1 To appear in Atti del X Congresso Internazionale della Società di Linguistica e Filologia Italiana, SILFI 2008, Basel, Switzerland, 2008 June 30 – July 3. Strutture scisse e pseudoscisse: valori d’uso del verbo essere e articolazione dell’informazione nell’italiano parlato ALESSANDRO PANUNZI Università di Firenze 1. Scisse e pseudoscisse: strutture sintattiche di superficie 1.1. Considerazioni preliminari Il termine frase scissa viene talvolta utilizzato come etichetta generale per designare strutture sintattiche in realtà di tipo diverso. In particolare, oltre alla frasi scisse propriamente dette, vengono spesso ascritte a tale classe anche le frasi cosiddette pseudoscisse, considerate come varianti formali delle prime (cfr. BERRETTA 2002, D’ACHILLE/PROIETTI/VIVIANI 2005, DE CESARE 2008). Ad accomunare frasi scisse e pseudoscisse sarebbe in primo luogo il livello della loro funzione comunicativa: entrambe le strutture opererebbero infatti la mise en relief di un costituente frastico. Sul piano pragmatico, ciò viene fatto corrispondere a una strategia di focalizzazione del costituente “scisso”. A livello sintattico, entrambe queste strategie vengono messe in relazione a fenomeni di “movimento”, che a partire da una frase “standard” come (1) (1) Fido abbaia consentirebbero di produrre la rispettiva frase scissa esplicita (2) o implicita (3): (2) è Fido che abbaia 2 (3) è Fido ad abbaiare o la relativa pseudoscissa (4): (4) quello che abbaia è Fido In ciascuno degli esempi (2), (3) e (4), quindi, il costituente «Fido» sarebbe collocato in una posizione focalizzata, messa in risalto dalla configurazione sintattica “non standard” di tutto il costrutto1. Sebbene lo sfondo teorico-descrittivo appena presentato sia largamente accettato in letteratura, le opinioni divergono più frequentemente quando ci si addentra nella descrizione puntuale delle configurazioni sintattiche dei due tipi di frase. All’interno della sua trattazione delle frasi pseudoscisse in italiano, ad esempio, Salvi (1991) sostiene che «le analogie con le frasi scisse si riducono però alla funzione informativa delle due costruzioni e alla presenza di essere; per il resto, le strutture dei due tipi di frase sono sostanzialmente diverse». Più recentemente, tuttavia, è stato asserito che le frasi scisse e pseudoscisse condividono anche alcuni importanti aspetti formali relativi alla loro organizzazione sintattica (cfr. in particolare BERRETTA 2002). In primo luogo, entrambi i costrutti sono rappresentati da enunciati segmentati in due unità frastiche: una frase principale e una subordinata. Secondariamente, in entrambi i costrutti il verbo che occorre nella frase principale è essere (cui viene attribuito un valore genericamente copulare2); inoltre, sia nella frasi scisse che in quelle pseudoscisse il costituente che immediatamente segue il verbo è l’elemento “messo in rilievo”. In ultimo, in entrambi i costrutti la frase subordinata sarebbe una frase dipendente da una testa nominale (relativa o pseudorelativa), a cui sarebbe riservato in compito di portare l’informazione non focale. Tale prospettiva considera dunque di fatto equivalenti le due strutture sia sul piano 1 Ciò è piuttosto discutibile nel caso delle pseudoscisse, in cui l’elemento “focalizzato” compare in posizione finale di frase, ovvero nella posizione standard del focus informativo nella struttura di frase, come previsto dal principio dell’end focus (QUIRK et al. 1985). 2 Nella Grande grammatica italiana di consultazione, Salvi inserisce la trattazione delle frasi pseudoscisse è inserita nel capitolo dedicato alle frasi copulari; le frasi scisse, d’altro canto, sono esplicitamente definite come «strutture copulari tendenzialmente specificazionali» ( BENINCÀ/SALVI/FRISON 1988). 3 informativo che su quello formale. Da questo punto di vista, l’unico discrimine tra i due costrutti sarebbe la posizione dell’elemento focalizzato: nelle frasi scisse, infatti, il focus precederebbe l’informazione non focale; viceversa, nelle pseudoscisse l’informazione non focale sarebbe in prima posizione, seguita dal focus3. Tralasciando per ora le questioni relative alla definizione stessa del concetto di focalizzazione (trattate nel paragrafo 3), dobbiamo però subito sottolineare che le strutture corrispondenti alle frasi scisse e pseudoscisse presentano sostanziali differenze. Ciò può essere evidenziato se si prendono in considerazione due livelli descrittivi in linea di principio tra di loro indipendenti: la struttura sintattica di superficie dei due costrutti (paragrafi 1.2 e 1.3), e il valore semantico del verbo essere realizzato al loro interno (paragrafi 2.2 e .2.3). 1.2. Differenze nella strutture sintattiche di superficie Un primo quadro utile per l’analisi delle strutture sintattiche delle frasi scisse e pseudoscisse in italiano può essere fornito a partire dalla considerazione di tre parametri principali: (a) il riempimento della posizione di soggetto grammaticale del verbo essere; (b) il riempimento sintattico dell’elemento che segue il verbo essere (che chiameremo convenzionalmente elemento “scisso”); (c) il tipo di frase subordinata che compare all’interno del costrutto. Prendiamo prima in considerazione la struttura sintattica delle frasi pseudoscisse. Nell’esempio già riportato in (4) l’elemento “scisso” corrisponde a un sintagma nominale; tuttavia, come risulta evidente dalla frase in (5), questa non è l’unica possibilità: (5) quello che penso è che ci vorrebbero degli aiuti Nel caso appena descritto il costituente alla destra di essere è costituito da una frase argomentale. In linea generale, possiamo quindi attribuire alle frase pseudoscissa una struttura sintattica di superficie schematizzabile come segue: (6) [SN [F-REL]] è [SN|F-ARG] 3 In Berretta (2002: 16) si sostiene che le frasi scisse e quelle pseudoscisse conterrebbero, in entrambi i casi, una pseudorelativa che porta l’informazione non focale: «se il focus introdotto da essere precede la pseudorelativa si parla di scissa, se l’ordine è inverso di pseudoscissa». 4 Seguendo la parametrizzazione proposta, la frase pseudoscissa evidenzia dunque i seguenti tratti: (a) la posizione preverbale è sempre occupata da un costituente nominale in posizione di soggetto del verbo essere, contenente una frase relativa; (b) l’elemento postverbale (“scisso”) è costituito da un sintagma nominale o da una frase argomentale (e mai da un sintagma preposizionale); (c) la frase subordinata all’interno del costituente a sinistra del verbo essere è un relativa restrittiva, e dipende dalla testa nominale in posizione di soggetto. Passiamo quindi a considerare la struttura delle frasi scisse. L’esempio riportato in (2) («è Fido che abbaia») contiene, nella posizione immediatamente a destra del verbo essere, un sintagma nominale che corrisponde al soggetto della frase subordinata. Anche in questo caso, tuttavia, vi sono altre possibilità4; l’elemento “scisso” può essere infatti costituito dall’oggetto diretto del predicato che compare nella subordinata (7), da un complemento circostanziale (8), da una frase subordinata avverbiale (9) o da un avverbio (10): (7) è [Mario] che ho incontrato ieri (8) è [con Mario] che ci sono andato (9) è [quando abbaia] che mi dà fastidio (10) è [direttamente] che ci devi parlare A partire dagli esempi forniti, potremmo quindi schematizzare la struttura sintattica superficiale di una frase scissa come segue: (11) è [SN|SP|Avv|F-AVV] che [F-SUB] Diversamente da quanto notato nel caso delle frasi pseudoscisse, quindi, in questo tipo di costruzione: (a) la posizione di soggetto del verbo essere è obbligatoriamente vuota; (b) l’elemento postverbale (“scisso”) può essere costituito da un sintagma nominale, da un 4 Come noto, tuttavia, quello appena citato è l’unico caso che consente la variante implicita della frase subordinata all’intero della struttura scissa (cfr. esempio 3). 5 sintagma preposizionale, da un avverbio o da una frase avverbiale; (c) come appare evidente, la frase subordinata non è una relativa, in quanto non dipende da una testa nominale, né può essere definita “pseudorelativa5”, ma dipende direttamente dal verbo essere6, che avrebbe quindi un valore propriamente subordinante. Abbiamo quindi mostrato che frasi scisse e pseudoscisse hanno sia differenti restrizioni distributive, sia differenti strutture sintattiche di superficie, in particolare per quanto riguarda il riempimento della posizione del soggetto della frase principale, il tipo sintattico dell’elemento scisso e il tipo di subordinazione presente all’interno dei due costrutti. Il fatto che le due strutture manifestino differenti vincoli sulla selezione dei loro costituenti sintattici contraddice quindi l’ipotesi che i due tipi di frase siano varianti formali di una stessa struttura, che si manifesterebbe con un diverso “ordine dei costituenti”, dando luogo a diversi tipi di frase. 2. Semantica e valori d’uso del verbo essere all’interno dei due costrutti 2.1. La variazione d’uso del verbo essere L’analisi della variazione semantica del verbo essere ha costituito l’oggetto specifico di uno studio precedente (PANUNZI 2007), che costituisce lo “sfondo” in cui si inquadra la presente analisi. In tale lavoro sono state classificate, in una prospettiva corpus-driven, tutte le occorrenze del verbo essere nel corpus di parlato spontaneo C-ORAL-ROM (CRESTI/MONEGLIA 2005), e si è prodotto lo schema tassonomico riportato in figura 1: Figura 1. 5 In quanto non costituisce una modificazione dell’identificazione di una testa nominale (per una trattazione completa dei criteri di definizione delle frasi pseudorelative, si veda SCARANO 2002). Inoltre, uno dei caratteri definitori delle frasi pseudorelative che dipendono dai verba sentiendi è che il proprio antecedente svolga obbligatoriamente la funzione di soggetto della frase stessa (cfr. CINQUE 1988). 6 Specificamente su questo punto, Salvi sottolinea: “il che che può comparire nelle pseudo-scisse, introduce una proposizione relativa, mentre il che delle frasi scisse fa parte integrante della struttura essere x che…”. 6 I punti più alti della classificazione distinguono da una parte gli usi ausiliari e dall’altra l’uso specifico all’interno del lessema autonomo esserci, e permettono di isolare gli usi verbali di essere, al cui interno si riscontra la variazione centrale dei suoi usi propri (che in questa analisi identificano una polisemia). Assumendo una prospettiva meramente descrittiva, è possibile rappresentare l'intero insieme degli usi centrali attraverso una struttura sintattica tripartita comune, del tipo: soggetto - essere - “complemento”7. Dal punto di vista semantico, la “variazione centrale” dell’uso verbale di essere identifica tre sensi: (a) copulare («Carlo è calvo»), in cui il verbo stabilisce l’attribuzione della proprietà predicata dal complemento post-copulare al suo soggetto grammaticale; (b) identificativo («Carlo è l’uomo che hai incontrato ieri»), in cui il verbo stabilisce una relazione di identità tra due espressioni referenziali; (c) predicativo a base locativa («Carlo è in camera»), in cui il verbo stabilisce una relazione di localizzazione tra il soggetto un oggetto di riferimento. Il principale correlato di questa variazione semantica è costituito da una coppia di 7 Il termine complemento è qui da intendersi come mera etichetta “superficiale”, utilizzata per individuare il terzo membro della struttura sintattica tripartita retta dal verbo essere. L'estensione della variazione d’uso del verbo risulta peraltro particolarmente evidente dal fatto che il "complemento" può essere costituito da: (a) un aggettivo; (b) un sintagma nominale (definito o indefinito); (c) una forma nominale del verbo (participio in funzione aggettivale, infinito); (d) un elemento pronominale (personale, indefinito, dimostrativo); (e) un sintagma preposizionale (con riempimento nominale o verbale); (f) un avverbio; (g) un numerale (cardinale). 7 proprietà che riguardano specificamente il “complemento” della struttura, ovvero il grado di referenzialità e il ruolo tematico che gli vengono attribuiti8. La separazione tra usi copulari e usi non copulari del verbo, infatti, si fonda primariamente sul tratto di [referenzialità] dell'elemento alla sua destra. Ciò vale sia nel caso degli usi identificativi di essere, che vengono differenziati da quelli copulari proprio in considerazione del fatto che contengono un complemento con valore referenziale, sia per gli usi predicativi a base locativa. La differenziazione tra uso identificativo e uso locativo si ottiene invece in relazione all'assegnazione di ruolo theta al complemento: il valore predicativo a base locativa necessita infatti che all'elemento referenziale (l’oggetto di riferimento della locazione) venga assegnato un ruolo tematico trasparente. Diversamente, sul complemento delle strutture identificative non si proietta nessun ruolo tematico manifesto9. Al di fuori della variazione centrale, il settore della variazione marcata è identificato attraverso: (a) un criterio semantico negativo, di non applicabilità del senso primario del verbo; (b) il parallelo giudizio di marcatezza semantica, ovvero l’applicazione di un senso non proprio (MONEGLIA 1989). L'uso del verbo è in questi casi legato ad un valore secondario, che emerge in trasparenza, corrispondente ad usi in grammaticalizzazioni, ad usi in fenomeni di lessicalizzazione, e ad usi fraseologici non ascrivibili alla variazione centrale di essere. Uno dei risultati più interessanti che si evince dall'analisi corpus-driven è che i tipi tassonomici che fanno capo alla variazione centrale danno luogo a classi d'uso con un'alta variazione interna, prevedibile teoricamente sulla base della definizione semantica dei tipi. Tale proprietà è stata definita attraverso il concetto di “linea di variazione” di una classe (PANUNZI in stampa), che spiega la sua produttività e ne sostanzia l’indipendenza dal punto di vista della classificazione10. La tabella seguente riassume le tipologie d'uso verbale di essere 8 È proprio l’individuazione di tali proprietà positive, equivalenti a quella del valore semantico di essere, che permette la classificazione su corpus. 9 Per quanto riguarda il complemento (predicativo) delle strutture copulari, l’assenza di ruolo theta è motivata a priori, in quanto l'assegnazione di un ruolo tematico a un costituente frastico ha come condizione necessaria che esso sia un elemento [+referenziale]. 10 Al contrario, la variazione marcata del verbo si disperde su un insieme di usi eterogeneo e non prevedibile. 8 riscontrate su corpus, mettendole in relazione con diversi i valori semantici del verbo e con la linea di variazione inerente: Tabella 1. Tipologia d’uso di essere Valore semantico di essere Linea di variazione Copulare attribuzione di proprietà (relazione estensionale) tipo di proprietà attribuita Identificativo relazione di identificazione tra espressioni referenziali (relazione intensionale) classe ontologica dell'entità cui si riferiscono le espressioni messe in relazione Predicativo a base locativa instaurazione di una relazione di localizzazione (relazione tematica) dominio cognitivo in cui viene instaurata la relazione tra il tema e l’oggetto di riferimento Ai fini di questo lavoro, prenderemo in considerazione più in dettaglio la sola classe degli usi identificativi, particolarmente interessanti per la trattazione delle frasi pseudoscisse. Come si evince dalla tabella 1, tali usi mostrano una linea di variazione relativa alla classe ontologica dell'entità oggetto della predicazione. Ciò sta a significare che l'identificazione può avvenire a diversi “ordini”, da quello primario degli oggetti (esemplificato dall’enunciato in 12, estratto dal corpus), a quello dei luoghi (13) e dei tempi (14), fino ad arrivare a quello, strutturalmente più complesso, degli eventi (15): (12) *ANN: che lui è il presidente del Sunia // (13) *LIA: e qui è San Gottardo / eh // (14) *MAX: perché qui è il ’59 // (15) *ELA: che / era la volta che tu cantavi… Nelle due sezioni successive esamineremo quindi il valore semantico del verbo essere all’interno delle frasi scisse e pseudoscisse, alla luce dello schema interpretativo fornito. 2.2. La frase pseudoscissa: valore semantico di essere 9 A partire dalle definizioni date, è possibile osservare che, all’interno di una frase pseudoscissa, il verbo essere ha un valore propriamente identificativo, in quanto mette in relazione due entità referenziali nelle posizioni rispettive di soggetto e complemento del verbo essere11. Ciò emerge con particolare evidenza se si confrontano le coppie di esempi seguenti, in cui il sintagma nominale che compare in posizione di soggetto (e che contiene la frase relativa) nella frase pseudoscissa è sostituito con un sintagma nominale semplice: (16) [quello che ha vinto] / [il vincitore] è Mario (17) [la canzone che mi piace di più] / [la mia canzone preferita] è “Heroes” Appare quindi chiaro che il sintagma nominale in posizione di soggetto, contenente la relativa restrittiva, svolge la funzione di creare un riferimento individuale, che viene poi identificato con il riferimento fornito dal sintagma nominale definito a destra di essere. Gli esempi finora riportati prendono in considerazione strutture pseudoscisse che hanno come complemento un sintagma nominale. Tuttavia, come sottolineato in precedenza, la posizione post-verbale può essere riempita anche da un costituente frastico, come nell’esempio seguente, tratto dal corpus: (18) *ANT: quello che non accetti / è che ti giudichi un deficiente // In tale caso, ci troviamo davanti a un’identificazione tra due espressioni eventive, la prima delle quali contenuta nella frase relativa dipendente dal sintagma nominale in posizione di soggetto, l’altra nel costituente frastico a destra di essere. Tale caratteristica è in pieno accordo con l’inserimento di costrutti pseudoscissi all’interno degli usi identificativi, la cui linea di variazione interna prevede che le entità poste in relazione possano essere eventi. Che si tratti di una identificazione tra due espressioni che rappresentano eventi è confermato da due ulteriori fatti: (a) la frase subordinata è una frase argomentale che 11 In questo senso, le frasi pseudoscisse sono trattate all’interno della grammatica generativa come i casi più tipici di frasi copulari specificazionali (cfr HIGGINS 1979, SALVI 1991). 10 rappresenta un possibile argomento del verbo contenuto nella relativa (cfr. «non accetti che ti giudichi un deficiente»); (b) è possibile sostituire l’elemento frastico con una nominalizzazione dell’evento, inserendo la frase come argomento del costituente nominale «il fatto che»: (19) *quello che non accetti / è il fatto che ti giudichi un deficiente // Il valore del verbo essere all’interno di una frase pseudoscissa corrisponde quindi ad un valore d’uso centrale, che dal punto di vista semantico si inquadra all’interno della variazione d’uso identificativa, ovvero in un campo di variazione proprio del verbo. 2.3. La frase scissa: valore semantico di essere Come già notato in precedenza, la posizione a destra del verbo essere di un costrutto scisso può essere riempita, oltre che da un sintagma nominale, da un sintagma preposizionale, (cfr. esempio 20, estratto dal corpus), o da un elemento avverbiale (anche frastico): (20) *PAP: [...] è [a questo] che fanno riferimento Vittorini e Calvino // Appare quindi chiaro che l’uso del verbo essere all’interno di una frase scissa non può essere considerato né copulare (che richiederebbe un complemento di tipo predicativo, tipicamente costituito da un aggettivo o un sintagma nominale non definito) né propriamente identificativo (che richiederebbe un complemento referenziale a cui non è assegnato ruolo tematico, tipicamente costituito da un sintagma nominale definito)12. Diversamente, si può sostenere che il verbo essere assume in questo caso un valore propriamente subordinante, come anche comprovato dalla non sostituibilità dell’elemento frastico a destra di che con una nominalizzazione (cfr. «il fatto che»), come dimostra l’inaccettabilità dell’esempio seguente: (21) *è a questo il fatto che fanno riferimento Vittorini e Calvino // 12 Ovviamente, deve essere escluso anche il valore locativo. 11 Tale valore subordinante del verbo essere non è comunque esclusivo delle frasi scisse; anche altri costrutti presentano infatti caratteristiche simili, come quelli negli enunciati del corpus13: (22) *GPA: è che è un po’ complicato da usare // (23) *NIL: [...] non è che pignori una stanza di una casa // (24) *MAX: [...] è perché noi ci si metteva gli asciugamani bagnati // Più in generale quindi, l’uso del verbo essere all’interno delle frasi scisse (e delle altre strutture riportate negli esempi qui sopra) non appartiene alla variazione centrale individuata dalla nostra proposta tassonomica: siamo piuttosto davanti ad un uso semanticamente marcato del verbo, non prevedibile sulla base dei suoi significati propri14. In sintesi, le frasi scisse e le frasi pseudoscisse manifestano differenze sostanziali per quanto riguarda: (a) tratti pertinenti al riempimento del soggetto, al tipo sintattico del costituente alla destra di essere, al tipo di frase subordinata; (b) e il valore d’uso del verbo essere, propriamente identificativo nelle frasi pseudoscisse, marcato e subordinante nelle frasi scisse. I due tipi di frase sono dunque distinti sia sul piano sintattico che su quello semantico. 3. Analisi del corpus orale: dati generali e articolazione dell’informazione 3.1. Dati generali In questo paragrafo ci concentreremo sullo studio corpus-based del loro uso e delle loro caratteristiche informative, secondo una prospettiva di analisi della lingua parlata che mette in primo piano la relazione tra scansione prosodica e struttura dell’informazione dei costituenti 13 Deve essere notato che in D’ACHILLE/PROIETTI/VIVIANI (2005), i costrutti del tipo (21) e (22) sono menzionati, in quanto fenomeni di focalizzazione, nel novero delle frasi scisse, rispettivamente come «focalizzazione dell’intera frase» e «focalizzazione della negazione». 14 Il verbo contenuto nella frase scissa è parafrasabile piuttosto attraverso sensi non propri di essere (es. «è stato x che»). 12 dell’enunciato. Presenteremo prima alcuni dati generali che permettono di inquadrare meglio i fenomeni in oggetto a livello quantitativo, all’interno dell’uso di essere nella lingua parlata. La risorsa analizzata per lo studio delle strutture scisse e pseudoscisse è la sezione italiana del corpus orale C-ORAL-ROM (CRESTI/MONEGLIA 2005), in cui il verbo conta un totale di 13.831 occorrenze (4,66% dei token totali). La rilevanza quantitativa di essere nel corpus è ancor meglio apprezzabile se viene messa in relazione alla sua presenza all'interno degli enunciati, considerati come unità di riferimento della produzione orale. I dati complessivi mostrano che il verbo essere è presente in 10.862 enunciati sui 38.593 totali (28%). Se si escludono dal computo gli enunciati verbless, ovvero quelli che non presentano una forma verbale di modo finito al loro interno, il dato della presenza del verbo essere sale al 45,5% degli enunciati (10.862/23.873). Tali considerazioni generali inquadrano il verbo essere come uno dei principali elementi strutturanti della performance orale. La tabella 2 riporta inoltre le occorrenze totali e le percentuali di usi di essere rispetto alla tassonomia fornita precedentemente in figura 1: Tabella 2. USI DI ESSERE usi verbali usi ausiliari “esserci” non classificati15 totale occorrenze percentuale 7914 57,22% 2874 20,78% 1989 14,38% 1054 7,62% 13831 100,00% Gli usi propriamente verbali di essere costituiscono quindi il settore di variazione più frequente (57,22% del totale). La tabella 3 considera il fenomeno complessivo della presenza di scisse e pseudoscisse all’interno del corpus (insieme ai costrutti evidenziati negli esempi 22, 23 e 24), rapportandolo agli usi totali di essere e a quelli propriamente verbali: 15 L’alta percentuale di occorrenze non classificate è dovuta in primo luogo a motivi di disfluenza all’interno del flusso del parlato. Se una forma del verbo essere occorre infatti in un contesto in cui ha luogo un’interruzione o un fenomeno di retracting (CRESTI 2000), il suo valore semantico non è chiaramente ricostruibile, ed è scartata dalla classificazione. 13 Tabella 3. scisse pseudoscisse è che è perché non è che TOTALE % essere % enunciati occorrenze "verbale" verbali 91 1,15% 0,38% 61 0,77% 0,26% 18 0,23% 0,08% 15 0,19% 0,06% 102 1,29% 0,43% 287 3,63% 1,21% Può quindi essere notato che, all’interno dell’uso complessivo del verbo essere nella lingua parlata, il fenomeno delle frasi scisse e pseudoscisse risulta piuttosto marginale. Tali tratti si sporadicità, già messi in rilievo da puntuali studi su corpus di italiano parlato ( SCARANO 2003, ROGGIA in stampa), sembrano smentire l’ipotesi che tali tipi di costrutti siano caratterizzanti della produzione orale spontanea. 3.2. Focalizzazione e struttura dell’informazione Come già anticipato nel primo paragrafo, le strutture scisse e pseudoscisse sono spesso accomunate dal punto di vista della funzione comunicativa, in quanto considerate entrambe strutture di focalizzazione. Tale prospettiva d’analisi prende le mosse da un duplice assunto: (a) che il focus informativo di un enunciato corrisponda (tendenzialmente) all’informazione [nuova] presente in esso (cfr. HALLIDAY 1967, LAMBRECHT 1992); (b) che tale proprietà pragmatica abbia un correlato formale rintracciabile nella struttura sintattica della frase, e segnatamente nell’ordine marcato degli elementi che la compongono. Il concetto di marcatezza è qui definito su un piano strettamente sintatticotrasformazionale16 (cfr. BENINCÀ/SALVI/FRISON 1988), che a sua volta presuppone due assunzioni: (a) che esista un ordine naturale (o “canonico”) in cui i costituenti di una frase si manifestano, in corrispondenza ai principi strutturali di una data lingua (ricostruibili da una teoria formale); 16 Deve essere qui sottolineata la distanza tra il concetto di marcatezza appena delineato, e la nozione di uso semanticamente marcato, che ci ha permesso di distinguere il valore del verbo essere nelle frasi scisse da quelle pseudoscisse. 14 (b) che a partire da tale ordine “canonico” sia possibile, attraverso specifici dispositivi, “spostare” un costituente in una posizione diversa da quella per lui presupposta. In questi termini, la focalizzazione viene trattata come un fenomeno strettamente pertinente la struttura sintattica della frase, e legata in particolare ai fenomeni di movimento, attivati al livello dell’ordine dei costituenti frastici al fine di evidenziare funzioni pragmatiche specifiche. Diversamente, il quadro di riferimento adottato nel presente studio analizza la strutturazione informativa dell’enunciato a partire dalle proprietà prosodiche (e distributive) dei suoi componenti. Secondo la Teoria dell’articolazione informativa (CRESTI 2000), infatti, la prosodia segnala da un lato le unità di riferimento delle produzione orale (gli enunciati) attraverso break prosodici terminali, dall’altro le scansioni ulteriori all’interno di tali unità attraverso break prosodici non terminali17. Le unità di scansione prosodica (di tipo prefix, root o suffix) sono considerate isomorfiche a quelle di scansione informativa (cfr. Topic, Comment e Appendice, per la cui definizione si rimanda a CRESTI/MONEGLIA in stampa). All’interno di tale quadro, anche il concetto di focus si lega ai fenomeni di scansione e di prominenza prosodica. Esso è infatti definito come una proprietà del livello locutivo dell’enunciato, attivata su un’espressione semanticamente piena, e segnalata da un movimento percettivamente rilevante in corrispondenza del nucleus prosodico dell’unità tonale/informativa. In particolare: (1) all’interno di un’unità informativa di Topic, il focus è attivato sull’ultima espressione semanticamente saliente (all’estrema destra dell’unità); (2) all’interno di un’unità informativa di Comment, il focus è attivato su un’espressione semanticamente piena in posizione variabile all’interno dell’unità18. Tale prospettiva si differenzia profondamente da quella presentata in precedenza, in cui il concetto di focus è definito a livello informativo (come informazione nuova) e segnalato a livello sintattico (dai fenomeni di movimento). Nella parte finale di questo paragrafo saranno 17 Ad un livello ulteriore, la prosodia definisce anche il valore illocutivo dell’enunciato, attraverso la realizzazione di un profilo tonale dedicato all’espressione di un determinato atto linguistico (cfr. Teoria della lingua in atto, CRESTI 2000). 18 La diversa posizione del nucleus prosodico dipende in larga parte dal tipo di illocuzione selezionata. 15 quindi analizzati, tramite l’esemplificazione dal corpus, alcuni enunciati-tipo in cui occorrono i costrutti scissi e pseudoscissi, con particolare attenzione al rapporto tra realizzazione prosodica e struttura informativa. 3.3. Caratteri della struttura informativa delle strutture scisse e pseudoscisse Dal punto di vista appena delineato, le frasi pseudoscisse mostrano una struttura tendenziale ripartita in due unità tonali di tipo prefix – root, che corrispondono sul piano dell’articolazione dell’informazione a una sequenza Topic – Comment. Gli enunciati riportati in (25) e (26) esemplificano tale caso tipico: (25) *NIC: e quella che t' avevo fatto io per primo /TOP era questa /COM no? (26) *ANT: quello che non accetti /TOP è che ti giudichi un deficiente //COM In queste strutture, l’elemento “scisso” si trova sempre all’interno dell’unità di Comment, mentre il sintagma nominale e la frase relativa da esso dipendente occupano la posizione di Topic. La figura 2, in cui stati cerchiati i nuclei prosodici rilevati, rappresenta il grafico della frequenza fondamentale relativa all’enunciato (26): Figura 2. 16 La scansione prosodica delle frasi scisse mostra invece tipicamente una partizione della struttura in due unità tonali rispettivamente di tipo root e suffix, in corrispondenza a due unità informative di Comment e Appendice, come mostrato dagli esempi (27) e (28): (27) *PRI: ed è lui /COM che vi ha scelti //APC (28) *PMA: ed è quel codice /COM che ci legittima come appartenenti all' umanità //APC L’elemento “scisso” che segue il verbo essere si trova necessariamente all’interno del Comment, e corrisponde al nucleus prosodico su cui avviene il movimento percettivamente saliente. La frase subordinata introdotta dal che è invece contenuta nell’unità informativa di Appendice. La figura 3 rappresenta il grafico della frequenza fondamentale relativa all’enunciato (28): Figura 3. Ovviamente, tale configurazione informativa non è esclusiva delle frasi scisse19. È 19 Dal punto di vista complementare, sebbene la configurazione della scissa in una struttura CommentAppendice sia quella più largamente testimoniata nel corpus, sono piuttosto frequenti casi di scisse linearizzate all'interno di un'unità di Comment, come nell’esempio: «erano [///] praticamente era due anni che 'un si vedevan con Guido /COM [...] //». La realizzazione di una scissa linearizzata correla con la presenza, in funzione di elemento "scisso", di un'espressione temporale, che però non occorre in corrispondenza di un vero e proprio 17 interessante notare che, ad esempio, a partire da una frase scissa è possibile ipotizzare un enunciato che abbia la stessa scansione prosodica e la stessa struttura informativa, in cui il Comment sia costituito dal solo elemento nominale “scisso” e l’Appendice contenga la frase subordinata senza l’introduttore che. Ad esempio, a partire dall’enunciato (28) si può generare l’exemplum fictum in (29): (29) quel codice /COM ci legittima come appartenenti all' umanità //APC in cui rimangono sostanzialmente inalterati prosodia, struttura dell’informazione e valori pragmatici. La focalità o meno dell’elemento “scisso” deriva dunque dalla struttura prosodica e informativa dell'enunciato, e non dai fenomeni di “movimento” sintattico. Nei capitoli precedenti abbiamo mostrato che le frasi scisse e le frasi pseudoscisse presentano differenti caratteristiche in tutti i livelli di analisi considerati. In particolare, le frasi pseudoscisse sono formate da due costituenti argomentali (sintagmi nominali o frasi argomentali) dello stesso ordine ontologico, messi in relazione da un uso propriamente identificativo del verbo essere. In sintesi, i tratti evidenziati mostrano che la frase cosiddetta “pseudo scissa” è una struttura “non marcata” ai vari livelli della descrizione linguistica. Nelle frasi scisse, al contrario, il verbo essere regge un costituente argomentale o avverbiale (sintagma nominale, sintagma preposizionale, avverbio o frase avverbiale) e una frase subordinata. Tale uso non è ascrivibile a nessuna delle classi di variazione semantica del verbo, e deve essere pertanto considerato un uso marcato. È possibile a questo riguardo ipotizzare che, nel caso delle frasi scisse, essere sia utilizzato all’interno di un costrutto specifico, la cui marcatezza è motivata a un livello strettamente semantico, indipendentemente da eventuali fenomeni di “movimento sintattico”. Le prospettive di analisi che lo studio qui proposto apre riguardano in particolare due aspetti cruciali della realizzazione di tali costrutti nel parlato: le possibilità di strutturazione nucleus prosodico. La peculiarità di tali costrutti rispetto alle frasi scisse "canoniche" è peraltro testimoniata anche a livello sintattico: l'espressione temporale non è infatti introdotta da preposizione, come ci si aspetterebbe da una struttura di frase scissa («era da due anni che non si vedevano»; cfr. CINQUE 1988). 18 prosodico-informativa e gli eventuali correlati illocutivi associati. Dal punto di vista della distribuzione informativa, è stato notato che le frasi pseudoscisse si configurano prevalentemente all’interno di una struttura di tipo Topic – Comment, mentre le scisse si proiettano tendenzialmente su una configurazione Comment – Appendice. Tuttavia, deve essere notato che mentre le frasi pseudoscisse sono, almeno in linea di principio, configurabili attraverso differenti strutture prosodico-informative20, la frasi scisse sembrano essere più stabilmente legate all'articolazione descritta in (27) e (28). Parallelamente è stato notato, negli esempi analizzati, una certa “fissità” del profilo prosodico associato al Comment delle frasi scisse, che fa pensare alla possibilità di stabilire una correlazione tra tale costrutto e la realizzazione di un atto linguistico specifico (di tipo tendenzialmente “contrastivo”). Entrambe queste ipotesi dovranno essere verificate da un’indagine corpus-based che prenda in considerazione la realizzazione prosodica, la strutturazione informativa e il valore illocutivo di tutti gli enunciati in cui occorrono i costrutti scissi e pseudoscissi. Indicazioni bibliografiche BENINCÀ/SALVI/FRISON 1988 = PAOLA BENINCÀ, GIAMPAOLO SALVI elementi della frase e le costruzioni marcate, in e LORENZA FRISON, LORENZO RENZI L’ordine degli (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione (vol I). Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 115-225. BERRETTA 2002 = MONICA BERRETTA, Quello che voglio dire è che: le scisse da struttura topicalizzanti a connettivi testuali, in GIAN LUIGI BECCARIA e CARLA MARELLO (a c. di), La parola al testo. Scritti per Bice Mortara Garavelli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2002, pp. 15-31. CINQUE 1988 = GUGLIELMO CINQUE, La frase relativa, in LORENZO RENZI (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione (vol I). Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 443-503. CRESTI 2000 = EMANUELA CRESTI, Corpus di italiano parlato, Firenze, Accademia della Crusca, 20 Sembra infatti possibile, ad esempio, produrre una pseudoscissa attraverso un'articolazione Comment ‒ Appendice, del tipo «quello che non accetti /COM è che ti giudichi un deficiente //APC». 19 2000. CRESTI/MONEGLIA 2005 = EMANUELA CRESTI e MASSIMO MONEGLIA (a c. di), C-ORAL-ROM. Integrated Reference Corpora for Spoken Romance Languages, Amsterdam, Benjamins, 2005. CRESTI/MONEGLIA in stampa = EMANUELA CRESTI e MASSIMO MONEGLIA, Specifications for the annotation of the informational patterning in spontaneous spoken Italian, Firenze, Firenze University Press, in stampa. D’ACHILLE/PROIETTI/VIVIANI 2005 = PAOLO D’ACHILLE, DOMENICO PROIETTI e ANDREA VIVIANI, La frase scissa in italiano: aspetti e problemi, in IØRN IORZEN e PAOLO D’ACHILLE (a c. di), Tipologia linguistica e società, Firenze, Cesati, 2005, pp. 249-279. DE CESARE 2005 = ANNA MARIA DE CESARE, La frase pseudoscissa in italiano contemporaneo. Aspetti semantici, pragmatici e testuali, in «Studi di grammatica italiana», XXIV (2005), pp 293-322. 1967 = HALLIDAY MICHAEL ALEXANDER KIRKWOOD HALLIDAY Notes on transitivity and theme in English. Part II, in «Journal of Linguistics», 3 (1967), pp. 199-244. HIGGINS 1979 = HIGGINS FRANCIS ROGER. The Pseudo-cleft Construction in English, New York, Garland, 1979. LAMBRECHT 1994 = KNUD LAMBRECHT, Information Structure and Sentence Form. Topic, focus, and the mental representations of discourse referents, Cambridge, Cambridge University Press, 1994. MONEGLIA 1989 = MASSIMO MONEGLIA, Restrizioni locali sull'intensione: campi di equiestensionalità e morfismi, in «Quaderni del laboratorio linguistico», 2 (1989), Scuola Normale Superiore, Pisa, pp. 196-225. PANUNZI 2007 = ALESSANDRO PANUNZI, Il verbo essere nella lingua italiana: analisi della variazione d’uso in un corpus di parlato spontaneo, tesi di dottorato, Università di Torino. PANUNZI in stampa = ALESSANDRO PANUNZI, Il verbo essere nel parlato italiano: strutture semantiche e linee di variazione, in Actes du XXV Congrès International de Linguistique et de Philologie Romanes, Innsbuck, Austria, in stampa. 20 et al. 1985 = QUIRK RANDOLPH QUIRK, JAN SVARTIVIK, GEOFFREY LEECH e SIDNEY GREENBAUM, A comprehensive grammar of the English language, London, Longman, 1985. ROGGIA in stampa = CARLO ENRICO ROGGIA, Frasi scisse in italiano e francese orale: evidenze dal C-ORAL-ROM, in Cuadernos de Filologia Italiana, 15. SALVI 1991 = GIAMPAOLO SALVI, Le frasi copulative. in LORENZO RENZI e GIAMPAOLO SALVI (a c. di), Grande grammatica italiana di consultazione (vol II), Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 163-189. SCARANO 2002 = ANTONIETTA SCARANO, Frasi relative e pseudo-relative in italiano: sintassi, semantica e articolazione dell’informazione, Bulzoni, Roma, 2002. SCARANO 2003 = ANTONIETTA SCARANO, Les constructions de syntaxe segmentée : syntaxe, macro- syntaxe et articulation de l’information, in ANTONIETTA SCARANO (a c. di), Macro-syntaxe et pragmatique. L’analyse linguistique de l’oral, Roma, Bulzoni, 2003, pp. 183-201.