1a parte open school assemblatore A scuola con PC Open Assemblatore provetto, la CPU e il dissipatore Quando è il caso di aggiornare il processore e come si sostituisce? Ecco come si risolvono i problemi in fase di installazione, con un approfondimento sui dissipatori Corso allegato a PC Open Il corso ASSEMBLATORE BASE pubblicato lo scorso anno lo trovate in formato PDF sul CD Guida 2 di questo mese di Flavio Nucci a questo numero riparte il corso di assemblatore, in quattro puntate fino a settembre, nelle quali riprenderemo e svilupperemo alcuni temi che andranno a completare la prima parte, pubblicata lo scorso anno, che trovate in PDF sul CD. La prima puntata è dedicata all’installazione del processore e del dissipatore e dei problemi che si possono verificare se il montaggio di questi due componenti non è eseguito correttamente. Una sezione è dedicata all’aggiornamento della CPU, in modo particolare per quanto riguarda le caratteristiche di compatibilità con la scheda madre. Ci soffermeremo anche sull’aggiornamento D dei computer con componenti che ormai non esistono più sul mercato, per esempio lo Slot 1 dei Pentium II o III e i Socket 370. Finiamo la puntata con un’analisi tecnica dei problemi causati dal surriscaldamento, il motivo per cui si usano le paste termiche tra CPU e dissipatore, cercando di delineare un quadro completo del mercato, evidenziando le differenze di prezzo tra dissipatori e paste che a prima vista sembrano essere uguali. IL CALENDARIO DELLE LEZIONI Lezione 1: LA CPU E IL DISSIPATORE a. Identificare il processore b. Aggiornamento: problemi e soluzioni c. Il dissipatore Lezione 2: Il disco fisso Lezione 3: La scheda video Lezione 4: Gli standard di connessione Pronti per il nuovo nome? Abituati ormai al model number di AMD, dovremo fare i conti con la nuova mossa di Intel. Scompaiono i GHz anche dai processori Intel del futuro (che rimarranno visibili nelle specifiche tecniche del processore). Tre le tipologie di processori: entry level, intermedi e di gamma alta identificabili tramite una lettera D (desktop) e M (mobile) e da una sigla composta da tre cifre, 300 per i Celeron, 500 per i Pentium 4 Prescott e 700 per gli Extreme Edition o i Pentum M. 1a parte open school assemblatore 1 ll processore a sostituzione o aggiornamento del processore non è un’operazione difficile per quanto riguarda l’installazione fisica, basta qualche precauzione per evitare di danneggiare il componente ed un paio di comuni utensili da lavoro. Il problema più grande si riscontra quando la super scheda madre, comprata uno o due anni fa con un notevole sacrificio economico, non riconosce o non è più compatibile con il processore che si vuole L acquistare o, peggio ancora, si è acquistato. E ciò si verifica in molti casi più di quanto si possa pensare: nei vari forum su Internet e anche nei messaggi di posta elettronica che arrivano in redazione capita di leggere di utenti che hanno tale problema. Il non riconoscimento del processore è principalmente una questione di aggiornamento del BIOS. Le informazioni del processore che appaiono nella schermata iniziale all’avvio del PC sono ricavate da un database nel BIOS, la scheda confronta le informazioni ricevute dal processore e le compara con quelle del database. Recuperare le informazioni del sistema Se si ha qualche dubbio sulla configurazione del proprio computer che nemmeno la consultazione del manuale della scheda madre è riuscito a CPU-Z è una utility gratuita che esamina la CPU e visualizza un rapporto delle caratteristiche dell’architettura I parametri essenziali per valutare una CPU Frequenza di funzionamento: espressa in GHz indica la velocità di funzionamento del processore FSB (Front Side Bus): connessione fra il processore e i sottosistemi come la memoria, il chipset, i dispositivi PCI, l’interfaccia AGP e l’input/output. Cache: memoria interna del processore: la L1 è più piccola e veloce, la L2 più ampia e lenta. Alcuni processori hanno anche un terzo livello L3. Calcolata in KB. Socket: alloggiamento del processore, ne esistono diversi tipi Socket 478 per Intel, socket A e 940 e 754 per AMD Come si calcola la frequenza di un processore x frequenza bus di sistema (FSB) = frequenza di funzionamento CPU Moltiplicatore interno dissipare si può ricorrere a delle utility software specializzate in questo compito. AMD (www.amd.com/us-en/Process o r s / Te c h n i c a l R e s o u r ces/0,,30_182_871_2364,00.htm l ) e Intel (http://support.intel.com/support/processors/to ols/frequencyid/index.htm) offrono delle utility che identificano modello e frequenza del processore. Tra i programmi freeware segnaliamo CPU-Z, utilizzato da molti siti e riviste per visualizzare le caratteristiche del processore, e PC Wizard che analizza ed esegue dei benchmark per misurare le prestazioni del sistema. Tra l’altro PC Wizard è in grado di generare dei rapporti in formato testo, HTML, PDF e RTF. 2 Aggiornare la CPU: le caratteristiche da valutare e le caratteristiche coincidono con uno specifico modello allora il nome del processore e la sua frequenza operativa saranno mostrati correttamente, altrimenti nel BIOS apparirà un’informazione generica e scorretta. Ma non è detto che ciò impedisca al sistema di funzionare. Per esempio dopo l’aggiornamento da una CPU Duron a un Athlon XP 2100+. la nostra scheda madre ha visualizzato una stringa d’informazione di una CPU sconosciuta della famiglia Duron però con la corretta frequenza di funzionamento di 1.733 MHz. Il problema, come abbiamo anticipato, è risolvibile aggiornando il BIOS ma non è detto che questo sia possibile per tutte le schede madri. I produttori spesso non rilasciano aggiornamenti se la scheda è troppo datata, oppure non sono disponibili perché la società nel S frattempo è scomparsa dal mercato, Lucky Star per fare un nome. Controllare che ci sia il giusto alloggiamento L’altro motivo dell’incompatibilità tra scheda madre e processore è la differenza di piattaforma tecnologica. Le varie famiglie dei processori Athlon e Athlon XP (Thunderbird, Palomino, Thoroughbred e Barton) hanno mantenuto una sola caratteristica in comune, lo zoccolo Socket A, mentre è cambiata la frequenza di funzionamento del bus la quale moltiplicata per il fattore di moltiplicazione interno determina la velocità del processore. Per inciso tutti i nuovi processori, sia di AMD che di Intel, hanno il fattore di moltiplicazione fisso per limitare l’uso dell’overclocking tramite l’aumento del fattore. Per esempio i primi proces- sori Athlon XP Thunderbird funzionavano con una frequenza di bus, l’FSB, di 200 MHz, qualche mese dopo erano disponibili le versioni con bus a 266 MHz. Mettiamo per ipotesi di voler cambiare il nostro processore da 2.000 MHz e bus a 200 MHz con uno della stessa frequenza ma con bus a 266 MHz, un bus più veloce migliora le prestazioni del sistema in quanto nello stesso tempo trasporta una maggiore quantità di informazioni dalla memoria al processore. Il discorso del cambio di frequenza dell’FSB è valido anche per i processori di Intel, i primi Pentium 4 funzionavano con una frequenza FSB di 400 MHz, negli ultimi l’FSB è salito a 800 MHz. Intel a differenza di AMD ha modificato il disegno dello zoccolo, in origine era a 423 pin successivamente aumentati a 478. La transizione è avvenuta gradualmente con l’uscita di una versione del Willamette a 478 pin che per un certo periodo ha coesistito con la versione a 423 pin, la quale poi è stata definitivamente abbandonata con l’introduzione dei Pentium 4 Northwood. A complicare la situazione si aggiunge il passaggio del tipo di package da PPGA (Plastic Pin Grid Array ) a FC-PGA (Flip Chip Pin Grid Array) per le CPU Intel su Socket 370. Nell’FCPGA il circuito di silicio si trova nella parte superiore del chip in modo da trovarsi a contatto con il dissipatore e migliorare la dissipazione termica, nel PPGA il circuito è nella parte rivolta verso la scheda madre. Oltre a ciò vi sono alcune piccole differenze nella definizione dei piedini che fanno si che un chip PPGA possa funzionare su un socket per FC-PGA ma non il contrario. Tutta la produzione attuale di Intel è su Socket 478, pertan- 1a parte open school assemblatore Scoprire se la scheda madre supporta un processore più recente • Consultare il manuale per valutare le specifiche della scheda madre, socket, FSB supportati • Visitare il sito Internet per verificare se è disponibile un nuovo BIOS to i possessori di schede madri con Socket 423 non hanno la possibilità di aggiornare il loro sistema con gli ultimi processori di Intel a meno di non recuperare sul mercato dell’usato o delle aste on line un processore a 428 pin più veloce di quello in loro possesso o ricorrere a particolari adattatori come tratteremo più avanti nell’articolo. Nella tabella in basso abbiamo riassunto le principali caratteristiche di FSB di diversi modelli e famiglie dei processori prodotti da Intel e AMD. Frequenze errate Che cosa succede quando installiamo una CPU su una AMD Athlon XP Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB (MHz) AMD Duron Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB (MHz) AMD Athlon 64 FX Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB (MHz) AMD Athlon 64 Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB (MHz) Intel Pentium 4 Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB tecn. Quad Pump (MHz) Intel Celeron Architettura Fabbricazione (micron) Cache L2 (KB) Socket FSB tecn. Quad Pump (MHz) piattaforma che non la supporta? La cosa più probabile è scoprire increduli che la frequenza del nuovo processore mostrata dal BIOS è inferiore alla precedente. Ciò accade perché il nuovo processore dotato di un FSB di frequenza superiore richiede un fattore di moltiplicazione minore per raggiungere i 2.000 MHz: 2.000/200=10, 2.000/266=7,5 arrotondato. Nota, l’esempio non ha riferimento alcuno con le reali velocità e fattori di moltiplicazione, è solo per dimostrazione. La nuova CPU funzionerà a circa 1.500 MHz anziché a 2.000. Per portare il nuovo processore alla sua frequenza nominale di funzionamento è necessario aumentare l’FSB a 266 MHz e qui o l’architettura del chipset supporta la frequenza oppure si deve sostituire la scheda madre. C’è un altro fattore da tenere in considerazione ed è la versione del circuito stampato della scheda madre, il PCB (Printed Circuit Board). A volte esistono diverse versioni della stessa scheda madre con ca- Barton 0,13 512 A 400 (200*2) Barton 0,13 512 A 333 (166*2) Morgan 0,18 64 A 200 (100*2) Spitfire 0,18 64 A 200 (100*2) Thoroughbred-B 0,13 256 A 333 (166*2) ratteristiche di PCB diverse e non tutte supportano gli stessi processori, o possono richiedere BIOS diversi. L’immagine sopra, presa dal sito di ECS, mostra le combinazioni di scheda, PCB e BIOS che supportano le CPU di Athlon XP. La versione di PCB è riportata sulla scheda madre stampata su un’etichetta o serigrafata con la dicitura “Ver. xx” o simile. Non è difficile da trovare, l’etichetta bianca incollata risalta sullo sfondo scuro della scheda e i caratteri della serigrafia sono più grandi delle altre scritte. In caso di difficoltà consultate la sezione di supporto tecnico sul sito del produttore, di solito nella parte dedicata alle domande più Thoroughbred-B 0,13 256 A 266 (133*2) Thoroughbred-A 0,13 256 A 266 (133*2) Clawhammer doppio canale di memoria a 128 bit 0,13 1024,0 940 400 (200*2) Clawhammer 0,13 1024,0 754 400 (200*2) Newcastle singolo canale di memoria a 64 bit 0,13 512 754 400 (200*2) Willamette 0,18 256 423 400 (100*4) Northwood 0,13 512 478 400 (100*4) Willamette 0,18 128 478 400 (100*4) Northwood 0,13 256 478 400 (100*4) Northwood A 0,13 512 478 533 (133*4) Northwood A 0,13 512 478 800 (200*4) Prescott 0,09 1024,0 478 800 (200*4) frequenti è indicata la posizione del numero PCB. Se a questo punto pensate che la sostituzione dei processori sia un’operazione azzardata sappiate che non è così. In pratica ci sono pochi passi da fare, il primo è consultare il manuale della scheda madre dove si trovano le informazioni inerenti le capacità della scheda, processori supportati e frequenza dell’FSB. Il secondo consiste nell’andare sul sito del produttore della scheda e controllare se sono state rilasciate nuove versioni del BIOS che supportano i processori usciti recentemente. In caso non troviate le informazioni che vi interessano spedite un messaggio di posta elettronica al supporto tecnico. Il terzo è individuare sulla base dei dati ricavati dai precedenti due passi il processore che si può installare. Considerate che oltre alla CPU può essere necessario sostituire la memoria. Esiste una relazione tra le prestazioni e le velocità di FSB del processore e bus della memoria. Per esempio abbiamo acquistato un sistema composto da una CPU con FSB a 266 e memorie DDR 266, leggendo le specifiche del chipset scoprite che il chipset supporta i processori con FSB a 333 MHz e decidete di cambiarlo con una CPU avente questa caratteristica. Eseguite un test e notate che le prestazioni hanno avuto un incremento risibile. L’incongruenza sta nel processore che è sì in grado di ricevere una quantità maggiore di informazioni (333 MHz moltiplicato 8 bit che è la dimensione del bus fanno un totale di 2,6 GB/sec di dati trasferiti) ma il componente che gli passa i dati, la memoria, riesce a fornirne al massimo 2,1 GB/sec (266 MHz moltiplicato 8 Byte). Per avere un sistema bilanciato dovete cambiare la memoria con dei moduli DDR 333. 1a parte open school assemblatore 3 Sostituire il processore bbiamo individuato finalmente il processore e siamo pronti a installarlo nel computer. Per questa operazione ci A servono pochi e comuni attrezzi: un cacciavite a stella per aprire il telaio e uno con lama a taglio che può servire per rimuovere il dissipatori sui Socket di tipo A e quelli con struttura simile. Pulite e sgombrate l’area intorno al computer, lasciateci solo gli attrezzi, procuratevi una bustina di ma- teriale antistatico da usare come base di appoggio del processore. Staccate il cavo di alimentazione elettrica dalla rete. Rimuovere e installare il dissipatore 1 2 3 4 1. La prima operazione è rimuovere il dissipatore. Nei Socket 7, 370 e A il meccanismo di blocco è una linguetta metallica con una parte mobile incernierata che attraversa il dissipatore al centro e si fissa a due sporgenze dello zoccolo. Per rimuovere un dissipatore per Socket 7, A e 370 si deve premere verso il basso la parte mobile e spostarla verso l’esterno, in questa operazione ci si può aiutare con un cacciavite a lama piatta 2. Fate attenzione in questa fase, se non esercitate la giusta pressione e forzate lo spostamento della parte incernierata correte il rischio di rompere o rovinare la parte sagomata del Socket. Anche i Socket 754 e 940 di AMD utilizzano un sistema di ritenzione con una lamella metallica che attraversa il corpo centrale del dissipatore, bloccata da un sistema a leva. Per sbloccarlo si deve sganciare la leva dal blocco, ruotarla sul perno e quindi liberare la linguetta dalle sporgenze che si trovano sulla parte fissata alla scheda madre. 3. I Socket 478 e 423 usano solitamente un meccanismo di ritenzione con due leve ai lati del dissipatore le quali esercitano la pressione sul processore. Per rimuovere il dissipatore sganciate prima le due leve, poi premete uno alla volta i quattro punti di ancoraggio e con l’ausilio di un cacciavite a lama apritelo verso l’esterno in modo che il sistema di aggancio si liberi. 4. Ripetete l’operazione con i rimanenti ancoraggi. Alcuni dissipatori utilizzano un sistema di fissaggio con una parte mobile sulla falsariga di quello per i Socket A. 5 5. Altri non dispongono delle leve ma le manovre per la rimozione sono identiche, bisogna solo esercitare una maggiore pressione per riuscire a liberare i bracci agganciati alla parte fissa. 6. Tutti i tipi di socket citati hanno un meccanismo di inserimento della CPU denominato ZIF (Zero Insertion Force), cioè i contatti non offrono alcuna resistenza meccanica all’inserimento. Il socket è composto da due parti, una fissa e una mobile comandata da una levetta sul fianco del socket. Per togliere o inserire il processore dallo zoccolo si deve spostare leggermente verso l’esterno la levetta e poi ruotarla verso l’alto, la parte mobile trasla di qualche mm liberando i piedini del processore dalla pressione dei contatti che si trovano sulla parte fissa. 6 7 8 7. Fatto ciò inserite il processore facendo attenzione al punto di riferimento. Tutti i processori hanno un simbolo particolare che identifica la posizione del piedino n° 1, idem i Socket. 8. Prima di prendere in mano il processore toccate una qualsiasi parte metallica per scaricare eventuali cariche elettrostatiche e afferratelo per i bordi senza toccare i piedini di metallo. Inseritelo nel Socket badando che i due simboli siano allineati e riportate la leva nella posizione iniziale. Non forzate in alcun modo l’inserimento, se la CPU non entra agevolmente significa che l’allineamento è sbagliato o la CPU ha qualche piedino leggermente piegato. In questo caso osservate i piedini, tutte le file devono essere perfettamente allineate, se non lo sono ripristinate l’allineamento con l’aiuto di un qualsiasi strumento con una punta fine e una lente d’ingrandimento. 1a parte open school assemblatore Dopo aver applicato il materiale termoconduttivo come descritto nella sezione dell’articolo dedicata a rimettete il dissipatore. Per i Socket 7, A e 370 appoggiate il dissipatore sulla CPU, agganciate la parte fissa della linguetta metallica alle sporgenze del socket, premete la parte mobile in sequenza prima verso il basso e poi verso l’interno, l’operazione è grossomodo la stessa per il dissipatore sui Socket 754 e 940 di AMD. Con i dissipatori per i processori Intel dotati di sistema di bloccaggio a leva premete verso il basso i quattro punti di ancoraggio uno alla volta sino al loro aggancio con la parte fissa e poi ruotate le due leve. Per i dissipatori con il me- Risolvere i problemi più diffusi Dopo aver installato la CPU e riavviato il computer è possibile che lo schermo rimanga nero, il computer non dia segni di vita, o che funzioni per qualche istante e poi si spenga, oppure che funzioni in modo lento. Per prima cosa controllate le connessioni alla scheda madre. Spesso l’alimentazione della scheda è in prossimità del processore e capita talvolta durante le operazioni di estrarre il connettore nonostante il sistema di blocco. Osservate se la scheda grafica è inserita completamente nello slot AGP. todo di blocco simile a quello del Socket A agganciate prima la parte fissa e poi premete verso il basso la parte incernierata. Se la scelte del processore e la sua installazione Quindi controllate che il dissipatore sia montato correttamente e che la ventola ruoti regolarmente. A volte può essere una questione di parametri scorretti. Provate a installare la vecchia CPU, modificate i parametri di funzionamento in base alla nuova, salvate i dati e spegnete completamente il computer. Inserite la nuova CPU e riavviate. Un altro mezzo è ripristinare i parametri di sicurezza che consentono alla scheda di avviarsi con alcune impostazioni particolari che consentono il funzionamento con qualsiasi CPU. Nel nostro laboratorio un sistema si è riavviato dopo mezz’ora di spegnimento, probabilmente a causa di cariche elettrostatiche che in questo periodo si sono annullate. sono state fatte correttamente il sistema dovrebbe riavviarsi correttamente, al limite rimane da impostare la frequenza di FSB nel caso si sia passati per esempio da un processore con FSB da 133 MHz a uno con 166 MHz. Il parametro di solito si trova nella pagina BIOS Advanced Chipset Features, Power BIOS Features, CPU PnP Setup page o simili. 4 Accessori speciali nche i possessori di vecchi computer con socket 423, 370 o addirittura con i precedenti Socket 5 o 7, hanno la possibilità di aggiornare i loro sistemi. Naturalmente c’è un limite, non si possono installare un P4 Nothwood con FSB a 800 su un Socket 370, ci sono troppe differenze tecnologiche e nessun adattatore può rimediarvi. Inoltre l’impiego di un adattatore può portare a problemi di funzionamento. I processori hanno delle specifiche di segnale talmente stringenti che una loro infinitesimale variazione crea problemi di stabilità. Nella posta tecnica abbiamo ricevuto numerose segnalazioni a riguardo, specie con gli SSA (Slot to Socket Adapter) che consentono di installare una CPU per Socket 370 su A 9 uno Slot 1. A riguardo riportiamo alcune affermazioni di Intel: 1) L’SSA deve essere raccomandato dal produttore della scheda madre per la specifica combinazione di processore e scheda madre 2) L’SSA non deve alterare in nessun modo le specifiche elettriche, meccaniche e termiche del processore 3) Intel non legittima l’uso dell’SSA con le sue schede madri o con schede di altri produttori. In generale quelli che danno maggiori problemi sono gli adattatori economici costruiti con componenti economici che degradano rapidamente nelle caratteristiche o con caratteristiche al limite senza margini di sicurezza. Ci sono però produttori che forniscono adattatori di qualità anche in kit completi di processore, uno dei più noti è indubbiamente PowerlLeap www.powerleap.com. Nella pagina principale del sito è disponibile un’utility che tramite un browser Microsoft analizza il sistema e propone gli aggiornamenti, l’utility è scaricabile in forma di file eseguibile per quei sistemi che hanno browser di altri siIl risultato del programma di PowerLeap che analizza il computer e indica gli aggiornamenti possibili Gli adattatori danno la possibilità, entro certi limiti, di installare su un vecchio computer una CPU più recente stemi operativi. Nella figura 9 è visibile il risultato dell’analisi del nostro computer e l’aggiornamento proposto e allo stesso tempo viene data un’idea precisa della configurazione del sistema. Un’avvertenza: le informazioni sulla configurazione sono salvate in un database di PowerLeap per uso interno, una procedura che comunque non installa spyware come abbiamo potuto rilevare da una scansione eseguita con Ad-aware. Un altro produttore specializzato in aggiornamenti con un particolare orientamento verso le CPU AMD è Upgradeware (www.upgradeware.com). Valutate attentamente se è il caso di ricorrere a un adattatore, aggiungere un processore nuovo a un sistema datato quasi sempre non porta ai risultati sperati. Il telaio di una Panda con un motore Ferrari non è in grado di sfruttarne tutta la potenza. Inoltre considerate i costi, un adattatore per Socket 370 con un processore Pentium III a 1,1 GHz è venduto da PowerLeap a circa 160 dollari. Il prezzo di una configurazione media con un Athlon XP 2500+, scheda madre Gigabyte GA-7VT600-L e 512 MB di DDR 333 costa circa 234 euro mentre per una configurazione con una CPU Celeron 2,6 GHz, scheda madre Asus P4S8X-X e 512 MB di DDR 400 è circa 248 euro. In queste due però troviamo le ultime tecnologie, ATA-133, USB 2.0 per esempio, che di sicuro non sono presenti nella configurazione su cui andrà installato l’adattatore. 1a parte open school assemblatore 5 Il dissipatore, differenze di costruzione e schermate blu all’avvio del computer, gli errori di Kernel, di VXD, di file non trovati, di GUI (Graphics User Interface) corrotte, i blocchi improvvisi senza motivo apparente molto spesso sono da far risalire ad un’unica causa, un processore non adeguatamente raffreddato. I processori moderni con i loro milioni di transistor e frequenze di funzionamento nell’ordine di grandezza di Gigahertz (miliardi di operazioni al secondo) devono gestire veloci transitori di temperatura, approssimativamente circa 60° in un secondo. I moderni processori dispongono di sistemi di rilevazione interna che riducono la frequenza di funzionamento o spengono il sistema quando la temperatura raggiunge livelli pericolosi per la sua incolumità. L Gli elementi di un dissipatore La vita dei componenti elettronici è legata alla temperatura di funzionamento, una temperatura costantemente al limite la può dimezzare. Una condizione di temperatura eccessiva si verifica a causa di un errato dimensionamento del dissipatore, un guasto alla ventola oppure un montaggio meccanico del dissipatore non eseguito al meglio. I principi che regolano la costruzione dei dissipatori sono: ottenere la maggiore superficie di dissipazione possibile e disporla in un modo che possa disperdere in modo efficiente il calore tramite un flusso d’aria forzato con una ventola o per semplice convezione. I dissipatori odierni hanno una struttura composta da una base di discreto spessore, la parte a contatto con il processore e da una serie di alette che partono dalla base e sulle quali poggia una ventola. La dimensione delle alette e il loro numero, la dimensione della ventola e la sua velocità di rotazione sono i fattori che determinano la capacità di smaltimento di calore del dissipatore. Oggi si tende a costruirli di grandi dimensioni, con numerose alette e una ventola di diametro elevato a bassa velo- cità per ridurre il rumore di funzionamento. Una ventola grande ha bisogno di ruotare meno velocemente per produrre un flusso d’aria adeguato per dissipare il calore delle alette, e il rumore dell’aria mossa a bassa velocità è praticamente impercettibile. Nei cataloghi dei vari produttori si trovano dissipatori che sembrano uguali in tutto e per tutto nell’aspetto ma hanno prezzi notevolmente diversi. Differenze tra dissipatori La prima differenza è data dal materiale impiegato per la costruzione. L’alluminio la fa da padrone grazie alle buone caratteristiche termiche, meccaniche che lo rendono facile da lavorare e per il basso costo del materiale all’origine. Per caratteristiche termiche intendiamo la velocità di trasferimento del calore, la quale è direttamente collegata alla conduttività elettrica del materiale. I dissipatori più costosi sono in genere realizzati completamente in rame o con una combinazione di rame, la base, e alluminio, le alette. Il rame è un metallo con caratteristiche termiche migliori dell’alluminio ma è più difficile da lavorare e ha un prezzo d’acquisto superiore. Un secondo fattore è la qualità di costruzione. Nei dissipatori costosi la base a contatto con il processore è sottoposta a lappatura, una lavorazione di precisione con materiali abrasivi finissimi che elimina le irregolarità della superficie metallica e migliora l’accoppiamento con il processore. Ci sono ventole e ventole Le ventole economiche hanno un albero motore che ruota all’interno di una boccola costruita con un materiale poroso impregnato di lubrificante. In inglese si chiamano sleeve bearing fans, il corrispettivo in italiano è bronzina. Un dissipatore di questo tipo costa 5-12 euro. In quelle più costose l’albero motore ruota all’interno di un cuscinetto a sfera, in inglese ball bearing. Un dissipatore con cuscinetto costa 10-15 eu- Un metodo per diminuire il rumore prodotto dalle ventole è alimentarle a una tensione inferiore alla nominale che di solito è 12 V. Dai fili rosso e giallo si può ottenere una tensione di 7 V come mostrato dal tester ro. Qui c’è da fare un’ulteriore distinzione. L’albero motore ha due supporti, nelle ball bearing in genere solo uno dei due ha il sistema di supporto realizzato su cuscinetto, l’altro è ancora su bronzina. Le ventole con due cuscinetti sono indicate come dual ball bearing (20-80 euro). Rispetto alle bronzine l’affidabilità dei cuscinetti è molto superiore. Il sistema a bronzina è maggiormente soggetto al consumo per attrito, nel tempo aumenta il gioco tra l’albero e la bronzina e la ventola diventa più rumorosa e arriva a bloccarsi. Lo stesso può accadere con i cuscinetti ma con un ordine di grandezza di anni rispetto ai mesi delle bronzine (riferiti a un periodo di funzionamento continuo senza interruzioni). Un’altra caratteristica dei dissipatori di qualità è la silenziosità di funzionamento, ottenuta grazie ad una conformazione ottimizzata delle pale e delle alette del blocco dissipatore che riduce il rumore dell’aria. Rendere una ventola più silenziosa I migliori registrano una rumorosità molto vicina ai 18 db, il valore di fondo presente in un normale ambiente. Se avete una ventola particolarmente rumorosa c’è un semplice trucco che permette di renderla più silenziosa e consiste nel ridurre la velocità di rotazione diminuendo la tensione di alimentazione. La premessa è che il sistema è applicabile ai computer che non fanno un uso costante e impegnativo della CPU, categoria in cui rientrano i computer per Internet e da ufficio. La tensione di alimentazione A sinistra un esemplare di bronzina, conosciuta anche con il nome di boccola, a destra un cuscinetto Le ventole dotate di un sistema tachimetrico di rilevazione della velocità sono identificabili dalla presenza di un cavo di collegamento con tre fili più bassa si ricava dai connettori di alimentazione per i dischi fissi e le unità ottiche. Il connettore ha quattro fili, i due neri: sono la massa, il giallo il +12 V e il rosso +5 V. Tagliate circa a metà i due fili che dalla scheda portano l’alimentazione alla ventola del dissipatore, di solito hanno i colori rosso e nero. Collegate il rosso al filo giallo e il nero al filo rosso, con questo sistema la ventola è alimentata a 7 V (+12 –(+5) = +7) come si può vedere dal tester nella figura in alto. Se la ventola non ruota la connessione non è stata eseguita correttamente, manca l’alimentazione oppure si è sbagliata la polarità del collegamento. A differenza dei normali motori elettrici in corrente conti- 1a parte Due esempi di materiale termoconduttivo. ll dissipatore in allumino a sinistra utilizza un pad mentre su quello a destra in rame è steso un sottile strato di pasta bianca nua se si sbaglia la polarità la ventola non gira in senso opposto, non funziona. processore scaldatosi eccessivamente a causa di un guasto non rilevato. Il segnale tachimetrico Accertarsi che il dissipatore sia aderente alla CPU Normalmente le ventole che si trovano sui dissipatori prendono l’alimentazione dalla scheda madre tramite un connettore a tre fili, due dei quali portano la tensione dalla scheda madre alla ventola mentre il terzo porta un segnale tachimetrico dalla ventola alla scheda. È per mezzo di questo segnale che la scheda è in grado di rilevare la velocità di rotazione e allo stesso tempo controllarne il funzionamento. Il segnale tachimetrico riportato dalla ventola è una tensione il cui valore è in rapporto alla velocità di rotazione, l’assenza di tensione è interpretata dalla scheda madre come un guasto alla ventola. Alcuni BIOS includono una funzione di allarme che attiva un segnale sonoro quando non arriva il segnale tachimetrico, la relativa opzione si trova nella pagina che mostra lo stato dell’hardware. La presenza del segnale tachimetrico può essere verificata senza aprire il computer, basta entrare nella pagina del BIOS che mostra lo stato dell’hardware. Se non è mostrata la velocità di rotazione significa che la ventola non dispone di una sezione tachimetrica oppure, caso raro ma non impossibile, che il BIOS non sia predisposto. In qualche ventola economica il circuito tachimetrico non è presente per risparmiare nel processo costruttivo. Meglio spendere qualche euro in più per una ventola adeguata piuttosto che affrontare una significativa spesa per sostituire il Nonostante il processo di lappatura, l’accoppiamento tra il processore e il dissipatore non è mai perfetto, rimangono delle microscopiche asperità di superficie le quali riducono l’efficienza nel trasferimento del calore. Per ovviare a questo inconveniente si fa ricorso a particolari materiali viscosi che si infiltrano nelle asperità e hanno la capacità di trasferire il calore. Materiali che si trovano in commercio sotto forma di pasta oppure foglietti adesivi (pad- cuscinetto), e sono composti da una base di silicone o altri materiali a cui è stato aggiunto un materiale termoconduttivo. Ci sono altre cause oltre all’asperità delle superfici di contatto che riducono l’efficienza del trasferimento di calore, uno di questi è la defor- A causa del calore, il pad si scioglie e quando si toglie il dissipatore una parte del materiale termoconduttivo rimane sulla CPU. Per riutilizzarlo si deve asportare il pad e al suo posto mettere della pasta termoconduttiva 1a parte La schermata del BIOS che mostra lo stato della temperatura della CPU e in cui è possibile attivare l’allarme che segnala il raggiungimento di una temperatura pericolosa per il processore open school assemblatore adattano senza problemi ai vari tipi di package e dissipatori. I pad e le paste pregiate in genere sono in PCF (Phase Change Film), un materiale che passa dallo stato solido a quello semisolido sotto l’effetto del calore. La composizione è un polimero a cui è aggiunto un materiale termicamente conduttivo e rinforzato con l’inserimento di fibre di vetro per aumentarne la rigidità. I van- Le temperature raggiungibili dai diversi processori Processore max temp. AMD Duron Spitfire/Morgan AMD Athlon XP Barton AMD Athlon XP Palomino AMD Athlon XP Thoroughbred AMD Athlon XP Thunderbird AMD Athlon 64 e 64 FX 90° 85° 90° 85°-90° 90°-95° 70° Intel Pentium 4 Willamette/Northwood/Prescott Intel Celeron Willamette/Northwood 67°-75° 68°-76° mazione a cui sono soggetti tutti i metalli sottoposti a calore a causa della dilatazione termica. Un materiale che mantiene una viscosità elevata non riesce ad adeguarsi alle deformazioni e si formano delle zone in cui la superficie del dissipatore non è a contatto con il processore. In condizioni di alta temperatura operativa la composizione chimica di alcuni tipi di materiali si altera provocando una separazione del materiale termoconduttivo e il polimero e di conseguenza in una degradazione delle caratteristiche di trasferimento termico. Le economiche paste al silicone sono afflitte da questo problema. Le paste di qualità possiedono delle ottime caratteristiche meccaniche, una stabilità della composizione nel tempo e agli effetti del calore unite ad un’elevata efficienza nel trasferimento del calore. Le paste termiche hanno una maggiore flessibilità di utilizzo rispetto ai pad in quanto si taggi del PFC sono l’ottima capacità di conformarsi alle variazioni delle superfici grazie alla modifica dello stato e la struttura rinforzata che contribuisce alla protezione del circuito di silicio dagli shock meccanici. I PFC hanno tuttavia alcune limitazioni. L’efficienza nel trasferimento termico è influenzata dalla combinazione chimica tra polimero e il materiale termicamente conduttivo. La scelta del tipo di materiale termoconduttivo è incentrata sul fatto che il suo passaggio dallo stato solido a quello viscoso avvenga prima del raggiungimento della temperatura operativa di funzionamento. Quindi i materiali utilizzati saranno diversi secondo le caratteristiche della CPU e non sempre si riesce ad ottenere chimicamente una combinazione con le migliori caratteristiche di trasferimento termico. Quando la CPU entra in regime termico di funzionamento il materiale dei pad passa ad uno stato semisolido e forma un corpo unico con la CPU, quando si rimuove il dissipatore una parte del materiale rimane sopra il processore. Un dissipatore con pad, PCF o no, non può essere riutilizzato per un altro processore a meno che non si rimuova lo strato di materiale PCF con metodi non abrasivi e al loro posto si utilizzi una pasta termica. Lo strato di pasta non deve essere eccessivamente spesso, è errato pensare che più ce n’è e meglio è. Il dissipatore è tenuto in posizione da un sistema di ritenzione che esercita una pressione calcolata esattamente per ottenere il miglior contatto, e il miglior rendimento termico, tra la base metallica del dissipatore e il delicato circuito di silicio senza arrivare a livelli di pressione che potrebbero danneggiare il circuito o il package in cui è inglobato. Un eccessivo uso di pasta impedisce alle due parti di stabilire un contatto tra le superfici in contatto e la pasta sotto pressione espandendosi si distribuisce sul processore, alcune paste con componenti metalliche potrebbero mettere in corto circuito i componenti presenti sulla superficie del package. Anche questo è un problema che affligge in modo particolare le paste a base siliconica. La regola è di stendere uno strato di pasta molto sottile e il più uniforme possibile solo nell’area di contatto. Prima di applicare la pasta è indicato pulire accuratamente le superfici. Per il dissipatore si può utilizzare dell’alcol, per il processore è meglio ricorrere a prodotti che non lasciano residui come l’alcol isopropilico. Le paste termiche non sono velenose per cui anche se ci si sporca le mani non c’è da preoccuparsi, una lavata con acqua e sapone basta per asportare il materiaI dissipatori possono avere fogge diverse e talvolta bizzarre ma la loro conformazione è il risultato della ricerca per una migliore dispersione di calore le dalla pelle. Tuttavia non è detto che facciano bene quando entrano in contatto con parti delicate come la bocca o gli occhi, evitate di toccare queste parti del corpo mentre state lavorando. Se dopo l’applicazione della pasta termica rilevate che la temperatura del dissipatore è aumentata non preoccupatevi, significa che l’efficacia del sistema di dissipazione è aumentata e la CPU sta trasferendo una maggiore quantità di calore al dissipatore. Potete verificarlo nella pagina dello stato dell’hardware nel BIOS (PC Health Status) nella voce Current CPU temperature, o simile. Qual è la temperatura ottimale della CPU? I produttori di CPU specificano qual è la massima temperatura raggiungibile dal chip che non è consigliabile superare la temperatura ottimale di funzionamento. La regola generale è che i chip non hanno problemi a funzionare a basse temperature, anzi funzionano meglio in quanto la resistenza interna diminuisce e diminuisce di conseguenza il calore sviluppato. La resistenza dei materiali conduttori al passaggio della corrente non è fissa ma in relazione alla temperatura, diminuisce quando è bassa e aumenta quando è alta. Nella tabella in questa pagina abbiamo riassunto le temperature massime supportate dai più diffusi chip di AMD e Intel per i computer desktop. Nelle nostre prove eseguite con parametri di funzionamento normale, senza overclock del processore, e dissipatori standard, abbiamo rilevato una temperatura media di funzionamento circa la metà di quella massima specificata. Per esempio 37° per un Athlon 64 (massimo 70°) e 48° per un Athlon XP Thoroughbred (massima 90°). Abbiamo accennato all’inizio dell’articolo che i processori hanno al loro interno un cir- 1a parte open school assemblatore a livelli normali PROCHOT# viene disattivato e la CPU riportata alla massima frequenza. Il secondo diodo interviene quando la temperatura raggiunge un livello pericoloso per l’integrità del chip, in questo caso la CPU manda un segnale THERMTRIP# al sistema per l’immediato spegnimento. Questo è l’unico comportamento nei sistemi AMD, lo spegnimento immediato, non è previsto nessun metodo di regolazione della frequenza per abbassare il consumo e la dissipazione. conduttori metallici è di base un movimento di elettroni. Quando la quantità di elettroni mossa diventa considerevole, gli atomi non riescono a mantenere la loro posizione originaria e si muovono accumulandosi in un’altra parte del conduttore mentre la parte privata di atomi si assottiglia. Il calore accelera l’elettromigrazione. In un conduttore la resistenza cresce all’aumentare della temperatura perché il calore diminuisce la forza dei legami dell’elettrone con il nucleo dell’atomo, gli elettroni liberi hanno però un moto disordinato che contrasta la forza che li muove e contribuisce allo spostamento degli atomi. A questo si aggiunge l’incremento del calore nel punto assottigliato causato dall’aumento di resistenza, la quale è inversamente proporzionale alla dimensione del conduttore. Un circolo vizioso che alla fine ha come unica conseguenza la distruzione del conduttore. L’eccesso di temperatura inoltre può provocare dei danni allo strato isolante posto sotto ai transistor che impedisce la dispersione delle cariche elettriche. Cosa succede quando il processore si scalda troppo I sistemi di raffreddamento alternativi Si verificano due fenomeni. Il primo è l’elettromigrazione, lo spostamento di materia per effetto della corrente elettrica. Le piatte e sottili connessioni interne del processore sono attraversate da correnti di elevata intensità e la corrente nei Il gruppo dissipatore-ventola non è l’unico metodo per raffreddare la CPU, ne esistono altri molto più efficienti e costosi: i sistemi ad acqua o con compressore. Nel raffreddamento ad acqua il dissipatore è posto all’interno di un contenitore stagno collegato a due tubi, uno per l’ingresso dell’acqua raffreddata ed uno per l’uscita dell’acqua riscaldata. Il liquido, che può essere acqua o un composto speciale con migliori caratteristiche di trasferimento del termico, è mosso da una pompa posizionata in un’unità esterna e alimentata dalla rete elettrica a 220 V.L’unità esterna include anche il radiatore e il ventilatore per il raffreddamento del liquido. Il raffreddamento con compressore segue lo stesso principio del frigorifero domestico, un tale sistema è in effetti un piccolo frigorifero. Il gas refrigerante pompato Quando la termperatura del chip raggiunge livelli critici, nei processori Intel si attiva il cosiddetto segnale PROCHOT# che modula il segnale di clock abbassando la frequenza cuito di rilevamento della temperatura. Il circuito è un diodo che ha la caratteristica di modificare la resistenza interna in relazione alla temperatura. La temperatura mostrata nella sezione che riporta lo stato dell’hardware della scheda madre è calcolata da un apposito circuito di controllo sulla motherboard che la ricava dalla comparazione della tensione all’uscita del diodo con la tensione di riferimento applicata al diodo. Il diodo è presente nelle CPU di Intel sino dai tempi del Pentium Pro mentre nei chip AMD ha fatto la sua comparsa con la famiglia degli Athlon XP. Non tutte le schede madri per XP però supportano correttamente il diodo di AMD, in molte è ignorato e la temperatura è rilevata da una sonda termica posta sotto al processore. La differenza tra la temperatura rilevata dalla sonda e quella reale del chip può superare i 10°. L’unico metodo per controllare quale dei due sistemi è impiegato è controllare le specifiche della scheda madre. AMD e Intel utilizzano due diversi metodi di gestione del diodo. Nei Pentium 4 i diodi sono due, oltre a quello che segnala la temperatura alla CPU ve n’è un altro situato in prossimità delle unità di calcolo, il punto più caldo del processore. Quando la temperatura supera un limite prestabilito l’unità di controllo attiva il segnale PROCHOT# che modula il segnale di clock riducendo il numero di cicli e abbattendo il consumo di circa il 50 per cento. Nella figura in basso è visibile l’andamento dei cicli di clock con PROCHOT# attivo. Quando la temperatura ritorna In commercio, sui siti Internet specializzati si possono trovare dissipatori con una doppia ventola oppure soluzioni dalla forma fantasiosa come quella a lato dal compressore entra ad alta pressione in un condensatore (la serpentina dietro al frigorifero) dove si raffredda cedendo il calore accumulato nella compressione e asportato dal componente da raffreddare (cella frigorifera o CPU) e torna allo stato liquido. Dal condensatore il liquido entra in una valvola che ne abbassa la pressione e la temperatura e prosegue passando per una serpentina a contatto con la parte da raffreddare. Qui asporta il calore abbassando la temperatura, la prossima destinazione del liquido è il compressore dove riprende il ciclo dall’inizio. I due sistemi, acqua e compressore sono molto efficienti ma hanno l’inconveniente del prezzo e della difficoltà di montaggio. Il più economico dei sistemi ad acqua è vicino ai 100 euro e se si fa qualche errore nell’assemblaggio ci si ritrova con il case pieno d’acqua, il refrigerante evapora, e il processore danneggiato. Le unità esterne occupano spazio, a meno di non procurarsi un telaio apposito con lo spazio previsto. C’è un altro metodo che non è propriamente un sistema di raffreddamento ma un ausilio, la cella di Peltier. Si tratta di un componente a forma di piastrina con due fili da collegare a una sorgente di alimentazione in corrente continua. La cella è formata da due conduttori di diverso materiale che quando sono attraversati da corrente continua si comportano come una pompa di calore, un lato assorbe il calore mentre l’altro lo cede. Su lato caldo va posto un dissipatore, o un qualsiasi altro sistema di raffreddamento, che asporti il calore. Il problema principale della cella di Peltier è la formazione di condensa sul lato freddo a seguito della presenza di umidità nell’aria. I rimedi a questo sono l’annegare il processore in uno strato di schiuma isolante o di silicone, una soluzione che magari risolve il problema ma di certo non facilita le operazioni quando si vorrà cambiare la CPU. In generale questi sistemi sono utilizzati per l’overclocking, con un processore funzionate alle impostazioni standard non sono necessari. 2a parte open school assemblatore A scuola con PC Open Assemblatore provetto, l’hard disk Lo spazio richiesto per salvare i file e i programmi è sempre maggiore. Impariamo a installare un disco fisso e a sfruttare le potenzialità del RAID di Flavio Nucci l disco fisso è un dispositivo di memorizzazione magnetica dei dati. È composto da uno o più piatti ricoperti da uno strato di materiale magnetico il cui numero dipende dalla capacità complessiva del disco e dalla densità di registrazione (ovvero la quantità di dati che si possono memorizzare sulla superficie del piatto). I dati sono scritti sotto forma di bit, ossia segnali logici che possono avere un valore di 0 o 1. I I piatti, le testine e l’attuatore I piatti sono imperniati su un albero motore che li fa ruotare a una velocità che dipende dalle caratteristiche del disco. La scrittura e lettura dei dati è effettuata dalle testine di lettura e scrittura fissate a una braccio incernierato, detto attuatore, che le sposta in senso trasversale rispetto al moto di rotazione. Le testine di lettura e scrittura durante il funzionamento sono tenute sollevate dal flusso d’aria generato dal piatto durante la rotazione. Poiché la distanza tra piatto e testine è nell’ordine dei milionesimi di millimetro è importante che la superficie del piatto sia la più liscia possibile in modo da impedire urti mecca- Il corso ASSEMBLATORE BASE pubblicato lo scorso anno è disponibile in formato PDF sul CD Guida 2 di questo mese nici che possono portare a gravi danni del disco (un sintomo è l’aumento costante nel numero dei settori rovinati). L’infinitesimale distanza tra la superficie del piatto e le testine spiega il motivo per il quale si deve evitare di spostare i dischi durante il funzionamento. È vero che la superficie del disco è protetta con due strati di materiale, uno protettivo e uno lubrificante per evitare questo inconveniente, ma nessuna protezione è in grado di assorbire l’energia di un impatto come quello che si verifica in seguito a un urto brusco. Un computer appoggiato troppo decisamente sul tavolo durante il funzionamento produce sul disco fisso le stesse conseguenze di un urto frontale di un auto contro un muro a 200 Km all’ora. Quando il disco non è alimentato le testine sono par- cheggiate in un’area esterna alla superficie del disco e tenute ferme da un meccanismo di ritenzione. Tuttavia un urto violento riesce ugualmente a spostarle dalla posizione e a farle urtare contro la superficie del disco. L’aumento della densità di registrazione significa che nella stessa quantità di spazio è registrata una superiore quantità di dati. Di conseguenza i bit si ven- Corso allegato a PC Open gono a trovare molto vicini tra loro e la testina ha il suo bel daffare per leggerli correttamente. La precisione nella lettura è influenzata da due fattori, la presenza di vibrazioni e il riscaldamento del disco. Le vibrazioni spostano la testina dal suo percorso di lettura mentre il riscaldamento provoca la dilatazione dei supporti di registrazione alterando le caratteristiche della superficie ol- IL CALENDARIO DELLE LEZIONI Lezione 1: Lezione 3: La CPU e il dissipatore La scheda video Lezione 2: IL DISCO FISSO - Installare un disco fisso - Il sistema operativo - Il RAID Lezione 4: Gli standard di connessione 2a parte open school assemblatore 1 tre a impattare sul campo coercitivo magnetico , la capacità di mantenere le informazioni magnetiche. Per questo è importante che il disco fisso sia fissato saldamente al telaio e disponga di uno spazio libero adeguato per consentire lo smaltimento del calore, tra l’altro il telaio funziona anche da dissipatore. Blocchi inspiegabili di funzionamento e perdita di prestazioni a causa della rilettura dei dati sono gli effetti causati da vibrazione e calore. Come quasi tutti i dispositi- vi per computer il disco fisso è sensibile alle scariche elettrostatiche, le quali possono portare a danni che vanno dal danneggiamento irreparabile dei circuiti a problemi di vario genere (errori nella lettura o trasferimento, corruzione dei dati nel buffer). Poche e basilari precauzioni sono sufficienti per evitarli. Estraete il disco fisso solo nel momento in cui dovete inserirlo nel telaio. Non prendetelo per la base ed evitate di toccare con la mano il circuito stampato del disco. 1 L’installazione fisica del disco fisso na breve guida in sei passaggi per installare un nuovo disco all’interno del telaio: come connettere il cavo di alimentazione e dei dati, gli attrezzi necessari i parametri da impostare nel BIOS e il corretto posizionamento dei ponticelli. U Il nécessaire (immagine 2). Questo è tutto quanto serve per installare fisicamente un disco fisso nel telaio; quattro viti, un cacciavite a stella con punta media, e un cavo di collegamento a 80 poli. Un cacciavite elettrico sarebbe indubbiamente più comodo ma i modelli economici sono privi della regolazione della forza di torsione e un’errata regolazione potrebbe rovinare la filettatura della vite impedendo un fissaggio corretto. Inoltre i cacciaviti elettrici sono ingombranti e con alcuni tipi di telaio in cui i dischi si trovano incassati all’interno non sono utilizzabili. Il BIOS (immagine 3). I BIOS hanno una sezione dedicata ai dischi fissi nella quale è possibile impostare manualmente la caratteristiche del disco o lasciare al BIOS il compito di rilevarne le caratteristiche. Si trova di solito nella prima voce del BIOS, la Standard CMOS Features. Nella pagina sono visualizzate le periferiche collegate ai due controller EIDE, selezionando con i tasti cursore la periferica che interessa e premendo il tasto Invio si entra nella sotto pagina nella quale è possibile determinare il tipo di rilevazione, manuale o automatica. Conviene impostare, o lasciarla impostata nel caso lo fosse, la procedura automatica di riconoscimento. I ponticelli (immagine 4). Nella parte posteriore del disco trovate i ponticelli di configurazione posizionati tra il cavo di collegamento al controller EIDE e il cavo di alimentazione. Lo schema è in genere riportato in un’etichetta sul disco stesso. Questo è lo schema di un Seagate ST3120024A. Cortocircuitando i ponticelli 1 e 2 si limita la capacità del disco a 32 GB, si utilizza solo nel caso in cui si installi il disco in un vecchio computer che non supporta capacità superiori. I piedini 7-8 fanno sì che il disco venga identificato dal BIOS come master mentre la modalità slave è ottenuta lasciando liberi tutti i piedini. I piedini 5-6 attivano la modalità di Cable Select (CS), il disco viene identificato come Master o Slave in base alla posizione nel collegamento ai due connettori del cavo EIDE. Nel modo CS il connettore intermedio vicino al controller della scheda madre è lo slave, l’altro all’estremo diventa il Master. I cavi a 40 pin dei connettori ATA 33 non sono predisposti per il Cable Select, lo sono invece i cavi a 80 poli dei controller Ultra ATA 66, 100 e 133. La combinazione 5-6 e 7-8 è peculiare e serve soltanto quanto si collega il disco con un’unità slave che non rispetta le specifiche ATA. In pra- 2 3 tica, a meno che non abbiate un computer risalente agli anni ’90, le uniche combinazioni da impostare riguardano l’assegnazione di master e slave imprescindibile per il corretto 2a parte open school assemblatore 4 5 6 7 funzionamento del controller. Le combinazioni di ponticelli variano da disco a disco e da produttore a produttore. La connessione al disco (immagine 5). Sbagliare il collegamento di un hard disk è quasi impossibile, il connettore elettrico è sagomato mentre il connettore dei segnali ha una tacca di riferimento che coincide con una scanalatura sul connettore del disco. Basta seguire la semplice regola che il cavo rosso dell’alimentazione e la parte del cavo segnale con il filo rosso si devono trovare verso l’interno. Il connettore colorato, quando presente, va sempre collegato sul lato scheda madre. La connessione alla scheda madre (immagine 6). Il sistema tacca e scanalatura è presente anche sul connettore del controller integrato sulla scheda madre. Un ulteriore aiuto è dato dalla presenza di una serigrafia a forma di punta di freccia o quadratino riferimenti per il filo rosso del cavo segnale. Inserimento nel telaio (immagine 7). Ecco il disco installato. Nel caso si abbia un sola periferica, disco fisso o unità ottica, connessa al controller la si deve collegare al connettore del cavo che si trova all’estremità per la corretta terminazione dei segnali elettrici. Ordine di disposizione dei dischi Uno svantaggio della tecnologia EIDE è l’impossibilità di una gestione contemporanea dei dati sulle due unità. Se una sta trasmettendo l’altra deve rimanere in attesa finché si libera il bus. Questa era in passato la fonte del problema di Buffer Underrun del masterizzatore, prima dell’avvento di tecnologie di scrittura che lo impediscono. Un altro svantaggio è che quando sono collegate due unità diverse il controller imposterà la velocità di trasmissione sui parametri dell’unità più lenta. Se colleghiamo un disco ATA 100 e uno ATA 66 il controller funzionerà a 66 MHz. Qual è quindi lo schema di collegamento più logico? In generale è tenere le unità più lente separate. Nella tabella presa dal corso di assemblatore nel numero di Luglio’03 riportiamo alcune delle combinazioni comuni possibili. LE COMBINAZIONI PER DISPORRE DISCHI E UNITA’ OTTICHE Configurazione 1 HD ATA 100/66 EIDE prim. Master • EIDE prim. Slave EIDE sec. Master EIDE sec. Slave UO • Configurazione 2 HD ATA 100 EIDE prim. Master • EIDE prim. Slave EIDE sec. Master EIDE sec. Slave HD ATA 66 Configurazione 3 HD ATA 100 EIDE prim. Master • EIDE prim. Slave EIDE sec. Master EIDE sec. Slave HD ATA 100 Configurazione 4 HD ATA 100 EIDE prim. Master • EIDE prim. Slave EIDE sec. Master EIDE sec. Slave HD ATA 100 UO mast. UO CD-ROM Configurazione 5 HD ATA 100 EIDE prim. Master • EIDE prim. Slave EIDE sec. Master EIDE sec. Slave UO • • UO • • • • • UO mast. UO CD-ROM Note: HD è il disco fisso, UO l'unità ottica • • 2a parte open school assemblatore 2 Formattare e installare il sistema operativo n disco fisso nuovo di fabbrica non può essere immediatamente utilizzato, in quanto necessita della procedura di formattazione. Il sistema operativo richiede che il disco sia preparato con la superficie magnetica divisa in cluster, settori, tracce e cilindri che gli consentano di avere dei punti di riferimento per posizionare e successivamente localizzare i dati. U Le diverse versioni di Windows Windows 98, ME, 2000 e XP sono in grado durante la procedura di installazione di riconoscere e configurare il nuovo supporto. I primi due sistemi però non danno la possibilità di modificare la dimensione della partizione e crearne altre, utilizzano tutto lo spazio a disposizione formando un’unica partizione. La partizione è la divisione dello spazio fisico del disco in diverse parti, per esempio un disco da 120 GB può essere diviso in due partizioni da 60 GB, una riservata al sistema operativo e alle applicazioni e l’altra per i dati oppure per due sistemi operativi diversi. Windows 2000 e XP invece permettono di creare partizioni e definire la relativa dimensione. Tra i programmi in grado di creare partizioni il più conosciuto, diffuso e utilizzato programma è indubbiamente l’utility Fdisk di Microsoft, presente nel sistema operativo MS-DOS, 98 e ME mentre in 2000 e XP non è stata inclusa. Fdisk risente degli acciacchi dovuti all’età, la versione in Windows 98 non riconosce correttamente le capacità sopra i 64 GB e l’aggiornamento rilasciato da Microsoft per correggere questa limitazione (http://support.microsoft.com /default.aspx?scid=kb;enus;263044&Product=w98) non funziona con i dischi di capacità superiore a 137 GB, aventi l’indirizzamento LBA a 48 bit e supporta solo periferiche EIDE. Nonostante questi punti deboli, Fdisk risulta ancora molto utilizzato, almeno a quanto sembra dal numero di richieste sulla spiegazione del suo funzionamento che arrivano alla posta tecnica di PC Open ([email protected]). 8 Fdisk nel dettaglio Fdisk è presente nei CD di installazione di Windows 98 e ME, per avviarlo si deve inserire il CD, modificare nel BIOS la sequenza di avviamento specificando l’unità ottica come primo punto in cui cercare la sequenza di avvio, nel Menu di avvio del CD-ROM di Microsoft (sistema operativo) scegliere Avvio dal CD-ROM, selezionare Avvio computer con Supporto CD-ROM, digitare la lettera dell’unità assegnata dal sistema al CD-ROM, per esempio D: e digitare Fdisk. Il programma può essere avviato anche dal disco di ripristino creato da Windows 98 e ME in Start, Impostazioni, Pannello di controllo, Installazione applicazioni, Disco di ripristino, Crea disco. Fdisk è presente anche in distribuzioni gratuite del DOS come Freedos (www.freedos. org) e MOEDOS (www.moedos.com). La schermata iniziale di Fdisk avvisa che è stato rilevato un disco con una capacità superiore ai 512 MB (immagine 8) e chiede se si desidera attivare il supporto per i dischi grandi il quale non è altro che il file system FAT 32. Attivandolo si ha un più efficiente uso dello spazio però il disco non potrà essere letto dai sistemi operativi Windows NT, 3,x, da alcune versioni di Windows 95 e dalle obsolete versioni di MS-DOS. Trattandosi di sistemi ormai quasi scomparsi possiamo rispondere affermativamente a questa richiesta digitando la lettera S nel campo con cursore lampeggiante. La seconda schermata (immagine 9) mostra le opzioni di Fdisk. Nel caso di un disco nuovo è obbligatoria la selezione dell’opzione numero uno per la creazione di una nuova partizione. Il menu di questa opzione propone la creazione di una partizione DOS primaria, estesa o di unità logiche nella partizione DOS estesa (immagine 10). In un disco fisso è possibile creare sino a quattro partizioni dette primarie ognuna delle quali può avviare un sistema operativo, oppure tre 9 10 11 partizioni primarie e una estesa divisibile in varie unità chiamate unità logiche ognuna delle quali ha una propria lettera di unità. Non c’è un limite nel numero delle unità logiche definibili e con alcuni sistemi operativi, per esempio Linux, le unità logiche possono avere proprietà avvianti allo stesso 2a parte open school assemblatore 12 13 14 15 modo di una partizione primaria. Non si possono creare unità logiche se prima non è stata creata una partizione DOS estesa. Nell’installazione di un disco nuovo principale è necessario creare una partizione primaria nella quale installare il sistema operativo. Fdisk in questo punto propone di assegnare l’intero spazio del disco a un’unica partizione, se rispondiamo negativamente appare una schermata che ci richiede di specificare la dimensione da assegnare in MB o in percentuale (immagine 11). Dopo aver creato la partizioni sul disco è necessario impostarne una attiva tramite l’opzione due Imposta partizione attiva, la quale stabilisce su quale partizione deve essere effettuata la ricerca del codice di avvio del sistema operativo. Di solito la partizione da attivare è quella primaria. Con l’opzione quattro si ha un riassunto delle operazioni di partizione eseguite. Nell’immagine 12 vediamo che il disco è stato diviso in due partizioni uguali, una primaria e una estesa. Le pro- prietà sono visibili nella colonna Tipo. Con l’opzione tre di Fdisk è possibile cancellare le partizioni create, nel caso la distribuzione delle dimensioni non ci soddisfi, o cancellare delle partizioni esistenti nel caso volessimo ripulire completamente un disco del contenuto (immagine 13). Le opzioni di questa parte di Fdisk si spiegano da sole, è possibile eliminare le singole partizioni o le singole unità logiche create nella partizione estesa. L’opzione quattro serve per cancellare le partizioni tipo NTFS o HPFS (Linux) che Fdisk riesce a individuare ma non a riconoscere. La cancellazione della partizione primaria di un sistema Linux non è tuttavia sufficiente a rimuovere il LILO (Linux LOader), il boot manager per l’avvio di sistemi operativi multipli creato da un’installazione Linux, della sua rimozione ci occupiamo in un altro punto dell’articolo. Il menu cinque Modifica l’attuale unità disco rigido corrente appare solo se nel sistema sono presenti due dischi fissi. Come nel caso dell’immagine 14 dove è visibile un disco 1 diviso in cinque partizioni con assegnata relativa lettera di unità e un disco 2 di cui solo la metà della capacità è stata partizionata. Fdisk è tuttora un valido strumento, specie per i dischi di qualche anno fa, ma la sua limitazione nel maneggiare capacità sino a 137 GB diventa un problema con i nuovi dischi la cui capacità è schizzata a oltre 200 GB. L’interfaccia DOS è per molti ancora affascinante ma le nuove generazioni di utenti abituate alle interfacce grafiche spesso si trovano in difficoltà nel suo utilizzo. I più attivi nel rilasciare nuovi strumenti di partizionamento che oltrepassano le limitazioni di Fdisk sono stati i produttori di dischi, ognuno nel proprio sito offre gratuitamente strumenti software per la preparazione del disco, alcuni in grado di trasferire il contenuto tra due dischi per semplificare le operazioni di rimpiazzo. Qui di seguito riportiamo i link dei principali produttori da dove è possibile scaricarli: www.fis.fujitsu.com/home/ drivers.asp?L=it; www.sams u n g . c o m / P ro d u c t s / H a rd DiskDrive/utilities/hutil.htm; www.hitachigst.com/hdd/ support/download.htm; www.seagate.com/support/ software/; www.maxtor.com/en/support/downloads/index.htm. La gestione del disco con Windows 2000 e XP Windows 2000 e XP “nascondono” un sistema di gestione dischi con interfaccia grafica dalle funzionalità limitate ma che ha il pregio essere di facile utilizzo anche agli inesperti. Per accedervi in Windows XP si deve cliccare su Start, Pannello di controllo, Strumenti di amministrazione, Gestione computer, Gestione disco nel riquadro di sinistra. Per Windows 2000 il percorso è diverso solo nei primi tre passi, Start, Impostazioni, Pannello di controllo. Nella finestra a destra verranno mostrati tutti i dispositivi di memorizzazione presenti nel sistema, incluse le unità ottiche. Da qui è possibile cancellare, creare o formattare 2a parte open school assemblatore 16 18 17 con vari tipi di file system le partizioni e le unità logiche presenti sui dischi e cambiare la lettere assegnate alle unità (immagine 15). Gestione disco riesce a rilevare anche i dischi fissi con lo spazio non partizionato ma non permette altro, a differenza della procedura di installazione la quale è in grado di partizionare il disco, che la visualizzazione delle proprietà. Installare un disco fisso Serial ATA Nella prima parte dell’installazione i sistemi operativi cari- cano in memoria numerosi driver che gli servono per riconoscere e adoperare correttamente l’hardware del computer. Quando nel computer sono presenti dei componenti sviluppati in una data successiva all’uscita del sistema operativo questo ovviamente non è in grado di riconoscerlo. E il caso di Serial ATA, una tecnologia nata dopo Windows XP, l’ultimo esponente della famiglia Microsoft. L’installazione sembra proseguire correttamente ma quando arriva il momento di scrivere i file sul disco fisso ap- pare il messaggio che non è stato trovato nessun disco fisso. In Windows è presente un’opzione per il caricamento di driver supplementari e si attiva premendo il tasto F6 quando appare lo schermo blu subito dopo il messaggio Verifica della configurazione hardware in corso…(immagine 16). Il sistema caricherà i suoi driver interni e poi richiederà di premere il tasto S per specificare l’aggiunta di driver supplementari e nel passo successivo di introdurre il disco floppy con i driver (immagine 17). Dopo avere inserito il disco e seguito le istruzioni del sistema verrà mostrata una lista elencante i driver trovati nel floppy (immagine 18), con il tasto cursore selezionate il driver relativo al sistema operati- vo che state installando e poi premete Invio per confermarne il caricamento. La procedura può essere ripetuta per installare altri driver per periferiche non riconosciute nella fase di installazione. Come ci si procura i driver? Nella maggior parte dei casi il controller Serial ATA si trova sulla scheda madre, integrato nel chipset oppure aggiunto alla scheda. Alcuni produttori forniscono direttamente i dischetti e altri li includono nel CD in dotazione alla scheda con un’utility per la creazione dei dischetti, se non c’è l’utility si possono copiare manualmente sul floppy. Se non c’è floppy e neppure il CD si possono sempre prelevare dal sito del produttore. 3 Installazione multipla di sistemi operativi Il disco fisso ha una posizione riservata nel primo settore del disco fisso dove risiedono le istruzioni per il caricamento del sistema operativo. Questa posizione è chiamata MBR, acronimo di Master Boot Record. L’MBR è strutturato in due parti, la Master Partition Table contenente la descrizione delle partizioni presenti sul disco fisso e il Master Boot Code, un piccolo pezzo di codice che trasferisce il controllo al programma di boot (avvio) risiedente sulla partizione attiva dove è installato il sistema operativo. I programmi cosiddetti boot manager che permettono l’avvio di più sistemi operativi risiedono nell’MBR. Windows XP, 2000 e Linux hanno un pro- prio boot manager, Windows 95, 98 e ME no in quanto Microsoft li considera nell’ordine come aggiornamenti del precedente sistema operativo e utilizzano lo stesso settore di boot (rif. Microsoft Knowledge Base Article – 306559). Il metodo più pratico per creare un sistema multiboot è di installare nell’ordine Windows 95, o 98 oppure ME, poi Windows 2000 e per ultimo Windows XP. Quando 2000 e XP chiedono quale tipo di installazione si vuole effettuare selezionate l’opzione di nuova installazione, non l’aggiornamento del precedente sistema operativo. Se dopo aver installato Windows XP o 2000 si vuole aggiungere 95, 98 o ME nascono degli inconvenienti. Privi di un gestore multiboot questi pro- grammi riscrivono il contenuto dell’MBR cancellando le informazioni scritte da XP o 2000 impedendone l’avvio, per recuperare i due sistemi è necessario ripetere o riparare l’installazione. In qualche occasione ci è capitata la stessa cosa installando 2000 dopo XP, nel multiboot di 2000 non era più visibile l’avvio di XP e per risolvere il problema abbiamo dovuto installare nuovamente XP che ha riscritto l’MBR mantenendo 2000 Professional nella lista. Nella creazione di un sistema multiboot ci sono alcune regole da seguire. Oltre all’ordine di installazione citato prima è consigliabile riservare a ciascun sistema una partizione dedicata. Per esempio se volete installare 98, 2000, XP e Li- nux create tre partizioni primarie da assegnare ai sistemi Windows e una estesa per Linux. Se si installano i tre sistemi di Microsoft in un’unica partizione si verificano conflitti tra le applicazioni con la visualizzazione dell’errore iexplore caused an Invalid Page Fault in module kernel32.dll o qualcun altro simile. Le applicazioni non possono essere condivise tra i sistemi operativi, un Office installato sotto XP non funzionerà con nessun altro sistema operativo anche se questi sono in grado di vedere i file dell’installazione. La divisione in partizioni distinte facilita la rimozione del o dei sistemi operativi che non si intende più utilizzare. Windows 2000 e XP si installano usando di preferenza il file sy- 2a parte stem NTFS non riconosciuto da Windows 98 e ME, per questi due sistemi le partizioni in NTFS è come se non esistessero. XP e 2000 invece possono accedere al file system FAT 32 utilizzato da 98 e ME. Se si desidera condividere dei dati tra tutti i sistemi operativi conviene formattare tutte le partizioni in FAT 32 oppure creare una partizione riservata allo scambio dei documenti. Esistono dei boot manager di terze parti molto più flessibili e con funzionalità avanzate rispetto al boot manager base di Windows XP e 2000. Consentono di creare e modificare la dimensione delle partizioni esistenti, la coesistenza di MSDOS, Windows 95, 98 e ME in installazioni separate, di nascondere al sistema operativo in uso le partizioni degli altri sistemi, proteggere l’accesso ai sistemi con una password, cancellare con poche operazioni i sistemi installati. Questa è una lista dei più noti: Acronis OS Selector (www.acronis.com), System Commander di Vcom (www.vcom.com), BootMagic che si trova incluso in PartitionMagic di PowerQuest (www.powerquest.com/partitionmagic), OSLoader 2000 (www.osloader.com). Tra i freeware segnaliamo Bootchooser, (www.maddogsw. com/bootchooser/), Ranish Partition Manager (www.ranish. com/part). Una lista di boot manager con i relati- open school assemblatore vi link si trova all’indirizzo www.infospot.com/ terms/bootmanager.html. Fate sempre un backup dei dati importanti prima di procedere all’installazione di uno di questi programmi o aggiungere un sistema operativo con il boot manager di Windows. Ripristinare il MBR Fdisk ha un’opzione che permette di ripristinare l’MBR, la sintassi del comando è Fdisk /mbr. Il comando riscrive la parte iniziale del primo settore del disco fisso nella quale è contenuto il programma eseguito all’avvio del BIOS, il quale ricerca le informazioni nella tabella delle partizioni, che si trova alla fine del settore, per determinare quale partizione è avviabile. L’uso di questo comando ha però diverse controindicazioni. La sua applicazione in presenza di virus che rimpiazzano l’MBR o crittografano il contenuto del disco, boot manager che riscrivono la geometria (numero dei settori e cilindri) o con dischi aventi più di quattro partizioni può portare alla perdita irreparabile del disco. Per cancellare un MBR in sicurezza è meglio utilizzare le utility fornite dai produttori di dischi fissi. Di solito permettono di azzerare i primi 64 bit del disco, oppure il contenuto, intero, riportando l’MBR a uno stato vergine. Il LILO Il LILO è il boot manager, o meglio il più diffuso tra i boot manager di Linux. Si installa esattamente come tutti gli altri boot manager nel settore Master boot record e crea una copia del settore che va a sostituire. Sebbene una ricerca su Internet riguardo al modo di rimuovere LILO riveli che la più gettonata è l’esecuzione di Fdisk con l’opzione MBR esistono altri modi meno distruttivi che permettono di ripristinare l’MBR precedente all’installazione di LILO. Se Linux è ancora installato e si ha un solo disco master collegato al controller primario basta digitare il comando Lilo –u, il quale ripristina l’MBR originale con la copia creata durante l’installazione. Se si hanno più dischi si deve specificare in quale partizione si deve ripristinare l’MBR con il comando lilo -u /dev/sda1. Le recenti distribuzioni Linux offrono la possibilità di ripristinare l’MBR da un menu apposito. Per esempio con la Mandrake 10.0 premendo il tasto F1 nella schermata iniziale e digitando il comando Rescue si accede a un menu che tra le varie opzioni include il ripristino dell’MBR creata da Windows. Metodi alternativi per installare diversi sistemi operativi in un computer Programmi come Wmware o Virtual PC di Microsoft danno la possibilità di aggiungere diversi sistemi operativi all’interno di un sistema operativo senza problemi di compatibilità tra i sistemi. Il trucco è nella creazione di computer virtuali, una specie di computer all’interno del computer, entità indipendenti che utilizzano una parte dello spazio sul disco fisso e della memoria la cui dimensione dipende dalle caratteristiche del sistema operativo. I sistemi operativi installati su un computer virtuale non accedono direttamente all’hardware come avviene nell’installazione normale bensì utilizzano dei driver di emulazione i quali forniscono solo funzionalità di base. Per esempio Virtual PC ha emulato per la parte grafica composta da una scheda Matrox G550 i driver di una scheda S3, i quali ovviamente non consentivano l’impostazione della funzionalità di visualizzazione su due monitor e disporre delle poche risorse di accelerazione 3D della scheda. Il vantaggio di questo genere di programmi è di poter avviare e passare a uno o più sistemi senza riavviare il computer e la capacità di poterne eseguire diversi contemporaneamente. Lo svantaggio è il non poter disporre di tutte le funzionalità hardware delle periferiche e il prosciugamento delle risorse del computer, in particolare della memoria di sistema, quando sono in esecuzione. 4 RAID: prestazioni e sicurezza l RAID permette di unire più dischi e aumentare le prestazioni del proprio sistema oppure prevenire una possibile perdita dei dati. In origine RAID era l'acronimo di Redundant Array of Inexpensive Disk (insieme ridondante di dischi economici), un sistema nato con l'intento di eliminare il collo di bottiglia costituito dal disco fisso nella movimentazione dei dati e utilizzare economici dischi fissi di piccolo taglio al posto di un unico e costoso disco di grandi dimensioni (negli anni in cui fu sviluppato il concetto di RAID le memorie di massa avevano un costo per GB di molto superiore rispetto I all'attuale). Processori e memorie lavorano su tempi nell’ordine di nanosecondi mentre il disco fisso a causa della presenza di una componente meccanica, il disco che ruota, lavora nell'ordine dei millesimi di secondo. Il RAID è composto da più dischi organizzati per la distribuzione dei dati: spezzettando un blocco di informazioni in tante piccole parti scritte simultaneamente su più dischi migliora considerevolmente le prestazioni. Ad esempio se dovessimo scrivere 40 MB di dati su un disco con una velocità di scrittura di 10 MB/sec l'operazione richiederebbe 4 secondi. Dividendo il 40 MB in bloc- chi da 10 MB e inviandoli contemporaneamente a quattro dischi l'operazione è conclusa in un secondo. Il problema nell'aumento del numero di di- schi è che di conseguenza au- mentano anche le probabilità della comparsa di un guasto, fattore indicato con la sigla MTBF (Mean Time Between 19 2a parte open school assemblatore 20 21 Failure). Per questo gli idea- tori del RAID studiarono un metodo per la prevenzione dei dati che in caso di guasto permette la ricostruzione dei dati senza interrompere il funzionamento normale. In seguito l'evoluzione tecnologica ha portato a una riduzione del costo per GB delle memorie di massa e la sigla RAID si è trasformata in Redundant Array of Indipendent Disk (insieme ridondante di dischi indipendenti). Esistono diversi tipi di RAID che si distinguono per il numero di dischi che li compongono e per i metodi adottati per la distribuzione e sicurezza dei dati. Le specifiche iniziali prevedevano cinque livelli di RAID numerati da 1 a 5, in seguito se ne sono aggiunti altri che sono una combinazione dei livelli originali e lo 0, il quale non è esattamente un sistema RAID in quanto non prevede un sistema di recupero dei dati. I livelli RAID più diffusi nei computer di fascia desktop sono lo 0, 1 e talvolta il 5. E’ importante che tutti i dischi abbiano la stessa dimensione e caratteristiche di trasferimento e velocità di accesso nella lettura simili o meglio ancora identiche. Le prestazioni di un sistema RAID sono condizionate dal disco più lento e dalle dimensioni del disco logico creato dall'unione dei dischi fisici basate sul disco con minore capacità. Per esempio in un RAID 0 con quattro dischi, tre da 30 GB e uno da 10 GB, la dimensione massima sarà di 40 GB (10 GB x 4), con tutti i dischi da 30 GB la dimensione del disco logico sarà di 120 GB (30 GB x 4). Il RAID 0 è basato sul concetto di striping, la divisione di un blocco di dati in tanti piccoli blocchi di uguale dimensione ripartiti tra diversi dischi scritti e letti contemporaneamente (figura 19). Lo striping migliora considerevolmente le prestazioni, la configurazione 0 è quella che offre le migliori, ma allo stesso tempo è la più rischiosa per la sicurezza dei dati in quanto non dispone di nessun sistema di recupero delle informazioni. Un guasto a un disco comporta la perdita di tutti i dati. Una configurazione RAID 0 richiede minimo due dischi per la sua realizzazione. Il RAID 0 è indicato nelle situazioni in cui le prestazioni sono prioritarie (video editing, grafica professionale) e la sicurezza relativa. Il RAID 1 è basato sul concetto di mirroring, i dati sono copiati simultaneamente su due dischi (figura 20). In caso di guasto a uno le stesse informazioni sono disponibile sul disco ancora funzionante e il sistema può ricostruirle sul nuovo disco sostituto di quello guasto. Rispetto al RAID 0 non offre miglioramenti nelle prestazioni in scrittura ma solo nella lettura in quanto la lettura delle informazioni avviene contemporaneamente dai due dischi. A causa della duplicazione dei dati il RAID 1 è un sistema costoso, per memorizzare 60 GB di dati sono necessari 120 GB di spazio (60 GB del disco + 60 GB del disco di mirror). È indicata in quelle situazioni in cui i criteri di sicurezza delle informazioni superano quelli di prestazioni e costo. Il RAID 5 mantiene lo stesso principio di ripartizione e scrittura o lettura simultanea su più dischi ma per ogni blocco di dati crea un segnale di parità ripartito tra i vari dischi (figura 21). Il segnale di parità è una tecnologia che permette di rilevare gli errori nei dati e riscostruire o riparare i dati rispettivamente mancanti o scorretti. I dati di parità occupano spazio su disco e riducono la capacità complessiva del sistema RAID. Lo spazio realmente disponibile si calcola togliendo la capacità di un disco dalla capacità complessiva del sistema. Tra i vari sistemi di RADI il livello 5 è quello con il migliore bilanciamento tra prezzo e prestazioni, richiede però un controller abbastanza sofisti- Il RAID software In Windows XP Professional è possibile creare un sistema RAID livello 0 in software . In pratica è lo stesso sistema operativo a occuparsi della gestione, la divisione e ripartizione dei dati. Per attivare il RAID software in Windows XP Professional si deve andare in Start, Pannello di controllo, Strumenti di amministrazione, Gestione computer, Gestione disco. Sono richiesti dei dischi senza contenuto, non si può creare un sistema RAID con il disco su cui risiede il sistema operativo. Cliccate con il tasto destro del mouse sul quadratino grigio a fianco del grafico delle partizioni (immagine 22) e selezionate Converti in disco dinamico. Nella schermata successiva specificate quali dischi volete utilizzare e premete OK. Dopo la trasformazione in dischi dinamici assegnate il volume cliccando con il tasto destro del mouse sullo spazio della partizione e selezionando Nuovo volume. Seguite le istruzioni, quando arrivate alla finestra che richiede il tipo di volume da creare selezionate Con Striping. Nel prossimi passaggio specificate i dischi che volete utilizzare e la dimensione, potete usare solo una parte del disco lasciando il resto libero per altri compiti. I dischi dinamici possono essere visti solo dai sistemi Windows XP Professional e 2000 Server, Windows 2000 Server e 2003 Server possono creare anche configurazioni software RAID 1 e 5. 22 2a parte cato e per questo il suo impiego è prevalentemente diffuso nei server. Indicazioni per la creazione di un RAID hardware Costruire un sistema RAID non è difficile, basta collegare i due dischi al controller ed entrare nel BIOS del controller open school assemblatore per definire il tipo di RAID e il numero di dischi da assegnare. Il controller formatterà i dischi preparandoli per il RAID. Attenzione, l'operazione distrugge completamente il contenuto dei dischi. Il RAID è completamente trasparente al sistema, il quale vedrà un solo disco che è il risultato dell'ac- corpamento logico dei vari dischi, cioè un disco C e un disco D da 20 GB in RAID 0 sono visti dal sistema come un disco fisico da 40 GB. Nell'installare il sistema operativo ricordate di premere il tasto F6 per aggiungere i driver del controller RAID nell'installazione, altrimenti il sistema operativo non riesce a rilevare la presenza del disco. Le istruzioni dettagliate riguardo collegamento fisico e le istruzioni del BIOS del controller si trovano nel manuale che accompagna il controller, o nel manuale della scheda madre nel caso si trovasse integrato nell'elettronica della scheda. Glossario Access time (Tempo d’accesso) Il tempo richiesto per accedere a una posizione sul disco (vedi anche Seek Time) Attuatore Il meccanismo che muove le testine di lettura e scrittura sulla superficie del disco Capacità del disco Lo spazio disponibile sul disco per la memorizzazione dei dati. La differenza tra la capacità dichiarata del disco e la capacità rilevata da Windows XP è questione di definizione del valore di GB. In informatica l’unità di misura GB è ottenuta moltiplicando un valore in byte per 1.024 tre volte. Perché 1.024 e non 1.000 come previsto dal prefisso K (Kilo)? Per via del sistema numerico binario usato dai computer, basato sull’elevazione a potenza del numero 2. Un KB informatico è composto in realtà dà 1.024 byte (2 elevato alla decima potenza), 1 MB da 1.048.576 Byte e 1 GB da 1.073.741.824 byte. I produttori di dischi rigidi invece riportano la dimensione in GB come stabilito dal sistema decimale, un disco da 40 GB è composto da 40.000.000.000 di byte. Il sistema operativo però visualizza la dimensione del disco usando il sistema binario, per questo motivo il disco sembra avere una capacità inferiore a quella dichiarata dal produttore. Lo si può verificare richiamando le Proprietà del disco, i 40 e passa miliardi di byte diventano 37,2 GB, valore che si ottiene dividendo 40.022.605.824 per 1.024 tre volte CHS (Cylinder, Head, Sector) Il vecchio metodo usato per accedere al disco tramite la specificazione del numero di cilindri, testine e settori Cilindro Il cilindro è formato dalle tracce sui dischi che si trovano sullo stesso asse verticale (vedi figura in basso). Prende il nome dalla forma geometrica che si formerebbe prolungando idealmente in verticale la circonferenza interna e esterna delle tracce Cluster Un gruppo di settori, la più piccola quantità di dati allocabile in un disco fisso. Con il file system FAT la dimensione media del cluster è di 16 KB, un file da 17 KB occupa quindi due cluster e poiché un cluster impegnato da un file non può essere utilizzato per memorizzare un altro file risulta uno spazio perso di 15 KB. Con FAT32 il cluster ha una dimensione media di 4 KB, riprendendo l’esempio del file da 17 KB lo spazio perso scende a 3 KB riguardanti I file e le organizza Formattazione La scrittura delle informazioni sul disco che definiscono la disposizione fisica dei dati sul supporto di registrazione Head (testina) Il dispositivo elettromagnetico che scrive, legge o cancella i dati dalla superficie magnetica del disco Label (etichetta) Il nome assegnato al volume del disco fisso (vedi figura in altro a destra) LBA (Large Block Address) Uno schema di accesso al disco che assegna un numero a ogni settore partendo dal primo utilizzabile sul disco e proseguendo con una numerazione sequenziale sino all’ultimo Dual-Boot La possibilità di avviare su un computer due diversi sistemi operativi Multiple-Boot La possibilità di avviare su un computer due o più diversi sistemi operativi FAT (File Allocation Table) Un file system utilizzato da MSDOS e dai sistemi operative su base Windows per l’organizzazione e gestione dei file. Quando si installano creano una FAT, o FAT32, durante la formattazione del disco. Windows scrive nella FAT tutte le informazioni relative ai file in modo da poterli localizzare successivamente NTFS (New Technology File System) Un file system avanzato migliorato nelle prestazioni e che include funzioni di sicurezza come l’accesso ai file e ai folder regolato da permessi e altre funzionalità avanzate assenti nei file system su base FAT FAT32 Un’evoluzione del file system FAT che supporta volume di maggiori dimensioni con cluster più piccoli. Ciò porta a una migliore ottimizzazione dello spazio sul disco. File System La struttura di un sistema operative nella quale il sistema memorizza le informazioni Seek time (Tempo di ricerca) Il tempo necessario alle testine per spostarsi dal cilindro in cui si trovano a uno nuovo Settore La dimensione minima del gruppo di dati che può essere assegnata per la registrazione dei dati sul disco, tipicamente è di 512 byte Traccia Un anello di forma circolare tracciato dal percorso della superficie del disco sotto una testina di lettura/scrittura, formata da tutti i settori che si trovano in questo percorso Volume Uno spazio fisico nel disco fisso. Un volume è formattato con un file system e ha una lettera di drive (C: per esempio) assegnata. Un singolo disco fisso può contenere più volumi e un volume può riferirsi a diversi dischi Volume di boot Il volume che contiene il sistema operativo Windows e tutti i file relativi. Il volume di boot può essere, ma non necessariamente, lo stesso volume di sistema Volume di sistema Il volume che contiene i file specifici per l’hardware necessari al caricamento di un sistema operativo Windows x86 in un computer dotato di BIOS. Il volume di sistema può essere, ma non necessariamente, lo stesso volume di boot 3a parte open school assemblatore A scuola con PC Open Assemblatore provetto: la scheda video Le procedure per una corretta installazione hardware e software con la risoluzione dei problemi più comuni e uno sguardo all’evoluzione che arriverà tra qualche mese sulle schede madri di Flavio Nucci n questa terza parte del corso dedicato all’assemblaggio di un PC parliamo della scheda grafica toccando diversi argomenti: i problemi che si possono verificare nell’installazione, sia dell’hardware che del software, e i metodi per risolverli occupano la prima parte dell’articolo. Una intera sezione è dedicata a DirectX e a un potente strumento di diagnostica che fa parte del sistema operativo e che permette di verificare la corretta funzionalità della scheda grafica e dei suoi driver del sistema e fornisce anche un rapporto dettagliato sui driver, l’hardware e il software presenti nel computer. I L’evoluzione del collegamento della scheda video L’AGP si è evoluto nel tempo con un aumento nella la velocità di trasmissione del canale tra la scheda grafica e la memoria di sistema. Parallelamente anche la conformazione fisica degli slot e la tensione di funzionamento sono cambiate. E nonostante le varie versioni di AGP siano in teoria compatibili tra loro vi sono al- cune combinazioni che possono risultare letali per la scheda madre o la scheda grafica o a entrambe. Di questo ne parliamo nella terza sezione. Una parte del corso è dedicata alla tecnica: quando e perché è nata la tecnologia AGP, come funziona e come si è sviluppata e quali sono le sue prospettive future. Senza dimenticare il doppio monitor, una funzionalità introdotta da Matrox che ha fatto scuola. Sul mercato, non c’è scheda grafica a partire dalla fascia media che non sia dotata di due uscite video. I vantaggi sono tanti e gli svantaggi nessuno. In questo corso mostriamo come si attiva e descriviamo alcune caratteristiche peculia- ri dei driver dei produttori di schede video. Con l’affermarsi dei monitor a cristalli liquidi la connessione analogica VGA è destinata ad essere soppiantata dallo standard digitale DVI, le cui caratteristiche sono l’argomento della sezione dedicata alle caratteristiche del collegamento al monitor. Una pagina, infine, è dedicata alla soluzione di problemi inconsueti e poco comuni che ci è capitato di incontrare nelle nostre prove di laboratorio, e che spesso sono riportati nella posta tecnica. IL CALENDARIO DELLE LEZIONI Lezione 1: La CPU e il dissipatore Lezione 2: Il disco fisso Lezione 3: La scheda video - Installazione hardware e software - I parametri del BIOS - Verifica della corretta installazione - I problemi più comuni Lezione 4: - Gli standard di connessione 3a parte open school assemblatore 1 L’installazione hardware i seguito abbiamo elencato i passaggi fondamentali per estrarre la scheda video dalla motherboard e inserirne una nuova: D Apertura del telaio Aprite il telaio e svitate la vite che tiene la scheda grafica in posizione. Estraete la scheda cercando di non toccare i circuiti con le mani (figura 1). Estrarre la scheda dal case Gli slot AGP di solito hanno un meccanismo di ritenzione che impedisce alla scheda di fuoriuscire dallo slot. Ci sono due tipi di meccanismi con diversi metodi di sblocco. Per sbloccare quello nella figura 2 lo si deve spostare verso l’interno della scheda con un attrezzo. Per quello nella figura 3 invece si deve premere sulla parte all’estremità e verso il basso. Attenzione che molte schede grafiche in questa posizione hanno dei componenti come il condensatore nella foto. Cercate di tenere l’attrezzo il più possibile parallelo alla scheda madre. Inserire la scheda Inserite la scheda afferrandola nello stesso modo in cui l’avete estratta. Puntate il connettore della scheda grafica nello slot AGP (figura 4) e spingete con delicatezza la scheda verso il basso. Il meccanismo di ritenzione di sblocco B andrà automaticamente in posizione di blocco inserendo la scheda, il meccanismo di sblocco B invece deve essere rimesso in posizione manualmente. Collegare l’alimentazione (se presente) Se necessario collegate l’alimentazione supplementare, presente in quasi tutte le schede grafiche di fascia media e altra richiedono (figura 5). Verificare la compatibilità dell’AGP Quando viene introdotta una nuova versione di AGP bisogna porre una particolare attenzione alla compatibilità con le precedenti. Il discorso è valido per la velocità ma non lo è per tensione di funzionamento della parte logica. Una scheda che soddisfa le specifiche AGP 3.0, più note come AGP 8X può funzionare a velocità 4X e 2X senza problemi ma se la si inserisce in un vecchio slot AGP 1.0 (1X o 2X) si corre il rischio di distruggerla. Nelle specifiche AGP 1.0 la tensione dei segnali è di 3,3 V da cui il nome AGP 3,3 talvolta utilizzato per designare questo standard, nella successiva revisione 2.0 è stata ridotta a 1,5 V e nell’AGP 3.0 è scesa ulteriormente a 0,8 V, una tensione da due a quattro volte inferiore rispetto agli standard precedenti. Per evitare danneggiamenti dovuti a combinazioni errate lo standard AGP definisce delle protezioni di tipo meccanico ed elettrico. Nella figura 6 sotto sono visibili due tipi di slot per gli standard AGP 1.0 e 2.0, si può notare la diversa posizione del separatore la quale non permette l’inserimento di una scheda AGP 1.0 in uno zoccolo AGP 2.0 e viceversa. Una scheda video AGP 3.0 è compatibile meccanicamente con uno slot AGP 2.0, però nella tensione dei segnali della parte logica è compatibile solo con alcune tipologie di AGP, denominate Universal AGP, e nemmeno tutte. L’Universal AGP è uno standard che supporta tutti i tre livelli di tensione delle tre specifiche AGP, con l’eccezione dell’Universal 1,5 V che non supporta i 3,3 V. Lo slot dell’Universal AGP non ha nessun genere di blocco meccanico per permettere l’inserimento di tutti i vari tipi di schede AGP (1.0, 2.0 e 3.0). La sicurezza di evitare accoppiamenti pericolosi per l’integrità della scheda grazie alla protezione di tipo meccanico scompare con il connettore universale usato da ATI, nVidia, Kyro e altri produttori sulle loro schede grafiche, il quale permette di inserire la scheda in uno slot AGP 1.0, 2.0 o 3.0 indifferentemente. Compatibilità nel caso di Universal AGP Nella figura 7 nella prossima pagina una scheda AGP 3.0 Universal 1,5V come la Radeon 9800 si inserisce senza proble- 1 2 3 4 3a parte open school assemblatore mi in uno slot AGP 1.0 da 3,3 V 5 6 (individuabile dalla posizione del separatore). Il sogno di potenziare con una scheda grafica di fascia alta il proprio PC basato su una CPU Athlon 900 su Slot A può trasformarsi in un disastro, nello scontro tra versioni di AGP incompatibili di solito a rimetterci sono la scheda madre e la scheda grafica. La differenza tra uno slot AGP 1.0 e 2.0 sta nel separatore Come prevenire i problemi di compatibilità Innanzitutto consultando il manuale della scheda madre, controllate nella sezione delle caratteristiche il tipo di AGP supportato. Oppure utilizzando programmi che forniscono informazioni sul sistema come PC Wizard 2004 (www.cpuid. com/pcw) e PowerStrip (http:// entechtaiwan.net/util/ps. shtm). Per la scheda grafica dovete consultare le specifiche fornite dal produttore, ATI ha raccolte quelle dei suoi chip grafici in una pagina Web (www.ati.com/support/faq/ag pchart.html) mentre quelle di nVidia vanno recuperate dalle singole presentazioni dei chip grafici. Nella tabella pubblicata in 7 basso abbiamo ricapitolato le combinazioni possibili tra schede madri e grafiche che supportano i diversi tipi di AGP con alcune note riguardanti due combinazioni. È possibile inserire senza problemi una scheda AGP 3.0 in uno slot di vecchio tipo che supporti i 3,3 V Tabella di compatibilità AGP Schede AGP 2.0 Scheda madre Schede AGP 3.0 3,3 V 1,5 V Universal Universal 1.5 V AGP 3.0 AGP 3.0 Universal AGP 3.0 AGP 1.0 3,3 V si no si no no si AGP 2.0 1,5 no si si si * si AGP Universal si si si si * si Universal 1.5 V AGP 3.0 no si si si si si AGP 3.0 no ** ** si si si Universal AGP 3.0 si si si si si si * La scheda grafica può essere fisicamente inserita in un connettore universale o AGP 2.0 da 1,5 V ma non funzionerà. È responsabilità della scheda grafica il controllo del segnale GC_DET# per verificare se la scheda madre supporta l'AGP 3.0 in modo da prevenire danneggiamenti o funzionamenti scorretti. Una scheda grafica AGP 3.0 deve inoltre indicare alla scheda madre la presenza di una logica di segnale a 1,5 V tramite il segnale TYPEDET#, altrimenti la scheda madre potrebbe impostare l'Universal AGP a 3 .3 V. Poiché la scheda grafica non supporta lo standard di segnale di AGP 2.0 e Universal non deve rispondere a qualsiasi tentativo di interrogazione da parte della scheda madre ** La scheda grafica può essere fisicamente inserita in un connettore AGP 3.0 ma non sarà alimentata. Una scheda madre AGP 3.0 è in grado di rilevare la presenza del segnale GC_DET# che indica la presenza di una scheda grafica AGP 3.0 e regolarsi di conseguenza. Se il segnale non è presente rimuovere l'alimentazione alla scheda grafica. 3a parte open school assemblatore 2 Le problematiche software olti dei problemi di visualizzazione e funzionamento del computer si risolvono aggiornando il sistema operativo o i driver dei componenti. Per quanto riguarda la sezione grafica sono tre le aree di intervento, interdipendenti tra loro: DirectX, i driver del chipset e della scheda video. Una premessa: le moderne procedure di installazione dei driver di norma cancellano la precedente versione, consigliamo però di rimuoverla manualmente e riavviare il computer, prima di installare la nuova versione. In ogni caso prima di qualsiasi modifica è prudente creare una copia di backup del disco oppure, per i sistemi Windows XP e ME, creare un punto di ripristino. Capita a volte che un sistema perfettamente funzionante inizi a dare problemi dopo l’aggiornamento a causa di una qualche incompatibilità introdotta dai nuovi driver. La copia di backup e il punto di ripristino permettono di tornare a una configurazione funzionante. M I driver del chipset Spesso non si dispone appieno delle capacità della scheda grafica a causa di driver del chipset con bug, obsoleti o installati scorrettamente. I driver per chipset forniti dal sistema operativo sono generici e forniscono soltanto le funzionalità di base del chipset Su cosa intervenire DirectX: nuove release intermedie, per esempio 8.1b, permettono di migliorare le prestazioni, correggere bachi e introdurre nuove funzionalità. Si scaricano dal sito di Microsoft Driver chipset: permettono di gestire al meglio l’AGP. Si scaricano dal sito del produttore della scheda madre o del chipset stesso Driver chip scheda video: migliorano le prestazioni e la compatibilità con i giochi. Si scaricano dal sito del produttore del chip video o da quello della scheda video necessarie per l’installazione del sistema stesso e nulla più, ciò in taluni casi impedisce alle periferiche collegate il funzionamento alla massima capacità. Ad esempio in un’installazione di Windows XP su una scheda madre con chipset VIA, utilizzando i driver forniti dal sistema operativo, abbiamo riscontrato l'AGP funzionante a 4X anziché a 8X come nelle caratteristiche del chipset. Inoltre non si riusciva in nessun modo ad attivare la funzione di Fast Write. Installando i driver di VIA abbiamo risolto entrambi gli inconvenienti. I driver dei chipset sono disponibili sul sito del produttore della scheda madre o del chipset, questi ultimi di solito sono più aggiornati. I driver per i chipset Intel si trovano all’indirizzo http://downloadfinder.intel.com/scripts-df/support_intel.asp# nella sezione Downloads a destra, sotto la voce Chipsets, quelli di VIA all’indirizzo www.viaarena.com/ ?PageID=2, SiS (Silicon Integrated System) http://download.sis.com/, Nvidia www.nvidia.com/content/drivers/drivers.asp, ATI www.ati.com/ support/driver.html, ALi www. ali.com.tw/eng/support/ drivers.php. Nella maggior parte dei casi sono sotto forma di un file eseguibile (.exe) o compresso (.zip o .exe autoestraente) contenente l’eseguibile e altri file di supporto. La procedura di installazione è completamente automatica, al massimo è richiesta una conferma all’installazione. DirectX DirectX è una combinazione di driver software e tecnologie che interfacciano il sistema operativo con i driver scritti dal produttore dell'hardware permettendo di accedere a funzioni che operano a livello fisico dell'hardware. Normalmente non è una fonte di problemi, gli inconvenienti che possono verificarsi sono a causa di driver scritti male che si interfacciano scorrettamente con DirectX. I nuovi rilasci di DirectX aggiungono funzionalità grafiche che però devono essere sup- DOVE TROVARE I DRIVER AGGIORNATI ATI: www.ati.com/support/driver.html nVidia: www.nvidia.com/content/drivers/drivers.asp Matrox: www.matrox.com/mga/support/drivers/latest/home.cfm 8 portate dall’hardware della scheda madre. È del tutto inutile aggiornare il proprio sistema all’ultima versione di DirectX se non si ha una scheda grafica che lo supporti in hardware. A meno che non sia richiesto espressamente, per esempio da un nuovo gioco o quando si installa una scheda grafica supportante una versione di DirectX superiore a quella presente. Nel caso del gioco però ciò non significa che funzionerà con gli effetti grafici messi a disposizione dalla versione di DirectX richiesta, il gioco utilizzerà per la visualizzazione gli effetti grafici supportati dal chip della scheda video. Per questo l’aspetto visivo di un gioco sviluppato per DirectX 9 ed eseguito su una scheda DirectX 7 non è uguale a quella dello stesso gioco su una scheda DirectX 9, per citare una differenza il livello di dettaglio dei particolari è diverso. Nella tabella 1 nella pagina successiva sono riportate le famiglie di chip grafici più diffusi con la rispettiva versione di DirectX supportata. Attenzione, l’integrazione di DirectX con il sistema operativo è talmente profonda che dopo l’aggiornamento non è più possibile ri- DirectX è gratuito e si può scaricare dal sito Microsoft, selezionandone la versione e la lingua tornare alla precedente versione. Almeno questo è quanto riporta Microsoft nei suoi documenti tecnici. Ad ogni modo l’aggiornamento di DirectX raramente porta dei problemi di funzionamento, grazie anche alla completa compatibilità delle nuove versioni con le precedenti. DirectX è gratuito e può essere scaricato dal sito di Microsoft www.microsoft. com/windows/directx/default.aspx cliccando sul collegamento DirectX 9.0b is here. Gli utenti che possiedono una connessione a banda larga possono scaricare la versione completa da 35 MB cliccando sul collegamento DirectX 9.0b Redist nella stessa pagina (figura 8). I driver della scheda video Oggi la quasi totalità delle schede grafiche utilizza dei chip grafici prodotti da ATI (www.ati.com) o nVidia (www. nvidia.com). Le due società sono molto attive sia nello sviluppo di nuovo hardware sia nell’affinamento dei driver arricchiti di nuove funzionalità a ogni nuova versione, oltre alla 3a parte open school assemblatore 9 Versioni di DirectX supportate dai chip video nVidia e ATI NVIDIA GeForce 6800 GeForce FX GeForce 4 GeForce 3 GeForce 2 DirectX supportato 9.0 9.0 8.1 8.0 7 correzione dei problemi con le precedenti versioni. Entrambe propongono nuove versioni di driver circa ogni mese. L’unico altro produttore di un certo rilievo è Matrox, la società canadese (come ATI) ha una cadenza di tempi di rilascio dei driver molto più lunga in quanto i suoi prodotti sono destinati a un mercato professionale nel quale la stabilità di funzionamento è un requisito fondamentale e ha un’importanza superiore all’aggiunta di nuove funzionalità o interfacce. In generale non serve rimuovere la precedente versione, la nuova provvede a eliminarla e installarsi al suo posto. Tuttavia come anticipato all’inizio dell’articolo è consigliabile rimuovere manualmente i driver e riavviare il computer prima di installare la nuova versione. I metodi di rimozione sono diversi. ATI e Matrox forniscono un’utility dedicata, quella di ATI Radeon 9800 Radeon 9700 Radeon 9600 Radeon 9500 Radeon 9200 Radeon 9100 Radeon 9000 Radeon 8500 DirectX supportato 9.0 9.0 9.0 9.0 8.1 8.1 8.1 8.1 ATI si trova nella cartella creata dall’eseguibile nello scompattamento e si chiama AtiCimUn.exe, l’utility di Matrox va recuperata sul sito del produttore all’indirizzo www.matrox.com/mga/support/drivers/files/ftp_util2.cfm. Un altro metodo di rimozione è da Installazione applicazioni nel Pannello di controllo, selezionate l’applicazione da rimuovere e cliccate sul pulsante di Cambia/Rimuovi (figura 9). Talvolta le voci relative alla scheda grafica sono due, una riguarda i driver mentre l’altra è il pannello di controllo della scheda grafica, anche questo va rimosso. Infine un terzo metodo, valido solo per i sistemi operativi della famiglia Windows XP e 2000, è cliccare con il tasto destro del mouse in un’area libera del desktop, selezionare Proprietà, Impostazioni, Avanzate, Scheda, Proprietà, Driver, Disin- Cliccando sul pulsante Cambia/Rimuovi, si possono sostituire o aggiornare i driver della scheda video La sequenza di installazione Una delle domande che ci viene posta abbastanza frequentemente è quale sia la sequenza corretta o ideale nell’installazione da driver (chiset e scheda grafica) e di DirectX. Diciamo subito che un documento ufficiale non esiste. Sulla base dell’esperienza accumulata in laboratorio possiamo riferire che la minore quantità di problemi con hardware e software l’abbiamo avuta installando per primo il DirectX seguito dai driver del chipset e per ultimi i driver della scheda grafica. stalla. Dopo aver rimosso i driver e riavviato il computer il sistema operativo visualizza un messaggio che propone di iniziare la ricerca di nuovi driver a seguito della rilevazione di un nuovo hardware. Annullate la richiesta. Installate i driver sempre tramite il file eseguibile. 3 Ottimizzare i parametri nel BIOS el BIOS sono presenti molti parametri di controllo che riguardano la sezione grafica, contenuti di solito nella pagina Advanced Chipset Features. In questa parte ci occupiamo di quelli in cui ci siamo imbattuti più frequentemente durante le nostre prove, spieghiamo il loro scopo e quale sia l’impostazione migliore. Il più noto è l’AGP Aperture Size che specifica la quantità di spazio in MB nella memoria di sistema allocata per la scheda grafica. L’impostazione varia da 64 a 256 MB. In generale è meglio lasciare l’impostazione base che è di 64 o 128 MB e aumentarla solo se si riscontrano dei pro- N blemi di funzionamento. Diversi test evidenziano che le prestazioni non mostrano miglioramenti apprezzabili con quantità superiori a 64 MB. I sintomi manifestati dal computer quando la dimensione assegnata è insufficiente sono errori di protezione di Windows all’avvio, il sistema operativo si blocca con uno schermo nero o si avvia correttamente ma si blocca dopo qualche minuto di funzionamento. L’AGP Bus Mastering quando abilitato assegna alla scheda grafica la massima priorità nel trasferimento del traffico da e verso la memoria, migliorando le prestazioni di particolari operazioni come le operazioni 3D che usano intensivamente la memoria di sistema. Il parametro AGP Driving Control o AGP Driving Value si trova nei chipset di VIA e ha a che fare con l’intensità del segnale del bus AGP collegato alle temporizzazioni del bus. Quando è impostato su Auto è il chipset stesso a determinare e aggiustare automaticamente il valore a un livello adeguato per la scheda grafica mentre in Manuale è possibile modificare l’intensità del segnale, e di conseguenza le temporizzazioni del bus. L’impostazione è in numeri esadecimali con valori da 00 a FF (corrispondenti a 0 e 255 in decimale). Un incremento esagerato nel valore però potrebbe portare a un blocco del sistema ripristinabile solo cancellando la memoria CMOS riportandola ai valori iniziali. Di norma è meglio lasciare che sia il sistema a gestire in automatico il valore. L’intervento sull’Init. Display First è richiesto soltanto se nel sistema sono presenti due schede grafiche, una sul bus PCI e l’altra sull’AGP. Il parametro determina quale delle due è inizializzata per prima dal BIOS. Il monitor collegato alla scheda selezionata apparirà come monitor principale nelle impostazioni dello schermo in 3a parte Windows. Assign IRQ for VGA assegna un’IRQ alla scheda grafica. Le schede AGP richiedono obbligatoriamente l’assegnazione di un IRQ pertanto il parametro deve essere impostato a Enabled. AGP master 1 WS write e AGP master 1 WS read specificano rispettivamente gli stati di attesa rispettivamente nella scrittura e lettura dei dati sul bus AGP. Quando sono abilitati il sistema lascia passare un ciclo di clock prima di procedere alla lettura o scrittura dei dati, disabilitati il sistema attende due cicli di clock. Con i parametri abilitati si migliorano le prestazioni, disabilitati si migliora l’affidabilità. Se nel sistema è presente una scheda di conversione MPEG e ci sono dei problemi di inversione dei colori si può tentare di risolvere il problema abilitando il parametro PCI/VGA palette snoop. Lasciatelo disabilitato se non è presente nessuna delle due condizioni. Video Memory Cache Mode ha due opzioni, USWC (Uncachable, Speculative Write Combining) e UC (UnCachable). USWC è una nuova tecnologia di cache dei dati che migliora sensibilmente le prestazioni ma richiede una scheda grafica che la supporti, altrimenti potrebbe succedere che il computer non si avvii. Se non si è sicuri impostatelo su UC. Collegato all’USWC è il parametro Post Write Combine, quando è abilitato accumula in buffer le scritture parziali o di piccole quantità di dati provenienti dal processore e le invia in un’unica sequenza (burst) open school assemblatore alla memoria della scheda grafica. Fast Write: le prestazioni migliorano solo se la scheda è in grado di supportarlo L’AGP Fast Write è una tecnica di trasferimento dei dati dal processore alla scheda grafica senza il passaggio dalla memoria di sistema. Il Fast Write abilitato aumenta considerevolmente le prestazioni ma richiede delle temporizzazioni di segnale molto precise e molte schede madri non sono in grado di gestirlo correttamente. Disabilitatelo se il computer manifesta blocchi improvvisi di funzionamento. I driver di ATI nell’installazione eseguono una verifica delle capacità della scheda madre nel supporto al Fast Write e lo disabilitano automaticamente se non è adeguato. Il parametro AGP Spread Spectrum, o Spectrum Spreading Amount, è collegato alla riduzione dell’emissione di onde elettromagnetiche, ottenuta facendo variare leggermente la frequenza del segnale così che occupi una particolare frequenza per un tempo ridotto evitando la creazione di picchi di frequenza. AGP Spread Spectrum specifica il livello di modulazione del segnale in valori che partono da 0,25% e arrivano a un livello massimo stabilito dal produttore. L’impostazione del valore massimo non crea nessun problema al sistema a meno che non si stia overcloccando l’AGP. Abilitando il Video BIOS Shadowing si crea una copia di una parte del 10 I differenti tipi di DVI Ormai non c’è scheda grafica di fascia media che non sia dotata di una doppia uscita per il monitor composta da un connettore DVI e uno VGA. Il DVI è lo standard emergente, sviluppato dal Digital Display Working Group è un sistema di trasmissione digitale delle informazioni tra scheda video e monitor creato per ottimizzare la qualità dell’immagine sui monitor LCD. Rispetto al segnale analogico dello standard VGA è meno sensibile ai disturbi esterni, influenze elettromagnetiche, e supporta nativamente il Plug and Play, il riconoscimento e configurazione automatica del monitor. Con il DVI non è più necessario impostare la risoluzione, il numero di colori, intervenire sulle regolazioni di clock e phase. La trasmissione dei segnali digitali DVI avviene tramite un’interfaccia seriale ad alta velocità con il sistema di trasmissione TMDS (Transition Minimized Differential Signaling). Tre canali denominati 0, 1 e 2 trasportano rispettivamente le informazioni per i colori verde, blu e rosso mentre il segnale di clock viaggia su un quarto canale. Il segnale di sincronismo orizzontale e verticale è inviato durante i momenti di inattività sul canale 0 e alla fine di ogni riga e schermata. Il TM, Transition Minimized, è una tecnica di codifica che diminuisce il numero delle variazioni di stato del segnale da alto a basso e viceversa, per esempio il gruppo di dati 01010101 verrà modificato in 00110011. La riduzione del numero dei cambiamenti di stato migliora la capacità di riconoscimento, particolarmente alle alte frequenze di funzionamento dove la velocità di cambiamento è talmente rapida che potrebbe succedere che un segnale 1 non riesca a ritornare a 0 prima dell’arrivo del successivo segnale 1, una specie di inerzia elettronica del componente. La tecnica DS (Differential Signalling) consiste nell’invio di due segnali, uno principale e uno complementare di fase opposta. Dalla comparazione dei due segnali è possibile individuare e eliminare i disturbi. Esistono diversi tipi di formati per connettori DVI: DVI-I Single o Dual link, DVI-A, DVI-D. Il DVI-I è il più diffuso sulle schede grafiche, è un connettore che trasporta entrambi i tipi di segnale, analogico o digitale. Single o Dual Link si riferisce alla presenza di uno o due sistemi TMDS, nel Dual Link ci sono in pratica due canali 0, due 1 e così via. Un DVI-I Single può gestire risoluzioni sino a 1.920 x 1.080 punti, il Dual Link sino a 2.048 x 1.536 punti. Il DVI-D è puramente digitale, nell’immagine che mostra i due tipi di connettori si può vedere che nel DVI-D mancano i contatti disposti a forma di croce per i segnali digitali. Il DVI-A è un cavo con il formato degli altri cavi DVI ma che trasporta solo segnali analogici, è un tipo di connettore raramente utilizzato. Le differenze tra i connettori DVI I parametri principali del BIOS si modificano nella schermata Advanced Chipset Features 3a parte open school assemblatore BIOS della scheda grafica nella memoria di sistema. Questo parametro aveva senso qualche anno fa quando prima del miglioramento dei driver e dei sistemi operativi i programmi stessi cercavano di accedere direttamente alle funzioni a basso livello per migliorare le prestazioni. I sistemi operativi moderni non fanno più ricorso al BIOS della scheda grafica e si appoggiano completamente ai driver, pertanto il parametro è consigliabile lasciarlo disabilitato. Video BIOS Cacheable dipende dall’abilitazione del Da AGP a PCI Express come si prospetta il futuro Prima dell’introduzione dell’AGP nel 1977, ideato e sviluppato da Intel, le schede grafiche utilizzavano il bus PCI ed erano equipaggiate mediamente con 1 o 2 MB di memoria video, costosa e problematica da espandere. La banda passante di 133 MB/sec del bus PCI era diventata un collo di bottiglia alle prestazioni, saturata dal traffico di dati proveniente dalla scheda grafica e da tutte le altre periferiche. Era necessario qualcosa di nuovo e questo qualcosa fu per l’appunto l’AGP, acronimo di Accelerated Graphics Port, un’architettura che stabilisce una via di comunicazione diretta tra la memoria centrale e la scheda grafica, risolvendo il problema di saturazione del bus PCI. In origine era anche una soluzione pratica e abbastanza economica per espandere i limitati quantitativi di memoria video presenti nelle schede grafiche, più avanti vedremo come, ma oggi questa caratteristica è diminuita di importanza con le schede grafiche 3D che hanno una dotazione minima da 64 e possono arrivare a 256 MB. Per non creare confusione il connettore dell’AGP è differente nel colore, marrone invece del bianco del PCI, e ha una conformazione in modo che sia possibile introdurvi solo un adattatore grafico. Con una frequenza del bus di 66 MHz e un bus dei dati a 32 bit il primo AGP 1.0 era in grado di offrire una banda passante di 266 MB/sec (66 MHz moltiplicato 32 bit diviso 8 per la trasformazione da bit in byte), il doppio di quella del bus PCI. Poi arrivò la modalità 2X, cioè due volte l’originale rappresentata dalla X, nella quale la banda passante è stata raddoppiata utilizzando precedente parametro, crea una copia del BIOS della scheda grafica direttamente nella cache L2 del processore. Riguardo alla abilitazione o meno valgono le stesse considerazioni fatte per il parametro precedente. L’AGP Prefetch è una funzionalità che recupera in anticipo i dati dalla memoria di sistema ogniqualvolta c’è una richiesta di lettura da parte del dispositivo AGP velocizzando l’operazione. Abilitandola si migliorano le prestazioni in lettura del bus AGP. Video RAM Cacheable memorizza nella cache L2 del processore i 64 KB contenuti nell’area di memoria riservata alla memoria grafica VGA da A0000h a AFFFFh, velocizzando gli accessi a quest’area. Poiché la modalità VGA è oggi praticamente inutilizzata, la usano solo i sistemi operativi in modalità provvisoria e il DOS, non c’è motivo di abilitarla. L’AGP Mode imposta la velocità dell’AGP, 2X, 4X o 8X, l’impostazione deve corrispondere alla capacità della scheda grafica. Per esempio se la scheda madre ha un AGP 8X e la scheda grafica è un AGP 4X AGP Mode va impostato su 4X. Alcune schede madri hanno i parametri AGP OverClock in MHz e AGP Voltage che permettono rispettivamente di aumentare la frequenza operativa del bus in passi da 1 MHz e la tensione del bus AGP. Entrambi sono da usare con prudenza, valori differenti dallo standard in alcune situazioni risolvono il problema ma in altre portano nel migliore dei casi a un’instabilità del sistema e nel peggiore al guasto della scheda grafica. entrambi i fronti del segnale di clock, ascendente e discendente, per il trasferimento dei dati. Nelle successive versioni dell’AGP, la 2.0 e 3.0, la velocità di trasferimento è stata incrementata a 4X e 8X equivalenti a velocità di trasferimento rispettivamente di 1.066 MB/sec e 2.100 MB/sec. Il vantaggio dell’AGP non è solo nella maggiore banda passante, una parte importante nell’efficienza di questa tecnologia è svolta dalle funzionalità di contorno insite nell’architettura. L’AGP Texturing per esempio permette di usare la memoria di sistema per il deposito delle texture come se si trattasse di un’estensione della memoria della scheda grafica, e l’Execute mode consente l’esecuzione di operazioni sulle texture all’interno della memoria di sistema. Il Side Band Addressing (SBA) è un canale di comunicazione a 8 bit parallelo al canale usato dall’AGP per la trasmissione dei dati. L’SBA permette di inviare delle richieste alla memoria mentre il canale principale è impegnato nell’invio dei dati a seguito di una richiesta precedente. Quando la scheda grafica è dotata di una quantità di memoria sufficiente per l’esecuzione di operazioni sulle texture entra in azione il DMA mode, utilizzato per trasferire con la massima efficienza grandi blocchi di dati alla memoria grafica. Per l’esecuzione di AGP texturing e Execute mode è necessario riservare uno spazio virtuale contiguo nella memoria di sistema, noto come AGP Aperture Size. È definito virtuale contiguo poiché nella realtà non è costituito da un unico grande blocco di memoria fisica ma di tanti piccoli blocchi lasciati liberi dal sistema operativo. Poiché il controller grafico gestisce questo spazio di memoria come un blocco unico, a farlo apparire come tale ci pensa il GART (Graphics Address Remapping Table), un meccanismo hardware integrato nel chipset che intercetta gli indirizzi virtuali del controller grafico e li trasforma nei reali indirizzi fisici dei blocchi di memoria assegnati all’AGP Aperture Size. L’ultima specifica AGP, la 3.0, rispetto alla 2.0 non si limita al raddoppio della banda passante ma introduce numerosi miglioramenti tecnologici. Per esempio la modalità di trasmissione isocrona per il trasferimento continuo dei dati, funzionalità richiesta per il video streaming, e un nuovo schema di calibrazione all’avvio che migliora la qualità del segnale. L’AGP 3.0 e l’ultimo sviluppo di questa tecnologia, dopo 7 anni l’architettura è arrivata al limite delle capacità. Il successore è pronto e si chiama PCI Express. Questa nuova tecnologia soppianterà l’AGP e anche il PCI. Il PCI Express è una connessione seriale punto a punto, un concetto simile al Serial ATA. Il collegamento base di PCI Express sono due canali seriali, uno di trasmissione e uno di ricezione, che funzionano simultaneamente. La larghezza di banda può essere incrementata semplicemente aumentando il numero di canali (lane). Per ora le specifiche prevedono tipologie di collegamento a 1, 4, 8 o 16 lane (x1, x4, x8, x16) con velocità di trasmissione che vanno da 5 Gbps complessivi nella modalità base x1, ottenuti sommando i dati trasferiti in ricezione e trasmissione, fino a 80 Gbps a x16. Nella tabella sono riportate le velocità relative alle singole modalità raggiunte con il sistema di codifica dei dati 8b/10b, senza codifica la velocità decresce di circa 1 GB/sec. L’elevata velocità di trasmissione è consentita dal sistema di trasmissione del segnale differenziale a basso voltaggio (low voltage differential signaling). Il segnale è inviato su due linee, su una è trasmesso il segnale normale mentre sull’altra lo stesso segnale invertito di polarità. Il ricevitore riconverte il segnale invertito allo stato originale e lo compara con il segnale normale ricevuto sull’altra linea. Dalla comparazione il ricevitore si accorge delle anomalie di trasmissione e le elimina, il risultato è un segnale affidabile dal quale sono stati rimossi tutti i disturbi di trasmissione. Nella prossima generazione di PCI Express è previsto il raddoppio della frequenza di funzionamento e di conseguenza anche della velocità di trasmissione. PCI Express rispetto a AGP è in grado di supportare schede grafiche con un maggiore assorbimento di potenza, 75 W contro 41 W. Inoltre PCI Express supporta l’hot swap, la possibilità di rimuovere le periferiche con il computer acceso, cosa che AGP e PCI non possiedono. PCI Express tipologia x1 x4 x8 x16 Velocità 5 Gbps 20 Gbps 40 Gbps 80 Gbps L’attuale schema di collegamento con il chipset che gestisce l’AGP e il PCI 3a parte open school assemblatore 4 Verifica della corretta installazione er verificare se l’installazione della sezione grafica è andata a buon fine e che tutto funziona correttamente si possono usare gli strumenti messi a disposizione dal sistema operativo. La procedura descritta in seguito va riferita a Windows XP ma è valida anche per gli altri sistemi operativi della famiglia Windows. Cliccate col tasto destro del mouse in un’area vuota del desktop, selezionate Proprietà, Impostazioni, Avanzate, Scheda e Proprietà. Nella finestra Generale sono mostrate alcune informazioni sulla scheda grafica, nel riquadro Stato periferica la sua condizione operativa (figura 11). sono segnalati allo stesso modo come nella finestra Gestione periferiche. Si noterà che diversi Interrupt sono utilizzati da più periferiche senza che vengano mostrati avvisi di errore. La tecnica di condivisione degli interrupt risolve il problema della loro scarsità, in un computer ne sono disponibili 16, rispetto al numero di periferiche che ne possono fare uso. Gli interrupt hardware sono segnali usati dalle periferiche per avvisare il microprocessore di un’attività in corso, quando la CPU riceve un segnale di interrupt interrompe temporaneamente le operazioni in corso e si occupa della periferica che l’ha generato. Alla ricerca di eventuali problemi Lo strumento di verifica di DirectX Se tutto si è svolto correttamente la prima riga del messaggio è La periferica funziona correttamente. In caso di problemi il messaggio avvisa che ci sono stati problemi nell’installazione e la periferica è disattivata. Cliccando sul tasto Risoluzione dei problemi si apre la guida interattiva per la risoluzione, il sistema richiede qual è il genere di problema e in base alla selezione fornisce alcuni rimedi per la sua soluzione. La sinergia tra hardware, sistema operativo e driver ha raggiunto livelli tali che raramente, per non dire mai, si verificano problemi nell’installazione dell’hardware. Cliccando sull’icona Risorse del computer ancora con il tasto destro del mouse e selezionando Proprietà, Hardware, Gestione periferiche, appare una finestra con elencate le varie periferiche presenti nel PC. Quelle con i problemi sono marcate con un punto interrogativo in giallo oppure con una X rossa quando disattivate dal sistema per evitare problemi di funzionamento. Di solito le cause dei due segni sono driver mancanti, conflitti hardware di Interrupt o risorse del sistema. Cliccando su Visualizza, Risorse per tipo, sono mostrati gli Interrupt, gli Input/Output, gli accessi diretti alla memoria e le locazioni di memoria impegnate dalle periferiche. I problemi Altro strumento utile per la verifica del buon fine dell’installazione e del corretto funzionamento è lo strumento di diagnostica dxdiag incluso in DirectX. Per avviarlo cliccate sul tasto di Start, Esegui, digitate dxdiag nel campo e premete OK. All’avvio dxdiag chiede se si vuole procedere al controllo delle firme digitali WHQL dei driver. I WHQL (Windows Hardware Quality Labs), sono driver che hanno superato particolari prove di compatibilità con il sistema operativo nei laboratori di Microsoft. Il che significa che i driver sono stati scritti correttamente in base alle specifiche di Microsoft e che funzioneranno senza creare problemi di instabilità al sistema. Raramente nel sistema si trovano tali driver, il rilascio di una nuova versione di solito avviene prima che sia terminata la procedura di qualifica per la precedente e non è detto che tutti i produttori sottopongano al vaglio di Microsoft i loro driver. Per inciso, se avete dei problemi con una specifica parte del sistema provate a installare, se disponibili, i driver WHQL. Per disabilitare il controllo delle firme digitali all’avvio disabilitate la casella relativa nella finestra Sistema all’interno di dxdiag. Nella pagina Sistema sono riportate le informazioni sul computer, sistema operativo, tipo di processore, P quantità di memoria presente, versione del BIOS, versione di DirectX installata e altro. 11 Le informazioni sulle DirectX installate nel sistema Nella pagina File DirectX sono elencati i file che compongono il DirectX con informazioni sulla versione, lingua, data di creazione e dimensione. Dati utili per verificare se vi sono incompatibilità dichiarate del software con una specifica versione di file o la possibile corruzione di file. Nel riquadro Note sono visualizzate le anomalie riscontate. Le informazioni e i test della funzionalità dei moduli collegati alla parte grafica si trovano nella sezione Schermo. Qui si può verificare la presenza di anomalie in DirectDraw e Direct3D, due moduli di DirectX che hanno a che fare con il disegno delle immagini sullo schermo. In questa pagina è anche mostrato lo stato delle accelerazioni hardware dei due moduli e della trama AGP, funzionalità che consente alla scheda grafica di prelevare i dati direttamente dalla memoria di sistema senza creare una copia nella memoria a bordo. Se la scheda grafica è dotata di supporto 3D e tutto funziona correttamente le tre accelerazioni sono abilitate. Se invece sono disabilitate la causa più probabile è un problema con i driver. Per risolvere i problemi di blocco o uscite inaspettate nell’esecuzione delle applicazioni 3D si può provare Le informazioni sulla scheda video installata nel PC si visualizzano tra le informazioni avanzate a disabilitarle in varie combinazioni, prima una volta, poi due e alla fine tutte insieme. La disabilitazione di queste funzioni provoca però un marcato decadimento delle prestazioni e della qualità visiva nell’esecuzione delle applicazioni 3D. Con le schede grafiche dotate di una doppia uscita video verranno mostrate due finestre con il nome 1 di visualizzazione e 2 di visualizzazione. La pagina Audio riporta le informazioni sulla periferica audio e contiene un test di controllo di DirectSound, il componente di 12 La schermata di introduzione delle DirectX 3a parte open school assemblatore DirectX che lo interfaccia con le periferiche audio. È possibile modificare il livello di accelerazione in quattro passi: Accelerazione completa, Accelerazione standard, Accelerazione di base e Nessuna accelerazione. Ridurre l’accelerazione per problemi con l’audio La riduzione del livello di accelerazione si utilizza in caso di problemi con il suono. Per esempio nel gioco Louvre, che abbiamo allegato alla rivista nel numero di maggio 2004, l’inconveniente dell’accavallamento delle parole nei dialoghi di lunga durata in alcune configurazioni è stato risolto disabilitando completamente l’accelerazione. DirectMusic è la parte di DirectX che gestisce la riproduzione musicale, molto simile a DirectSound a tal punto che le due parti sono interscambiabili nella maggior parte dei casi per la riproduzione dei file audio. DirectMusic ha rispetto a DirectSound un numero superiore di funzionalità per la manipolazione e riproduzione dei file MIDI. Il test permette di controllare la funzionalità delle varie interfacce audio hardware e software del computer. Anche per questa funzionalità è possibile disattivare l’accelerazione hardware per tentare di risolvere dei malfunzionamenti della parte audio. In Rete è possibile provare il funzionamento di DirectPlay, l’interfaccia che permette di giocare in rete. L’ultima pagina Altri argomenti contiene una miscellanea di strumenti. A cosa può servire MSinfo MSinfo per la rilevazione delle caratteristiche del computer (figura 13), avviabile anche da Esegui, msinfo32. La risoluzione guidata dei problemi di DirectX e dell’Audio. Il pulsante Sostituisci che modifica La funzionalità del doppio monitor La gestione di due monitor con una sola scheda grafica è una funzionalità introdotta da Matrox e poi ripresa da quasi tutti gli altri produttori per la sua semplicità di realizzazione e l’indubbia comodità per l’utente. Estendere lo spazio del desktop su due monitor consente di tenere aperti diversi documenti senza sovrapporli, facilitando il passaggio dall’uno all’altro. Un documento di foglio elettronico può essere esteso su tutti e due gli schermi con una migliore visione d’insieme del contenuto. Un’applicazione grafica o CAD può essere scissa con un monitor riservato all’immagine e i vari strumenti di disegno e palette sull’altro. Persino i giochi si sono adeguati, molti titoli sono predisposti per il funzionamento a doppio A 13 Nell’ultima pagina di MSInfo si può modificare la frequenza di refresh per i videogiochi a schermo intero la frequenza di aggiornamento del monitor applicata dai programmi a schermo intero. Si usa in quelle situazioni in cui con un gioco a schermo intero B schermo e alcuni, Flight Simulator per fare un nome, addirittura su tre schermi. Ogni produttore ha un suo particolare approccio nella gestione del doppio monitor. Matrox per esempio (figura A) oltre alla modalità di estensione del desktop sui due schermi (Dual Hed a schermo multiplo) e la visualizzazione di una copia dello schermo principale sullo schermo secondario (Clone), offre lo Zoom Dual Head, la visualizzazione sullo schermo secondario di un’area ingrandita dello schermo principale, e il DVDMax Dual Head, l’esecuzione di un video digitale in una finestra nello schermo principale e a schermo intero in quello secondario. ATI e nVidia invece danno la possibilità di ruotare lo schermo in passi da 90° in senso orario e antiorario, utile quando si dispone di uno schermo rotante detto pivot. Nella figura B è visibile l’applicazione pratica di questa funzionalità. Il documento Excel è lo stesso ma sul monitor LCD pivot da 17” a sinistra si riescono a visualizzare un maggior numero di righe rispetto all’LCD da 18” sulla destra. La figura C è l’utility di ATI per la rotazione contenuta nel pannello di controllo della scheda grafica. Per attivare il supporto della scheda grafica per il doppio monitor cliccate col tasto destro del mouse in un’area libera del desktop e selezionate Proprietà e Impostazioni. Si aprirà la finestra della figura D. Cliccate sul monitor 2 contornato da una linea tratteggiata e abilitate l’opzione Estendi desktop su questo monitor e premete il tasto Applica. Potete stabilire quale dei due sia lo schermo principale e avere due risoluzioni diverse e indipendenti per i due schermi collegati. C D è presente uno sfarfallio delle immagini a causa della bassa frequenza di refresh e nelle opzioni del gioco non vi sono parametri per la sua modifica. 3a parte open school assemblatore 5 Risoluzione dei problemi 1) All’accensione, il computer emette una combinazione di suoni che nel codice del BIOS corrisponde all’assenza della scheda grafica Di solito accade perché la scheda non è stata inserita correttamente oppure è uscita parzialmente dallo slot. I primi slot AGP erano privi del sistema di ritenzione e con i telai economici poco rigidi dopo un po’ la scheda fuoriesce (foto sotto) di quel tanto da apparire al BIOS come non presente. Aprite il telaio e spingete la scheda grafica premendo nella sua parte posteriore verso l’interno. Se il difetto si manifesta spesso cambiate il telaio. Se invece la scheda è inserita correttamente è facile che sia guasta 2) Dopo aver installato i nuovi driver e fatto ripartire il computer non appare nessuna immagine sullo schermo. La spia del monitor rimane di colore arancione come se fosse connesso alla scheda. Fate ripartire il sistema operativo nella modalità provvisoria, premete F8 subito dopo la scomparsa della schermata iniziale del BIOS per far apparire la schermata di Windows con questa opzione, e modificate la frequenza di refresh ab- bassandola. Nei nostri test di laboratorio, alcuni driver hanno forzato al riavvio del PC una frequenza superiore a quella tollerata dal monitor per una particolare risoluzione, probabilmente a causa di qualche errore nella scrittura del driver, nonostante sia il monitor che la scheda fossero plug and play. Provate anche a installare i driver inf del monitor che contengono le informazioni specifiche di risoluzione e frequenza supportate dal dispositivo. 3) Il monitor visualizza delle combinazioni di colori strani Controllate che il connettore sia inserito completamente e bloccato al connettore femmina della scheda con le apposite viti. A volte succede che uno dei piedini del segnale colore non faccia contatto correttamente sfalsando i colori dello schermo. Controllate che non si sia piegato qualche piedino del connettore maschio nel collegamento, in caso affermativo raddrizzateli delicatamente con un piccolo cacciavite a lama piatta e con l’aiuto di una lente di ingrandimento. I cavi non sono costruiti per resistere a continue operazioni di connessione e disconnessione, se fatte troppe volte si rompono i fili all’interno della guaina in particolare vicino ai connettori. Se il cavo è dotato di connettori a entrambe le estremità sostituitelo, se dalla parte del monitor è saldato all’interno dovete portare il monitor in assistenza. 4) Ho installato un monitor LCD con connettore VGA al posto del mio vecchio CRT usando lo stesso cavo di collegamento. Le immagini sull’LCD mostrano dei disturbi sotto forma di accenni di righe nere che non apparivano sul mio monitor CRT. I monitor LCD effettuano una conversione del segnale da analogico VGA a digitale. Probabilmente la schermatura del cavo non è efficiente e lascia filtrare dei disturbi che il circuito convertitore trasforma in righe nere sfocate. Cambiate il cavo di collegamento con uno di qualità, preferibilmente con ferrite alle estremità (il rigonfiamento cilindrico in prossimità dei connettori). Allontanate i cavi da qualsiasi fonte di interferenze elettromagnetiche come i coni degli altoparlanti e i telefoni cordless. 5) Ho aggiunto uno switch meccanico per gestire due computer con un solo monitor, tastiera e mouse. All’inizio la qualità dell’immagine era discreta ma poi è peggiorata nel tempo. Il segnale del monitor è delicato, una sua piccola alterazione si traduce sempre in una cattiva qualità dell’immagine. Gli switch di tipo meccanico sono fortemente controindicati per i monitor, i contatti del commutatore rotante nel tempo si consumano e si ossidano riducendo sensibilmente la qualità del segnale. Gli switch elettronici sono la soluzione migliore per questo tipo di esigenza, recentemente ne sono arrivati sul mercato diversi modelli a prezzi abbordabili. 6) Quando accendo il computer il monitor visualizza sparsi alcuni quadratini di vario colore, in alcuni casi con all’interno dei caratteri In genere è un sintomo di un problema hardware della scheda grafica, potrebbe trattarsi di un difetto limitato al momento dell’accensione o di un preludio a un guasto completo. Controllate anche lo stato della connessione e la qualità dei cavi come descritto nelle risposte 3 e 4. 7) Non riesco a trovare i driver aggiornati della mia vecchia scheda grafica per Windows XP Nella storia informatica sono numerosi i produttori che si sono persi per strada. Citiamo S3, Diamond, 3Dfx solo per fare alcuni nomi. In genere XP include i driver per far funzionare queste schede grafiche ma solo con le funzionalità di base. Per esempio spesso manca il supporto per Open GL, necessario all’esecuzione dei giochi sviluppati con questa tecnologia. Ricercando in Internet si possono trovare dei driver sviluppati da volenterosi che non si sono rassegnati all’impossibilità di usare tutte le funzioni della loro scheda grafica sotto Windows XP ma non è detto che il funzionamento sia assicurato. Si può sempre tentare ma dopo aver creato una copia di backup del sistema operativo per poterlo ripristinare in caso di problemi. 8) Nel mio computer ho installata una scheda TNT 2 M64 ma a dispetto di quanto ho letto sui pregi della TNT i giochi, anche quelli vecchi che non hanno bisogno di un hardware grafico molto potente, funzionano con un basso numero di frame al secondo. La versione M64 del progetto TNT2 è una scheda economica di fascia bassa ottima per le applicazioni 2D ma nel 3D non ha mai brillato. In origine il nome della scheda era Vanta ma poi nVidia ne ha modificato il nome aggiungendovi TNT per sfruttare la popolarità raggiunta dalla famiglia TNT2. 4a parte open school assemblatore A scuola con PC Open Assemblatore provetto: connessioni e standard 1 Concludiamo il nostro corso con una panoramica sui sistemi di collegamento delle periferiche e dei componenti negli attuali PC di Flavio Nucci l mondo dei computer è regolato da standard: ATX per le schede madri, IEEE1394 (firewire), USB, PCI Express e altri per specificare o delineare forme, dimensioni e posizione dei connettori e dei componenti, oltre che i protocolli di comunicazione. La presenza di regole è necessaria per evitare l’anarchia e favorire la compatibilità dei componenti. Vi sono però alcune parti per le quali esistono linee guida generiche. Una scheda madre, ad esempio, ha diversi connettori per il collegamento di porte USB e firewire supplementari. La loro posizione e disposizione dei contatti sulla scheda madre varia da produttore a produttore. In quest’ultima lezione del corso di assemblatore mostriamo come si collegano queste porte supplementari, la conformazione dei tipi di connettore più utilizzati e lo schema di collegamento. Una sezione è dedicata al collegamento dei vari pulsanti e spie che si trovano sul telaio. Non è difficile, ma spesso in molti telai economici mancano istruzioni precise, o mancano del tutto, su come si collegano. I Le specifiche PC99 Il Back panel I/O integra un gruppo di connettori per il collegamento di stampanti, tastiere, mouse, periferiche USB e seriali e, se nella scheda madre sono integrati anche i relativi controller, di modem, reti, monitor, altoparlanti e altro. I connettori sono colorati per essere facilmente e rapidamente identificati. Il colore da associare a ogni porta è definito dallo standard PC99. Quando fu sviluppato il PC99 non esistevano Serial ATA e l’audio 5.1 perciò non vi sono riferimenti a queste due tecnologie. Per i connettori i produttori hanno quindi adottato colori che in alcuni casi sono parti di PC99 poco utilizzate, in altri creati appositamente. In questa parte del corso spiegheremo come è nato lo standard, chi lo ha sviluppato, quali sono i colori adoperati, quali sono gli inconvenienti cui si può andare incontro nel collegamento delle periferiche e la loro soluzione. Una sezione è dedicata al bus PCI e alle sue caratteristiche, tra cui la più importante è il Plug and Play che consente al sistema operativo di identificare il tipo e le funzioni della periferica e di installare il driver adatto. I replicatori di porte sono un particolare tipo di periferica, di solito si installano nei vani da 5,25” del telaio e, come dice il nome stesso, replicano le porte esistenti del computer portandole sul frontale del computer, cioè in una posizione più comoda da raggiungere. Alcuni, come quello utilizzato nella sequenza fotografica che mostra le fasi di installazione, includono un lettore universale (card reader) di schede di memoria. Nell’assemblaggio di un computer rientra l’installazione del sistema operativo. Qui non ci occuperemo dell’installazione in quanto la procedura è ormai quasi completamente automatizzata, bensì delle procedure per l’aggiornamento del sistema operativo. Ad esempio, come scaricare dal sito di Microsoft gli aggiornamenti per salvarli su un CD o sul disco fisso in modo da evitare il loro download quando si installa ex novo il sistema operativo. 2 IL CALENDARIO DELLE LEZIONI Lezione 1: La CPU e il dissipatore Lezione 2: Il disco fisso Lezione 3: La scheda video Lezione 4: - Gli standard di connessione - Installazione hardware e software - I parametri del BIOS - Verifica della corretta installazione - I problemi più comuni 4a parte open school assemblatore 1 USB e firewire, i connettori principali utti i nuovi telai hanno nella parte anteriore, in una posizione comodamente raggiungibile, le porte di connessione USB e firewire (figura 1). Le porte sono collegate a connettori sulla scheda madre (figura 2) che adottano una disposizione dei collegamenti ormai diventata standard. Nella figura 3 possiamo vedere gli schemi di tre connettori USB tratti dal manuale di tre schede madri recenti di marche e piattaforme diverse. Sulle schede di qualche anno fa non è detto che questa regola sia rispettata. Ne è un esempio il connettore C nella stessa figura appartenente a una scheda madre del 2000. Per questo motivo è buona norma consultare sempre il manuale della scheda madre prima di effettuare un qualsiasi aggiornamento o collegamento di periferiche. Le porte USB hanno un sistema di connessione a quattro cavi. Due portano l’alimentazione ai dispositivi USB collegati e due formano il canale di comunicazione del segnale. I connettori A e B nella figura 3 hanno 10 pin. Otto servono per il collegamento di due porte USB, uno (numero 9) come punto di orientamento per l’inserzione e uno rimane inutilizzato. Anche il connettore C ha 10 pin, ma la disposizione dei segnali è diversa, il pin 9 è un segnale di massa. I connettori precablati per le schede madri recenti hanno il foro otturato in corrispondenza del piedino 9 (figura 4). Nel caso della figura 2 il collegamento delle porte sul frontale è semplice in quanto i cavi sono cablati in un connettore la cui piedinatura corrisponde a quella del connettore saldato sulla scheda madre. Ma non sempre è così. Oltre alla diversa disposizione dei pin sulla scheda madre, in alcuni telai economici i fili di ogni singolo segnale sono separati e identificati con scritte serigrafate sul connettore. In questo caso bisogna collegare i connettori uno a uno aiutandosi con il manuale della scheda madre. Nella scheda madre i connettori USB sono numerati e T quelli saldati direttamente sulla scheda madre hanno i numeri più bassi. Il connettore A parte da 5 (USB_P5 - e +) e ciò significa che la scheda dispone di quattro porte USB saldate sulla scheda. Sul connettore B, JUSB2 è il numero del connettore, le porte partono dal numero 3 e quindi questa scheda ha due connettori saldati. Il connettore C parte da 2, ma anche in questo caso la scheda dispone di due porte in quanto la numerazione parte da 0. I segnali USB+5V e +5V sono il positivo dell’alimentazione. I segnali con il segno - sono il terminale negativo del canale di segnale delle porte USB, mentre quelli con il segno + corrispondono al terminale positivo. GND o Ground sono la massa dell’alimentazione a 5V. Lo schema di collegamento del connettore B non è molto chiaro, dà l’idea che si possano scambiare i segnali delle porte, mentre non è così. Lo schema dei connettori A e C mostra chiaramente come deve avvenire il collegamento. L’alimentazione è in comune, pertanto si possono scambiare le porte indifferentemente, l’importante è mantenere la corretta polarità del collegamento. Il discorso della differente posizione dei segnali sul connettore integrato sulla scheda madre vale anche per il firewire. Nell’immagine 5 si può osservare che nel connettore A il positivo dell’alimentazione è il piedino 1, mentre nel B si trova sui piedini 7 e 8 ed è diversa anche la disposizione dei segnali. Il cavo di collegamento per i dispositivi firewire è composto da due coppie di cavi schermati (Twisted Pairs, da cui deriva la sigla TP) che trasportano i dati e i segnali di sincronizzazione, oltre che da due cavi che trasportano l’alimentazione. Nella versione del connettore a quattro poli sviluppata per i dispositivi alimentati a batteria mancano i cavi dell’alimentazione. La figura 6 mostra i più diffusi tipi di connettori USB e firewire e il loro schema di collegamento. 3 4 5 6 4a parte open school assemblatore 2 Installare una scheda PCI l collegamento di maggiore successo nella tecnologia dei computer è indubbiamente il bus PCI. Sviluppato all’origine da Compaq, Intel e Phoenix, si è affermato rapidamente mandando definitivamente in pensione il bus ISA. Le ragioni del suo successo sono l’elevata velocità di trasferimento, 133 MB/sec di picco, ma soprattutto il Plug & Play, la funzionalità che permette il riconoscimento e la configurazione automatica della periferica da parte del sistema operativo. Il PCI ha eliminato l’incubo dell’assegnazione degli interrupt alle schede che affliggeva il bus ISA e il suo discendente EISA, e ha risolto il problema della scarsità degli interrupt del sistema da riservare alle schede. Con il bus PCI gli interrupt sono assegnati dinamicamente e più schede possono utilizzare lo stesso interrupt in quanto viene assegnato solo nel momento in cui una scheda ne ha realmente bisogno per avanzare una richiesta alla CPU. PCI ha reso l’aggiornamento del computer una cosa facile e alla portata di tutti. La sua evoluzione PCI Express manterrà le stesse caratteristiche di flessibilità aggiungendovi una velocità di trasferimento che parte da 5 Gbps e la funzionalità di hot swap (maggiori informazioni su PCI Express si trovano a pag. 110 di PC Open di luglio/agosto 2004). Installare una scheda PCI è semplice, vediamolo in pratica. I Figura 10 Accendete il computer, il sistema operativo rileva il nuovo hardware e partirà alla ricerca automatica del driver. A questo punto ci sono due possibilità: i driver della scheda sono installati da un file eseguibile oppure si trovano in un file .inf. Nel primo caso interrompete la ricerca e installazione automatica dei driver e avviate l’eseguibile. Nel secondo indicate al sistema operativo il percorso in cui si trova il file .inf dal quale il sistema ricaverà le informazioni per l’installazione. Nel manuale della scheda si trovano le informazioni su quale delle due procedure sia utilizzata dalla scheda che state installando. C’è una terza possibilità: il sistema include i driver e li installa automaticamente. Questo si verifica per esempio con le schede PCI che aggiungono delle porte USB o firewire in Windows ME, XP o Professional. Alla fine, a seconda del tipo di scheda, il sistema può richiedere o meno il riavvio del computer. In questo caso Windows ME ha installato automaticamente il controller firewire senza richiedere i driver esterni, ma utilizzando quelli inclusi nel sistema operativo, come si può vedere dal pannello di Gestione periferiche della figura 7, che si attiva cliccando l’icona Sistema/Hardware dal Pannello di controllo di Windows XP 7 Figura 8 Il primo passo è individuare lo slot PCI, operazione molto semplice perché è contrassegnato dal colore bianco. In una scheda madre ce ne sono diversi, ma l’utilizzo di uno o dell’altro è indifferente. Figura 9 Una volta individuato lo slot prescelto appoggiatevi la scheda e premete decisamente, ma senza esagerare, verso il basso. I connettori dorati devono entrare quasi completamente nello slot. 8 9 10 4a parte open school assemblatore 3 Installare un replicatore di porte 11 12 � 13 14 � � � � 17 16 15 18 Foto 11 - Il Trust Direct Access USB 2.0 Multi Connect Bay che abbiamo usato come esempio richiede l’installazione dei driver prima dell’installazione fisica nel PC del replicatore. Ma la procedura non è uguale per tutti. Alcuni replicatori non richiedono driver, altri li richiedono alla riaccensione del computer dopo l’installazione del replicatore. Per evitare problemi è meglio leggere sempre prima il manuale. Il Multi Connect Bay replica una porta firewire, due USB, uscite audio per cuffia e microfono e un lettore Card Reader 6 in 1. Foto 12 - Quando si installa una periferica composta da diversi pezzi è meglio disporre in ordine tutte le parti su un tavolo sgombro in modo da averle sott’occhio e pronte all’uso. Nella foto è mostrata la dotazione del Trust Direct Access USB 2.0 Multi Connect Bay. Da sinistra, i driver di installazione e il manuale (1), il cavo con il connettore proprietario e i vari spinotti da inserire nelle porte esistenti del PC (2), il cavo con la femmina del connettore e gli attacchi da collegare al Multi Connect Bay (3), l’alimentazione (4) e il replicatore con la mascherina frontale (5). Foto 13 - Il primo passo è il collegamento dei cavi 3 e 5. Operazione che è meglio fare all’inizio perché quando il replicatore è in posizione nel vano da 5,25” le connessioni si trovano incassate e sono difficili da raggiungere (se poi il replicatore si trova tra due unità è in pratica impossibile raggiungerle). Fate riferimento al manuale per identificare gli accoppiamenti tra gli spinotti dei cavi e le prese sul dispositivo. Foto 14 - A questo punto potete mettere in posizione il replicatore e fissarlo. Usate un normale cacciavite e non stringete troppo le viti, in quanto fanno presa sulla plastica e stringendo troppo si rovinerebbe la filettatura. Foto 15 - Rimuovete la mascherina in plastica e l’eventuale piastrina metallica retrostante e infilate i cavi nell’apertura. Foto 16 - Fissate la staffa posteriore con il connettore femmina del cavo 2. Foto 17 - Collegate il cavo 2 alle porte situate nel retro del computer. In questo caso avanza un connettore USB perché il computer ha due sole porte USB, mentre al replicatore ne occorrono tre, una per il Card reader e le altre due per le porte USB replicate. Foto 18 - Se la procedura è stata seguita correttamente, nelle Risorse del computer verranno visualizzati dischi supplementari corrispondenti ai formati di schede lette dal Card Reader. 4a parte open school assemblatore 4 Tenere aggiornato il sistema operativo ’assemblaggio di un PC comprende l’installazione del sistema operativo. Nelle precedenti sezioni ci siamo occupati della sua installazione sul disco fisso e di come si aggiungono i driver. Qui prendiamo in esame tutto ciò che riguarda l’aggiornamento del sistema riferito ai prodotti Microsoft. Tralasciamo la procedura di installazione in quanto da Windows 95 in poi è automatica e richiede pochi e semplici interventi. L I motivi dell’aggiornamento Un sistema operativo è composto da milioni di linee di codice e, per quanto sottoposto a lunghe e accurate verifiche, alla fine rimane sempre qualche piccolo problema di funzionamento o buchi di programma che mettono a repentaglio la sicurezza del sistema e dei dati sul computer. Periodicamente Microsoft rilascia nuove funzionalità aggiuntive o che migliorano le esistenti. Per aggiornare il sistema, il metodo più semplice è ricorrere a Windows Update, la funzione che si trova all’interno del menu Strumenti di Internet Explorer. Windows Update analizza il contenuto del computer e propone gli aggiornamenti necessari. Una volta fatta la selezione gli aggiornamenti sono scaricati dalla rete e installati nel PC. La procedura di aggiornamento può essere automatizzata in Windows 2000 e XP. In Windows 2000 la funzione è disponibile a partire dal Service Pack 3, ma è disponibile anche per i sistemi con Service Pack 2 scaricando l’aggiornamento specifico da questo indirizzo: 19 w w w. m i c ro s o f t . c o m / w i n dows2000/downloads/recommended/susclient/default.asp. Eseguito l’aggiornamento, riavviate il sistema, aprite il Pannello di controllo e fate doppio clic su Aggiornamenti automatici. In Windows XP la funzione di aggiornamento automatico è inclusa nel sistema originale e vi si accede con un clic del tasto destro del mouse sull’icona Risorse del computer e selezionando Proprietà/Aggiornamenti automatici (figura 19). Entrati nella pagina scegliete una di queste opzioni: Avvisa prima di scaricare gli aggiornamenti e prima di installarli nel computer in uso; Scarica automaticamente gli aggiornamenti e avvisa quando sono pronti per l'installazione; Scarica automaticamente gli aggiornamenti ed esegui l'installazione in base alla pianificazione specificata. La prima opzione è la preferita per chi ha un collegamento Internet a bassa velocità (modem o ISDN) in quanto consente un completo controllo su come e quando scaricare gli aggiornamenti. La seconda è una via di mezzo, gli aggiornamenti sono scaricati sul computer e l’utente può determinare quando installare gli aggiornamenti desiderati. La terza opzione invece non richiede conferme o scelte, gli aggiornamenti sono scaricati e installati in background. Per disabilitare il servizio aprite ancora la finestra Proprietà del sistema, fate clic su Aggiornamenti automatici e deselezionate la casella Mantieni aggiornato il computer. Attivando questa impostazione, il software di Windows Update verrà automaticamente aggiornato prima che vengano applicati altri aggiornamenti. All’indirizzo http://support. microsoft.com/default.aspx?sci d=kb;IT;327850#10 si trova un documento di Microsoft con informazioni dettagliate sui criteri seguiti da Aggiornamenti automatici per il download e installazione degli aggiornamenti. Creare un CD con gli update L’installazione diretta degli aggiornamenti tramite Internet può risultare scomoda quando si eseguono numerose installa- zioni del sistema, per esempio a seguito dell’infezione di un virus, o perché non correttamente funzionante, oppure perché si desidera ogni mese avere un sistema pulito. In questi casi si devono scaricare nuovamente tutti gli aggiornamenti, decine e decine di MB che richiedono tempo per il download anche con le connessioni veloci. Alcuni aggiornamenti richiedono il riavvio del sistema costringendo a ripetere la procedura di richiesta di aggiornamento con Internet Explorer. L’ideale è avere gli aggiornamenti salvati su un CD, o un qualsiasi altro dispositivo di memorizzazione. Windows Update offre questa possibilità. Aprite Internet Explorer e fate clic sul menu Strumenti/Windows Update. Nel riquadro di sinistra fate clic su Personalizza Windows Update, nel frame che si aprirà a destra selezionate Visualizzazione del collegamento al Catalogo di Windows Update nella sezione Vedere anche e poi fate clic su Salva impostazioni (figura 20). Nel riquadro di sinistra apparirà la voce Catalogo di Windows Update, cliccatevi sopra e seguite le istruzioni. Gli aggiornamenti so- 21 no salvati in una posizione definibile a piacere, purtroppo annidati in una serie di cartelle. Per esempio, prima di accedere all’Aggiornamento della protezione del 12 febbraio 2001 si devono aprire sei cartelle. In compenso si ha il vantaggio di avere i file ordinati nel caso si effettuassero più download e ogni cartella contiene un collegamento a una pagina di Microsoft su Internet riportante le informazioni sull’aggiornamento. In ogni caso gli aggiornamenti si possono recuperare anche dal sito di Microsoft ( w w w. m i c r o s o f t . com/italy) nella sezione Risorse/Download. L’aggiornamento è proposto come file 20 singolo e l’utente deve crearsi un proprio sistema di archiviazione. Un consiglio: quando entrate nelle aree di download scorrete la pagina fino in fondo e nel riquadro Cerca per selezionate nella casella Prodotto/Tecnologia il sistema operativo che volete aggiornare e nella casella in alto a destra richiedete l’ordinamento per data (figura 21). Create un archivio mettendo i programmi più vecchi in cima alla lista, in quanto molti aggiornamenti richiedono la presenza di aggiornamenti precedenti per installarsi. La procedura è spiegata nel dettaglio a pag. 76. 4a parte open school assemblatore 5 I collegamenti sulla scheda madre e schede madri dispongono di uno o più connettori ai quali si collegano i pulsanti e spie che si trovano sul pannello frontale. In genere vi sono due spie che segnalano la presenza dell’alimentazione elettrica e dell’attività del disco fisso e due pulsanti per l’accensione e il reset del computer. Vi sono anche altri contatti per funzioni specifiche che raramente, per non dire mai, vengono utilizzate in un PC desktop. Per esempio il segnale SMI che attiva la modalità di risparmio energetico Suspend, che nei computer attuali è attivata direttamente dal sistema operativo. Pertanto ci occuperemo solo dei segnali effettivamente utilizzati e utilizzabili. La figura 23 è una tipica interfaccia di collegamento del pannello frontale. La posizione non è standard, in alcune schede madri si trova in basso, in altre a metà o tre quarti di altezza del lato più lungo. I cavi provenienti dal pannello frontale del telaio sono contrassegnati da scritte sul connettore, nella foto 22 sono visibili i cavi dei pulsanti di accensione e reset. Le spie che segnalano la presenza dell’alimentazione e l’attività del disco sono dei LED (Light Emitting Diode, in italiano diodo emettitore di luce). Il diodo è un componente elettronico che conduce la corrente in una sola direzione e il LED L 22 è un particolare tipo di diodo che quando è attraversato da una corrente produce una luce. Questa breve spiegazione ci serve per introdurre il collegamento del LED. I LED hanno due piedini (figura 24) denominati anodo e catodo da collegare rispettivamente al positivo e negativo del segnale. Se si inverte il collegamento il LED non funziona. Nella figura 25 si nota che la disposizione del segnale positivo del LED di alimentazione è dalla parte opposta rispetto a quella del LED del disco fisso. Perché questa particolare disposizione? È una specie di codifica per agevolare il collegamento. Abbiamo detto che i connettori sono identificati da alcune scritte: in genere collegandoli tenendo le scritte rivolte verso l’interno si ottiene la corretta polarità di connessione. Di solito il filo connesso al catodo è di colore bianco o nero mentre all’anodo è collegato un filo di qualsiasi colore Tuttavia la regola non è invariabile, in alcuni telai il colore dei cavi potrebbe non corrispondere a quanto scritto sinora. In questo caso si possono identificare i LED dalla lunghezza dei terminali e il terminale positivo anodo è più lungo. Spesso, però, i terminali sono accorciati e diventa impossibile distinguerli con questo metodo. Il secondo modo per ricono- 23 24 25 scerli è cercare la parte sfaccettata sulla circonferenza del LED; il terminale vicino a questa parte è il catodo. In molti telai è presente un piccolo altoparlante per la riproduzione dei suoni del sistema. Il connettore dell’altoparlante di norma è più grosso degli altri, come si può vedere nella foto 22. I cavi in genere sono di colore rosso e nero, il rosso va collegato al segnale positivo del connettore. Il collegamento dei pulsanti di accensione e reset non presenta problemi. Trattandosi di due semplici pulsanti che chiudono temporaneamente un contatto elettrico non è necessario badare alla polarità del segnale come avviene per i LED che indicano la presenza dell’alimentazione, oltre che l’attività del disco fisso e il collegamento dell’altoparlante. 25 4a parte open school assemblatore 6 I colori di identificazione a colorazione dei connettori sulla scheda madre non è un vezzo estetico bensì un pratico sistema di identificazione che aiuta nel collegare correttamente e senza difficoltà le varie periferiche al computer (foto 26). In precedenza non esisteva nessun riferimento e l’identificazione avveniva in base alla posizione e forma dei connettori, per cui soltanto chi aveva dimestichezza con l’argomento riusciva a installare rapidamente e senza errori un computer. Un costo aggiunto, quindi, per il produttore o venditore costretto a inviare un tecnico al domicilio dell’utente e un motivo di frustrazione per l’utente che si trovava obbligato alla lettura di manuali con la paura di sbagliare. Con il sistema dei colori anche il più inesperto degli utenti è in grado di rendere operativo un computer in pochi minuti e senza commettere errori. Tutti i produttori seguono un identico schema di colorazione per le porte, definito dalle specifiche PC99 sviluppate da Intel e Microsoft. In questo modo, anche se si cambia marca di computer non si corre il rischio di incontrare colorazioni differenti. Nella tabella in alto a destra è riportato lo schema dei colori per le varie porte, insieme a una palette di aiuto nell’identificazione delle tinte (figura 29). La disposizione dei connettori invece è libera, la loro posizione dipende dalle caratteristiche di progetto e costruttive della scheda madre (foto 27). Di solito, partendo dall’alto i primi connettori sono quelli per la tastiera e il mouse, colorati rispettivamente in viola e verde. I due hanno la stessa forma e la stessa disposizione di piedini. Talvolta, utilizzando periferiche datate senza connettori colorati, succede di inserire sbadatamente il connettore del mouse al posto della tastiera e viceversa (foto 28). Se ciò dovesse accadere niente paura, non si arreca nessun danno: il PC segnala di non avere rilevato una tastiera collegata. E se per caso nel BIOS è attivata l’opzione di ignorare gli errori e proseguire ugualmente L nelle operazioni sarà il sistema operativo ad avvisarci. Unica avvertenza: lo scambio è meglio farlo a computer spento, facendolo a computer acceso si può danneggiare la tastiera. Un altro incrocio di connessioni possibile è quello tra le linee di rete e telefonica alle quali lo standard PC99 non assegna colori. Nella foto 31 sono visibili i due connettori, in basso per la linea telefonica (RJ11) e sopra per la rete (RJ-45). La conformazione è tale per cui l’RJ-11 può essere inserito in una presa RJ-45. Anche in questo caso non succederebbe nulla di grave, al massimo non funzionerebbe il dispositivo che si voleva collegare. Il colore raccomandato per le porte USB è il nero, mentre per le porte IEEE1394 (firewire) è il grigio, ma finora non ci è mai capitato di trovare queste due porte contrassegnate con il relativo colore. I due connettori hanno una forma talmente diversa (foto 30) da qualsiasi altro connettore per PC che è praticamente impossibile inserirvi per sbaglio periferiche che usano altri standard di trasmissione. Molte schede madri sono dotate di porte USB in entrambi gli standard 1.0 e 2.0. Fisicamente sono identiche e l’unico mezzo per distinguerle è la lettura del manuale. Oppure si può inserire una qualsiasi periferica USB 2.0 nella porta e il sistema operativo ci dirà se la si sta installando in una porta a bassa velocità. La porta parallela per le stampanti è colorata di rosso scuro, in azzurro le porte seriali. Le schede madri con l’audio integrato hanno le uscite audio racchiuse in una torretta saldata in posizione orizzontale o verticale. Il connettore colorato in rosa è l’ingresso per il microfono, quello in azzurro è per i segnali in ingresso, mentre il connettore per i segnali in uscita è verde chiaro (Lime). Il documento PC99 non contiene indicazioni sul colore del connettore per gli altoparlanti posteriori e le porte Serial ATA, non esistenti nel periodo in cui furono definite le specifiche. Su alcune schede madri che integrano un controller audio avanzato con cinque canali ab- Connettore Colore raccomandato Tonalità pantone VGA Audio line in Audio line out Monitor CRT digitali e LCD IEEE1394 (firewire) Microfono MIDI/Game Parallela Tastiera PS/2 Mouse PS/2 Seriali Uscita casse/subwoofer Casse destra/sinistra USB Uscita video (integrata) SCSI, Rete, Modem e altre Blu Azzurro Verde chiaro (lime) Bianco Grigio Rosa Giallo oro Rosso scuro Viola Verde Verde-blu o turchese Arancione Marrone Nero Giallo non specificato 661C 284C 557C 424C 701C 131C 235C 2715C 3395C 322C 157C 4645C 426C 123C Ogni connettore ha un colore specifico raccomandato, non sempre però seguito dai produttori 26 27 28 30 31 29 biamo visto un connettore arancione per il collegamento degli altoparlanti posteriori e nero per il subwoofer (nelle specifiche PC99 l’arancione è il colore assegnato all’uscita per gli altoparlanti, il nero alle porte USB) e il marrone chiaro per le porte Serial ATA.