PRATICA Introduzione n° 253/254 - Luglio/Agosto 2006 La distorsione del suono Prima parte n° 255 - Settembre 2006 Il monotriodo, il re dell’amplificazione (I parte) TEORIA MHZ RISORSE SPECIALE SPECIALE COSTRUIRE HI-FI Il monotriodo, il re Seconda parte n° 256 - Ottobre 2006 Il monotriodo, il re dell’amplificazione (II parte) C FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Pratica 52 oncludiamo, con questo articolo, la descrizione teorica della circuitazione del monotriodo, tipo di amplificatore che abbiamo volutamente esaminato approfonditamente perché, perdonandogli il limite di una potenza d’uscita non sempre esuberante rispetto alle possibili esigenze, consente di ottenere un suono assolutamente superbo, forse il migliore in assoluto raggiungibile con i tubi termoionici, in modo tutto sommato relativamente semplice; grazie proprio a quest’ultima caratteristica, sarà un apparato con tale tipologia quello che verrà considerato per la nostra prima proposta di autocostruzione. Nel mondo della hi-fi estrema esistono alcuni riferimenti assoluti in termini di qualità: tra questi un posto di assoluta preminenza spetta di certo alle circuitazioni cosiddette monotriodo. Potenza piuttosto limitata, che richiede particolare attenzione nell’abbinamento con i diffusori, ma tanta tanta qualità sonica, potremmo forse, senza tema di esagerazione, parlare di vera e propria malia sonica! Riprendiamo dunque ad illustrare le peculiarità di questo tipo di amplificazione; nella puntata pre- cedente abbiamo esaminato perché è opportuno optare per uno stadio di uscita single ended equipaggiato con un triodo; inoltre abbiamo passato in rassegna vari tipi di valvole di potenza e siamo infine giunti alla conclusione che un risultato di assoluta eccellenza è ottenibile con un tubo a riscaldamento diretto del tipo 300B. Nei paragrafi che seguono entriamo nel vivo della disamina del circuito elettrico. PRESENTAZIONE DEL CIRCUITO Presentiamo quindi il circuito che mette in pratica tutto quanto sin qui esposto: esso comprende pertanto uno stadio di uscita singolo (cioè non push pull), equipaggiato con la regina dei triodi a riscaldamento diretto, la 300B. Presumibilmente la musicalità ottenibile é la massima in assoluto, nei limiti, purtroppo, di una uscita piuttosto contenuta (nell'intorno degli 8 W), unico sacrificio, oltre ovviamente al costo elevato in assoluto e mostruoso se rapportato alla entità della potenza in gioco (il tubo finale ed il trasformatore di uscita necessari per una realizzazione di qualità high end comportano una spesa che non esiteremmo a definire stratosferica). Abbiamo detto che stiamo per presentare un circuito, ma sarebbe forse più appropriato parlare non già di un circuito, quanto piuttosto del circuito del monotriodo per eccellenza, quello dal quale la maggioranza dei progettisti, anche attuali, si è ispirata, prendendolo giustamente come punto di partenza; si tratta infatti dello schema originale della Western Electric dove trovano applicazione i suoi migliori tubi per audiofrequenza: WE310A, WE300B e WE274B. In figura 1 esso viene riportato senza modifiche: solo il valore di qualche componente é stato variato, coerentemente ai suggerimenti di alcuni grandi progettisti, soprattutto giapponesi, attentissimi e preparati studiosi dello specifico problema. Come si vede, siamo di fronte al massimo in dell’amplificazione (II parte) nentistica attiva e passiva più adatta e, soprattutto per la prima, fissare i punti di lavoro ottimali. Si tratta di un minuzioso lavoro di cesello: poiché il circuito di cui parliamo é nato negli anni '30 e da allora é stato studiato da moltissimi grandi tecnici, europei e soprattutto giapponesi, questa fine ottimizzazione é già stata portata ai massimi livelli e non abbiamo certo noi la spudorata presunzione di poter aggiungere alcunché a quanto già detto e fatto. Limiteremo la nostra funzione a quella di cronisti puntigliosi, con il solo merito di saper scegliere le proprie fonti. Esaminiamo finalmente lo schema elettrico, passandone in rassegna, nei paragrafi che seguono, le parti salienti: lo stadio di pilotaggio, il trasformatore di uscita e la sezione alimentatrice (del tubo finale abbiamo già diffusamente trattato). FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Figura 1 Schema originale dell’amplificatore monotriodo progettato dalla Western Electric; questo circuito è ritenuto una eccellente applicazione dei migliori tubi per audio frequenza (WE310A, WE300B e WE274B). Ad esso la maggioranza dei progettisti, anche attuali, si è ispirata, assumendolo giustamente quale riferimento per semplicità e linearità progettuale 53 Pratica tema di semplicità e linearità progettuale: per certi versi il circuito del monotriodo é la sconfitta del progettista che viene relegato ad una funzione apparentemente secondaria. Di solito, infatti, il suo ruolo consiste nell'ovviare, con opportuni e talvolta geniali artifici circuitali, alle deficienze della componentistica soprattutto attiva, compensandone od almeno attenuandone i difetti. In questo caso le cose stanno diversamente: qui si parte dalla ipotesi, in buona misura verificata, che i componenti hanno caratteristiche pressoché ideali, per cui il circuito può essere massimamente semplificato, fino a giungere all'essenziale per la topologia di due stadi di amplificazione in cascata; lo studio non deve tendere quindi ad ottimizzare il percorso del segnale, quanto piuttosto a scegliere la compo- di Fulvio Chiappetta PRATICA Seconda parte TEORIA R1, R7 220 Ko 1/4 W R2 90 Ko 1 W R3 1.2 Ko 1/4 W R4 75 Ko 1 W R5 30 Ko 1 W R6 4.7 Ko 5 W R8 Trimmer 47 o a filo R9 1 Ko 10 W C2 10 µF 250 V C3 47 µF 500 V 54 C4 470 nF 1000 V Pratica C1, C5 100 µF 100V C6 220 µF 500 V C7 100 µF 500 V V1 WE 310A V2 WE 300B V3 WE 274B T1 Trasformatore di uscita: • Primario 2.3 Ko • Secondario 4/8 o Trasformatore d'alimentazione: • Primario 220V • Secondario 1: 2 x 350V 200mA • Secondario 2: 5V 3A (filamento 300B) • Secondario 3: 5V 3A (filamento 274A) • Secondario 4: 10V 2A (filamento 310A) NB: per evitare inutili complicazioni a livello di disegno, non sono stati indicati nel circuito di figura 1 né i secondari per le alimentazioni dei filamenti, né le ovvie connessioni relative. FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Z1 RISORSE SPECIALE Il monotriodo, il re dell’amplificazione Elenco componenti relativo al circuito di figura 1 T2 MHZ Impedenza di filtro 10 H 50 o 100 mA STADIO DI PILOTAGGIO La funzione svolta dal primo stadio é quanto mai ovvia: esso deve amplificare il segnale in ingresso (dell'ordine di grandezza del Volt) fino a renderlo sufficiente al pilotaggio del tubo finale. Questo necessita, per una modulazione a fondo, di una tensione il cui valore di picco é uguale al potenziale negativo della sua griglia, pari, in media, ad una cinquantina di Volt o poco più. Per semplicità, il progettista ha scelto di non pilotare mai il tubo finale nella zona a tensione di griglia positiva; infatti, spingendosi a lavorare fino in questa particolare regione (classe "A2"), é molto difficile, seppure non impossibile, mantenere una eccellente linearità del segnale di pilotaggio, quando ad esso é richiesta una corrente significativa, legata indissolubilmente alla griglia positiva, che, oltre tutto, nasce senza troppa gradualità. Per un ottimale pilotaggio di un tubo di potenza anche in classe A2 infatti, senza che si generi alcuna forma di distorsione, che in questo specifico caso sarebbe opportuno chiamare di interfaccia, è necessario che lo stadio driver sia in grado di erogare una più che discreta corrente e presentare una impedenza interna la più bassa possibile. La necessità che lo stadio eroghi corrente è ovvia: una valvola spinta in classe A2 presenta in ingresso un elevato assorbimento che deve essere sostenuto dal pilotaggio (vedere figura 2); forse meno intuitiva è l’esigenza che quest’ultimo presenti una contenuta resistenza interna. Per rendersi conto anche di questa ulteriore richiesta, basta considerare che la resistenza di ingresso del tubo di potenza non è più costante, ma piuttosto assai variabile in funzione non solo dell’ampiezza del segnale, ma anche della sua polarità. Poiché la corrente di griglia si presenta esclusivamente nel momento in cui il segnale di ingresso alla valvola fa assumere a questo elettrodo un potenziale positivo, può certamente accadere, anzi è la prassi, che nell’arco della medesima onda, per una parte di essa la impedenza di carico risulti elevata, mentre per un’altra parte risulti molto bassa: allorquando ciò si verifica, qualora l’impedenza di uscita dello stadio di pilotaggio non è adeguatamente contenuta, la variazione della impedenza di carico innesca una forma di distorsione assai perniciosa, detta appunto di interfaccia: infatti la diversa corrente che scorre nel circuito di griglia modula l’ampiezza del segnale, il quale in corrispondenza dei maggiori assorbimenti tende a diminuire, a causa dell’effetto di partizione tra la resistenza del generatore e quella dell’utilizzatore (vedere figura 3). Dunque lo stadio di pilotaggio ideale deve possedere una impedenza interna la più bassa possibile, congiuntamente alla capacità di fornire uno swing di tensione che, a causa dell’impiego della classe A2, supera sensibilmente il valore standard. Figura 2 Andamento della corrente di grigia al variare del potenziale della stessa: come è possibile osservare, detta corrente nasce senza troppa gradualità non appena il potenziale diviene maggiore di zero e cresce linearmente con esso TECNICHE DI ACCOPPIAMENTO TRA LO STADIO DI PILOTAGGIO E QUELLO DI POTENZA Consideriamo ora il tipo di accoppiamento tra il primo ed il secondo stadio; si hanno tre possibilità fondamentali: • Accoppiamento a trasformatore (vedi figura 6) • Accoppiamento a resistenza e capacità (vedi figura 7) 55 FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Figura 3 È evidenziato in rosso il reale andamento, fortemente distorto, della tensione di ingresso allo stadio di potenza a causa dell’assorbimento di corrente da parte della grigia, da confrontare con quello ideale riportato in nero: tale distorsione è detta di interfaccia dal momento che si genera qualora lo stadio di pilotaggio non è opportunamente dimensionato. ticolare), non possa che peggiorare lo spettro della distorsione totale in uscita. Ma neppure l'uso del triodo é scevro da critiche, anzi tutt'altro: si verifica, infatti, utilizzandolo anche nello stadio di ingresso, che la sua seconda armonica, di fase opposta a quella del tubo di uscita, la controbilancia: ciò non é positivo, in quanto altera il regolare andamento dello spettro della distorsione a favore della terza. Un chiaro esempio di questo asserto é in figura 4, dove é rappresentato il grafico della distorsione, anche ripartito per armoniche, della combinazione in cascata di due triodi, il primo utilizzato come preamplificatore ed il secondo come finale di potenza, da confrontare con gli andamenti riportati in figura 5, relativi sempre al medesimo tubo d’uscita, considerato da solo: la monotonicità é salva, ma non é possibile dire altrettanto per l'equilibrio. Accade in realtà il fenomeno della cancellazione armonica che si verifica nel caso di accoppiamento di più stadi posti in cascata, tutti caratterizzati dal medesimo andamento della distorsione armonica, così come esaminato nel primo dei nostri incontri (FE n.253/254). E allora, dov'é la soluzione ottimale? Come già detto in altre occasioni, non esiste una tecnica a priori vincente, ma vanno verificate tutte le possibili soluzioni alla ricerca di quella che comporta il miglior compromesso. Un felicissimo equilibrio é quello raggiunto dai progettisti della Western Electric che hanno adottato per l'ingresso uno stadio, per giunta ad alto guadagno (cosa che non guasta mai), equipaggiato con un pentodo. Il punto di lavoro ed il carico anodico del tubo di pilotaggio sono stati meticolosamente studiati per un matrimonio sonico davvero felice tra le due valvole: la bontà dell'accoppiamento é testimoniato dalla misura del degrado armonico della distorsione, che risulta praticamente ideale fino alla potenza massima prima del clipping. Pratica In realtà, stante gli innumerevoli vantaggi che comporta, nel nostro progetto spingeremo il tubo finale a lavorare in classe A2, ma, come precedentemente detto, il progettista della Western Electric ha optato per un funzionamento in assenza di corrente di griglia. Nel caso qui considerato, lo stadio di pilotaggio deve fornire pertanto una tensione di diverse decine di Volt, praticamente senza erogazione di corrente, con una distorsione di entità trascurabile rispetto a quella del tubo di uscita ed inoltre, ed é qui il difficile, con un suo contenuto armonico che, lungi dall'alterare quello del tubo finale, in qualche modo si integri con esso, migliorandone, se possibile, l'equilibrio. Per ottenere tutto ciò, é meglio, nel primo stadio, adoperare un pentodo od un triodo? L'uso del pentodo desta giustificate perplessità: potrebbe infatti sembrare che esso, con la sua predominanza di armoniche dispari (terza in par- PRATICA Seconda parte FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Pratica 56 TEORIA MHZ RISORSE SPECIALE Il monotriodo, il re dell’amplificazione sformatore di uscita. Anche nel caso del trasformatore di pilotaggio, infatti, essendo esso percorso dalla corrente anodica del primo stadio che genera un flusso magnetico fisso ed unidirezionale non bilanciato, si ripetono identicamente tutte le considerazioni che andremo a fare per quello di uscita, solo leggermente meno critiche per la potenza in gioco nettamente minore. Non è opportuno considerare il trasformatore come una bestia nera, ma Figura 4 Grafico della distorsione, ripartito per armoniche, della combinazione in cascata di due triodi, il primo utilizzato come preamplificatore ed il secondo come finale di potenza dove é possibile evitarne l'uso, bisogna di certo farlo, anche se questo dovesse costare un maggior impegno progettuale; in merito poi al settore delle autocostruzioni, si deve tenere in giusto conto che, troppo spesso, le realizzazioni amatoriali peccano qualitativamente proprio in relazione a questo componente, sempre di reperibilità problematica. Restano gli altri due tipi di accoppiamento: il secondo, detto “a resistenza e capacità”, è quello prescelto dalla Western Electric per la sua indubbia praticità, Figura 5 Grafico della distorsione, analogo a quello riportato in figura 4 e con esso da confrontare, relativo sempre al medesimo tubo d’uscita, considerato però da solo considerando anche che, con l’impiego di un valido condensatore d’accoppiamento, i risultati ottenibili sono di • Accoppiamento diretto (vedi figura 8) ottimo livello. È immediatamente da scartare l'accoppiamento a Concludiamo ora la carrellata con delle brevi trasformatore (il più antico): il suo uso si giustifi- note sull'accoppiamento diretto, in teoria il più cherebbe solo se si fosse scelto di lavorare anche efficace. Loftin e White introdussero per primi nella regione a Vg positiva, caratterizzata da cor- l'accoppiamento diretto in un'epoca (siamo nel rente di griglia consistente, cosa invece evitata 1929) che giustamente l'accolse come una vera e per motivi di semplicità circuitale. Inoltre, quan- propria rivoluzione: riportiamo alla figura 9, nella d'anche la tensione necessaria all'ingresso del sua veste originaria, il loro elegante e geniale cirtubo di uscita fosse stata molto alta ed avesse cuito, dall'importanza non solo storica, ma anche potuto aiutare non poco la interposizione di un pratica. Due considerazioni importanti sul circuitrasformatore di accoppiamento con rapporto to di Loftin e White: spire in salita, sarebbe stato di certo preferibile • L'accoppiamento interstadio diretto, seppure molto importante per la conseguente soppresstudiare uno stadio di pilotaggio ad altissimo sione di una scomoda costante di tempo, non swing di tensione, piuttosto che introdurre un deve far gridare al miracolo, poiché solo appacomponente tanto critico quanto costoso: per rentemente significa l'eliminazione delle caparendersene conto, basta dare un'occhiata a quancità dal percorso del segnale, in quanto il ritorto scritto più avanti nel paragrafo dedicato al tra- no del trasformatore di uscita é effettuato, e non potrebbe essere altrimenti, attraverso l'alimentatore, che é ad uscita capacitiva. 57 Figura 7 Accoppiamento a resistenza e capacità: il suo limite è quello di non consentire un pieno trasferimento energetico del segnale, ma di converso è indubbiamente il più semplice da implementare a livello progettuale; inoltre, con l’impiego di un valido condensatore d’accoppiamento, i risultati con esso ottenibili sono di ottimo livello sonico FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Codice MIP 256057 Pratica Figura 6 Accoppiamento a trasformatore: l’uso di tale tecnica non è molto frequente dal momento che, a differenza di quanto erroneamente si crede, non elimina i condensatori dal percorso del segnale, tutt’altro; in questo caso infatti, le capacità interessate, rispetto al più semplice accoppiamento RC, addirittura si raddoppiano (in figura esse sono evidenziate col colore rosso). Il trasformatore si rivela invece molto utile, in particolari casi addirittura indispensabile, allorquando si sceglie di far lavorare il tubo di potenza anche nella regione a Vg positiva, caratterizzata da corrente di griglia consistente • La tecnica adottata é valida e brillante soprattutto nella misura in cui é logica e semplice: portiamo la griglia del tubo finale ad un potenziale più alto, aumentando la caduta di tensione sulla resistenza di polarizzazione catodica; ciò consente un collegamento diretto che defi- PRATICA Seconda parte TEORIA Pratica Evidenziamo, infine, il principale difetto del circuito di Loftin e White, che in qualche modo rende in buona parte obsoleta la tecnica implementata da questi due progettisti: in riferimento alla valvola di pilotaggio, eventuali malfunzionamenti, il disinserimento dallo zoccolo od ancora il ritardo del riscaldamento rispetto a quello del secondo tubo, portano ad una quasi istantanea distruzione di quest'ultimo, che vedrebbe così la propria griglia portata al potenziale anodico, con conseguente elevatissimo aumento della corrente assorbita. Introdurre un'adeguata temporizzazione nell'ali- Figura 8 Accoppiamento diretto: a giusta ragione ritenuto il più efficace, anche se non sempre di facile implementazione FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 RISORSE SPECIALE Il monotriodo, il re dell’amplificazione niremmo naturale, anche se necessita di una alimentazione anodica molto più alta e di qualche accorgimento (ed é qui la genialità del progetto), per mantenere stabili i potenziali di tutti gli elettrodi dei tubi. 58 MHZ Figura 9 Monotriodo ad accoppiamento diretto proposto da Loftin e White: schema elettrico assolutamente simile a quello tradizionale, nel quale però è stato introdotto, in maniera invero assai semplicistica, l’accoppiamento diretto tra i due stadi. Questo circuito, benché presenti più di un limite importante e sia stato superato dai sistemi di più recente progettazione, conserva tutta la sua importanza storica e non solo tale, grazie ai numerosi spunti che da esso si possono trarre. mentazione anodica ed un fusibile in serie al catodo, potrebbe essere una soluzione al problema. Al momento opportuno, in uno dei prossimi articoli, presenteremo delle inedite tecniche di accoppiamento diretto tra gli stadi che, pur conservando tutti i vantaggi del sistema escogitato da Loftin e White, ne evitano i difetti ed aggirano alcune limitazioni intrinseche nel sistema. TRASFORMATORE DI USCITA Iniziamo con qualche brevissimo cenno di teoria, che consentirà anche ai non tecnici di comprendere le osservazioni che seguiranno. Affinché vi sia un buon trasferimento energetico tra il generatore, nel nostro caso la valvola finale, e l'utilizzatore, nel nostro caso l'altoparlante, é necessario che le loro impedenze coincidano. Ciò non si verifica mai: in particolare qui, ad un carico ottimale di qualche migliaio di ohm per il tubo, si contrappone un'impedenza dell'altoparlante solo di pochi ohm. Il trasformatore ha proprio la funzione di adattare questi due valori, consentendo un corretto trasferimento energetico; esso é idealmente, come si dice in gergo tecnico, trasparente alla potenza: quanta potenza entra, tanta ne esce, seppure relativa ad una differente coppia tensione corrente. Il trasformatore é costituito da due avvolgimenti, detti primario e secondario, posti sul medesimo circuito magnetico, tanto da poter asserire che a ciascuno di essi si concatena il medesimo flusso. Da una lunga trattazione teorica, che ovviamente esula dai limiti di queste righe, si ricava che: (N1/N2)2 = Z1/Z2. Nella formula, N1 e N2 rappresentano il numero di spire del primario e del secondario, mentre Z1 e Z2 le rispettive impedenze. Per semplicità commettiamo l'approssimazione di considerare coincidente il rapporto spire con quello di trasformazione, sia sotto carico, sia a vuoto, in quanto ciò non comporta alcuna inesattezza concettuale. Il tubo di uscita vede l'impedenza dell'altoparlante moltiplicata per il quadrato del rapporto di trasformazione: esemplificando, per un trasformatore con rapporto spire pari a 20, il carico offerto al tubo finale sarà pari a 3200 ohm, qualora l'altoparlante posto al secondario del trasformatore abbia una impedenza di 8 ohm; nel caso quest'ultima fosse di 4 ohm, al primario avremmo 59 FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 che solo pochi costruttori di provata esperienza nel settore possono garantire. A complicare ulteriormente le cose nel nostro caso particolare, quello dello stadio di uscita singolo, dobbiamo aggiungere che il primario del trasformatore costituisce anche il ritorno dell'alimentazione anodica del tubo di uscita. Questa corrente, di entità non trascurabile, che non é bilanciata come nel caso del circuito controfase, provoca una magnetizzazione permanente che può comportare la saturazione del nucleo, con generazione di distorsione di elevatissima ampiezza. Si ovvia a ciò, evitando la completa chiusura del circuito magnetico, con l'inserimento di una piccolissima interruzione (traferro): la sua presenza però obbliga, per l'ottenimento di una buona induttanza del primario (che, se insufficiente, limita la risposta alle basse frequenze) ad utilizzare più spire con conseguente aumento della induttanza di fuga, della resistenza degli avvolgimenti e delle capacità parassite con dannosi effetti per il rendimento e la risposta alle alte frequenze. Il valore dell'ampiezza del traferro é di difficile calcolo, in quanto anch'esso va scelto come compromesso tra opposte esigenze: se é più alto, si ha una migliore linearità, un maggior livello di saturazione del circuito magnetico, ma anche una sua minore efficienza, con le importanti ripercussioni su accennate che influenzano il comportamento globale del trasformatore. Tutto ciò rende più complessa e quindi onerosa la realizzazione. Molte sono le prove che possono essere eseguite su di un trasformatore per valutarne la bontà; ecco elencate le principali: • Risposta in frequenza alla potenza nominale: é importante che il componente risponda con deviazioni dalla linearità al massimo di un decibel nella gamma di frequenze da 20 a 20.000 Hz, ma é anche essenziale che, al di fuori di questa, il decadimento dell'ampiezza avvenga in modo graduale, assolutamente senza alcun picco di risonanza. • Spettro della distorsione: l'inserimento del trasformatore non deve alterare in modo consistente né la qualità, né la quantità della distorsione armonica; la prova va condotta per tutte le frequenze ed a diverse potenze. • Verifica della resistenza degli avvolgimenti e della loro induttanza: questi valori, unitamente Pratica ovviamente 1600 ohm. Un'osservazione: l'impedenza nominale del primario, indicata dal costruttore del trasformatore, non é un valore assoluto ma relativo; infatti é quella che si vede chiudendo il secondario con l'impedenza nominale prevista e varierà in concomitanza alle variazioni di quest'ultima. Di converso, poiché il trasformatore é un componente reversibile, l'altoparlante vedrà, quale resistenza interna del generatore che lo alimenta, quella del tubo di uscita, divisa per il quadrato del rapporto spire: quindi, più é contenuta la resistenza interna del triodo di potenza, più é alto lo smorzamento. Spesso é possibile, in questo tipo di circuiti, evitare l'uso della controreazione, che, come noto, abbassa il valore della impedenza interna di un fattore pari alla sua entità, o, se é proprio indispensabile, contenerla al massimo. Quanto indicato in queste ultime righe potrebbe non risultare chiaro per alcuni di voi; nessun timore, ritorneremo sull’argomento in più d’una circostanza. Seppure concettualmente un trasformatore di alimentazione ed uno di uscita per audiofrequenza siano simili, essi sono profondamente differenti a livello realizzativo a causa delle diverse prestazioni richieste. Da un trasformatore di bassa frequenza, infatti, si pretende un comportamento pressoché ideale (bassa perdita di inserzione, contenuta distorsione, ecc.) in un ampio spettro di frequenze (almeno tutta la banda audio), con trascurabili attenuazioni e rotazioni di fase del segnale in transito. Ottenere tutto ciò é particolarmente difficile. Si dimostra che, a parità di circuito magnetico, é necessario aumentare il più possibile il numero delle spire del primario e conseguentemente quelle del secondario (queste due grandezze sono intervincolate dal valore del rapporto di trasformazione), per migliorare il funzionamento alle frequenze più basse, mentre ciò é controproducente per il buon andamento della parte alta della gamma, oltre a comportare una diminuzione del rendimento. Non possiamo qui approfondire l'argomento che presenta aspetti molto complessi: ci limitiamo ad evidenziare che le diverse esigenze condurrebbero a soluzioni in contraddizione tra loro; per quanto sia generalizzato l'uso di alcune tecniche particolari, tra le quali la più nota é segmentare in più parti gli avvolgimenti, ciò rende oltremodo problematica la corretta scelta dell'inevitabile compromesso, PRATICA Seconda parte TEORIA Pratica FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 RISORSE SPECIALE Il monotriodo, il re dell’amplificazione alle misure di distorsione armonica alle frequenze inferiori a 100 Hz, possono dare valide indicazioni sul comportamento alle frequenze più basse ed in genere sul rendimento. • Prove di restituzione dell'onda quadra. 60 MHZ Segnaliamo l’importanza di quest'ultima misura, la quale, pur essendo di semplice attuazione (bastano un generatore ed un oscilloscopio), soprattutto se effettuata con carichi reattivi, oltre che resistivi, è estremamente rivelatrice della qualità non solo del trasformatore di uscita, ma anche di tutta la circuitazione in generale. Abbiamo scritto queste note sul trasformatore perché, per quanto assolutamente non esaustive, evidenzino, senza mezzi termini, l'importanza assoluta della sua qualità: troppo spesso esso costituisce il vero limite delle realizzazioni amatoriali e non. ALIMENTATORE Benché oggi nessuno più nega l'importanza dell'alimentatore e la notevole influenza da esso esercitata sul suono di una apparecchiatura d'amplificazione, riteniamo importante esaminare a livello teorico le interazioni che si innescano tra stadio alimentatore e stadio amplificatore. Consideriamo a tal fine il semplice circuito di figura 10: in esso é schematizzato uno stadio di amplificazione valvolare a catodo comune, quale é quello finale del monotriodo, con l'alimentatore simbolicamente rappresentato da un generatore ideale di tensione continua Vdc, in serie ad un altro generatore di tensione, questa volta alternata, Vac, ed infine, sempre in serie, una resistenza Ro. Vdc é la componente continua della tensione di uscita dell'alimentatore, perfettamente stabile nei confronti delle variazioni della rete ed immune da qualunque forma di disturbo, Vac é la componente alternata che é a sua volta composta da diverse aliquote, di cui, quella di maggiore interesse in questo particolare caso, é certamente la ondulazione residua dopo il raddrizzamento ed il filtraggio: importante oltre alla entità di questa componente é il suo contenuto armonico. Poiché, per la presenza del condensatore di filtro, la conduzione dei diodi raddrizzatori non avviene per tutto il periodo ma per un tempo ristretto, con dei fronti di commutazione che potrebbero essere anche molto ripidi, lo spettro di questo segnale si estende in genere fino a frequenze piuttosto alte (oltre 100 volte quella della fondamentale), con ampiezze significative. Il caso peggiore é quello di un raddrizzatore a stato solido in un circuito con bassissime resistenze serie ed una capacità di filtro elevata: la situazione migliora grandemente con l'impiego di un tubo raddrizzatore, grazie alla più graduale commutazione da esso offerta. Allo scopo di chiarire al massimo la interazione tra alimentatore e stadio finale single ended, abbiamo volutamente semplificato il circuito di figura 10 in quello riportato in figura 11, dove sono state trascurate tutte le grandezze inessenziali: c’è solamente rappresentata, per la sezione amplificatrice, la resistenza interna del tubo (ra) e quella di carico (Rl), mentre per la sezione alimentatrice, ci siamo limitati al solo generatore di disturbi (Vac). In questa estrema semplificazione risulta assai evidente che più è piccola ra rispetto a Rl, più l’intero segnale di disturbo dell’alimentatore si trasferisce ai capi del carico. Una importante osservazione: quanto qui evidenziato accade ovviamente anche per gli stadi di pilotaggio ad accoppiamento trasformatorico. Ricapitolando, risulta chiaro che il segnale di disturbo del nostro alimentatore si presenta, seppure con ampiezza ridotta, all'uscita dell'amplificatore inquinandola: é necessario, pertanto, attenuarlo al massimo. Nel caso di un preamplificatore, grazie alle basse correnti in gioco, é abbastanza agevole operare elettronicamente una efficace azione di filtro, mentre per lo stadio di potenza non si prevede, in genere, che l'impiego di un'induttanza, come in realtà si verifica per il circuito della Western Electric. Tuttavia, come il condensatore é ben lungi dall'essere un componente perfetto (per le sue non sempre trascurabili resistenza ed induttanza serie), allo stesso modo una impedenza di filtro é affetta da elevate capacità parassite, che consentono alle componenti del disturbo a più alta frequenza di scavalcarla e presentarsi all'uscita, soltanto molto modestamente attenuate. È necessario, pertanto, minimizzare all'origine la generazione di queste componenti, adottando un tubo raddrizzatore al posto dei diodi, rigorosamente selezionato in funzione delle sue prestazioni soniche. La Western Electric ha scelto il tubo, ovviamente di sua produzione, WE274B, adattissimo per questo impiego: esso ha, ai nostri occhi, l'unico difetto di una difficilissima reperibilità. Passiamo finalmente a considerare Ro, che é rappresentativa della resistenza interna dell'alimentatore: essa é in serie al segnale audio e, perché il suo effetto possa ritenersi trascurabile, é necessario che il suo valore sia enormemente più piccolo di quello della resistenza di carico; dobbiamo inoltre considerare che, ipotizzando esclusivamente resistiva l'impedenza dell'alimentatore, si commette un'ingiustificata semplificazione: la sua componente reattiva non é infatti trascurabile, anzi é spesso preponderante ed enfatizza, specie a certe frequenze, i fenomeni negativi innescati dalla sua presenza. Per minimizzarli, é necessario che il valore del condensatore di uscita dell'alimentatore, C6 in figura 1, sia il più alto possibile, offrendo, con la sua bassa reattanza capacitiva, un facile percorso di ritorno anche alle componenti a più bassa frequenza del segnale. Poiché però, a condensatori di elevata capacità, anche se non elettrolitici e di eccellente fattura, é sempre legata una resistenza ed induttanza serie non trascurabi- Figura 11 Allo scopo di chiarire al massimo la interazione tra alimentatore e stadio finale single ended, abbiamo volutamente trascurato in questa figura, rispetto a quella precedente, tutte le grandezze inessenziali: c’è solamente rappresentata, per la sezione amplificatrice, la resistenza interna del tubo (ra) e quella di carico (Rl), mentre per la sezione alimentatrice, ci siamo limitati al solo generatore di disturbi (Vac). In questa estrema semplificazione risulta assai evidente che più è piccola ra rispetto a Rl, più l’intero segnale di disturbo dell’alimentatore si trasferisce ai capi del carico. Codice MIP 256061 Figura 10 Circuito di principio della sezione finale di un amplificatore single ended connesso all'alimentatore, punto di partenza per lo studio delle reciproche influenze. PRATICA Seconda parte FARE ELETTRONICA - OTTOBRE 2006 Pratica 62 TEORIA MHZ RISORSE SPECIALE Il monotriodo, il re dell’amplificazione li, oltre che scegliere un componente ottimizzato sotto questo aspetto, é consigliabile porvi in parallelo una o più capacità, di valore più contenuto e quindi presumibilmente affette da minori perdite alle frequenze elevate. A causa della presenza di Ro, inoltre, il segnale audio modula la tensione in uscita all'alimentatore; poiché questa, riportata al primo stadio, può innescare fenomeni di intermodulazione e di reazione a frequenze molto basse, é presente un'ulteriore cella di filtro, questa volta di tipo RC (R6 e C3 in figura 1) che, ovviamente, contribuisce anche ad una consistente riduzione del ripple del potenziale destinato allo stadio di pilotaggio. Parliamo, infine, della alimentazione dei filamenti, che é in alternata per tutti i tubi. Per la valvola finale, essendo a riscaldamento diretto ed avendo quindi il catodo coincidente con il filamento, potrebbe convenientemente avvenire in continua per evitare il fastidioso ronzio alla frequenza di 50Hz, distinguibile facilmente dal ripple residuo, eventualmente presente sull’anodica per insufficiente filtraggio, che ha invece la frequenza di 100Hz. L’alimentazione in continua del filamento della valvola di potenza comporta però anche una incostanza del potenziale dell'elettrodo virtuale (il catodo), con il conseguente sbilanciamento del funzionamento ed un più rapido esaurimento: c’è pertanto chi preferisce l’alimentazione in alternata, inserendo però, come indicato in figura 1, un trimmer per il bilanciamento della componente alternativa della tensione, da regolare ovviamente per il minimo ronzio (a 50Hz) in uscita. Per il primo tubo invece, pur non essendo di certo controindicata, é probabilmente inutile l'alimentazione in continua del filamento; si può, invece, aggiungere all’alternata, rispetto al disegno originale, una leggera polarizzazione positiva, che, rendendo il catodo negativo rispetto al filamento, fa sì che il primo respinga gli elettroni dispersi dal secondo, i quali possono risultare causa di ronzio, in quanto modulati alla frequenza di rete. CONCLUSIONI Abbiamo, nel corso di questo articolo, analizzato, ci auguriamo in modo chiaro ed esauriente, le problematiche tecniche relative agli amplificatori monotriodo. In estrema sintesi, possiamo così ricapitolare il tutto: il loro schema elettrico é volutamente basato su una totale dissimme- tria (per non alterare il contenuto di armoniche di ordine pari della distorsione), con controreazione bassa o nulla (quanto basta per raggiungere un sufficiente fattore di smorzamento); tutto é studiato per ottenere uno spettro della distorsione con il livello delle armoniche decrescente con la frequenza e monotonicamente crescente con la potenza erogata. L'obiettivo, perseguito ed anche raggiunto dai progettisti della Western Electric, non é stato quello di minimizzare la distorsione, quanto piuttosto, di ottimizzarne la qualità, alla luce delle esigenze del nostro sistema uditivo: con immagine non tecnica, ma efficace, si potrebbe asserire che l'amplificatore in questione distorce sì, ma in modo musicale, non sgradevole all'orecchio. Pochi ma sceltissimi sono i componenti, dalle prestazioni quasi ideali, impiegati in una sapientissima miscela, nella quale l'ingrediente forse più prezioso, vero segreto della trasparenza sonora, é la essenzialità della topologia circuitale, semplice ma mai semplicistica. Riteniamo, infine, che soltanto due sono le strade veramente valide per la realizzazione, amatoriale od industriale che sia, di un amplificatore monotriodo; la prima conforme ai dettami tradizionali, che parte dall'impiego di una circuitazione classica, nell'ambito della quale apportare (con competenza e grande giudizio) quel minimo di variazioni che la componentistica moderna esige: costo altissimo, ma anche certezza di risultati sonici al top sono le sue peculiarità. L'alternativa é pensare a tecniche particolari ed inedite che consentano di adottare economici sostituti alla componentistica originaria, modificando di conseguenza lo schema, ma senza assolutamente snaturarne l'essenza e comprometterne le prestazioni. Sarà nostro impegno, in un futuro assai vicino, già a partire dal prossimo numero di FE, presentarvi un validissimo kit, ricco di innovazioni circuitali che consentiranno veri miracoli: con una ridicola frazione del costo del monotriodo classico, vi sarà proposto un amplificatore dall'ottimo suono, forse altrettanto buono: illusione o concreta conquista? Lo constateremo insieme, al più presto. Codice MIP256052