanza della
“convinzione” del terapeuta sulla bontà ed utilità del trattamento, che deve essere disegnato su misura (tailored
sport-therapy) per ottenere il massimo rinforzo verso lo
stile di vita attivo quando sopravviene il disagio dell’allenamento ed il paziente deve scoprire le ricompense interne di un più attivo stile di vita1-5.
Noi riteniamo che si possa descrivere la Triade delle tre
“M” (Medico, Malato, Malattia) che caratterizza le componenti che interagiscono nella realizzazione di una perfetta compliance. La natura della malattia influenzerà la
compliance in relazione alla ripercussione dei sintomi e
segni patologici sulla qualità di vita (sulle sue componenti
somato-fisiologiche, psicologiche, sociali).
Le caratteristiche psicologiche del malato condizioneranno
un atteggiamento diversificato in relazione al carattere
estroverso od introverso del soggetto. Nella nostra espe-
Tab. 1 – Questionario sulla percezione del ruolo delle
Linee Guida
Tab. 2 – Comportamenti differenziali in relazione
al carattere estroverso e introverso
Estroversi
Comportamenti
Introversi
ITEM 1 Favoriscono comportamenti basati su “efficacia”
ed “efficienza
↓
Autovalutazione e monitorizzazione
di segni e sintomi
↑
ITEM 2 Mortificano l’autonomia e la libertà decisionale
↓↑
Rispetto della prescrizione medicamentosa:
posologia e schema di somministrazione
↑
↓↑
Rispetto della prescrzione non farmacologica:
dieta, abolizione del fumo, riduzione dello stress
↑
↓↑
Rispetto degli appuntamenti ai controlli medici
↑
↓↑
Autocontrollo del trattamento farmacologico:
diuretici, anticoagulanti, ACE inibitori, ecc.
↑
↓↑
Autocontrollo del trattamento non farmacologico:
controllo del peso, restrizione del sale, esercizio
fisico
↑
ITEM 3 Sono strumenti di tutela della professionalità
ITEM 4 Impoveriscono il ragionamento clinico
ITEM 5 Migliorano l’assistenza
ITEM 6 Provocano medicina di basso profilo
ITEM 7 Diminuiscono i costi dell’assistenza medica
ITEM 8 Aumentano i costi per inserimento di procedure
scientifiche sequenziali per problemi minori risolvibili con “arte e senso clinico”
Il simbolo ↓ significa atteggiamento negativo
ed il simbolo ↑ atteggiamento positivo
L D’Andrea, A D’Andrea, P Romano, V Panetta – Alla ricerca dela “perfetta” compliance…
rienza i soggetti estroversi con le caratteristiche psicologiche degli Highlanders (immortali) sono i più resistenti nell’accettazione passiva del programma sport-terapeutico,
mentre i soggetti introversi, presentano una migliore accettazione delle raccomandazioni (Tab. 2, dati non pubblicati).
I medici possono rappresentare il maggiore ostacolo ad una
perfetta compliance quia mali, quia mala, quia male (Fig. 2).
IL NOSTRO MODELLO DI GESTIONE:
DALLA “INTUIZIONE” FISIOPATOLOGIA
ALLA “REALIZZAZIONE” SUL TERRITORIO
L’équipe da noi proposta e sperimentata nel nostro Centro
di Cardiologia Preventiva e dello Sport, dal 2000 ad oggi,
è costituita dalle seguenti figure professionali che costituiscono una “doppia anima” che integra la componente medico-diagnostiva con la componente tecnico-operativa:
A. 2 Medici, specialisti in Cardiologia e Medicina dello
Sport, esperti di Eco-cardiografia ed Ergometria in
Cardiologia dello Sport;
B. Laureta in Scienze motorie, specialista in Attività
Motoria Adattata e Master in Sport-terapia;
C. Biologo, specialista in Patologia clinica, esperto di
Bioenergetica Muscolare;
D. Tecnico di cardiologia, esperto di cicloergometria. 6, 7.
La dotazione strumentale del nostro Centro integra quella
prevista dalla Giunta Regionale Campania con:
– Ecocardiografo;
– Sistema per il monitoraggio ambulatoriale della pressione
arteriosa;
– Sistema per il monitoraggio elettrocardiografico secondo Holter e per lo studio dei potenziali tardivi;
– Cicloergometro a freno elettromagnetico.
Tutti i soggetti da inserire in un programma sport-terapeutico sono sottoposti ad una serie di accertamenti integrati
in tre tempi:
I° tempo: la prescrizione
II° tempo: la somministrazione
III° tempo: controllo di efficacia periodico.
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Il sostegno alla migliore compliance è ottenuto con una
serie di accorgimenti8-12:
I. Colloquio con il Medico prescrittore, il quale espone
con chiarezza:
a. i benefici derivanti dalla sport-terapia;
b. i rischi legati ad eventuali controindicazioni cardiologiche, metaboliche, neuro-sensoriali, osteoarticolari;
c. gli svantaggi che scaturiscono dalla non partecipazione al programma.
II. Relazione inter-personale con il laureato in Scienze
Motorie, che illustra le caratteristiche biomeccaniche
del programma, rendendolo il più adatto alla cultura, ai
bisogni, alle caratteristiche antropometriche e funzionali del soggetto, ai suoi eventuali precedenti sportivi,
alle sue preferenze nei riguardi delle attività fisiche, al
comportamento motorio durante la prova cicloergometrica, elaborando un adatto supporto “emotivo”, che
superi il disagio iniziale, legato all’ansia da prestazione.
III. Colloquio con il laureato in Scienze Biologiche, che
chiarisca il costo energetico dell’esercizio proposto e
le sue relazioni con l’introito calorico dietetico.
La nostra équipe multidisciplinare elabora il programma
sport-terapeutico “su misura” valutando:
– i punti di vista e le preferenze del paziente;
– la comprensione del partner e del nucleo famigliare;
– la durata, la convenienza, i costi, l’accessibilità e gli orari;
– le caratteristiche demografiche e personali.
Le due “anime” dell’équipe: quella medico-diagnostica e
quella tecnico-applicativa si impegnano:
– per una chiara comunicazione;
– per un supporto emotivo che possa alleviare i sentimenti di
paura ed ansia da prestazione nei riguardi dell’esercizio fisico;
– per un programma “fattibile” e “compatibile” con i valori del paziente, le sue preferenze, i suoi bisogni culturali,
sociali ed economici;
– per una integrazione del programma sport-terapeutico
con la dieto-terapia e con la farmaco-terapia, assicurando
la continuità assistenziale senza transizione tra una cura
e l’altra, tra uno specialista e l’altro.
Fig. 2 – Le tre “M” dei Medici.
Mali: non conoscono o non sono aggiornanti sulla fisiopatologia dell’esercizio e/o sulla prescrizione dell’esercizio fisico in ambito cardiologico come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, efficace ed a basso
costo, approvato nel Documenti di Consenso delle principali Società Scientifiche Nazionali ed
Internazionali.
Mala: non prescrivono il programma di sport-terapia più adatto (in door et out door, in qualità ed in quantità
personalizzata al caso specifico).
Male: somministrano il programma sport-terapeutico secondo uno schema di allenamento meno adatto e
senza nessun sostegno alle difficoltà psicologiche, ambientali e sociali.
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Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
Il nostro motto è:
– evitare errori per eccesso di valutazione (Sindrome di
Ponzio Pilato);
– evitare errori per difetto di valutazione (Sindrome di
Cristo Supremo Giudice);
– evitare la peregrinazione dissennata tra i vari specialisti
( Sindrome del doctor shopping).
IL QUESTIONARIO SULLA COMPLIANCE
ALLA SPORT-TERAPIA
Abbiamo elaborato un Questionario per la valutazione della
Compliance alla Sport-terapia utilizzabile per la popolazione sana sedentaria e prevalentemente applicabile a soggetti
affetti da patologie croniche e degenerative (Tab. 3).
Il Questionario sulla Compliance, somministrato all’inizio e dopo un programma di sport – terapia effettuato
sul territorio, oltre ai dati anagrafici del paziente
(Nome, Cognome, sesso, età) prende in esame sia i
diversi parametri che caratterizzano la capacità funzionale di un soggetto sedentario o affetto da patologia cronica degenerativa (dati di laboratorio e dati cardiologici), sia le caratteristiche pscicologiche-motivazionali
(motivazioni) ed il tipo di esercizio fisico che si preferirebbe utilizzare come sport-terapia (programma di
sport-terapia desiderabile).
Il Questionario si conclude cercando di definire la volontà
del paziente, protratta nel tempo, alla pratica di un programma di esercizio fisico, cercando di evidenziare e far
descrivere le motivazioni causali e/o temporali di un’eventuale interruzione al proseguimento del programma
stesso; in altre parole, di chiarire le cause principali della
cosiddetta non-compliance alla sport-terapia13,14.
Abbiamo pensato di testare il nostro Questionario sulla
Compliance alla Sport-terapia somministrandolo ad un
campione di 100 ultra-quarantenni con età media 56 ± 7
presso diversi Centri-Benessere e/o palestre (79% femmine e 21% maschi), da gennaio 2005 a dicembre 2006.
I dati raccolti dimostrano che le donne sono sia in prevalenza (79% del campione, Fig. 3) sia i soggetti più rispettosi delle caratteristiche e della durata del programma. In
particolare il 66% dei soggetti di sesso femminile prosegue la sport-terapia dopo un anno dalla prescrizione, contro il 18% dei maschi (Fig. 4).
Per verificare la percezione del problema da parte degli
operatori sanitari interessati nella somministrazione dei
programmi sport-terapeutici, abbiamo inoltre intervistato
32 laureati in Scienze Infermieristiche e/o in Scienze
Motorie, iscritti al XV Congresso Nazionale ANCE –
Cardiologia del Territorio in Roma (ottobre 2005), durante
un dibattito interattivo sul tema “Farmaci e Sport-terapia
alleati nella lotta alle dislipidemie”.
I soggetti erano un campione rappresentativo delle Regioni italiane (4 del Lazio, 10 del Piemonte, 6 della Sardegna, 4 dell’Abbruzzo, 2 della Lombardia, 2 della Calabria,
2 della Toscana, 2 delle Marche).
Tab. 3 – Questionario
Compliance alla Sport-terapia
Nome: _________________ Cognome _________________
Età _____________ M/F
Abitudine al fumo: SI NO
Peso (Kg): _____ Altezza (cm) ______ B.M.I.: ___________
DATI DI LABORATORIO
Ultimo valore della glicemia: Normale ..........................
Anormale ........................
Ultimo valore della colesterolemia totale: ......................
Ultimo valore del colesterolo HDL: ................................
Ultimo valore dei trigliceridi: ..........................................
mg%
mg%
mg%
mg%
mg%
DATI CARDIOLOGICI
Ultimo valore pressione arteriosa ___________________
Ultimo E.C.G.: Normale
SI NO
Anormale Aritmia cardiaca
SI NO
Danno miocardio
SI NO
Ipertrofia miocardica SI NO
Pregresso infarto
SI NO
MOTIVAZIONI
Precedenti sportivi: SI (Quale sport?) _____________ NO
Carattere: Estroverso
Introverso
Grado di autostima: Insufficiente
Sufficiente
Desiderio di socializzazione
Prescrizione medica: SI NO
PROGRAMMA DI SPORT-TERAPIA DESIDERABILE
Camminare: jogging, marcia in piano
SI
NO
Nuotare: nuoto di fondo, in piscina
SI
NO
Pedalare: ciclismo in pianura
SI
NO
Sciare: sci di fondo
SI
NO
Vogare: voga longa
SI
NO
Da quanti anni pratichi programmi di esercizio fisico? ______
Hai mai smesso? SI NO
Perche’?_________________________________________
________________________________________________
Quando? ________________________________________
L D’Andrea, A D’Andrea, P Romano, V Panetta – Alla ricerca dela “perfetta” compliance…
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Fig. 3 – Frequenza in Centri Benessere e palestre.
Fig. 4 – Aderenza al programma di sport-terapia dopo un anno dalla prescrizione.
Fig. 5 – Frequenza “percepita” da operatori sanitari.
Fig. 6 – Compliance “percepita” da operatori sanitari.
Venivano posti 2 quesiti:
1) I Centri di benessere fisico e/o palestre protette sono
frequentati in prevalenza da uomini o donne?
2) A distanza di un anno dalla iscrizione, chi continua a
frequentare i suddetti Centri?
A maggioranza assoluta, gli intervistati hanno indicato il
sesso femminile prevalente ed interessato, con maggiore
compliance, a distanza di un anno, ai programmi di sportterapia rispetto al sesso maschile (Figg. 5 e 6).
Tutti i dati riferiti rappresentano la nostra esperienza-pilota e
saranno ulteriormente verificati, validati ed arricchiti con una
adeguata valutazione statistica con il procedere della esperienza
sul campo della nostra équipe multidisciplinare sport-terapeutica
nella prevenzione e riabilitazione cardiologica a lungo termine.
BIBLIOGRAFIA:
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2. D’Andrea L. La prescrizione sport-terapeutica per la qualità di vita
del cardiopatico ischemico. Int J Sports Cardiol 1993; 2: 201-204.
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Cardiol 1999; 8: 173-179.
4. Guiducci U, D’Andrea L. Prescrizione dell’esercizio fisico nel
soggetto sano e nel cardiopatico: principi generali. Consensus
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11. Epstein LH, Cluss PA. A behavioural medicine prospective
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dropout from exercise programs in post-coronary patients. Med
Sci Sports Exerc 1981; 13: 164-8.
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Extrasistolia sopraventricolare e idoneità sportiva
Daniele D’Este
Unità Operativa di Cardiologia, Ospedale Civile di Dolo (Venezia).
Le extrasistoli sopraventricolari sono di frequente riscontro in una popolazione di atleti.
In questi soggetti l’ECG dinamico secondo Holter evidenzia battiti ectopici sopraventricolari isolati, per lo più
meno di 250 nelle 24 ore, in oltre il 30% dei casi e aritmie
atriali più complesse (battiti ripetitivi, brevi runs di tachicardia atriale) in circa il 3% dei soggetti 1 . Quando invece
si esamini con ECG dinamico una popolazione di atleti
sintomatici per cardiopalmo oppure con aritmie atriali
documentate o ancora con patologia cardiovascolare
acquisita o congenita, la probabilità di osservare aritmie
atriali aumenta considerevolmente. In una popolazione di
atleti così selezionata Caselli e coll.2 osservarono all’ECG
dinamico battiti ectopici sopraventricolari in circa il 60%
dei casi. Una percentuale non trascurabile (oltre lo 8%) di
questi soggetti presentava battiti ectopici sopraventricolari
frequenti (>100/24 ora) isolati e oltre il 9% forme complesse, intese come battiti ripetitivi non occasionali o
brevi runs di tachicardia sopraventricolare o di fibrillazione atriale.
È opinione comune, suffragata dalla esperienza personale
ed espressa anche nei protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 2003 (COCIS 2003) 3
che, in un soggetto asintomatico e con cuore normale
all’esame obiettivo, il semplice riscontro ad un ECG di
base, peraltro normale, di battiti prematuri sopraventricolari isolati, sporadici e che non aumentano con lo step test
non deve rappresentare motivo di non idoneità.
Al contrario, quando i battiti sopraventricolari siano molto
frequenti (un limite arbitrario ma plausibile potrebbe essere 100/ora) e soprattutto quando si evidenzino delle forme
complesse come sopra definite (battiti ripetitivi non occasionali, brevi runs di tachicardia sopraventricolare o di
Indirizzo per corrispondenza:
Daniele D’Este
Unità Operativa di Cardiologia,
Ospedale Civile di Dolo (Venezia)
Riviera XXIX Aprile, 2 30031 Dolo (Venezia)
Tel 0415133332
e-mail: [email protected]
fibrillazione striale) è opportuna una valutazione più
approfondita volta ad escludere una patologia organica,
specialmente se il soggetto è sintomatico per cardiopalmo.
Le indagini hanno in questo contesto due fondamentali
obiettivi: 1) escludere la presenza di una patologia strutturale cardiaca; 2) valutare il rapporto tra l’esercizio fisico e
la comparsa delle aritmie; 3) escludere che le aritmie
osservate all’ ECG di base o durante la registrazione
Holter siano l’epifenomeno di aritmie sopraventricolari
“maggiori” (in particolare tachicardia atriale, flutter e
fibrillazione atriale e tachicardie parossistiche sopraventricolari) o di una malattia del nodo del seno.
Quanto al primo punto, una delle patologie che più spesso
si associa alle aritmie atriali complesse è il prolasso mitralico, in cui aritmie sopraventricolari sono descritte in percentuale variabile dal 3 al 32% 4. Altre forme di cardiopatia congenita o acquisita sono descritte da Caselli e coll 2
in circa il 4% dei soggetti con battiti prematuri atriali. Va
inoltre presa in considerazione la eventualità, anche se
rara, che alla base di questo reperto vi possa essere una
patologia infiammatoria (miocardite o pericardite) che
perciò deve essere ricercata con attenzione.
Quanto al secondo e al terzo punto, un test ergometrico
massimale potrà chiarire se lo sforzo possa svolgere il
ruolo di “trigger” delle aritmie osservate in condizioni
basali e soprattutto se l’esercizio favorisca l’innesco di
tachicardie o tachiaritmie sostenute. Un ECG dinamico,
qualora non fosse stato già eseguito, potrà fornire informazioni sulla funzione del nodo del seno, per escludere
una malattia atriale con sindrome bradicardia-tachicardia,
e, specie se prolungato per 48 ore, può consentire di evidenziare eventuali forme aritmiche atriali “maggiori”. A
questo proposito va ricordato che in molti casi di fibrillazione atriale parossistica si riscontrano, all’ ECG basale o
all’ECG dinamico, battiti ectopici atriali con aspetto “P on
T” che spesso originano dalle vene polmonari (specialmente quelle superiori) e che rappresentano il “trigger”
della fibrillazione atriale 5. Infine, in casi selezionati, si
potrà prendere in considerazione anche l’esecuzione di
uno studio elettrofisiologico transesofageo o endocavitario
D. D’Este – Extrasistolia sopraventricolare e idoneità sportiva
che, soprattutto nei soggetti sintomatici per cardiopalmo
sostenuto, rappresenta il “golden standard” e possiede una
elevata sensibilità e specificità 6.
La nostra personale esperienza 7 riguardante soggetti con
aritmie atriali praticanti attività sportiva si riferisce ad una
analisi condotta su oltre 5000 soggetti sottoposti a visita
medica per idoneità allo sport nel corso dell’anno 2001
presso il centro di Medicina dello Sport dell’Ospedale di
Noale. In 15 di essi (0.3%), di età compresa tra 18 e 45
anni, l’ ECG basale evidenziò battiti prematuri sopraventricolari frequenti o complessi. Solo uno di essi era sintomatico per cardiopalmo extrasistolico e nessuno lamentava episodi di cardiopalmo sostenuto. In uno di questi soggetti, asintomatico, l’ ECG basale mostrava una preeccitazione ventricolare da via anomala atrio-ventricolare tipo
Kent. Un successivo ECG dinamico evidenziò alcuni runs
di tachicardia atriale a frequenza non elevata condotti
esclusivamente attraverso il nodo atrio-ventricolare. La
stessa aritmia, non sostenuta, venne riprodotta con la stimolazione atriale transesofagea che consentì inoltre di
definire la via anomala come non a rischio potenziale. In
un altro di questi soggetti l’ecocolordoppler cardiaco evidenziò la presenza di un lieve prolasso della valvola
mitrale. Un terzo soggetto presentò durante il test da sforzo massimale, in fase di recupero, un breve run di fibrillazione atriale con QRS stretto e venne perciò avviato all’esecuzione di una stimolazione atriale transesofagea che
consentì di indurre, durante sforzo, un episodio non sostenuto di tachicardia sopraventricolare verosimilmente da
rientro attraverso una via anomala occulta a frequenza di
poco superiore a quella spontanea e soggettivamente non
avvertito. Negli altri soggetti le ulteriori indagini risultarono sostanzialmente negative. Va sottolineato che tutti questi soggetti, compresi quelli con una qualche evidenza di
patologia, vennero peraltro giudicati idonei allo sport e non
presentarono problemi di rilievo nel successivo follow-up.
Questi dati confermano dunque che le extrasistoli sopraventricolari numerose o complesse non rappresentano di
norma un problema per l’attività sportiva e ribadiscono
che nella maggior parte dei casi esse non sono associate a
una patologia evidenziabile con le comuni indagini strumentali (ECG, Holter, test ergometrico).
Considerata, dunque, la scarsa rilevanza clinica delle
extrasistoli atriali complesse e l’esiguo numero di soggetti
con queste caratteristiche che giunge poi all’esecuzione di
uno studio elettrofisiologico, sono rari, per non dire assen-
7
ti, gli studi sistematici volti a studiare il substrato elettrofisiologico di queste aritmie nei soggetti in cui non vi sia
alcuna anomalia strutturale cardiaca né sia evidente una
patologia elettrofisiologica (ad esempio una malattia del
nodo del seno o una preeccitazione ventricolare).
Alcuni anni fa il nostro gruppo ha pubblicato dei dati al
riguardo 8, utilizzando come strumento di indagine elettrofisiologica la stimolazione atriale transesofagea. In quell’occasione vennero sottoposti a stimolazione atriale transesofagea 18 soggetti di età compresa tra 15 e 33 anni con
battiti prematuri sopraventricolari complessi riscontrati
all’ECG basale e/o durante test da sforzo e/o durante registrazione dell’ ECG dinamico per 24 ore, individuati tra
un campione di 2061 soggetti esaminati dal Centro di
Medicina dello Sport di Noale nel corso del 1991, escludendo però dalla indagine i soggetti con anomalie riconoscibili sulla base dell’ECG, dell’Holter e dell’ecocardiogramma (soprattutto preeccitazione ventricolare, bradicardie significative, prolasso mitralico ed altre anomalie ecocardiografiche maggiori o minori). 8 di questi soggetti
erano sintomatici per cardiopalmo a riposo (6 soggetti) o
durante esercizio (2 soggetti). Come gruppo di controllo
vennero utilizzati 15 soggetti della stessa età con ECG
basale, ECG dinamico, test da sforzo ed ecocardiogramma
normali, ma nei quali la stimolazione transesofagea venne
eseguita per sospetta (e successivamente esclusa) preeccitazione ventricolare (9 soggetti), per sincope (2 soggetti),
per cardiopalmo durante sforzo (2 soggetti), per sospetta
(e successivamente esclusa) malattia del nodo del seno
(1 soggetto).
In tutti i soggetti del gruppo in studio la funzione del nodo
del seno risultò normale, mentre in 9/18 la curva di funzione del nodo A-V risultò compatibile con la presenza di
una doppia via nodale. In 3 casi (tutti con doppia via
nodale) il protocollo per la valutazione della vulnerabilità
atriale indusse una fibrillazione atriale non sostenuta. I 2
soggetti sintomatici per cardiopalmo da sforzo, e con studio transesofageo basale negativo, vennero anche sottoposti a stimolazione durante esercizio che consentì di diagnosticare in entrambi la presenza di una tachicardia da
rientro attraverso una via anomala occulta. Nel gruppo di
controllo la funzione del nodo del seno risultò in tutti normale, mentre la presenza di una doppia via nodale venne
identificata in solo un soggetto. Nei soggetti di questo
gruppo il protocollo per la valutazione della vulnerabilità
atriale indusse una fibrillazione atriale sostenuta in 3 casi,
e in particolare in entrambi i soggetti sottoposti allo studio
per cardiopalmo da sforzo.
8
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
Complessivamente dunque, lo studio transesofageo evidenziò una qualche anomalia in 10/18 (55.5%) dei soggetti
con extrasistoli atriali complesse e in 4/15 (26.6%) dei
non aritmici. Questi dati suggeriscono che, quando si
escludano altre cause strutturali, le extrasistoli sopraventricolari complesse possano in qualche modo essere correlate con la presenza di una doppia via nodale o, meno
spesso, di una via anomala occulta atrio-ventricolare.
Ma, soprattutto, queste osservazioni suggeriscono di valorizzare non solo e non tanto la presenza di extrasistoli
atriali complesse quanto invece in modo particolare il sintomo cardiopalmo da sforzo. Infatti, in tutti e 4 i soggetti di
entrambi i gruppi che riferivano questo sintomo la stimolazione transesofagea indusse aritmie sostenute (tachicardia parossistica sopraventricolare o fibrillazione atriale).
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9
Studio mediante ecocardiocolordoppler negli atleti di endurance.
Esperienza personale.
Luigi Ferritto
Dipartimento di Medicina Generale; Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport; Clinica “Athena” Villa dei Pini, Piedimonte Matese (CE).
RIASSUNTO
INTRODUZIONE: Gli intensi allenamenti a cui si sottopongono gli atleti agonisti portano a dei cambiamenti strutturali del cuore.
Il nostro studio propone la valutazione, mediante ecocardiocolordoppler, della morfologia e della funzionalità cardiaca negli atleti di
endurance.
MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati nello studio un gruppo di 16 atleti di endurance (età tra 24 e 37 anni), praticanti intensa
attività fisica, e un gruppo di 16 soggetti sedentari (età tra 26 e 37 anni). Abbiamo valutato il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo
spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, il diametro atriale sinistro e la funzionalità delle valvole cardiache.
RISULTATI: Nel gruppo degli atleti il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo spessore del setto interventricolare e della parete
posteriore del ventricolo sinistro, il diametro atriale sinistro e il riscontro di rigurgiti valvolari mitralici, tricuspidalici e polmonari è
significativamente maggiore rispetto al gruppo dei soggetti sedentari. La frazione di eiezione del ventricolo sinistro è risultata sostanzialmente uguale nei due gruppi.
CONCLUSIONI: L’allenamento induce un aumento delle dimensioni e della massa cardiaca. Il nostro studio ha evidenziato che la differenza, tra il gruppo degli atleti e il gruppo dei sedentari, raggiunge anche il 25% per quanto riguarda la massa cardiaca.
INTRODUZIONE
Gli intensi allenamenti a cui si sottopongono gli atleti che
praticano attività sportiva agonistica portano a dei cambiamenti strutturali del cuore che, pur sconfinando verso
valori simili a quelli patologici, sono espressione dell’adattamento fisiologico dell’apparato cardiovascolare allo
sforzo 1.
L’impegno nell’esercizio di tipo dinamico o isotonico
determina un sovraccarico di volume e comporta un
aumento della frequenza cardiaca, un aumentato ritorno
venoso ed una caduta delle resistenze vascolari periferiche
soprattutto nel distretto muscolare 2,3.
Il modello di adattamento morfologico centrale comporta
un aumento del volume telediastolico del ventricolo sinistro con lieve ipertrofia parietale (ipertrofia eccentrica).
Infatti l’aumento dello stress di parete muscolare, dovuto
alla dilatazione della cavità ventricolare sinistra, viene
normalizzato attraverso un moderato incremento dello
spessore parietale in accordo alla legge di Laplace 4,5.
MATERIALE E METODI
Presso l’ambulatorio di cardiologia dello sport della
Clinica Athena “Villa dei Pini” abbiamo studiato la
morfologia e la funzionalità cardiaca, mediante ecocardiocolordoppler “G E Vivid 3”, di un gruppo di 16 atleti
master praticanti sport agonistico di endurance (ciclismo)
Indirizzo per corrispondenza:
Dott. Luigi Ferritto
Dipartimento di Medicina Generale
Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport
Clinica “Athena” Villa dei Pini - Piedimonte Matese (CE)
e-mail: [email protected] [email protected]
e di un gruppo di 16 soggetti sedentari o per lo più dediti
ad attività sportiva ludico-ricreativa.
Il gruppo degli atleti aveva un’età compresa tra i 24 e i 37
anni, una frequenza cardiaca a riposo compresa tra i 37 e i
48 b/min’, valori pressori sistolici a riposo di 110±10 mmHg
10
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
e diastolici a riposo di 75±5 mmHg, una SpO2 del 99%.
Essi praticavano settimanalmente 12-20 ore di intensa attività
sportiva e tutti erano risultati idonei all’attività agonistica.
Il gruppo dei soggetti sedentari aveva un’età compresa tra
i 26 ed i 37 anni, una frequenza cardiaca a riposo compresa tra i 60 e gli 80 b/min’, valori pressori sistolici a riposo di 120±10 mmHg e diastolici a riposo di 80±5 mmHg,
una SpO2 del 98%. Essi svolgevano 2-3 ore la settimana
di attività fisica non strenua.
Abbiamo valutato per entrambi i gruppi il diametro ventricolare sinistro in diastole, lo spessore del setto interventricolare e della parete posteriore del ventricolo sinistro in
diastole, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, il
diametro atriale sinistro mediante metodica M-mode, e la
funzionalità delle valvole mediante color-doppler.
RISULTATI
Il ventricolo sinistro in diastole è risultato di dimensioni
comprese tra 54 mm e 62 mm nel gruppo degli atleti mentre
nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 47 mm e
52 mm.
Lo spessore del setto interventricolare in diastole è risultato
compreso tra 11 mm e 13 mm negli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 8 mm e 10 mm.
Lo spessore in diastole della parete posteriore del ventricolo sinistro è risultato compreso tra 11 mm e 13 mm nel
gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultata compresa tra 9 mm e 10 mm.
La frazione di eiezione è risultata essere tra il 60% e il
70% nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari tra il 70% e l’80%.
Il diametro atriale sinistro antero-posteriore in asse lungo
parasternale sinistro è risultato compreso tra 37 mm e 41
mm nel gruppo degli atleti mentre nel gruppo dei sedentari è risultato compreso tra 24 mm e 35 mm.
Abbiamo poi valutato la funzionalità delle valvole, prestando particolare attenzione alla continenza, premesso
che le strutture valvolari erano anatomicamente normali in
tutti i soggetti.
Un rigurgito della valvola mitrale è stato riscontrato nel
gruppo degli atleti in 11 soggetti (69%), mentre nel gruppo dei sedentari solo in 5 soggetti (31%).
Questo jet sistolico era caratterizzato negli atleti da colore
blu omogeneo con poca componente di varianza, si estendeva in atrio sinistro per una lunghezza inferiore a 2 cm
dall’anulus mitralico e con velocità massima registrabile
intorno a 4,5 m/s, mentre nei sedentari la lunghezza non
andava oltre 1 cm, con una velocità massima intorno a 2 m/s.
Un rigurgito della valvola tricuspide è stato riscontrato in
12 soggetti del gruppo degli atleti (75%), e in 8 soggetti
sedentari (50%).
Dott. Luigi Ferritto – Studio mediante ecocardiocolordoppler negli atleti di endurance. Esperienza personale.
11
DISCUSSIONE
biche, si verifica un aumento dei diametri telediastolico e
telesistolico del ventricolo sinistro; lieve aumento degli
spessori parietali; significativo aumento della massa miocardia; aumentato rapporto massa/volume.
La contrattilità del ventricolo sinistro non è risultata differente nei due gruppi , malgrado il gruppo degli atleti presentasse una maggiore massa ventricolare. Tuttavia come
dimostrato in alcuni studi 8-9, la dinamica ventricolare sinistra durante l’esercizio è differente negli atleti rispetto ai
sedentari. Infatti all’acme dello sforzo il cuore negli atleti
riesce, mediante un più rapido rilasciamento ventricolare
con conseguente diminuzione del tempo di riempimento
diastolico, ad aumentare il volume sistolico . Proprio i
parametri di una migliore funzionalità diastolica sono
associati, nell’atleta, ad un incremento delle dimensioni e
della performance ventricolare: non è raro che durante l’esercizio la velocità del flusso transmitralico superi quella
transvalvolare aortica 10.
Il ventricolo nell’atleta esprime un elevato coefficiente di
distensibilità nella fase protodiastolica in cui sembra completarsi quasi interamente il riempimento ventricolare stesso 11. Tutti gli studi sulla funzione diastolica nel cuore fisiologicamente ipertrofico hanno dimostrato velocità massime
d’incremento delle dimensioni del ventricolo sinistro e di
assottigliamento parietale normali o superiori alla norma. Il
miglioramento dei parametri di funzionalità diastolica si
associa ad un aumento delle dimensioni e delle performance ventricolari. Il rilasciamento isovolumetrico è prolungato nelle forme patologiche d’ipertrofia, mentre è sempre
nell’ambito della normalità nell’ipertrofia fisiologica 12,13.
Dal nostro studio si evince che il diametro diastolico del
ventricolo sinistro, lo spessore del setto interventricolare e
della parete posteriore del ventricolo sinistro, sono
aumentati nell’atleta di endurance rispetto al soggetto
sedentario. Questo rimodellamento nell’atleta di resistenza è spiegabile dalla necessità di mantenere elevata, per
un lungo periodo di tempo, la portata cardiaca (che durante lo sforzo supera i 30 l/min) e la pressione arteriosa
sistolica (che durante lo sforzo supera i 200 mmHg) e, per
far fronte a questa necessità, la risposta fisiologica dell’organismo è l’aumento del volume e della massa cardiaca 6.
I dati del nostro studio concordano con i dati della letteratura. Studi ecocardiografici effettuati su 1309 atleti elite
italiani, presso l’istituto di Medicina dello Sport del
CONI, tra cui ciclisti ed altri atleti di endurance ( Pelliccia
A., Maron B.J et al 1999) 7, hanno evidenziato che negli
atleti,ed in particolare in quelli praticanti discipline aero-
La prevalenza dei rigurgiti a carico della valvola mitrale,
tricuspidale e polmonare è maggiore nel gruppo degli atleti rispetto al gruppo dei sedentari: ciò sembra associato
all’aumento delle cavità cardiache, maggiore negli atleti
di endurance rispetto a quelli
praticanti sport di potenza, e a un conseguente allargamento dell’anulus valvolare, sempre in modo limitato,
però, rispetto a ciò che avviene nella cardiomiopatia dilatativa. Utilizzando il mappaggio Color-Doppler, Douglas
et al. 14 hanno osservato che in 45 atleti estremamente allenati il 69% presentava un’insufficienza mitralica, il 76%
un’insufficienza tricuspidale e il 73% un’insufficienza alla
valvola polmonare. In soggetti meno allenati, il reperto di
un’insufficienza valvolare era meno frequente, anche se il
27% presentava un’insufficienza mitralica e il 15% un’insufficienza tricuspidalica.
Anche questo jet sistolico era visualizzato dal color doppler in blu, con una piccola componente di varianza, con
un’estensione in atrio destro abbastanza ampia, fino a 4
cm dall’anulus valvolare negli atleti e fino a 2 cm nei
sedentari, massima in protosistole.
Un rigurgito della valvola polmonare è stato riscontrato
nel gruppo degli atleti in 11 soggetti (69%), mentre nel
gruppo dei sedentari in 7 soggetti (44%). Al color-doppler il rigurgito era rappresentato da colore rosso omogeneo che si estendeva in ventricolo destro per non più di 2
cm, occupando quasi interamente la diastole.
In nessun soggetto di entrambi i gruppi si sono riscontrati
rigurgiti aortici.
12
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
In definitiva, il riscontro di rigurgiti di minima entità al
Doppler in atleti, ma anche in soggetti normali 15, in assenza
di alterazioni morfologiche valvolari e di elementi clinici,
sono molto comuni e non deve essere fonte di allarme,
perché sono dovuti ad un incremento volumetrico, “fisiologico”, delle cavità cardiache secondario all’allenamento 16.
Un ringraziamento speciale per la costante
collaborazione al Dott. Francesco Vitale,
responsabile dell’ambulatorio di
Cardiologia dello Sport
della Clinica “Athena” Villa dei Pini.
CONCLUSIONI
Il cuore, essendo un muscolo, subisce delle variazioni
come risposta funzionale alle sollecitazioni dell’allenamento. Grazie ai meccanismi dell’anabolismo proteico, in
seguito ad un allenamento costante si ha una prevalenza
dell’anabolismo sul catabolismo, con un conseguente
aumento delle strutture fondamentali del cuore, le miofibrille, e quindi, indipendentemente dall’età e dal sesso,
l’allenamento induce un ingrandimento delle dimensioni
cardiache ed un aumento della massa cardiaca.
Il nostro studio ha messo in evidenza che la differenza, tra
il gruppo degli atleti e quello dei sedentari, raggiunge
anche il 25%, per quanto riguarda la massa cardiaca, con un
conseguente miglioramento delle performance aerobiche.
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16. K. Wrzosek,M., W. Brasator, M. Dluzniewski : “Echocardiographic evalutation of valve function in athlete’s hearts- 24- months
of follow-up”, (2002).
Immagini tratte da “Atlas of echocardiography”e da
Ambulatorio Cardiologia dello Sport Clinica “Athena”.
13
Valutazione non invasiva della riserva coronarica:
quale indicazione nell’ipertrofia ventricolare dell’atleta?
????????????????
?????????????????????????
La valutazione ecocardiografica della riserva coronarica, è
una procedura diagnostica semplice, fattibile e riproducibile per la diagnosi non invasiva delle stenosi coronariche
epicardiche e delle disfunzioni del microcircolo. Sebbene
non venga utilizzata in modo routinario nella valutazione
e nella selezione dell’atleta agonista, la sua fattibilità e le
caratteristiche di non invasività la rendono applicabile
anche allo studio di condizioni non patologiche come l’ipertrofia fisiologica del soggetto sportivo.
FISIOPATOLOGIA
DEL CIRCOLO CORONARICO
Dal punto di vista fisiopatologico, il flusso coronarico è
un sistema complesso regolato da numerosi fattori che ne
condizionano l’emodinamica. I segmenti vascolari che lo
costituiscono hanno varia estensione, dimensioni, diramazione e capacità di “autoregolazione”. Quest’ultima caratteristica, in condizioni di normalità anatomica e funzionale,
consente, anche in condizioni di ampia variazione della
pressione di perfusione, un flusso miocardico costante. Le
coronarie epicardiche prossimali, per la loro struttura,
sono vasi di “capacitanza”, condotti di flusso che contribuiscono alla resistenza vascolare nella misura del 5%. Il
microcircolo coronarico arteriolare distale, invece, è la
sede dove maggiormente si esprime la capacità di autoregolazione coronarica contribuendo al 95% della resistenza
vascolare totale. Il flusso coronarico nel soggetto normale
aumenta da 4 a 6 volte per adeguarsi alla domanda miocardica di ossigeno nelle condizioni di aumentata richiesta
metabolica dell’organismo (es. esercizio fisico) prevalentemente attraverso variazioni del tono vasomotorio del
distretto arteriolare coronorarico (vasodilatazione massi-
male). Il concetto di riserva coronarica (RFC) proposto
sperimentalmente da Lance K Gould nel 1974, rappresenta la capacità delle arteriole coronariche di dilatarsi come
conseguenza dell’aumentato bisogno metabolico del cuore
o di uno stimolo vasaoattivo ed è espressa dal rapporto tra
il flusso coronarico massimale dopo stimolo iperemico e il
flusso coronarico in condizioni basali (figura 1).
Esiste, pertanto, una stretta correlazione tra l’integrità
delle coronarie epicardiche e del microcircolo e la capacità di vasodilatazione essendo quest’ultima totalmente
abolita nelle stenosi coronariche gravi (> 90%). La valutazione della riserva coronarica, in un primo momento calcolata in modo invasivo in corso di coronarografia
(Doppler flow wire), nelle indagini scintigrafiche di per
fusione (PET) e successivamente per mezzo dell’ecocardiogramma transesofageo, con l’avvento di tecniche ecocardiografiche sempre più avanzate, è attualmente eseguibile in modo non invasivo attraverso l’ecocardiogramma
transtoracico nel laboratorio di ecostress 1,2 .
Figura 1 - Diagramma di Gould:
CFR: coronary flow riserve (riserva coronarica).
Stenosi non significative (<40%): CFR > 2,5 (normale)
Stenosi coronarica moderata (40-70%) CFR 2-2,5 (bordeline-normale)
Stenosi coronarica severa (> 90%) CFR < 1 (anormale)
Gould KL Am J Cardiol, 1974
DESCRIZIONE DELLA METODICA
Indirizzo per corrispondenza:
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Negli anni ’70, Weiman e Feingenbaum descrissero per
primi la possibilità, inizialmente limitata al tronco comune
e con risultati apprezzabili solo in una percentuale limitata
di pazienti, di identificare in vasi coronarici con le comuni
14
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
sonde impiegate per l’esame ecocardiografico tradizionale.
La corretta valutazione non invasiva della riserva coronarica presuppone la conoscenza anatomica, da parte dell’operatore, delle relazioni spaziali esistenti tra la coronaria
in esame e le strutture adiacenti che rappresentano i riferimenti anatomici per il riconoscimento del vaso.
Inizialmente la metodica è stata applicata per visualizzare
l’arteria discendente anteriore attraverso proiezioni dedicate in sequenze cardiache logiche a seconda del segmento vascolare da identificare e da esaminare e successivamente estesa alle coronarie discendente posteriore e circonflessa. Il tratto prossimale dell’arteria discendente
anteriore è, usualmente, visualizzato attraverso la proiezione asse corto parasternale livello grandi vasi (aorta e
polmonare), mentre il tratto medio-distale viene evidenziato attraverso la proiezione tre camere apicale modificata per il solco atrio-ventricolare anteriore. La coronaria
discendente posteriore va cercata in approccio due camere
apicale ruotando in senso antiorario il trasduttore e focalizzando il solco atrio-ventricolare posteriore. La coronaria circonflessa viene di regola evidenziata dalla proiezione quattro camere apicale angolando il trasduttore posteriormente e avendo come riferimento la punta dell’auricola sinistra. La ricerca anatomica delle arterie, oltre alla
conoscenza e all’esperienza dell’operatore, presuppone
l’utilizzo di strumentazione adeguata (ecocardiografo
dotato di seconda armonica, trasduttori con tecnologia
“phase array” multifrequenza (1,6-7 MHz). Il segnale di
flusso (analisi spettrale attraverso il Doppler pulsato) va
cercato, su guida del Doppler a codice di colore e mantenendo
la “pulse repetition frequency” (PRF) al di sotto delle
velocità medie normali del flusso coronarico (15-30 cm/sec).
L’utilizzo di mezzi di contrasto di ultima generazione,
specie nella fase di apprendimento della metodica, facilità
la ricerca dei vasi aumentando la fattibilità dell’esame. La
visualizzazione dell’arteria discendente anteriore è, teoricamente possibile, dopo adeguato periodo di apprendimento, nel 90% dei soggetti, meno fattibile per la discendente
posteriore (dal 50 al 70%) e in meno del 50% dei soggetti
per la circonflessa. L’utilizzo, in mani esperte, di una strumentazione adeguata consente di visualizzare segmenti
vascolari il più possibile distali ed evita che il campionamento di flusso avvenga al di sopra dei segmenti stenotici.
Una volta acquisiti i dati relativi al flusso coronarico in
condizioni basali e dopo somministrazione di adenosina o
dipiridamolo (vasodilatazione massimale del distretto
arteriolare distale) il rapporto tra la velocità di flusso coronarico in questa fase e la velocità di flusso in condizioni di
base rappresenta la Riserva Coronarica (CFR= coronary
flow reserve). L’esame viene, usualmente, eseguito, in
corso di ecostress di cui rappresenta il naturale completamento diagnostico consentendo la ricerca contestuale
delle alterazioni cinetiche, delle stenosi delle coronarie
epicardiche e delle alterazioni del microcircolo 3, 4, 5.
L’iperemia indotta dal vasodilatatore provoca un aumento
di flusso nelle arterie epicardiche con conseguente riduzione della pressione di perfusione a valle della stenosi e
abolisce il meccanismo di autoregolazione attraverso il
cosiddetto “furto coronarico transmurale”. Il flusso subendocardico che è proporzionale all’entità della stenosi, subisce una riduzione critica e si verifica, quindi, l’ischemia
miocardica.
INDICAZIONI AD ESEGUIRE
LA RISERVA CORONARICA
I principali meccanismi di regolazione del flusso coronarico sono di natura endoteliale – neuroumorale (ossido nitrico, prostaglandine, endotelina), metaboliche (adenosina) e
di origine intrinseca muscolare (contrazione e rilassamento delle fibre muscolari lisce delle pareti vascolari). In
base a queste considerazioni si comprende come al di là
delle classiche indicazioni (sospetta coronaropatia, stratificazione della prognosi nel post-infarto, studio dei graft
venosi e arteriosi, angina microvascolare), il calcolo della
riserva coronarica trova applicazione nella valutazione
delle cardiopatie “non ischemiche” (miocardiopatia dilatativa e ipertrofica) e in numerose malattie di interesse internistico con coinvolgimento cardiaco. L’alterazione del
microcircolo coronarico rappresenta il risultato dell’interazione tra cause anatomiche e cause funzionali in malattie come il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, le arteriti e le vasculiti immunitarie, l’amiloidosi
e la sclerodermia). Le alterazioni morfologie e strutturali
comuni in queste patologie comprendono l’iperplasia
fibromuscolare, l’ipertrofia della media e la disfunzione
endoteliale: esse determinano la riduzione della capacità
del microcircolo a dilatarsi e sono responsabili dell’ischemia miocardica e dell’angina pectoris pur in assenza di
stenosi significative delle coronarie epicardiche. Lo studio
della riserva coronarica nell’ipertrofia miocardica “non
patologica” come quella presente nel cuore d’atleta, effettuato in primo momento con indagini invasive e successivamente con l’ecocardiogramma transtoracico ha dato
risultati sorprendenti e soprattutto differenti rispetto a
?????????????????? - Valutazione non invasiva della riserva coronarica...
quelli riscontrati nei cuori ipertrofici “patologici” (ipertensione arteriosa, stenosi valvolare aortica e miocardiopatia
ipertrofica) 1,2,3,4.
MECCANISMI FISIOPATOLOGICI
DELL’IPERTROFIA
L’ipertrofia ventricolare sinistra rappresenta un meccanismo di adattamento attraverso il quale il cuore normalizza
lo stress di parete preservando integra la funzione di
pompa. L’ipertensione, la stenosi aortica, la miocardiopatia ipertrofica e l’esercizio fisico possono indurre ipertrofia ventricolare sinistra. Studi “in vitro” hanno consentito
di identificare i meccanismi recettoriali che attivano le
risposte cellulari e molecolari (endotelina, angiotensina II,
insulin-like growth factor I) alla base dell’ipertrofia
(aumento delle dimensioni dei miociti, maggiore espressione di geni embrionali, differente organizzazione delle
proteine contrattili e dell’interstizio). A ciascuno di questi
meccanismi corrisponde un’azione specifica e un determinato tipo di risposta cellulare. Per esempio, nell’ipertrofia
concentrica ed eccentrica “patologica” si è osservata maggiore espressione dei geni che codificano per i peptici
natriuretici cosa che non si verifica nelle forme di ipertrofia provocata da stimolo biomeccanico 5. Nell’ipertrofia
da allenamento fisico si osserva un aumento simmetrico e
armonico del diametro e dello spessore dei ventricoli e
degli atri di grado variabile e dipendente da fattori genetici, dall’età e dall’epoca di inizio dell’attività sportiva, dal
tipo e dell’intensità dei programmi di allenamento.
Negli sport di resistenza (prevalentemente aerobici) la
progressiva riduzione delle resistenze periferiche, determina un aumentato ritorno venoso verso il cuore, l’aumento del volume telediastolico ventricolare e della gettata sistolica. Le modifiche anatomo-funzionali peculiari di
questo tipo di allenamento sono rappresentate dell’incremento del volume cardiaco proporzionale a quello della
massa miocardica per verosimile apposizione in parallelo
delle miofibre (ipertrofia eccentrica). Negli sport di potenza, in cui il gesto atletico è caratterizzato dal prevalente
lavoro muscolare statico con impegno energetico prevalentemente anaerobio, l’aumento della massa miocardica è
conseguenza dell’aumento dello spessore di parete con
minimo coinvolgimento del diametro cavitario (rimodellamento-ipertrofia concentrica). In questa condizione, al
contrario di quella precedentemente descritta, le resistenze
periferiche aumentano e il cuore viene sottoposto a brusco
15
aumento del post-carico e conseguente sovraccarico pressorio 6.
Mentre nell’ipertrofia indotta da stimolo biomeccanico
rimangono inalterate le caratteristiche di rilasciamento diastolico dei ventricoli, l’ipertrofia “patologica”, in virtù del
coinvolgimento “globale” della struttura cardiaca, modifica
profondamente il profilo di riempimento ventricolare
espressione dell’aumentata rigidità diastolica dei ventricoli.
Nel soggetto allenato, salvo forme estreme, il grado di
ipertrofia è sempre minore rispetto a quello osservato
nelle forme gravi di miocardiopatia ipertrofica (setto interventricolare > 20 mm, ipertrofia spesso distribuita in
modo asimmetrico) sebbene alcune forme di miocardiopatia ipertrofica siano caratterizzate da un più modesto
grado di ipertrofia (spessore settale compreso tra 13-15
mm) e da una distribuzione simmetrica dell’ipertrofia ventricolare molto vicina morfologicamente alle forme “fisiologiche”. In questi casi controversi, eseguire l’ecocardiogramma dopo un periodo di decondizionamento fisico,
può essere dirimente, ma, a volte, può essere necessario
ricorrere ad indagini diagnostiche di livello superiore 7.
La conseguenza di questo processo di rimodellamento
globale riguarda non solo i miociti ma anche tutte le altre
strutture cardiache (interstizio e vasi) e, nelle forme patologiche (ipertensione arteriosa, ostruzione valvolare, miocardiopatia ipertrofica) si associa frequentemente ad un
aumentato rischio coronarico. Al di là dell’esistenza di
stenosi delle coronarie epicardiche associate (sono spesso
presenti, negli ipertesi, fattori di rischio aterogeno), l’aumento della massa miocardica e il sovvertimento dell’architettura cellulare e interstiziale sono causa di disfunzione del microcircolo che perde o semplicemente modifica
la capacità di vasodilatazione in condizioni di aumentata
richiesta metabolica. Alcuni studi infatti, hanno dimostrato che in condizioni di “ipertrofia” patologica, le coronarie
epicardiche non sono di maggior calibro sebbene il flusso
coronarico in condizioni basali sia aumentato come conseguenza del lavoro cardiaco, dello stress di parete e della
massa del ventricolo sinistro. Ciò che invece è significativamente ridotta è la capacità di vasodilatazione massimale
dopo stimolo iperemico 8, 9, 14.
Nell’ipertrofia ventricolare indotta da stimolo biomeccanico, l’aumento della massa miocardica avviene parallelamente all’aumento della densità dei capillari coronarici.
Infatti, studi eseguiti negli anni ’90, prevalentemente su
modelli animali hanno dimostrato come l’esercizio fisico
rappresenti uno stimolo alla “crescita” delle ramificazioni
coronariche e all’aumento dell’area di sezione dei vasi
coronarici. Gli adattamenti strutturali e le variazioni del
16
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
tono vasomotorio indotti dall’esercizio fisico eserciterebbero un effetto protettivo sulla circolazione coronarica.
Studi successivi eseguiti su atleti in confronto a sedentari
e a ipertesi, sebbene su campioni di popolazione numericamente inadeguati, hanno confermato ciò che era stato
precedentemente osservato. L’arteria coronarica sinistra
prima della biforcazione, è di calibro significativamente
maggiore negli atleti che non nei soggetti sedentari e negli
ipertesi. Il flusso coronarico basale non è differente nell’atleta e nel sedentario, mentre aumentato nell’iperteso. La
capacità di vasodilatazione coronarica sia nei vasi di resistenza che nei vasi di capacitanza è significativamente
superiore nell’atleta 8,9,10,11,12,13.
POSSIBILI INDICAZIONI AD ESEGUIRE
LO STUDIO DELLA RISERVA CORONARICA
NELL’ATLETA
La rivoluzione verificatasi alla fine degli anni ’90 quando
è stato introdotto e successivamente validato l’approccio
ecocardiografico transtoracico per la visualizzazione dapprima del segmento medio-distale della discendente anteriore e successivamente della discendente posteriore e
della circonflessa ha consentitola sua applicazione in
corso di ecostress per la valutazione contestuale delle alterazioni della cinetica regionale indotte dallo stress farmacologico e per testare la capacità di vasodilatazione dei
vasi di capacitanza (coronarie epicardiche) e di resistenza
(microcircolo).
La sua unicità nella valutazione non invasiva dell’integrità
del microcircolo, l’ha successivamente estesa allo studio
di alcune malattie non ischemiche del cuore (miocardiopatie,
ipertensione).
Nella valutazione dell’atleta da selezionare per le discipline agonistiche, la riserva coronarica non è tra le metodiche routinariamente usate. Il metodo non è stato estesamente applicato se non negli studi sperimentali, ma oltre
all’indicazione classica della ricerca di ischemia, nei casi
sospetti, può essere considerata un metodo promettente e
un’utile corollario alla diagnosi differenziale tra cuore
d’atleta e ipertrofia patologica 14.
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17
COMMENTO EDITORIALE
La Sincope nello sportivo
Fabrizio Ammirati
UOC Cardiologia Ospedale G.B. Grassi ASL RMD
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE
La sincope si definisce come una transitoria perdita di
coscienza associata a caduta a terra e a risoluzione rapida
e spontanea causata da una riduzione del flusso ematico
cerebrale 1.
Nella tab 1 è riportata la classificazione delle perdite di
coscienza (ESC) e delle sincopi propriamente dette. Nella
tab 2 è riportata la classificazione delle sincopi neuromediate.
EPIDEMIOLOGIA E PROGNOSI
La sincope è un sintomo comune nella popolazione generale. Nei giovani con meno di 18 anni ha una prevalenza
del 15% che sale al 20-25% nei militari tra i 17 e 46 anni
(1). L’incidenza è intorno al 6,2 ‰ nella popolazione
generale e 2,6‰ e 4,7‰ rispettivamente negli uomini e
nelle donne tra i 20 e i 29 anni.2
In letteratura non sono riportati dati epidemiologici rilevanti sull’incidenza della sincope nello sportivo.
Nella popolazione generale la sincope di natura neuromediata soprattutto vasovagale o situazionale è la più frequente (56%). I pazienti affetti da tali forme hanno una
prognosi benigna con mortalità sovrapponibile alla popolazione generale non affetta da sincope 2. La seconda causa
di sincope è da cause cardiache (23%) (cardiopatie strutturale congenite o acquisite (3%) e/o aritmie potenzialmente
letali (20%)) con prognosi notevolmente peggiore. In questi casi la sincope può annunciare una morte cardiaca
improvvisa 3-4-5. Nel 18% dei casi la sincope rimane indeterminata nonostante tutti gli accertamenti di routine.
(Vedi tabella 3 e 4)
Indirizzo per corrispondenza:
Dott. Fabrizio Ammirati
Dipartimento di Medicina Generale
Ambulatorio di Fisiopatologia dello Sport
Clinica “Athena” Villa dei Pini - Piedimonte Matese (CE)
e-mail: [email protected] [email protected]
L’età rappresenta sicuramente un fattore prognostico rilevante. Nei giovani infatti la causa più frequente di sincope
è vasovagale o situazionale a prognosi benigna e più raramente è cardiaca. Con l’invecchiamento la probabilità di
sincope cardiaca aumenta (cardiopatie, aritmie) e inoltre si
manifestano altre forme di sincope tipiche della terza età (
sindrome del seno carotideo, ipotensione ortostatica da
disautonomia etc..).
Quando si manifesta in un soggetto giovane la sincope è
spesso considerata un evento benigno che quando avviene
durante le normali attività quotidiane, in molti casi, non
viene nemmeno sottoposta alla valutazione del medico. La
sincope che si manifesta nei giovani atleti desta invece
particolare allarme sia perché avviene in contesti ludici
frequentati, in genere, da persone considerate sane sia perché viene vissuta con maggiore apprensione. Inoltre, la
grande risonanza mediatica che hanno avuto le morti
improvvise sul campo di atleti professionisti rendono
ancora più viva l’attenzione quando si assiste ad un episodio sincopale sui campi sportivi. In questo contesto, due
sono i problemi rilevanti tra loro strettamente connessi:
una corretta valutazione clinica per l’identificazione delle
cause di sincope per la salute dell’atleta e gli aspetti medico-legali. Come è noto, la legislazione Italiana prevede
che il medico certifichi un giudizio di idoneità sportiva di
cui è responsabile a tutti gli effetti affidandosi alla propria
valutazione clinica e ai protocolli COCIS 6. Per quanto
riguarda la sincope, i protocolli COCIS riportano la
seguente indicazione : …“sino a quando non viene individuata la causa dei sintomi, il giudizio di idoneità deve
essere sospeso soprattutto nelle attività sportive ad alto
rischio intrinseco”.
Dunque, identificare la causa di sincope permette una
valida gestione clinica, una giusta valutazione prognostica
e un corretto giudizio di idoneità. In caso contrario, il
rischio è l’esclusione dallo sport di un soggetto sano con
una forma benigna (es: vasovagale, situazionale, da ipotensione ortostatica) con comprensibili e gravi conseguenze
18
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
psicologiche o, all’opposto, la concessione di idoneità ad
un atleta con sincope a prognosi infausta da causa cardiaca con comprensibili gravi conseguenze sia cliniche che
medico-legali.
LA DIAGNOSI DI SINCOPE
Lo sport ormai rappresenta un mondo variegato non particolarmente differente dal mondo reale che comprende
varie discipline con diverso impegno fisico e mentale e
praticate a svariate età non necessariamente giovanili.
Pertanto le linee guida diagnostico-terapeutiche della sincope dell’ESC sono sicuramente applicabili anche per la
valutazione dell’atleta..
È dimostrato che una corretta applicazione delle linee guida
riduce notevolmente le sincopi di natura indeterminata
(18% circa) e aumenta il numero di diagnosi di certezza 7-8.
L’algoritmo diagnostico per le perdite di coscienza dell’ESC propone come primo approccio tre domande chiave:
- la 1° domanda ( “Siamo in presenza di una Sincope?”)
identifica la perdita di coscienza da ipoperfusione cerebrale transitoria, in genere dovuta a cause cardiocircolatorie;
- la 2° domanda ( “ Si rilevano in anamnesi dati che suggeriscono la diagnosi?”) e la 3° (“È presente una cardiopatia?”) orientano verso un’ ipotesi diagnostica ed un’immediata stratificazione del rischio.
Appare evidente che l’obiettivo principale è il riconoscimento di una sincope cardiaca. Pertanto, anche soltanto
l’ipotesi della presenza di una causa cardiaca obbliga ad
un approfondimento diagnostico, trattandosi, in tal caso,
di pazienti potenzialmente a rischio maggiore di mortalità
e sicuramente non idonei all’attività sportiva.
La valutazione clinica iniziale, in questo ambito, deve
comprendere l’anamnesi, l’esame obiettivo, l’ECG e gli
esami ematici (anemia, disionie etc..).
I dati derivati dalla valutazione iniziale, di per sè, possono
risultare sufficienti per ottenere un giudizio di idoneità
Il secondo step previsto dalle linee-guida, permette la precisazione della diagnosi seguendo una ipotesi diagnostica
scaturita dalla valutazione iniziale. Il tilt test sarà privilegiato
nell’ipotesi di una sincope neuromediata. L’ecocardiogrammma
deve essere effettuato quando alla valutazione iniziale si
sospetta una cardiopatia strutturale congenite e/o acquisiste. Il test ergometrico in caso di sincope correlata allo
sforzo (durante o dopo sforzo); l’Ecg dinamico 24H e lo
studio elettrofisiologico sono utili per stratificare il rischio
aritmico e la probabilità di morte improvvisa. (tab.5)
VALUTAZIONE INIZIALE
1. L’Anamnesi
È ormai ampiamente dimostrato che l’Anamnesi rappresenta il migliore strumento per ottenere la diagnosi eziologia della sincope con una performance che oscilla tra 45%
e 85%. Se non conclusiva l’anamnesi permette, comunque, la formulazione di un’ipotesi diagnostica che è fondamentale per orientare un appropriato percorso clinico.
Un episodio di perdita di coscienza in seguito ad un evento scatenante ben riconoscibile (vista del sangue, dolore,
paura, tosse, deglutizione, defecazione, minzione etc..)
preceduto da prodromi e non correlato allo sforzo depone
per una natura neuromediata della sincope. Se la sincope
si presenta senza prodromi, senza un fattore scatenante
identificabile, correlata allo sforzo e preceduta da palpitazioni è indicato un approfondimento diagnostico volto ad
identificare eventuali cause cardiache.
Una prognosi peggiore deve essere sospettata in caso si
rilevi uno dei seguenti criteri (vedi tab.6):
- età > di 65 anni;
- anamnesi familiare positiva per malattie cardiovascolari
o per morte cardiaca improvvisa;
- anamnesi personale positiva per pregresse malattie cardiovascolari (compresa ipertensione);
- sincope preceduta da palpitazioni;
- sincope correlata allo sforzo (soprattutto se si manifesta
durante lo sforzo);
- sincope in posizione supina;
- assenza di prodromi;
- recente insorgenza con basso numero di ricorrenze (< 2
episodi di sincope).
2. L’esame obiettivo
Il rilievo di soffi cardiaci patologici o di segni di scompenso cardiaco (III° tono, ritmo di galoppo, stasi polmonare, ecc….) stratificano una sincope a prognosi peggiore.
Il rilievo di ipotensione ortostatica durante la misurazione
della pressione arteriosa in ortostatismo identifica un problema più collegato ad una scarsa qualità di vita piuttosto
che ad una pessima prognosi.
3. L’ECG
Èdi facile acquisizione e di fondamentale importanza per
effettuare una valutazione ed una stratificazione del
paziente con sincope. Un Ecg alterato può, con buona
attendibilità, esprimere la presenza di una cardiopatia.
L’associazione dei criteri anamnestici su riportati con alte-
F. Ammirati - La Sincope nello sportivo.
razioni dell’ECG ha un significativo valore predittivo nel
riconoscere i pazienti ad alto rischio. In Tabella 7 vengono riportate le alterazioni fortemente suggestive di presenza di cardiopatia e/o di sincope aritmica. Non sono da trascurare, però, alterazioni Ecg minori che, non rientrando
nella norma, possono essere suggestive di cardiopatie sottostanti quali ad esempio: disturbi di conduzione intraventricolari lievi, blocchi fascicolari, alterazioni aspecifiche
della ripolarizzazione di grado minore (tab.8). In sostanza,
un Ecg non normale deve alimentare il sospetto di una
cardiopatia sottostante ed indirizzare verso un approfondimento diagnostico.
ESAMI DI II° LIVELLO
TILT TEST
Il Tilt Test viene effettuato nell’ipotesi di una sincope di
natura neuromediata. Il “protocollo italiano” 9 ha una positive rate del 56% e una specificià del 90%. Alcuni esperienze sembrano indicare negli atleti una maggiore positive rate e una minore specificità, cioè una maggiore induzione di sincope al test con più falsi positivi. Questo
sarebbe dovuto all’ipertono vagale derivante dall’allenamento che predisporrebbe ad una maggiore facilità all’induzione delle sincopi neuromediate. Altre esperienze
hanno confutato tali osservazioni, dimostrando risultati
sovrapponibili tra gli atleti e sedentari. In sintesi si può
affermare che:
• Un Tilt Test positivo in assenza di segni di cardiopatia
indica una prognosi benigna.
• Il Tilt Test positivo in presenza di segni di cardiopatia
può assumere un valore prognostico differente che
va valutato caso per caso in rapporto all’entità della
cardiopatia.
• Un Tilt Test negativo in presenza di segni clinici e strumentali di cardiopatia, obbliga ad un approfondimento
diagnostico volto alla ricerca di una possibile sincope di
natura cardiaca.
L’Ecocardiogramma
Deve essere sempre effettuato dopo la valutazione iniziale
in presenza di segni e sintomi suggestivi di possibile cardiopatia per identificarne la natura e l’entità. Una tipica
applicazione negli atleti è, per esempio, la valutazione
degli spessori parietali del ventricolo sinistro e il calcolo
del gradiente aortico in caso di ipertrofia cardiaca frequente nello sportivo, ecc.
19
Tecniche di Monitoraggio ECG
Il monitoraggio ECG di breve durata 24-48h ha scarso potere diagnostico (19% circa) nell’identificare possibili aritmie
causa di sincope, mentre il potere diagnostico di una registrazione di lunga durata (loop recorder esterno o impiantabile) (59-88%) 10-11-12 è notevolmente più elevato nei pazienti
con sincope indeterminata. Allo stato attuale non ci sono
esperienze consolidate sull’utilità diagnostica del loop recorder impiantabile e sul suo potere diagnostico nello sportivo.
Il test ergometrico
Il test ergometrico condotto al cicloergometro e/o al tapis
roulant deve essere massimale e, se possibile, sovramassimale per riprodurre la sincope da sforzo. La fase di recupero deve essere seguita attentamente soprattutto dopo
interruzione brusca dello sforzo quando si può innescare
un riflesso vasovagale o tachiaritmie.
Lo Studio Elettrofisiologico
Il ruolo dello SEF nella stratificazione dell’atleta con sincope è molto dibattuto a causa della notevole variabilità in
sensibilità e specificità a seconda dell’ambito clinico in
cui viene effettuato. Viene proposto per escludere aritmie
potenzialmente letali (tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, ecc) ma anche per identificare forme aritmiche minori possibili causa di sincope.
In generale, si può affermare che:
- nella identificazione di eventuali bradiaritmie lo SEF è
scarsamente utile per la bassa sensibilità e specificità e in
tale ambito clinico viene ormai raramente utilizzato;
- nella ricerca di tachiaritmie ha una sensibilità e specificità variabile a secondo del contesto clinico, raggiungendo
una performance diagnostica maggiore e più attendibile in
pazienti con sincope indeterminata e alterazioni Ecg e/o
cardiopatia sottostante;
- l’induzione durante SEF di tachicardia ventricolare polimorfa rappresenta una risposta aspecifica (SEF dubbio);
- l’induzione di una tachicardia ventricolare monomorfa
sostenuta, soprattutto se associata a sincope, è da considerarsi un risultato indicativo di un alto rischio di possibile
mortalità aritmica (SEF positivo);
- in soggetti affetti da cardiopatia dilatativa non ischemica
(probabile pregressa miocardite), lo SEF non è utile nella
stratificazione prognostica; in tale ambito la sincope di per
sé predice la morte improvvisa ad un anno nel 28.45 %
dei casi soprattutto nei pazienti con FE inferiore a 25-30%;
- nella cardiomiopatia ipertrofica la sincope rappresenta
un fattore predittivo di mortalità soprattutto se si manifesta
20
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
in pazienti giovani e se è correlata all’esercizio fisico; in tale
ambito lo SEF non è utile nella stratificazione e prognostica.
- Nel W-P-W l’induzione di una fibrillazione atriale con rr minimo <240 msec o <220 msec dopo sforzo allo studio
elettrofisiologico transesofageo identifica una via anomala
a rapida conduzione e potenzialmente a rischio.
NOSTRA ESPERIENZA
Poiché in letteratura i dati epidemiologici sulla sincope
negli atleti sono alquanto scarsi e non conclusivi, nel 2004
abbiamo condotto uno studio che avesse lo scopo di valutare l’incidenza e le implicazioni prognostiche della sincope nei giovani praticanti sport agonistico 13.
Sono stati arruolati 7568 giovani atleti, prevalentemente
maschi, età media 16±2 anni sottoposti a visita di idoneità
eseguita secondo i criteri della legislazione italiana (anamnesi,
esame obiettivo, esame urine, Montoya test). L’anamnesi,
in particolare, è stata rivolta alla rilevazione di episodi sincopali negli ultimi 5 anni precedenti la valutazione di idoneità, e alla modalità di insorgenza, cioè se indipendentemente,
durante o dopo l’attività fisica e alle modalità di recupero,
anche intervistando eventuali testimoni. In accordo con le linee
guida COCIS, gli esami di II livello (ecocardiogramma,
monitoraggio ECG 24h, prova da sforzo massimale) sono stati
effettuati in caso di anomalie rilevate alla valutazione iniziale.
Almeno 1 episodio sincopale nei 5 anni precedenti è stato
riferito da 474/7568 atleti. La prevalenza di sincope in generale è stata di 6,2%, maggiore nelle femmine rispetto ai
maschi (il 7,3% vs 5,7% p<0.01) con un numero di episodi
superiore (7±9 vs 1,1±0,4 p<0.001). In 411/474 (87%) la sincope non era correlata con l’esercizio bensì con le normali
attività quotidiane. Nel 12% dei casi gli episodi sono stati
riferiti alla fine dello sforzo, nel 1% (5M, 1F) durante sforzo.
In tutti gli atleti che hanno perso coscienza durante le normali attività quotidiane è stata diagnosticata, sulla base di
rilievi anamnestici, una sincope vasovagale (362/411
88%) ed una sincope situazionale (49/411 12%). Negli
atleti che hanno riferito sincope dopo sforzo (57/474 12%)
è stata posta diagnosi di sincope da ipotensione ortostatica. In nessun caso c’è stata morsicatura della lingua, contrazioni tonico-cloniche, anomalie all’esame obiettivo,
all’ECG e al test ergomatrico massimale che potessero far
pensare ad una causa cardiaca. Alla luce di tale valutazione,
a questi atleti è stato concesso di continuare gli allenamenti e l’attività sportiva.
Gli atleti con sincope da sforzo (6/474 1%) sono stati sot-
toposti ad una valutazione più approfondita con ecocardiogramma, ECG dinamico 24h, test ergometrico, studio
elettrofisiologico e tilt test. In un atleta maschio l’ecocardiogramma ha permesso di identificare una cardiomiopatia ipertrofica di alto grado (con spessore >16mm). Battiti
ventricolari prematuri e numerosi episodi (8/244) di tachicardia ventricolare non sostenuta sono stati rilevati in un
altro atleta maschio all’ECG dinamico con induzione allo
studio elettrofisiologico di tachicardia ventricolare ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo dx. Ad entrambi
non è stata concessa l’idoneità allo sport.
Nei rimanenti 4 atleti tutti gli esami sono risultati negativi
tranne il tilt test che ha indotto sincope con bradicardia e
ipotensione. A questi ultimi atleti è stato permesso di continuare l’attività sportiva.
In sintesi solo 2/474 (0,4%) dei casi di sincope da sforzo è
associata ad anomalie degli accertamenti di base sono stati
dichiarati non idonei.
Durante il follow-up in media di 6,2 anni 58/411 atleti con
sincope non correlata allo sforzo hanno avuto almeno 1
ricorrenza di sincope (tempo medio alla prima ricorrenza
7 anni), 6 hanno avuto 2 ricorrenze e 9 traumi non gravi.
Almeno una ricorrenza hanno manifestato 9/57 atleti con
sincope dopo sforzo.
Nella tab.9 è riportata la ricorrenza di sincope negli atleti
con sincope non correlata allo sforzo e dopo sforzo che
non mostra differenze significative nella ricorrenza di sincope.tra le due forme. L’unico fattore predittivo di ricorrenza è stato il numero assoluto di episodi sincopali in
anamnesi (vedi tabella 10). Nessun altro fattore compresi
l’età, il sesso, il tipo di sport praticato è risultato predittivo.
Al follow-up di 6 anni un solo atleta ha avuto sincope da
sforzo senza evidenza di cause cardiache, ma con dimostrazione di sincope vasovagale al tilt test.
In sintesi, i 472 atleti con sincope non hanno avuto eventi
cardiovascolari maggiori nel follow-up pur continuando
l’attività sportiva agonistica.
COMMENTI
Gli atleti con sincope rappresentano un problema clinico
rilevante dal momento che la sincope può rappresentare
sia un evento vasovagale benigno che un sintomo di
malattia cardiaca grave potenzialmente letale.
La nostra esperienza ha considerato un numeroso gruppo
di atleti competitivi con sincope confermando che la maggioranza delle sincopi sono di natura neuromediata duran-
F. Ammirati - La Sincope nello sportivo.
te le normali attività quotidiane e che la maggior parte
delle sincopi dopo sforzo sono dovute ad ipotensione ortostatica. La diagnosi, in questi casi, è stata ottenuta con la
valutazione iniziale.
Una particolare attenzione deve essere invece riservata
alle sincopi da sforzo. Infatti anche se più rare (1% di tutte
le sincopi e 0,08 di tutta la popolazione del nostro studio),
in questi casi gli atleti devono essere sottoposti ad una
valutazione più completa allo scopo di identificare una
possibile causa cardiaca che più frequentemente si correla
con la sincope da sforzo.
La ricorrenza di sincope negli atleti, nella nostra esperienza,
è stata bassa come nella corrispondente popolazione generale di età giovanile. Tutti gli atleti (tranne 2) che hanno
continuato l’attività sportiva hanno avuto una prognosi
benigna senza eventi cardiaci maggiori in 6 anni di follow-up.
In questi atleti infatti non era stata rilevata nessuna evidenza clinica ed elettrocardiografia di cardiopatia che rap-
21
presenta un criterio per identificare le forme a prognosi peggiore sia nei giovani atleti che nella popolazione sedentaria.
CONCLUSIONI
La sincope è un sintomo piuttosto frequente negli atleti giovani
anche se a bassa ricorrenza e nella maggioranza dei casi è di
natura neuromediata. La gestione clinica della sincope negli
atleti è simile a quella della popolazione sedentaria dal momento che presenta caratteristiche cliniche e prognostiche simili ai
soggetti sedentari di pari età. Una sincope che si manifesta
durante le normali attività quotidiane non correlate allo sforzo è
in genere associata ad una prognosi benigna. La sincope da
sforzo invece deve essere valutata con estrema attenzione per la
possibile prognosi infausta. Il rilievo dall’anamnesi, l’esame
obiettivo e l’ECG di anormalità deve comunque spingere ad un
completo approfondimento diagnostico con esami di II livello.
Tabella 3
Tabella 1
Tabella 2
Tabella 4 - Prognosi delle differenti forme di sincope.
La sincope da causa cardiaca ha una maggiore mortalità rispetto
ad altre forme.
La sincope vasovagale ha la stessa mortalità della popolazione
senza sincope.
Soteriades New Engl J Med 2002; 347: 878-885
22
Cardiologia dello Sport - Vol 6 - Luglio/Dicembre 2008
Alterazioni ECG suggestive di probabile
cardiopatia sottostante e/o sincope aritmica:
- BBolx;
- EAS;
- extrasistolia sopraventricolare e ventricolare frequente;
- tachiaritmie sopraventricolari;
- alterazioni lievi della ripolarizzazione ventricolare;
- alterazioni della ripolarizzazione ventricolare – V1-V2
(Sospetta Sindrome di Brugada).
Tabella 5
Tabella 8
Tabella 6
Tabella 9
Alterazioni ECG fortemente suggestive
di cardiopatia sottostante e/o di sincope aritmica:
- blocchi seno-atriali;
- blocchi atrio-ventricolari;
- blocchi bifascicolari
(BBS; BBdx + EAS; BBdx + EPS; ecc.);
- tachicardie ventricolari sostenute e non;
- segni di ipertrofia del ventricolo sinistro;
- alterazioni significative del tratto ST
(sopra e sottoslivellamento);
- QT lungo;
- Sindrome di W-P-W.
Tabella 7
Tabella 10
F. Ammirati - La Sincope nello sportivo.
23
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