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To appear in Atti del X Congresso Internazionale della Società di Linguistica e Filologia
Italiana, SILFI 2008, Basel, Switzerland, 2008 June 30 – July 3.
Strutture scisse e pseudoscisse: valori d’uso del
verbo essere e articolazione dell’informazione
nell’italiano parlato
ALESSANDRO PANUNZI
Università di Firenze
1. Scisse e pseudoscisse: strutture sintattiche di superficie
1.1. Considerazioni preliminari
Il termine frase scissa viene talvolta utilizzato come etichetta generale per designare strutture
sintattiche in realtà di tipo diverso. In particolare, oltre alla frasi scisse propriamente dette,
vengono spesso ascritte a tale classe anche le frasi cosiddette pseudoscisse, considerate come
varianti formali delle prime (cfr.
BERRETTA
2002, D’ACHILLE/PROIETTI/VIVIANI 2005,
DE CESARE
2008). Ad accomunare frasi scisse e pseudoscisse sarebbe in primo luogo il livello della loro
funzione comunicativa: entrambe le strutture opererebbero infatti la mise en relief di un
costituente frastico. Sul piano pragmatico, ciò viene fatto corrispondere a una strategia di
focalizzazione del costituente “scisso”. A livello sintattico, entrambe queste strategie vengono
messe in relazione a fenomeni di “movimento”, che a partire da una frase “standard” come
(1)
(1)
Fido abbaia
consentirebbero di produrre la rispettiva frase scissa esplicita (2) o implicita (3):
(2)
è Fido che abbaia
2
(3)
è Fido ad abbaiare
o la relativa pseudoscissa (4):
(4)
quello che abbaia è Fido
In ciascuno degli esempi (2), (3) e (4), quindi, il costituente «Fido» sarebbe collocato in una
posizione focalizzata, messa in risalto dalla configurazione sintattica “non standard” di tutto il
costrutto1. Sebbene lo sfondo teorico-descrittivo appena presentato sia largamente accettato in
letteratura, le opinioni divergono più frequentemente quando ci si addentra nella descrizione
puntuale delle configurazioni sintattiche dei due tipi di frase. All’interno della sua trattazione
delle frasi pseudoscisse in italiano, ad esempio, Salvi (1991) sostiene che «le analogie con le
frasi scisse si riducono però alla funzione informativa delle due costruzioni e alla presenza di
essere; per il resto, le strutture dei due tipi di frase sono sostanzialmente diverse».
Più recentemente, tuttavia, è stato asserito che le frasi scisse e pseudoscisse
condividono anche alcuni importanti aspetti formali relativi alla loro organizzazione sintattica
(cfr. in particolare
BERRETTA
2002). In primo luogo, entrambi i costrutti sono rappresentati da
enunciati segmentati in due unità frastiche: una frase principale e una subordinata.
Secondariamente, in entrambi i costrutti il verbo che occorre nella frase principale è essere
(cui viene attribuito un valore genericamente copulare2); inoltre, sia nella frasi scisse che in
quelle pseudoscisse il costituente che immediatamente segue il verbo è l’elemento “messo in
rilievo”. In ultimo, in entrambi i costrutti la frase subordinata sarebbe una frase dipendente da
una testa nominale (relativa o pseudorelativa), a cui sarebbe riservato in compito di portare
l’informazione non focale.
Tale prospettiva considera dunque di fatto equivalenti le due strutture sia sul piano
1 Ciò è piuttosto discutibile nel caso delle pseudoscisse, in cui l’elemento “focalizzato” compare in posizione
finale di frase, ovvero nella posizione standard del focus informativo nella struttura di frase, come previsto dal
principio dell’end focus (QUIRK et al. 1985).
2 Nella Grande grammatica italiana di consultazione, Salvi inserisce la trattazione delle frasi pseudoscisse è
inserita nel capitolo dedicato alle frasi copulari; le frasi scisse, d’altro canto, sono esplicitamente definite come
«strutture copulari tendenzialmente specificazionali» ( BENINCÀ/SALVI/FRISON 1988).
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informativo che su quello formale. Da questo punto di vista, l’unico discrimine tra i due
costrutti sarebbe la posizione dell’elemento focalizzato: nelle frasi scisse, infatti, il focus
precederebbe l’informazione non focale; viceversa, nelle pseudoscisse l’informazione non
focale sarebbe in prima posizione, seguita dal focus3.
Tralasciando per ora le questioni relative alla definizione stessa del concetto di
focalizzazione (trattate nel paragrafo 3), dobbiamo però subito sottolineare che le strutture
corrispondenti alle frasi scisse e pseudoscisse presentano sostanziali differenze. Ciò può
essere evidenziato se si prendono in considerazione due livelli descrittivi in linea di principio
tra di loro indipendenti: la struttura sintattica di superficie dei due costrutti (paragrafi 1.2 e
1.3), e il valore semantico del verbo essere realizzato al loro interno (paragrafi 2.2 e .2.3).
1.2. Differenze nella strutture sintattiche di superficie
Un primo quadro utile per l’analisi delle strutture sintattiche delle frasi scisse e pseudoscisse
in italiano può essere fornito a partire dalla considerazione di tre parametri principali: (a) il
riempimento della posizione di soggetto grammaticale del verbo essere; (b) il riempimento
sintattico dell’elemento che segue il verbo essere (che chiameremo convenzionalmente
elemento “scisso”); (c) il tipo di frase subordinata che compare all’interno del costrutto.
Prendiamo prima in considerazione la struttura sintattica delle frasi pseudoscisse.
Nell’esempio già riportato in (4) l’elemento “scisso” corrisponde a un sintagma nominale;
tuttavia, come risulta evidente dalla frase in (5), questa non è l’unica possibilità:
(5)
quello che penso è che ci vorrebbero degli aiuti
Nel caso appena descritto il costituente alla destra di essere è costituito da una frase
argomentale. In linea generale, possiamo quindi attribuire alle frase pseudoscissa una struttura
sintattica di superficie schematizzabile come segue:
(6)
[SN [F-REL]] è [SN|F-ARG]
3 In Berretta (2002: 16) si sostiene che le frasi scisse e quelle pseudoscisse conterrebbero, in entrambi i casi, una
pseudorelativa che porta l’informazione non focale: «se il focus introdotto da essere precede la pseudorelativa si
parla di scissa, se l’ordine è inverso di pseudoscissa».
4
Seguendo la parametrizzazione proposta, la frase pseudoscissa evidenzia dunque i seguenti
tratti: (a) la posizione preverbale è sempre occupata da un costituente nominale in posizione
di soggetto del verbo essere, contenente una frase relativa; (b) l’elemento postverbale
(“scisso”) è costituito da un sintagma nominale o da una frase argomentale (e mai da un
sintagma preposizionale); (c) la frase subordinata all’interno del costituente a sinistra del
verbo essere è un relativa restrittiva, e dipende dalla testa nominale in posizione di soggetto.
Passiamo quindi a considerare la struttura delle frasi scisse. L’esempio riportato in (2)
(«è Fido che abbaia») contiene, nella posizione immediatamente a destra del verbo essere, un
sintagma nominale che corrisponde al soggetto della frase subordinata. Anche in questo caso,
tuttavia, vi sono altre possibilità4; l’elemento “scisso” può essere infatti costituito dall’oggetto
diretto del predicato che compare nella subordinata (7), da un complemento circostanziale
(8), da una frase subordinata avverbiale (9) o da un avverbio (10):
(7)
è [Mario] che ho incontrato ieri
(8)
è [con Mario] che ci sono andato
(9)
è [quando abbaia] che mi dà fastidio
(10)
è [direttamente] che ci devi parlare
A partire dagli esempi forniti, potremmo quindi schematizzare la struttura sintattica
superficiale di una frase scissa come segue:
(11)
è [SN|SP|Avv|F-AVV] che [F-SUB]
Diversamente da quanto notato nel caso delle frasi pseudoscisse, quindi, in questo tipo di
costruzione: (a) la posizione di soggetto del verbo essere è obbligatoriamente vuota; (b)
l’elemento postverbale (“scisso”) può essere costituito da un sintagma nominale, da un
4 Come noto, tuttavia, quello appena citato è l’unico caso che consente la variante implicita della frase
subordinata all’intero della struttura scissa (cfr. esempio 3).
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sintagma preposizionale, da un avverbio o da una frase avverbiale; (c) come appare evidente,
la frase subordinata non è una relativa, in quanto non dipende da una testa nominale, né può
essere definita “pseudorelativa5”, ma dipende direttamente dal verbo essere6, che avrebbe
quindi un valore propriamente subordinante.
Abbiamo quindi mostrato che frasi scisse e pseudoscisse hanno sia differenti restrizioni
distributive, sia differenti strutture sintattiche di superficie, in particolare per quanto riguarda
il riempimento della posizione del soggetto della frase principale, il tipo sintattico
dell’elemento scisso e il tipo di subordinazione presente all’interno dei due costrutti. Il fatto
che le due strutture manifestino differenti vincoli sulla selezione dei loro costituenti sintattici
contraddice quindi l’ipotesi che i due tipi di frase siano varianti formali di una stessa struttura,
che si manifesterebbe con un diverso “ordine dei costituenti”, dando luogo a diversi tipi di
frase.
2. Semantica e valori d’uso del verbo essere all’interno dei due costrutti
2.1. La variazione d’uso del verbo essere
L’analisi della variazione semantica del verbo essere ha costituito l’oggetto specifico di uno
studio precedente (PANUNZI 2007), che costituisce lo “sfondo” in cui si inquadra la presente
analisi. In tale lavoro sono state classificate, in una prospettiva corpus-driven, tutte le
occorrenze del verbo essere nel corpus di parlato spontaneo C-ORAL-ROM (CRESTI/MONEGLIA
2005), e si è prodotto lo schema tassonomico riportato in figura 1:
Figura 1.
5 In quanto non costituisce una modificazione dell’identificazione di una testa nominale (per una trattazione
completa dei criteri di definizione delle frasi pseudorelative, si veda
SCARANO
2002). Inoltre, uno dei caratteri
definitori delle frasi pseudorelative che dipendono dai verba sentiendi è che il proprio antecedente svolga
obbligatoriamente la funzione di soggetto della frase stessa (cfr. CINQUE 1988).
6 Specificamente su questo punto, Salvi sottolinea: “il che che può comparire nelle pseudo-scisse, introduce una
proposizione relativa, mentre il che delle frasi scisse fa parte integrante della struttura essere x che…”.
6
I punti più alti della classificazione distinguono da una parte gli usi ausiliari e dall’altra
l’uso specifico all’interno del lessema autonomo esserci, e permettono di isolare gli usi
verbali di essere, al cui interno si riscontra la variazione centrale dei suoi usi propri (che in
questa analisi identificano una polisemia). Assumendo una prospettiva meramente descrittiva,
è possibile rappresentare l'intero insieme degli usi centrali attraverso una struttura sintattica
tripartita comune, del tipo: soggetto - essere - “complemento”7.
Dal punto di vista semantico, la “variazione centrale” dell’uso verbale di essere
identifica tre sensi: (a) copulare («Carlo è calvo»), in cui il verbo stabilisce l’attribuzione
della proprietà predicata dal complemento post-copulare al suo soggetto grammaticale; (b)
identificativo («Carlo è l’uomo che hai incontrato ieri»), in cui il verbo stabilisce una
relazione di identità tra due espressioni referenziali; (c) predicativo a base locativa («Carlo è
in camera»), in cui il verbo stabilisce una relazione di localizzazione tra il soggetto un oggetto
di riferimento.
Il principale correlato di questa variazione semantica è costituito da una coppia di
7 Il termine complemento è qui da intendersi come mera etichetta “superficiale”, utilizzata per individuare il
terzo membro della struttura sintattica tripartita retta dal verbo essere. L'estensione della variazione d’uso del
verbo risulta peraltro particolarmente evidente dal fatto che il "complemento" può essere costituito da: (a) un
aggettivo; (b) un sintagma nominale (definito o indefinito); (c) una forma nominale del verbo (participio in
funzione aggettivale, infinito); (d) un elemento pronominale (personale, indefinito, dimostrativo); (e) un
sintagma preposizionale (con riempimento nominale o verbale); (f) un avverbio; (g) un numerale (cardinale).
7
proprietà che riguardano specificamente il “complemento” della struttura, ovvero il grado di
referenzialità e il ruolo tematico che gli vengono attribuiti8. La separazione tra usi copulari e
usi non copulari del verbo, infatti, si fonda primariamente sul tratto di [referenzialità]
dell'elemento alla sua destra. Ciò vale sia nel caso degli usi identificativi di essere, che
vengono differenziati da quelli copulari proprio in considerazione del fatto che contengono un
complemento con valore referenziale, sia per gli usi predicativi a base locativa. La
differenziazione tra uso identificativo e uso locativo si ottiene invece in relazione
all'assegnazione di ruolo theta al complemento: il valore predicativo a base locativa necessita
infatti che all'elemento referenziale (l’oggetto di riferimento della locazione) venga assegnato
un ruolo tematico trasparente. Diversamente, sul complemento delle strutture identificative
non si proietta nessun ruolo tematico manifesto9.
Al di fuori della variazione centrale, il settore della variazione marcata è identificato
attraverso: (a) un criterio semantico negativo, di non applicabilità del senso primario del
verbo; (b) il parallelo giudizio di marcatezza semantica, ovvero l’applicazione di un senso
non proprio (MONEGLIA 1989). L'uso del verbo è in questi casi legato ad un valore secondario,
che emerge in trasparenza, corrispondente ad usi in grammaticalizzazioni, ad usi in fenomeni
di lessicalizzazione, e ad usi fraseologici non ascrivibili alla variazione centrale di essere.
Uno dei risultati più interessanti che si evince dall'analisi corpus-driven è che i tipi
tassonomici che fanno capo alla variazione centrale danno luogo a classi d'uso con un'alta
variazione interna, prevedibile teoricamente sulla base della definizione semantica dei tipi.
Tale proprietà è stata definita attraverso il concetto di “linea di variazione” di una classe
(PANUNZI in stampa), che spiega la sua produttività e ne sostanzia l’indipendenza dal punto di
vista della classificazione10. La tabella seguente riassume le tipologie d'uso verbale di essere
8 È proprio l’individuazione di tali proprietà positive, equivalenti a quella del valore semantico di essere, che
permette la classificazione su corpus.
9 Per quanto riguarda il complemento (predicativo) delle strutture copulari, l’assenza di ruolo theta è motivata a
priori, in quanto l'assegnazione di un ruolo tematico a un costituente frastico ha come condizione necessaria che
esso sia un elemento [+referenziale].
10 Al contrario, la variazione marcata del verbo si disperde su un insieme di usi eterogeneo e non prevedibile.
8
riscontrate su corpus, mettendole in relazione con diversi i valori semantici del verbo e con la
linea di variazione inerente:
Tabella 1.
Tipologia d’uso di
essere
Valore semantico di essere
Linea di variazione
Copulare
attribuzione di proprietà
(relazione estensionale)
tipo di proprietà attribuita
Identificativo
relazione di identificazione tra
espressioni referenziali
(relazione intensionale)
classe ontologica dell'entità cui si
riferiscono le espressioni messe in
relazione
Predicativo a base
locativa
instaurazione di una relazione di
localizzazione
(relazione tematica)
dominio cognitivo in cui viene
instaurata la relazione tra il tema e
l’oggetto di riferimento
Ai fini di questo lavoro, prenderemo in considerazione più in dettaglio la sola classe
degli usi identificativi, particolarmente interessanti per la trattazione delle frasi pseudoscisse.
Come si evince dalla tabella 1, tali usi mostrano una linea di variazione relativa alla classe
ontologica dell'entità oggetto della predicazione. Ciò sta a significare che l'identificazione può
avvenire a diversi “ordini”, da quello primario degli oggetti (esemplificato dall’enunciato in
12, estratto dal corpus), a quello dei luoghi (13) e dei tempi (14), fino ad arrivare a quello,
strutturalmente più complesso, degli eventi (15):
(12)
*ANN: che lui è il presidente del Sunia //
(13)
*LIA: e qui è San Gottardo / eh //
(14)
*MAX: perché qui è il ’59 //
(15)
*ELA: che / era la volta che tu cantavi…
Nelle due sezioni successive esamineremo quindi il valore semantico del verbo essere
all’interno delle frasi scisse e pseudoscisse, alla luce dello schema interpretativo fornito.
2.2. La frase pseudoscissa: valore semantico di essere
9
A partire dalle definizioni date, è possibile osservare che, all’interno di una frase
pseudoscissa, il verbo essere ha un valore propriamente identificativo, in quanto mette in
relazione due entità referenziali nelle posizioni rispettive di soggetto e complemento del
verbo essere11. Ciò emerge con particolare evidenza se si confrontano le coppie di esempi
seguenti, in cui il sintagma nominale che compare in posizione di soggetto (e che contiene la
frase relativa) nella frase pseudoscissa è sostituito con un sintagma nominale semplice:
(16)
[quello che ha vinto] / [il vincitore] è Mario
(17)
[la canzone che mi piace di più] / [la mia canzone preferita] è “Heroes”
Appare quindi chiaro che il sintagma nominale in posizione di soggetto, contenente la relativa
restrittiva, svolge la funzione di creare un riferimento individuale, che viene poi identificato
con il riferimento fornito dal sintagma nominale definito a destra di essere.
Gli esempi finora riportati prendono in considerazione strutture pseudoscisse che hanno
come complemento un sintagma nominale. Tuttavia, come sottolineato in precedenza, la
posizione post-verbale può essere riempita anche da un costituente frastico, come
nell’esempio seguente, tratto dal corpus:
(18)
*ANT: quello che non accetti / è che ti giudichi un deficiente //
In tale caso, ci troviamo davanti a un’identificazione tra due espressioni eventive, la prima
delle quali contenuta nella frase relativa dipendente dal sintagma nominale in posizione di
soggetto, l’altra nel costituente frastico a destra di essere. Tale caratteristica è in pieno
accordo con l’inserimento di costrutti pseudoscissi all’interno degli usi identificativi, la cui
linea di variazione interna prevede che le entità poste in relazione possano essere eventi.
Che si tratti di una identificazione tra due espressioni che rappresentano eventi è
confermato da due ulteriori fatti: (a) la frase subordinata è una frase argomentale che
11 In questo senso, le frasi pseudoscisse sono trattate all’interno della grammatica generativa come i casi più
tipici di frasi copulari specificazionali (cfr HIGGINS 1979, SALVI 1991).
10
rappresenta un possibile argomento del verbo contenuto nella relativa (cfr. «non accetti che ti
giudichi un deficiente»); (b) è possibile sostituire l’elemento frastico con una
nominalizzazione dell’evento, inserendo la frase come argomento del costituente nominale «il
fatto che»:
(19)
*quello che non accetti / è il fatto che ti giudichi un deficiente //
Il valore del verbo essere all’interno di una frase pseudoscissa corrisponde quindi ad un
valore d’uso centrale, che dal punto di vista semantico si inquadra all’interno della variazione
d’uso identificativa, ovvero in un campo di variazione proprio del verbo.
2.3. La frase scissa: valore semantico di essere
Come già notato in precedenza, la posizione a destra del verbo essere di un costrutto scisso
può essere riempita, oltre che da un sintagma nominale, da un sintagma preposizionale, (cfr.
esempio 20, estratto dal corpus), o da un elemento avverbiale (anche frastico):
(20)
*PAP: [...] è [a questo] che fanno riferimento Vittorini e Calvino //
Appare quindi chiaro che l’uso del verbo essere all’interno di una frase scissa non può essere
considerato né copulare (che richiederebbe un complemento di tipo predicativo, tipicamente
costituito da un aggettivo o un sintagma nominale non definito) né propriamente identificativo
(che richiederebbe un complemento referenziale a cui non è assegnato ruolo tematico,
tipicamente costituito da un sintagma nominale definito)12.
Diversamente, si può sostenere che il verbo essere assume in questo caso un valore
propriamente subordinante, come anche comprovato dalla non sostituibilità dell’elemento
frastico a destra di che con una nominalizzazione (cfr. «il fatto che»), come dimostra
l’inaccettabilità dell’esempio seguente:
(21)
*è a questo il fatto che fanno riferimento Vittorini e Calvino //
12 Ovviamente, deve essere escluso anche il valore locativo.
11
Tale valore subordinante del verbo essere non è comunque esclusivo delle frasi scisse; anche
altri costrutti presentano infatti caratteristiche simili, come quelli negli enunciati del corpus13:
(22)
*GPA: è che è un po’ complicato da usare //
(23)
*NIL: [...] non è che pignori una stanza di una casa //
(24)
*MAX: [...] è perché noi ci si metteva gli asciugamani bagnati //
Più in generale quindi, l’uso del verbo essere all’interno delle frasi scisse (e delle altre
strutture riportate negli esempi qui sopra) non appartiene alla variazione centrale individuata
dalla nostra proposta tassonomica: siamo piuttosto davanti ad un uso semanticamente marcato
del verbo, non prevedibile sulla base dei suoi significati propri14.
In sintesi, le frasi scisse e le frasi pseudoscisse manifestano differenze sostanziali per
quanto riguarda: (a) tratti pertinenti al riempimento del soggetto, al tipo sintattico del
costituente alla destra di essere, al tipo di frase subordinata; (b) e il valore d’uso del verbo
essere, propriamente identificativo nelle frasi pseudoscisse, marcato e subordinante nelle frasi
scisse. I due tipi di frase sono dunque distinti sia sul piano sintattico che su quello semantico.
3. Analisi del corpus orale: dati generali e articolazione dell’informazione
3.1. Dati generali
In questo paragrafo ci concentreremo sullo studio corpus-based del loro uso e delle loro
caratteristiche informative, secondo una prospettiva di analisi della lingua parlata che mette in
primo piano la relazione tra scansione prosodica e struttura dell’informazione dei costituenti
13 Deve essere notato che in D’ACHILLE/PROIETTI/VIVIANI (2005), i costrutti del tipo (21) e (22) sono menzionati, in
quanto fenomeni di focalizzazione, nel novero delle frasi scisse, rispettivamente come «focalizzazione
dell’intera frase» e «focalizzazione della negazione».
14 Il verbo contenuto nella frase scissa è parafrasabile piuttosto attraverso sensi non propri di essere (es. «è stato
x che»).
12
dell’enunciato. Presenteremo prima alcuni dati generali che permettono di inquadrare meglio
i fenomeni in oggetto a livello quantitativo, all’interno dell’uso di essere nella lingua parlata.
La risorsa analizzata per lo studio delle strutture scisse e pseudoscisse è la sezione
italiana del corpus orale C-ORAL-ROM (CRESTI/MONEGLIA 2005), in cui il verbo conta un totale
di 13.831 occorrenze (4,66% dei token totali). La rilevanza quantitativa di essere nel corpus è
ancor meglio apprezzabile se viene messa in relazione alla sua presenza all'interno degli
enunciati, considerati come unità di riferimento della produzione orale. I dati complessivi
mostrano che il verbo essere è presente in 10.862 enunciati sui 38.593 totali (28%). Se si
escludono dal computo gli enunciati verbless, ovvero quelli che non presentano una forma
verbale di modo finito al loro interno, il dato della presenza del verbo essere sale al 45,5%
degli enunciati (10.862/23.873).
Tali considerazioni generali inquadrano il verbo essere come uno dei principali elementi
strutturanti della performance orale. La tabella 2 riporta inoltre le occorrenze totali e le
percentuali di usi di essere rispetto alla tassonomia fornita precedentemente in figura 1:
Tabella 2.
USI DI ESSERE
usi verbali
usi ausiliari
“esserci”
non classificati15
totale
occorrenze percentuale
7914
57,22%
2874
20,78%
1989
14,38%
1054
7,62%
13831
100,00%
Gli usi propriamente verbali di essere costituiscono quindi il settore di variazione più
frequente (57,22% del totale). La tabella 3 considera il fenomeno complessivo della presenza
di scisse e pseudoscisse all’interno del corpus (insieme ai costrutti evidenziati negli esempi
22, 23 e 24), rapportandolo agli usi totali di essere e a quelli propriamente verbali:
15 L’alta percentuale di occorrenze non classificate è dovuta in primo luogo a motivi di disfluenza all’interno del
flusso del parlato. Se una forma del verbo essere occorre infatti in un contesto in cui ha luogo un’interruzione o
un fenomeno di retracting (CRESTI 2000), il suo valore semantico non è chiaramente ricostruibile, ed è scartata
dalla classificazione.
13
Tabella 3.
scisse
pseudoscisse
è che
è perché
non è che
TOTALE
% essere
% enunciati
occorrenze "verbale"
verbali
91
1,15%
0,38%
61
0,77%
0,26%
18
0,23%
0,08%
15
0,19%
0,06%
102
1,29%
0,43%
287
3,63%
1,21%
Può quindi essere notato che, all’interno dell’uso complessivo del verbo essere nella
lingua parlata, il fenomeno delle frasi scisse e pseudoscisse risulta piuttosto marginale. Tali
tratti si sporadicità, già messi in rilievo da puntuali studi su corpus di italiano parlato ( SCARANO
2003,
ROGGIA
in stampa), sembrano smentire l’ipotesi che tali tipi di costrutti siano
caratterizzanti della produzione orale spontanea.
3.2. Focalizzazione e struttura dell’informazione
Come già anticipato nel primo paragrafo, le strutture scisse e pseudoscisse sono spesso
accomunate dal punto di vista della funzione comunicativa, in quanto considerate entrambe
strutture di focalizzazione. Tale prospettiva d’analisi prende le mosse da un duplice assunto:
(a) che il focus informativo di un enunciato corrisponda (tendenzialmente) all’informazione
[nuova] presente in esso (cfr.
HALLIDAY
1967,
LAMBRECHT
1992); (b) che tale proprietà
pragmatica abbia un correlato formale rintracciabile nella struttura sintattica della frase, e
segnatamente nell’ordine marcato degli elementi che la compongono.
Il concetto di marcatezza è qui definito su un piano strettamente sintatticotrasformazionale16 (cfr. BENINCÀ/SALVI/FRISON 1988), che a sua volta presuppone due assunzioni:
(a) che esista un ordine naturale (o “canonico”) in cui i costituenti di una frase si manifestano,
in corrispondenza ai principi strutturali di una data lingua (ricostruibili da una teoria formale);
16 Deve essere qui sottolineata la distanza tra il concetto di marcatezza appena delineato, e la nozione di uso
semanticamente marcato, che ci ha permesso di distinguere il valore del verbo essere nelle frasi scisse da quelle
pseudoscisse.
14
(b) che a partire da tale ordine “canonico” sia possibile, attraverso specifici dispositivi,
“spostare” un costituente in una posizione diversa da quella per lui presupposta. In questi
termini, la focalizzazione viene trattata come un fenomeno strettamente pertinente la struttura
sintattica della frase, e legata in particolare ai fenomeni di movimento, attivati al livello
dell’ordine dei costituenti frastici al fine di evidenziare funzioni pragmatiche specifiche.
Diversamente, il quadro di riferimento adottato nel presente studio analizza la
strutturazione informativa dell’enunciato a partire dalle proprietà prosodiche (e distributive)
dei suoi componenti. Secondo la Teoria dell’articolazione informativa (CRESTI 2000), infatti, la
prosodia segnala da un lato le unità di riferimento delle produzione orale (gli enunciati)
attraverso break prosodici terminali, dall’altro le scansioni ulteriori all’interno di tali unità
attraverso break prosodici non terminali17. Le unità di scansione prosodica (di tipo prefix, root
o suffix) sono considerate isomorfiche a quelle di scansione informativa (cfr. Topic, Comment
e Appendice, per la cui definizione si rimanda a CRESTI/MONEGLIA in stampa).
All’interno di tale quadro, anche il concetto di focus si lega ai fenomeni di scansione e
di prominenza prosodica. Esso è infatti definito come una proprietà del livello locutivo
dell’enunciato, attivata su un’espressione semanticamente piena, e segnalata da un
movimento percettivamente rilevante in corrispondenza del nucleus prosodico dell’unità
tonale/informativa. In particolare: (1) all’interno di un’unità informativa di Topic, il focus è
attivato sull’ultima espressione semanticamente saliente (all’estrema destra dell’unità); (2)
all’interno di un’unità informativa di Comment, il focus è attivato su un’espressione
semanticamente piena in posizione variabile all’interno dell’unità18.
Tale prospettiva si differenzia profondamente da quella presentata in precedenza, in cui
il concetto di focus è definito a livello informativo (come informazione nuova) e segnalato a
livello sintattico (dai fenomeni di movimento). Nella parte finale di questo paragrafo saranno
17 Ad un livello ulteriore, la prosodia definisce anche il valore illocutivo dell’enunciato, attraverso la
realizzazione di un profilo tonale dedicato all’espressione di un determinato atto linguistico (cfr. Teoria della
lingua in atto, CRESTI 2000).
18 La diversa posizione del nucleus prosodico dipende in larga parte dal tipo di illocuzione selezionata.
15
quindi analizzati, tramite l’esemplificazione dal corpus, alcuni enunciati-tipo in cui occorrono
i costrutti scissi e pseudoscissi, con particolare attenzione al rapporto tra realizzazione
prosodica e struttura informativa.
3.3. Caratteri della struttura informativa delle strutture scisse e pseudoscisse
Dal punto di vista appena delineato, le frasi pseudoscisse mostrano una struttura tendenziale
ripartita in due unità tonali di tipo prefix – root, che corrispondono sul piano dell’articolazione
dell’informazione a una sequenza Topic – Comment. Gli enunciati riportati in (25) e (26)
esemplificano tale caso tipico:
(25)
*NIC: e quella che t' avevo fatto io per primo /TOP era questa /COM no?
(26)
*ANT: quello che non accetti /TOP è che ti giudichi un deficiente //COM
In queste strutture, l’elemento “scisso” si trova sempre all’interno dell’unità di Comment,
mentre il sintagma nominale e la frase relativa da esso dipendente occupano la posizione di
Topic. La figura 2, in cui stati cerchiati i nuclei prosodici rilevati, rappresenta il grafico della
frequenza fondamentale relativa all’enunciato (26):
Figura 2.
16
La scansione prosodica delle frasi scisse mostra invece tipicamente una partizione della
struttura in due unità tonali rispettivamente di tipo root e suffix, in corrispondenza a due unità
informative di Comment e Appendice, come mostrato dagli esempi (27) e (28):
(27)
*PRI: ed è lui /COM che vi ha scelti //APC
(28)
*PMA: ed è quel codice /COM che ci legittima come appartenenti all' umanità //APC
L’elemento “scisso” che segue il verbo essere si trova necessariamente all’interno del
Comment, e corrisponde al nucleus prosodico su cui avviene il movimento percettivamente
saliente. La frase subordinata introdotta dal che è invece contenuta nell’unità informativa di
Appendice. La figura 3 rappresenta il grafico della frequenza fondamentale relativa
all’enunciato (28):
Figura 3.
Ovviamente, tale configurazione informativa non è esclusiva delle frasi scisse19. È
19 Dal punto di vista complementare, sebbene la configurazione della scissa in una struttura CommentAppendice sia quella più largamente testimoniata nel corpus, sono piuttosto frequenti casi di scisse linearizzate
all'interno di un'unità di Comment, come nell’esempio: «erano [///] praticamente era due anni che 'un si vedevan
con Guido /COM [...] //». La realizzazione di una scissa linearizzata correla con la presenza, in funzione di
elemento "scisso", di un'espressione temporale, che però non occorre in corrispondenza di un vero e proprio
17
interessante notare che, ad esempio, a partire da una frase scissa è possibile ipotizzare un
enunciato che abbia la stessa scansione prosodica e la stessa struttura informativa, in cui il
Comment sia costituito dal solo elemento nominale “scisso” e l’Appendice contenga la frase
subordinata senza l’introduttore che. Ad esempio, a partire dall’enunciato (28) si può generare
l’exemplum fictum in (29):
(29)
quel codice /COM ci legittima come appartenenti all' umanità //APC
in cui rimangono sostanzialmente inalterati prosodia, struttura dell’informazione e valori
pragmatici. La focalità o meno dell’elemento “scisso” deriva dunque dalla struttura prosodica
e informativa dell'enunciato, e non dai fenomeni di “movimento” sintattico.
Nei capitoli precedenti abbiamo mostrato che le frasi scisse e le frasi pseudoscisse
presentano differenti caratteristiche in tutti i livelli di analisi considerati. In particolare, le
frasi pseudoscisse sono formate da due costituenti argomentali (sintagmi nominali o frasi
argomentali) dello stesso ordine ontologico, messi in relazione da un uso propriamente
identificativo del verbo essere. In sintesi, i tratti evidenziati mostrano che la frase cosiddetta
“pseudo scissa” è una struttura “non marcata” ai vari livelli della descrizione linguistica.
Nelle frasi scisse, al contrario, il verbo essere regge un costituente argomentale o
avverbiale (sintagma nominale, sintagma preposizionale, avverbio o frase avverbiale) e una
frase subordinata. Tale uso non è ascrivibile a nessuna delle classi di variazione semantica del
verbo, e deve essere pertanto considerato un uso marcato. È possibile a questo riguardo
ipotizzare che, nel caso delle frasi scisse, essere sia utilizzato all’interno di un costrutto
specifico,
la
cui
marcatezza
è
motivata
a
un
livello
strettamente
semantico,
indipendentemente da eventuali fenomeni di “movimento sintattico”.
Le prospettive di analisi che lo studio qui proposto apre riguardano in particolare due
aspetti cruciali della realizzazione di tali costrutti nel parlato: le possibilità di strutturazione
nucleus prosodico. La peculiarità di tali costrutti rispetto alle frasi scisse "canoniche" è peraltro testimoniata
anche a livello sintattico: l'espressione temporale non è infatti introdotta da preposizione, come ci si aspetterebbe
da una struttura di frase scissa («era da due anni che non si vedevano»; cfr.
CINQUE
1988).
18
prosodico-informativa e gli eventuali correlati illocutivi associati.
Dal punto di vista della distribuzione informativa, è stato notato che le frasi
pseudoscisse si configurano prevalentemente all’interno di una struttura di tipo Topic –
Comment, mentre le scisse si proiettano tendenzialmente su una configurazione Comment –
Appendice. Tuttavia, deve essere notato che mentre le frasi pseudoscisse sono, almeno in
linea di principio, configurabili attraverso differenti strutture prosodico-informative20, la frasi
scisse sembrano essere più stabilmente legate all'articolazione descritta in (27) e (28).
Parallelamente è stato notato, negli esempi analizzati, una certa “fissità” del profilo
prosodico associato al Comment delle frasi scisse, che fa pensare alla possibilità di stabilire
una correlazione tra tale costrutto e la realizzazione di un atto linguistico specifico (di tipo
tendenzialmente “contrastivo”). Entrambe queste ipotesi dovranno essere verificate da
un’indagine corpus-based che prenda in considerazione la realizzazione prosodica, la
strutturazione informativa e il valore illocutivo di tutti gli enunciati in cui occorrono i
costrutti scissi e pseudoscissi.
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20 Sembra infatti possibile, ad esempio, produrre una pseudoscissa attraverso un'articolazione Comment ‒
Appendice, del tipo «quello che non accetti /COM è che ti giudichi un deficiente //APC».
19
2000.
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