UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE DELL’INGEGNERIA CURRICULUM IN ENERGETICA Analisi dinamica di generatori di nuova concezione per la riqualificazione energetica degli edifici Ph.D. Dissertation of: Guglielmo Magri Advisor: Prof. Costanzo Di Perna Curriculum supervisor: Prof. Massimo Paroncini Anno Accademico 2010-2011 Al cerchio della fiducia e a coloro che ci sono dentro Il lungo cammino Sono passati ormai diversi anni da quando scrivevo la prefazione alla mia tesi di laurea, ma mi ricordo che in quell’occasione descrivevo le mie emozioni nel raggiungere quello che sentivo come un grande traguardo, sia per l’importanza di quell’occasione, sia per la grande fatica fatta per raggiungerlo. In questi anni trascorsi ho maturato la consapevolezza di come la maggior parte delle volte non contino questi traguardi, ma il percorso fatto nel frattempo e quello che in questo percorso si è riusciti a provare, conoscere e far emergere. Come in ogni lungo cammino i segnavia sono punti importanti per riflettere, ma la cosa fondamentale è la strada che si sta percorrendo e tutta l’esperienza e la soddisfazione che si trae dall’essere in cammino. Quindi ora la cosa che mi dà più soddisfazione non è il momento pur significativo dell’ottenimento di un titolo comunque prestigioso, ma l’aver saputo sfruttare e onorare gli anni impiegati in questo corso. Credo che durante questo tempo sono riuscito a vivere con entusiasmo la mia passione per lo studio e l’approfondimento, ma soprattutto penso di essere riuscito in questo periodo a mettere a frutto le mie capacità e questo ritengo che sia uno degli obiettivi più importanti che ogni persona debba ricercare nella propria vita. Alla fine di questo lavoro vorrei naturalmente ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato, con entusiasmo, passione e capacità. Innanzitutto ringrazio il Prof. Costanzo Di Perna per la fiducia che mi ha accordato facendomi da tutor per questo Dottorato e per il costante aiuto e gli insegnamenti che mi ha saputo dare. Poi sono grato al Dott. Paolo Pesavento, Direttore Marketing di Baxi SpA, che ha creduto nel progetto, lo ha saputo sostenere in azienda e che ha ispirato con la sua curiosità e immaginazione la maggior parte delle attività di studio e approfondimento che ho svolto in questi anni. Dovendo dividere il mio tempo fra l’attività in Dipartimento e quella in azienda non avrei potuto svolgere il lavoro che ho fatto in questo Dottorato senza l’aiuto dei tanti studenti che hanno svolto la tesi con la mia collaborazione e che spesso hanno saputo mettere un forte entusiasmo, grande capacità e ottima iniziativa e autonomia: quelli che vorrei maggiormente ricordare sono Leonardo Luca, Sacha Procaccini, Giorgio Baioni e Matteo Giampieri. Lascio per ultimo Giorgio Serenelli perché volevo riservargli un ringraziamento particolare, sia per il profondo rapporto umano che si è creato lavorando insieme, ma soprattutto per il grande e disinteressato aiuto che mi ha dato negli ultimi mesi proprio nel completamento di questo lavoro di tesi. Infine il pensiero più importante è per mia moglie Emanuela, la compagna nel cammino, che ha saputo sostenermi, darmi entusiasmo e sopportare le difficoltà dovute alle mie assenze per svolgere questo Dottorato di Ricerca: nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza di lei. Introduzione Il dibattito sul problema energetico emerso negli ultimi ha fatto emergere ormai in maniera chiara quanto sia importante, per ottenere riduzioni consistenti del consumo di energia primaria, intervenire nel settore civile, che rappresenta una quota pari al 40 % del fabbisogno totale. E’ inoltre ormai ben noto come per fare ciò sia indispensabile diminuire il fabbisogno di energia per riscaldamento nel parco edilizio esistente: i limiti di fabbisogno energetico sugli edifici nuovi infatti non potranno contribuire in misura rilevante al raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che l’Unione Europea ha imposto, dato che la quota di edifici di nuova costruzione sul totale è molto piccola e si riduce ogni anno per il rallentamento del settore edile. Per effettuare opere di riqualificazione energetica sugli edifici esistenti si può intervenire sulle strutture edili, sugli impianti o sui generatori di calore. In quest’ultimo caso si possono ottenere risparmi energetici notevoli, dato che i generatori esistenti sono di solito caratterizzati da rendimenti molto bassi e a volte anche dall’utilizzo di combustibili molto inquinanti e costosi (tipicamente gasolio). Inoltre negli ultimi anni l’industria termotecnica ha lavorato molto allo sviluppo di generatori di nuova concezione che consentissero di migliorare in maniera notevole in rendimento di generazione stagionale: tali nuovi generatori sono spesso macchine che sfruttano i vantaggi dovuti all’integrazione di tecnologie in uno stesso apparecchio o comunque con un unico controllo elettronico. In questa situazione è molto importante quantificare le riduzioni di energia primaria e i risparmi economici ottenibili con l’adozione di questi generatori in relazione a un caso base. Il primo aspetto è importante per valutazioni sul potenziale totale ottenibile con l’intervento sul parco edilizio esistente oltre che per giustificare e quantificare eventuali incentivi economici per favorire l’installazione di questi generatori. Il secondo aspetto è invece importante per giustificare la spesa maggiore che un utente deve sostenere per un simile apparecchio. In questo lavoro si è perciò condotto uno studio mediante simulazioni dinamiche effettuate con il programma Trnsys analizzando l’adozione di due generatori di ultima generazione su una villetta villetta fine anni settanta priva di qualsiasi tipo di isolamento e situata nella periferia di Milano. I generatori esaminati sono stati un’unità di microcogenerazione domestica con motore Stirling, una pompa di calore aria-acqua con integrazione elettrica e un sistema ibrido costituito da una pompa di calore aria-acqua e una caldaia a condensazione dotato di un controllo elettronico per stabilire le priorità di funzionamento. Questi generatori sono stati poi confrontati con le prestazioni ottenibili con una caldaia a condensazione assunta come caso base. Mediante questo studio sono stati ricavati i consumi di energia primaria e il rendimento stagionale nei vari casi. Dalle analisi condotte è emerso che l’unità di micro cogenerazione domestica è in grado di produrre significative riduzioni del consumo di energia primaria ed è in grado di ottenere risparmi economici, ma che tali vantaggi possono essere massimizzati mediante l’adozione di sistemi di termoregolazione sofisticati. Nel caso dell’analisi del sistema ibrido si sono confrontate diverse configurazioni di sistema con diversi tipi di logiche di controllo e si sono individuate quelle in grado di garantire i rendimenti maggiori. Nel corso di questa analisi è anche emerso come la pompa di calore con integrazione solo elettrica non è in grado di garantire in questo caso di studio alcun miglioramento del rendimento di generazione. Infine sono stati confrontati i generatori analizzati, prendendo in considerazione le configurazioni migliori di funzionamento, e si è quantificato il beneficio che essi possono apportare nella riduzione del fabbisogno di energia primaria. Avendo cercato di modellare il caso esaminato su una tipologia molto comune nel parco edilizio italiano le configurazioni esaminate possono indicare le modalità per ottimizzare questo tipo di interventi di riqualificazione e la diminuzione del fabbisogno di energia primaria quantificata può servire a stimare la riduzione possibile nel consumo di energia nel settore civile. Indice Introduzione 1 Capitolo 1- Il risparmio energetico nel recupero del patrimonio edilizio 1.1. L’esigenza della riqualificazione energetica 1.2. I numeri del risparmio 1.3. Risorse tecniche 1.3.1. Interventi sull’involucro edilizio 1.3.2. Impianti di riscaldamento per il settore residenziale 1.3.3. Impianti di climatizzazione 1.3.4. I sistemi di generazione dell’energia 1.3.5. I sistemi di regolazione 3 3 4 4 5 5 7 8 10 Capitolo 2- Cos’è la cogenerazione 2.1. La generazione distribuita 2.2. Significato della cogenerazione 2.3. Norme e direttive che definiscono la cogenerazione 2.3.1 La Deliberazione dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas n. 42/02 2.3.2 La direttiva 11 febbraio 2004 del Parlamento e del Consiglio europei, n. 2004/8/CE 2.3.3 Decreto Legislativo dell’ 8 febbraio 2007, n. 20 11 11 13 16 16 18 20 2.4. I benefici ambientali della microcogenerazione 21 2.5 Scambio sul posto 22 2.5.1. Riferimenti normativi - Lo scambio sul posto per gli impianti da fonti rinnovabili 23 2.5.2 Riferimenti normativi - Lo scambio sul posto per la cogenerazione ad alto rendimento 24 2.5.3 Le modalità e le condizioni tecnico-economiche inizialmente definite dall’Autorità per la regolazione dello scambio sul posto e vigenti fino al 31 dicembre 2008 24 2.5.4. Le modalità e le condizioni tecnico-economiche definite dall’Autorità per la regolazione dello scambio sul posto e vigenti dall’1 gennaio 2009 27 Capitolo 3- La microCHP Ecogen 3.1. Generalità 32 3.2. Principio di funzionamento 3.2.1. Principio di funzionamento dell’unità Ecogen 33 3.2.2. Principio di funzionamento del motore Stirling free-piston presente all’interno del sistema 35 Capitolo 4 – Il sistema ibrido pompa di calore-caldaia a condensazione 4.1. Generalità 4.2. Il problema del dimensionamento per le pompe di calore 4.3. Riduzione delle prestazioni delle pompe di calore aria-acqua 4.4. Specificità climatiche in Italia 4.5. Dati dei generatori 42 42 42 45 47 50 Capitolo 5– Descrizione edificio e impianto 5.1. Descrizione edificio sul quale è stata eseguita la simulazione 5.2 Dimensionamento radiatori 5.2.1. Scelta dei radiatori 5.2.2. Dimensionamento impianto 52 52 56 57 59 . Capitolo 6- Creazione del modello edificio-impianto all’interno del software di simulazione 6.1. Il software TRNSYS 6.1.1 TRNBUILD: modellazione dell’edificio 6.1.2 Simulation Studio . 6.2. Modellizzazione dell’impianto nel Simulation Studio 6.2.1. Introduzione 6.2.2. Analisi del flusso di dati 6.2.3. Analisi dei macro-componenti 6.2.4. Metodo di implementazione del rendimento della microCHP nel foglio di calcolo. 61 61 62 70 73 73 73 74 86 6.2.5. Metodo di implementazione del rendimento della caldaia a condens. nel foglio di calcolo 91 6.2.6. Metodo di implementazione del rendimento del sistema ibrido nel foglio di calcolo 91 6.2.7. Elaborazione degli output 96 Capitolo 7- Analisi dei risultati 7.1. Risultati simulazioni e confronto fra i vari regimi di funzionamento per la microCHP 7.2. Confronto in termini di domanda di energia primaria e di emissioni di CO2 per microCHP 7.3 Risultati simulazioni per il sistema ibrido 7.4 Confronto fra i generatori analizzati in termini di rendimento globale 99 103 104 106 Capitolo 8- Conclusioni 108 Bibliografia Capitolo 1 Il risparmio energetico nel recupero del patrimonio edilizio 1.1 L’esigenza della riqualificazione energetica In Italia il consumo dovuto alla climatizzazione e alla produzione di acqua calda sanitaria nel comparto edilizio residenziale supera il 20% della richiesta totale di energia, per cui il risparmio energetico passa necessariamente per il recupero del patrimonio edilizio. A questo proposito, si deve tener conto del fatto che un'elevata percentuale degli edifici esistenti presenta pregi di natura storica o architettonica, per cui non è pensabile procedere con un abbattimento ed una ricostruzione ex novo (cosa che come molti Paesi, soprattutto gli Stati Uniti, insegnano, è a volte economica ed efficace). Più in generale, è molto difficile riuscire ad effettuare un intervento di recupero energetico in edifici per residenze, anche non vincolati e comunque non di pregio, quando questi sono abitati, se non altro perché ciò comporta generalmente che la ristrutturazione debba avvenire con le persone che continuano ad abitarli, o che al massimo siano in grado di liberarli solo per pochi giorni, possibilmente senza dover togliere il mobilio. A complicare ulteriormente la situazione, c'è il fatto che i condomini hanno un numero di proprietari molto elevato per cui è spesso difficile intervenire per effettuare un recupero energetico serio, anche laddove ciò potrebbe risultare economicamente conveniente. In definitiva, il recupero energetico si scontra con una serie di vincoli più o meno importanti, soprattutto negli interventi riguardanti gli impianti di climatizzazione, ma ormai è chiaro che su questo fronte si giocherà una grande battaglia nel prossimo futuro, dato che i numeri sono davvero importanti, tanto è vero che l’industria termotecnica ha cominciato a proporre sistemi di climatizzazione studiati apposta per essere installati in vecchi edifici. 1.2 I numeri del risparmio Non è facile quantificare quale sia risparmio ottenibile da un massiccio recupero del patrimonio edilizio, tuttavia è possibile dare alcune indicazioni di massima. La maggior parte delle costruzioni è precedente alla metà degli anni 70 e richiede, per il solo riscaldamento, un consumo annuo compreso tra 200 kWh/m2 e 250 kWh/m2. L'entrata in vigore della legge 373/76 ha ridotto i consumi annui, portandoli a circa 170 kWh/m 2, ulteriormente limati fino a 100 ÷ 140 kWh/m2 dalla legge 10/91. Le costruzioni più recenti consumano tra 30 kWh/m2 e 50 kWh/m2, con valori minimi inferiori a 15 kWh/m2 per le case passive: vi sono quindi larghi margini di miglioramento. Se nel solo settore residenziale, limitatamente al riscaldamento, ci si ponesse l'obiettivo di ridurre i consumi di 50 kWh/m2 all'anno si otterrebbero elevatissimi risparmi in termini di energia: infatti, stimando una superficie di 30 m2 mediamente a disposizione di ogni abitante, anche coinvolgendo solo 40 milioni di cittadini, si avrebbe un risparmio di energia termica pari a 60.000 GWh all'anno. Già così il numero è impressionante, ma lo diventa ancora di più se viene tradotto in altri termini. Infatti, un risparmio di 60.000 GWh all’anno comporta una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di 14 milioni di tonnellate, equivalenti a ciò che si otterrebbe togliendo dalla strada 9 milioni di automobili che percorrono 10.000 km l'anno. 1.3 Risorse tecniche Va detto che, a fronte di tutti i problemi fin qui esaminati, in Italia abbondano le risorse e le competenze tecniche per un totale recupero del patrimonio edilizio. Siamo leader in Europa nella produzione correlata al settore energetico, a partire dalle pompe di calore dei gruppi frigoriferi ad alta efficienza e dalle caldaie per arrivare ai sistemi impiantistici e alle tecnologie per l'edilizia. L'unico settore nel quale non siamo leader è forse quello del fotovoltaico, dal momento che importiamo la cella, cioè la parte più importante del sistema. Per ottenere i risparmi energetici bisogna operare a 360 gradi, senza blocchi mentali e pregiudizi, mettendo in campo tutte le capacità per riuscire a trovare la soluzione migliore per ciascun caso. Questo è un punto fondamentale, perché a volte si pensa che solo determinate soluzioni possano essere positive, soluzioni magari nate in altri contesti climatici e poco adattabili alla realtà italiana. “ La perfezione è fatta di dettagli”, sosteneva Michelangelo Buonarroti: il risparmio energetico è come la perfezione e non ammette facili soluzioni preconfezionate, soprattutto in un paese come l'Italia con un clima mite ma variegato sul territorio nazionale. 1.3.1. Interventi sull’involucro edilizio Il caso più eclatante è quello dell'involucro, per il quale si tende a pensare che solamente un isolamento spinto possa portare benefici. Questo non è assolutamente vero perché l'isolamento è molto positivo in inverno, quando il salto termico tra l'aria in ambiente e quella esterna è molto elevato, ma non lo è d'estate e soprattutto non lo è nella mezza stagione nel caso di edifici con elevati carichi endogeni, che devono essere smaltiti dall'involucro oppure attraverso mezzi meccanici il cui funzionamento comporta un consumo di energia. Il sole è un amico in inverno, perché con il suo apporto gratuito diminuisce il fabbisogno termico, ma diventa un nemico in estate, quando fa aumentare la richiesta di energia per la climatizzazione estiva. Pertanto, il carico termico dovuto al sole deve essere ridotto nella stagione estiva utilizzando opportuni schermi solari, non strettamente necessari nel clima del Nord Europa, dove un eccessivo irraggiamento solare può portare a un leggero surriscaldamento degli ambienti, ma importantissimi in un clima prettamente mediterraneo come il nostro, dove può portare ad ambienti invivibili dal punto di vista del comfort termico. Purtroppo negli ultimi anni questi aspetti non sono stati molto considerati, complice anche una legislazione sulla certificazione energetica basata esclusivamente sul funzionamento invernale, che non tiene conto della climatizzazione annuale. Gli interventi sull'involucro sono abbastanza facili da realizzare, anche quando bisogna operare in edifici che continuano ad essere abitati, come nel caso del residenziale. Infatti, è sempre possibile operare esternamente agli ambienti, con sistemi di isolamento a cappotto. In questo caso, assunto che l'intervento va ben valutato e progettato per evitare problemi di condensa interna, il disagio per l'inquilino è simile a quello dovuto ad un normale rifacimento dell'intonaco: per alcuni mesi si trova solamente delle impalcature di fronte alle finestre di casa. Gli unici interventi che possono richiedere la presenza di operai all'interno dell'abitazione riguardano al massimo la sostituzione degli infissi. 1.3.2. Impianti di riscaldamento per il settore residenziale Completamente diverso è il discorso degli impianti di climatizzazione, perché è assolutamente impossibile operare interventi di sostituzione senza andare a intaccare le strutture interne. È tuttavia possibile limitare al massimo i disagi, ad esempio utilizzando sistemi che permettono di limitare al massimo il diametro delle tubazioni. Da questo punto di vista, i vecchi radiatori, tanto bistrattati, possono conoscere una nuova vita, se utilizzati nel modo migliore: il radiatore nasce per lavorare con portate d’acqua estremamente basse, in impianti a circolazione naturale che funzionano a causa dell’elevato salto termico tra tubazione di mandata e tubazione di ritorno. Questa particolarità può essere facilmente sfruttata anche nella ristrutturazione degli edifici, oltre che nelle nuove costruzioni, per limitare il consumo di energia elettrica necessaria per il pompaggio, oltre che per limitare le tubazioni in modo da ridurre al massimo gli interventi sulle opere murarie all'interno dell'abitazione. Qualcuno potrebbe obiettare che i radiatori non sono sistemi a bassa temperatura, per cui non si adattano bene ai generatori ad alta efficienza quali le caldaia a condensazione: nulla di più errato. Innanzitutto, la dizione “bassa temperatura” non è corretta quando ci si riferisce alla caldaia a condensazione, perché il rendimento dipende esclusivamente dalla temperatura dell'acqua di ritorno, non da quella dell'acqua di mandata: pertanto, molto meglio avere un impianto ad elevato salto termico, che ad esempio lavori con temperatura dell'acqua pari a 70 °C in mandata e a 30 °C in ritorno, piuttosto che uno tradizionale che lavori tra 55 °C e 45 °C, la temperatura media dell'impianto è la stessa (50 °C), così come la potenza resa dei radiatori, ma nel primo caso la caldaia ha un rendimento maggiore perché maggiore è la condensazione. Si potrebbe ulteriormente obiettare che questo ragionamento non vale per le pompe di calore, ma anche questo non è del tutto vero. Lo è sicuramente per le pompe di calore tradizionali, dimensionate per lavorare con salto termico di 5 °C, ma niente e nessuno vieta di costruire pompe di calore in grado di lavorare con salti termici maggiori, in modo da sfruttare maggiormente il surriscaldamento e il sottoraffreddamento del ciclo frigorifero. Va ricordato che il valore di 5 °C per il salto termico nello scambiatore di una pompa di calore, e più in generale di un gruppo frigorifero, non nasce da esigenze termodinamiche, ma dalle necessità della regolazione elettromeccanica, superate completamente dalla regolazione elettronica. Addirittura, un elevato salto termico è fondamentale per il funzionamento delle pompe di calore a CO2, che permettono da un lato di produrre acqua a temperatura molto elevata e dall'altro hanno la necessità di lavorare con una temperatura di ritorno bassa, al massimo 30 °C, per raggiungere un'efficienza energetica elevata. Per quanto riguarda i sistemi radianti, nel caso in cui la ristrutturazione interessi un edificio abitato, non è possibile utilizzare sistemi radianti a pavimento, che sono invece molto apprezzati nei nuovi edifici. Anche questa è una moda, perché maggiore è l'isolamento dell'edificio, minore è la differenza tra le condizioni di benessere che si ottengono utilizzando un sistema radiante a pavimento o un tradizionale impianto a radiatori. Questo dipende dal fatto che i valori ottimali di temperatura media radiante all'interno degli ambienti sono già assicurati dalla presenza dell'isolamento termico. Addirittura, in alcuni casi il sistema radiante a pavimento può avere conseguenze negative a causa della sua inerzia termica. Molto interessante, invece, è l'utilizzo di un sistema radiante a soffitto, che può essere facilmente installato anche nel caso di appartamento abitato, benché comporti delle complicazioni maggiori rispetto ai radiatori, e che permette di mantenere lo stesso livello di benessere con una temperatura dell'aria in ambiente leggermente più elevata rispetto a tutti gli altri sistemi impiantistici. Nella climatizzazione estiva la potenza resa da un sistema radiante a soffitto è nettamente maggiore rispetto a quella di un sistema radiante a pavimento, per cui il sistema a soffitto è utilizzabile in tutto il territorio italiano, anche nelle regioni con clima più caldo. Dal punto di vista del benessere i sistemi radianti sono molto più efficienti in estate piuttosto che in inverno. Questo apparente paradosso dipende sostanzialmente da due fattori: in estate le persone hanno un abbigliamento più leggero e quindi sono più sensibili alla variazione di temperatura media radiante e la differenza tra la temperatura delle pareti e la temperatura dell'aria è molto maggiore rispetto all'inverno, soprattutto in presenza di superficie trasparenti direttamente irraggiate. Ovviamente, in un intervento di recupero energetico possono essere utilizzati anche terminali ad aria, come i fan-coil, nonostante in Italia il riscaldamento ad aria non sia mai stato molto amato. Accanto ai generatori idronici ad alta efficienza come caldaie a condensazione e pompe di calore, è giusto ricordare anche i sistemi misti ad espansione diretta-idronico. La loro particolarità è quella di operare con l'espansione diretta nelle tubazioni principali, che pertanto hanno un diametro ridotto, per poi produrre acqua calda o refrigerata in scambiatori di calore posti all'interno dell'appartamento. Questi sistemi si adattano sia ad impianti radianti che ad impianti a radiatori, anche perché hanno la possibilità di produrre acqua calda fino a 70 °C in un generatore di secondo stadio. 1.3.3. Impianti di climatizzazione Nel settore della climatizzazione si può fare molto anche a livello di retrofit nell’esistente. Nel caso di impianti ad aria si può sfruttare molto il free-cooling adiabatico, sia diretto che indiretto (umidificazione dell'aria di espulsione per il preraffreddamento dell'aria esterna), perché il clima italiano si presta bene, tanto da ridurre di oltre 50% il consumo energetico in molte città italiane. Il free-cooling adiabatico è influenzato molto dall'umidità relativa dell'aria, per cui è più adatto agli impianti che vengono utilizzati durante il giorno, quando l'umidità relativa dell'aria è più bassa. Sono favorite le città con un clima più secco (Trieste e Genova al nord, Perugia e Grosseto alè generalmente bassa (Bolzano, Aosta, L’Aquila, Avellino, Enna), mentre sono sfavorite tutte le città con clima umido (Milano, Pavia, Palermo, Trapani). I sistemi radianti a soffitto permettono di sfruttare tutto l’anno il free-cooling da sorgente geotermica, oppure, nella mezza stagione, il free-cooling indiretto ottenuto mediante raffreddatori a secco o di tipo evaporativo. In ogni caso, il sistema impiantistico adottato è quasi più importante del sistema di generazione dell'energia. È inutile avere un generatore molto efficiente se non lo è il sistema impiantistico: sarebbe come installare un ottimo motore in una carrozzeria con un pessimo coefficiente aerodinamico. Alla fine i consumi di carburante sarebbero superiori a quelli di un'automobile con un motore meno efficiente, ma un’aerodinamica migliore. Anche il recupero di calore dall’aria espulsa permette di risparmiare grandi quantità di energia e dovrebbe essere considerato a tutti gli effetti al pari di una sorgente termica rinnovabile. D’altra parte non si vede perché non debba essere così: l’aria estratta dall’ambiente contiene “energia aeraulica”, si trova a condizioni generalmente favorevoli rispetto all’aria esterna ed è una sorgente inesauribile, almeno fino a quando l’impianto è in funzione (scopo dell’impianto è proprio quello di mantenere determinate condizioni ambiente, che, quindi, permangono sempre fino a quando l’impianto è in funzione). Purtroppo la Direttiva Europea sulle RES e il D.Lgs. 28/11, che la recepisce in Italia, considerano il recupero solo una riduzione del fabbisogno termico. Questo può portare a favorire impianti che consumano più energia, come evidenzierà il Position Paper di AiCARR sull'argomento, che sarà pubblicato, con il relativo documento, per la metà del prossimo mese di ottobre. 1.3.4. I sistemi di generazione dell’energia L’attenzione per le energie rinnovabili è giusta e doverosa, ma bisogna sempre ricordare che il risparmio energetico è una problematica che richiede una visione a 360 gradi. Non bisogna farsi vincolare dalle definizioni delle diverse grandezze fornite dai documenti legislativi, ma è necessario ragionare in termini fisici, basandosi sul rapporto di energia primaria. In questo modo si capisce che, spesso, la fonte da cui prelevare energia è a sua volta un cascame ottenuto da un’altra produzione. A questo proposito, è esemplare il caso della cogenerazione, che il D.Lgs. 28/11 non considera tra le possibili energie rinnovabili. Ciò è rigorosamente vero se si utilizza combustibili fossili ma la cogenerazione, se ben usata, porta a consumi globali inferiori a quelli di altri sistemi, perché recupera l’energia termica generata durante la produzione di energia elettrica, che altrimenti sarebbe dispersa in ambiente. Ad esempio, si supponga di dover produrre in un anno 350.000 kWh di energia elettrica e 500.000 kWh di energia termica. Il consumo di energia primaria è pari a circa 1,35 GWh se si utilizza un sistema con caldaia a gas, a 1,12 GWh nel caso di pompa di calore con COP medio stagionale 3, addirittura a 1,85 GWh per un sistema con terminali elettrici: con un impianto di cogenerazione tale consumo è pari a 1 GWh. Solo un riscaldamento con pompa di calore con COP medio 5 sarebbe in grado di fare meglio, consumando solo 0,98 GWh. Sono numeri importanti, da ben considerare. La cogenerazione a metano può essere vantaggiosamente utilizzata non tanto nei nuovi edifici, oggetto del D.Lsg. 28/11, quanto nella riqualificazione energetica di quelli esistenti, dotati di impianti di riscaldamento centralizzati. Infatti, l’efficienza dei cogeneratori è poco influenzata dal livello termico, per cui il sistema è particolarmente adatto a funzionare con impianti di riscaldamento con terminali ad alta temperatura. In questo modo si ottengono due vantaggi: si diminuiscono i consumi negli edifici esistenti e si produce energia elettrica da immettere in rete per alimentare le pompe di calore installate in quelli nuovi. Infatti, i consumi di energia elettrica sono destinati ad aumentare, soprattutto in inverno, viste le nuove politiche energetiche, in particolare quelle definite dal D.Lgs. 28/11. Sembra un paradosso, ma non è così: per sfruttare le fonti rinnovabili termiche, si devono installare pompe di calore, il che comporta uno spostamento dei consumi dal metano e dal gasolio delle caldaie all’energia elettrica. In questo modo, i consumi di energia primaria diminuiscono, ma quelli di energia elettrica aumentano. A regime, il picco di potenza richiesta si potrebbe spostare dalle ore più calde dell’estate alle prime ore dei giorni invernali, quando le pompe di calore vengono avviate alla massima potenza per alimentare gli impianti di riscaldamento e per produrre acqua calda sanitaria. A questo punto potrebbero sorgere dei problemi: il fotovoltaico assolve bene il proprio compito in estate, ma non può farlo in inverno. Infatti, l'utilizzo degli impianti di condizionamento in estate è fortemente influenzato dall’irraggiamento solare: più sole c’è, più energia è richiesta dagli edifici, maggiore è il consumo dovuto ai condizionatori, ma più elevata è anche la produzione di energia elettrica da fotovoltaico. Un picco di potenza alle 6 di mattina in pieno inverno, invece, taglia fuori completamente il fotovoltaico, non fosse altro perché a quell’ora il sole non è ancora sorto. Di conseguenza, in futuro ci sarà maggiore richiesta di potenza elettrica, che potrebbe essere utilmente fornita dai cogeneratori installati negli edifici con impianti centralizzati. Con la diffusione del fotovoltaico sta emergendo la tendenza del “tutto elettrico”, quando invece puntare su un’unica fonte energetica è un errore strategico per un Paese come l’Italia. Le pompe di calore vanno sempre utilizzate, ma conviene affiancarle ad altri generatori con diversa alimentazione da utilizzare quando le condizioni al contorno siano energeticamente vantaggiose, per esempio nel caso in cui il COP istantaneo della pompa di calore sia tale da produrre un consumo di energia primaria superiore a quello del generatore utilizzato. Inoltre, il generatore potrebbe essere attivato in caso di emergenza: in questo caso si potrebbe prevedere l'utilizzo, con contratti ad hoc, di contatori elettrici escludibili in qualunque momento, qualora l’energia venisse prodotta dalla caldaia anziché dalla pompa di calore. Ciò aiuterebbe il gestore della rete di trasmissione nell'evitare situazione di potenziale pericolo per black-out, oltre che l’intera Nazione, che avrebbe bisogno di minore potenza elettrica installata. Dal punto di vista dell’utilizzatore finale, questa soluzione permette di ottimizzare il consumo energetico e di garantire una totale ridondanza nei mesi invernali, in qualunque condizione o emergenza, a fronte di un incremento di costo modesto, comunque ammortizzabile in poco tempo. Infatti, la pompa di calore deve essere vista come un generatore non alternativo ma complementare alla caldaia: la pompa di calore costa poco di più di un gruppo frigorifero, che in ogni caso andrebbe installato, mentre il costo della caldaia è poca cosa, soprattutto se la sua collocazione nell’edificio è fatta in modo intelligente. 1.3.5. I sistemi di regolazione Edifici ben ristrutturati, dotati di impianti e di generatori efficienti, richiedono sistemi di regolazione adeguati, senza i quali i vantaggi energetici potrebbero ridursi, se non annullarsi completamente. Le Regioni Lombardia e Piemonte hanno reso obbligatoria per legge l’introduzione di valvole termostatiche con relativa contabilizzazione del calore. E’ un importante passo avanti che aprirà la strada a sistemi più evoluti, anche nel residenziale. Radiatori e sistemi radianti possono essere regolati con logiche in grado di modificare i parametri di funzionamento durante la giornata, in ogni singolo ambiente, a seconda del loro reale funzionamento. Gli impianti per il terziario, dotati di free-cooling, richiedono sistemi di controllo sofisticati, capaci di massimizzare il risparmio energetico. E’ nel campo della produzione di energia che la regolazione diventa decisiva, sia quando si debbano chiamare in sequenza generatori diversi (caldaie – pompe di calore), sia quando vi siano più generatori simili in parallelo tra loro. Una corretta sequenza può migliorare anche del 15÷20% l’efficienza energetica annua di un impianto. Capitolo 2 Cos’è la cogenerazione 2.1 La generazione distribuita Negli ultimi anni è andato crescendo l’interesse verso la generazione distribuita (GD), per il ruolo che essa potrà avere in un contesto caratterizzato quasi ovunque da persistenti opposizioni alla realizzazione di grandi impianti di produzione soprattutto per ragioni di impatto ambientale. Per caratterizzare la GD, che comprende impianti di tipologia molto diversa, alimentati da differenti fonti primarie e con caratteristiche molto diversificate, si può far riferimento alle dimensioni del singolo impianto di produzione ed alla localizzazione nell’ambito del sistema elettrico. La GD può essere definita come l’insieme degli impianti non direttamente collegati alla rete di trasmissione nazionale e non assoggettati al sistema di dispacciamento centrale, dunque non partecipanti alla regolazione di frequenza della rete. In questo senso la generazione distribuita comprende tutti gli impianti di potenza unitaria inferiore a 10 MVA. Generalmente quando si parla di generazione distribuita, si comprende una vasta casistica di applicazioni, che hanno in comune due principali caratteristiche. L’energia elettrica è immessa nella rete di media o di bassa tensione, questo perché gli impianti utilizzati nella generazione distribuita sono di una taglia tale da produrre energia elettrica a bassa o media tensione. Quindi per evitare i costi di trasformazione si preferisce immettere l’energia elettrica nelle reti adeguate alla tensione generata. L’energia elettrica o termica (entrambe nel caso della cogenerazione) sono generate in vicinanza dell’utenza. In questo modo si evitano le perdite per trasporto che si hanno invece nella generazione centralizzata. Inoltre nel caso della cogenerazione si riesce a recuperare quasi tutto il calore generato. Certamente le due tipologie di GD più importanti riguardano i seguenti punti. 1. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolico, solare, biomasse e rifiuti, miniidraulico, geotermico) 2. La produzione combinata di energia elettrica e calore da combustibili fossili in motori di taglia medio/piccola (detta cogenerazione). Secondo le più accreditate organizzazioni istituzionali e quelle rappresentative dell’industria energetica, i reali benefici della Generazione Distribuita si possono riassumere nei seguenti punti. Per quanto riguarda la cogenerazione. L’aumento dell’efficienza di utilizzo delle fonti primarie e i conseguenti vantaggi ambientali (rendimenti medi complessivi, in presenza di utilizzo del calore, del 70+ 90%); Minori costi: un’ampia applicazione delle GD può ridurre drasticamente i costi energetici a due livelli, quelli dell’utente individuale e quelli delle economie nazionali/internazionali nel loro insieme; Minori perdite di trasmissione e distribuzione. Le perdite di rete si aggirano intorno al 7% nel nostro Paese, di cui un 5% circa attribuibili alla distribuzione. Un uso più accentuato della GD contribuisce a limitare tali perdite, oltre a limitare sia l’impatto visivo sia la crescente congestione delle reti nei Paesi più sviluppati; Maggiore power quality: con il crescere della complessità delle odierne tecnologie, cresce la sensibilità alle fluttuazioni della tensione, questo diventa più difficile da realizzare in alcune produzioni da fonti rinnovabili, la GD correttamente integrata con le reti di distribuzione può migliorare questo aspetto; Minore vulnerabilità del sistema elettrico: un sistema di generazione centralizzato basato su una estesa rete di trasmissione e distribuzione è un target vulnerabile. Una più ampia diffusione della GD riduce tale vulnerabilità con il risultato di avere un sistema elettrico più robusto ed affidabile; Migliore soluzione per l’elettrificazione di aree remote. Secondo la Banca Mondiale la generazione distribuita rappresenta una opportunità unica per aiutare i Paesi in via di sviluppo a progredire verso l’utilizzo di energia pulita, affidabile e a costi sostenibili, in sostanza verso le crescita economica e la riduzione della povertà. Se però la GD stenta a decollare nel nostro Paese, come d’altronde in Europa e nel mondo, è soprattutto per le motivazioni economiche legate alle caratteristiche del quadro autorizzativonormativo-tariffario, aldilà dei pur importanti progressi tecnici ottenuti e attesi. La GD ha una forte interazione con le reti di distribuzione in quanto viene a determinare un flusso di energia bidirezionale tra la rete e l’utente. Dal momento che le reti di distribuzione non sono state progettate per far fronte a esigenze di questo tipo, un penetrazione forte della GD richiede investimenti sulle reti stesse. Ciò comporta delle trasformazioni che richiedono una precisa volontà politica nell’aiutare questo tipo di evoluzione del sistema elettrico nel suo complesso. 2.2 Significato della Cogenerazione Con il termine cogenerazione s’intende la produzione combinata di energia elettrica/meccanica e di energia termica (calore) ottenute in appositi impianti utilizzanti la stessa energia primaria. Per produrre la sola energia elettrica si utilizzano generalmente centrali termoelettriche che disperdono parte dell’energia primaria nell’ambiente: questa è energia termica di scarso valore termodinamico essendo a bassa temperatura. Invece per produrre la sola energia termica tradizionalmente si usano delle caldaie che convertono l’energia primaria contenuta nei combustibili, di elevato valore termodinamico, in energia termica di ridotto valore termodinamico. Quindi, se un’utenza richiede energia elettrica ed energia termica, anziché installare una caldaia e acquistare energia elettrica dalla rete, si può pensare di realizzare un ciclo termodinamico per produrre energia elettrica sfruttando i livelli termici più alti, cedendo il calore residuo a più bassa temperatura per soddisfare le esigenze termiche. Da questo punto di vista la cogenerazione può dare un risparmio energetico che però non è scontato: si tratta allora di valutare quando è davvero vantaggiosa e rispetto a quale alternativa. L’obiettivo fondamentale che si vuole perseguire con la cogenerazione è quello di sfruttare al meglio l’energia contenuta nel combustibile: a ciò consegue un minor consumo di combustibile e di conseguenza un minor impatto ambientale. Rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore, la produzione combinata, se efficace, comporta: un risparmio economico conseguente al minor consumo di combustibile; una riduzione dell’impatto ambientale, conseguente sia alla riduzione delle emissioni sia al minor rilascio di calore residuo nell’ambiente (minor inquinamento atmosferico e minor inquinamento termico); minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico nazionale, conseguenti alla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza o all’autoconsumo dell’energia prodotta; la sostituzione di modalità di fornitura del calore meno efficienti e più inquinanti (caldaie, sia per usi civili sia industriali, caratterizzate da più bassi livelli di efficienza, elevato impatto ambientale e scarsa flessibilità relativamente all’utilizzo di combustibili). Per chiarire il significato di risparmio energetico connesso ad un impianto cogenerativo rispetto alla produzione separata delle medesime quantità di energia utile, si illustra l’esempio riportato nella figura 1. Supponendo che un impianto cogenerativo, per produrre 35 unità di energia elettrica e 50 unità di calore utile, consumi 100 unità di combustibile, il rendimento termodinamico complessivo di conversione, inteso come rapporto tra l’energia utile prodotta (35 + 50) e l’energia primaria del combustibile utilizzato (100), risulta dell’85%. Se si considera invece il caso di produzione separata, supponendo di produrre 35 unità di energia elettrica con una centrale termoelettrica avente un rendimento elettrico di circa il 40% e 50 unità di calore utile con una caldaia avente un rendimento termico pari a circa l’ 80%, si avrebbe un consumo di combustibile pari a 140 unità di combustibile. Nel caso di produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore, risulterebbe quindi un consumo di 140 unità di combustibile anziché le 100 richieste dall’impianto di cogenerazione. Il risparmio di energia primaria conseguibile con la cogenerazione è dunque pari al 28%. Figura 1.1-Confronto tra produzione combinata e produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore. La produzione combinata di energia elettrica e calore trova applicazione sia in ambito industriale, soprattutto nell’autoproduzione, sia in ambito civile. Il calore che, per evitare costi e perdite eccessive, non può essere trasportato per lunghe distanze, viene utilizzato, nella forma di vapore o di acqua calda/surriscaldata, per usi di processo industriali o civili (es. riscaldamento urbano tramite reti di teleriscaldamento, nonché il raffreddamento tramite sistemi ad assorbimento) o, nella forma di aria calda, per processi industriali di essiccamento, mentre l’energia elettrica, che può contare su un’estesa rete di distribuzione, viene autoconsumata oppure immessa in rete. Le utenze privilegiate per la cogenerazione sono quelle caratterizzate da una domanda piuttosto costante nel tempo di energia termica e di energia elettrica, come ospedali e case di cura, piscine e centri sportivi, centri commerciali oltre che industrie alimentari, cartiere, industrie legate alla raffinazione del petrolio ed industrie chimiche. Nel caso di impieghi di tipo civile, tra cui il riscaldamento di ambienti o il teleriscaldamento urbano, il calore viene generalmente prodotto a temperatura relativamente bassa e il fluido vettore dell’energia termica è prevalentemente acqua. Nel caso di impieghi industriali, il calore viene generalmente prodotto a temperatura e pressione più elevate. Non mancano situazioni miste, in cui si ha produzione di calore a vari livelli di temperatura e pressione. In tali casi, di solito, vi è un unico luogo di utilizzo (ad esempio, uno stabilimento industriale), dove il calore pregiato è destinato alle lavorazioni, mentre quello a più bassa temperatura è destinato al riscaldamento degli ambienti produttivi. In alcuni settori industriali la produzione combinata di energia elettrica e calore costituisce già un’opzione produttiva ampiamente consolidata che potrà assumere un peso ancor più rilevante in termini di apporti alla domanda elettrica nazionale che di risparmio energetico. 2.3 Norme e direttive che definiscono la cogenerazione 2.3.1 La Deliberazione dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas n. 42/02 Il Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (art. 2, comma 8) ha definito la cogenerazione come la produzione combinata di energia elettrica e calore che garantisce un significativo risparmio di energia primaria rispetto agli impianti separati, secondo le modalità definite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG). Con la Deliberazione n. 42/02, l’AEEG ha definito la cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dalla normativa vigente, come un processo integrato di produzione combinata di energia elettrica o meccanica, e di energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato da una sezione di un impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore che, a partire da una qualsivoglia combinazione di fonti primarie di energia e con riferimento a ciascun anno solare, presenta un Indice di Risparmio Energetico (IRE) ed il suo Limite Termico (LT) superiori a valori limite, fissati nella Deliberazione stessa e soggetti ad aggiornamenti periodici. L’indice IRE esprime il risparmio percentuale di energia primaria conseguito da una sezione di cogenerazione rispetto alla produzione separata delle medesime quantità di energia elettrica e termica durante un anno solare. Il risparmio è valutato rispetto a due ipotetici impianti, entrambi “sostituiti” dalla sezione in esame: l’uno è in grado di produrre esclusivamente energia elettrica, l’altro soltanto energia termica. Il combustibile totale che tali due impianti avrebbero consumato è confrontato, a parità di produzione, con quello effettivamente utilizzato nell’impianto in esame. L’IRE tiene conto, tra l’altro, dell’eventuale risparmio che l’impianto realizza evitando, in tutto o in parte, le perdite dovute alla trasformazione ed al trasporto dell’energia elettrica prodotta. A ciò provvede un coefficiente p che dipende dalla tensione di connessione alla rete elettrica pubblica. L’indice LT, invece, esprime l’incidenza percentuale dell’energia termica utile prodotta annualmente rispetto alla totale produzione di energia elettrica e calore. Anche per tale parametro, la Deliberazione n. 42/02 stabilisce un valore minimo. Le due relazioni che devono essere contemporaneamente soddisfatte in un dato anno sono: Dove: Ec è l’energia primaria dei combustibili utilizzati da una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore; Ee è l’energia elettrica netta di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore; Et è l’energia termica utile di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore. In particolare l’Et,civ è l’energia termica utile per usi civili, mentre l’Et,ind è l’energia termica utile per usi industriali; ηts è il rendimento termico netto medio annuo. In particolare ηts,civ è il rendimento termico netto medio annuo della modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi civili Et,civ ; mentre ηts,ind è il rendimento termico netto medio annuo della modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi industriali Et,ind ; p è un coefficiente che rappresenta le minori perdite di trasporto e di trasformazione dell’energia elettrica che gli impianti cogenerativi comportano quando auto consumano l’energia elettrica autoprodotta, evitando le perdite associate al trasporto di energia elettrica fino al livello di tensione cui gli impianti stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti di bassa o media tensione, evitando le perdite sulle reti, rispettivamente, di media ed alta tensione. Il coefficiente p si calcola secondo la formula seguente: I valori dei coefficienti pimmessa e pautocons sono funzione del livello di tensione cui è allacciato l’impianto di cogenerazione e sono riportati nella tabella che segue: Tensione di rete pimmessa pautocons BT 1 – 4,3/100 1 – 6,5/100 MT 1 – 4,3/100 1 – 4,3/100 AT/AAT 1 1 – 2,8/100 ηes il rendimento elettrico netto medio annuo delle modalità di riferimento per la produzione separata di sola energia elettrica I valori dei parametri ηes, ηts,civ , ηts,ind e p, oltre che i valori dei termini IREmin e LTmin sono stati definiti dalla Deliberazione n. 42/02 e successivamente aggiornati dalla Deliberazione dell’Autorità n. 296/05 e in ultimo dalla Deliberazione n. 307/07. 2.3.2 La direttiva 11 febbraio 2004 del Parlamento e del Consiglio europei, n. 2004/8/CE La direttiva 11 febbraio 2004 del Parlamento e del Consiglio europei, n. 2004/8/CE, si prefigge l’obiettivo di accrescere l’efficienza energetica e migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento creando un quadro per la promozione e lo sviluppo, nel mercato interno, della cosiddetta cogenerazione ad alto rendimento, basata sulla domanda di calore utile e sul risparmio di energia primaria, tenendo conto delle specifiche situazioni nazionali. Pertanto è fondamentale, prima di tutto, individuare cosa si intende per calore utile, essendo la direttiva basata su tale concetto. «Calore utile», secondo la direttiva medesima, è il calore prodotto in un processo di cogenerazione per soddisfare una domanda economicamente giustificabile, cioè una domanda non superiore al fabbisogno di calore e che sarebbe altrimenti soddisfatta a condizioni di mercato mediante processi di generazione di energia diversi dalla cogenerazione. La direttiva 2004/8/CE intende altresì armonizzare, a livello europeo, la definizione e la qualificazione dei prodotti della cogenerazione. Per raggiungere i suddetti obiettivi, la direttiva medesima introduce due strumenti che nel seguito saranno esaminati: la definizione di energia elettrica “qualificabile come cogenerativa” (la cosiddetta elettricità da cogenerazione introdotta dalla direttiva), a partire dalla domanda di calore utile; la definizione di cogenerazione ad alto rendimento, prevedendo che gli Stati membri riconoscano: una “garanzia di origine” solo all’energia elettrica qualificabile come cogenerativa e prodotta dacogenerazione ad alto rendimento; ogni beneficio solo alla cogenerazione ad alto rendimento. Calcolo della quantità di energia elettrica qualificabile come cogenerativa La direttiva 2004/8/CE muove dalla volontà di promuovere lo sviluppo della cogenerazione basata sulla domanda di calore utile, riconoscendo pertanto che la finalità della cogenerazione è quella di utilizzare l’energia primaria del combustibile in modo ottimale producendo congiuntamente energia elettrica, sfruttando i livelli termici più alti, ed energia termica, sfruttando il calore residuo a più bassa temperatura in modo da soddisfare le vincolanti esigenze termiche. In particolare precisa che: la produzione di energia elettrica da unità di produzione combinata di energia elettrica e calore con turbina a vapore a contropressione, turbina a gas con recupero termico, motore a combustione interna, microturbine, motori Stirling e celle a combustibile sia da ritenere interamente energia elettrica qualificabile come cogenerativa se dette unità presentano un rendimento di primo principio annuo almeno pari al 75%; la produzione di energia elettrica da unità di produzione combinata di energia elettrica e calore a ciclo combinato con recupero di calore e con turbina a vapore con condensazione e spillamento sia da ritenere interamente energia elettrica qualificabile come cogenerativa se dette unità presentano un rendimento di primo principio annuo almeno pari all’80%. Infatti, il rendimento di primo principio, che, basandosi sul primo principio della termodinamica, equipara l’energia elettrica a quella termica, tende ad assumere valori più elevati nel momento in cui è considerevole il recupero termico. Se tali unità di produzione combinata di energia elettrica e calore presentano rendimenti di primo principio inferiori alle soglie rispettivamente del 75 e dell’80%, l’energia elettrica prodotta è divisa in due frazioni: una qualificabile come cogenerativa, l’altra qualificabile come prodotta in modo convenzionale. La prima frazione, secondo la direttiva 2004/8/CE, si ottiene moltiplicando il calore utile prodotto, al netto della produzione da caldaie ausiliarie, per il rapporto C di massimo recupero termico dell’impianto; cioè la quantità di energia elettrica qualificabile come cogenerativa è la quota parte di energia elettrica che sarebbe prodotta se, a parità di calore utile, l’unità funzionasse nella condizione di massimo recupero termico. La quantità di energia elettrica qualificabile come cogenerativa e così calcolata, è da utilizzarsi anche per armonizzare i dati statistici a livello europeo. Definizione di cogenerazione ad alto rendimento Per definire la cogenerazione ad alto rendimento, la direttiva 2004/8/CE utilizza un criterio basato sull’indice PES (concettualmente equivalente all’IRE). In particolare, la cogenerazione ad alto rendimento è: la produzione combinata di energia elettrica e calore che fornisce un risparmio di energia primaria, pari almeno al 10%, rispetto ai valori di riferimento per la produzione separata di elettricità e di calore; la produzione combinata di energia elettrica e calore mediante unità di piccola cogenerazione e di micro-cogenerazione (cioè di potenza rispettivamente inferiore a 1 MW e inferiore a 50 kW) che forniscono un risparmio di energia primaria. Il risparmio di energia primaria che la cogenerazione permette di ottenere rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e termica è denominato PES – Primary Energy Saving e può essere calcolato con riferimento all’intera produzione di energia elettrica (come l’IRE in Italia) o con riferimento alla sola quantità di energia elettrica qualificabile come cogenerativa,come sopra definita. 2.3.3 Decreto Legislativo dell’ 8 febbraio 2007, n. 20 Il Decreto Legislativo 8 febbraio 2007, n. 20 attua la direttiva 2004/8/CE prevedendo che, fino al 31 dicembre 2010, la condizione di cogenerazione ad alto rendimento corrisponda alla cogenerazione di cui alla definizione di cui all’articolo 2, comma 8, del Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 cioè la cogenerazione che soddisfa i requisiti definiti dall’Autorità con la sopra richiamata Deliberazione n. 42/02. A decorrere dall’1 gennaio 2011, la cogenerazione ad alto rendimento è invece la cogenerazione che rispetta i requisiti previsti dalla direttiva 2004/8/CE, ripresi dal Decreto Legislativo 8 febbraio 2007, n. 20. Si noti, tuttavia, che devono essere ancora definite le metodologie applicative dei citati criteri definiti nella direttiva 2004/8/CE. 2.4 I benefici ambientali della microcogenerazione È stato evidenziato come servono significativi incentivi tariffari per rendere competitiva la microcogenerazione, essi devono trarre giustificazione principalmente dai potenziali benefici ambientali che la microcogenerazione comporta, benefici dimostrabili in base alle seguenti argomentazioni: 1. La microcogenerazione, grazie ai meriti energetici della cogenerazione, comporta, se correttamente gestita, importanti vantaggi in termini di risparmio di energia primaria, che si traducono direttamente in minori emissioni di gas climaalteranti (CO2), anche quando il confronto viene fatto rispetto a sistemi di generazione separata basati sullo stesso combustibile (gas naturale). 2. In realtà, è più corretto assumere che la generazione separata di energia elettrica sostituita dalla microcogenerazione sia basata su un mix di combustibili (oltre al gas, olio combustibile e carbone) che dà luogo, anche a pari consumo di energia primaria, a una maggiore emissione specifica di CO2. 3. Le emissioni specifiche di sostanze nocive (in particolare NOx, SOx e Particolato Totale Sospeso – PTS) di un microcogeneratore a gas possono (devono!) essere sensibilmente inferiori rispetto al mix di centrali termoelettriche che immettono energia elettrica sulla rete. 4. Una preoccupazione ricorrente, quando si parla di GD, è il possibile aumento locale d’inquinanti nelle aree metropolitane, causato dal maggior utilizzo di combustibile rispetto alle caldaie che sostituiscono. Per evitare queste critiche ( fondate solo in parte), è fondamentale (e la tecnologia oggi lo permette) che la microcogenerazione punti a motori caratterizzati da emissioni specifiche minori rispetto alle caldaie che sostituiscono. 2.5 Scambio sul posto Il servizio di scambio sul posto (di seguito anche: SSP) è una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione. Nello scambio sul posto si utilizza quindi il sistema elettrico quale strumento per l’immagazzinamento virtuale dell’energia elettrica prodotta ma non contestualmente autoconsumata. Condizione necessaria per l’erogazione del servizio di scambio sul posto è la presenza di impianti per il consumo e per la produzione di energia elettrica sottesi ad un unico punto di connessione con la rete pubblica. La seguente figura evidenzia uno schema di connessione e di misura che rende possibile l’accesso allo scambio sul posto. Figura 1.2- Schema di connessione che rende possibile lo scambio sul posto Ai fini dell’applicazione dello scambio sul posto occorrono solo le misure dell’energia elettrica immessa rilevate dal misuratore M1. Ai fini della misura dell’energia elettrica immessa e prelevata si applica la regolazione vigente. In particolare, ai sensi dell’articolo 21, comma 21.3, del Testo Integrato Trasporto1, in una situazione quale quella evidenziata in figura 1.2, ai fini della misura, il punto di connessione è come se fosse un punto di prelievo. Pertanto, la responsabilità del servizio di misura (comprensivo di installazione, della manutenzione del misuratore oltre che della raccolta, registrazione e validazione delle misure) è in capo all’impresa distributrice. Il misuratore M2 evidenziato nella figura 1.3 sottostante misura l’energia elettrica prodotta. Tale misuratore è necessario, in aggiunta al misuratore M1, solo qualora la misura dell’energia elettrica prodotta risulti funzionale all’attuazione di una disposizione normativa che ne comporti l’utilizzo esplicito (es. applicazione di incentivi attribuiti all’energia elettrica prodotta). Figura 1.3- Schema di connessione con misuratore M2 ausiliario 2.5.1 Riferimenti normativi - Lo scambio sul posto per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili Il servizio di scambio sul posto è stato inizialmente previsto dall’articolo 10, comma 7, secondo periodo, della legge n. 133/99, per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW. Il servizio di scambio sul posto è poi stato confermato dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 387/03, sempre per gli impianti di potenza nominale fino a 20 kW alimentati da fonti rinnovabili. In particolare, il comma 2 di tale articolo prevede che nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita dell’energia elettrica prodotta. Infine, con la legge n. 244/07 e con il decreto ministeriale 18 dicembre 2008, il servizio di scambio sul posto è stato esteso anche agli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007. 2.5.2 Riferimenti normativi - Lo scambio sul posto per gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento Lo scambio sul posto per gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento di potenza fino a 200 kW è stato introdotto dall’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 20/07. In particolare, tale articolo prevede che la regolazione dello scambio sul posto tenga conto della valorizzazione dell’energia elettrica scambiata con il sistema elettrico nazionale, degli oneri e delle condizioni per l’accesso alle reti. Le disposizioni relative allo scambio sul posto per la cogenerazione ad alto rendimento, a differenza delle corrispondenti disposizioni relative alle fonti rinnovabili, non impediscono la vendita dell’energia elettrica prodotta in eccesso rispetto ai propri consumi. 2.5.3 Le modalità e le condizioni tecnico-economiche inizialmente definite dall’Autorità per la regolazione dello scambio sul posto e vigenti fino al 31 dicembre 2008 L’Autorità per l’energia elettrica e il gas (di seguito: l’Autorità) ha dato applicazione alle disposizioni previste dalla legge n. 133/99 con la deliberazione n. 224/00, per i soli impianti fotovoltaici realizzati da clienti del mercato vincolato titolari di un contratto di fornitura di energia elettrica. Successivamente l’Autorità, con la deliberazione n. 28/06, ha dato una prima attuazione alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 387/03, estendendo lo scambio sul posto a tutte le tipologie di clienti e a tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW. In particolare, la deliberazione n. 28/06 ha stabilito modalità e condizioni per lo scambio sul posto sulla base dalle modalità già adottate in precedenza, adattate per tenere conto dell’evoluzione del funzionamento del mercato elettrico. Lo scambio sul posto regolato dalle deliberazioni n. 224/00 e n. 28/06 era erogato dalle imprese distributrici ed era disciplinato sulla base della modalità net metering, cioè prevedendo la compensazione tra la quantità di energia elettrica immessa e prelevata in un anno: con cadenza annuale, veniva calcolato un saldo pari alla differenza tra la quantità di energia elettrica immessa e la quantità di energia elettrica prelevata attribuendo così, dal punto di vista economico, un uguale valore all’energia elettrica prelevata e immessa in ore differenti. Nei casi in cui il saldo risultava negativo, veniva attribuito al cliente finale un prelievo pari al medesimo saldo; nei casi in cui il saldo risultava positivo, veniva attribuito al cliente finale un credito, in termini di energia, da utilizzarsi nei successivi tre anni (trascorsi i quali il saldo, qualora inutilizzato, veniva annullato). La regolazione del saldo avveniva tra il cliente finale e il proprio fornitore (l’impresa distributrice) per i clienti del mercato vincolato e tra il cliente finale e il proprio venditore peri clienti del mercato libero. Le deliberazioni n. 224/00 e n. 28/06 si riferivano ad un regime: • di non piena liberalizzazione del segmento della vendita ai clienti finali, con la presenza ancora di un mercato vincolato (corrispondente, nel 2006, all’insieme dei clienti domestici) fornito dall’Acquirente Unico attraverso le imprese distributrici; • in cui l’energia elettrica immessa e prelevata nell’ambito dello scambio sul posto era di un ammontare trascurabile rispetto ai volumi di energia elettrica venduta nel mercato; • in cui la valorizzazione dell’energia nel mercato all’ingrosso era di tipo orario, mentre la valorizzazione dell’energia presso i clienti finali, soprattutto quelli di ridotte di dimensioni, era di natura prevalentemente monoraria e, per un certo insieme di clienti, di natura multioraria. La modalità net metering, sebbene di semplicissima applicazione per l’utente, implicava una serie di anomalie derivanti dal fatto che, come già detto, il cliente finale “in scambio sul posto” era regolato, dal punto di vista del sistema elettrico, rispetto al solo saldo di energia elettrica pari alla differenza tra l’effettiva energia immessa e l’effettiva energia prelevata contabilizzate su un periodo annuale. Sulla base di tale regolazione: • i bilanci energetici fisici, basati sulle partite energetiche effettive, non trovano corrispondenza con l’energia posta alla base dei bilanci commerciali delle imprese distributrici e delle imprese di vendita; • le tariffe di distribuzione e di trasmissione, determinate all’inizio di ciascun periodo regolatorio (di durata pari a 4 anni) sulla base della previsione dell’effettiva energia elettrica prelevata, risultano incise dalla riduzione “fittizia” dell’energia elettrica prelevata dovuta al net metering; • l’energia elettrica oggetto di compensazione non trova collocazione in alcun accordo commerciale e costituisce uno sbilancio fisico che Terna deve compensare nell’ambito del dispacciamento. Tali compensazioni si riflettono, in termini economici nei corrispettivi di dispacciamento posti a carico di tutti i clienti finali; • i costi non sopportati direttamente dagli utenti dello scambio sul posto in termini di costi evitati di trasporto e dispacciamento sono di difficile determinazione e monitoraggio. A ciò si aggiunga che l’erogazione del servizio di scambio sul posto, proprio per le ragioni predette, ha incontrato numerose criticità applicative da parte dei venditori, soprattutto nel contesto del libero mercato. Tali criticità sono risultate ancora più evidenti nel momento in cui è intervenuta la piena liberalizzazione del segmento della vendita ai clienti finali avvenuta l’1 luglio 2007, con la scomparsa definitiva del “bacino” dei clienti vincolati. Si ricordi, tra l’altro, che con la scomparsa del mercato vincolato è venuto meno il ruolo delle imprese distributrici come soggetti attivi nel segmento della vendita di energia elettrica, rimanendo in capo alle medesime il solo servizio di distribuzione dell’energia elettrica sulle reti. Ciò ha reso le imprese distributrici impossibilitate ad effettuare transazioni di energia elettrica e, pertanto, tali imprese non potevano più rappresentare il soggetto candidato all’erogazione dello scambio sul posto. A quanto detto è da aggiungere che: • con il decreto legislativo n. 20/07 di recepimento della direttiva 2004/8/CE, il regime di scambio sul posto è stato esteso agli impianti di cogenerazione ad alto rendimento fino a 200 kW; • già nel 2007 era stato ipotizzato che il limite di 20 kW per le fonti rinnovabili sarebbe stato innalzato a 200 kW (come poi confermato con la legge n. 244/07). Tali previsioni, aumentando il numero di soggetti interessati dallo scambio sul posto e l’energia elettrica oggetto di compensazione, avrebbero ulteriormente acuito le problematiche sopra evidenziate. Per tutte le ragioni predette, l’Autorità ha ritenuto opportuna la completa revisione delle modalità e delle condizioni per l’erogazione dello scambio sul posto che, per poter continuare ad essere attuato, non può prescindere da una completa integrazione con la disciplina vigente del sistema elettrico. L’Autorità, già a partire dal 2007, ha informato tutti i soggetti interessati, nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento, della necessità di intervenire per la revisione del meccanismo dello scambio sul posto. Ciò è avvenuto mediante la pubblicazione di due documenti per la consultazione: il primo in data 31 luglio 2007 (atto n. 31/07), il secondo in data 8 novembre 2007 (atto n. 42/07). Successivamente, tenendo conto delle osservazioni pervenute, l’Autorità ha adottato le nuove modalità di erogazione del servizio di scambio sul posto, a valere dall’1 gennaio 2009, con la deliberazione ARG/elt 74/08. Con la riforma introdotta, l’Autorità ha inteso: • mantenere, per quanto possibile, e migliorare, ove possibile, gli effetti dello scambio sul posto, riportando le partite energetiche connesse a detto servizio nell’ambito della regolazione vigente del mercato elettrico (per ulteriori dettagli si veda il successivo paragrafo 4); • risolvere le numerose criticità attuative della deliberazione n. 28/06 affidando l’erogazione del servizio di scambio sul posto ad un solo soggetto (il GSE) che opera sulla base di procedure standardizzate a livello nazionale controllate dall’Autorità, favorendo così la trasparenza e la semplicità di accesso al servizio; • consentire il pieno sviluppo del libero mercato svincolando la vendita di energia elettrica dal meccanismo di scambio sul posto, così da permettere a ciascun cliente finale di scegliere un venditore sul mercato libero indipendentemente dal fatto che il medesimo cliente aderisca o meno allo scambio sul posto; • impostare la disciplina dello scambio sul posto al fine di contabilizzare correttamente e monitorare costantemente gli effetti economici dello scambio sul posto in termini di benefici per i clienti finali che aderiscono a detto regime e in termini di costi indotti sui clienti che non vi aderiscono. 2.5.4 Le modalità e le condizioni tecnico-economiche definite dall’Autorità per la regolazione dello scambio sul posto e vigenti dall’1 gennaio 2009 I soggetti che possono accedere allo scambio sul posto Con la deliberazione ARG/elt 74/08, in applicazione dall’1 gennaio 2009, l’Autorità ha previsto che lo scambio sul posto sia erogato da un unico soggetto su base nazionale (il GSE) e non più dalle imprese distributrici. Lo scambio sul posto può essere erogato a soggetti, denominati utenti dello scambio sul posto, per i quali si verifichino le seguenti condizioni: • l’utente dello scambio è un cliente finale (libero o in maggior tutela) o un soggetto mandatario del cliente finale, qualora quest’ultimo operi sul libero mercato; • l’utente dello scambio è titolare o dispone di: impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW e impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza superiore a 20 kW fino a 200 kW entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007. Rientrano le centrali ibride qualora, su base annua, la produzione non imputabile alle fonti rinnovabili sia inferiore al 5% della produzione totale; impianti di cogenerazione ad alto rendimento di potenza fino a 200 kW. • l’utente dello scambio deve essere controparte del contratto di acquisto riferito all’energia elettrica prelevata sul punto di scambio. • il punto di connessione dell’utente dello scambio (attraverso cui l’energia elettrica è immessa e prelevata) alla rete è unico. Qualora lo scambio sul posto sia riferito ad un impianto fotovoltaico oggetto di incentivazione ai sensi dei decreti ministeriali 28 luglio 2005, 6 febbraio 2006 o 19 febbraio 2007, l’utente dello scambio sul posto coincide con il soggetto responsabile che percepisce l’incentivo in conto energia. La struttura della nuova disciplina dello scambio sul posto e la sua integrazione nel mercato elettrico L’utente dello scambio sul posto acquista l’intera quantità di energia elettrica prelevata da un qualsiasi venditore (ivi inclusi i venditori in maggior tutela per gli aventi diritto). Inoltre, il medesimo utente sigla con il GSE la convenzione per lo scambio sul posto, sulla base della quale il GSE prende in consegna l’intera quantità di energia elettrica immessa, vendendola sul mercato e regolando i contratti di trasporto e di dispacciamento con le imprese distributrici e con Terna. Il GSE, sempre nell’ambito della convenzione per lo scambio sul posto, eroga all’utente dello scambio un contributo finalizzato: • alla compensazione economica tra il valore associato all’energia elettrica immessa in rete e il valore associato all’energia elettrica prelevata. Nel caso in cui il valore dell’energia elettrica immessa sia superiore a quello dell’energia elettrica prelevata, tale maggior valore viene riportato a credito negli anni solari successivi senza scadenza; • alla restituzione, per una quantità di energia elettrica prelevata al più pari a quella immessa (energia “scambiata”), della parte variabile, espressa in c€/kWh, dei corrispettivi relativi all’utilizzo della rete (trasporto e dispacciamento) e degli oneri generali di sistema (solo nel caso di fonti rinnovabili). Mentre la compensazione economica di cui alla lettera a) deriva dalla valorizzazione dell’energia elettrica immessa in rete, la restituzione dei corrispettivi tariffari di cui alla lettera b) rappresenta il vero e proprio incentivo intrinseco nello scambio sul posto. E’ come se l’energia elettrica immessa in rete e successivamente ri-prelevata fosse stata prodotta e autoconsumata istantaneamente senza utilizzare la rete (mentre nella realtà tale rete è stata utilizzata). Ciò significa che i costi non sostenuti dai soggetti che richiedono lo scambio sul posto rimangono in capo a tutti gli utenti del sistema elettrico. La nuova disciplina, evitando compensazioni tra quantità di energia elettrica dal diverso valore economico, garantisce la trasparenza dei flussi energetici e la corretta valorizzazione economica dell’energia elettrica immessa e prelevata. Inoltre, la nuova disciplina consente di quantificare i costi non sostenuti dai soggetti che richiedono lo scambio sul posto che rimangono in capo agli utenti del sistema elettrico, attraverso la componente tariffaria A3. Il procedimento di calcolo per la quantificazione del contributo erogato dal GSE nell’ambito dello scambio sul posto Nel seguito viene messo in evidenza il procedimento per il calcolo del contributo erogato dal GSE nell’ambito dello scambio sul posto (chiamato contributo in conto scambio CS). Gli elementi necessari per il calcolo sono: • le misure dell’energia elettrica immessa e prelevata, raccolte e validate dalle imprese distributrici secondo quanto previsto dalla regolazione vigente e da queste ultime trasmesse al GSE (si veda al riguardo il Testo Integrato Trasporto, la deliberazione n. 292/06 e la deliberazione ARG/elt 178/08); • la tipologia di utenza ai sensi dell’articolo 2, comma 2.2, del Testo Integrato Trasporto, trasmessa dalle imprese di vendita al GSE; • le informazioni necessarie alla regolazione dei servizi di trasporto, ai sensi del Testo Integrato Trasporto, e di dispacciamento, ai sensi della deliberazione n. 111/06, trasmesse dalle imprese di vendita al GSE; • l’onere sostenuto dall’utente dello scambio, espresso in €, per l’approvvigionamento dell’energia elettrica prelevata, inclusivo degli oneri relativi ai servizi di trasporto e di dispacciamento (Opr), relativo all’anno precedente e trasmesso dalle imprese di vendita al GSE. Tale onere, su base annuale solare, deve risultare evidente dalle fatture che l’impresa di vendita trasmette al proprio cliente oltre che al GSE, qualora esplicitamente richiesto. Nel caso in cui l’utente dello scambio sia un cliente non dotato di partita Iva, l’onere Opr sostenuto dall’utente dello scambio viene espresso in € al lordo dell’Iva e delle accise. In tutti gli altri casi, l’onere Opr sostenuto dall’utente dello scambio viene espresso in € al lordo delle accise e al netto dell’Iva. Sulla base degli elementi sopra elencati, il GSE: • associa all’energia elettrica immessa un controvalore (Cei), espresso in €, pari al prodotto tra la quantità di energia elettrica immessa e il prezzo zonale orario di mercato; • calcola, per ciascun utente dello scambio, la parte unitaria variabile dell’onere sostenuto dal medesimo utente per il pagamento dei servizi di trasporto e di dispacciamento (CUs),espressa in c€/kWh, calcolata sommando algebricamente la quota energia dei corrispettivi previsti rispettivamente dal Testo Integrato Trasporto e dalla deliberazione n. 111/06. In particolare, nel caso di impianti alimentati da fonti rinnovabili il termine Cus è pari alla somma delle componenti variabili della tariffa di trasmissione, della tariffa di distribuzione, degli oneri di sistema (A e UC) e del dispacciamento. Nel caso di impianti di cogenerazione ad alto rendimento il termine Cus è pari alla somma delle componenti variabili della tariffa di trasmissione, della tariffa di distribuzione e del dispacciamento; • calcola la parte energia (Oe), espressa in €, dell’onere sostenuto dal medesimo utente per l’acquisto dell’energia elettrica prelevata, calcolata sottraendo all’onere Opr gli oneri associati ai servizi di trasporto e di dispacciamento comprensivi delle relative componenti fisse, ove presenti, nonché gli oneri generali e gli oneri corrispondenti all’applicazione della componente tariffaria MCT; • calcola il contributo in conto scambio (CS), espresso in €, pari alla somma tra il minor valore tra il termine Cei e il termine Oe e il prodotto tra il termine CUse l’energia elettrica scambiata. Pertanto il GSE, erogando il contributo in conto scambio (CS): • riconosce il valore economico dell’energia immessa nei limiti del valore dell’energia elettrica complessivamente prelevata (al netto degli oneri per l’accesso alla rete e degli oneri di sistema nel caso in cui l’utente dello scambio sia un cliente non dotato di partita Iva; al netto degli oneri per l’accesso alla rete, degli oneri di sistema e dell’Iva in tutti gli altri casi); • restituisce, per la quantità di energia elettrica scambiata, le componenti variabili, espresse in c€/kWh, relative alla tariffa di trasmissione, alla tariffa di distribuzione, al dispacciamento e, nel solo caso di fonti rinnovabili, agli oneri generali (componenti A e UC). Nel caso in cui la valorizzazione dell’energia immessa sia superiore a quella dell’energia prelevata, tale maggiore valorizzazione: • per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, viene riportata a credito negli anni solari successivi (senza più il limite di tre anni). Al momento, non può essere liquidata perché, per le fonti rinnovabili, è vietata la vendita nell’ambito dello scambio sul posto (si veda, al riguardo, l’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 387/03); • per gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento, può essere riportata a credito oppure tale credito può essere liquidato dal GSE. La regolazione economica dello scambio sul posto avviene, a conguaglio, con cadenza annuale solare. Il GSE è tenuto ad erogare il contributo in conto scambio su base trimestrale a titolo di acconto, secondo modalità da quest’ultimo definite, previa verifica positiva da parte del Direttore della Direzione Mercati dell’Autorità. Si evidenzia, infine, che: • nel caso di impianti fotovoltaici oggetto di incentivazione ai sensi dei decreti ministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006, continua ad essere effettuato il calcolo del saldo con le stesse modalità previste dalla deliberazione n. 28/06 ai soli fini dell’erogazione dell’incentivo, senza più scadenza del saldo positivo dopo il terzo anno. Infatti le regole del primo conto energia prevedono che, nel caso di impianti fotovoltaici ammessi allo scambio sul posto, la tariffa incentivante venga erogata sull’energia elettrica prodotta e consumata dalle utenze del soggetto responsabile direttamente o in applicazione della disciplina dello scambio sul posto; • nel caso di impianti fotovoltaici oggetto di incentivazione ai sensi del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, l’incentivo viene erogato su tutta l’energia elettrica prodotta, indipendentemente dalle modalità scelte per la cessione o l’utilizzo di tale energia. Capitolo 3 Il microCHP Ecogen 3.1 Generalità Il sistema di microcogenerazione esaminato è una unità di recente sviluppo che per la prima volta ha una taglia di potenza e dimensioni adatte a piccole utenze residenziali Si tratta del microcogeneratore Ecogen di Baxi che è composto da un motore Stirling Free Piston e un bruciatore supplementare che non è altro che una caldaia a condensazione. La Ecogen è composta da un motore Stirling Free Piston e un bruciatore supplementare che non è altro che una caldaia a condensazione. Fig.3.1: Foto e schema del microCHP Ecogen. 3.2 Principio di funzionamento Il sistema Ecogen ha due bruciatori, uno che riscalda la testata del motore stirling e un bruciatore ausiliario La maggior parte del calore del motore stirling viene recuperata attraverso il circuito di raffredamento dello scambiatore freddo. Un’ulteriore quota di energia termica viene fornita dal raffreddamento dei gas combusti che, dopo aver riscaldato la testa del motore contribuiscono a un successivo riscaldamento dell’acqua utilizzata per il raffreddamento dello scambiatore a bassa temperatura. La potenza termica è quindi trasferita all’acqua di raffreddamento che non è altro che l’acqua proveniente dal circuito di ritorno dell’impianto di riscaldamento, la cui temperatura deve essere comunque bassa per non influenzare negativamente potenza e rendimento del motore. Il miglior rendimento totale si ottiene sfruttando la possibilità di recuperare il calore di condensazione dell’acqua contenuta nei fumi, quindi con temperature di mandata dell’acqua limitate a non oltre 50 – 60 °C. 3.2.1. Principio di funzionamento dell’unità Ecogen Fig. 3.2: Schema di funzionamento del microCHP Ecogen L’acqua del circuito segue il seguente percorso all’interno del microcogeneratore: prima di tutto passa attraverso lo scambiatore freddo del motore stirling, questo perché più è bassa la temperatura più il rendimento del motore aumenta, dopo di che passa nello scambiatore di calore supplementare dove riceve ulteriore calore da parte dei fumi del bruciatore del motore che continuano a raffreddarsi fino alla condensazione del vapor acqueo presente in essi, e se necessario ulteriore calore fornito dal bruciatore supplementare ed infine esce per andare nel circuito di mandata. Il tutto è regolato da una centralina elettronica la quale controlla l’apertura e la chiusura totale o parziale delle due valvole che regolano l’afflusso della miscela aria/gas all’interno dei due bruciatori, quello del motore stirling e quello supplementare, in base alla potenza necessaria a portare l’acqua alla temperatura di mandata fissata in base alla retta ambiente impostata. In funzione della potenza necessaria si passa da un funzionamento intermittente dello stirling se questa è inferiore alla minima erogabile, a una modulazione della potenza dello stirling fino alla accensione del bruciatore supplementare. Anche il bruciatore supplementare ha una potenza minima erogabile quindi ci sarà anche un intervallo di potenze in cui il motore funziona alla massima potenza e il bruciatore ausiliario in accensione intermittente. Di seguito si può vedere una tabella con riassunte le caratteristiche principali del sistema. Potenza Elettrica Potenza termica Stirling Potenza termica caldaia integrazione Potenza termica totale sistema microcogenerativo Consumo Stirling Consumo caldaia integrazione Consumo sistema Rendimento elettrico Stirling Rendimento termico Stirling Rendimento globale Stirling Rumorosità Ingombri L x H x P (mm) Pesi 1 kWe (netto) 1,1 kWe (lordi) 6 kWt 18 kWt 24 kWt 7,4 kW n.d. 28 kW 14,9 % 81,1 % 96 % < 45 dBA 450 x 920 x 425 110 kg 3.2.2. Principio di funzionamento del motore Stirling Free – Piston presente all’interno del sistema Figura 3.3-Rendering motore stirling free – piston. Il motore Stirling Free – Piston presente all’interno del sistema è composto da: Un bruciatore esterno Due scambiatori di riscaldamento, interno ed esterno Due scambiatori di raffreddamento, interno ed esterno Un displacer, che non è altro che un pistone che ha il compito di muovere il gas da una estremità all’altra del cilindro. Un pistone, il quale ha il compito di generare potenza. Un alternatore , che trasforma l’energia meccanica del pistone in energia elettrica Una molla piana che ha il compito di mantenere in movimento il dislocatore Un rigeneratore di alluminio che ha il compito di immagazzinare prima e cedere poi, parte dell’energia del gas durante le trasformazioni isocore. Uno spazio vuoto a tenuta stagna al di sotto e intorno al pistone, chiamato zona di rimbalzo. Il rigeneratore e gli scambiatori di calore hanno una configurazione anulare centrata sull’asse principale e che circonda il cilindro dove scorre il displacer. Il motore è riempito con elio alla pressione di circa 27 bar. In maniera sintetica, il dispacer muove l’elio all’interno del generatore dalla parte riscaldata a quella raffreddata. La molla mantiene il dislocatore nel movimento di salita e discesa. Poiché l’elio è alternativamente riscaldato e raffreddato, si espande e si contrae creando un’onda di pressione all’interno del generatore. L’onda di pressione sposta il pistone di potenza il quale comprende magneti che si muovono davanti a una bobina fissa la quale produce corrente elettrica alternata. Scambiatore di Riscaldamento Interno Camera di Scambiatore Espansione di Riscaldamento Esterno Displacer o Dislocatore Rigeneratore Scambiatore di Raffreddamento Esterno Scambiatore di Raffreddamento Interno Pistone di Potenza Camera di Compressione Cilindr o Alternatore Lineare Stelo di Collegamento Molla - Displacer Molla Piana Spazio di Rimbalzo Fig. 3.4: Schema motore stirling free -piston Vediamo il funzionamento in dettaglio: inizialmente dislocatore e pistone si trovano in una posizione di equilibrio; quando viene acceso il bruciatore, il calore, attraverso lo scambiatore di riscaldamento esterno passa allo scambiatore interno, quindi il gas contenuto al suo interno e quello presente in tutta la zona superiore si riscalda ed espandendosi la pressione del fluido tende ad aumentare in entrambe le zone, quella di espansione (superiore) e quella di compressione (inferiore). L’aumento di pressione ha effetti diversi sul dislocatore e sul pistone. Per quanto riguarda il pistone, esso tenderà a scendere per effetto delle forze di pressione agenti sulla sua superficie (pressione spazio di lavoro maggiore pressione spazio di rimbalzo). Per quanto riguarda il dislocatore, vediamo che lo squilibrio di forze è dovuto al fatto che l’area del dislocatore nell’estremità calda è maggiore di quella nell’estremità fredda, quindi anche il dislocatore tenderà a scendere ma con un’accelerazione maggiore visto che è molto più leggero del pistone. L’elio quindi passerà attraverso gli scambiatori ed il rigeneratore dalla camera di compressione a quella di espansione dove si scalderà ulteriormente aumentando ancora la differenza di pressione e quindi le forze agenti sul dislocatore e sul pistone. Figura 3.5-Compressione isocora Di conseguenza il pistone continuerà il suo moto ed il fluido subirà un’espansione. Figura 3.6-Espansione isoterma La pressione nello spazio di rimbalzo continua ad aumentare a causa del moto del pistone fino a raggiungere e sorpassare la pressione nello spazio di lavoro; il pistone allora invertirà il moto, così come il displacer, ma essendo questo collegato ad una molla piana, la legge del moto è dovuta alla reazione di tale molla ed all’andamento della pressione nello spazio di lavoro e non nello spazio di rimbalzo, quindi il displacer risale con un’accelerazione maggiore rispetto al pistone. Il moto combinato del pistone e del displacer causerà il passaggio del fluido dalla camera di espansione (zona calda) alla camera di compressione (zona fredda) attraverso gli scambiatori ed il rigeneratore. Il fluido quindi subirà una diminuzione di temperatura a seguito dell’effetto rigenerativo e del calore ceduto nello scambiatore freddo; come conseguenza la pressione vigente nello spazio di lavoro diminuirà ulteriormente. Figura 3.7-Espansione isocora Quando il displacer avrà raggiunto il suo punto morto superiore la quasi totalità del fluido sarà nella camera di compressione e verrà compresso a seguito del moto del pistone che continua a salire a causa dell’inerzia. Figura 3.8-Compressione isoterma La pressione nello spazio di lavoro aumenterà mentre diminuirà quella vigente nello spazio di rimbalzo; ancora una volta le forze agenti sulle masse invertiranno le loro direzioni causando il moto del pistone e del displacer verso il basso ed il ciclo si ripeterà. Il lavoro netto è raccolto dal pistone tramite un generatore elettrico lineare. Figura 3.9-Alternatore I magneti sono fissati al pistone quindi il movimento alternato del pistone genera un flusso magnetico mobile che taglia gli avvolgimenti, la bobina quindi genera la tensione. Un motore free – piston non ha un’ampiezza di corsa fissata: o La corsa del pistone e del dislocatore può variare o La frequenza può variare In questo motore la tensione di rete determina la corsa del pistone e la frequenza di rete setta la frequenza del motore. Una volta che la testa del motore è calda il motore è pronto per avviarsi. Nella connessione alla rete il motore si autosincronizza con la rete: o Tensione e frequenza sono uguali a quelli della rete. I fattori che determinano la potenza del motore sono quattro: La tensione di rete La frequenza di rete La temperatura della testa La temperatura di raffreddamento La tensione e la frequenza non in influiscono in maniera significativa sull’efficienza, e comunque sono determinati dalla rete a cui il motore è connesso. La temperatura della testa è determinata dal sistema di controllo, mentre la temperatura di raffreddamento è determinata dall’utente, in base al tipo di impianto collegato. Dai grafici seguenti si può osservare l’influenza delle temperature della testa e di raffreddamento sulla potenza, e quindi sul rendimento. Power 1200 1000 Power (watt) 800 600 Power, 240V, 31C 400 200 0 0 100 200 300 400 500 600 -200 Temperature of Head (C) Figura 3.10-Diagramma potenza – temperatura testa 1200 1000 Power (Watts) 800 600 400 Power, 240V, 31C 200 Power, 240V, 70C 0 0 100 200 300 400 500 600 -200 Head Temperature (C) Figura 3.11-Diagramma potenza – temperatura testa Come si può osservare dai diagrammi, la potenza elettrica generata è fortemente influenzata dalla temperatura della testa, più è alta e più la potenza è elevata. Ma anche la temperatura di raffreddamento influenza moltissimo la potenza e quindi il rendimento, come si può osservare nel secondo diagramma passando da una temperatura di raffreddamento di 31°C a 70°C, tutta la curva di erogazione della potenza si sposta notevolmente in basso. Da questo si deduce che per avere il massimo rendimento, il motore dovrebbe lavorare con temperature della testa molto elevate e temperature di raffreddamento molto basse. Mentre per la temperatura della testa c’è un limite tecnologico dovuto alla resistenza dei materiali, si vede come la scelta del tipo di impianto di riscaldamento influenzi molto l’efficienza; ad esempio è meglio scegliere un impianto a pannelli radianti a bassa temperatura piuttosto che un impianto a radiatori con temperature medie sensibilmente più alte. Capitolo 4 Sistemi ibridi Pompa di caloreGeneratore a gas 4.1 Generalità Negli ultimissimi anni nel settore termotecnico si è cominciato a parlare di “Generatori Ibridi”, mutuando una terminologia già largamente utilizzata nel settore automobilistico. Si tratta di generatori che sfruttano diverse energie di alimentazione per la produzione di calore per riscaldamento ambiente e acqua calda sanitaria. Una combinazione particolarmente interessante è quella fra generatori a combustione e pompe di calore, dato che in questa maniera si ottengono elevate prestazioni energetiche mediante il superamento dei limiti delle due tecnologie 4.2 Il problema del dimensionamento per le pompe di calore Le pompe di calore aria-acqua sono tecnologie particolarmente adatte ad aumentare il rendimento nei sistemi di riscaldamento ambiente, grazie agli elevati rendimenti ottenibili e alla facilità di installazione. Tuttavia un grande limite per l’adozione di queste macchine è costituito dal fatto che non è conveniente dimensionare il generatore per soddisfare la potenza massima richiesta dall’edificio, in quanto in tale maniera esso si troverebbe a funzionare per la maggior parte delle ore in parzializzazione o in intermittenza: ciò provocherebbe un elevato numero di accensioni e spegnimenti del compressore causando una diminuzione della sua vita utile. Inoltre l’investimento richiesto per un generatore a pompa di calore aumenta molto all’aumentare della potenza della macchina e quindi non è conveniente neanche per aspetti economici adottare una macchina di potenza elevata che poi sarebbe utilizzata per poche ore annuali. Occorre perciò analizzare l’abbinamento fra l’edificio e il generatore al fine di trovare il dimensionamento ottimale. In Figura 4.1 è riportato il tipico andamento della potenza dispersa da un edificio al variare della temperatura dell’aria esterna (linea continua). In corrispondenza della temperatura di progetto (Bologna, θprog=-5°C) l’edificio in questione presenta una potenza dispersa di 25 kW (punto P in Figura 4.1). Si noti come la potenza dispersa si annulla quando la temperatura dell’aria esterna raggiunge la temperatura di annullamento del carico ( θH,off in Figura 4.1) in corrispondenza della quale l’impianto di riscaldamento viene spento. La norma prUNI TS 11300-4 indica come valore di default per tale parametro il valore di 20°C ma in genere tale valore dipende dal livello di isolamento dell’edificio e dalla capacità del sistema edificio-impianto di sfruttare gli apporti gratuiti e risulta inferiore a 20°C. Figura 4.1 – Diagramma per dimensionamento pompa di calore Si supponga ora di voler riscaldare tale edificio con una pompa di calore elettrica aria-acqua mediante la quale si produce acqua calda a 35°C per l’alimentazione di un impianto a pannelli radianti a pavimento. Si sceglie di utilizzare una pompa di calore in grado di fornire 17 kW (Qnom) a pieno carico nelle condizioni di lavoro A2/W35 con un COPnom pari a 3,2 (dati forniti dal costruttore). Attraverso un modello semplificato si può ricostruire, partendo dai dati nominali, la curva che fornisce la potenza erogata dalla pompa di calore in funzione della temperatura dell’aria esterna (in questo caso θf= θa,ext) per una temperatura fissata dell’acqua di mandata al serbatoio caldo ( θc=35°C); il risultato che si ottiene è riportato in Figura 4.1 mediante la linea tratteggiata. Confrontando l’andamento della potenza dispersa dall’edificio e della potenza fornita dalla pompa si nota come la pompa di calore sia in grado di coprire tutto il fabbisogno di calore dell’edificio solo fino a quando la temperatura dell’aria esterna risulta maggiore della temperatura in corrispondenza della quale le due curve si intersecano (punto BV in Figura 4.1): tale temperatura è chiamata temperatura bivalente (θbival), dalla norma prUNI TS 11300-4. Quando la temperatura dell’aria esterna diventa inferiore alla temperatura bivalente la pompa di calore non è più in grado da sola di far fronte al fabbisogno di calore dell’edificio e per mantenere la temperatura interna dell’aria al valore di progetto (tipicamente θai=20°C) deve intervenire qualche sistema di generazione ausiliario (sistema di back-up o di integrazione). La temperatura bivalente nell’esempio riportato in Figura 4.1 è pari a 2,7°C ed è considerabile come una caratteristica del sistema edificio-impianto progettato in quanto dipende sia dal livello di isolamento dell’edificio che dalle caratteristiche dell’impianto di riscaldamento a pompa di calore progettato: utilizzando nello stesso edificio una pompa di calore in grado di erogare nelle condizioni A2/W35 una potenza termica superiore a 17 kW il punto B di Figura 4.1 trasla verso sinistra e la temperatura bivalente del sistema si abbassa. Considerando che le prestazioni di una pompa di calore aria-acqua tendono a degradarsi velocemente al diminuire della temperatura dell’aria esterna (in particolare in prossimità dei 4-5 °C per i problemi di brinamento che possono verificarsi sullo scambiatore esterno) il progettista può decidere di disattivare la pompa di calore al di sotto di una determinata temperatura del serbatoio freddo; la temperatura in corrispondenza della quale la pompa di calore viene disattivata (temperatura di cut-off) è indicata in Figura 4.1 come θH,cut-off (in Figura 4 θH,cut-off =-7°C) ed è da considerare come un dato progettuale deciso in fase di dimensionamento dell’impianto sulla base di considerazioni di ottimizzazione energetica e impiantistiche. Per valori di temperatura inferiori a θH,cut-off la generazione di energia termica è affidata esclusivamente al sistema di integrazione. Al contrario, nell’intervallo di temperatura compreso tra la temperatura bivalente e la temperatura di cut-off ( θH,cut-off < θa,e < θbival) la pompa di calore e il sistema di integrazione possono funzionare simultaneamente. In Figura 4.1 è anche indicato il valore di temperatura limite di funzionamento della pompa di calore utilizzata (TOL); tale valore deve essere dichiarato dal costruttore della pompa di calore secondo quanto indicato dalla prEN 14825 ed è il valore minimo di temperatura del serbatoio freddo a cui la pompa può funzionare correttamente. Usualmente si adotta un sistema di integrazione costituito da resistenze elettriche, ma a causa del basso rendimento di questa soluzione risulta interessante l’adozione di sistemi, detti misti o ibridi, costituiti dall’abbinamento con una caldaia che intervenga quando la potenza fornita dalla pompa di calore non è più sufficiente o quando il rendimento della pompa di calore, che è negativamente influenzato dalla diminuzione della temperatura esterna, scende sotto quello della caldaia. 4.3 Riduzione delle prestazioni delle pompe di calore aria-acqua E’ risaputo che le prestazioni di una pompa di calore dipendono in modo consistente dalla temperatura della sorgente, quindi dell’aria esterna nel caso delle pompe di calore aria-acqua. L’aria esterna nel periodo invernale è però soggetta a frequenti e continui cambiamenti di temperatura e umidità, che causano variazioni immediate sulle prestazioni delle pompa di calore, sia in termini di potenza resa che di efficienza. Infatti, oltre alla diminuzione delle prestazioni con la diminuzione della temperatura a causa di motivi termodinamici, le pompe di calore aria-acqua sono soggette alla necessità di effettuare l’inversione del ciclo frigorifero per effettuare lo sbrinamento della batteria evaporante esterna, a causa della formazione di brina. Tale inversione di ciclo abbassa il rendimento totale della macchina in quanto viene spesa energia per riscaldare l’evaporatore invece che apportare calore all’acqua del circuito riscaldamento: la diminuzione di rendimento è tanto maggiore quanto più frequenti sono i cicli di sbrinamento. Durante il funzionamento invernale si forma brina sulla superficie delle batterie evaporanti delle pompe di calore qualora si verifichino simultaneamente due condizioni: - diminuzione dell’umidità assoluta dell’aria tra ingresso ed uscita della batteria evaporante a causa del deposito sulla superficie della condensa prodotta; - temperatura superficiale della batteria evaporante uguale o inferiore a 0°C. Per valori di umidità relativa sopra il 50% la temperatura dell’evaporatore si trova verosimilmente sotto la temperatura di rugiada e ciò provoca condensazione: in queste condizioni la temperatura dell’evaporatore può essere più alta, a parità di scambio termico, grazie al contributo del calore latente di condensazione e ciò migliora il COP che aumenta con maggiori temperature di evaporazione. Fig 4.2-COP con sbrinamento in funzione della temperatura e dell’umidità relativa dell’aria esterna Questo fenomeno fa sì che maggiore è l’umidità relativa migliore è il COP fino a che la temperatura dell’evaporatore non scende sotto 0°C provocando la trasformazione della condensa in brina che in breve peggiora lo scambio termico dell’evaporatore e innesca i cicli di sbrinamento. Da quel punto in poi, la maggiore umidità peggiora il COP a causa della maggiore necessità di cicli di sbrinamento. La Fig. 4.2 mostra l’andamento del COP in funzione della temperatura e dell’umidità relativa dell’aria esterna: è visibile un andamento a gradino in corrispondenza della temperatura in cui si innescano i cicli di sbrinamento. Per quanto esposto sopra, il COP è tanto più alto quanto maggiore è l’umidità dell’aria prima dell’innesco dello sbrinamento, tanto più basso quanto più è alta l’umidità dell’aria quando si innescano i cicli di sbrinamento. Al di sotto del 50% di umidità relativa i cicli di sbrinamento non si innescano mai, in quanto la temperatura di rugiada è troppo bassa e quindi la temperatura dell’evaporatore rimane sempre più alta. Da quanto sopra descritto, si può riassumere che la pompa di calore è sicuramente una tecnologia molto efficiente con temperature dell’aria esterna medio-alte e alti livelli di umidità relativa: grazie infatti alla combinazione di questi due fattori, la pompa di calore beneficia del calore latente di condensazione. Invece, in situazioni di temperature dell’aria esterna medio-basse e alti livelli di umidità relativa il rendimento della pompa di calore decade molto velocemente fino a rendere questa tecnologia non conveniente in termini sia economici che energetici. Come visto nel paragrafo precedente, di questo fenomeno occorre tenere conto nel dimensionamento, dato che ciò va a influire sulla curva di potenza della pompa di calore e sulla scelta della temperatura di cut-off, dato che viene modificato il punto di pareggio con l’efficienza del sistema integrativo con caldaia. 4.4 Specificità climatiche in Italia L'Italia è conosciuta come uno dei paesi con il clima più mite e gradevole, ma ad una più approfondita analisi delle caratteristiche climatiche del nostro paese emerge come in verità ci siano delle differenze importanti dovute all'estensione geografica (soprattutto in latitudine) che, in certi casi associata all’altitudine di alcune località, portano a climi piuttosto rigidi. Una delle specificità climatiche più marcate riguarda l’andamento delle temperature e dell’umidità dell’aria. Al contrario di altri paesi europei, alcune zone geografiche italiane hanno molto spesso un clima invernale particolarmente freddo e umido per un periodo di tempo molto lungo, che normalmente inizia già alla fine del mese di ottobre e prosegue fino all’inizio di marzo. Fig. 4.3 Temperature orarie rilevate nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio del periodo 2007-2010 (fonte: Meteo Italia srl, Arpa Emilia Romagna - Mantova, Venezia, Siena: fonte CTI - anno tipo climatico temperature orarie mesi di dicembre, gennaio, febbraio) Nel grafico (Fig. 4.3) si vede come numerose città abbiano un elevato numero di ore invernali in cui le temperature sono particolarmente fredde (4°C o inferiore) e l’umidità relativa alta (85% o superiore). Nelle elaborazioni grafiche (Figg. 4.4 e 4.5) relative a temperature e umidità di Milano si nota che nel 65% delle ore invernali la temperatura è ≤ 4°C e nel 54% l’umidità relativa è ≥ 85%: Tali condizioni sono quindi spesso riscontrabili nel nord Italia e soprattutto in città della pianura padana, anche se il fenomeno della nebbia (combinazione di temperatura bassa e umidità alta) è riscontrabile in modo frequente anche in alcune città del centro e sud Italia. Un’altra caratteristica geografica italiana, cioè i circa 7.500 km di coste marine, ha un’importante influenza sul tasso di umidità relativa delle città che si affacciano al mare. Nei periodi invernali la coincidenza di basse temperature e alti tassi di umidità porta quindi alla formazione frequente di nebbie. Figura 4.4 - Temperature esterne invernali di Milano – dati orari relativi al periodo Dicembre 2007–Febbraio 2010 nei mesi dicembre, gennaio, febbraio (Fonte: Meteo Italia srl) Figura 4.5 - Umidità relativa invernale di Milano – dati orari relativi al periodo Dicembre 2007–Febbraio 2010 nei mesi Dicembre, Gennaio, Febbraio (Fonte: Meteo Italia srl) Un esempio emblematico è la costa alto adriatica, dove nella maggioranza delle ore invernali l’umidità è statisticamente molto elevata: la stazione di rilevazione meteo ARPA del Lido di Volano (FE) ha contato il 61% delle ore invernali con umidità relativa maggiore all’85% (calcolata sul totale dati di umidità relativa orari dei mesi Dicembre-Gennaio-Febbraio del periodo 2007-2010, fonte: ARPA Emilia Romagna). Tutto questo comporta che nella situazione italiana nella scelta della pompa di calore da abbinare a un edificio diventa ancora più importante tenere presente il fenomeno dell’abbassamento del COP con la combinazione di temperature basse e umidità relative alte. 4.5 Dati dei generatori Il sistema preso in considerazione è un generatore ibrido integrato composto da un involucro che contiene al suo interno la componentistica idraulica, l’elettronica di controllo, un accumulo di liquido sul circuito di riscaldamento e da una pompa di calore elettrica aria-acqua esterna e connessa all’unità principale mediante tubi connessi al circuito riscaldamento (Figura 4.6). Figura 4.6 – Generatore ibrido Anche se per condurre un’analisi quantitativa ci si è riferiti a un modello specifico si tratta di una tipologia di prodotto che comincia a essere proposto da diverse aziende del settore termotecnico e ciò spiega l’interesse di una analisi approfondita delle prestazioni ottenibili. In Tabella 4.1 sono elencate le caratteristiche tecniche del generatore ibrido. Tabella 4.1 - Dati del generatore ibrido Caldaia a condensazione Portata termica nominale in riscaldamento 24,7 kW Potenza termica nominale 80/60 24 kW Potenza termica nominale 50/30 26,1 kW Rendimento nominale 80/60 97,6 % Rendimento nominale 50/30 105,7 % Rendimento 30% Pn 107,6 % Pompa di calore aria-acqua Potenza in riscaldamento 8,5 kW Potenza elettrica assorbita 2,1 kW COP con temperatura aria 7°C b.s. e temperatura mandata acqua 35°C Temperatura mandata acqua Alimentazione 3,97 50/25 °C 230 V/1/50Hz Per quanto visto nei paragrafi precedenti, in generale nel caso di un sistema composto da due generatori differenti è necessario stabilire una priorità di accensione che ottimizzi il rendimento del sistema. Data l’elevata efficienza della pompa di calore sarà questa ad attivarsi per prima per le temperature più miti, tuttavia con la diminuzione del COP e della potenza erogata alle temperatura dell’aria più fredde, dovrà essere individuata una temperatura limite, denominata temperatura di cut-off (cut-off), per cui la pompa cesserà di lavorare, onde evitare rendimenti troppo bassi. La caldaia a condensazione potrà entrare in funzione anche nel caso in cui non venga superata la temperatura di cut-off, qualora la sola pompa di calore non riesca a sopperire all’intero fabbisogno, ciò avviene per una temperatura detta temperatura bivalente (bival). Quindi la pompa di calore dovrà soddisfare il carico termico fino alla temperatura di bivalente, sotto la quale entrerà in funzione il generatore integrativo. Nell’analisi effettuata, oltre all’integrazione fornita dalla caldaia a condensazione, è stato considerato anche il caso della più tradizionale integrazione mediante resistenza elettrica con lo scopo di effettuare una comparazione quantitativa fra i due sistemi. Questo tipo di integrazione si comporterà in modo diverso di quella a gas, perché dato il suo basso rendimento entrerà in funzione solamente nel caso di mancato raggiungimento della potenza richiesta, lasciando lavorare la pompa per tutte le possibili temperature dell’aria senza considerare una temperatura di cut off. Capitolo 5 Descrizione edificio e impianto 5.1 Descrizione edificio sul quale è stata eseguita la simulazione Lo studio è stato fatto su una villetta singola costruita verso la fine degli anni settanta situata nella periferia di Milano e costituita da un appartamento al piano terra e uno al primo piano riscaldati da un’unica centrale termica e da un piano interrato non riscaldato che è adibito a garage. L’edificio è privo di qualsiasi tipo di isolamento: la parete esterna è costituita da una muratura a cassa vuota dello spessore di 30 cm con intercapedine d’aria di 6 cm, mentre tutti i serramenti sono a vetro singolo. Figura 5.1-Rendering villetta Figura 5.2-Rendering villetta in primo piano Figura 5.3-Planimetria piano terra Figura 5.4-Planimetria primo piano Volume degli ambienti climatizzati al lordo delle strutture che li delimitano (V): 519,995 m³ Superficie esterna che delimita il volume (S): 434,363 m² Rapporto S/V: 0,835 1/m Superficie utile: 139,740 m² Indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale(EPi): 168,474 kWh/m² EPi limite: 104,764 kWh/m² Potenza di progetto: 12470 W Volume dei sigoli locali: Locale Soggiorno Pranzo Piano Terra Bagno Piano Terra Corridoio Piano Terra Camera 1 Piano Terra Camera 2 Piano Terra Soggiorno Pranzo Piano1° Corridoio Piano 1° Bagno Piano 1° Camera 1 Piano 1° Camera 2 Piano 1° V [m³] 89,968 13,959 13,398 37,596 33,731 89,968 13,398 13,959 37,596 33,731 Per quanto riguarda dati più dettagliati sull’edificio si faccia riferimento alla relazione tecnica di legge 10/91 Allegato A. La relazione tecnica, è stata eseguita tramite il software Termo 6.4 della Microsoftware. Figura 5.5-Schermata iniziale Termo 5.2 Dimensionamento Radiatori Per dimensionare i radiatori si devono conoscere le dispersioni termiche dei singoli locali ed inoltre per compensare il funzionamento intermittente è stata impostata una potenza di ripresa che è la potenza necessaria a far aumentare la temperatura del locale di un certo ΔT in un determinato tempo. Per valutare le differenze causate dai transitori si volevano confrontare i risultati ottenibili con radiatori poco sovradimensionati rispetto alle dispersioni termiche dei locali e con radiatori con un sovradimensionamento più pesante. Per fare ciò, all’interno del programma Termo 6 prima si è impostata una potenza di ripresa necessaria a far aumentare la temperatura dei locali di 1°C nel tempo di un’ora che corrisponde ad una potenza di 11 W/m2 da aggiungere a quella delle dispersioni termiche dei locali ottenendo così la potenza necessaria per dimensionare i radiatori con sovradimensionamento leggero. Locale Ti [°C] Soggiorno Pranzo Piano 20,0 Terra Bagno Piano Terra 20,0 Corridoio Piano Terra 20,0 Camera 1 Piano Terra 20,0 Camera 2 Piano Terra 20,0 Soggiorno Pranzo Piano1° 20,0 Corridoio Piano 1° 20,0 Bagno Piano 1° 20,0 Camera 1 Piano 1° 20,0 Camera 2 Piano 1° 20,0 Totale unità immobiliare: Pt [W] Ppt [W] 2.800,5 0,0 400,4 227,2 1.275,0 1.125,7 2.789,8 225,9 398,5 1.161,1 1.122,7 11.526,7 Pv [W] PRH [W] 224,9 366,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 34,9 33,5 94,0 84,3 224,9 33,5 34,9 94,0 84,3 943,3 56,9 54,6 153,2 137,4 366,5 54,6 56,9 153,2 137,4 1.537,1 P [W] 3.391,9 492,2 315,3 1.522,2 1.347,5 3.381,2 313,9 490,3 1.408,3 1.344,4 14.007,1 Legenda Ti: temperatura interna Pt: potenza dispersa per trasmissione Ppt: potenza dispersa per ponti termici Pv: potenza dispersa per ventilazione PRH: potenza di ripresa richiesta per compensare gli effetti del riscaldamento intermittente P: potenza dispersa totale Per ottenere la potenza necessaria per i radiatori con sovradimensionamento pesante è stata imposta una potenza di ripresa necessaria a far aumentare di 3°C in un’ora la temperatura dei locali pari a 45 W/m2. Locale Ti Pt [W] Ppt [W] Pv [W] PRH [W] [°C] 20,0 2.800,5 0,0 224,9 1.499,4 Soggiorno Pranzo Piano Terra Bagno Piano Terra 20,0 404,8 Corridoio Piano Terra 20,0 227,2 Camera 1 Piano Terra 20,0 1.275,0 Camera 2 Piano Terra 20,0 1.131,9 Soggiorno Pranzo Piano1° 20,0 2.789,8 Corridoio Piano 1° 20,0 225,9 Bagno Piano 1° 20,0 402,9 Camera 1 Piano 1° 20,0 1.168,5 Camera 2 Piano 1° 20,0 1.128,8 Totale unità immobiliare: 11.555,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 34,9 33,5 94,0 84,3 224,9 33,5 34,9 94,0 84,3 943,3 P [W] 4.524,8 232,7 672,4 223,3 484,0 626,6 1.995,6 562,2 1.778,4 1.499,4 4.514,1 223,3 482,6 232,7 670,5 626,6 1.889,1 562,2 1.775,3 6.288,3 18.786,8 Legenda Ti: temperatura interna Pt: potenza dispersa per trasmissione Ppt: potenza dispersa per ponti termici Pv: potenza dispersa per ventilazione PRH: potenza di ripresa richiesta per compensare gli effetti del riscaldamento intermittente P: potenza dispersa totale La potenza di ripresa comunque non influisce sulla prestazione energetica. 5.3 Scelta dei radiatori Per sfruttare appieno la caldaia a condensazione è stata imposta una temperatura massima di mandata pari a 55°C. I radiatori scelti per l’impianto sono prodotti dalla GLOBAL Radiatori, sono radiatori in alluminio con le seguenti caratteristiche: Figura 5.6-Caratteristiche dei radiatori I modelli utilizzati sono il VIP 600 per i bagni ed il VIP 700 per tutti gli altri locali. La potenza erogata da ogni elemento, facendo riferimento alla norma UNI EN 442, si calcola attraverso la relazione: Dove il coefficiente Km e l’esponente n sono caratteristici del radiatore mentre ΔT è la differenza di temperatura tra quella dell’ambiente da riscaldare (20°C) e quella media dell’acqua all’interno dell’elemento. 5.4 Dimensionamento impianto Fig. 5.7: Layout radiatori Per dimensionare tutto l’impianto è stato utilizzato il software della CALEFFI “Impianti a Collettori”. Questo è un software molto semplice che serve appunto per dimensionare gli impianti a collettori: basta inserire i radiatori nell’archivio materiali, impostare la temperatura di mandata, scegliere il tipo di collettore tra quelli già presenti in archivio o inseriti dall’utente, il tipo di valvole sui terminali, il ΔT medio guida, la prevalenza al colllettore ed il tipo di tubi di collegamento. Figura 5.8-Schermata iniziale software “Impianti a collettori” Figura 5.9-Schermata iniziale nuovo progetto software “Impianti a collettori” Il programma poi calcolerà le portate dei singoli terminali, le potenze, il numero di elementi, il salto termico medio, la velocità del fluido nelle tubature di collegamento e le perdite di carico. Capitolo 6 Creazione del modello edificioimpianto all’interno del software di simulazione 6.1 Il software TRNSYS Per la simulazione dell’impianto di riscaldamento ci si è avvalsi del software TRNSYS; questo software permette di effettuare simulazioni analitiche computerizzate su vasta scala operando su quasi tutte le problematiche energetiche. TRNSYS infatti fornisce un ambiente completo ed estendibile per la simulazione dinamica in regime anche transitorio dei sistemi inclusi edifici con diverse zone termiche. Il software viene utilizzato da ingegneri e ricercatori di tutto il mondo come utile strumento di supporto non solo nell’analisi di semplici sistemi energetici, come ad es. i sistemi domestici di produzione dell’acqua calda, ma anche nella progettazione di edifici e nella simulazione dei sistemi di climatizzazione considerando diverse variabili come i diversi tipi di regolazione o le varie opportunità fornite dalle più recenti innovazioni nel campo delle fonti energetiche alternative(eolico, solare termico, geotermico, fotovoltaico ecc.). Punto di forza del programma è la facilità di utilizzo grazie alla presenza di librerie ad oggetti. È possibile scindere tali librerie in due insiemi. Quelli che modellizzano il comportamento fisico dei componenti energetici Quelli che rappresentano una raccolta di semplici strumenti di interfaccia al software Per quanto concerne i primi, sono programmati sulla base di modelli fisico-matematici che in molti casi permettono di ottenere risultati che si discostano poco dallo sperimentale, gli altri forniscono tutta una serie di strumenti molto utili al fine dell’elaborazione dei dati. Tutti questi “tools” sono realizzati utilizzando il linguaggio di programmazione Fortran pertanto è possibile creare anche nuovi modelli in base alle specifiche esigenze. TRNSYS inoltre può facilmente interagire durante le simulazioni con altri programmi esterni come ad es. Excel,Matlab,Comis ecc. Le applicazioni di trnsys includono: Sistemi solari (solare termico e fotovoltaico) Edifici multi zona e sistemi di climatizzazione con caratteristiche progettuali anche complesse Sistemi energetici rinnovabili(ad es. sistemi geotermici) Cogenerazione TRNSYS include diversi software applicativi tra cui i più importanti sono il TRNBUILD e il SIMULATION STUDIO. 6.1.1 TRNBUILD: modellazione dell’edificio L’applicativo TRNBUILD presente nella suite di trnsys permette, grazie ad una parametrizzazione dettagliata delle singole zone che compongono l’edificio, di ottenere un modello energetico dello stesso. Nella finestra di inizializzazione del progetto l'utente inserisce alcune informazioni generali sul progetto, definisce gli orientamenti delle pareti richiesti dalla costruzione descritta (Fig. 6.1), visualizza l’elenco degli inputs necessari al TYPE 56, dove viene creata una lista di inputs che vengono utilizzati nella definizione dei guadagni (Fig.6.2), e seleziona gli outputs desiderati. Figura 6.1-Finestra iniziale Figura 6.2-Definizione Inputs Utilizzando i dati termo-fisici fondamentali dei materiali nelle diverse strutture murarie, porte ed elementi finestrati, riassunti nella seguente tabella (Tab. 6.1), è possibile descrivere le stratigrafie delle diverse strutture (allegato A) specificando gli spessori dei diversi strati. Calore Spessore Conduttanza Conduttività Conduttività specifico m w/mq K W/m K Kj/h m K Kj/Kg K Materiale Densità Kg/mc Abete 450 1,600 x 0,1200 Alluminio 2700 0,880 x 220,0000 Aria intercapedine 50 mm 1,23 1,008 0,05 Bitume puro 1050 1,000 x Blocco da solaio di laterizio spessore 180 mm 950 0,920 0,18 Calcestruzzo 1800 Kg/mc 1800 1,000 Calcestruzzo 2400 Kg/mc 2400 Calcestruzzo armato 5,456 0,43200 792,00000 0,2728 0,98208 0,1700 0,61200 0,5999 2,15978 x 1,1500 4,14000 1,000 x 2,0000 7,20000 2300 1,000 x 2,3000 8,28000 Intonaco di gesso 1000 1,000 x 0,4000 1,44000 Mattone forato di laterizio spessore 120 717 0,920 0,12 3,220 0,3864 1,39104 Mattone forato di laterizio spessore 80 775 0,920 0,08 5,000 0,4000 1,44000 Mattoni per pareti esterne 2000 0,840 x 0,9900 3,56400 Mattoni per pareti interne 1000 0,840 x 0,3600 1,29600 piastrelle in ceramica 2300 0,840 x 1,3000 4,68000 pino 550 1,600 x 0,1500 0,54000 vetro da finestre 2500 0,750 x 1,0000 3,60000 Cartone catramato 1600 1,000 x 0,5000 1,80000 3,333 Tab. 6.1- Dati sulle stratigrafie delle diverse strutture La figura 6.3 mostra l’introduzione dei dati del forato di laterizio da 120 in trnbuild. Figura 6.3-Dati termo-fisici del forato di laterizio da 120 in trnbuild La figura 6.4 invece mostra la modellazione della parete esterna dell’edificio con la costruzione della sua stratigrafia caratterizzata da specifici materiali e spessori. In modo del tutto analogo è possibile modellare gli elementi vetrati dell’edificio. Figura 6.4- Modellazione parete esterna in trnbuild Come evidenzia la figura precedente il modello energetico della parete include anche il coefficiente di assorbimento solare sul lato interno e su quello esterno; ciò è molto importante poiché consente, durante le simulazioni, di tener conto degli apporti termici solari. Questa possibilità offerta dal software ha consentito di determinare il fabbisogno stagionale di energia termica dell’edificio a partire dai dati di irraggiamento relativi alla città di Milano. Completato l’archivio delle strutture murarie e degli elementi vetrati è infine possibile descrivere singolarmente le diverse zone (fig. 6.5) andando ad introdurre le varie strutture e l’area della loro superficie (fig 6.6). Figura 6.5-Zone di progetto Figura 6.6-Modellazione zona termica in trnbuild Per le varie pareti è richiesto inoltre: Orientamento Tipologia di parete che può essere esterna,interna,adiacente ad altre zone oppure di tipo boundary cioè confinante con un ambiente ad una determinata temperatura Attraverso la funzione Ventilation è possibile tener conto dei ricambi d’aria (Fig. 6.7) Figura 6.7-Inserimento ricambi d’aria Nel progetto realizzato sono stati impostati ricambi d’aria pari a 0,3 volumi/ora per tutte le zone tranne per il garage dove è stato impostato a 0,5 volumi/ora. Attraverso la funzione Gains (Fig. 5.8) invece è possibile inserire gli apporti interni dovuti alla presenza di persone, apparecchi elettrici e luci oltre agli apporti dovuti ai terminali dell’impianto che sono stati impostati come inputs. Fig. 6.8: Gains di una zona Nel progetto per ogni zona ci sono due gains, uno rappresenta la potenza erogata dal radiatore ed è impostato come input, l’altro invece rappresenta gli apporti termici interni complessivi dovuti a persone, apparecchi elettronici e luci artificiali calcolati facendo riferimento alla norma UNI/TS 11300-1 in funzione della superficie del locale (tab. 6.2) Superficie [mq] Locale Soggiorno piano terra 33,25 Apporto Apporto interno interno [Kj/h] [W] 158,812 571,723 Bagno piano terra 5,23 27,262 98,142 Corridoio piano terra 5,00 26,081 93,891 Camera 1 piano terra 14,08 71,453 257,230 Camera 2 piano terra 12,55 63,987 230,355 Soggiorno 1° piano 33,25 158,812 571,723 Corridoio 1° piano 5,00 26,081 93,891 Bagno 1° piano 5,23 27,262 98,142 Camera 1 1° piano 14,08 71,453 257,230 Camera 2 1° piano 12,55 63,987 230,355 Tab. 6.2: Apporti termici interni dei locali Solo nei soggiorni ci sono tre gains perché hanno due radiatori. Una volta completato il progetto è possibile salvarlo in un file esterno (*.BUI). Il calcolo delle dispersioni termiche dell’edificio durante la simulazione viene effettuato utilizzando il metodo della “funzione di trasferimento del calore” che viene creata dal software per ogni elemento strutturale attraverso la determinazione dei coefficienti che tengono conto della stratigrafia dell’elemento stesso; non utilizzare solo il valore di trasmittanza, come fonte per il calcolo delle dispersioni, è fondamentale ai fini della simulazione. Infatti, tramite la funzione di trasferimento, è possibile, noti conducibilità, densità, calore specifico, spessore, simulare il comportamento all’inerzia termica del materiale. Questo aspetto è fondamentale poiché permette di ottenere risultati che non potrebbero essere ottenuti con un calcolo di tipo statico. 6.1.2 Simulation Studio L’interfaccia principale del software è il TRNSYS Simulation Studio,un applicativo grazie al quale è possibile realizzare simulazioni di sistemi semplicemente selezionando e “trascinando” all’interno dello spazio di lavoro i vari componenti presenti in libreria,collegandoli in modo opportuno e definendo i parametri della simulazione (fig 6.9). Figura 6.9-Progetto in Simulation Studio Come abbiamo già accennato nell’introduzione di questo capitolo,un componente trnsys consiste in un sottoprogramma scritto in linguaggio Fortran,C,C++ che modella analiticamente il comportamento di un elemento reale dell’impianto come ad es. una valvola miscelatrice,una pompa di circolazione, un termostato ambiente o un fenomeno fisico come ad esempio il flusso di un fluido all’interno di una tubazione. Ogni componente trnsys è caratterizzato da tre tipi di variabili. Parametri: non variano durante la simulazione e vengono fissati dall’utilizzatore sulla base di dati reali che caratterizzano l’elemento modellato;ad es. utilizzando il componente rappresentato in fig. 6.10 relativo ad una pompa di circolazione, i parametri da impostare sono mostrati in fig. 6.11 e riguardano la portata e la potenza della pompa, il calore specifico del fluido, l’energia trasferita dal motore al fluido Figura 6.10- Modello di una pompa di circolazione in trnsys Figura 6.11-Parametri del type 114 Input: sono le variabili di ingresso al componente che possono essere fissate dall’utilizzatore oppure possono variare durante la simulazione se costituite dagli output di un altro componente Output: sono le variabili di uscita dal componente derivanti dall’elaborazione degli input e dei parametri da parte del codice che modella l’elemento reale; collegando tra loro due componenti è possibile selezionare output di un componente che diverranno input del componente successivo Figura 6.12-Connessione tra due componenti trnsys Figura 6.13-Link tra i due componenti Ad esempio in fig. 6.12 è mostrata la connessione tra due componenti trnsys,una pompa di circolazione e una tubazione. Cliccando sulla connessione si apre la finestra mostrata in fig. 6.13 dove nella parte destra sono elencati gli output del type 114 mentre sulla sinistra gli input del type 31; in questo caso la portata e la temperatura del fluido in uscita dalla pompa rappresenta la portata e la temperatura del fluido in ingresso alla tubazione. Procedendo secondo questo schema è possibile simulare sistemi anche piuttosto complessi scegliendo i componenti appropriati e selezionando le connessioni più opportune. 6.2 Modellizzazione dell’impianto nel Simulation Studio 6.2.1 Introduzione Lo scopo di questo studio è quello di determinare le prestazioni stagionali di una unità di microcogenerazione domestica con tecnologia Stirling in modo da ottenere i consumi di energia primaria e i risparmi economici ottenibili, in confronto alla tecnologia alternativa di una caldaia a condensazione. Per fare un’analisi il più possibile completa sono state eseguite diverse simulazioni, in particolare dodici, sei per la caldaia e 6 per la microCHP, in ognuna delle quali venivano variati dei parametri, in particolare il regime di conduzione e il dimensionamento dei radiatori. Per questo motivo i dodici layout differiscono in qualche particolare l’uno dall’altro ma hanno tutti uno schema di base comune. L’analisi dei modelli può essere condotta su due livelli. Analisi del flusso di dati Analisi dettagliata di ogni macro-componente 6.2.2 Analisi del flusso di dati Attraverso la flow-chart mostrata in fig. 6.14 è possibile diagrammare il flusso di dati all’interno dei modelli rappresentati nell’allegato C DATI CLIMATI CI BUILDIN G MODEL RADIAT ORI PLOTTIN G GENERATO RE CURVA CLIMATICA REGIME DI CONDUZIO NE TERMOSTA TO INTEGRAT ORE STAMPAN TE Figura 6.14- Flow chart del modello Dati Climatici: questo blocco fornisce i dati termo-igrometrici esterni al blocco “Curva Climatica” ed al blocco “Building Model” oltre al gruppo “Plotting” per graficare le temperature. Curva Climatica: questo blocco riceve i dati di temperatura esterna dal blocco “Dati Climatici” e fornice la temperatura di mandata dell’acqua al blocco “Generatore”. Regime di conduzione: questo blocco fornisce al blocco “Termostato” gli orari di accensione del generatore impostando la temperatura di set point a 20°C o 12°C a seconda se il generatore deve essere acceso o spento rispettivamente. Termostato: rappresenta il controllo dell’impianto, riceve i dati di set point dal blocco “Regime di conduzione”, li confronta con quelli effettivi del “Building Model” fornendo il segnale di controllo al “Generatore”. In maniera diversa controlla anche il blocco “Radiatori”. Building Model: rappresenta l’edificio il quale attraverso il “Termostato” fornisce le proprie richieste energetiche. Generatore: rappresenta la modellizzazione matematica del generatore, sia nel caso di caldaia a condensazione che nel caso di microCHP. Controllato dal “Termostato” e dalla “Curva Climatica” trasferisce potenza all’acqua che circola nei radiatori. Radiatori: questo blocco appunto rappresenta la modellizzazione matematica dei radiatori, funge da bus energetico tra il blocco “Generatore” e il “Building Model”. Integratore: riceve i dati dal “Generatore” fornendo i risultati delle elaborazioni alla “Stampante” . Plotting: riceve i dati dal “Building Model”, “Generatore” e “Dati Climatici” e li visualizza. Stampante: riceve i dati dallo ”Integratore” e li stampa. 6.2.3 Analisi dei macro-componenti Dati Climatici: è costituito dai componenti Type 15-6, Type 33e e Type 69b. Il Type 15-6 facendo utilizzo di un file Meteonorm ha tutti i dati climatici della città di Milano. Il Type 33e prende come input la temperatura a bulbo asciutto e l’umidità relativa dell’aria umida e restituisce diverse proprietà dell’aria umida, nel layout realizzato solo la temperatura di rugiada che è uno degli input del Type 69b. Questo componente determina una temperatura di cielo effettiva che viene utilizzata per calcolare lo scambio di radiazione di onde lunghe tra una superficie arbitraria esterna e l’atmosfera. La temperatura effettiva del cielo è sempre inferiore alla temperatura ambiente. Al cielo nero di una notte serena ad esempio, viene assegnata una bassa temperatura di cielo effettiva per tenere conto della perdita radiativa supplementare da una superficie esposta al cielo. Figura 6.15-Connessioni Type 15-6 Type 56b Building model: consta del solo Type 56 il quale racchiude al suo interno tutti i dati relativi al modello energetico dell’edificio elaborati in Trnbuild. Figura 6.16-Type 56b In input riceve tutti i dati climatici e gli apporti termici dei radiatori. Il modello elabora il tutto ed in uscita da la temperatura delle singole zone. Queste servono ai radiatori per determinare la potenza trasmessa in funzione della differenza di temperatura tra la superficie del radiatore e la temperatura media dell’aria nella zona termica. Figura 6.17- Connessione Type 562(radiatore) Type 56b Regime di conduzione: in base al regime di conduzione ci sono tre tipi di layout per questo componente. Nel caso in cui il sistema è sempre acceso, il termostato è comandato solo dalla temperatura del locale dove è posizionata la sonda (soggiorno piano terra), quindi questo componente non è per nulla presente. Nel caso di tre periodi di accensione (fig. 6.18) il macro-componente è composto da due Type 14e e un Type 41a, visto che ci sono orari di accensione diversi per i giorni feriali e per il fine settimana. Figura 6.18- Layout regime di conduzione triplo periodo di accensione Il Type 14e ha il compito di creare una funzione forzante di temperatura continua partendo da una serie di dati discreti. Il ciclo si ripete ogni n ore dove n è l’ultimo valore di tempo specificato. Nel primo Type 14e sono inseriti gli orari di accensione per i giorni feriali che sono: 6 – 9, 12 – 14, 17 – 23. Mentre nel secondo Type 14e sono inseriti gli orari di accensione del fine settimana che sono: 8 – 24. Entrambi i Type 14e sono connessi al Type 41a il quale organizza i profili giornalieri in una sequenza che forma un profilo annuale. Nel caso di un unico periodo di accensione c’è solo unType 14e (fig. 6.19) collegato al al termostato (fig 6.20) visto che il periodo di accensione è uguale per per tutti i giorni della settimana: 7 – 23 . Figura 6.19-Profilo unico Figura 6.20- Connessione Type 14e con termostato Curva climatica: è costituita da un solo componente, il Type 62 (fig. 6.21). Figura 6.21-Curva climatica Questo componente non fa altro che interfacciarsi con un foglio di lavoro excel dove è impostata l’equazione per stabilire la temperatura di mandata dell’acqua nel generatore in funzione della temperatura esterna. L’equazione impostata è la seguente: La seconda non è altro che l’equazione di una retta creata imponendo una una temperatura di mandata pari a 55°C per una temperatura esterna pari a -5°C e °C. Figura 6.22-Grafico curva climatica °C per Termostato: è composto dal componente Type 2b (fig. 6.23). Figura 6.23- Termostato (Type 2b) Il termostato differenziale on/off genera una funzione di controllo che può assumere i valori 1 o 0. Il termostato ha 2 input, la temperatura dell’ambiente controllato (soggiorno piano terra) proveniente dal type 56 e la temperatura da impostare proveniente dal blocco regime di conduzione. Il segnale di controllo è scelto in funzione delle differenze tra le temperature supeiore Th e inferiore Tl rispetto a due bande di temperature ΔT1 e ΔT2 impostati rispettivamente a 1 e -1 (fig. 6.24). In questa maniera se il regime di conduzione impone una temperatura di 20°C la temperatura dell’ambiente controllato può assumere tutti i valori compresi tra 19°C e 21°C. Figura 6.24-Input termostato Il nuovo valore della funzione di controllo dipende dal valore della funzione di controllo di input allo step temporale precedente. Il termostato viene utilizzato con il segnale di controllo di input collegato con il segnale di controllo di output fornendo un effetto d’isteresi. C’è un ulteriore termostato collegato ai radiatori. Se i radiatori fossero controllati dallo stesso termostato che controlla il generatore si spegnerebbero contemporaneamente ad esso ma in realtà essi continuano a fornire calore finché non si raffreddano, anche con il generatore spento. Per evitare questo errore viene aggiunto un termostato secondario che mantiene accesi i radiatori fino ad una temperatura imposta di 22°C. Radiatori: il blocco radiatori è costituito da una serie di type 562 (fig. 6.25) ognuno dei quali rappresenta il modello energetico di un radiatore compresi i tratti di tubo che collegano il terminale alla parete. Figura 6.25- Layout radiatori Per ogni modello sono impostati dei parametri in base alle caratteristiche del radiatore che deve rappresentare e alla sua potenza (fig. 6.26). Figura 6.26-Parametri radiatore (Type 562) I parametri principali sono: o Lunghezza del tubo di mandata e di ritorno (parete – muro) o Diametro dei tubi o Emissività della superficie o Calore specifico del fluido (acqua) o La frazione radiativa della potenza totale nelle condizioni nominali (ΔT = 60°C) o Potenza nominale del radiatore (ΔT = 60°C) o Esponente n caratteristico del radiatore o Capacità termica del radiatore compreso il fluido al suo interno o Temperatura iniziale del radiatore Ogni radiatore ha quattro input (fig 6.27): Figura 6.27- Inputs radiatori o La temperatura dell’acqua in ingresso e proviene dal generatore o La temperatura dell’ambiente in cui è installato proveniente dal Type 56; serve per calcolare la potenza effettiva erogata in base al ΔT. o La funzione di controllo proveniente dal termostato secondario o La portata massica circolante all’interno del radiatore; questo input è stato inserito manualmente in base ai calcoli idraulici effettuati col software della Caleffi. Nelle due tabelle seguenti sono riassunte alcune caratteristiche dei radiatori nei due casi di impianto più o meno sovradimensionato. Radiatore Larghezza n. [mm] elementi Capacità Termica [Kj/K] Potenza Portata nominale l/h DT=60 [W] soggiorno 1 terra 2320 29 119,092 5945,00 172 soggiorno 2 terra 2240 28 114,986 5740,00 172 640 8 28,640 1448,00 171 camera 1 terra 1840 23 94,452 4715,00 176 camera 2 terra 1680 21 86,239 4305,00 188 corridoio terra 400 5 20,533 1025,00 171 soggiorno 1 piano 1 2320 29 119,092 5945,00 163 soggiorno 2 piano 1 2320 29 119,092 5945,00 163 640 8 28,640 1448,00 163 camera 1 piano 1 1840 23 94,452 4715,00 168 camera 2 piano 1 1680 21 86,239 4305,00 178 corridoio piano 1 400 5 20,533 1025,00 163 2048 bagno terra bagno piano 1 Tab. 6.3-Caratteristiche radiatori sovradimensionamento pesante Radiatore Larghezza [mm] n. elementi Capacità Termica [Kj/K] Potenza Portata nominale l/h DT=60 [W] soggiorno 1 terra 1600 20 82,133 4100,00 171 soggiorno 2 terra 1600 20 82,133 4100,00 171 480 6 21,480 1086,00 171 camera 1 terra 1440 18 73,919 3690,00 176 camera 2 terra 1200 15 61,599 3075,00 188 corridoio terra 240 3 12,320 615,00 171 soggiorno 1 piano 1 1600 20 82,133 4100,00 163 soggiorno 2 piano 1 1600 20 82,133 4100,00 163 480 6 21,480 1086,00 163 camera 1 piano 1 1280 16 65,706 3280,00 168 camera 2 piano 1 1200 15 61,599 3075,00 178 corridoio piano 1 240 3 12,320 615,00 162 bagno terra bagno piano 1 2045 Tab. 6.4- Caratteristiche radiatori sovradimensionamento leggero Tra i vari output che presenta questo modello ne vengono utilizzati due: o La potenza totale emessa, che è un input del building model o La temperatura dell’acqua in uscita. Tutte le portate e le temperature dell’acqua in uscita da ogni radiatore sono gli input di un blocchetto attraverso il quale viene calcolata la temperatura media dell’acqua che è l’input del generatore. L’equazione impostata nel blocchetto è la seguente: Dove: Ti è la temperatura di uscita da ogni singolo radiatore mi è la portata massica di ogni radiatore. Generatore: nel software non esisteva un modello che poteva simulare in toto il funzionamento del generatore, sia nel caso di caldaia a condensazione che nel caso del microcogeneratore Ecogen e anche nel caso della pompa di calore con integrazione elettrica e del generatore ibrido. Il generatore è stato simulato quindi attraverso l’utilizzo di un modello di riscaldatore ausiliario (Type 6) in combinazione al Type 62 che richiama un foglio di lavoro excel dove sono inserite tutte le relazioni necessarie per calcolare il rendimento (fig 6.28). Fig. 6.28- Layout generatore Attraverso il Type 6 è possibile stabilire la potenza erogata al fluido e la temperatura del fluido in uscita. Gli input (fig 6.29) utilizzati sono: o La temperatura dell’acqua in ingresso, che non è altro che la temperatura dell’acqua di ritorno dall’impianto, ossia la Tmed calcolata nel blocco radiatori o La portata massica d’acqua, inserita manualmente (somma delle portate di tutti i radiatori) o La funzione di controllo con la quale il termostato accende o spegne il generatore o La temperatura di set point imposta dalla curva climatica. Fig. 6.29-Inputs Type 6 I parametri (fig. 5.30) utilizzati sono. o La potenza massima, impostata pari a 24 KW o Il calore specifico dell’acqua L’efficienza viene lasciata pari a 1 poiché è calcolata nel foglio excel. Figura 6.30- Parametri Type 6 Nel type 6 è implementata una semplice relazione: Dove: P è la potenza termica trasmessa al fluido Cp è il calore specifico del fluido ΔT è la differenza di temperatura tra l’acqua in uscita e quella in ingresso nel generatore. Dato che è stata imposta una potenza massima la temperatura di mandata sarà pari alla temperatura imposta dalla curva climatica se la potenza necessaria è minore di quella massima, altrimenti il riscaldatore applicherà la massima potenza e la temperatura di mandata sarà inferiore a quella imposta. Gli outputs del type 6 sono la temperatura di mandata e la potenza erogata all’acqua. Il type 62, ha come inputs gli outputs del type 6 e la temperatura dell’acqua di ritorno dall’impianto; come outputs il rendimento, la portata termica e la potenza elettrica nel caso del micro CHP. 6.2.4 Metodo di implementazione del rendimento della microCHP nel foglio di calcolo MicroCHP I dati di rendimento elettrico e termico della caldaia microCHP sono stati forniti dalla Ricerca e Sviluppo Baxi UK e sono riassunti nelle tabelle sotto riportate. Max potenza bruciatore ausiliario a Tm=70°C [KW] 18,00 Rendimento bruciatore ausiliario alla max potenza a Tm=70°C rispetto PCS 87,30 Rendimento bruciatore ausiliario alla max potenza a Tm=70°C rispetto PCI 97,00 Potenza min bruciatore ausiliario a Tm=40°C [Kw] 4,50 Rendimento bruciatore ausiliario alla min potenza a Tm=40°C rispetto PCS Rendimento bruciatore ausiliario alla min potenza a Tm=40°C rispetto PCI 97,37 108,19 Tab. 6.5: Dati bruciatore supplementare Potenza Gas Netta [KW] Potenza Gas Lorda [KW] 7,5 6,3 4,9 4,5 4,0 3,6 8,3 7,0 5,4 5,0 4,4 4,0 Potenza Potenza Termica Elettrica All'acqua [W] [KW] 1001 830 545 450 325 167 6,8 5,6 4,3 4 3,7 3,5 Rend. Termico PCS Rend. Elettrico PCS Rend. Globale PCS Rend. Termico PCI Rend. Elettrico PCI Rend. Globale PCI 81,60 80,00 78,98 80,00 83,25 87,50 12,01 11,86 10,01 9,00 7,31 4,18 93,61 91,86 88,99 89,00 90,56 91,68 90,67 88,89 87,76 88,89 92,50 97,22 13,35 13,17 11,12 10,00 8,13 4,64 104,01 102,06 98,88 98,89 100,63 101,86 Tab. 6.6: Dati motore Stirling a Tmed=40°C Per eseguire le simulazioni era necessario ottenere un’equazione analitica che fornisse il rendimento in funzione della potenza termica, tuttavia a causa degli andamenti differenti dei due bruciatori non è stato possibile interpolare i dati con un’unica equazione. Per questo motivo sono stati calcolati separatamente i rendimenti termici del bruciatore Stirling e del bruciatore ausiliario per poi fare una media ponderata nei momenti in cui essi funzionavano insieme. Per quanto riguarda il bruciatore Stirling, per prima cosa è stato costruito un diagramma con in ascisse la potenza termica fornita all’acqua e in ordinate il rendimento termico rispetto al PCI (fig 6.31). Figura 6.31- Diagramma rendimento termico Stirling L’andamento è molto particolare e l’unica curva in grado di approssimarlo è una polinomiale del 5° ordine di equazione: dove = rendimento termico rispetto a PCI = potenza termica all’acqua in kW Con l’equazione di questa curva si riesce ad ottenere il rendimento termico del bruciatore Stirling per una potenza termica all’acqua compresa tra la minima di 3,5 kW e la massima di 6,8 kW, tutto questo per una temperatura media dell’acqua Tm = 40°C. A questo punto occorreva calcolare il rendimento per temperature medie dell’acqua diverse da 40°C, e per far ciò si sono utilizzate le formule riportate nella norma UNI TS 11300-2: Il motivo per l'adozione di questa formula è perché la variazione del rendimento termico con la temperatura di ritorno è principalmente dovuta al periodo in cui lo scambiatore di calore si trova in regime di condensazione dei gas di scarico, sia in questo tipo di bruciatore, che in una caldaia a condensazione standard. La valvola del gas e lo stadio di condensazione dello scambiatore di calore nel bruciatore stirling sono le stesse utilizzate per una caldaia a condensazione; per questo motivo è stata avanzata l'ipotesi che la funzione della riduzione di efficienza fosse uguale a quella per una caldaia a condensazione. Per potenze termiche richieste minori della minima (Pmin=3,5 kW) il bruciatore stirling lavora in accensione e spegnimento. Dal momento che in quelle condizioni il motore stirling non opera, perché necessita di alcuni minuti per raggiungere la temperatura di regime, la potenza termica è ottenuta dallo scambiatore di calore in comune con il bruciatore a condensazione ausiliaria. Così, in queste condizioni è stata fatta l'ipotesi che il comportamento fosse il medesimo di quello di una caldaia a condensazione standard. Al fine di ottenere efficienza in tali condizioni, dal momento che la letteratura scientifica non riportava alcun riferimento, sono stati eseguiti test utilizzando una caldaia a condensazione collegata a uno scambiatore di calore con una temperatura di mandata impostata a 50 ° C e una temperatura di ritorno impostata a 30 ° C. In tale situazione la potenza di scambio termico è stata ridotta, passo dopo passo, attraverso una diminuzione di flusso secondario ed è stato misurato l'ingresso del gas. I risultati di questo test sono mostrati nella Tabella 6.7: utilizzando questi dati possiamo ottenere una relazione attraverso la quale è calcolata l'efficienza del bruciatore in funzione del carico termico e quando lo stesso bruciatore sta lavorando in modalità di accensione e spegnimento. Per calcolare l'efficienza del bruciatore ausiliario è stato adottato il metodo della norma UNI TS 11300-2 quando il bruciatore è in campo di modulazione, mentre in lavoro di accensione e spegnimento è stata utilizzata la stessa relazione ottenuta dai dati sperimentali. Regime Funzionamento continuo Funzionamento intermittente Potenza termica Portata Portata nello termica termica minima in scambiatore misurata modulazione di calore (kW) (kW) (kW) Fattore di carico (%) Rendimento (%) 6,3 6,3 6,7 100 106,3 6,3 6,7 4,2 62 101,05 6,3 7 2 30 96,15 6,3 7,3 1,8 27 92,59 6,3 7,7 1,7 25 87,1 6,3 7,8 1,5 23 85,99 6,3 8 1,4 21 84,69 Tab. 6.7: Dati motore Stirling a Tmed=40°C Per calcolare il rendimento totale nel caso in cui la potenza supera quella massima che riesce a erogare il bruciatore Stirling è stata fatta una media ponderata: Per fare in modo che la potenza totale erogata sia di 24 KW è stata imposta a 17,2 KW la potenza del bruciatore supplementare quando in realtà ha una potenza di 18 KW. Per il calcolo del rendimento elettrico e della potenza elettrica prodotta si è costruito un grafico con sulle ascisse la portata termica calcolata rispetto al potere calorifico superiore, ottenuta dividendo la potenza termica erogata all’acqua per il rendimento rispetto al PCS, e in ordinata la potenza elettrica prodotta in Watt (fig. 6.32). Figura 6.32-Grafico potenza elettrica – potenza gas lorda Facendo un’interpolazione logaritmica del grafico, è stata ottenuta l’equazione: Questa equazione permette di calcolare la produzione elettrica in funzione della potenza termica erogata dal bruciatore Stirling. Per potenze inferiori alla minima (Pmin = 3,5 kW), dove si ha un funzionamento intermittente del bruciatore Stirling è stata considerata una produzione elettrica nulla. Questa è una condizione cautelativa, dato che potrebbe esserci una produzione elettrica anche in queste condizioni se i periodi di accensioni sono abbastanza lunghi, tuttavia non era possibile con il modello costruito riuscire a determinare il numero di accensioni e la loro durata. Un’altra ipotesi semplificativa è stata quella di non considerare la dipendenza della potenza elettrica dalla temperatura media dell’acqua: questo non è vero, ma tale dipendenza non dovrebbe influire in maniera rilevante, viste le temperature di funzionamento. In ogni caso questa ipotesi può essere eliminata implementando una relazione fra potenza elettrica e temperature di funzionamento. 6.2.5 Metodo di implementazione del rendimento della caldaia a condensazione nel foglio di calcolo Per quanto riguarda la caldaia a condensazione, per il calcolo del rendimento termico è stato utilizzato interamente il metodo dell’appendice B della norma UNI TS 11300-2 partendo dai dati nella Tabella 6.8. Caldaia Luna 3 system HT Potenza termica massima caldaia (kW) 24 Potenza termica minima caldaia (kW) 6,8 Potenza termica intermedia (kW) 0 Rendimento a potenza termica massima (%) 97,6 Rendimento a potenza termica minima (%) 107,5 Perdite al mantello a bruciatore spento (% della potenza max) 0,6 Perdite a bruciatore spento (% della potenza max) 0,7 Tab. 6.8-Potenze e rendimenti caldaia a condensazione 6.2.6 Metodo di implementazione del rendimento del sistema ibrido nel foglio di calcolo Come si è visto nel capitolo 4, le pompe di calore aria-acqua sono soggette a un abbassamento di rendimento causato dall’innescarsi dei cicli di sbrinamento in funzione dell’umidità esterna: in Figura 6.33 è riportato l’andamento del COP in funzione di temperatura esterna già esaminato nel capitolo 4. Tale andamento è stato ricavato sperimentalmente in un lavoro di Vio et al. ed è anche confermato da Chen e Guo. Uno degli obiettivi del presente lavoro era quello di ripetere tali prove su una pompa di calore nota per poi applicare questi risultati alle simulazioni dinamiche, tuttavia al momento questa attività è ancora in corso e allora si è deciso di ipotizzare per la pompa di calore presa in esame lo stesso andamento trovato in letteratura e successivamente validare sperimentalmente questi risultati ed eventualmente applicare le correzioni necessarie. La pompa di calore esaminata è la Altherma della Daikin modello ERLQ0116BAV3, che è sicuramente una delle macchine con le prestazioni più alte presenti in questo momento sul mercato e rappresenta perciò lo stato dell’arte di quanto disponibile per operare un intervento come quello analizzato in questo lavoro. Figura 6.33-COP con sbrinamento in funzione della temperatura e dell’umidità relativa dell’aria esterna Nelle Figure 6.34 e 6.35 sono riportati i dati di potenza elettrica assorbita e potenza termica resa forniti dal costruttore per varie temperature di mandata in funzione della temperatura esterna e l’andamento del COP a 50 °C di temperatura di mandata: come si può vedere non vengono forniti dati in funzione dell’umidità relativa dell’aria esterna e non è osservabile l’andamento a gradino che segna l’innesco dei cicli di sbrinamento. Questo avviene perché al momento ancora non esiste una norma di prova per ricavare tali dati e neanche una norma che imponga di tenerne conto nel calcolo del rendimento stagionale. Esaminando l’andamento della Figura 6.33 è chiaro tuttavia che trascurare questo fenomeno ha un’influenza molto importante sul rendimento stagionale, visto il grande abbassamento che è possibile osservare. Figura 6.34-Dati di potenza della pompa di calore presa in esame Figura 6.35-Andamento COP della pompa di calore presa in esame In questo lavoro si sono perciò ricavate le curve di COP in funzione di temperatura esterna e umidità, ipotizzando che la pompa di calore presa in esame avesse lo stesso andamento di quella esaminata nel lavoro. L’ipotesi che è stata fatta è che l’andamento del COP per UR 90% e fino al punto di innesco dello sbrinamento fosse quello riportato dal costruttore e così è stato possibile ricavare una parte della curva, ricavando poi le altre curve traslando quelle disponibili in letteratura: il risultato è mostrato in Figura 6.36 Figura 6.36-Andamento COP della pompa di calore presa in esame Queste curve sono state poi interpolate mediante equazioni polinomiali di ordine 3, che garantiscono un’ottima coincidenza, e utilizzando queste equazioni si è costruito il foglio di calcolo da abbinare al Trnsys dove vengono calcolate le potenze termiche, elettriche e primaria sia per la caldaia che per la caldaia di integrazione (Figura 6.37). Il foglio prende in input la temperatura esterna, l’umidità relativa, la potenza richiesta e le temperature di mandata e di ritorno e fornisce in output la potenza elettrica assorbita e la potenza termica fornita dalla pompa di calore e la potenza termica e la portata termica della caldaia a condensazione. Il foglio inoltre è stato realizzato in tre versioni che potessero simulare tre logiche di funzionamento. Fig 6.37-Modello di calcolo delle prestazioni del sistema ibrido Logica 1: la caldaia di integrazione si attiva quando la potenza della pompa di calore non è sufficiente a soddisfare la potenza richiesta. Dato che è stata scelta una pompa di calore che incrocia la curva di fabbisogno ciò avverrà indicativamente per temperature più basse di 4°C, come è visibile in Figura 6.38 dove sono riportate la curva di potenza della pompa di calore e quella del fabbisogno dell’edificio. Naturalmente nelle simulazioni si tiene conto anche di aspetti tipicamente dinamici come apporti gratuiti, transitori di partenza e così via e perciò la situazione potrebbe poi non essere precisamente quella visibile nelle curve che però, come già detto nel capitolo 4, servono nel processo di abbinamento del sistema generatore-edificio. Figura 6.38-Curve di potenza dell’edificio e della pdc 11 kW (azzurro) e 13 kW (verde) Logica 2: la pompa di calore viene disattivata quando la temperatura esterna scende sotto i 5 °C. In questa maniera si cerca di evitare che la pompa di calore funzioni con rendimenti più bassi di quelli della caldaia, ma operando su un solo parametro questo non è garantito. Come si può vedere dalla Figura 6.11 anche sotto i 5 °C esistono condizioni per cui il COP è maggiore di 2,2 che è il limite sotto il quale il rendimento in energia primaria scende sotto il 100% (con un fattore di conversione dell’energia elettrica in energia primaria pari a 2,174). Se la potenza della pompa di calore non è sufficiente, anche se la temperatura è maggiore di 5°C, viene attivata la caldaia di integrazione in parallelo. Questo tipo di logica è stata implementata nel foglio di calcolo mediante alcune funzioni logiche inserite nelle celle visibili in Figura 6.39: la descrizione dell’algoritmo utilizzato è la seguente. Figura 6.39-Inserimento logica 2 nel foglio di calcolo Nella casella “Tipo di logica” viene assegnata una cifra a seconda del tipo di funzionamento in cui si trova il sistema secondo il seguente algoritmo - La Temperatura esterna, inserita dal Trnsys in input nella casella “Temperatura esterna”, viene confrontata col valore 5°C e si possono avere due casi o La temperatura è minore di 5°C: in questo caso deve essere verificato se la potenza disponibile dalla pompa di calore è sufficiente e si hanno altre due possibilità. Si: tutta la potenza deve essere soddisfatta dalla pompa di calore e viene assegnata la cifra 1 No: la caldaia deve fornire la potenza di integrazione e viene assegnata la cifra 2 o La temperatura è maggiore o uguale a 5°C: deve funzionare solo la caldaia e viene assegnata la cifra 3 Nella casella “Potenza istantanea” della riga del calcolo del rendimento della caldaia viene definita qual’è la potenza assegnata alla caldaia a secondo di quale è la cifra presente nella casella “Tipo di logica”. o Se la cifra è 1 il valore della casella viene posto uguale a 0 e tutta la potenza termica viene soddisfatta dalla pompa di calore. In questo caso la potenza erogabile dalla pompa di calore è più alta di quella del fabbisogno in input e perciò la potenza elettrica della pompa di calore viene calcolata dividendo la potenza del fabbisogno per il COP. o Se la cifra è 2, il valore della casella viene calcolato come differenza fra il valore di potenza in input e quello disponibile dalla pompa di calore. In questo caso la potenza erogabile dalla pompa di calore è più bassa di quella del fabbisogno in input e perciò la potenza elettrica della pompa di calore viene calcolata dividendo la potenza della pompa di calore per il COP. o Se la cifra è 3, il valore della casella viene posto uguale a quello della potenza istantanea necessaria che viene in input dal Trnsys. In questo caso la potenza elettrica della pompa di calore viene posta uguale a 0. Logica 3: la pompa di calore viene attivata quando il suo rendimento in energia primaria è maggiore del 100 %. Questa logica consente di avere una maggiore probabilità di utilizzare il generatore più efficiente nelle varie condizioni di utilizzo, ma rende necessario operare mediante l’acquisizione di temperatura e umidità relativa esterne. Questo tipo di logica è stata implementata nel foglio di calcolo mediante alcune funzioni logiche inserite nelle celle visibili in Figura 6.40: la descrizione dell’algoritmo utilizzato è la seguente. - La potenza erogabile dalla pompa di calore nelle condizioni istantanee di umidità relativa e temperatura esterna (ricevuti in input dal Trnsys) viene confrontata con quella di fabbisogno (input) e si possono avere due casi. o La potenza della pompa di calore è maggiore del fabbisogno: in questo caso deve essere verificato se il rendimento della pompa di calore è maggiore di un valore impostato a 100% e si hanno altre due possibilità. Si: tutta la potenza deve essere soddisfatta dalla pompa di calore e viene assegnata la cifra 1 No: la caldaia deve fornire tutta la potenza necessaria e viene assegnata la cifra 2 o La potenza della pompa di calore è minore del fabbisogno e anche in questo caso si deve verificare se il rendimento della pompa di calore è maggiore di un valore impostato a 100% e si hanno due ulteriori possibilità. Si: la caldaia deve fornire la potenza di integrazione e viene assegnata la cifra 3. No: la caldaia deve fornire tutta la potenza necessaria e viene assegnata la cifra 4 Figura 6.40-Inserimento logica 2 nel foglio di calcolo La casella “Funzionamento solo caldaia” avrà il valore - VERO: se il valore della casella “Tipo di logica” è uguale a 2 o 4 - FALSO: se il valore della casella “Tipo di logica” è uguale a 1 o 3. Nella casella “Potenza istantanea” della riga del calcolo del rendimento della caldaia viene definita qual’è la potenza assegnata alla caldaia a secondo di quale è il contenuto della casella “Funzionamento solo caldaia e della cifra presente nella casella “Tipo di logica”. o Se il contenuto della casella “Funzionamento solo caldaia” è VERO, il valore della casella viene posto uguale a quello della potenza istantanea necessaria che viene in input dal Trnsys. In questo caso la potenza elettrica della pompa di calore viene posta uguale a 0. o Se il contenuto della casella “funzionamento solo caldaia” è FALSO viene valutato il valore della casella “Tipo di logica” e si possono avere due casi La cifra è 1 il valore della casella viene posto uguale a 0 e tutta la potenza termica viene soddisfatta dalla pompa di calore. In questo caso la potenza erogabile dalla pompa di calore è più alta di quella del fabbisogno in input e perciò la potenza elettrica della pompa di calore viene calcolata dividendo la potenza del fabbisogno per il COP. La cifra è 3, il valore della casella viene calcolato come differenza fra il valore di potenza in input e quello disponibile dalla pompa di calore. In questo caso la potenza erogabile dalla pompa di calore è più bassa di quella del fabbisogno in input e perciò la potenza elettrica della pompa di calore viene calcolata dividendo la potenza della pompa di calore per il COP. 6.2.7 Elaborazione degli output L’elaborazione degli output viene operata mediante tre componenti del Simulation Studio: l’Integratore e la Stampante e il Plotter Integratore: nel caso del microCHP l’integratore è composto da due componenti, il Type 24 e il Type 55 (fig 6.39). Fig. 6.39: integratori Il Type 24 integra nel tempo le grandezze istantanee provenienti dal generatore e le trasmette alla stampante. Le grandezze integrate sono: La potenza netta La potenza lorda (potenza netta / rendimento) La potenza elettrica La potenza termica fornita dalla caldaia di integrazione nel caso del generatore ibrido Il Type 55 è un operatore matematico che esegue diverse operazioni tra le quali quella di fare integrali parziali su intervalli di tempo stabiliti dall’utente. Con questo operatore è stato possibile ottenere come risultato l’energia elettrica prodotta per ogni ora dell’anno espressa in kWh. Nel caso della caldaia è presente solo il Type 24 che integra la potenza netta e la potenza lorda. Stampante: il componente stampante non fa altro che creare un file di testo con i risultati degli operatori integrali (fig 6.40). Questo tipo di componente permette di scegliere con quale intervallo di tempo stampare i risultati, ad esempio ogni mese oppure ogni ora. Fig. 6.40: Modelli stampante Plotter: composto dal solo modello Type 65d, è utilizzato per visualizzare le variabili di sistema selezionate mentre la simulazione è in corso. Nei layout ci sono diversi Type 65d ma l’unico utilizzato per generare i grafici è quello che visualizza le seguenti grandezze: Temperatura esterna Temperatura ambiente dove è presente il termostato (soggiorno piano terra) Potenza netta Contatore accensioni generatore: è un macro-componente presente solo nel caso di microCHP unico periodo di accensione, che serve appunto a contare quante volte il termostato accende il generatore per confrontare i due casi di radiatori più o meno sovradimensionati (fig. 6.41). Fig. 6.41 Capitolo 7 Analisi dei risultati 7.1 Risultati simulazioni e confronto fra i vari regimi di funzionamento per la microCHP Nella tabella 7.1 sono riassunti i risultati ottenuti attraverso le simulazioni eseguite con i radiatori con sovradimensionamento leggero. Energia Energia termica primaria in uscita consumata (kWh) (kWh) Caldaia a condensazione in terzo regime Micro CHP in terzo regime Caldaia a condensazione in secondo regime Micro CHP in secondo regime Caldaia a condensazione in primo regime Micro CHP in primo regime Rendimento termico stagionale (%) 19870,3 19101,4 104,03 19870,3 20704,4 95,97 22537,9 21652,2 104,09 22537,9 23678,4 95,18 26448,2 25454,19 103,91 26448,2 27601,3 95,82 Rendimento elettrico stagionale (%) Rendimento globale (%) Energia elettrica prodotta (kWh) Costi annuali energia (euro) Risparmi annuali (euro) 2.137,10 8,40 104,37 1738,8 1.901,55 235,55 2.315,66 9,44 104,62 2235,4 2.010,40 305,25 2.581,79 8,20 104,02 2262,7 2.279,55 302,24 Tab. 7.1-Risultati simulazioni per la microCHP e la caldaia a condensazione Nella tabella sono state calcolate anche le spese annuali per l’energia considerando un consumo elettrico annuo di 4000 KWh, con un costo del KWh elettrico di 0,2 euro e un costo del kWh gas pari a 0,07 euro. Si è calcolato inoltre il risparmio che si otterrebbe con il microCHP ipotizzando un regime di scambio sul posto precedente al Gennaio 2009. Andando a confrontare i risultati del microCHP passando dal triplo periodo di accensione all’ unico periodo di accensione si possono fare alcune osservazioni. 1- Il consumo di energia primaria aumenta, e questo è dovuto essenzialmente al fatto che la macchina rimane accesa per più tempo durante la giornata. 2- Pur rimanendo circa costante il rendimento totale medio stagionale, diminuisce il rendimento termico e aumenta il rendimento elettrico. Questo si può spiegare osservando i due diagrammi riportati in Figura 7.1 e 7.2 che rappresentano l’andamento della potenza erogata e delle temperature ambiente ed esterna per una simulazione di due giorni di gennaio. Come si può osservare dai grafici, nel primo caso si vede che la potenza media erogata è maggiore che nell’unico periodo di accensione, questo indica che aumenta la potenza erogata dal bruciatore ausiliario. La potenza elettrica generata è sempre la stessa lavorando sempre alla massima potenza dello stirling, quindi il rendimento elettrico diminuisce. Dato che il bruciatore ausiliario ha un rendimento termico maggiore dello stirling, più lavora e più tende ad aumentare il rendimento termico globale visto che aumenta il suo peso. Dato che aumenta la produzione elettrica ed il rendimento, si vede che il risparmio che si ottiene rispetto ad una caldaia a condensazione è maggiore nel caso dell’unico periodo di accensione rispetto al triplo. Fig. 7.1: Andamento potenza microCHP triplo periodo di accensione leggero Fig.7.2 - Andamento potenza microCHP unico periodo di accensione leggero 3- Passando ad osservare i risultati ottenuti tenendo il generatore sempre acceso, si vede che il consumo di energia primaria aumenta in maniera significativa. In questo caso c’è anche una diminuzione del rendimento totale che passa dal 104,62 % dell’unico periodo di accensione al 104,02 %, dovuto principalmente ad una sensibile diminuzione del rendimento elettrico non compensato da un piccolo aumento del rendimento termico. Andiamo a motivare queste osservazioni esaminando il grafico in Figura 7.3 dove anche in questo caso sono plottati l’andamento della potenza e delle temperature per due giorni di gennaio. Fig.7.3 - Andamento potenza microCHP sempre acceso leggero Come si può vedere dal grafico, in questo caso c’è un elevatissimo numero di accensioni e spegnimenti, dovuto però non al regime di conduzione ma dal fatto che una volta raggiunta la temperatura di 21°C (20°+1) il termostato spegne il generatore per poi riaccenderlo quando scende sotto ai 19°C (20°-1) e questo avviene in intervalli di tempo molto più brevi rispetto ai casi precedenti. Ogni volta che il generatore riparte lo fa alla massima potenza visto che l’acqua ha il tempo di raffreddarsi quindi la potenza media è più alta soprattutto rispetto l’unico periodo di accensione, e questo provoca un forte abbassamento del rendimento elettrico per i motivi visti in precedenza. Il problema della diminuzione del rendimento totale, come si può osservare dalla tabella, esiste soltanto per il microCHP e non per la caldaia a condensazione, questo perché il rendimento che si abbassa fondamentalmente è soltanto quello elettrico. Dal punto di vista economico, si vede come il maggior risparmio si ottiene nel caso dell’unico periodo d’accensione dove si ha il massimo del rendimento elettrico e la macchina sta accesa per parecchio tempo quindi ha il tempo per generare molta energia elettrica. 7.2. Confronto in termini di domanda di energia primaria e di emissioni di CO2 Al fine di valutare la riduzione della domanda di energia primaria è necessario considerare che una certa quantità di energia viene utilizzata dalla centralina del sistema microCHP per la produzione di elettricità, e quindi il confronto deve prendere in considerazione anche la quantità di energia non consumata dalla rete. Figura 7.4 – Confronto in termini di energia primaria Nella figura 7.4 viene mostrato il confronto tra l 'unità del sistema microCHP, la caldaia a condensazione e la caldaia a gas che era in funzione nella casa prima della sostituzione. Il raffronto è stato elaborato considerando la modalità di funzionamento continuo (primo regime) e prendendo in esame il fattore 2,174 per ciò che concerne la conversione dell'energia elettrica in energia primaria. I risultati mostrano che l'unità di sistema microCHP è in grado di registrare una forte riduzione della domanda di energia primaria rispetto alla caldaia ad efficienza standard (-27,3%) e a quella a gas a condensazione (-9,9%). Figura 7.5 – Confronto in termini di emissioni di CO2 La stessa metodologia è stata usata per calcolare le emissioni di CO2 e i risultati sono mostrati in Figura 7.5: i valori di emissione considerati sono stati 0,2 kg/kWh per il metano e 0,433 kg/kWh per l’energia elettrica dalla rete (valori da AEEG). 7.3 Risultati simulazioni per sistema ibrido Per valutare l’influenza delle logiche di funzionamento e di altri parametri sulle prestazioni del sistema ibrido sono state eseguite diverse simulazioni con le seguenti configurazioni. 1. Sistema con pompa di calore 11 kW e con integrazione sulla potenza: il sistema di integrazione (elettrico o con caldaia) interviene quando la potenza erogata dalla pompa di calore non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno termico dell’edificio per fornire solo la potenza mancante. 2. Sistema con pompa di calore 11 kW che viene disattivata sotto la temperatura di 4 °C e con integrazione sulla potenza: il sistema di integrazione funziona in parallelo con la pompa di calore quando la potenza non è sufficiente e fornisce tutta la potenza sotto i 4°C di temperatura esterna. 3. Sistema con pompa di calore 11 kW che viene disattivata quando il suo rendimento in energia primaria scende sotto il valore del 100 %. Come negli altri casi il sistema di integrazione fornisce in parallelo la potenza necessaria quando quella della pompa di calore non è sufficiente. 4. Sistema come 2, ma con temperatura limite di attivazione posta pari a 0 °C. 5. Sistema con pompa di calore come 3, ma con pompa di calore da 13 kW che ha quindi una temperatura bivalente più bassa e conseguentemente un maggiore campo di temperature in cui può soddisfare il fabbisogno termico. I risultati delle simulazioni sono mostrati in Tabella 7.2 Energia edificio En. termica caldaia/ integrazione Energia termica PdC Percentuale Energia funz. PdC primaria PdC Energia primaria Rendimento Rendimento caldaia/ caldaia PdC integrazione Rendimento globale COP Sistema con integrazione elettrica PdC 1 Sistema con integrazione elettrica PdC 2 Logica 1 PdC 1 Logica 2 PdC 1 Tlim=4 Logica 3 PdC 1 26455,2 26455,2 26455,2 26455,2 26455,2 6897,7 4573,2 6897,7 14796,2 15204,7 19557,5 21882,0 19557,5 11659,0 11250,5 73,9% 82,7% 73,9% 44,1% 42,5% 17658,5 19970,9 17658,5 9504,8 8769,6 14995,0 9941,7 6753,4 14426,0 14802,0 102,14% 102,57% 102,72% 110,75% 122,66% 128,29% 2,41 2,67 2,79 81,0% 88,4% 108,4% 110,5% 112,2% Logica 2 PdC 1 Tlim=0 Logica 6 PdC 2 26455,2 26455,2 8377,1 14401,1 18078,1 12054,1 68,3% 45,6% 16063,6 9460,1 8202,7 14015,3 102,13% 102,75% 112,54% 127,42% 2,45 2,77 109,0% 112,7% Tabella 7.2-Risultati simulazioni per il sistema ibrido Osservando questi risultati si possono fare le seguenti considerazioni. - Il sistema solo pompa di calore con integrazione elettrica ha un rendimento molto basso e di fatto non è applicabile a questo tipo di intervento: infatti anche scegliendo la pompa di calore più potente per limitare l’intervento dell’integrazione di fatto il rendimento globale rimane molto basso a causa dell’abbassamento del COP a temperature basse e umidità elevate. - La logica di funzionamento 1 raggiunge un minore rendimento globale, ma comunque molto più alto rispetto al sistema con integrazione elettrica - La logica di funzionamento 3 raggiunge il rendimento globale più elevato, ma la differenza rispetto alla logica 2 non è elevata. Visto che l’implementazione di questa logica necessita della misura dell’umidità relativa esterna è da valutare se ciò è vantaggioso in termini economici. - Il sistema con logica di funzionamento 3, ma pompa di calore più potente non migliora in maniera significativa il rendimento globale e perciò non è conveniente adottare una macchina più potente, ma anche più costosa. - Utilizzando la logica di funzionamento 2 è preferibile adottare come temperatura bivalente il valore 4 °C rispetto a 0 °C, dato che ciò fa guadagnare 1,5 % sul rendimento. Nella Tabella 7.3 sono mostrati i risultati della simulazione 3 divise per mesi ed è possibile osservare bene come l’andamento della percentuale di utilizzo e del rendimento della pompa di calore diventi molto critico nei mesi di Gennaio e Febbraio, sicuramente più freddi e verosimilmente anche umidi. Energia edificio Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Ottobre Novembre Dicembre 6692,6 4797,7 2656,1 816,1 51,7 844,3 4169,9 6426,8 En. termica caldaia/ integrazione Energia termica PdC 4780,5 2725,2 1183,2 272,3 2,8 111,0 1924,0 4205,7 1912,1 2072,5 1472,9 543,8 48,9 733,3 2245,9 2221,1 Percentuale Energia funz. PdC primaria PdC 28,6% 43,2% 55,5% 66,6% 94,6% 86,9% 53,9% 34,6% 1607,5 1678,2 1098,7 400,0 34,6 519,5 1651,9 1779,3 Energia primaria Rendimento Rendimento caldaia/ caldaia PdC integrazione 4661,1 2652,9 1145,7 262,9 2,7 107,0 1869,0 4100,8 102,6% 102,7% 103,3% 103,6% 102,7% 103,8% 102,9% 102,6% 119,0% 123,5% 134,1% 136,0% 141,5% 141,2% 136,0% 124,8% Rendimento globale COP 2,59 2,68 2,91 2,96 3,08 3,07 2,96 2,71 106,8% 110,8% 118,3% 123,1% 138,6% 134,8% 118,4% 109,3% Tabella 7.3-Risultati mensili della simulazione per la configurazione 3 7.4 Confronto fra i generatori analizzati in termini di rendimento globale Per effettuare un confronto fra il rendimento globale di generazione dei vari generatori esaminati è necessario scegliere le configurazioni più rappresentative delle varie simulazioni effettuate nei vari casi. Soprattutto si è deciso di prendere in considerazione le configurazioni che hanno dato i migliori risultati in modo da valutare le varie tecnologie nelle condizioni migliori e stimare così i maggiori benefici ottenibili. Per la microCHP si è deciso di prendere in considerazione perciò la configurazione col secondo regime di accensione, mentre per il sistema ibrido la configurazione 3: anche se la configurazione 6 ha un rendimento leggermente maggiore questo non è giustificato dal maggiore investimento necessario. Inoltre è stato inserito nel confronto anche il generatore esistente nell’edificio in esame, che è una caldaia a gasolio con rendimento 80 %. Per la microCHP dato che l’energia della combustione viene utilizzata per produrre energia elettrica, per effettuare il calcolo del rendimento questa energia elettrica, moltiplicata per il fattore di conversione in energia primaria, è stata sottratta all’energia ricavata dalla combustione. In Figura 7.6 si può vedere il confronto da cui emerge che la microCHP ha il rendimento maggiore, ma in ogni caso anche il sistema ibrido è in grado di fornire un grande innalzamento di rendimento rispetto alla tecnologia esistente e anche rispetto alla caldaia a condensazione che è la tecnologia di riferimento. Fig. 9.1 - Confronto in termini di rendimento di generazione Capitolo 8 Conclusioni In questo lavoro è stato esaminato un intervento di riqualificazione energetica su un edificio esistente, costituito da una villetta unifamiliare costruita negli anni 70 nella periferia di Milano effettuata mediante la sostituzione del generatore esistente per il riscaldamento ambiente con la migliore tecnologia disponibile sul mercato e confrontandola con l’adozione di generatori di nuova concezione e di tipo innovativo che sono al momento nella fase di prima introduzione. I generatori esaminati sono stati un’unità di micro cogenerazione domestica di tipo Stirling e un sistema ibrido integrato pompa di calore-caldaia a gas. L’analisi è stata condotta mediante la realizzazione di un modello dinamico del sistema edificio impianto nel programma di simulazione oraria TRNSYS. Dalle analisi condotte è emerso che i generatori di ultima generazione sono in grado di ottenere una significativa diminuzione del fabbisogno di energia primaria dell’edificio esaminato e sono state individuate le migliori combinazioni dei parametri esterni e delle logiche di funzionamento per massimizzare questo vantaggio. La fattibilità di questo tipo di intervento è molto importante perché costituisce forse il miglior metodo di intervento di riqualificazione sugli edifici esistenti, dato che spesso quelli sulle strutture edilizie possono essere non fattibili o avere costi di realizzazione molto più alti. Nel caso invece degli interventi analizzati la sostituzione del generatore esistente può essere eseguita con limitati costi di installazione. Lo studio presentato in questo lavoro proseguirà con le seguenti attività. - Effettuazione di misure sperimentali sull’andamento del rendimento di una pompa di calore aria-acqua in funzione di temperatura e umidità e confronto con i dati interpolati utilizzati in questo lavoro al fine di effettuare le correzioni necessarie e migliorare il modello. - Studio teorico e modellazione di un tipo di generatore ibrido di seconda generazione realizzato in un unico involucro e con possibilità di utilizzare il generatore a combustione per riscaldare l’aria di alimentazione della pompa di calore (funzionamento in serie) al fine di risolvere il problema dello sbrinamento e migliorare l’efficienza di quest’ultima. - Valutazione delle prestazioni stagionali di questo generatore ibrido integrato mediante l’implementazione nel modello TRNSYS realizzato. - Valutazione dell’effetto del nuovo regime di scambio sul posto sui risultati economici della microCHP mediante lo scambio di dati fra il TRNSYS e un programma specifico di calcolo per gli impianti fotovoltaici della MC4 modificato per ricevere dati in input in forma oraria. 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